Painful Memories

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    Quel pomeriggio il cielo era costellato da grandi nuvole di uno sfumato grigio che andavano ad attenuare le luci calde di un sole ormai morente all’orizzonte.
    Un debole vento sferzava i capelli corvini del ragazzo che con occhi sognati ammirava quello spettacolo della natura. Le fredde folate facevano sventolare con grazia la curata divisa d’agente e la nera cravatta; i sempre più fievoli raggi facevano risaltare il vivace bianco predominante della tunica, rispecchiandosi invece nelle linee nere poste ai bordi lungo tutto l’abito e scorrendo in un luccichio più intenso lungo il nero metallo dell’ombrello impugnato nella mano destra dandogli un’aria di pulito e maniacale cura.
    Aveva raggiunto Laputa per incontrare il famoso alfiere di quel presidio e discutere con lei di tutti i piani che aveva in mente, e casomai, capire qualcosa in più sulle sue abilità del controllo del vento di cui aveva sentito tanto parlare dalle dicerie dei gironi inferiori del presidio ma non aveva la minima idea di dove poterla trovare, e ora che ci pensava non sapeva nemmeno se l’alfiere fosse al momento nel presidio ma d'altronde era nuovo da quelle parti e quel pomeriggio la piazza sembrava deserta escludendo così anche la possibilità di chiedere a qualcuno del luogo dove avrebbe potuto incontrare il giovane alfiere.
    Il lento scorrere dell’acqua nella fontana al centro della grande piazza era l’unico suono che smorzava il costante fruscio del vento di quel pomeriggio. Era contento finalmente di essere lontano dalla Divisione e di potersi godere un po' di relax nonostante fosse ancora in missione, e pensò che qualche minuto di pausa per ammirare la bellezza di quel tramonto dopo tutta la fatica e le ingiustizie che aveva subito, se l’era anche meritato.
    Adocchiata una panchina nei dintorni decise di sedersi lì e fermarsi un attimo, lasciandosi ogni problema alle spalle e godersi quella piacevole brezza e quel panorama stupendo che la vista da quell’altezza gli regalava.
     
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    Con uno sbuffo sonoro, la manina eburnea ribaltò la copertina rigida del libro che le stava aperto davanti, in un gesto secco e frustrato a cui le guanciotte pallide e gonfie per il broncio si abbinavano alla perfezione; presa a metà tra un sentimento di stizza e quella che pareva una mestizia più amara, la testolina albina della giovane studentessa del Magisterium scivolò pian piano in avanti, mentre ella si accoccolava sul banco, usando il compendio di grammatica come cuscino.

    Non era propriamente una cosa da lei essere così indispettita, ma quella situazione cominciava a pesarle, e chiudendo gli occhi di rubino, indugiò per un lungo istante in un ostile ed ostinato silenzio: era stufa di studiare
    così... E no, non ce l'aveva con la mole del programma, o il carico di compiti ed esercizi che le venivano quotidianamente assegnati, e non si riferiva nemmeno all'assenza di dolci con cui riempire le pause, o ai contenuti complicati di tutte le varie materie che le avevano inserito in curriculum.

    Era il fatto che l'avessero lasciata sola a renderla insofferente a quella che -fin dal suo risveglio- era sempre stata la sua attività preferita,
    imparare: Augustus, che l'aveva trovata tra le nevi dell'Etlerth -sola e sperduta-, portata a Laputa e con pazienza insegnato a parlare, era per lei il primo ricordo legato a... qualunque cosa dell'Isola volante, e ora che era sparito, ovunque posasse le iridi scarlatte, Asaliah aveva l'impressione che mancasse qualcosa. Come in quell'aula...

    A quel pensiero, gli angoli delle labbra pallide e ben disegnate si incurvarono verso il basso, e un sospiro mesto le evase il petto sottile: non le andava più di restare lì, così sgusciò via dalla strettoia di banco e sedia, e diresse i suoi passettini rapidi e inquieti lungo i corridoi, fino a sgattaiolare non vista fuori dalle mura del Magisterium; all'esterno, la luce ovattata di una uggiosa giornata ormai al termine la accolse, spazzando via la malinconia dal suo sguardo con un colpo di vento fresco, che le scompigliò i lunghi capelli color della neve, sibilando attorno alle corna ritorte che scendevano ad incorniciarle il viso.

    Senza avere un'idea ben chiara di dove dirigere i piedi, cominciò a percorrere a passo tranquillo le strade del Presidio Errante, passeggiando senza una meta precisa e lasciando vagare lo sguardo sui bambini intenti a giocare per strada, sui negozianti al lavoro dentro le loro botteghe, e sui passanti...
    e fu allora che lo notò; dopotutto, Laputa era una città piccola, e i forestieri saltavano all'occhio. Soprattuto quello che sedeva sul muretto della fontana al centro della piazza.

