Conclave

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    Viaggiatore dei Mondi

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    Cammina nella sabbia da ore ed ore. Il pulviscolo sottile dei granelli gli gratta contro la pelle e la graffia in sottili linee rosate sull’incarnato già pallido del Teologo. Incede ed avanza senza un perché e senza un ma. Non ricorda minimamente nulla del come sia arrivato in questo posto, ma sa che deve continuare. Se si guarda intorno vede solo una distesa continua di sabbia che ai limiti dell’orizzonte sembra cadere giù. Cammina su un piano sospeso nel vuoto, ed oltre? Oltre solo un manto di stelle arancioni, verdi, rosse e gialle che si muovono in un moto continuo e vorticoso che gli da la nausea. Ma non ha bisogno di ragionare su tutto questo, perché inconsciamente sa già benissimo dove si trova, così come sa dove deve andare.
    Si ferma, si osserva le mani arrossate dal vento irreale e si tocca il viso caldo per le bruciature. Quando ha indossato quel kimono bianco e ridondante, sembra essere di qualcun altro ben più grande di lui. E la collana fatta di grosse sfere violacee? E quelle ciabatte di paglia intrecciata? Ed ancora perché la vita è cinta da un grosso fiocco rosso, ben più adatto ad un pacco regalo o ad una modella durante una sfilata piuttosto che al povero Teologo?
    Non ha risposte a queste domande, si limita a passare le mani sullo scalpo privo di capelli, rugoso a causa della smorfia del viso e si dice
    Da questa parte, quarantadue passi in avanti.
    Lo dice con una consapevolezza che non è sua, ma lo sa. Conta i passi come fossero una filastrocca per bambini, ancheggia anche un po’ divertito da questo passatempo mentre incede in questa follia in cui si ritrova.
    Avete presente quando state sognando, lo sapete, ne avete la piena conoscenza, ma al contempo mentre vivete il sogno non ci pensate ed in qualche modo non lo sapete?
    Questo gli sta accadendo.
    A quaranta passi davanti a sé vede qualcosa di nuovo, o magari c’era sempre stato ma non lo aveva notato, chissà. Una “Stonehenge” in miniatura si articola a più e più gradoni intorno uno specchio d’acqua al centro. Le costruzioni in pietra sono piccole e scavate sugli architravi come se qualcuno da secoli, millenni, eoni, si sedesse su di loro.
    Il vento caldo, in questa piccola alcova, è assente. Non uno spiffero, non un granello di sabbia, il suolo è coperto da un semplice selciato perfettamente geometrico. I vortici stellari, nel loro nauseante moto, sembrano convergere verso questo luogo…eppure nello specchio d’acqua, posto al centro perfetto di questa oasi circolare, non si rispecchia nulla. Solo il blu più blu dei blu.
    Altri due passi ed il Teologo come un discepolo diligente prende posto su uno dei vari posti disponibili.
    Attende, perché sa di dover attendere l’arrivo di altri, prima che il vero spettacolo cominci.
     
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    Il mondo non è reale. Non lo è mai stato nè, fortunatamente, lo sarà mai. Una benedizione per chiunque lo inabiti. Un dono per chiunque lo viva. Una certezza per ogni trama che vi si dipana.

    Ella avanza calma. Non ha fretta, non ne ha motivo. Il vento caldo le è amico, la accarezza. La sospinge. Il vento caldo le ricorda, tenero amante, che questa non è la sua realtà. Forse il sogno di altri, forse un'idea perduta. Il non-luogo perfetto per guadagnare forma ed avventurarsi. Smarrirsi. In cerca del filo conduttore di questa storia. In cerca di un ego.

    Ogni frammento si esprime come distorto. Ella non fatica a notarlo. Le è come immediato. Naturale. Proprio. Ogni frammento s'innesta sui vicini. E poi sbiadisce. Obsoleto. Il racconto avanza, come verso una meta. La sabbia cede spazio alla pietra. La pietra all'acqua. Il passato sfugge dallo stesso presente. Ma ella non rischia di dissolversi. E calma procede. Serafica. A pieno agio.

    Veste di viòla. Indossa se stessa. Cristalli ineffabili le coprono una pelle brunita. Come di sabbia. Veli di cute si alternano a lembi d'abito. L'oro le vìola le carni. Gioielli per occhi. La vita è un orpello che le pende sul capo. La incorona. Radi bagliori ne attraversano l'essenza ultima. Barlume di un'assenza. Di un simulacro che incede in una diversa parvenza.

