Falling into Infinity

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  1. xiuxi
     
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    "E come avrei potuto comportarmi diversamente,
    io che sono antico come il mondo?"

    Altrove; qualche tempo prima
    of gods and betrayal


    Sollevò il naso per aria e annusò con attenzione, quindi abbassò il capo infilando le mani nelle tasche del suo paltò grigio scuro, lanciando uno sguardo svagato intorno a sé mentre procedeva tranquillo in direzione della cava.
    Quello che aveva avvertito, come un segugio avrebbe fatto con la scia di una preda, era l'odore di molte primavere appassite. Fece finta di non curarsene, benché sapesse perfettamente cosa quella fragranza significasse. Raggiunse il bordo esterno del cornicione superando i doccioni su cui s'inerpicava l'edera; guardò in basso, uno sguardo languido e privo di vertigine, quasi compiaciuto, come di chi contempla mentalmente la propria fine e le seguenti esequie, fastose e traboccanti di gente distrutta dal dolore. Si strinse nelle spalle, rintuzzando il senso di colpa e quella sgradita consapevolezza che gli ricordava la sua posizione: un Profanatore non sarebbe mancato a nessuno.
    Il Kruhynian spostò la sua attenzione sulle due colonne d'alabastro che sigillavano l'ingresso alla cava. Lentamente trasse di tasca un oggetto rotondo, piccolo e brillante di opalescenze iridate. Se lo rigirò fra le dita, come fosse un giocattolo qualsiasi, quel Cuore di Cristallo che aveva lasciato dietro di sé una scia di cadaveri ben più lunga di quanto fosse accettabile concepire.

    Sollevò la pietra, cercando di guardarvi attraverso, ma ciò che vide furono solo i cirri, bassi e opprimenti, di un cielo che aveva virato la propria colorazione da un azzurro tenue al grigio scuro.
    Fece due passi di lato, avvicinandosi al punto in cui le propaggini istoriate che si dipartivano dalle colonne come scettri andavano a incontrarsi, formando un circolo inciso di rune e parole in una lingua ormai misconosciuta. Nell'incavo scavato fra le rune andava apposto il Cuore, permettendo così l'accesso alla cava.
    Il Kruhynian, quello che i suoi simili chiamavano Profanatore di Stelle e che per tutti gli altri era solo lo Stregone delle Quattro Piume,
    avvicinò l'oggetto al suo alloggiamento, fermandosi però a pochi centimetri da esso.

    "Puzzi di vecchio", sbottò.
    La figura alle sue spalle, avvolta in un ampio e scuro palamidone chiuso da alamari turchesi, rimase immobile.

    "Sei noioso, Shaogal", rispose.
    "E tu prevedibile".

    L'uomo, se di uomo si poteva parlare, fece un gesto vago con la mano, sventolandola all'altezza del suo naso aristocratico come a voler scacciare un olezzo putrido e immondo, lo stesso che gli era appena stato rimproverato.
    "Finiamola con questi litigi da mocciosi. Non ne ho il tempo, né l'età, come hai provvidamente evidenziato".

    Shaogal si voltò, anelando di incontrare gli occhi verdi maculati d'oro del collocutore. Deluso, trovò solo una macchia scura, un abito apparentemente vuoto che si agitava nel vento e una testa che sporgeva oltre il bavero alzato fino agli zigomi, con i capelli scuri e disordinati a coprire la fronte e gli occhi.

    "Finiamola pure", concesse.

    "Vuoi degnarti di dirmi perché ti sei scomodato fin qui?"

    L'altro scosse la testa, apparentemente dispiaciuto.
    "Mi conosci meno di quanto credessi".
    Era una affermazione asettica, definitiva. Come tale, non richiedeva una risposta.
    "Quel cristallo mi appartiene, così come ogni cosa oltre quelle colonne".

    Il Kruhynian spostò lo sguardo sull'oggetto che ancora teneva fra le dita, quindi di nuovo sulla controparte.
    "Sai bene che non è così. Quei ricordi sono miei e mi servono".

    "Nondimeno", rispose l'altro, sospirando "Non posso lasciarteli prendere".