    Indossava una divisa, ma non era delle truppe appartenenti all'Isola; ad ogni modo, non era comunque stata quella ad attirare l'attenzione della ragazzina albina, quanto il fatto che lo sconosciuto avesse con sé un'ombrello: era un oggetto che -le avevano spiegato- serviva a ripararsi dalla pioggia furia dell'Alfiere... ma dal momento che Drusilia non era sull'isola, suscitò tutta la sua curiosità.

    Senza trovar nulla di strano nell'approcciare qualcuno a quella maniera, la creatura dalle graziose corna si avvicinò all'oggetto del suo interesse, fino a fermarsi quasi accanto a lui: dopo aver fissato lo sconosciuto per un lungo istante, gli occhi di rubino si sollevarono in alto per scrutare con fare accigliato le nubi di un blando grigio inoffensivo, che velavano la volta del cielo; poi, fissò di nuovo il giovanotto, poi di nuovo le nuvole, e -infine- nel silenzio che regnava per la via poco trafficata del meriggio, gli rivolse la parola.


    jpg
    « Perché hai l'ombrello...? Non sta piovendo... »

    Da quando era arrivata sul Presidio Errante, aveva imparato davvero tante cose,
    ma non le era ancora stato insegnato a farsi i fatti propri.

     
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    Che tutto stesse finalmente andando per il verso giusto? Quel caldo sole che dolcemente gli accarezzava il viso, Il leggero suono dell’acqua che gli faceva da sottofondo, tutto in quella giornata sembrava suggerirgli che Forse le cose potevano migliorare, che semplicemente con un po’ di tempo, ogni tassello di quel puzzle che era il suo passato, il presente e il suo futuro forse avrebbero trovato la loro collocazione lasciando spazio non più a un qualcosa di indefinito e incerto, ma un disegno concreto, vivo, definito… Chiaro, perché in fondo quello che realmente gli mancava era la chiarezza; non era sicuro del suo passato, non era certo del suo presente, e soprattutto, aveva timore per il suo futuro.
    Ma quel pomeriggio non voleva pensare a tutte quelle preoccupazioni, a tutti i suoi problemi, voleva solo prendersi una pausa, godersi quella giornata e con tutta la calma di questo mondo cercare informazioni su dove avrebbe potuto trovare Drusilia.
    Cosa mai poteva andare storto in una giornata come quella?
    v3mS8Ya
    « Perché hai l'ombrello...? Non sta piovendo... »

    “Oh, Salve signorina. Dice questo ombrello? “
    Osservò la giovane ragazza mentre con leggiadria estrasse l’arma dal suo sostegno sulla sua schiena; lunghi capelli bianchi come latte accompagnavano due corni arricciati, mentre occhi color rubino lo fissavano.
    “Questo non è un normale ombrello” un rapido click e con uno scatto quest’ultimo si apri di fronte a lui, rivelandosi in tutta la sua ampiezza. L’apertura sarebbe stata tanto grande da poter contenere sotto di esso tranquillamente due persone, e dopo pochi secondi, curiose lucine viola poste sul manico si sarebbero accese in sequenza. “Vede…” col pugno chiuso tiro un paio di piccoli colpetti all’interno dell’ombrello facendo così risuonare il freddo metallo “non solo è in grado di proteggere dalla pioggia, ma è utile anche come arma… di difesa personale.”
    Conclusa quella piccola dimostrazione, si alzò dal muricciolo sul quale era seduto e con un altro leggero click richiuse l’ombrello, impugnandolo nella mano sinistra “Scusi la mia maleducazione, per non essermi ancora presentato: il mio nome è…“ come avrebbe voluto per una volta poter ridire a qualcuno il suo vero nome “… Umbrella. Non sono originario del presidio, sono qua solo per lavoro. Mentre lei? Vive qui a Laputa?” dopo quella domanda, un leggero sorriso amichevole si fece largo sul suo volto.
    Quel giorno sembrava davvero filare tutto per il verso giusto; se quella ragazza conosceva il posto, avrebbe potuto dirgli finalmente dove poter incontrare l’alfiere.
     
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    “Oh, Salve signorina. Dice questo ombrello? “

    Senza trovare nulla di strano nel fatto che una perfetta sconosciuta l'avesse apostrofato per strada per rivolgergli una domanda tanto stravagante quanto invadente (perché, ehi: non erano propriamente affari suoi!), il giovane dai corti capelli scuri le rispose senza esitazione, mostrandosi addirittura tanto paziente e disponibile da prelevare il dispositivo dalla schiena -dove lo teneva ancorato- per mostrarglielo nel dettaglio più da vicino.

    “Questo non è un normale ombrello. Vede…”
    illustrò, premendo un bottoncino, e facendo scattare l'armatura del dispositivo
    “Non solo è in grado di proteggere dalla pioggia, ma è utile anche come arma… di difesa personale.”

