~ A Crashing Star

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    -Parlato di Nadir
    § Pensiero di Nadir
    -OPERATORE: parlato dell'operatore a terra
    Link alla Scheda

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    Ore 07.44 - 67 Km a Sud di Babbage City. Altitudine 14.700m

    ______________________



    -OPERATORE: Volo di collaudo Prototipo Jet Hs_SLIPSTREAM. Minuti di volo 14.00. Tutti i parametri nella norma.

    Un cielo sgombro di nubi, un azzurro in cui perdersi. Serenità. Il luogo perfetto per trascendere nell'Iride, come diceva suo fratello. Ma la natura di un'esperienza dipende dal contesto, diceva invece suo padre: tanto per cambiare aveva ragione.
    Difficile ignorare il sordo rumore dell'aria fuori dall'abitacolo, mentre il velivolo sperimentale fendeva il cielo a 3600 km/orari. Difficile ignorare il proprio battito in aumento, e quei tamburi nella testa... il battito di tamburi senza fine.

    -OPERATORE: Maggiore Guillard, la sua pressione sanguigna attuale è 150/105. Tutto a posto?


    Nadir sbuffò, insofferente:quella fase di volo non richiedeva particolare impegno, ma non era COSI' annoiata da voler di sentire il continuo ciarlare del suo sottoposto. Era solo un po' su di giri. In fondo era naturale, dopo tutte quelle settimane di riposo forzato.
    Era naturale.
    Era naturale?

    - Sto volando su un prototipo di aereo mai testato prima, ho la tua voce nelle orecchie da 14 minuti, e in più continuo a sentire questo fischio. Sto bene. Grrrazie.


    Rispose, marcando in modo eloquente l'ultima parola. L'Operatore a terra, tuttavia, non diede segni di reazioni particolari: la sua voce, incanalata nelle orecchie di Nadir tramite il CHILD_Network, era incolore.

    -OPERATORE: Il Network non rileva problemi tecnici sullo SLIPSTREAM, Maggiore.

    No, certo che no. Il fottuto aereo non c'entrava nulla, naturalmente. Il problema era il pilota. Il problema era lei.
    Seguirono diversi secondi di silenzio, in cui Nadir ebbe tutto il tempo di pentirsi d'aver menzionato quel fischio.

    -OPERATORE: Nadir, te la senti di continuare? Ti possiamo riportare giù in qualsiasi momento, basta una parola.

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    L'Operatore non ricevette risposta: sotto i guanti della sua tuta tattica, Nadir strinse i comandi dello SLIPSTREAM. Poteva quasi sentire le sue nocche farsi bianche, mentre stringeva gli stick di volo con più forza.
    Da quant'era che qualcuno dei CHILD_ERROR si preoccupava di lei, invece di affidarsi a lei?
    Domanda retorica.
    Da quando era "crollata" in sala mensa, senza motivo apparente.
    Da quando si era svegliata nel cuore della notte, nei suoi alloggi, convinta di essere braccata dai non-morti.
    Da quando aveva perso quella partita di biliardo perchè non sentiva più le mani.

    Ma, forse, da quando aveva fatto ciò che doveva fare, e vendicato ciò che andava vendicato.

    Aveva cominciato a perdere da quando aveva vinto.

    -Attivo la Matrice di Teletrasporto. Inutile perdere ulteriore tempo a testare il propulsore convenzionale.


    Dal Network non arrivarono obiezioni; nel giro di 0.7 secondi, la console di comando le segnalò l'attivazione della Matrice: tacca dopo tacca, il motore sperimentale si caricava, e presto si sarebbe capito se lo SLIPSTREAM era in grado di teleportarsi in autonomia.

    Il fischio si fece più forte. Sapeva che cos'era: Un senso di pericolo.
    Avrebbe potuto lasciar perdere, abbassare quegli stick e riportare lo SLIPSTREAM a terra. Avrebbe potuto dare retta al suo istinto, e rinviare il test a un nuovo giorno. A un nuovo pilota.
    Ma quel progetto era importante per i CHILD_ERROR. Se non poteva più essere utile sul campo di battaglia, se veramente Nadir era diventata soltanto una peso morto, avrebbe fatto altro.
    Avrebbe fatto volare quel fottuto aereo.

    -OPERATORE: Nadir, la tua scia tachionica è anomala. Interrompi immediatamente! Subito!


