Appuntamento col Destino

Game of Prompt: Romanticismo

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    « Hai abbastanza soldi? »
    « Ma sì, Fratellone, non ti preoccupare. »
    « Sicura di non aver dimenticato nulla? »
    « Ho controllato la borsa tre volte: ho tutto – traaanquillo... »
    « La batteria è carica? »
    « Ho tolto il telefono dalla carica prima di venir via: per qualche ora reggerà... »
    « “Qualche ora”, quante? Sii più precisa. »
    « Non lo so, e non deve interessarti: quando sto per tornare ti mando un messaggio. »
    « Vuoi che venga a prenderti? »
    « Ma no, non serve; puoi anche andare a dormire, se rincasi prima di me:
    ho le chiavi anche io, sai? »

    « Non scherzare: come se poressi chiudere occhio col pensiero che sei dispersa chissà dove... »
    « Ci vediamo a casa allora: adesso devo andare. Divertiti... Ti voglio bene! ♥ »

    Con una lieve pressione del ditino indice, la fanciulla dai lunghi capelli castani pigiò un tasto del suo telefono portatile e chiuse la chiamata; non prima, però, che lo sbuffo seccato del suo gemello brontolone e iperprotettivo le raggiungesse l'orecchio, strappandole un sorriso: apprezzava davvero molto la sua premura, e si riteneva abbastanza fortunata di avere un così bel rapporto col proprio fratello -dopotutto, non era una cosa così comune-, ma quella era un'uscita a due, e...

    Sospirò, e guardò l'orologio che aveva allacciato al polso: mancava ancora qualche minuto, ma lei era già in posizione; l'appuntamento era all'ingresso del Luna-Park, e così eccola lì. Dal momento che era arrivata in anticipo, aveva già provveduto a prendere i biglietti e ad avvisare Chaos che non era stata assalita, rapita o uccisa durante il tragitto da lì a casa, quindi... per un po' (con un po' di fortuna, per tutta la durata dell'uscita) non avrebbe richiamato.

    Le capitava così raramente di potersi vedere con Amarth, che ci teneva davvero molto a godersi quel momento con lui: purtroppo, avevano entrambi molti impegni e poco tempo libero, e spesso le finestre di tempo non coincidevano... ma con un po' di ingegno e organizzazione, è facile portarsi avanti.


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    « . . . »

    Così, sorridendo dolcemente e con pazienza, attese di vederlo comparire.

     
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    Finalmente, un po' di pace nell'odioso turbine della resurrezione. Pure quando si abbia tutta l'Eternità per distrarsi anche solo un giorno, rimandarlo è peggio che mai. Così, volendo trovare la pace e cambiare aria, chiamò l'unica cosa bella, Kalia a parte, che poteva allietare quei giorni monotoni. Da molto non la vedeva, e ogni volta era come entrare in un bel sogno: gli occhi brillavano più vividi, l'espressione spaccava la pietra del tempo immobile, e nasceva il puerile desiderio di non lasciarsi mai. Eppure, se tutti avessero avuto di che deridere lo Zero, per quel comportamento così inappropriato, quello a suo modo era contento, e anzi ne andava fiero, perché non avrebbe mai trovato nessuna come lei.

    Fortunatamente, rispose all'invito subito, e presto avrebbero dovuto vedersi al Luna-Park; luci e colori, e tanto di quel sentimento allegro che, pure un briciolo fosse entrato nello Zero, sarebbe stato più che sufficiente. Eternamente deliziosa come sempre, era già arrivata quando, all'orario convenuto, il Guardiano le apparve dinnanzi, avanzando come la luce di una stella lontana.

    -Buonasera.-

    Le disse, il volto appena sfiorato da un sincero imbarazzo; gentilmente si inchinò alla donna e, quando si rialzò, fra le mani aveva un picoclo ciondolo dentro una bella scatolina di cristallo; una lettera, la "N" faceva da monile, argentea del bel mitrhil, sulla quale molti colori si specchiavano costanti; porgendola al Mondo, disse poche parole:

    -L'ho fatta per te, non ci vediamo da tanto.-

    Due Eterni, in piedi di fronte l'uno all'altra, che invece di parlare di alte questioni, stanno a cincischiare come fanciulli! Quale strano effetto hanno le cose mortali! Si insinuano come veleno e spezzano gli equilibri!
    E così, sorridendo appena, di un'espressione appena ingenua, lo Zero stava lì a d ammirare quella creatura che tanto amava.