    Reclinando la testolina nivea da una parte, la fanciulla dagli occhi rossi ristette in silenzio per un altro momento, inarcando verso l'alto le sopracciglia e spostando le iridi di rubino dal volto del suo interlocutore all'impugnatura ricurva dello strumento che questi le stava indicando... e lei -da brava studentessa- obbedì, scrutando con tutta la solenne attenzione di un intellettuale il modo in cui le lucine viola si accendevano ad intermittenza sul manico di metallico.

    Poi, dopo aver bussato sul corpo dell'asta per strapparvi un tintinnio metallico, il ragazzo si staccò dal basso muretto dove l'albina l'aveva trovato seduto, e -con un'altra pressione dell'interruttore di prima- richiuse l'ombrello.


    “Scusi la mia maleducazione, per non essermi ancora presentato: il mio nome è...Umbrella.”
    si presentò quindi, sorridendole amichevole e iniziando una conversazione
    “Non sono originario del presidio, sono qua solo per lavoro.Mentre lei? Vive qui a Laputa?”

    Reclinando la testolina soffice da una parte, la creaturina si prese un istante prima di rispondere... giusto il necessario per riepilogare a memoria tutti i vari punti da rispettare nel corso dei convenevoli; non che avesse troppo da preoccuparsi: dopotutto, si trattava di discorsi basilari con cui Augustus e Khatep l'avevano fatta spesso esercitare, quindi... ce la poteva fare!

    jpg
    « Ciao Umbrella! Piacere di conoscerti! »
    recitò la formula, sicura e sorridente, unendo poi le manine in grembo e facendo un inchino
    « Io mi chiamo Asaliah Galanodel, vengo dal Nord, e vivo a Laputa... »

    Di nuovo, la ragazza dai capelli d'argento tacque, accigliandosi un poco, come se stesse riflettendo su qualcosa... e, in effetti, così era: i suoi mentori le avevano spiegato che il meccanismo della conversazione è composto da una prima parte in cui si risponde a quello che hanno detto gli altri, e da una seconda parte in cui si pongono domande a cui gli altri poi risponderanno... perciò ora toccava a lei fare una domanda! ...ma cosa poteva chiedere? Il Signor Umbrella aveva parlato di un lavoro, quindi... magari... sì... ecco...!

    « Tu che lavoro fai? »

     
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    Sicuramente era riuscito a fare colpo sulla giovane ragazza. Come apri l’ombrello l’albina sembrò essere incuriosita e interessata al tempo stesso da quell’oggetto tanto comune quanto particolare mostratogli da Umbrella.
    L’agente guardò gli occhi color rubino della giovane mentre le lucine viola dell’ombrello si riflettevano su quel rosso come uno specchio d’acqua sotto le stelle. Un sorriso si accennò sul suo volto davanti a quella dolce e innocente scenetta, e successivamente gli occhi cerulei di lui si posarono ancora una volta sui suoi bianchi capelli. Era la prima volta che incontrava qualcuno dai capelli albini, e questa combinazione di rosso e bianco abbinata a quello che sembrava un solare e spensierato carattere della ragazzina, lo incuriosiva.
    Con un sorriso che sprizzava energia positiva da tutti i pori, si presentò rapidamente allo sconosciuto, rivelandogli il suo nome, la sua provenienza e dove viveva. Risultò appartenere alla famiglia dei Galanodel, e nonostante venisse dal Nord, sembrava vivere a Laputa. Difronte a quella rivelazione, gli occhi si spalancarono leggermente per nemmeno mezzo secondo mostrando per un attimo la sua sorpresa. Quell’incontro poteva risultare fortuito per lui più di quanto potesse aspettarsi. Quell’incontro poteva accorciargli le ricerche facendogli risparmiare tempo prezioso
    "Galanodel? Non è che sei parante dell’alfiere Drusilia Galanodel?"
    Avrebbe ascoltato con attenzione la risposta della giovane a quella sua domanda, sempre se gliene avrebbe concessa una, per poi rispondere lui a sua volta a una curiosità dell’albina:
    « Tu che lavoro fai? »
    La domanda arrivò a bruciapelo. Da quando era arrivato su Endlos nessuno gli aveva mai chiesto prima che lavoro facesse e quindi non si era dovuto mai nemmeno preoccupare di dover trovare una risposta adeguata, e al meno per il momento non poteva rivelare ai più il suo vero lavoro e la sua missione, ma prima o poi avrebbe dovuto farlo se voleva cercare alleati per la sua causa, e perché non iniziare proprio da quella ragazza? Dopotutto sembrava abbastanza spensierata e gli trasmetteva un certo senso di vivacità e dolcezza che raramente aveva visto, quindi decise di essere sincero cercando di raccontarle quale fosse il suo lavoro senza entrare troppo nel dettaglio, e quello era già un passo avanti, Sicuramente poche parole sarebbero più che bastate per una risposta esaustiva per la ragazza, pensò:
    “ Che lavoro faccio?... sono un agente, lavoro per l’Umbrella Division, un’organizzazione militare, e sono venuto qua su Endlos per svolgere ricerche su un possibile “ siero ” che riesca a riportare fra noi… alcune persone a me molto care… “
    Un tono più serio e triste si palesò nella sua voce a quelle ultime parole, forse si era lasciato trasportare anche troppo rispetto a quello che la sua mente aveva precedentemente programmato prima di risponderle.
     