    Sulle panche erose dal nulla scorge il primo fulcro. Un lume nel buio. Una massa nel vuoto. Il suo ruolo eclissa nettamente quello d'ogni altra cosa. Perfino il vorticare dei mondi. Perfino le possibilità irrealizzate. Ed ella siede. Gli è innanzi, diretta osservatrice. Oltre il blu primigenio. Oltre la polla irriflessa. Oltre.

    Nessun silenzio interrompe questo delirio. Nessuna voce zittisce questa chimera. Bellezza e desiderio. Speranza. Utopia. Illusione.
    Miraggio.

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    Edited by AnimeHunter - 11/2/2018, 23:39
     
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    Attende seduto. Immobile. Lo sguardo fisso davanti a sè a guardare una serie di panche vuote.
    Il cielo, le stelle e tutto il resto, vorticano in una danza sempre più frenetica che si avvicina sempre di più al punto di raccolta.
    Mentre il Teologo è assolto nei suoi quarantadue pensieri, ciclici e ripetivi come un mantra, qualcosa sembra spezzare questi istanti cristallizzati: l'arrivo di qualcuno.
    Con calma la osserva posizionarsi al proprio scanno.
    Con calma porta le mani sulle ginocchia ed un leggero sospiro gli gonfia il petto. Inumidisce le labbra appena. Un colpetto di tosse per schiarirsi la voce che non utilizza da secoli, millenni o forse anche più.
    Con calma cerca lo sguardo altrui, leggero, senza fretta ed accennando anche l'ombra di un sorriso.
    Si ferma, si prende tutto il tempo di cui ha bisogno. Ripensa bene al percorso che ha seguito per arrivare sino a qui: non lo ricorda.
    Cerca di rammentare qualcosa a cui aggrapparsi, ma la verità è che si sente profondamente sperduto. Ha una sola certezza nella sua mente riguardo questo bizzarro scenario. Ne è consapevolissimo e certo.
    Quindi che fare?
    Semplicemente muoversi secondo quel frammento di sicurezza e certezza e vedere che succede.
    Ripete il suo rituale. Umetta le labbra, un colpo di tosse, le mani stringono appena la stoffa ruvida del kimono che indossa (che poi chi lo ha vestito? Quale guardone ha spiato le sue nudità?).
    Sei in ritardo.
    Lapidario sentenza osservando il suo opposto, le sorride cortese a dispetto del tono forse un po' acido che ha utilizzato. Solo questo sa ed a questo si appella in questo delirante incontro.
    Non aggiunge altro mentre marmoreo mantiene la posizione. Stende un po' la schiena che priva di appoggio gli da qualche fastidio, tutto sopportabilissimo ma si sposta appena per una posizione più comoda.
    Al momento, pare, che a questo conclave onirico non si voglia aggiungere nessuno.
     
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    Ella ti sorride. E' un sorriso caldo, affatto timido. Come per metterti a tuo agio. Come di chi la sappia lunga. Eppure ella è una tua ospite. Vive questi deliri sotto tuo inconscio ordine. Produce quel sorriso perchè tu lo richiami. Ti sorride e ti apostrofa amorevole. Come a cullarti nei tuoi sogni inquieti.

    Sì. Lo sono.

    Ed è la sua bocca, incredibilmente, a lasciarsi scappare quelle parole. Suoni che riecheggiano dalla di lei gola, voce che prende corpo da una mera immagine. La Parabola si esprime sempre in diversa maniera, è solita intrecciare illusioni uditive. Complice la figura immateriale che incarna. Causa l'inconsistenza della sua persona.
    Non oggi, tuttavia: è chiaramente la sua voce ad attraversare il turbinare dei mondi, a superare la polla dov'essi si ammassano, fino a giungere sulla tua gradinata.

    Hai pienamente ragione.

    Per poi cambiare di netto, facendosi strada al tuo udito da una differente posizione: queste nuove parole giungono dal lato destro, galoppano un più breve percorso. Là dove puoi stimare la loro origine scorgi infatti la violacea impressione in un secondo cordiale sorriso. Ma la prima, riportandovi presso lo sguardo, è tutt'ora innanzi a te.

    Ciononostante non me ne scuserò.