    "Puoi sempre provare a fermarmi" ridacchiò il Profanatore.
    "Non è saggio inimicarsi una divinità. Decaduta, se vuoi, ma pur sempre una divinità".

    Shaogal non rispose, chiuso in un silenzio che schioccava come un guanto di sfida, proprio come i flutti neri del fiume che scorreva settecento metri più in basso, racchiuso fra le due pareti di roccia che separavano la collina dalla torre.
    Il divo sollevò finalmente il capo. Gli occhi verdi scintillarono fra le sparute gocce di pioggia che proprio in quell'istante aveva preso a cadere, spazzata dal vento del nord che infilandosi nei cunicoli produceva ululati tremebondi.

    v0ZhHxP

    "Come desideri".

    Sollevò la mano, la sedicente divinità, protendendo l'arto verso il Kruhynian; il Cuore di Cristallo, scintillando, venne strappato dalle mani dello stregone e rimase lì, sospeso a mezz'aria, come indeciso sul da farsi.
    Shaogal non ebbe il tempo di riprendersi dal lieve stupore per ciò che aveva appena visto. Una bordata, una semplice quanto veemente manifestazione fisica della volontà di un dio, lo spazzò via come lui stesso avrebbe fatto con un insetto.
    Sbalzato in aria, lo stregone sorvolò i doccioni e l'edera. Il suo sguardo rimase fisso sui nembi scuri del cielo che, ripiegatisi su loro stessi, lasciavano scrosciare una pioggia ora violenta, cattiva.
    Così cadendo, si perse nell'oblio.

    Settecento metri più in alto, la divinità si sporse oltre
    il cornicione, guardandosi la mano come stupefatto del suo stesso potere.
    "Maledetto testardo", mormorò.


    " STO VENENDO A PRENDERTI, SORELLINA "

    Aprì gli occhi e il mondo di fronte a lui non era nulla di ciò che si aspettava.
    Lì dove sarebbe dovuta esserci neve a perdita d'occhio si estendeva una desolazione fatta di rocce e lava, pinnacoli d'eruzione fendevano l'orizzonte come picche sollevate contro la carica delle nubi. I miasmi si alzavano fetidi e solforosi dal magma, convertendosi in vapore che si disperdeva in arzigogoli foschi, formando una cappa su quel paesaggio brullo.

    "Grande Ashura..." mormorò.

    Aveva caldo, le labbra riarse dalla sete. Stava sudando copiosamente, sentiva i vestiti fastidiosamente appiccicosi. Si passò una mano sulla fronte: scottava, aveva la febbre. Non ricordava quasi nulla di ciò che era accaduto dopo il diverbio presso la cava.
    Il Cuore di Cristallo era perduto ma non era questo il più impellente dei suoi problemi: non capiva dove si trovava, non riusciva a ricordare, e il solo sforzo mnemonico gli causava violenti accessi di emicrania.

    Si sdraiò ansante sulla roccia, gli occhi viola sgranati, premendosi le tempie con le mani.
    Buio, ricordava solo un buio assoluto e un'incessante sensazione di vertigine, come se fosse caduto per una distanza interminabile, senza mai raggiungere il fiume sotto di lui.
    Di colpo, un ricordo, come lo stralcio di un sogno, gli attraversò la mente.

    "...Huginn, Muninn..."
    una voce, nel buio continuava a ripetere queste parole.
    Ma dove le aveva già sentite?
    Si tastò il petto, poi le gambe, quindi si voltò intorno, finché non vide ciò che cercava: una logora borsa a tracolla, tenuta insieme da un laccio di cuoio. La aprì febbrilmente, cavandone un grosso tomo dalla copertina scolorita. Iniziò a sfogliarne le pagine mentre masticava quelle due parole fra i denti, insieme al sapore ferroso del sangue. Si passò la lingua sulle labbra, ignorando il bruciore. Eccoli lì, Huginn e Muninn.

    HUGINN E MUNINN
    pensiero e ricordo

    "Huginn ok Muninn fliúga hverian dag iörmungrund yfir; óumk ek of Hugin at hann aptr ne komit, þó siámk meirr um Munin."
    "Huginn e Muninn volano ogni giorno alti intorno alla terra. Io ho timore per Huginn che non ritorni; ma ho ancora più timore per Muninn."