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    "Galanodel? Non è che sei parente dell’alfiere Drusilia Galanodel?"

    Nel sentire il ragazzo che le stava davanti rivolgere quella domanda con fare stupito, la fanciulla dai lunghi capelli reclinò la testolina albina da una parte, sbattendo le palpebre un poco perplessa; non le sembra nulla di così sorprendente: per lei, che non si era più mossa da Laputa da quando aveva iniziato a comprendere il senso delle parole e del mondo, quella era non solo una realtà ovvia e scontata... ma anche l'unica.

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    « Drusilia è Mamma! »

    Perché tutte le informazioni che la sua giovane mente (più giovane ancora di quanto sembrasse) aveva archiviato e ricomposto in archetipi di significato convergevano in quell'idea; nei libri con cui aveva iniziato ad apprendere la lingua comune c'erano tanti racconti diversi in cui la Mamma era un personaggio ricorrente: la Mamma dava il cibo agli altri, faceva loro dei regali, insegnava le cose, teneva lontano i mostri e le cose brutte, e ti aiutava sempre... e imparando quelle cose, Asaliah non aveva potuto fare a meno di ricollegarle alle sue esperienze.

    Drusilia Galanodel le aveva dato la cioccolata, tanti vestiti, una cameretta, le aveva fatto insegnare le cose da Khatep e Augustus, e durante le sue lezioni individuali al Magisterium le avevano spiegato che
    “l'Alfiere ha cura della città e la protegge”... perciò nella sua testolina canuta i due concetti coincidevano, perché non poteva essere che così: l'Alfiere è Mamma.

    “Che lavoro faccio?...
    Sono un agente, lavoro per l’Umbrella Division, un’organizzazione militare.”

    rispose l'interlocutore, usando parole che lei ricordava di aver udito qualche volta
    “...e sono venuto qua su Endlos per svolgere ricerche su un possibile “siero”,
    che riesca a riportare fra noi… alcune persone a me molto care… “


    Un poco perplessa, ma decisamente attenta ed incuriosita, la ragazzina reclinò il capo da una parte e cominciò a tormentare pensosamente un indice tra le labbra sottili: Drusilia si occupava di organizzare molte cose su Laputa, e anche di qualcosa-militare (forse quel programma per cui tutti dovevano fare ginnastica, e che era molto importante?), quindi forse “Umbrella Division” era la Mamma di Umbr- eh, già! Avevano anche lo stesso nome...!

    jpgLa parola “siero” l'aveva invece già sentita al Magisterium: erano dei tipi di pozione, dei liquidi che preparavano i maghi e gli alchimisti, e che servivano a tutti per fare tante cose diverse e utili, e... se il suo nuovo amico ne cercava uno in particolare, magari poteva aiutarlo! In un libro aveva letto di bevande che possono portarti da qualche altra parte, perciò...
    magari poteva essercene una per far arrivare lì da lui alcune persone care! ...anche se le avevano detto che far comparire cose, animali e persone è un lavoro da Evocatori, e non capiva bene cosa c'entrasse la pozione...

    « Anche Drusilia organizza i militari! E al Magisterium sanno fare tanti sieri! Se chiediamo, ti aiutano! »

    Esclamando allegramente quella proposta la fanciulla, portò le manine alle guance del giovanotto per spingergli in alto gli angoli della bocca; perché, dopotutto, non c'era bisogno di essere così tristi, no...?

    « Sono molto lontano le tue persone care? »

     
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    “ Drusilia è tua mamma?!...”


    Aveva davanti la figlia dell’ufficiale del presidio?... Rimase per un attimo sbigottito da quell’affermazione, quasi preso alla sprovvista. “ ma davvero Drusilia è tua mamma? “ richiese per conferma, domandandosi quanti anni potesse avere Drusilia; non l’aveva mai vista di persona ma da quel che aveva sentito sul suo conto sembrava essere una ragazza piuttosto giovane, e sembrava strano che potesse avere una figlia già cosi… grande, e poi, se Drusilia era sua madre, chi era allora il padre? Non aveva mai sentito parlare di un marito: che fosse tenuto segreto, o che fosse morto per chi sa quale motivo prematuramente… “scusami già da adesso, so che non si dovrebbe chiedere a una donna, ma Asaliah… quanti anni hai? “