    Una terza eco si spande allora alla tua sinistra, una nuova figura prende corpo al fianco mancino: tutte ti osservano, imperturbabili, con i loro occhi turchini. Tutte ti accolgono con le labbra dischiuse ed un'espressione benigna.

    Perchè sei tu a farti attendere.

    Da ultimo ti pare sia il tuo stesso corpo, con la di lei voce, a profferire il quarto intervento. Come una veste leggerissima, come un tessuto impalpabile, un'ennesima proiezione della tua ospite si è posata sul tuo stesso scranno. Ti si sovrappone senza danno, si mantiene distinta ma in certi punti ti compenetra.
    Avrebbe potuto occupare qualcuno dei seggi rimasti vuoti, invece che stanziarsi sul tuo. Ma non l'ha fatto. E forse tu già sai il perchè.

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    Un dialogo surreale, sempre meno, in ogni caso, di quello che vedono gli occhi del Teologo. La sua interlocutrice che si moltiplica più e più volte ed arriva quasi a sostituirlo, compenetrarlo.
    Se non sapesse che si tratta di un sogno, la cosa potrebbe destargli qualche sospetto.
    In verità sa benissimo che è un sogno, il suo stesso sogno, ma al momento lo nega. Ma la consapevolezza di dove si trova gli permette di giustificare quello che accade.
    Quaratandue passi fa mi sono perso. Poi ho ritrovato la strada.
    Bisbiglia appena a quel simulacro che si sovrappone alla sua figura. Osserva davanti a sè, ma in realtà potrebbe semplicemente pensare la risposta affinchè questa giunga forte e chiara alla sua interlocutrice. Si muove o forse sarebbe meglio dire che si muovno e sposta la mano a toccare la pietra gelata dello scanno.
    Non ricordo chiaramente come sia giunto in questo luogo.
    In realtà non ho chiaramente idea che luogo sia questo.
    Ma so, invece, benissimo, che qui giungeranno tutti per presentarsi.

    Annuisce muovendo su e giù il nasino che madre natura gli ha donato. Riflette un breve istante riportando indietro la memoria oltre quell'ammasso di luce che impera nei suoi ricordi. Cerca di ricordare chi sia costei che si moltiplica davanti il suo sguardo. Non riesce a darle un nome, un concetto o un dominio. Potrebbe essere chiunque e questo lo turba, come il fatto di sapere che ella sia giunta in ritardo. Troppe cose non tornano, eppure tutto è così perfettamente chiaro.
    Presentati, dimmi il tuo nome così che io possa chiamarti in mio aiuto.
    Volte lo sguardo verso Est, un est molto teorico visto che non ci sono punti di riferimento in questo momento. In ogni caso volge lo sguardo verso un punto in cui, un paio di spalti dietro la figura della donna, vi è seduto un vecchio Signore. Lunghi capelli serpeggiano a mezz'aria, così come i lunghi baffi e la folta barba. Più che capelli e peli sembra trattarsi di lunghi fili d'oro intrecciati che risplendono di una scintillante carica di luce abbagliante. Un'armatura antica dalla foggia romana completa la figura del vecchio muscoloso. Osservare il figuro è complesso, fa lacrimare gli occhi e lascia un flash persistente alla vista.
    Come posso fare con lui, Helios, colui che porta il sole.
    L'anziano sentondo il suo nome si limita ad uno scintillante cenno del capo che illumina tutta la zona per kilometri di sogno. Qualcuno, flashato, magari si risveglierà in questa notte luminosa.
     
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    Il Teologo si mostra confuso. Smarrito. Eppure è pienamente conscio di sè. O così crede. Non sa più distinguere se stesso nonostante riesca a definire i suoi dintorni. La realtà scema nell'illusione ed il sogno permea ogni percezione. Ma egli, architetto di quello scenario, ritrova il proprio ordine dando forma ad un terzo figuro.

    Quarantadue passi fa hai cominciato a cercare chi sei.

    Le quattro figure che lo assediavano da differenti posizioni cominciano ora a sbiadire. Come a sfocare. Tremule ondeggiano, rivelano la propria natura d'immagini. E poi, come due sottili pagine che si separino, come due veline che si rendano indipendenti, le di lei copie raddoppiano. Quadruplicano. Riempiono ogni scranno lasciato vuoto, osservano quel concilio da moltissime angolazioni.

    E in quarantadue siamo noi sono io, una visione per ogni tuo passo.

