Sometimes (I wish)

Mentre il sole si abbassava lentamente dietro la linea delle montagne, incendiando i picchi e il loro paesaggio con i caldi toni del rosso e dell'arancio, le prime ombre della sera avevano cominciato ad allungarsi sulla terra, riempiendo il cielo -rimasto vuoto dall'assenza dell'astro diurno- con delicate sfumare di lilla e l'occhieggiare civettuolo di qualche prima stella lontana.

In silenzio, contemplando quello spettacolo, la fanciulla elfo si passò ancora una volta una mano sulla gonna bianca e leggera che le spuntava oltre la linea del corpetto azzurro, distrattamente: era ancora una sensazione strana trovarsi lì in abiti tanto inusuali, ma cominciava ad abituarcisi; all'inizio, nel raccogliere l'invito di Grifis si era sentita un po' nervosa all'idea di incontrarlo in quel contesto e non nella zona-salva del bosco -o in qualche altro accettabilissimo campo di battaglia-, ma... non lo vedeva da un po', ormai, e in fondo cominciava a mancarle quella sua faccia da sberle.

Dimettere la solita “tenuta da lavoro” era stata la parte più difficoltosa, ma aveva deciso di prendere la cosa come un sopralluogo in borghese nelle terre oltre i suoi domini silvani, e per una missione del genere era d'obbligo mescolarsi ai civili, così... alla cappa con cappuccio e ai soliti comodi abiti da Ranger aveva sostituito un vestito di sartoria di Mistral - aveva faticato non poco a trovare un modello il più semplice possibile: per l'occasione, niente armi; i capelli biondi, invece, li aveva lasciati sciolti sulle spalle.

Un po' sovrappensiero, chiedendosi come Grifis avrebbe scelto di mimetizzarsi in quell'ambiente, Sylvanas lanciò nuovamente un'occhiata all'orologio che sormontava i cancelli davanti a cui avevano appuntamento e dove era in attesa già da una buona mezz'ora; l'ora dell'appuntamento era passata già da qualche minuto, eppure del suo vecchio amico d'infanzia nessuna traccia: c'era solo il bigliettaio, un terzetto di bambini con lo zucchero filato e uno strano tipo con gli abiti sgargianti e una folta barba bionda che bisbigliava da solo.

Con le mani in mano per mantenere la calma, abbassò gli occhi versi sulla punta delle sue scarpette con cinturino, e attese ancora un po'. Magari aveva avuto qualche contrattempo...

Perdonami, non volevo! … Syl?

Quando il signore dalla folta barba e gli abiti stravaganti cominciò a muoversi irrequieto, la fanciulla elfo non gli prestò troppa attenzione fino a quando non lo sentì pronunciare il suo nome... e, per quanto non sarebbe stato inusuale che un civile conoscesse -e riconoscesse- il leader dei Ranger di Fanedell, la sua voce le dette una strana sensazione: aveva un suono familiare, ma non così era per il suo aspetto... eppure... aveva l'impressione di conosc-

Non avrei mai detto di vederti un giorno vestita da civile

...da qualche parte, da sotto quel cespuglio biondo, una risata ben nota le giunse all'orecchio, e mentre un lieve rossore le colorava le guance, Sylvanas seppe finalmente l'identità di chi aveva davanti. Grifis...? Ed ebbe immediatamente di che sentire la mancanza del suo amato cappuccio a falda larga – da sempre perfetto alleato nel far fronte a situazioni simili.

« Ti sei camuffato per un giro in incognito,
o ti è rimasto tutto lo zucchero filato appiccicato al mento? »
lo punzecchiò lei, un po' risentita, dando uno strattone leggero alla gloriosa barba
« Mi spieghi come dovevo fare a riconoscerti, con questa cosa sulla faccia? »

Una volta appurata che si trattava di una barba vera, il Ranger in borghese si volse seccamente, rivolgendogli il profilo e incrociando le braccia al petto, mentre le dita tamburellavano nervosamente nell'incavo del gomito; non che fosse sul serio offesa per qualcosa, ma l'indole scorbutica aveva reagito male al suo commento sugli abiti civili, e... le serviva qualche momento di broncio per calmarsi.

Non di meno, era realmente curiosa di sapere cosa il suo vecchio amico avesse da dire su quella bizzarra scelta estetica; non che gli stesse male.. ecco... è solo che... gli nascondeva il suo solito sorriso da scemo... e... era strano non vedere la sua faccia.