    Ora che ci faceva caso, ripensando a come incuriosita ammirò il suo “semplice” ombrello, a quei movimenti dolci e ingenui, sembrava quasi più piccola dell’età che esternamente dimostra ma probabilmente era solo una sua impressione, e in un attimo scartò quella eventualità categorizzandola inconsciamente come improbabile.
    Continuando a parlare gli raccontò chi era, per chi lavorava, quale fosse la sua missione, e quale fosse il suo triste obbiettivo. Erano passati ormai parecchi anni da quel doloroso giorno: la casa che bruciava, lui trascinato via a forza dalla divisione mentre sotto i suoi occhi lucidi giustiziarono prima sua madre, e poi suo padre mentre cercava invano di salvarlo dalle grinfie degli infimi aguzzini.
    Perché proprio adesso quei ricordi? Era sicuro che ormai fosse riuscito a reprimerli e a sfruttare quel dolore non per farsi abbattere o per farsi prendere dall’odio, ma usarli come motivazione ad andare avanti, a non arrendersi fino a quando non sarebbe riuscito a rivederli per un’ultima volta, e riabbracciarli riportando cosi alla mente i vecchi ricordi felici. Strinse il pugno mentre pronunciava quelle ultime parole che gli riportavano alla memoria i suoi genitori, distolse lo sguardo come a non voler far notare quella sua debolezza, il suo punto debole. Ma Asaliah non si lasciò trasportare da quelle tristi emozioni che il ragazzo cercava impacciatamente di nascondere e gli si avvicinò e con fare spensierato cercò di riportare un sorriso sul suo viso alzandogli gli angoli della bocca.
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    Come la ragazza avrebbe rivisto pienamente il suo viso, avrebbe notato gli occhi di Umbrella spalancati, segno che anche sta volta l’aveva preso alla sprovvista spiazzandolo, e lucidi, nessuna traccia di una lacrima ma era evidente un fievole luccichio in quegli occhi cerulei che brillavano sotto la luce del sole morente alle loro spalle. Prese i polsi della ragazza stringendoli con decisione per un attimo, per poi allentare la presa e toglierli le mani delicatamente dal suo viso accennando un debole sorriso. “…Grazie, Asaliah.
    Si, purtroppo sono in un’altra dimensione, un altro mondo oltre i confini di Endlos…ma cof!cof!”
    Simulo un leggero colpo di tosse, cercando evidentemente si riprendersi mostrando una forzata sicurezza che voleva mascherare quel leggero imbarazzo “comunque, mi stavi parlando di un’organizzazione militare, sai di cosa si occupa questa organizzazione gestita da tua mamma? E mi parlavi anche del Magisterium nel quale potrei trovare qualcuno che mi aiuti con il siero, ora quello che cerco io non è un vero e proprio siero, ma potrebbe essere interessante parlarne con qualcuno che gli ha studiati approfonditamente, per caso conosci qualcuno in particolare che se ne intende? E già che siamo in argomento, conosci anche la strada per raggiungere questo famoso Magisterium? “
     
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    “ Drusilia è tua mamma?! ...ma davvero Drusilia è tua mamma?”
    per motivi che alla fanciulla sfuggivano, il ragazzo sembrava davvero molto sorpreso
    “scusami già da adesso, so che non si dovrebbe chiedere a una donna, ma Asaliah… quanti anni hai? “

    Aggrottando un po' le sopracciglia albine e sottili, la giovinetta parve un po' accigliata, ma non c'entravano questioni come la vanità o il disagio con cui talune culture trattano l'invecchiamento femminile: la verità era che -semplicemente- le sue conoscenze su come conteggiare il passare del tempo erano ancora un po' traballanti, e pertanto Asaliah stava cercando di disciplinare in una successione ordinata i mesi e le stagioni che erano trascorsi dal suo risveglio nelle lande ghiacciate dell'Etlerth.

    « ...Tre! »

    La fanciulla aveva appena finito di cinguettare la risposta -felice e trionfante di aver fatto i conti giusti-, che il suo nuovo amico le strinse le mani attorno ai polsi, allontanando quelle di lei dal proprio viso... e la creaturina lo lasciò fare senza naturalmente opporre resistenza, limitandosi a fissarlo con una certa curiosa perplessità nelle iridi scarlatte. Qualcosa non andava... ma non seppe dire esattamente cosa.