    Ed ecco che, piano a piano, ciascuna di quelle impressioni si riunisce alla vicina. Si alzano a coppie, a cominciare dai lati dello sperduto Teologo, e di volta in volta raggiungono le successive. Qui si sovrappongono. Riacquistano spessore. L'opacità dei loro corpi si oppone via via la luce che li attraversa. Fino a che, riunitesi le ultime attorno al fulcro che si staglia innanzi, ogni precedente riflesso ritrova corpo e significato nell'origine di quel miraggio.

    Tu desideri che mi presenti, mi chiedi un nome da poter invocare.
    Ma io non ho nome, nè qui nè da dove provengo.

    Il sorriso le si spegne sul volto, gli occhi turchini perdono di lucentezza. Al flash che rimbalza sull'armatura di Helios ella svanisce dalla vista, sfuggendo come mai fosse esistita eppure lasciando un calco sulla pietra che solo un corpo, nei millenni, avrebbe potuto incidere. Un corpo ch'ella non ha mostrato. Millenni che pare incredibile siano davvero trascorsi.

    Sono una parabola. Niente più.

    La voce filtra dalla roccia, dalla sabbia, dall'acqua, dalla luce e perfino dalla carne stessa di chi sta vivendo quel delirio cosciente. Filtra direttamente dalla materia inconsistente di cui tutto è composto. Filtra nell'aria immobile che non dovrebbe veicolare alcun suono.
    Ma di lei più nessuna immagine.

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    Dire che è confuso è poco, pochissimo.
    Si ritrova in un mondo astratto, forse onirico e non sa perchè o per qual motivo. Tutto è privo di senso, il concetto di causa-effetto è distorto e plasmato secondo le leggi della completa casualità. Eppure nonostante questo ha perfettamente in mente il motivo per cui sta avvenendo tutto questo.
    Sbiaditi ricordi di una luce assordante gli tornano alla mente. Ricorda il viaggio di trasmigrazione che ha percorso. Lo ricorda piuttosto bene. Ricorda che si è trovato innanzi l'Altissimo, il Direttore dei Lavori dell'Universo, il Grande Architetto, la Divinità delle Divinità, il Boss, insomma come lo volete chiamare questo semplice umano ha avuto la benedizione di avere udienza con lui. Piccolo dettaglio non ricorda il contenuto, però ricorda chiaramente di aver appreso tanti nomi ed un nuovo scopo.
    Non è più un semplice teologo, ma è il Teologo.
    L'adunata a cui sta prendendo parte è per conoscere, non nel senso biblico (o forse chissà), quei nomi che ha appreso. Quelle manifestazioni che ha imparato a conoscere ed evocare per poter servire al meglio l'Architetto.
    La moltiplicazione, la danza, quelle parole, lo lasciano senza fiato. Non sa bene dove e chi guardare.
    Helios, paziente, attende.
    Sugli scanni, intanto cominciano a comparire altre figure: un grosso serpente piumato tutto arricciato nelle sue spire, un vecchio cavaliere samurai dotato di un grosso arco decorato con argento lunare, uno psicopompo demoniaco che invece del solito remo brandisce un grosso martello.
    Conosce i loro nomi, quindi può dominarli.
    Una parabola?
    Sfugge mentre lo sguardo cerca la figura della donna che rompe i suoi schemi, le sue aspettative.
    Ripete quella parola tra le labbra sottili mentre la mano destra passa sulla testa rugosa.
    Sei un confronto
    Utilizza una delle possibili traduzione della parola e riflette sul senso di questo incontro.
    Ti poni al mio fianco per mostrarmi la differenza. Ma riguardo cosa?
    Cosa vuoi dimostrarmi?
    Cosa vuoi insegnarmi?
    Che illuminazione mi porti, incarnazione dell'allegoria?

    Si alza di scatto e si osserva intorno per ritrovare lo sguardo della donna, sempre che di donna si tratti. Intanto le divinità soggiogate dalla Conoscenza del Teologo si limitano ad osservare.
     
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    Molte domande e molte perplessità. Nessuna adeguata, invero. Nessuna cui si dovrebbe risposta. Scopo del teologo è di ricercare la propria verità nel mistico, di estenderla ad ogni altra verità, di penetrarla nel mondo e da questo elevarla al divino. Ma forse questo Teologo sogna differenti mete e ragiona su altri obiettivi. Forse questo Teologo rifulge di un'atipicità propria ed inalienabile.

    Una parabola. La Parabola. Non v'è differenza alcuna.