Ho vissuto per qualche mese nell'estremo gelo, in una cascina:
non volevo farmi riconoscere
a quella dichiarazione, la Ranger inarcò un sopracciglio, perplessa
E poi devo ammettere che mi sta molto bene!

Ancora dubbiosa su come interpretare quel che le era stato detto, la fanciulla-elfo gli scoccò un'occhiata obliqua: come mai non voleva farsi riconoscere? E, poi, da chi...? Che cosa gli era successo dall'ultima volta che lo aveva visto? E perché quello scemo non era tornato a Fanedell? Magari non lo ricordava con piacere, ma la foresta restava sempre e comunque casa sua...

Indecisa se esternare o meno quelle domande -manifestando la sua preoccupazione-, Sylvanas si limitò a sospirare uno sbuffo spazientito; adesso che era nuovamente calma, tranquilla, e nel pieno delle sue facoltà poteva...

Ma non mi sta bene lontanamente quanto i vestiti che indossi tu

Senza preavviso e senza permesso, Grifis la abbracciò; in un riflesso condizionato -e dall'addestramento militare, e dalla timida avversione alle pubbliche effusioni- lei gli assestò una gomitata tra la sesta e la settima costola. E gli afferrò un polso, già pronta a ripiegarglielo contro la schiena, maaa... per fortuna, seppe razionalizzare quel che stava accadendo prima di procedere, così riuscì a fermarsi in tempo.

« Che cavolo fai così all'improvviso?! »
lo apostrofò, fulminandolo con un'occhiataccia
« E che cavolo dici? Che senso ha paragonare una barba e un vestito?
Bah... Andiamo. »

Sbuffando, gli volse le spalle e si incamminò verso i cancelli;
non gli aveva ancora lasciato il polso, così se lo trascinò dietro.

« Già stare con la testa tra le nuvole di Laputa non ti aveva fatto bene...
...ora mi chiedo che accidenti ci sei andato a fare tra i ghiacci?! »

Brontolando per dissimulare l'imbarazzo, il Capo-Ranger raggiunse il cartello dalle insegne colorate che indicava quale direzione percorrere per raggiungere le diverse attrazioni sparse per il parco; per lei -che ne sapeva poco-, una cosa valeva l'altra, così lanciò un'occhiata neutra al suo accompagnatore da sopra una spalla.

« Allora...? Qualche idea su dove andare? »

Sono semplicemente felice di vederti...
Cercavo di farti un complimento, ma non sono bravo in queste cose

Sbuffando mentre lo trascinava all'interno del parco, la fanciulla elfo fece finta di non averlo udito... ma l'ombra di un sorriso ridisegnò la curva perennemente corrucciata delle labbra sottili e ben disegnate: Grifis era un po' imbranato, ma non le dispiaceva; in fondo, gli era affezionata, e apprezzava il fatto che fosse affettuoso... l'unico vero problema era che la cosa l'imbarazzava.

Andiamo alla Casa degli Specchi

In un'inversione di tendenza un po' inaspettata, fu il momento del Falco di dirottare i passi della sua Dama amica, e seppur le desse un certo disagio lasciarsi condurre da qualcun altro in quella maniera, Sylvanas lo lasciò fare senza opporre resistenza.

In men che non si dica, i due Silvani varcarono la soglia di una delle attrazioni, e si ritrovarono così in un corridoio dalla spazialità confusa, dove lo sguardo rimbalzava smarrito tra mille e più giochi di prospettiva, mesmerizzando le loro percezioni con il riflesso della propria immagine distorto nei modi più assurdi, buffi o grotteschi...

« Questo è davvero offensivo... »

Incrociando le braccia al petto con contrarietà, il commento della Ranger era riferito allo specchio deformante davanti a cui si erano appena fermati: il vetro li rendeva entrambi bassi e tozzi come nani; a stemperare il suo broncio con un sorriso divertito fu però il riflesso di Grifis.

« ...se non altro, adesso la tua barba ha uno scopo. »
gli lanciò un'occhiata un po' più pensierosa, poi tornò a cercare qualche altro riflesso
« Oltre a ripararti dal freddo. »

Pausa. Silenzio. Cercava un modo neutro per intavolare la questione e dar voce al pensiero che la preoccupava, ma non gliene venne in mente nessuno; così, alla fine, si strinse nelle spalle e la buttò lì.