    “…Grazie, Asaliah. Si, purtroppo sono in un’altra dimensione, un altro mondo oltre i confini di Endlos…ma cof!cof! ...comunque, mi stavi parlando di un’organizzazione militare! Sai di cosa si occupa questa organizzazione gestita da tua mamma? ”
    le spiegò Umbrella con pazienza, abbozzando un pallido sorriso e cambiando argomento
    “E mi parlavi anche del Magisterium nel quale potrei trovare qualcuno che mi aiuti con il siero, ora quello che cerco io non è un vero e proprio siero, ma potrebbe essere interessante parlarne con qualcuno che gli ha studiati approfonditamente, per caso conosci qualcuno in particolare che se ne intende? E già che siamo in argomento, conosci anche la strada per raggiungere questo famoso Magisterium? “

    jpg
    « Mhhh... la cosa militare della Mamma... sono i LAM! »

    Reclinando la testolina bianca da una parte, forse un po' confusa dal cambio repentino di stati d'animo che si avvicendavano in Umbrella, la ragazza dalle corna ritorte mise insieme le prime nozioni che le passarono per la testa; naturalmente, non avrebbe saputo ripetere per filo e per segno la versione estesa del nome a cui quell'acronimo corrispondeva -anche perché era in una antica lingua chiamata “latino”, con suoni un po' strani che non aveva ancora capito bene come replicare-, ma sapeva bene di cosa si occupavano! Tutti, a Laputa, lo ripetevano spesso.

    « I LAM sono come la Mamma: difendono gli altri, aiutano tutti e salvano Endlos. »

    Mostrandosi pacatamente sicura di quella definizione, Asaliah concluse l'argomento annuendo con solenne convinzione; ora, per il siero e il Magisterium... in circostanze normali si sarebbe rivolta al suo mentore Augustus o al Maestro Khatep, però... ripensare a loro la intristì un poco, perché non li vedeva più da molto, e quella inespressa constatazione le velò il visetto eburneo di un'ombra malinconica e le appannò un poco gli occhi di rubino: avrebbe tanto voluto incontrarli presto, raccontare loro tutte le cose nuove che aveva imparato, mostrargli come era diventata brava con i compiti, e... se solo fossero stati lì, sarebbero stati di certo capaci di aiutare Umbrella.

    Sospirò, mestamente e con nostalgia, ma seppur il suo umore si era abbassato non le passò per la testa di rendere partecipe l'altro del flusso di coscienza che ne era il motivo; semplicemente, voltò le spalle al forestiero e sollevò la destra per puntare un ditino verso una direzione che sfiorava -in linea d'aria- il Mastio del Quarto Girone.

    « Il Magisterium è di là...! »

    Poi mosse un paio di passi per cominciare la marcia, ma quasi subito si fermò per voltarsi indietro e controllare che il ragazzo decidesse di seguirla.

     
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    Questa ragazza si stava rivelando essere più imprevedibile di quanto si aspettasse, ogni domanda che gli faceva, ogni quesito che gli poneva, ecco che veniva a conoscenza di qualcosa che lo sorprendeva più della volta precedente. Questa volta gli disse che aveva soltanto tre anni. In un primo momento, preso da quei ricordi non ci fece nemmeno caso a quella affermazione, continuando nel suo sproloquio sul suo triste passato.
    Asaliah gli parlò dei LAM un’organizzazione militare che si occupava di aiutare gli altri, e la stessa Endlos e gli indicò anche la strada per il Magisterium, offrendosi di accompagnarlo. Sembrava interessante, e Umbrella allora si prodigò a seguirla, fino a quando gli tornò alla mente il suo obbiettivo, e il perché era lì. Tutti quei discorsi l’avevano distratto, finendo per non chiedere più informazioni su dove potesse trovare Drusilia.

    " Ti ringrazio per volermi accompagnare al Magisterium, ma ora preferirei parlare di alcune questioni con tua mamma. Sai per caso dove potrei trovarla? E poi, prima mi dicevi che hai tre anni, immagino intendessi che vivi qui nel Presidio Errante da tre anni, ma allora non sei nata qui? "
     
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    D'un tratto, mentre avanzavano per le strade della Città Alta, il suo nuovo amico smise di camminarle al fianco, e fu con una certa sorpresa sul faccino eburneo che Asaliah si voltò a guardarlo con aria interrogativa.

    "Ti ringrazio per volermi accompagnare al Magisterium, ma ora preferirei parlare di alcune questioni con tua mamma. Sai per caso dove potrei trovarla?"

    A quella richiesta, la fanciulla dagli occhi rossi reclinò la testolina albina da una parte con fare perplesso, sbatté un paio di volte le palpebre bordate di lunghe ciglia, e -portando un indice alla boccuccia- cominciò a tormentarsi le labbrucce morbide con aria pensosa: di quello, in effetti, non aveva idea!

    jpgLa Sala del Trono, gli appartamenti, e l'Ufficio dell'Albero-Casa erano vuoti quella mattina, ma capitava abbastanza spesso che l'Alfiere sparisse all'improvviso per questa o quella missione: in fondo, non sempre riesci a salutare tutti, prima di correre a salvare il mondo... così -in caso di sua assenza- se a Laputa c'erano domande o richieste da fare, bisognava andare dal Signor Cesare (un amico della Mamma) che ti ascoltava, a volte firmava le cose, e poi diceva tutto a Drusilia quando lei tornava.
    ...ma, in ogni caso, questo non rispondeva alla domanda di Umbrella.

