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Istvàn, Chediya.
Presidio Orientale, Endlos.Si appoggiava ad un bastone di ghiaccio, procedendo con passi misurati sui lati della strada che l'avrebbero portata alla sua prossima destinazione. Medea Fole camminava sotto il sole primaverile di un pomeriggio senza nuvole, fermandosi di tanto in tanto per calcolare ad occhio e croce la propria distanza dalle porte di Istvàn, capitale del Presidio Orientale, o per riformare il ghiaccio qualora il suo supporto iniziasse a sciogliersi.
Riusciva a camminare perlopiù senza problemi anche da sola, ma di tanto in tanto avvertiva ancora delle fitte di dolore dovute ad una brutta ferita inflittale alla gamba destra durante il suo secondo scontro con La Catena, Brynjar Lloyd.
Aveva perso, e quando aveva ripreso i sensi si era ritrovata in un posto per nulla familiare, da qualche parte in un sotterraneo umido. I pochi e confusi ricordi di allora affioravano senza mai emergere del tutto, come se incapaci di oltrepassare il pelo dell'acqua della sua memoria. Rammentava una giovane donna tanto bella quanto trasandata -colei che l'aveva curata-, delle bambine, e La Catena stessa che aveva aspettato pazientemente il suo risveglio.
Avrebbe potuto aprire un portale per la sua modesta abitazione nascosta in un bosco alle pendici del Koldran, ma non se l'era sentita: quella non era casa sua, era solo una base da cui condurre le ricerche del criminale a cui aveva così indefessamente inseguito; alla fine era riuscita a rintracciarlo, e ad affrontarlo in duello. Tanto le bastava, a prescindere dal risultato finale, e non c'era quindi ragione di tornare fin laggiù: il suo compito era oramai concluso.
Ciononostante, non poté neppure tornare a Rijks, nella sua città natia. Aveva perso il conto oramai di quanto tempo fosse passato da quando era giunta su Endlos, di quanto ne avesse speso fra i monti, nelle pianure del Presidio Orientale, o addirittura in quella specie di coma.
Ancora non sapeva con che faccia si sarebbe ripresentata alle porte di quel piccolo regno circondato da mura, cosa fosse cambiato, chi avrebbe rivisto e chi no. Non ricordava neppure l'ultima volta che aveva ricevuto notizie della sua famiglia, se i suoi genitori stessero bene, o se il figlio di sua sorella stesse crescendo o meno in salute.
Quanto a Heswall... Se ce ne fosse stato bisogno, sarebbero stati loro a mettersi in contatto con loro. Perché il contrario non sarebbe mai avvenuto, sebbene Medea dovesse ancora restituire quel frammento di potere proprio alla divinità che l'aveva spinta a mettersi in viaggio.
Anche con una spada al fianco, riuscì comunque ad entrare nella città. Gli occhi verdi erano svuotati di qualsiasi espressività, e avevano evitato, per quanto possibile, di incontrare quelli delle guardie di turno, alle quali aveva semplicemente riferito, con un tono di voce arido, di essere nulla di più che una viandante di passaggio, in cerca di un pasto caldo e di un letto per la notte.
Perché mentire, del resto? Almeno, ciò che pianificava era di utilizzare Istvàn come una tappa per rifocillarsi, riposarsi e poi ripartire, nel giro di pochi giorni al massimo, in qualsiasi altro posto dove avrebbe potuto guadagnare abbastanza da permettersi di pagare per quel poco che al momento le serviva. In cerca, forse, di un luogo sufficientemente tranquillo dove potersi stabilire a più lungo termine, magari trovando lavoro in una taverna, o come cuciniera presso la casa di qualche benestante.
« Ah, chiedo venia. »
disse, nel momento in cui provò ad entrare in una taverna, solo per scontrarsi con una persona che aveva tentato di varcarne la soglia nello stesso istante. Medea era così finita quasi per inciampare, sbilanciandosi sul proprio lato destro, ed incespicando per qualche passo, prima di ritrovare l'equilibrio, ma non prima che il bastone cadesse a terra, frantumandosi in vari pezzi.
« Non l'avevo vista arrivare. »
Fece cenno alla giovane donna dai capelli biondi di passare prima di lei, nel frattempo distrattamente riformando il suo sempre più superfluo supporto nell'altra mano.