     
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    -Buonasera.-

    L'arrivo del Celebliant catalizzò immediatamente la sua attenzione, attirando lo sguardo blu e facendo sbocciare un nuovo sorriso sul volto della Carta del Mondo mentre si accingeva a dare il benvenuto al Guardiano, ricambiando il suo inchino con un altro inchino; sorpresa la colse quando, raddrizzandosi, vide il bellissimo dono che lo Zero le stava porgendo: un ciondolo a forma di lettera -la sua iniziale-, realizzato in un metallo bianco e sfavillante che riconobbe come Mithril. Un dono prezioso: perché pregiato, perché inatteso, e perché giunto da una persona cara.

    -L'ho fatta per te, non ci vediamo da tanto.-

    « Oh... non so cosa dire... »
    ammise l'Arcano, dopo un momento di meravigliato silenzio
    « E' davvero un dono stupendo! Ti ringrazio di cuore... »

    In uno slancio si spensieratezza, lasciando ancora che la bella scatola di cristallo riposasse nella mano dell'Arcobaleno d'Argento, la Custode del Libro mosse un passo in avanti e lo abbracciò gentilmente, lasciando che la loro stretta perdurasse un poco, prima di scostarsi da lui.

    « Ricambierò la tua gentilezza alla prima occasione, caro Celebliant. »
    promise sorridendo, accettando il presente e porgendogli il biglietto
    « Adesso entriamo: sono curiosa di sapere con quale attrazione preferiresti cominciare...! »

    E intrecciando il braccio al suo, Nemes gli si mise al fianco,
    passeggiando oltre i cancelli di ingresso al passo del Destino.

     
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    -Saperti con me, anche solo per un giorno, è il più bel regalo.-

    Mentre volgevano i passi vero quella nuova meta, il Celebliant, colto dalla spontaneità di un momento inatteso, aveva lasciato che pochi pensieri uscissero allo scoperti, scostato il velo della fredda pietra che velava l'animo eterno. Né, tuttavia, fece alcunché per ritrarsi, o dissuadere da una comprensione troppo audace di tali parole: poiché erano state pronunciate, ciò era giusto ed era destinato accadesse.
    Lieto dell'abbraccio di Nemes, entro il quale aveva indugiato un poco, come sognasse, nell'andare si faceva più stretto, come se a tenerla sotto braccio, desiderasse un poco sfiorarle la pelle, accomunando le due Essenze senza tempo.

    -Non le ho mai provate, le montagne russe. Ti piacciono?-

    Chiese, fermi in uno slargo del parco; accanto a loro stava una piccola fontana, sulla cui acqua chiara, alla luce della luna, si riflettevano le due figure antiche; ma tanto accorta e saggia la magia del Celebliant, che le sagome acquoree sembravano immerse in una cornice di molti colori, sfumata in una nebbia dolce come latte: perché se i corpi stavano accanto, e godevano l'uno della persona dell'altro, i loro spiriti stavano stretti nel segreto del tempo.
    Così, negli occhi azzurri di lei, il Limite si perdeva.

     
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    -Saperti con me, anche solo per un giorno, è il più bel regalo.-

    Davanti alla dolcezza e al candore di quell'asserzione, le pallide gote di Nemes si colorarono di un lieve rossore, e il suo sorriso -seppur velato di imbarazzo- si fece ancora più felice; probabilmente, le lunghe ciocche castane che le incorniciavano il viso, e il fatto di camminargli proprio di fianco avrebbero reso più complicato accorgersi del suo colorito più acceso del solito, ma... dopotutto, non stava neppure cercando di nasconderlo: non c'era niente di male, in fondo.