    « Drusilia non è a Laputa, adesso. »
    esordì con aria dispiaciuta, scuotendo un poco la testolina
    « Non lo so dov'è. »

    Aveva appena finito di parlare, che una nuova domanda la raggiunse, trasformando la sua espressione un po' mortificata in un sorriso allegro: non che quell'argomento avesse un qualche significato particolare per lei, ma... le piaceva la sensazione di conoscere la risposta alle domande!

    "E poi, prima mi dicevi che hai tre anni...
    Immagino intendessi che vivi qui nel Presidio Errante da tre anni, ma allora non sei nata qui? "


    « Vengo dal Nord! Augustus mi ha trovato lì! E- »

    In un attimo, la gioia che aveva illuminato le iridi rosso rubino della giovinetta andò in fumo, e Asaliah ammutolì, abbassando la testolina con aria mesta e incollando lo sguardo ora triste sul lastricato cittadino in mezzo compreso nella distanza tra le sue due scarpette. Perché non importava quanto tempo potesse trascorrere: ripensare ad Augustus, e all'idea di non poterlo più vedere sarebbe sempre rimasto un ricordo doloroso.

     
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    Alla domanda di Umbrella, anche la giovane si fermò per rispondere al suo quesito. I candidi capelli caddero di lato come la fanciulla reclinò la testa mentre con sguardo dubbioso probabilmente si interrogava su dove fosse Drusilia per poter cosi rispondere alla domanda.
    Più la guardava, e più l’idea che avesse solo tre anni si faceva sempre più reale nella sua testa; quella vivacità pienamente giovanile, quei movimenti giovanili e un po' ingenui che la contraddistinguevano, tutto esclusa la sua fisicità suggeriva di star parlando con una bambina ma trattarla come tale sarebbe stato irrispettoso per Umbrella se solo si fosse sbagliato sul suo conto, quindi avrebbe cercato di assecondare un minimo quei comportamenti infantili mentre avrebbe posto i suoi dubbi alla giovane Laputenese.
    « Drusilia non è a Laputa, adesso. »
    esordì con aria dispiaciuta, scuotendo un poco la testolina
    « Non lo so dov'è. »
    Non ti preoccupare, “ sorrise con sguardo rassicurante “ non è un problema. Immagino che non sai nemmeno quand’è che torni qui a Laputa giusto? “
    E poi, quando gli chiese chiarimenti sul perché poco fa avesse affermato di avere solo 3 anni, Asaliah fermò la sua risposta a metà, intristendosi improvvisamente per un ricordo doloroso che quella domanda gli aveva sicuramente scaturito
    “ che c’è Asaliah? “pose una mano sulla spalla della ragazza, per poi chinarsi quel tanto che bastava per poterle rivedere il viso, e lei potesse vedere il suo che la osservava con sguardo incuriosito ma sereno, per poi innalzare lo sguardo se lo avrebbe fatto pure lei.
    “Augustus? Gli è successo qualcosa? “ avrebbe voluto approfondire sulla sua provenienza dal Nord, ma per il momento non gli sembrava il caso, e sicuramente avrebbe avuto l’occasione più avanti probabilmente, quando la ragazza si sarebbe un po' ripresa.
     
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    Non ti preoccupare, non è un problema.
    Immagino che non sai nemmeno quand’è che torni qui a Laputa giusto? “


    Col faccino ancora adombrato dal dolore dell'assenza, e lo sguardo di rubino irrimediabilmente crollato sulle lastre di pietra che lastricavano le vie di Laputa, la fanciulla dalle lunghe chiome nivee si limitò a scuotere un poco la testolina, in un gesto di mesto diniego che fece danzare le ciocche albine attorno alle piccole corna ritorte, che le incorniciavano il viso. No, non lo sapeva...

    ...e -in quel momento- quel pensiero la spaventò, spremendole il cuore in una morsa che le fece male, perché si rese conto all'improvviso che, da un momento all'altro, senza alcun preavviso né spiegazione, proprio come era successo con Augustus, avrebbe potuto rischiare di non rivedere più nemmeno Drusilia. E quell'idea le fece appannare la vista e bruciare gli occhi, prima che scie umide e salate cominciassero a solcarle le guance, lentamente avvinte dalla gravità.

    “ che c’è Asaliah? “
    ponendole una mano sulla spalla, Umbrella si chinò per entrare nel suo campo visivo
    “Augustus? Gli è successo qualcosa? “

    jpg
    « Lui... Augustus... non c'è. Come le tue persone care. Quelle dei siero. »
    un mormorio sofferente è tutto ciò che la sua voce incrinata riesce ad articolare
    « Era mio amico... mi manca... »

    E mentre le lacrime rotolavano sulle gote arrossate, la ragazzina se ne rimase lì impalata senza sapere cosa fare o cosa dire; quel che era certo, era che -nonostante i problemi di comunicazione- i sentimenti nostalgici di Umbrella e Asaliah parlavano in fondo la stessa lingua.