« Come mai se andato a rifugiarti alla cascina, stavolta? »
in effetti, quello era il genere di posto dove l'altro correva ad isolarsi quando era turbato
« E' successo qualcosa? »

Eri tra le persone che mi hanno riportato indietro...

In risposta alle sue domande, il Falco prese un poco le distanze da lei per permettere agli specchi disseminati in giro per l'edificio -con un piccolo aiuto da parte dei suoi poteri arcani- di proiettare la sua immagine... e quella degli altri ego che Sylvanas già aveva avuto modo di intravedere durante il viaggio ultraterreno che aveva compiuto con altri compagni per riportare tra i vivi l'anima dell'amico.

Qualche anno fà, giunse su Endlos e naufragò nell'etlerth. Non fu casuale e tu questo lo sai.
lo specchio che aveva sfiorato mostrò l'immagine dell'uomo chiamato Flama
Ci tornai a suo tempo anche io e mi nascosi in una cascina. Qualcosa mi aveva chiamato lì e risvegliò dentro di me... beh, la storia la sai no?

Grifis si voltò verso la sua interlocutrice, e mentre le immagini illusorie svanivano dalla superficie liscia dei pannelli di vetro, la fanciulla elfo si limitò ad annuire e ad ascoltare, tenendo fissi su di lui gli occhi verdi con molta attenzione.

Sono poco più che un fantoccio di cristallo, modellato sui ricordi che voi avevate di Grifis. E sono tornato alla cascina a mia volta perché speravo che risvegliasse qualcosa in me, come era stato per Grifis.
proseguì perciò l'altro, allargando le braccia con distaccata teatralità
Volevo sentirmi qualcosa di più che una scheggia di cristallo animata da ricordi di una persona morta. Volevo sentirmi vivo. Non ho ottenuto quello che volevo e così sono tornato a Fanedell.

Se il suo Cavaliere aveva già la certezza che quelle parole non sarebbero state affatto gradite a colei che costituiva il suo pubblico, Sylvanas non pensò nemmeno per un istante di deluderlo: arricciando le labbra in una smorfia contrita di disappunto, lasciò che il suo sguardo si indurisse; tuttavia, non fece un fiato e gli lasciò finire il discorso. Dopotutto, era stata lei a chiedere.

...e poi Grifis -pur con la leggerezza priva di tatto dovuta alla sua condizione- stava aprendosi in una qualche sorta di confidenza, quindi -per quanto poco potesse essere sentito da parte sua-
la Ranger ne apprezzava lo sforzo.

Ma quando ti ho vista prima, quel qualcosa si è risvegliato e ho realizzato una cosa. Se siamo qui è perché ci tengo a te -e perché amo Fanedell-, ma soprattutto per te.
confessò il Falco, rivolgendole un nuovo sorriso
Tu mi fai sentire vivo

« Eppure sei andato lontano. »
enunciò con calma, incrociando le braccia al petto e sostenendo il suo sguardo
con una facilità che avrebbe creduto impossibile in quella circostanza
« A Laputa, a Nord, o chissà dove... e dopo oggi, sarà di nuovo lo stesso. »

Per quanto suonasse disillusa, il sentimento che emergeva predominante dal suo tono pacato e dal suo viso imbronciato era solo una serafica pazienza... in vero sorprendente, vista l'indole pragmatica e concreta che aveva sempre contraddistinto il Capo-Ranger; la sua non era un'accusa, e non voleva esserlo, ma non riusciva a non notare il contrasto che quelle parole (sincere, non ne dubitava) producevano con le sue azioni.

Grifis era bravo con le parole, ma non era mai stato un bugiardo (non con lei almeno), eppure la sua incostanza -e le ferite che questa le aveva procurato in passato- aveva di certo contribuito per Sylvanas alla forgia dell'armatura del suo carattere.

« Dai, muoviamoci. Ci sono un sacco di altre cose da vedere. »
lo esortò, di nuovo volitiva come al solito, afferrandolo per il bavero e voltandogli le spalle mentre lo tirava verso l'uscita,
« Se la tua mira è ancora pessima come una volta, potrei vincerti qualcosa al Tirassegno. »

Semplicemente, il Falco era fatto così: non c'era da fargliene una colpa.
...e lei l'aveva semplicemente accettato.