    -Non le ho mai provate, le montagne russe. Ti piacciono?-

    « Non credo di averle mai sperimentate neppure io! »
    replicò, serena e contenta, appoggiando la testolina alla spalla del Celebliant
    « Hanno l'aria di essere un gioco piuttosto movimentato:
    il tipo di cosa che potrebbe piacere a mio fratello... »


    Senza indugiare troppo sull'argomento, ben sapendo quanto poca simpatia vi fosse tra quello e lo Zero, la fanciulla e il suo accompagnatore si spinsero fino al botteghino dell'attrazione; la fila durò una decina di minuti, e non appena venne il loro turno, i due presero posto l'uno accanto all'altra in una delle file intermedie del vagone di testa del convoglio.

    Dapprima, l'andatura contenuta del trenino li lasciò perplessi a chiedersi il motivo di tanti dispositivi di sicurezza ad ancorarli al proprio sedile, ma non appena ebbero superaro la china di un binario, il mezzo iniziò a prendere velocità, guidandoli in evoluzioni sempre più rapide e sempre più...
    emozionanti, soprattutto per gli altri avventori, che non mancarono di esternarlo con urla spaventate, grida di gioia, meraviglia nello sperimentare quelle bizzarre sensazioni, e nausea, per le stesse ragioni. L'Arcano si limitò a stringere la mano dell'altro.

    Gli unici a non sembrar sentire e risentire di quell'esperienza da brivido erano i due Eterni, ma... lo Zero, condannato dalla sua stessa natura ad essere specchio per le emozioni umane, di modo che egli sia da tutto attraversato senza che niente gli sia però dato di trattenere, si ritrovò presto invaso da quel marasma di sentimenti, e il riflesso dei loro colori prese a vorticargli addosso, susseguendosi a velocità folle, in un caleidoscopio di luci che rischiarò a giorno i binari prima e dopo il suo passaggio.

    A fine corsa, quando il trenino si fermò in stazione e fu il momento di scendere, rimanevano solo un Amarth tornato alla normalità, una Nemes divertita e imbarazzata al tempo stesso, e un vagone di umani con le pupille dilatate, la bava alla bocca, e gli spasmi muscolari di una momentanea crisi epilettica.


    « Ehm... forse è meglio se ci allontaniamo... »
    commentò timidamente lei, ben conoscendo il potere del suo accompagnatore
    « Che... che ne dici se provassimo... a farci leggere il Destino? »

    Sulle labbra ben disegnate della creatura si disegnò la curva di un ilare sorriso furbetto, e... in effetti, poteva essere una situazione divertente: cosa avrebbero mai potuto dire proprio a loro due?

     
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    Durante gran parte del percorso sui vagoni, lo Zero si chiese cosa vi fosse, in quell'attrazione di divertente: se la velocità, la caduta, l'attesa; Nemes, che gli teneva la mano, ricambiava gli sguardi dubbiosi dell'Eterno circa quella insipida sceneggiata. Ogni cosa mutò quando, nel precipitare, la folla tutta attorno, negli altri vagoni seduta, fu colta da molte e violente emozioni, così mutevoli e intense che la presenza stessa del Guardiano si fece intollerabile, avvampando rapida e accecante di ogni colore; tale era, egli, entro le cerchia del mondo: incapace di avere emozioni, trasferiva quelle dell'ambiente, attraverso se stesso, tutto intorno, e perciò, in brevi istanti, ognuno di quelli che stava con gli Eterni subiva l'emozione propria e quella di tutti gli altri, in un cambiamento repentino e brillante, tale da lasciare tutti, a fine del giro, stremati e schiumanti, ciechi d'una epilessia non voluta.

    Molto si domandò, lo Zero, se quella volta fu lui attrazione del Luna-Park, non già le montagne russe.