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    La voce dell'Operatore fece da corollario al lampeggiare del quadro comandi. Uno dopo l'altro, i sistemi di rilevamento l'abbandonarono: prima il radar, poi il sonar. Poi, ancora, l'altimetro. Infine, tacquero anche le comunicazioni.
    Per un breve e lunghissimo attimo, lo SLIPSTREAM divenne quasi traslucido: macchie di colori le si conficcarono nel nervo ottico, e la ragazza credette quasi di poter vedere i suoni e sentire i colori.

    Poi tutto finì: sentiva ancora il fischio, ma sopra quel fischio credette di udire una voce.


    ________________________________________


    "So che hai paura, ma avere paura è una cosa buona.
    Piccola mia, la paura è un superpotere: la paura può renderti più veloce... più furba... più forte. Avrai sempre paura, anche se dovessi imparare a nasconderla.
    La paura non è nostra nemica... è la nostra compagna, sempre al nostro fianco.
    E va bene così.
    La paura può farti tornare a casa."


    Ore 11.43 - Endlos, Presidio Est. Altitudine 1783m

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    Ebbe un sussulto, e sentì l'adrenalina scalciare: l'aria nei polmoni entrava ed usciva più in fretta, le pupille si dilatarono, la presa si fece più stretta sui comandi. Non potevano essere trascorsi che pochi secondi.
    Le comunicazioni erano mute, il Network silente. Il sistema non le forniva indicazioni nè longitudine nè latitudine, e nemmeno altitudine.
    Quanto aveva "saltato"?
    Aveva "saltato"?

    Comprese al volo che le funzioni di navigazione erano compromesse: anche switchando alla modalità manuale, non sarebbe mai riuscita a governare lo SLIPSTREAM: stava precipitando, e non aveva il tempo per farci nulla.

    Il suo mondo divenne buio.

    ____________________________


    Ore 11.48 - Endlos, Presidio Est. Chediya.

    Vedeva poco, e quel poco era parecchio offuscato; impiegò diversi secondi per capire di trovarsi a terra, riversa al suolo; stranamente non sentiva dolore, ma ogni sua percezione risultava ovattata, quasi come se fosse appena riemersa dal torpore del dormiveglia.

    Alzò la testa quanto poteva, e vide un cielo sconosciuto. Istintivamente, inspiegabilmente, ebbe la consapevolezza di trovarsi lontana da casa, più lontana che mai.
    A una decina di metri, dietro di lei, crepitavano gli ultimi rottami dello schianto: lo SLIPSTREAM, completamente distrutto, l'aveva comunque protetta in qualche modo.
    Non era morta sul colpo, e forse era riuscita persino a precipitare in aperta campagna, senza danneggiare niente e nessuno.
    Poteva andare peggio, ma non aveva sicuramente la forza di pensarlo.
    Nella sua testa non c'era più la voce del Network. Non c'erano fischi. Non c'erano tamburi.
    Solo una lenta melodia. Lontana. Vicina.

    § Sto... morendo...? §


    Sentiva la brezza toccarle il viso, e portarle alle orecchie quella melodia. Stranamente si sentiva più serena: forse non erano brutte note per la fine di una vita.

    § Niente stelle...§

    B1Rc1tz

    - Uuh...Peccato... speravo... ci fossero... stelle...


    CONDIZIONI FISICHE: Escoriazioni e contusioni su buona parte del corpo. Nessun danno a organi vitali. Nessuna frattura.
    CONDIZIONI PSICOLOGICHE: leggero stato di shock


     
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    Poco fuori Istvàn, Chediya.
    Presidio Orientale, Endlos.

    Denver Brockmann pensa di riuscire a tornare in città per l'ora di pranzo; calcola di essere oramai a poco meno di un miglio da Innerlyn. Nella borsa a tracolla un vecchio libro che il saggio si è offerto per andare a ritirare in un villaggio non troppo distante, per restaurarlo in cambio del permesso di farne una copia da poter custodire a Palanthas. Lui invece indossa un completo gessato blu con cravatta bordeaux, e adesso si è fermato per fumare un sigaro e perché incuriosito da uno strano sbrilluccichio che gli è appena parso di scorgere nel cielo terso di Chediya, come una stella lontana in pieno giorno.

    Il rumore sordo di uno schianto lo fa sussultare. Guarda in direzione della colonna di fumo a poche centinaia di iarde da dove si trova.
    Non era una stella.
    Dopo qualche passo esitante all'inizio, si scopre correre sempre più a perdifiato verso il luogo dell'accaduto. Giunge un paio di minuti più tardi di fronte ai resti ancora non del tutto spenti di quello che doveva essere stato poco fa un velivolo. Il volto pallido, e con il respiro ancora affannoso, inizia a cercare con lo sguardo il pilota, o almeno ciò che ne rimane, perché sa che deve essere lì da qualche parte, quasi sicuramente morto o gravemente ferito, a meno che non fosse riuscito ad eiettarsi fuori dall'abitacolo in tempo, e con un paracadute.