    Huginn e Muninn sono i due aiutanti del "dio-corvo", della costellazione Corvus, e rappresentano il pensiero e la memoria.


    Interruppe la lettura. Pensiero e memoria.
    Qualcosa continuava a sfuggirgli ma, forse, c'erano problemi maggiori in quel momento. Si guardò intorno, ancora. Per quanto la visione fosse suggestiva, stava troppo male per godersela. E non aveva assolutamente idea di dove si trovasse.


    Nota di colore: Ashura è il nome di una delle divinità di riferimento del culto lunare professato dai Kruhynian; la sua festività cade il decimo giorno del primo mese dell'anno (il calendario Kruhynian, proprio come quello islamico, è un calendario lunare). L'esclamazione "Grande Ashura!" è tipica del popolo Kruhynian, ma malvista fra i ranghi dei Notturni.


    Edited by xiuxi - 15/11/2017, 16:25
     
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    Un disturbo nel tessuto dello spazio aveva allertato il centro operativo della Legione: gli arcanisti lo definirono un portale a decadenza istantanea, mentre chi masticava un po’ di astrofisica interplanare lo identificò come un wormhole unidirezionale. Per quanto la regione di Geisine fosse abitualmente soggetta ai capricci del Maelstrom, il fenomeno si era verificato in un’area monitorata per motivi di sicurezza. Si trattava infatti dell’unico quadrante di spazio confinante col Labirinto di Krarth, la prigione tetradimensionale in cui secoli addietro il Primo Alfiere del Sud aveva sigillato i Titani che non era riuscito a sopprimere o soggiogare nella sua campagna di unificazione del Presidio Meridionale. Sebbene il panorama vulcanico locale non fosse dissimile dalla norma, oltre l’intonaco della realtà si celavano torme di orrori che ambivano a devastare il regno del despota che li aveva esiliati – come aveva recentemente ricordato la tragica evasione di alcuni Titani, sfociata nel conflitto che la cronistoria del Sud ricordava come la “Battaglia dell’Arena”.

    La natura effimera del varco dimensionale appena captato non permise d’identificarne con certezza la provenienza, perciò il protocollo imponeva un’ispezione sul posto per accertarsi che non si trattasse della fuoriuscita di una creatura di Krarth. Data la potenziale pericolosità di un Titano, fu inviato in loco uno dei pochi Legionari che avrebbe potuto contenerne la furia in virtù della sua simbiosi con l’habitat infernale.

    Immergendosi in un tumultuoso fiume di lava, l’incaricato si fece trasportare dalla corrente fino al settore in cui si era verificata l’anomalia, riaffiorando poi dal plasma rovente al pari di un Gogonud – l’unico esponente della fauna locale che si arrischiava in tali imprese. Sotto un cielo adombrato dalle esalazioni del sottosuolo, la luce livida contornò le fattezze umanoidi di qualcuno che di umano non aveva più niente: ossidiana al posto della carne, brace incastonata nelle orbite, magma ribollente laddove sarebbe dovuto scorrere il sangue. La stessa aria circostante s’increspò per l’estremo calore emanato, come se fosse restia ad accettare l’esistenza di un tale individuo.

    Il Legionario perlustrò i dintorni, individuando dopo poco l’elemento fuori posto nel mezzo della selvaggia perfezione di Geisine. Avvicinandosi all’estraneo, lo squadrò per valutarne l’eventuale pericolosità. Per quanto l’analisi preliminare del suo spaesamento suggerisse che il ragazzo fosse il superstite di un naufragio dimensionale, il militare si attenne rigorosamente alla procedura formale.

    « S’identifichi. »

    Un ordine perentorio che suonò come una degna accoglienza
    in quegli inferi che si estendevano a perdita d’occhio.