Edited by Kuma. - 3/3/2018, 03:08. -
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«Perdonatemi voi, non prestavo attenzione!» si scusò educatamente l'altra giovane, che addirittura arrivò ad esibirsi in un inchino, prima di entrare nella locanda, lasciando alla viandante spazio sufficiente per farsi strada a propria volta. «Per redimermi posso offrirle qualcosa? Un pasto caldo, magari?»
Medea guardò sorpresa quella sconosciuta per qualche secondo, scrutandola con grandi occhi verdi, fino a quando non sentì il ghiaccio del bastone toccare finalmente il pavimento. Al che, distolse lo sguardo e scosse il capo.
« Non ce n'è bisogno, signora. » rispose con quello che volle essere un tono pacato. « Sono cose che capitano a chiunque tutti i giorni. »
Concluse, nel frattempo cercando con gli occhi un tavolo libero. Con suo mite stupore, constatò che la taverna era quasi del tutto piena. Medea non aveva controllato a che ora fosse arrivata, ma era certa che fosse oltre l'ora di pranzo. Infatti, doveva essere al contrario quasi tempo di cenare, a giudicare dalla posizione del sole: era piuttosto basso, e secondo i suoi calcoli sarebbe tramontato fra un'ora, un'ora e mezza al massimo.
O, forse, era arrivata da poco una carovana in città, oppure ancora un qualche evento aveva attirato visitatori dall'esterno, o addirittura tutte e due le cose. Figlia di una locandiera e cresciuta in una città-stato forse perfino un po' più grande della stessa Istvàn, aveva avuto modo di vedere, da bambina, le cause più comuni di simili resse.
Rimaneva in realtà un singolo tavolo libero proprio davanti a loro, un poco sulla sinistra, incuneato in un angolo fra i muri in pietra. Medea sospirò, indicando all'altra donna l'unico posto disponibile rimasto: visto che era entrata prima, riteneva che, se proprio non fosse suo di diritto, sarebbe stato quanto meno irrispettoso portarglielo via senza dire nulla.
« In compenso, spero sia disposta a condividere un tavolo con me, stasera, visto che pare sia rimasto solo un tavolo sgombro. Sempre che qualcuno non la stia già aspettando, naturalmente. ». -
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«Non si preoccupi, non mi sta aspettando nessuno. Per me sarà un piacere cenare con lei.»
Medea annuì, accennando un sorriso. Aveva viaggiato per giorni in completa solitudine, sostando sì di tanto in tanto nei villaggi in cui incappava, ma senza mai avere della vera e propria compagnia, spesso consumando i propri pasti in solitudine anche all'interno delle taverne, senza mai usare più parole di quelle usate per le risposte alle domande di circostanza. Un po' di compagnia non le avrebbe fatto schifo.
Seguì la giovane donna al tavolo.
«Io sono Elysandra Lyvellin, lieta di conoscerla!»
« Medea Fole, piacere mio. »
rispose, ricambiando il sorriso e stringendole la mano. Imitando Elysandra, la ex-guardia si accomodò al tavolo non prima di aver posato ai suoi piedi la propria spada da lato, e appoggiando il bastone al muro.
«Lei è per caso nativa di questo posto? Sono appena arrivata con una carovana e non ho mai visitato questa città prima d'ora, non vorrei rischiare di perdermi.»
« No, anche per me è la prima volta qui. » rispose, riflettendo su cosa poter aggiungere senza rivelare troppo di sé, né nascondersi. « Sono appena giunta qui io stessa, dagli altipiani a sud. »
Anche se non era certo nata lì, e il suo accento era infatti palesemente straniero. Non essere affatto abituata a parlare con gli altri non aveva aiutato.
« Se posso chiedere... » indicò l'arma e lo scudo di Elysandra, poco distanti. « ...è per caso giunta qui per cercar fortuna nell'esercito locale? »
Se era arrivata, armata, in una capitale con una carovana, c'erano due opzioni: la prima era aver funto da guardia del corpo per la stessa, e la seconda era volersi arruolare nell'esercito locale, in mancanza della possibilità di arruolarsi in città più vicine -o volendo trovare banalmente di meglio-.
Medea aveva optato per la prima fino a che non vide la sacca: pur senza delle vere e proprie certezze, un'intuizione le aveva suggerito che si trattava della seconda. Forse, era stata immedesimazione.. -
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«Esatto! Insomma, non vado a cercar fortuna nell'esercito, non ne ho bisogno. Vorrei arruolarmi perché credo che le mie abilità siano più utili qui che a Shea, da dove provengo, spero di avere la possibilità di aiutare più persone.»