    Lo trova, anzi, la trova pochi piedi più in là, distesa sul suolo e in qualche modo intera. Con il cuore a mille, Denver corre verso di lei, chinandosi poi per verificarne le condizioni.

    « Santo cielo. »
    Ad una prima occhiata, non gli pare di notare altro che ferite relativamente superficiali; inoltre respira ancora, segno che è riuscita a sopravvivere. Ciò che lo sorprende non poco è non vedere alcun paracadute nei paraggi: quella donna è rimasta nel suo mezzo fino alla fine.
    « Ehi, riesci a sentirmi?! È tutto a posto, ti farò visitare al più presto da un medico, d'accordo? »

    Il sigaro l'ha spento nel momento in cui aveva iniziato la sua corsa, ma non ha fatto in tempo a toglierselo dalla bocca. E nemmeno se ne è accorto, perché al momento è troppo impegnato a guardare negli occhi quello che per lui si tratta di un autentico miracolo.

     
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    Probabilmente aveva chiuso gli occhi per un istante, scivolando ancora di più in quel torpore: non sentiva dolore, non quanto la parte razionale s'aspettasse. In più, quella strana melodia nell'aria sembrava cullarla, dolcemente.
    Aveva chiuso gli occhi per un istante?
    Il suo cuore mancò un battito, il suo corpo sussultò. Da qualche parte negli anfratti della sua mente, un vivido senso di pericolo avvinghiò i suoi muscoli, il suo sangue, i suoi occhi.
    Aveva chiuso gli occhi per un istante?
    Eppure sapeva bene che farlo poteva significare la morte.

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    Digrignò i denti, per lo sforzo di scuotersi e per l'amara sorpresa, mentre la sua mente non riusciva a processare in modo coerente ciò che vedeva. Sapeva soltanto che non sentiva il peso fraterno della pistola al suo fianco. Che sulla sua schiena non pesava il suo Fucile di Precisione. Che non aveva granate alla cintura, nè coltelli alle caviglie.
    Era sola, disarmata. Non aveva idea di cosa fosse successo e di cosa stesse succedendo.
    Cercò di dissipare il velo di nebbia dei suoi occhi, finchè ciò che vide la travolse per un istante. Poi, la lasciò con un sorriso amaro.

    § Immagino dovesse finire così... §

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    Non disse nulla, mentre vedeva avanzare verso di lei le legioni dei morti. Chiunque avesse vissuto l'apocalisse del suo Piano natìo, sapeva che l'esito era sempre lo stesso. Era solo questione di tempo.
    Certo, lei aveva vinto. Spesso. Sempre. Aveva persino perso il conto dei proiettili che aveva piantato nella testa di quelle cose.
    Ma nessuno vince a lungo, nel Multiverso.
    La ruota gira, e gira per tutti.

    § La fine della strada... senza speranza. Senza testimoni. Senza ricompense... §


    Chiuse gli occhi, questa volta volontariamente.
    Quella strana melodia si fece più forte, e sembrava parlare direttamente ai suoi neuroni. Eppure poteva sentire anche qualcos'altro: un movimento nell'aria, passi convulsi. Cos'era? Loro non correvano. Non così.

    « Santo cielo. »

    Una voce. Un respiro corto. Un flebile e aleggiante odore di tabacco: acre, pungente. L'odore di un sigaro spento. Un odore familiare.

    - Pa... Papà... ? -


    Riaprì gli occhi, e le visioni precedenti si sciolsero come nebbia mattutina: non vide nè l'orda di morti viventi, nè il volto del padre. Vedeva la figura di un uomo alto, con i capelli neri e lisci... come una notte senza luna. O una notte senza stelle.

    « Ehi, riesci a sentirmi?! È tutto a posto, ti farò visitare al più presto da un medico, d'accordo? »

    Ascoltò quella voce, seguendo il suo fino a quel viso sconosciuto; lo fissò con espressione intontita, quasi ingenuamente meravigliata. Tentò di mettersi quantomeno in posizione seduta, ma riuscì soltanto ad alzarsi parzialmente: ORA sentiva dolore. Dappertutto.

