[MxM] Crazy Town

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    Buddy you're a young man hard man
    Shoutin' in the street gonna take on the world some day
    You got blood on yo' face
    You big disgrace
    Wavin' your banner all over the place


    Il velo argentato ch'era il mare scintillava sotto il sole alto nel cielo di Undarm. Jester ammirò il paesaggio con fanciullesca meraviglia da giovincella libera, o disoccupata, qual'era. Se ne stava seduta sopra le scale d'un edificio alternando momenti di gioia a quelli di folle dolore perdendosi in ricordi e nostalgie.

    Era passato ormai qualche giorno da quando aveva lasciato Laputa e gli aviatori. Triste era il ricordo di come aveva raccolto le sue cose e se n'era andata abbandonandogli una lettera sulla scrivania del suo amato. Dopo un'intensa notte di passione non era riuscita a dirgli della sua imminente partenza. Pur essendo palese che si trattava di un arrivederci e non un addio a Jester quella separazione aveva fatto male. Lei lo amava.

    Lacrime amare iniziarono a solcare le guance rosee della fanciulla trascinando il trucco da guitto a imbrattarle il viso. Perché doveva essere tutto così difficile? Perché non poteva avere una storia normale come tutte le sue coetanee? Lo sapeva, lei agiva secondo ciò che riteneva giusto. Quello della Morte x Multicolore era un progetto importante. Ma perché non la rendeva felice?

     
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    Non era felice, soddisfatto, non era ciò che era ma tendeva a essere ciò che non voleva poter diventare in un modo che anch'egli poteva evitare di constatare.
    Non era felice, per questo rideva. Rideva e gioiva per la sua non felice felicità. Incoerente coerenza seguiva nella sua snaturata logica, e questo lo divertiva, lo faceva sorridere.

    Noi siamo alquanto contrariati


    «Noi chi? Noi? Noi, signor noi, palesatevi, saggiatemi cosicché possa io saggiar voi, VOI DI FRONTE A ME CHI SIETE? Non siete, è questo il punto. Eh eh, non volete, non potete. Temete ciò che scintilla, vero, VERO?»

    Un elogio alla follia ululato sotto uno sconosciuto sole cocente. Non era questa meraviglia nello stupore? Non era forse l'astratta sublimazione di ciò per il quale l'uomo può essere temuto? Forse. O forse no. Mazey di certo non era il tipo che agiva per fare, o vedeva per mostrare. Egli era lui, ma in lui vi era egli?
    Se lo domandava, di tanto in tanto, lo cercava affacciandosi per le scale, i balconi, saltando sulle persone, capovolgendosi tenuto dalla sua stessa corda.
    Lo trovava a volte. A volte era lui che lo trovava. Lo affrontava, spesso. Ma lui fuggiva, facendosi sentire, sussurrando sabbia all'orecchio e vento nel naso, l'infame dispettoso!
    Rideva e gli arrideva, per questo c'era un sorriso sopra il suo giovane volto. Ma non era felice. O forse si.
    Camminando a testa in giù, incontrò qualcuno piangente, che aveva tanto l'aspetto di chi il pianto lo aveva visto piangere solo da lacrime piene di pianto. Era tentato di piantarla lì, per impantanarsi in un pastrano pantomimico pieno di pelandroni pronti a impelagarsi in pessimistiche prove di povertà. Poi però, si fermò, girò su se stesso e la guardò capovolta.

    «È in lei. Imperturbabile lo scruta, non soddisfatto, non soddisfatto. Un taglio netto sarà il caposaldo del capolinea, ma la forbice è eterea e il corpo troppo materiale, troppo, troppo. Non è in lei. Non lo è. Eppure piange, soffre. È in lei. Un sorriso rubato, un sorriso tagliato.
    Chi è lei?
    Chi è?
    Dove è?»

    A bocca aperta, incurante della scomodità della sua posizione, e del sangue affluente al cervello, rimase a osservarla con una certa insistenza. Una lacrima cadde dal suo occhio destro. Rise.
     
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    La tela di En vibrò come una ragnatela e Jester, al pari d'un ragno, captò ogni informazione pur essendone disinteressata. Persa nel suo dolore cieco e irrazionale poco le importava d'attirare l'attenzione degli sconosciuti. Di certo in numerosi erano incuriositi e al contempo intimoriti dalla circense frignante. Tuttavia la giovane non poté far finta di nulla all'insistente presenza che le s'era piantata davanti. Alzando il viso impiastrato di trucco circense i suoi occhi d'onice incontrarono quelli smeraldini dell'inopportuno. Questi la fissava senza dire una parola in piedi verticalmente sul balconcino posto t re metri sopra la fanciulla. Tuttavia quest'ultima non si stupì della capacità dell'altro di stare a testa in giù, bensì della sua espressione. Trattenendo un singhiozzo s'alzò in piedi lanciando il cappello lontano da lei. Quest'ultimo s'afflosciò a terra con un tintinnio argentino prima di svanire come polvere. Ma la Strega non se ne curò allungando una mano per asciugare la lacrima che solcava il volto dello sconosciuto.
    Era talmente sensibile da capire i suoi sentimenti?



