From Hell to Endlos

Mai avea veduto le singolari lande dei feudi occidentali, Il Vassallo dei Ghiacci, indi di ritorno dal Pentauron fece una considerevole deviazione al fine di ubicarsi al loco anelato. Tempo addietro i sentieri di codesto presidio accolsero l'impavido ramingo, che non ebbe modo di recarsi nei reconditi feudi. L'itinerario non fu breve, il mero supporto del fidato canide fu essenziale. Cavalcando il manto candido del suo metalupo, il Cavaliere Scarlatto giunse in un lasso di tempo ragionevole alla sua meta. Con un rapidità invidiabile procedeva la fiera, mentre lo spirar dell'aere aveva l'ardire di sfiorar la beltà del viso del giovane uomo, trascinando sì la folta chioma corvina nel moto. Durante il tragitto, Crimson s'accorse che più raggiungeva la locazione designata, più v'era penuria di persone, sin a quando, giunto a destinazione, non vi fu alcun autoctono o straniero ad attenderlo. Circospetto scrutava tutt'attorno ad ei, il cavaliere, lasciando al suo fiero animale l'esplorazione esterna, ubicandosi sì nel fulcro. Passi lenti e cadenzati, flemmatiche e misurate falcate quelle del ramingo, che privo di tema alcuna procedeva, ammantato nella logora cappa scarlatta che occultava la sua figura.

"Non vi sono cadaveri e neppur residui di colluttazioni. Che vi sia un epidemia? Ambiguo, invero. Se fuggo lesto a menar le gambe ora, non vi sarà taluno a tacciarmi da codardo...Ma non accadrà lo stesso."

Sussurrò ironicamente, quasi come fosse una congettura sfuggita dalle labbra, mentre pavido di alcunché avanzava. L'imponente monastero innanzi alla sua persona destò la sua attenzione e nulla gli impedì di solcare l'ingresso di quell'edificio, poi d'un tratto l'eco distante di passi, un rumore che si disperdeva nella quiete circostante. Che vi fosse dunque un superstite in grado di narrare le vicende del luogo? Tale il quesito balenato nella mente del Prode, che nella medesima guisa di poc'anzi, muoveva verso quel suono appena udito.

Una voce austera sentenziò di palesarsi, affermando con assoluta nitidezza l'ulteriore presenza di taluno in loco. Per effimeri e fugaci istanti rimase interdetto il Cavaliere, ponderando su chi fosse ad intimar tale ordine, qualora si fosse trattato di un uomo dalle intenzioni ostili non avrebbe annunciato la sua presenza verbalmente, ma altresì quale metodo migliore per esortar qualcuno ferito o intimorito? Invero, Crimson avrebbe potuto adottar un cheto approccio e sincerarsi di chi la favella fosse, ma il candido colosso non avea emesso ululati d'allerta e in egual guisa ei non avvertiva un pericolo imminente, indi scioccamente si rivolse all'interlocutore mediante il medesimo eco che poc'anzi era giunto al suo orecchio.

"Un Cavaliere del nord alla ricerca di superstiti. Voi appartenete a queste terre?"

Verbi sinceri e vigorosi abbandonaron le labbra del ramingo, che munito del consueto incedere borioso avanzava sulla via che lo avrebbe condotto all'uscita di quel monastero. Pochi passi lo distanziavan dall'uomo che avea pronunciato verbo. Le iridi cobalto dell'emissario dei ghiacci si stagliavan salde innanzi all'uomo dirimpetto, scrutando con distacco l'individuo che d'armi in apparenza parea privo. Un uomo maturo fu ciò che si presentò agli occhi del ramingo, che senza tema pazientò risposta da costui.

Sin da quando era naufragato nel semipiano, il Ramingo avea avuto modo di esser testimone di fenomeni ambigui ed entità estratte: cotante stranezza eran ormai la normalità, indi, per assurdo, la sua figura umana era altresì strana in paragone a quei pittoreschi individui. Udì il cortese astante innanzi ad ei, che si identificò come Divinità della Conoscenza. Ironico, invero, in una manciata di giorni era già il secondo ad utilizzare un simile epiteto in una conversazione col Cavaliere. Crimson avrebbe voluto manifestare le sue congetture, eppur mantenne il consono atteggiamento schivo, non per vezzo, ma come ostinato tentativo di metter in pratica le nozioni acquisite dallo smarrito consanguineo. Demoni e mortifere divinità esulavan dalla comprensione del prode errante, quasi ancor frastornato su quale fosse la reale identità sua ed in parte pervaso ancor dai postumi sulla migrazione onirica compiuta, indi si limitò ad analizzare il loco, trascurando i dettagli esoterici. Con pochi passi il Cavaliere si portò alle spalle dell'interlocutore, appurando l'assenza di intenzioni ostili di quest’ultimo, ruotando d'un poco il capo e scorgendo circospezione le mura attorno alla sua persona.

"Lance è il nome mio. Come voi sono all'oscuro degli avvenimenti che hanno partorito codesta desolazione, ma non si denota la presenza di vittime o residui di efferate violenze. V'è dunque la possibilità che abbiano abbandonato codesto luogo di culto per evitare sì l'avvento inesorabile dei decantati demoni?"

Quale atteggiamento potea assumer una divinità in un simil frangente, la curiosità nell'animo del Cavaliere gli suggeriva il quesito, mentre l'incognita dell'ovest era dimostrabile con un ipotesi meno macabra, come enunciata dall'emissario dei ghiacci. Palese era che quelle terre sarebbero state lambite da una stirpe infernale-a dire del novello Dio- indi se non v'eran tracce del passaggio dei suddetti invasori, plausibile che presto Crimson sarebbe stato la persona sbagliata al momento sbagliato.

Quieto udiva l'astante, Lance, attingendo ancor alla tempra sua per non sorrider all'impossibile pronunciato dall'autoproclamata Divinità. Quante volte ei avea compiuto il prodigio: quell'impossibile che preclude le l'ardire dell'uomo, quell'impossibile imposto da entità abiette per vincolare l'interminabile capacità umana. Fu assai ostico trattenersi per il Cavaliere, invero. Proseguì nell'ascolto, senza appellarsi o muoversi, solo l'estremità del lembi della cappa scarlatta garriva allo spirar dell'aere, assieme alla corvina chioma sua.

"Come già detto, la mia presenza qui è fortuita: tornando da una missione ho avvertito una situazione anomala e ho reputato fosse necessario sincerarmi della situazione."

Tacque per un imprecisato lasso di tempo, il Cavaliere, cogitando sui verbi del 'divino', poichè ei comprendeva quanto fosse veritiero dissestare un equilibrio. Il medesimo equilibrio a cui il prode per anni s'era ancorato, ma che or vaccillava dinanzi alla realtà. La distrazione, palesemente visibile sul viso suo, fu breve, indi riprese al fine di soddisfare la curiosità di colui che farneticava di creature celesti e infernali.

I verbi del ramingo furon accompagnati da un cordiale cenno col capo, mentre l'elegante e possente metalupo albino lo raggiunse, pazientando di recarsi nella natia terra. Crimson non attese repliche e adagio s'accinse ad ubicarsi verso il sentiero che lo avea condotto in quel loco. Lente e brevi falcate, sì da poter arrestar il moto qualora la divinità ivi presente avrebbe manifestato la volontà di affiancarlo.