     
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  3. xiuxi
     
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    Picchettò nervosamente il suolo con la punta delle dita. Lasciò scivolare i polpastrelli sull'ossidiana calda e gli parve di riuscire a percepire il ribollire del magma sotto di essa, così come poteva ben vederlo alla luce del sole, rilucente nelle fenditure sul terreno. Quel mondo non aveva nulla in comune con quello che si era lasciato alle spalle, né sembrava avere niente a che fare con lui.
    Quanto tempo era trascorso? Ore, minuti, secondi; tutto si confondeva nella sua mente annebbiata dalla febbre, il suo carico di disperazione premeva per averla vinta, gli sussurrava di arrendersi e lasciarsi morire lì, su quel litorale vulcanico. Per la misericordia di una qualche deità oscura, i lapilli lo avrebbero colto presto, dandogli la benedizione di una morte veloce e (quasi del tutto) indolore.
    Le immagini si affollavano davanti ai suoi occhi, le lacrime, acquattate dietro di essi, aspettavano con pazienza che venisse il loro turno di ruzzolare giù lungo quel viso un tempo piacevole ma ora sporcato di terra rossa e sangue, impiastricciato dai capelli sudati e da un liquido viscoso, di una curiosa pigmentazione nera lucida.

    Tutta la sua determinazione, la speranza di recuperare lo scrigno dei ricordi perduti, erano cose ormai lontanissime, spettri di un passato recente che pareva essersi catapultato indietro.

    Quando vide la creatura muoversi ed emergere dal magma, ormai troppo vicina perché lui avesse una qualche possibilità di prepararsi a quell'incontro, sussultò. Doveva trattarsi di un'entità indigena, se riusciva a immergersi in quelle vasche mortali uscendone illeso, forse addirittura corroborato.
    Il Kruhynian, rimanendo seduto a terra, si tirò istintivamente indietro vedendo che l'essere si dirigeva verso di lui.

    Quando l'altro gli rivolse la parola, lo stregone deglutì.
    Il suo volto divenne pietra, gli occhi fissi in uno sguardo vacuo.
    "C-chi... sei? Dove mi trovo...?", riuscì a domandare, con un filo di voce.
    Gli era stato chiesto di identificarsi e tuttavia era lui a porre delle domande.

    Lo spirito di sopravvivenza ha ragioni che la ragione non conosce.

     
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    Il suo interlocutore si rivelò troppo atterrito dalle circostanze per poter eseguire quanto richiesto. L’ipotesi che si trattasse di un evaso da Krarth fu rapidamente scartata, perciò il Legionario passò al protocollo per gestire le creature depositate sulle rive endlossiane dalla risacca del mare dimensionale.

    « Sono Obsius, Generale della Divisione di Repressione presso la Legione delle Sabbie. »

    Per quanto intimidatoria potesse sembrare una presentazione simile, l’ignaro giovane dagli occhi d’ametista aveva incontrato qualcuno che non avrebbe cercato di rivendere i suoi organi al Bazar delle Talpe – un paradossale colpo di fortuna in quella sua tragica diaspora interplanare.

    « Attualmente si trova a Geisine - la Culla Rossa delle Fiamme - terra sacra situata all’estremo sud del mondo conosciuto, noto ai suoi abitanti come Endlos. »

    Spalancò solennemente un braccio per indicare il paesaggio circostante, mantenendo però le distanze dallo straniero per ragioni cautelative.

    « Probabilmente lei è stato coinvolto in un naufragio dimensionale, una fluttuazione casuale del substrato della realtà che l’ha condotta qui su Endlos. Far ritorno nel suo mondo natio potrebbe rivelarsi alquanto complesso, perciò nell’immediato futuro le suggerisco di stanziarsi in un centro abitato. »

    Decenni di applicazione della procedura d’accoglienza avevano condotto il relativo formulario ad una configurazione asciutta e tecnica, che non faceva sforzi per indorare quella pillola di traumatica verità: in un battito di ciglia la vita precedente al naufragio era svanita nelle profondità recondite del Multiverso e non esisteva un metodo sicuro per riaverla indietro.

    « Ora può dirmi le sue generalità? »

    La sua voce granitica sovrastò a stento il fragore
    di un’eruzione che sfregiò l’orizzonte.