    Perchè, a tutti gli effetti, c'è un'arroganza strisciante nei pensieri dell'umano desideroso di conoscere il di lei nome: egli ambisce a possedere, invocare e disporre a suo piacimento delle entità divine con cui tratta -invece che prostrarsi come molti altri farebbero, il Teologo vi si impone per opera della sua propria mente nonchè su spinta della rispettiva, magistrale volontà.

    Così come non vi è separazione tra il tuo ed il mio mondo.

    La voce tuttora proviene da nessun luogo e tutti assieme, riecheggia piatta a quel conclave pur sfoderando tutte le sfumature del caso. La figura che l'uomo cerca non c'è, non è ricomparsa. Eppure, osservando ogni cosa da una differente prospettiva, ella apparirebbe seduta là dov'era sin dall'inizio -su quella seggiola di pietra che s'è incurvata sotto il di lei peso apparente.

    E' questo il confronto a cui ti chiamo. La differenza se vorrai scorgerla.
    La dimostrazione a cui eri cieco e l'insegnamento nel quale traggo forma.

    Ma il suo spiegarsi si fa sempre e comunque sibillino, come sospeso. Non faciliterà il compito all'ospite che ha architettato quel giro di panche nel contesto di un sogno, non svenderà senza affanni il segreto ultimo della sua realtà -non, almeno, senza impegno da parte dell'altro: la di lei essenza è il fulcro del potere che ha acquisito, tra i miraggi che le sabbie sanno evocare per chi vi si cali senza timori.

    L'illuminazione si cela nell'allegoria che incarno.

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    Se prima era confuso, confusissimo. Ed ora?
    Confuserrimo?
    Esiste una simile parola? La mente del Teologo divaga tra il sonno e la veglia. Ha consapevolezze che si intrecciano a dubbi, tanti dubbi. Un momento sembra aver compreso tutto e poi il suo castello diventa di sabbia e filtra tra le mani scivolando via rapidamente.
    Sente quella voce sibillina provenire da nessun luogo, la verità ancestrale dietro quelle parole gli sfugge ancora una volta.
    Ma cosa più importante e che continua a tornare in secondo piano.
    Dove si trova?
    Perchè si trova in questo luogo?
    Perchè tutto questo?
    Perchè conosce i nomi di quelle divinità che ha egli stesso convocato in questo conclave?
    Flash, ricordi e bolle di sapone si intrecciano nella mente in un grande cous cous dal sapore agrodolce.
    Non vi è separazione tra i nostri mondi? Ne sono consapevole. Tutto è interconnesso ed è parte della stessa trama divina.
    Si sposta ora verso la nuova apparizione della donna. Riflette sulle sue parole, sul siginificato profondo. Cerca di seguire una continuità mentale senza perdersi. Non bada al pantheon che ha qui richiamato, bada solo a quella anomalia. Ha appena detto che tutto è interconnesso, ma è veramente consapevole di questa realtà. Non proprio. Ha trattato quelle creature come mezzi, non come persone, come cose, non come parte di una stessa esistenza.
    E' questo il messaggio profondo che vuole impartirgli la Sintesi che ha davanti a sè.
    Gira intorno il pozzo di non stelle e si porta davanti la Parabola.
    Tu, io, siamo frammenti, spigolature di uno stesso viso.
    Si sfiora il viso e poi esitante la mano destra si allunga verso quella della donna.
    Intanto una forza sinistra cominicia ad attirare il Teologo indietro, una malia, un richiamo ancestrale di nome Malestrom.
     
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    Si può dire ch'ella trae giovamento dal torturare quest'Ego inconsapevole della realtà che sta vivendo? Si può perpetrare la suddetta barbarie ai danni della psiche -e della vana logica- per mezzo delle quali il Teologo cerca di farsi scudo? Ed è forse saggio amministrare con pieno diletto un divertimento che a tratti vuol farsi massima filosofica nonchè essenza del reale stesso?

    Non mi stupisce tu comprenda e al contempo manchi di afferrare la verità.

    Se prima la figura violacea ha sorriso e ha ghignato -se il di lei volto, come d'eterea ceramica- s'è piegato in smorfie ed espressioni tipiche dell'umana stirpe, ora a maggior ragione si ravvederà sul suo viso un bonario moto di compassione, come quello d'un genitore (o d'un maestro) che sia fiero dei progressi che nota ma, cionondimeno, serbi la consapevolezza ch'essi rappresentino soltanto una vittoria limitata -che molto altro, infinitamente altro, abbia ancora da venire.