    Nemes, che ancora gli stava accanto, e anzi, pure se imbarazzata per i danni creatisi, pareva godere della sua compagnia e, per alleggerire il tono di quella uscita, propose di andare dall'indovino a farsi leggere la Sorte. Se le circostanze fossero state diverse, e da ciò sarebbe dipesa molta parte dei grandi progetti del mondo, l'Erelamarth avrebbe mostrato tutto o sdegno, poiché due dei Grandi andavano a immischiarsi nelle dicerie di un ciarlatano. Purtuttavia, quella era un'uscita piacevole, e ognuno dei due sapeva quanto insignificante potesse essere il potere di un volgare impiegato del divertimento, sicché accettò, perplesso dalla certezza che non ne avrebbero ricavato alcunché di utile, se non il vanto di predire il Destino al Destino stesso.

    Entrati che furono nella tenda scura, rischiarata, ora, dalla luce iridescente del Guardiano, la signora non volle sapere alcunché, bloccando il loro presentarsi, colta da improvvisa visione. Tremando, gettò la testa indietro, e molti degli ornamenti che indossava tintinnarono veloci e, arrochitasi la voce, parlò profetica:

    -Lo so, Lo so chi siete!-
    Incominciò
    -Venite da lontano, da terre senza nome...-
    Sorpresi di tale attacco, gli Eterni ristettero un poco
    -...Sì, vedo...vedo delle aule...e dei libri!-
    Che parlasse delle Aule al di Fuori, e del libro di Nemes?
    -Lui è serio...Lei è più dolce...-
    Non che fosse difficile, ma teneva gli occhi chiusi
    -Sì, lo so! Insegnanti! Voi insegnate a Merovish!-
    Lo Zero sgranò gli occhi, sconvolti dallo stupore
    -Lui insegna latino e greco, e lei una lingua straniera!-
    Le bocche si aprirono, ma non uscirono suoni
    -Sì, lo vedo! Vedo una promozione! Diventerete preside e vicepreside!-
    L'aria tutta attorno si faceva tesa e muta, e la nebbia iniziava a fluire dal Guardiano a Nemes, e alla stanza intera
    -Presto vi sposerete, e avrete tanti bambi...-

    Non riuscì a terminare la frase, poiché una scossa fece tremare il suolo, e quella cadde dalla sedia; mentre, goffamente, cercava di tornare seduta, vide lo Zero brillare dell'argentea iridescenza, e tutto attorno a lui era nebbia e di molti colori, e Nemes brillava accanto, come un stella radiosa nell'ora del Giudizio. Alzate le mani , il Celebliant torreggiava sulla vecchia indovina, e le riversò addosso l'amara verità:

    -SACRILEGIO!-
    Urlò, e quella sembrava morire dallo spavento della collera di un dio
    -Tu! Indovina del falso! Dinanzi al Destino nelle sue forme sputi menzogne?-
    La voce era potente, come un rombo nella notte
    -Poveri coloro che hai gabbato, ma sciocchi per esseri fidati di te!-
    Benché fosse alto come un uomo, la sua statura appariva, ora, immensa e terribile nello splendore della gloria
    -Pentiti, spergiura senza dio! O non oserai dire più alcunché di mendace, se non desideri che la lingua ti cada in terra!-

    Nella collera del Guardiano, solo l'Arcano poteva leggere un certo divertimento: non che egli avesse piacere nel dimostrare la verità del destino, quanto, piuttosto, nell'esagerare i toni per rendere più piacevole la serata di Nemes, dandole, almeno una volta, qualcosa da ricordare con ironia. E lei? Lei, che avrebbe fatto?

     
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    Propenso ad accettare il suo suggerimento, mantenendo come lei l'ovvia consapevolezza che nulla di ciò che avrebbero udito sarebbe stato anche solo lontanamente valevole della benché minima considerazione, lo Zero condusse la Legge fino al padiglione dell'indovina... e, subito, agli effetti scenici di quell'antro misterioso si aggiunse l'interpretazione della padrona di casa.