Quella risposta lasciò Medea leggermente spiazzata. A guardare meglio Elysandra, però, poteva avere senso: l'armatura che portava era infatti, a vederla, di fattura parecchio pregiata, paragonabile quasi a quella della guardia reale di Rijks. Nella normale Guardia Cittadina, invece, vedere corazze complete era un'evenienza piuttosto rara, se non pressoché impossibile.
Ciò significava che quella ragazza era una rampolla di una famiglia nobile, e le sue parole lo confermavano: non aveva bisogno di cercare fortuna, era giunta qui spinta solo dai propri ideali.
Il che, per quanto riguardava la guerriera, era una ragione perfettamente valida. Apparentemente ingenua, forse, ma ciò si sarebbe visto soltanto dal valore che avrebbe dimostrato Elysandra di lì in avanti: per quanto Medea ritenesse indispensabile tenere i piedi per terra, ella riconosceva che esistevano comunque persone che potevano permettersi, almeno il più delle volte, simili idealismi.
Come il suo vecchio capitano (e amico) Wilhelm. Anche quando si era consapevoli che non si sarebbe sempre riusciti a soddisfare le proprie aspettative verso sé stessi, diceva lui, ciò non significava in alcun modo che non valesse comunque la pena tentare.
«Poi immagino che così avrò modo anche di viaggiare! Sfortunatamente, non ho mai lasciato la mia città natale, questa è effettivamente la prima volta che mi spingo così lontano.»
Medea accennò un sorriso, guardando il tavolo davanti a sé. Se solo sapesse, rifletté la donna. Anche se, a sua ammissione, nemmeno lei si era spinta spesso fuori da Rijks e i suoi territori circostanti, prima che decidesse di dare la caccia alla Catena attraverso i mondi.
«Lei invece?»
chiese infine Elysandra.
«Se mi è lecito chiedere, come mai è venuta qui? Avete l'aspetto di una persona che ha viaggiato molto! E avete anche un bastone parecchio affascinante, è la prima volta che ne vedo uno: non mi aspettavo che si riparasse come per magia.»
L'ex-guardia lanciò un'occhiata sorpresa al proprio bastone.
« Oh, uhm... » di fatto, non aveva mai pensato a quanto strano sarebbe potuto sembrare ad altre persone. « Beh, in effetti è magia, nel senso che è stato creato così. Però nei fatti si tratta di un semplice pezzo di ghiaccio, nulla di più. »
Infatti, ponderò la decisione se scioglierlo e riformarlo più tardi, se proprio necessario, o semplicemente lasciarlo lì. Si strinse nelle spalle, e optò per la seconda opzione.
« Sono qui di passaggio, a dire il vero. » disse poi. « Credo starò qui per qualche giorno, per poi ripartire verso qualche altro villaggio o città. Forse proprio a Shea, ma ancora non saprei. ». -
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«Se andate a Shea potrete farvi ospitare dalla mia famiglia, basta che le dite che siete mia ospite.»
Come volevasi dimostrare: era in procinto di andare a cena con una ragazza nobile. Anche se era già passata per quella regione, Medea non si era soffermata ad imparare i nomi più importanti di quell'area, se non quello menzionato di tanto in tanto dei “Du Lac” (del resto, che motivo ne avrebbe avuto, se sarebbe tornata a casa sua dopo aver combattuto Brynjar Lloyd?). Di conseguenza, non conosceva il nome dei Lyvellin -o se lo aveva già sentito, era assai probabile che se ne fosse scordata insieme a... molte altre cose, dopo la battaglia di Garwec-.
« La ringrazio della sua generosità. »
rispose, sorridendo sincera, eppure con un tono forse eccessivamente formale per qualcuno che stava condividendo il suo stesso tavolo, come pari.
«Quindi non avete una meta precisa, dico bene?»
Chiese Elysandra, e Medea scosse la testa.
« No, non per il momento. »
Nel frattempo, un cameriere apparve per prendere le loro ordinazioni, senza che ci fosse stato bisogno di richiamarne l'attenzione. Invero, mentre era impegnata a conversare, se ne era quasi scordata. La giovane nobildonna ordinò per prima.
« Per me della carne, per favore, e anche per me dell'acqua andrà benissimo »
Annotato il tutto, l'uomo si allontanò a gran velocità nella confusione.