    Sorrise, trovava che la cosa fosse meravigliosa!
    A quel punto l'altro scoppiò in una risata euforica e lei lo imitò, senza limitarsi a ciò. Infatti gli voltò le spalle e con una velocità innaturale raggiunse la porta della casa dietro di lei. Al che percorse orizzontalmente il muro vicino come una lucertola per poi anch'ella ad ammirare il mondo capovolto. Per fare ciò Jester utilizzò l'hatsu in modo da creare una platina di Nen che aderisse a qualsiasi superficie. Nell'osservare il ragazzo non notò molte differenze con la propria tecnica. Gli abiti e i capelli domati in una treccia della donzella puntavano a terra e lo stesso valeva per quelli dell'altro. Nonostante ciò la Selvatica mise in attesa la propria curiosità e impulsiva si lanciò verso il giovane con l'intento d'abbracciarlo.
    Era felice!

     
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    Silenzio voci, silenzio, non tradite. Non vi è dato importunar più di quanto io già permetta. Andate, prosperate, sussurrate ad altre orecchie, ma voci, oh voci, non è ora di attardarvi insieme a questo vostro vecchio amico.
    Temete voci, temete, l'incolumità salubre delle mie lame, perché ogni tacca sarà una promessa di morte nei vostri confronti.
    Silenzio, voci, silenzio. La mia voce per oggi sarà l'unico divenire.


    Il silenzio scese, silenzio accadde. Un silenzio enfatico che poteva raccogliere l'eco beffardo di una risata cristallina, come di quelle che mai prima d'ora aveva già sentito. Potente nella sua dolcezza, alterante nella sua linearità, il suo riso non fu mai eguagliabile a quel dolce suono armonico che proveniva dall'altra lei.
    Lei, che di lacrime si era ricoperta, che in mare terreno aveva trovato rifugio.
    Meraviglioso. Orrendo, orrendo, qual furia aveva osato deturpare con tale scempio una creatura così a lui affine?
    L'assassinio attraversò i suoi occhi. Erano le voci, si di per certo erano le voci, quelle gelose traditrici, compagne giulive non richieste e sempre presenti, erano state loro di sicuro, ma in compagnia di chi?
    In chi erano le voci? Chi era il colpevole? Di per certo l'avrebbe preso, l'avrebbe passato a fil di spada, lo avrebbe preso e catturato, preso e sviscerato, e una volta sviscerato lo avrebbe rimesso in sesto perché non si lasciano i rifiuti per strada, nossignore.
    Era tremendo sporcare e macchiare, specie con un sole così spocchioso che seccava tutto in fretta, quasi come se nella sua alterigia fosse contrariato che altri non bruciassero.
    Così altero da sembrare colpevole. E se fosse stato lui il colpevole? Era lui il colpevole, era lui che meritava la morte.
    Fece per girarsi e guardarlo male, perché sapeva che il sole non poteva sorreggere il suo fiero sguardo, sapeva che forse nel pentimento il sole avrebbe cercato redenzione, e forse solo allora lo avrebbe risparmiato. Ma l'azione fu troncata in loco da quell'angelo variopinto, la quale si era sistemata a modo per vedere il mondo dalla sua prospettiva, e non sentendosi soddisfatta, aveva deciso di raggiungere lui, l'ignaro estraneo che non aveva ancora avuto di conoscere il nome di lei.
    Sbilanciato inizialmente, era preoccupato di non farle del male, così seguendo la rotazione provocata dallo sbilanciamento, piegò il braccio destro, strinse il sinistro per assicurarla, e, con un accompagnamento quasi brusco, concluse quella sua rotazione scivolando la schiena e il resto delle membra a terra, lasciando che lei potesse rimanere illesa dalla caduta usando il corpo del giovane come scudo.
    Infine, sdraiati finalmente a terra, le sorrise e le parlò:

    «Mazey lo sente. Mazey. Lo Vede.»

    Avvicinò cauto, in maniera sgraziatamente lenta, la mano che fino a quel momento era stata il suo sostegno. La avvicinò al suo viso, senza mai toccarlo o sfiorarlo. Era a ridosso di una lacrima, pronto a deviarne il corso, a impedire che essa scorresse. Però...