    Ma ogni Evento deve attendere l'Era propizia e -forse- il tuo Ego non è pronto per l'Epifania cui sei chiamato.

    Per contro nessun timore all'avvicinarsi del suo ospite, nessuna reazione al disequilibrio che quello produce nell'oltrepassare il pozzo al centro della scena fino a stazionare innanzi alla propria figura: il Teologo non può lambirla nell'intimo poichè non annovera tra i propri concetti quello fondante la Parabola stessa. Similmente, egli saprà afferrare solo la proiezione di cui ella dà prova, mera forma dell'illusione cui tutti i non-illuminati sono loro malgrado chiamati.

    Rammenta allora ciò che altri ti hanno già insegnato: che un solo sguardo non è mai abbastanza ma che molti occhi son spesso mendaci ed ancor più infedeli.

    L'ultimo avvertimento ch'ella riserba al confuso sognatore ha la parvenza di un consiglio d'indagine e di diffidenza, d'autonomia e di comunione, nonchè di assoluta riflessione nei confronti di un mondo oscuro ed ingannevole. Nessun accenno -almeno di primo acchito- alla giustezza di cui l'uomo si fa araldo, nessun premio -a parole, s'intende- circa il chiarore or ora profferito.
    Eppure, non appena quello oserà sfiorare il volto della Parabola -non appena le di lui mani cercheranno di prender contatto con un concetto incarnato- la figura violacea destinataria dei suoi ragionamenti s'infrangerà in un'unica nota cristallina (in quello che è l'inconfondibile suono di un risveglio): delle apparenze della donna non rimarranno allora che frammenti, cocci di lusinghe e brandelli di miraggio i quali -sfumando in un ricordo assalito da dubbi d'irrealtà- vedranno sparire i due convitati richiamati ciascuno al dominio di rispettiva appartenenza.

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    Se è nel tuo interesse, puoi sottoporre in Revisione il presente artefatto (e variarne la descrizione e/o gli effetti secondo le modalità, gli eventuali aggiustamenti ed ogni altra modifica tecnica richiesti in quella sede):

    Fragment
    FRAMMENTO D'ILLUMINAZIONE
    Un ricordo del tuo primo incontro con la Parabola, ovvero un ninnolo cui affidarti in tempi di dubbi o perdizione: si presenta come una scheggia vitrea di ridotte dimensioni, leggera ma affilata, trasparente pur con una leggera sfumatura violacea. Apparentemente non ha alcun utilizzo ma, se avrai il coraggio di stringerla senza timore di ferirti, il sangue che cola e stilla attraverso di essa è in grado di svelare la natura ultima degli oggetti con cui prende contatto, vanificando eventuali illusioni.
     
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    Avete mai cercato di stringere la sabbia in un pugno? Scorre via, sfugge e lascia solo un vago ricordo di sensibilità alla mano. Eppure, il vero problema è la conoscenza. Se uno conoscesse, comprendesse, potrebbe provare a bagnare la sabbia per renderla più compotta e quindi facilmente trasportabile. E questa è solo una delle tante possibili soluzioni.
    Ego, al momento, versa in una condizione di ignoranza e continua a cercare di stringere la sabbia a mani larghe senza alcun risultato.
    Le parole sibiline di quell'illusione lo confondono e la turbano ancora di più, ma è solo all'inizio del suo cammino ed ha ancora ampio margine per poter approfondire la sua conoscenza.
    Lo ricorderò sicuramente strana creatura.
    Un giorno, quando il mio cammino sarà avanzato, ti cercherò ancora.
    E finalmente mi dirai il tuo vero nome.

    E così lento si avvicina alla figura della donna. Una mano esistante si allunga verso di lei sotto lo sguardo intrecciato di tutte quelle divinità che sono state richiamate qui dalla volontà del Teologo. Lo osservano, lo giudicano, lo analizzano.
    La mano sfiora il viso della Parabola in un rompersi di cristalli tintinnanti.
    Sente la volontà, la consapevolezza che serpeggia nella sua mente e lo trascina via, lontano. Inciampa, crolla, cade e viene risucchiato da quella specchio che non è specchio ma è realtà.
    Il Semipiano richiama a sè il Teologo che viene così trascinato.
    Un nuovo capito della sua vita ha, ora, inizio.
     
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