«A proposito, avete detto che il bastone è stato creato così, quindi... non l'avete creato voi? In ogni caso, è davvero una gran cosa, poter far materializzare la magia: io non riesco ancora a farlo con il mio elemento, purtroppo mi viene particolarmente difficile creare oggetti con la semplice Luce.»
« Beh, sì, l'ho creato io e... » ah, dunque era una maga anche lei? Almeno, un guerriero che implementava anche la magia nel suo stile di combattimento, un po' come pressoché ogni suo ex-collega. « ...non so come funzioni la magia da queste parti, ma da dove vengo io ci viene insegnato di non forzare la nostra “Origine”, che sarebbe una sorta di elemento o concetto a cui ruota attorno la nostra magia più potente, a fare qualcosa che andrebbe contro la sua normale natura. »
Come, per l'appunto, cercare di solidificare la “luce”, perlomeno come l'aveva sempre intesa Medea.
« Piuttosto, siamo incoraggiati a lavorarci attorno, e a pensare a volte fuori dagli schemi. Infatti, la mia Origine è “Acqua”, e non “Ghiaccio”, tuttavia posso creare dei bastoni di ghiaccio perché, banalmente, sempre di acqua si tratta. Almeno, è "acqua" per come la vedo io, non so se mi spiego. ». -
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«Accidenti, che discorsi complessi.»
commentò Elysandra con una risata leggera.
«È molto affascinante, però! Tuttavia, non so se la mia magia sia simile alla tua o meno, perché bene o male è da quando sono nata che sono in grado di usare e manipolare la Luce e di percepire spiriti e anime. Unendo questi due tipi di poteri sono in grado di guarire ferite di vario tipo.»
Medea aggrottò le sopracciglia. Sempre analizzando la quesitone dall'ottica a cui era stata abituata, “nascere” con un'Origine era raro, ma nulla di inaudito. A volte, capitava anche che un'Origine fosse imposta in qualche modo al Mago, come successe nel caso proprio del suo più importante nemico.
Spiritismo e arti curative, però, non le associava molto alla sola “Luce”, quanto piuttosto all'aldilà, sempre che ne esistesse uno su Endlos, e al divino. Dunque magia di stampo sacro, la cui Origine, sempre ce ne fosse stata una, poteva essere forse un po' diversa da quello che Elysandra descriveva. Il che, per chi non aveva risvegliato e coltivato la propria magia consciamente, accadeva non di rado.
«Inoltre queste armi e armature sono state forgiate appositamente per incanalare il mio potere, anche se effettivamente non saprei ancora cosa farci, ci devo ancora lavorare. Ma la tua magia mi sembra davvero straordinaria! Cos'altro potresti farci?»
« Definirla straordinaria ritengo sia un po' eccessivo, però... »
afferrò il suo bastone, e lo sollevò poco sopra l'altezza del tavolo. Questo si liquefece all'istante, ma l'acqua rimase sospesa a mezz'aria per diverso tempo, manovrata dai poteri di Medea, prima che la stessa non decidesse di surriscaldarla trasformarla in vapore acqueo.
Infine, il vapore brinò nello stesso bastone di prima, come se questo non si fosse mai sciolto.
« ...ciò che ti ho mostrato ne è fondamentalmente la base. »
Rimise il bastone dov'era prima, e riprese a parlare.
« Ovviamente non siamo per forza limitati alla nostra Origine. »
Alzò l'indice e il medio della mancina, dalla punta dei quali si sprigionò una piccola -intensa, ma deliberatamente non accecante- luce.
« Come puoi... » si corresse. « può vedere. »
Edited by Kuma. - 4/3/2018, 21:55. -
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«Dammi pure del tu, se vuoi!»
disse Elysandra, che pure aveva lasciato dietro di sé le formalità qualche frase fa, senza neppure rimuginarci su troppo. Anche perché pur sempre di una nobile che parlava con una vagabonda si trattava.
«E quanto tempo hai impiegato per avere tale dimestichezza, con la magia?»
Medea fece per rispondere, ma la giovane donna continuò.
«Come ho già detto, purtroppo, durante la mia vita non ho avuto opportunità per approfondire questi miei poteri: la mia famiglia non ha voluto assumere un precettore o comprarmi dei libri, però non mi hanno mai vietato di usare la magia o di tirare di spada, tutto quel che so lo devo all'esercizio sul campo. Più precisamente, quando davo una mano al tempio a soccorrere feriti o malati.»