    -Lo so, Lo so chi siete! Venite da lontano, da terre senza nome...
    ...Sì, vedo...vedo delle aule...e dei libri! Lui è serio...Lei è più dolce... Sì, lo so! Insegnanti!
    Voi insegnate a Merovish!
    -

    La donna interruppe la loro presentazione per dare pronto sfoggio delle sue “abilità”, e nel contemplare il suo impegno e il suo volo di fantasia, la fanciulla non poté far a meno di sorridere intenerita da quell'esercizio di futilità; diversamente dal suo più severo accompagnatore, Nemes era ben lungi dal trovare oltraggiosa quella recita: abituata al caratteraccio del fratello, ella era naturalmente portata a bilanciare ogni malumore con una reazione pacata ed equilibrata, e...

    Nello spiare l'espressione sconcertata del Guardiano -i suoi begli occhi di perla sbarrati nel disappunto-, un sorriso tenero e divertito ridisegnò la curva delle labbra dell'Arcano: essere stato scambiato per un uomo del Sud sembrava essere stato un duro e inaspettato colpo; non che lei ne capisse qualcosa di quel genere di campanilismi...


    -Lui insegna latino e greco, e lei una lingua straniera! Sì, lo vedo!-
    quello, dovette ammetterlo, lasciò a bocca aperta anche lei: lingua straniera, eh?
    -Vedo una promozione! Diventerete preside e vicepreside!
    Presto vi sposerete, e avrete tanti bambi...
    -

    Anche quella volta, temprata in una inamovibile neutralità, la Custode colse solamente il lato piacevole dell'esperienza, provando ad immaginare -con una punta di curiosità- come sarebbe potuta effettivamente essere la sua esistenza se le cose fossero realmente state come l'artista le aveva descritte. Impossibile, certo – ma poteva concedersi quell'innocente svago.

    La reazione dell'Arcobaleno d'Argento, invece, fu meno accomodante: la terra fu scossa da un tremito, l'indovina cadde dalla sedia dove si era finta in stato di trance mistica, e mentre quella si rimetteva goffamente in piedi, il Celebliant cominciò a riversare nell'ambiente luce, colori e foschia... come la divina apparizione di un dio adirato. Cosa che, incidentalmente, era.

    -SACRILEGIO!
    Tu! Indovina del falso! Dinanzi al Destino nelle sue forme sputi menzogne?
    -
    tanto sdegno suscitò la compassione del Mondo per la sventurata commediante
    -Poveri coloro che hai gabbato, ma sciocchi per essersi fidati di te!
    Pentiti, spergiura senza dio! O non oserai dire più alcunché di mendace,
    se non desideri che la lingua ti cada in terra!
    -

    Ehm... forse Amarth stava un po' sovra-reagendo: dopotutto, quella povera signora stava solo facendo il suo lavoro... era una finzione senza pretese, come una commedia a teatro... e poi erano stati loro due a recarsi da lei, perciò... ecco, aggredirla a quel modo (anche se solo per scherzo) non era una cosa troppo cordiale da farsi; così, la fanciulla dagli occhi blu si aggrappò gentilmente al suo braccio, si adoperò a condurlo fuori dalla tenda.

    « Amarth, non arrabbiarti così, ti prego...!
    E' solo una pantomima... come un'attrice che recita a teatro... »

    gli avrebbe detto con voce conciliante e allegra
    « Che ne dici se andiamo a vedere qualche altra attrazione...? »

    Per dimenticare la piccola disavventura, i due Araldi della Sorte visitarono molte altre attrazioni, divertendosi e svagandosi (o cercando di farlo) alla maniera degli umani, che -intorno a loro- tanto sembravano apprezzare quel posto: per prima cosa, presero un gelato, poi pescarono casualmente alcuni premi da una lotteria, visitarono la casa degli specchi, poi provarono un nuovo gelato, rimasero un po' di tempo a contemplare l'autoscontro, divertendosi a prevedere quale veicolo avrebbe fatto incidente, in quale momento e in quale punto, e infine... si diressero alla ruota panoramica per un ultimo giro, prima di lasciarsi il parco alle spalle.