    E le urla interiori ti divoreranno, non noti già il sole, la sabbia, il sangue? E langue questa sete eterna fatta di morte, dolore, sofferenza, è all'interno del giogo che trovi vergogna ma è nella vergogna che ritrovi sapienza. Cinque passi a destra e sette a sinistra, il gambero che vola su un passero che finta ed è logico che tu pensi di non pensare a ciò che pensi ti porti a modo in qualche modo un desiderio riottoso di follia, nondimeno è l'ascendente che inforca la via della rettitudine e ne stabilisce il tratto, il marchio, quello stesso marchio ripetuto e ripetuto. E ancora ancora ancora ancora ancora ancora ancora ancora ancora ancora ancora ancora ancora ancora ancora ancora ancora ancora ancora ancora ancora ancora ancora ancora ancora ancora ancora ancora ancora ancora ancora ancora ancora ancora ancora ancora ancora ancora ancora ancora ancora ancora ancora ancora ancora ancora ancora ancora ancora ancora ancora ancora....



    Lo sguardo era fermo, sofferente. Vi era un ricordo? O forse un avviso? Rimase a guardarla, non toccando le sue lacrime.

     
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    La Strega della Luna si ritrovò ben presto chiusa in un abbraccio genuino e affettuoso. Uno di quelli che solo un fratello maggiore o un amico d'infanzia poteva dare. Tuttavia, essendo figlia unica, non poteva saperlo. Così si ritrovò a divincolarsi quando sentì la forza di gravità abbandonare sovrastare l'altro verso il basso. L'intento di Jester sarebbe stato quello di accovacciarsi, così da avere un maggiore appiglio, e attirare l'estraneo a sé. Ma non fu così.
    Lo sconosciuto non mollò la presa sulla stramboide appena incontrata ed entrambi precipitarono al suolo. Così a mezz'aria la giovane tentò una manovra di salvataggio anche questa vana a causa della stretta di lui. Alla fine la Strega si ritrovò al suolo, Illesa e accovacciata sul petto dell'altro. What?
    Alzò leggermente il viso e notò che l'altro la fissava. Perché? Perché si era preso quell'inutile botta per proteggerla? Inoltre lei non aveva neanche bisogno di tali attenzioni. Poteva cavarsela benissimo da sola!
    A quei pensieri la fanciulla dagli abiti variopinti si sentì nuovamente triste, ma non durò molto. Il suo interlocutore voleva stupirla ancora una volta.

    «Mazey lo sente. Mazey. Lo Vede.»

    Le disse mentre con un sorriso le sfiorava una guancia come a volerle asciugare una lacrima. Poi lo sguardo gentile del ragazzo si perse nell'oblio fitto della follia. Un qualcosa che, anche se in maniera palesemente minore, la Selvatica conosceva intimamente.

    -Mazey è proprio davvero gentile // Jester questo lo vede e comprende
    Mazey si è ferito nella caduta vile? // Se sì, Jester lo cura e difende.-

    Chiocciando quelle parole la fanciulla avrebbe con tenerezza scompigliato i capelli del ragazzo per poi sedersi accanto a lui. Così avrebbe cominciato a controllare il compagno per sincerarsi delle sue condizioni. Una caduta di qualche metro con tutto il peso di lei addosso non era certo da prendere sottogamba.

     
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    Dolore. Cos'era il dolore? La ragazza gliel'aveva ricordato, il dolore di avere il dolore, di provarlo e miscelarsi in comunione con esso, perché non era in esso che dolore provava, ma era per esso che provava dolore.
    Provava dolore per il dolore non per il dolore che trasmetteva, ma per il dolore che riceveva, per il suo essere considerato maligno, iniquo, ingiusto, quando il suo lavoro era semplice, incommutabile, di per certo non fine a sé stesso.
    Dolore era ciò che dolore provava, una silente scusa d'imbarazzo per averlo avvertito di essere vivo, di essere ancora lì, presente, dinnanzi a tutto e tutti, una rammaricata giustifica per dire che era necessario, che non voleva ma doveva. D'altronde il dolore ha il suo compito, chi altri può svolgerlo se non il dolore?
    Povero, incompreso dolore. Lui lo comprendeva, lo capiva, lo avrebbe cullato tra le sue braccia come un bambino se avesse avuto un corpo esterno, ma dato che non poteva, sorrideva, e rivolgeva lui sguardi pieni di passione, per dire al dolore che lo comprendeva, lo capiva, che non aveva nulla di cui scusarsi.
    Mettendosi seduto, scricchiolò il collo e si massaggio il braccio sul quale aveva scaricato il peso della caduta, ma con fare cauto, leggermente divertito, per non far preoccupare la fanciulla più del dovuto sulle sue condizioni che, in fin dei conti erano ottimali.
    Non era la prima caduta che affrontava, e di certo non la peggiore. Considerata poi la circostanza, sotto quale punto di vista poteva mai vedervi disgrazia in tutto ciò?
    Sorrise, muovendo ancora il collo, e con l'aria sorniona di chi ha tutto sotto controllo, riprese con il suo parlato, stavolta pacato, ma solo in falsa apparenza. Doveva essere uno dei suoi rari momenti tranquilli.