     
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    La dolce bambina con sguardo sconsolato scosse la testa in segno di negazione. L’incontro di Umbrella con Drusilia doveva aspettare, ma poco importava. L’urgenza c’era, ma non cosi grande da non poter attendere qualche settimana, sperando sempre che si trattasse di settimane la sua assenza. Vedere quel faccino innocente e così triste un po' gli dispiacque, ma poco poteva farci; rischiare di morire ben 3 volte solo qui su Endlos, aver visto la morte dei proprio genitori e il severo allenamento gli avevano creato uno strato di pietra e calce a proteggerli il cuore, e per quanto un’anima buona e un senso di giustizia lo guidassero in tutte le sue scelte, quello strato che col passare del tempo si faceva sempre più spesso e solido lo rese poco bravo a rincuorare le persone e lo stava condizionando piano piano a fidarsi sempre meno di tutto e di tutti, e con faccia seria ma sconsolata asserì
    “Poco importa, non ti preoccupare…”
    Ma in un attimo, la ragazzina iniziò a piangere, e grosse lacrime salate solcarono quel dolce visino.
    Se cera una cosa a cui Umbrella non sapeva resistere, senza sciogliendosi e addolcendosi come filante e morbido caramello, era vedere una donna piangere. Se fosse per lui, qualsiasi ragazza al mondo non avrebbe dovuto MAI piangere, se non di gioia.
    Si chinò quanto bastava per mettersi davanti Asaliah e vedergli il viso in lacrime per poi afferrarla all’altezza del bicipite con una stretta decisa e con sguardo serio ma rassicurante fissarla mentre gli occhi cerulei l’avrebbero guardata prima dritta in un occhio lacrimante, poi nell’atro.
    “Hey, Hey! Asaliah, guardami, non devi piangere. Senti, facciamo cosi, se tu ora la smetti di piangere, io ti prometto che quando il siero sarà pronto tornerò qui da te a Laputa, e insieme lo riporteremo fra noi ok?”
    Come finì la frase si rese conto che quella che aveva fatto era una Grossa promessa, e nemmeno lui era certo di poterla mantenere ma a ogni lacrima, una crepa solcava quel suo gentile cuore di pietra.
    “e ora, che ne dici se insieme andiamo verso il Magisterium?”
    Un sorriso solare gli si stampò in volto mentre gli porse la sua mano aperta, come a volergli suggerire di volerla accompagnare e insieme incamminarsi verso la loro destinazione, dimenticandosi per il momento di quei brutti ricordi.
     
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    “Poco importa, non ti preoccupare…”

    La voce di Umbrella, che si era freddamente librata fuori dalle sue labbra pallide per elargirle in via del tutto automatica ed impersonale una qualche distaccata rassicurazione, si spense di colpo quando gli occhi blu scorsero il luccichio delle sue lacrime, e sebbene Asaliah non avesse la consapevolezza razionale di discernere quelle dinamiche, si sentì rincuorata dalla rinnovata gentilezza -stavolta anche più sincera- del giovane.

    jpg“Hey, Hey! Asaliah, guardami, non devi piangere.”
    chinandosi su di lei con sguardo serio, il Visitatore la prese per le braccia
    “Senti, facciamo cosi, se tu ora la smetti di piangere, io ti prometto che quando il siero sarà pronto tornerò qui da te a Laputa, e insieme lo riporteremo fra noi ok?”

    Perplessa da quell'affermazione, di cui non aveva neppure compreso il senso più profondo, l'albina si soffermò a contemplare l'espressione un po' smarrita e incerta del ragazzo, captando solamente le sue buone intenzioni di confortarla... così, già solo per rispetto e apprezzamento di quel gesto, tirò su col naso e si asciugò gli occhi nel tentativo di ricomporsi.

    “e ora, che ne dici se insieme andiamo verso il Magisterium?”

    Davanti all'ampio sorriso di Umbrella, Asaliah si limitò ad annuire, ma esso le diede almeno la determinazione per impegnarsi a scrollarsi di dosso la tristezza; tuttavia, le ci volle ancora qualche momento prima di poter ricacciare indietro il magone che le era salito in gola, e non appena se la sentì di ricominciare a muoversi, afferrò nella sua la mano che l'altro le porgeva.

    « Meglio. »

    Rassicurò il suo accompagnatore con la prima parola che avesse mai imparato in assoluto, quel giorno nelle lande dell'Etlerth, e insieme a lui si immise nel dedalo di vie cittadine; prossima destinazione: Magiterium.

     
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