L'ex-guardia annuì. Strano approccio, commentò fra sé e sé, a meno che non sapessero genuinamente come guidare la crescita di quegli innati poteri... sempre ammesso e non concesso che ci fosse mai stato un modo.
Certo era, non erano neppure intrinsecamente contrari, se le avevano permesso di praticare nel bene e nel male sia l'arte della spada che quelle magiche. Certo era che non riuscì a comprendere il ragionamento di fondo dei genitori della ragazza e, in tutta sincerità, nemmeno le interessava.
Nel mentre, arrivarono finalmente le loro ordinazioni, e con esse una grossa brocca d'acqua che conteneva abbastanza liquido da bastare ampiamente per tutte e due.
Carne a media cottura, come piaceva a lei, ma con il contorno troppo bagnato dall'olio d'oliva. Non serviva nemmeno assaggiare per distinguere certi dettagli.
«Per questo desidero entrare nei Cavalieri Celesti, sacrificando una vita nell'agiatezza e nel lusso. Grazie a loro spero di diventare brava quanto te, almeno!»
Medea ridacchiò, ma era una risata priva di gioia.
« Se devo essere sincera, ho perso tantissimo da quando sono giunta qui. Immagino che ogni mondo sia a sé, ma... quando fui addestrata alla magia, impiegai qualche mese a padroneggiarne le basi, e a trovare la mia Origine. Diventa un po' più facile una volta trovata quella, però. »
A quel punto, una volta raggiunto un buon controllo, la bravura di un mago era spesso dettata anche e soprattutto dalla sua immaginazione ed elasticità mentale, anche quando gli incantesimi usati non erano di per sé particolarmente potenti o devastanti.
Ovviamente, anche questo non valeva per tutti i casi, a seconda dell'Origine del praticante in questione. Alcuni si basavano davvero sulla sola, incontrollata potenza, altri non avevano invece scelta che raffinare il proprio controllo. Nel caso delle Guardie Cittadine, quest'ultimo era d'ordine, anche solo per evitare danni collaterali sia al territorio che alle persone che lo abitavano.
« Ultimamente in particolare manco del controllo di una volta, ma questo è un discorso a parte. ». -
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«Basterà poco per riprendere la mano.»
Medea sorrise all'incoraggiamento della donna, ma si trattava perlopiù di un sorriso di educazione. Alzò le spalle: ricominciare a padroneggiare la magia non era al momento fra le sue priorità, sebbene riconoscesse quanto questa fosse una parte indissolubile di lei. Su Endlos, all'arrivo, aveva già perso la maggior parte dei suoi poteri una volta, probabilmente per colpa delle leggi che governavano quel mondo; se fosse tornata a casa probabilmente li avrebbe recuperati interamente nel giro di pochi giorni.
Solo, il problema era proprio tornare. Aveva già provato ad aprire portali: ci riusciva ancora perfettamente, e non era infatti l'impossibilità fisica a fermarla. Anche attraversandolo, giungendo così a poche centinaia di metri dalle porte di Rijks, non era mai riuscita a raccogliere il coraggio di proseguire verso esse, e... riconoscere a chiunque di essersi imbarcata su un'impresa lunga e fondamentalmente inutile.
Specie dopo che sarebbe tornata a mani vuote.
Anche se avesse chiesto ad Universo di darle un modo di viaggiare anche attraverso il tempo, e di finire quindi in una Rijks dove era stata via solo per pochi mesi, pure facendo finta che questo avrebbe accettato, Medea sarebbe riuscita forse ad ingannare in parte la sua famiglia, i suoi amici e le sue conoscenze, ma non sé stessa.
«Se resti qui per qualche giorno possiamo allenarci un po'! Sperando di offrirti una sfida degna per migliorarti.»
Alzò lo sguardo dal suo piatto ad Elysandra, rivolgendole un'occhiata stupita. Ad essere sincera, non combatteva da... Beh, da allora, e nemmeno si era ancora ripresa del tutto. Tuttavia, era pur vero che si sarebbe trattenuta ancora qualche giorno, pertanto, perché no? Finché si trattava di un semplice allenamento, senza farsi troppo male, allora non avrebbe avuto ragione di rifiutare.
« Come vuoi, anche se temo che tu mi stia davvero sopravvalutando. »
disse, con semplicità, mettendo finalmente mano alle posate.
«Comunque è ora di mangiare: buon appetito!»
« A te. ».