     
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  5. xiuxi
     
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    Pure se immerso nella più nera iattura, riuscì a ritenersi fortunato: le stelle, fra tanti possibili pericoli (alcuni dei quali quasi certamente letali) avevano deciso di mandargli un militare che, a dispetto dell'apparenza marziale e della rigidità dovuta all'ossequioso e formale rispetto del protocollo, sembrava ben disposto verso di lui o comunque abbastanza pacato da poter elargire delucidazioni, cosa di cui Shaogal aveva un disperato bisogno.
    Inspirò profondamente, grato di quella piccola pausa dalla sciagura, prima di rispondere.

    "Mi chiamo Shaogal, sono un... ramingo. Vengo da..."
    Ecco, precisamente: da dove veniva? Si interruppe lì, come chi rimane folgorato da un pensiero, con un piede sospeso mentre sta per salire faticosamente un ulteriore gradino.
    "Hai detto... Endlos?".

    Momentaneamente disinteressandosi dell'interlocutore, prese a picchettarsi il mento con la punta dell'indice, come era solito fare quando si sforzava di pensare a qualcosa, in un rituale pigro e affatto originale. Eppure quel nome gli diceva qualcosa, gli sembrava di averlo già sentito altrove, di averlo forse pronunciato a sua volta.

    "Endlos, Endlos..."

    Di colpo si lanciò nuovamente verso la sua borsa, deliberatamente ignorando l'effetto che quel comportamento avventato avrebbe potuto avere sull'essere che gli stava di fronte; raccolse il tomo che aveva già consultato, quindi prese a scorrerne le pagine frettolosamente, mentre rimuginava su quella parola che, dopo la dodicesima ripetizione, iniziava a sembrare stantia e priva di senso, come ogni parola quando viene ripetuta in maniera meccanica.
    "Eccolo qua!" esclamò, sollevando il pugno destro in segno di vittoria e poi sollevando l'indice mentre leggeva.
    "Anno 357° dalla "Dispersione": il vecchio maestro Torque sostiene che esista un piano diverso dagli altri, un crogiolo di mondi ricettacolo di razze e tecnologie fra le più disparate; Endlos è insieme il cassonetto ed il collante del multiverso, le sue parole. Secondo le sue ricerche il piano in questione sarebbe caratterizzato da una spiccata instabilità dovuta a fenomeni di oscillazione della materia."

    Si fermò, inspirando prima di leggere l'ultima riga.
    "...è possibile che i Kruhynian siano effettivamente originari di quel piano, data la loro familiarità con i viaggi dimensionali."

    Si batté una mano sulla fronte, ridacchiando.
    "Bontà lunare!*", esclamò divertito
    "Pensare che dovevo vivere così a lungo solo per poter
    tornare a casa.
    "


    *Grossomodo, l'equivalente del nostro "Bontà divina!".
     
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    Shaogal il ramingo rimuginò a lungo sul nome del semipiano, agguantando poi qualcosa dalla sua borsa con un gesto inconsulto che mise in guardia Obsius. Con lo stesso rigore con cui aveva accolto il naufrago sarebbe stato anche capace di carbonizzarlo seduta stante in caso di minaccia… ma fortunatamente l’altro voleva soltanto sfogliare un libro innocuo.

    « La descrizione che ha appena letto mi sembra adeguata, purtroppo però non dispongo delle competenze necessarie in materia interplanare per integrarla. Confido che a Merovish potrà approfondire tali nozioni sia alle Cave del Sapere, sia presso il Politecnico situato nel Distretto della Polvere. »

    Non erano comuni i casi di naufraghi che accettavano di buon grado la prospettiva di dover ricostruire la propria vita dalle fondamenta e ancor più inconsueti erano gli stranieri che conoscevano Endlos dapprima di approdarvi. La combinazione di entrambe queste rarità faceva di Shaogal un unicum nell’esperienza maturata dal Generale.