    - Ti... ti sento. Sto... bene... -

    Con la vista ancora annebbiata, cercò di guardarsi attorno: per quanto intontita, ricordava ancora cosa fare.
    Primo, capire dove fosse.
    Attorno a lei c'era del verde, tantissimo verde. Non ne vedeva così tanto dalla sua infanzia, dal periodo felice in cui la sua terra d'origine era ancora sana e piena di vita.
    Era in missione? Ma dove? Quella campagna bucolica sembrava tutto tranne che un posto importante, o un campo di battaglia.
    E l'uomo che era lì con lei? Sembrava un civile.
    I civili sono in grado di ammazzare esattamente come i militari, le disse una vocina nell'angolo della testa.
    Ma... un guerrigliero in gessato blu e cravatta?

    - Non... non ho bisogno di un medico... grazie... -


    Non si sarebbe certo fatta mettere le mani addosso da qualche dottore sconosciuto. Non si sarebbe fatta portare chissà dove e da chissà chi. Non si sarebbe fatta sedare, solo per dare la chance a qualche dottore di curiosarle nella testa e nei suoi impianti.

    - Mi servono solo... cinque minuti... e un radiofaro neurale. I miei ti pagheranno. Giusto il tempo... di farli decollare da Babbage City e arrivare qui. -


    Aveva cercato di limitarsi, di non rivelare troppe informazioni. Ma allo stesso tempo, aveva dovuto dire qualcosa: non troppo, certo. Non la sua identità, nè quella della sua Compagnia. Ma qualcosa doveva dire, se c'era la chance che quell'uomo la aiutasse.

     
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    - Pa... Papà... ? -
    Respira. Parla. È viva. Il sorriso del giornalista riesce in qualche modo ad essere allo stesso tempo radioso e deluso. Papà, di una donna sì giovane, ma comunque adulta, di circa vent'anni, mentre lui... lui, di anni, oramai, ne ha quasi quaranta.
    Perché deve ricordarsene proprio ora?

    - Ti... ti sento. Sto... bene... -
    La donna prova a mettersi seduta, ma riesce solo a sollevarsi di poco. Si guarda intorno, ancora scossa. All'orizzonte, le ridenti campagne di Chediya si perdono a vista d'occhio. Solo volgendo lo sguardo verso nord si riescono a scorgere in lontananza i primi rilievi del Koldran. Ad est, invece, ci sono le mura di Istvàn.

    « Sì, ma cerca di non fare sforzi, per ora. »
    Risponde Denver, facendole cenno di tornare a sdraiarsi. Se ha delle fratture, muoversi bruscamente potrebbe solo che peggiorare la sua situazione. Gli è capitato spesso in guerra di dover aiutare a soccorrere delle persone ferite; spesso in situazioni di serio pericolo di vita. Quella donna non pare essere stata ferita da alcun proiettile, né la lamiera del veicolo è entrata nel suo corpo, perforandone la carne o peggio. Non è in immediato pericolo di vita, ma quelle ferite vanno perlomeno disinfettate al più presto.
    Mentre tutto ciò che Denver ha con sé è un vecchio libro e uno spuntino.

    - Non... non ho bisogno di un medico... grazie... -
    « Fossi in te cercherei di vederne uno il prima possibile, invece. Hai fatto un gran bel volo. »

    Come è arrivata qui? Quel velivolo gli pare qualcosa di progettato in uno di quei laboratori mostruosamente all'avanguardia di Codec. Ma cosa può essere successo nei cieli di Chediya (di tutti i posti possibili!) per aver causato un'avaria tanto disastrosa?

    - Mi servono solo... cinque minuti... e un radiofaro neurale. I miei ti pagheranno. Giusto il tempo... di farli decollare da Babbage City e arrivare qui. -
    Suo malgrado, Denver solleva entrambe le sopracciglia.
    « Un... che? »
    Chiede, istintivamente. Anche se il resto già non lascia più spazio alcuno a dubbi sulle circostanze di costei.
    « Aspetta, figliola, non voglio davvero nessun pagamento e non so nemmeno cosa diavolo sia un radiofaro neurale. Babbage City è... estremamente lontana da qui. Prima ti fai guardare come si deve da un dottore, poi vediamo cosa riusciamo a fare per metterti in contatto con i tuoi genitori. »

    Dirle la verità, in questo momento, gli sembra controproducente, se non addirittura crudele. Oltre ad essere già ferita, rischierebbe anche di andare nel panico. È già abbastanza difficile farlo con persone che giungono qui senza l'ombra di un graffio.

    « Cercherei di darti del primo soccorso io stesso, se tutto ciò che ho in borsa non fosse che un libro e un panino al formaggio. Piuttosto, nulla di rotto? »

     
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