Le mie parole non valgono nulla, lo so...
mormorò con dispiacere il Falco, abbassando lo sguardo e scoprendosi il capo
Ti posso dire che non ho più intenzione di andare da nessuna parte. Ho deciso di stabilirmi a Fanedell per sempre: appenderò le armi al chiodo, poserò l'armatura sul manichino, e mi ritirerò nella dimora che era un tempo mia e di mio padre. Se tu vorrai, avremo tutto il tempo per guarire quelle ferite che ti ho provocato.

Melodrammatico. Con uno sbuffo paziente, la fanciulla elfo non poté evitare che un mezzo sorriso le incurvasse le labbra ben disegnate; non voleva essere una smorfia derisoria, ma per come la vedeva lei, non c'era alcun bisogno di essere rammaricati: non solo perché il passato era passato (strano a dirsi per un immortale), ma sostanzialmente perché per lei le sue cicatrici emotive non erano qualcosa a cui dover porre rimedio.

Certo, a volte erano presenze un po' ingombranti da gestire, ma ognuna di esse era una lezione appresa: promemoria -un paio, persino vere e proprie medaglie- di “battaglie” a cui era sopravvissuta, e che l'avevano resa più forte nel tempo... e non aveva vergogna o timore di mostrarle, specialmente davanti a un amico.

Naturalmente, le dispiaceva che Grifis se ne sentisse in qualche modo responsabile, ma... non dar troppo spazio alla sua costernazione era il modo migliore che le venisse in mente per alleggerire il peso di cui l'altro sembrava volersi sobbarcare; dopotutto, andava bene così.

Mentre si lasciavano la Casa degli Specchi alle spalle, e -di nuovo all'esterno- raggiungevano lo stand con esposti i bersagli e un esercito di pupazzi messi in palio, solo una cosa restava da dire sull'argomento...

« ...comunque, ti avviso che se intendi realmente tornare ad abitare nel mio bosco,
dovrai premurarti di toglierti quella cosa dalla faccia. »
lo punzecchiò, col tono autoritario e categorico del Capo-Ranger
« Se non ti dai una ripulita non ti lascio passare: intesi? »

Giunti allo stand del tiro al bersaglio, data l'assenza di fila in quel preciso momento, i due furono immediatamente serviti dal gestore: ascoltarono le sue spiegazioni riguardo le regole di quel semplice gioco, e dopo aver manifestato la volontà di gareggiare entrambi per “sfidarsi” -suscitando nell'omino delle giostre uno sguardo perplesso per quella dinamica per lui inconsueta-, fu loro consegnato un fucile ad aria compressa.

Non si trattava di un'arma convenzionale e con cui la Ranger avesse troppa familiarità, ma... aveva visto e provato le armi da fuoco in uso nell'Est abbastanza da sapere che non le piacevano: essendo naturalmente dotata di una mira perfetta (tutto merito della sua vista acuta, retaggio dei suoi natali elfici), Sylvanas non trovava in esse nemmeno una traccia della nobiltà che invece caratterizzava una disciplina marziale come il tiro con l'arco.

Per come la vedeva lei, con balestre, pistole e fucili, l'unica destrezza richiesta stava nella velocità di ricarica e nel controllo del contraccolpo. Facile, combattere così...

Ad una sola condizione: se mi batti col tiro al bersaglio
e rimarrò per sempre al tu fianco

Persa nelle sue riflessioni, Sylvanas stava studiando e soppesando la concretezza del giocattolo con cui avrebbe dovuto affrontare la gara già da qualche istante quando le parole di Grifis la raggiunsero, catturando la sua attenzione e catalizzando su di lui il tiro degli occhi verdi, senza tuttavia interrompere il suo esercizio fisico per abituarsi all'oggetto.

« Cosa sarebbe, questa? Una minaccia?
E' la tua strategia per provare a deconcentrarmi? »
ritorse la fanciulla elfo, rivolgendogli un sorrisino sardonico
« Guarda che se speri di indurmi a sbagliare, non può succedere. »

E in una dimostrazione di supremazia -e presunzione- piuttosto spassionata, imbracciò il fucile e fece fuoco senza neppure guardare il bersaglio, continuando a tenere le iridi di smeraldo in quelle del Falco. Neanche a dirlo, centro perfetto.

« Sono tentata di rivendicare il tuo scalpo già a fine serata. »
punzecchiò, posando il fucile sul bancone e portando due dita a tirargli piano la barba
« Almeno rivedrò la faccia del mio amico prima di domani. »