    « Merovish è la capitale sotterranea del Presidio Sud, territorio sottoposto alla giurisdizione della Legione in cui milito. Posso accompagnarla fino all’imboccatura di un cunicolo che conduce alla città, ma non potrò scortarla oltre dato che sono in servizio qui a Geisine. »

    In caso di risposta affermativa, l’avatar dell’ossidiana avrebbe fatto strada. Nonostante il suddetto budello sotterraneo fosse relativamente vicino in linea d’aria, avrebbero dovuto allungare il tragitto per via degli ostacoli naturali - quali laghi sulfurei e profluvi lavici - che soltanto Obsius avrebbe potuto sfruttare come scorciatoie. Non dubitava comunque che il naufrago avesse altri interrogativi da sottoporgli lungo il cammino per ingannare l’attesa.

     
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  7. xiuxi
     
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    Chiuso in un pacato silenzio, lo stregone ascoltò quanto il Generale aveva da dirgli, senza interromperlo ancora. Per quanto volesse mostrarsi attento e zelante, però, non gli riusciva di distogliere la mente dal pensiero principe di quei suoi ultimi istanti: le stelle lo avevano scagliato oltre il baratro entropico, sul fondo di tutti i piani. Adesso aveva la possibilità di conoscere un nuovo mondo, di studiarlo con certosino entusiasmo e di scoprire, non ultima delle sue preoccupazioni, quali poteri nascondesse la patria perduta dei Kruhynian, se di questo effettivamente si trattava come ipotizzato dal vecchio Torque.

    Alla proposta del miliziano, risposte affermativamente con un cenno del capo.
    Tentò di rimettersi in piedi, attività svolta con uno spirito fin troppo ottimista, vista la condizione delle sue povere membra. Riuscì infine a sollevarsi, benché le gambe non lo reggessero nella maniera salda a cui era abituato.
    "Merovish" disse, ripetendo il nome della sua prossima destinazione.

    "Andiamo".





    Camminavano già da un po', Obsius mezzo passo avanti e Shaogal subito da presso, tentando di non inciampare negli spuntoni d'ossidiana e lasciando che i suoi occhi violacei abbracciassero quella desolazione infuocata così suggestiva alla vista quanto letale al resto del corpo.
    Quel luogo lo incuriosiva, così come il suo accompagnatore, ma più di tutto era l'infinita gamma di possibilità ad attrarlo. Generalmente il cambio dimensionale dei Kruhynian, popolo nomade per eccellenza, era ben studiato e permetteva a una piccola comunità o a un singolo di approdare in una zona che con buona approssimazione poteva essere definita il Nord del piano di riferimento, in modo da dare ai viaggiatori la possibilità di trovare un habitat simile a quello che già conoscevano dal piano d'origine o di partenza. Questo nuovo e involontario viaggio, invece, coinvolgendo più d'una faglia dimensionale, lo aveva scaraventato in un luogo che sembrava non avere mai conosciuto un singolo fiocco di neve in tutta la sua lunga esistenza. Per quanti luoghi avesse già visitato, di fronte a un simile spettacolo dai toni accesi, Shaogal rimase a lungo senza parole.

    Almeno finché non decise di spezzare il silenzio.
    "Generale Obsius..." lo chiamò, fermandosi poi a tossire,
    e gli parve di riuscire a sentire ogni singolo bronco infiammato a causa delle esalazioni sulfuree.
    "Ha menzionato un cunicolo, ed una serie di altri nomi che fanno pensare a una civiltà sotterranea".

    Stiracchiò un sorriso sulle labbra frastagliate da lacerazioni.
    "Non riuscirò a vedere le stelle lì dove stiamo andando, vero?".

    Quelle parole suonarono nuove, strane perfino a lui; erano gravide di una malinconia
    che ululava il disagio della privazione.
    Invano.


     
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    Gli unici viandanti di quelle lande desolate si lasciarono alle spalle due file d’impronte, impresse sul terreno accidentato delle pendici vulcaniche come una firma del loro transito. Erano facilmente distinguibili per via del passo arroventato del Generale, che al suo passaggio marchiava il suolo con orme fumanti.

    Ad un certo punto il Kruhynian abbandonò il suo silenzio deferente per porre
    una domanda alquanto singolare, riguardante la veduta del cielo stellato.