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    « Certo che il paesaggio è davvero suggestivo... »
    esordì la Custode, lasciando vagare lo sguardo blu oltre il finestrino
    « Tu cosa ne pensi, Amarth? »

    Mentre la ruota girava lentamente, portando sempre più in alto la loro cabina, Nemes sembrava rapita dalle luci artificiali del parco e della città, che si stendevano sotto di loro come gioielli adagiati su di un manto di nero velluto; magari, per due esseri come loro non si trattava della vista più sorprendente del mondo, ma era comunque un bello spettacolo: un ultimo bel ricordo di quella serata da poter custodire nella memoria...

     
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    Un argomento tanto delicato quanto il Destino, non dovrebbe essere preso alla leggera, né per lavoro, né per divertimento; che male c'era, del resto, ad offrire un servizio competente?
    Nell'imbarazzo che seguì l'uscita dalla tenda, lo Zero sembrava intimidito dalla figura di Nemes, che, più lieve, era rimasta composta a sorridere: non che egli si vergognasse delle parole dette all'indovina, ma forse era risultato più aggressivo di quello che era lecito tollerare in un giorno di festa. Fortunatamente, l'incidente fu presto dimenticato quando, per i gentili voleri del caso, nella pesca fortunata i due Eterni quasi depredarono la bancarella, avendo, come il giostrante sottolineava amaro, la Fortuna dalla loro: tant'è che se andarono non per noia o soddisfazione, quanto per evitare di appropriarsi di tutti gli oggetti ai danni degli altri clienti.
    Il gelato fu un'esperienza piacevole, in verità: tranne quando un bambino, cominciò a piangere perché voleva il gusto "tutto scintillante"che aveva scelto il Celebliant: come fare a dirgli che quella, in fin dei conti, era quasi una maledizione, di tingere molte cose del proprio potere? Perplesso, l'Eterno andò oltre, lasciando che la madre educasse il pargolo a più miti pretese: non era certo uscito per impartire lezioni, non era un Saggio, e non era nemmeno un Guardiano (indovina a parte); era solo una creatura che trovava piacevole la compagnia di un'altra sua pari, e per un poco ogni altra questione poteva dirsi bandita.
    Più volte osservava quella divertirsi, e nella sua Vuota persona era in un certo senso felice, come se, accanto a Nemes, le regole del Destino fossero un poco piegate; la casa degli specchi era stata particolare, perché vedersi riflesso male e storto non lo mise di cattivo umore, ma anzi fu spunto di alte riflessioni sull'illusione del mondo, che è imperfetto. Nemes, che aveva preso a riportarlo alla semplice realtà dei fatti, ancora una volta lo rassicurò, in un rapporto, fra i due, che sembrava essere piacevole per entrambi. Dovette ammettere, poi, che aveva trovato divertente l'idea del Mondo, prevedendo gli urti e le traiettorie, sfruttando i loro poteri nella maniera meno pretenziosa e severa di cui disponevano.
    Azzeccarono ogni volta, ovviamente.

    Sulla ruota panoramica, però, l'Erelamarth non si era messo a pontificare, né a perdersi in alte questioni, piuttosto godendo della compagnia di quella anima a lui così cara, e nella serenità della quiete notturna, che si alzava sopra il chiasso dei giochi in terra, guardavano le stelle e le luci del mondo. E già sembravano in un mondo di sogno, perché nella chiusa cabina le voci fuori erano spente e sfocate, e nello squarcio muto della finestra, loro silenti spettatori, osservavano le cose svolgersi. Stare con lei, in quel momento mistico, era davvero qualcosa per cui gioire; a rompere la voce del vuoto fu l'Arcano, cui lo Zero fu presto a rispondere:

    -A volte, a guardare tutto il mondo insieme, si perdono i dettagli.-
    Disse, in una frase alquanto criptica
    -L'azzurro del cielo, il bruno della sabbia, il bianco della neve.-
    Spiegò, in una sequenza di immagini fin troppo evocative
    -Ed è bello, mettere da parte l'intero mondo, coi suoi svolgimenti e i suoi capricci, e perdersi nel colore delle sue parti.-

    Si voltò, e senza accorgersene aveva preso la mano di lei; sorrise all'Arcano come se fosse rotto l'incanto che legava l'animo alla Sorte, e fu un segno innaturale sul viso del Destino: chiusi in quella cabina, sembrava che nessun vincolo potesse attanagliarli, e stavano solo due esseri umani, spogli di ogni potere, a guardare insieme il cielo.