    «Se le cadute fossero come tutte queste, di per certo Mazey avrebbe guadagnato molte meno ossa rotte, e di per certo le sue membra lo avrebbero ringraziato, considerando questa come routine e non quell'altra.
    Ma cosa posso farci, io, se il mondo si ostina a voler rimaner vincolato a un solo punto di vista, a una sola direzione?»

    Puntandosi il dito alla tempia come una pistola, sorrise in maniera più ampia, a bocca serrata.

    «Il problema, nondimeno, non è il problema, ma la maniera in cui ti poni nei confronti del problema. Ed è per questo che per me non è un problema cadere.
    Se non fossi caduto, avrei mai potuto ammirare un angelo come te dalla giusta angolazione?»

    Rimase un attimo in silenzio, poi rise per qualche secondo.

    E nella giusta prospettiva vedrai che invero non sarà la luce a proiettarsi sulla terra, ma la terra a proiettarsi verso la luce, perché tutto propende verso la luce, tutti cercano ciò che è luminoso. L'oscurità non è solo l'opposto della luce, oscurità è tutto ciò che vuole essere diverso da luce, non dipendere da esso, ricercarla senza subirla, assaporarla senza dipenderne. E ti ritroverai spiaggiato in questo mare di luce, in condizioni che neppure tu potrai mai immaginare, e ti ritroverai a osservare quella luce come un uomo osserva il suo cuore. E odierai quella luce, odierai perché amarla sarebbe troppo distruttivo, perché amarla sarebbe troppo poco. Come puoi amare qualcosa che sai già di amare?
    Devi odiarla, odiarla dal profondo, devi vedere l'oscurità all'interno della luce, solo così potrai apprezzare la luce, amarla sul serio.
    Osserva, osserva dentro la luce, perché è nella luce che vi è l'abisso, ed è nell'abisso che vi è il tuo cuore.


    Si diede due piccole pacche sulla testa. Quanto lo divertivano quelle voci, quanto lo divertivano quei discorsi. Ma non era quello il tempo giusto, non era la maniera adatta.
    L'oscurità era dentro di lui, lo sapeva. Ma dentro di lei cosa c'era?

     
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    Gli occhi della Strega s'illuminarono come ossidiana alle parole del suo giovane interlocutore. Il personale senso che ne aveva colto era un qualcosa di semplicemente stupendo:
    Una condanna all'incapacità del mondo di vedere le cose da diverse prospettive e l'esaltazione all'abilità di studiare un fenomeno da più punti di vista. Solo distorcendo, analizzando da più angolazioni una problematica si poteva risolvere rapidamente il problema e assimilarne il buono.
    Inoltre Jester era piacevolmente in imbarazzo, le stava dando dell'angelo?

    -Mazey ti ringrazio // Conoscerti è meraviglia grande
    Se non è uno strazio // Vorrei porti delle domande.-

    La Strega sorrise , conscia di aver appena trovato qualcuno che stava cercando. Era da giorni che la gente del luogo parlava di un ladro misterioso che aveva rubato vari oggetti, perlopiù armi. Be', Mazey assomigliava non poco alla descrizione del colpevole. Inoltre sembrava possedere qualità fuori dalla norma e una mente alquanto contorta.

    -Tu hai preso in prestito qualcosa? // Perché vorrei proporti un gioco
    In paio un lavoro che non vale poco // Se ti interessa si va e si osa! -

    Cinguettò il Giullare felice mentre si metteva in piedi e porgeva la mano al ragazzo. Aveva deciso! Purtroppo la situazione non era delle migliori. Quell'individuo non avrebbe certo fatto una bella figura con la popolazione di Undarm ma perché essere tristi quando poteva portare ciò a suo vantaggio? Vista da un'altra angolazione la situazione poteva trasformarsi in un qualcosa di estremamente positivo per entrambi. Sempre che fosse stato davvero lui il colpevole. Con quel pensiero la fanciulla abbraccio il suo nuovo compagno di avventura.

    -Abbiamo un lavoro da fare // Siam già pronti a iniziare!-
    E dicendo così, con un bel sorriso sulle labbra rosse lo trascinò fra le strade della città.



    Edited by Jester - 9/10/2017, 00:38
     
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