    « In molti settori di Merovish la luce filtra dalla superficie attraverso i laghi di vetro dello Yuzrab, il deserto che occupa la maggior parte di questo Presidio. Le lastre dei laghi non sono abbastanza limpide per distinguere gli astri notturni, ma in alternativa potrebbe affacciarsi all’aperto dal complesso roccioso dei Cunicoli d’Ingresso: sono molte le balconate aperte ai visitatori, tuttavia si prepari per la forte escursione termica. »

    Obsius rispose puntualmente, pur non capendo come potesse essere prioritaria per l’altro una questione tanto frivola ai suoi occhi. Poco dopo riconobbe i punti di riferimento per l’accesso al passaggio sotterraneo, perciò indicò a Shaogal un anfratto apparentemente anonimo scavato nella roccia scura.

    « Siamo arrivati, segua quel cunicolo per mezza giornata e arriverà alle gallerie cittadine. Prima d'incamminarsi le consiglio di raccogliere i frutti di quell’arbusto, sono commestibili. »

    Il Generale si riferiva ad una pianta singolare che - per quanto poco invitante - sarebbe stata indispensabile per sostentare la lunga marcia di Shaogal verso la sua nuova vita.

     
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  9. xiuxi
     
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    Si limitò ad annuire con un cenno del capo, nascondendo dietro quella mossa uno sgomento che l'altro probabilmente non avrebbe compreso. Si era definito un ramingo, ma non aveva dato ulteriori spiegazioni circa la sua provenienza o la sua stirpe. Per un Notturno le stelle erano tutto, rappresentavano l'orizzonte visibile, il fine ultimo della loro stessa esistenza. Questo forse non sarebbe riuscito a spiegarlo, gli sarebbero mancate le parole adatte, le frasi giustamente pregnanti per trasmettere il senso d'incompiutezza che già sentiva adagiarsi fra stomaco e polmoni, insieme con la sensazione che quello sgradevole ospite non si sarebbe scomodato tanto in fretta.
    Merovish rischiava di diventare per lui un inferno ben peggiore rispetto a ciò che aveva sperimentato a Geisine.

    Secondo le indicazioni del militare si avvicinò alla pianta indicatagli. La squadrò a lungo prima di muoversi, studiandone con attenzione l'aspetto filiforme, la forma particolare dei frutti grossi e rotondi, le protuberanze rossastre simili a bacche che spuntavano da ognuno.
    Si strinse nelle spalle, considerando che in assenza dell'indicazione datagli da Obsius si sarebbe limitato a considerare quell'arbusto nient'altro che l'ennesimo pezzo d'ossidiana fuoriuscito dal suolo. Raccolse i frutti con gesti misurati dalla fatica e dalla diffidenza; si trattenne a saggiarne la scorza esterna con i polpastrelli.
    Ne portò uno al naso, non riconoscendo alcun odore che non fosse quello dello zolfo e non avrebbe saputo dire se quello fosse l'aroma particolare della pianta o piuttosto l'effetto della fumigazione a cui era stato sottoposto suo malgrado.
    Raccolti un paio di frutti, tornò a voltarsi verso il Generale.

    "Ho capito, Generale", disse in tono piatto.
    Porse la mano all'altro, continuando con più calore: "Sebbene immagino faccia parte dei suoi doveri, in un certo senso si è preso cura di me. Non è qualcosa a cui sono abituato."

    Poi disse una parola di cui aveva quasi dimenticato il significato,
    nascosto da troppi anni di indifferenza e forzata solitudine.
    "G-Grazie".

    Quasi stupito di essere riuscito a pronunciarla sollevò le sopracciglia, accentuando il proprio sorriso.
    Sciolta la stretta di mano diede le spalle al miliziano e solo a quel punto una piccola sfera luminosa iniziò a vorticargli intorno alle spalle e al volto.
    "Orion!" esclamò.
    "Iniziavo a chiedermi dove fossi finita".

    Così, accompagnato dalla sua stella, il Profanatore si avvicinò all'ingresso del cunicolo.
    Sollevò il braccio destro, le dita delle mani protese in un gesto di saluto da dietro la spalla.
    "Alla prossima, Generale Obsius. Possano le stelle vegliare su di te fino ad allora".

    E anche su di me.


    Concluso. Grazie mille per la giocata e la celerità nelle risposte :flwr:
     
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