     
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    -A volte, a guardare tutto il mondo insieme, si perdono i dettagli:
    l'azzurro del cielo, il bruno della sabbia, il bianco della neve.
    -
    parlando, il Guardiano le si fece più vicino
    -Ed è bello, mettere da parte l'intero mondo, coi suoi svolgimenti e i suoi capricci,
    e perdersi nel colore delle sue parti.
    -

    Quando Amarth le prese la mano, lei lo lasciò fare senza provare particolare sorpresa: non era perché quel gesto le fosse sgradito o indifferente, ma perché avvertiva qualcosa di naturale in quel contatto... un senso di inevitabilità, che tuttavia non pesava affatto; lo Zero si voltò verso di lei per rivolgerle un sorriso, e la Legge fece altrettanto, per il riflesso sincero che solo la più alta armonia sa generare.

    « E' vero... E' quel che penso anche io! »

    Per un attimo, un'eco delle parole dell'indovina le tornò alla mente, un mormorio confuso in cui le parole avevano già person la nitidezza del loro significato, e la Custode del Libro tornò a fissare gli occhi blu sul lontano orizzonte, oscurato dalla notte e punteggiato di stelle... e un sospiro incrinò il silenzio, dando voce alla mera e innocua curiosità che quella serata le aveva ispirato.

    « A volte mi chiedo come sarebbero le cose se non fossimo quello che siamo...
    ...ma non so immaginarmelo. »

    ridacchiò, prima di proseguire con profonda serenità nella voce e nei pensieri
    « E tu, Amarth? Se tu potessi rinascere in qualcos'altro, che cosa ti piacerebbe essere?" »

     
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    La domanda di Nemes suonò come un vento che sollevi il mantello al viaggiatore, che d'un tratto si ritrovi alla realtà del freddo che non aveva previsto; similmente, l'animo dello Zero vagò in lunghi meandri, dipingendo immagini e scenari: cosa sarebbe stato? Avrebbe potuto essere qualcosa di diverso? E cosa? Può, un'Essenza, essere diversa da come è? O si riferiva al corpo di lui, che da alto Maia s'era elevato vieppiù? E cosa, entrambi, volevano essere? Forse il professore? Forse un guerriero? Una modella? Un libro, un tavolino? Un'ape laboriosa?
    Cercò gli occhi dell'Arcano, per trovare la strada dei pensieri, e quando la vide, era come vederla la prima volta; le parole gli fluirono leggere e forse eccessive, ma in quella gabbia sopra la città nessuno li avrebbe sentiti, nessuno li avrebbe visti:

    -Beh, mi piacerebbe essere me... e incontrarti di nuovo.-

    Nell'innaturale, per lui, naturalezza delle parole, per ogni altro, lo Zero disse, per la prima volta davvero, cosa teneva nel suo cuore per lei, che fuori dal miracolo di quella cabina non poteva rivelare, poiché il Destino velava tutti e due col suo manto. E allora le sorrise, libero come non lo era mai stato, piano facendosi presso di lei: come quella era solita fare, quella volta mosse lui il primo passo, e cinse l'Eterna di Iridescente eternità, nell'abbraccio di chi abbia lo stesso cuore e la stessa anima, unendo Legge e Destino, e l'azzurro degli occhi all'arcobaleno d'argento.
    E, nel silenzio della notte, fra le luci mute della città sotto di loro, come furono apparsi, l'uno con l'altro svanirono; dentro, il ricordo del giorno trascorso, indelebile nel cuore; fuori, restava solo una nebbiolina scintillante, e per un attimo parve, a tutti gli spettatori all'esterno della gran ruota, che questa fosse tinta di molti colori e poco brillasse. Poi tutto tornò come era usuale, i mortali svolgendo i loro affanni nel mondo, gli Eterni ai loro alti pensieri, uniti nello spirito, e felici.

     
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