Di sabbia e di fuoco, narreranno

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    In quel dì, di caldo e torrido mese, e luogo, l'ora s'apprestava al pomeridiano, da poco invero passato. Dopotutto a non molta distanza di cammino dalla città sotterranea, su di una roccia, alta come due uomini posti in piedi sulle spalle d'un terzo, siedeva con una gamba ripiegata e l'altra distesa nel vuoto, il cavaliere. In nera armatura, che al cospetto del sole riluceva d'ombra, egli ammirava l'immensità del deserto che gli era stato donato e presentato dal destino, dal fato. Dal di dietro dell'elmo, la visiera che nascondeva lineamenti ed occhi, non si perdeva nulla dello spettacolo che la natura gli poteva offrire, mentre in silenziosa attesa rimaneva, aspettando che il sole ricadesse oltre l'orizzonte ed il tramonto quindi iniziasse; e che quest'ultimo gli mostrasse, poi, la via da seguire, verso la prossima tappa.

    Dalle nuvole soavi, sospinte dal delicato vento, ivi granelli di sabbia filtravano negli interstizi, ai cactus ed altre rade e rare forme di vegetazione, ponendo all'animale la sopravvivenza il nascondere la testa al di sotto della terra; cuocendo le ombre stesse, da lassù l'astro primeggiava e governava su quel reame che lui stesso manteneva tale, senza che nessun potere terreno gliene potesse privare.

    Insensibile alla calura che lo circondava, sulla quale il Silenzio aveva calato, godeva dei muti suoni circostanti pronto tuttavia a porre fine ad ogni intrusione; il solo ponderare che qualcuno o qualcosa potesse interrompere il suo contemplare dell'immensità, ed il perdersi nell'azzurro e nel dorato, risultava ad egli inammissibile, impossibile, inaudito; e tuttavia s'era preparato per l'eventualità, e non avrebbe opposto resistenza se non dopo che si fosse palesato l'impedimento e l'ostacolo come tale; perdurando ed opponendosi al desiderio ed ai sogni, rompendo il veto ed infrangendo il divieto.

    Poiché esistono diversi tipi di silenzio, dal muto singolo all'insieme di tante voci sovrapposte che divengono nulle, il suono bianco e colorato, ed il Silenzio che interrompere è peccato.

    Eppur, in taluni casi, diviene necessario e imperativo farlo, cosicché in quel rompere il sigillo si possa ottenere liberazione ed un proseguire delle azioni.

     
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    Osservava dall'alto il desertico paesaggio, scrutando con occhi curiosi il terreno sbiadito e punteggiato da macchie verdastre di rada vegetazione. La steppa si stendeva verso ogni lato, lasciando immaginare cosa si trovasse oltre l'orizzonte infuocato. Rynnelthalas non si curava del calore del sole sulle scaglie brunite, anzi, si godeva il piacevole tepore delle correnti celesti. Erano giorni che cercava segni di civiltà nel Presidio Meridionale. Aveva incrociato solamente gruppi di beduini, larghe carovane e rari viaggiatori solitari nel suo lungo volo. Eppure sapeva, perché lo aveva saputo proprio da uno dei suoi interlocutori occasionali, che esisteva un luogo sepolto sotto le montagne del Sud, una città sotterranea che offriva molto a chi era così coraggioso da attraversare le ostilità del viaggio pur di raggiungerla. Il grande drago, la cui figura si stagliava sul cielo, iniziò ad atterrare quando percepì che qualcosa nell'aria stava cambiando. Venti più freddi spiravano dal basso, correnti d'aria insolite che potevano significare qualcosa di interessante. Posò le zampe posteriori con grazia, e si lasciò andare al terreno duro e ruvido, schiudendo le maestose ali e Sbuffando silenziosamente. La lingua biforcuta saettò fra le sue grandi fauci mentre saggiavano la consistenza dell'aria. Occhi dorati e luminescenti scrutarono il circondario, mentre grandi monili lucenti tintinnavano dalle sue lucide corna nere. Se si accorse della presenza del cavaliere, non ci è dato saperlo. Forse lo ignorò, nonostante il suo punto di osservazione non fosse molto lontano dal luogo dove Rynne era atterrata. O forse non ci fece caso, perché non assunse la sua forma umana, quella che era solita usare quando si relazionava con i mortali di Endlos. Invece, iniziò a compiere larghi cerchi, annusando l'aria e cercando la fonte delle correnti d'aria fresca, che provenivano di certo dal suolo, o com'era più probabile, da qualche grotta o fessura.


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    Mirando e rimirando, di spettacoli della natura e del creato, d'una bellezza che nell'aria si agitava immensa e splendente; con ali possenti e scaglie di fuoco, ornata da gioielli e ninnoli preziosi, la bestia sorvolava l'area creando giochi di luci e di ombre sulla testa del cavaliere. E poco distante da questi, ella atterrò.

    E lui, la guardò.

    Disegnando nuvole di calda sabbia e venti di fredda tempesta, lasciò enormi ombre sul terreno ad ogni movenza, nel mentre che la lingua e gli occhi osservavano per lei le circostanze. Dal punto di vista della sua altezza poca distanza v'era, poiché entrambi riponevano il proprio capo al di sopra di diversi metri dalla terra: circa cinque per lei, e tra i sei e i sette per lui.

    Sarebbe potuto sembrare irrispettoso ergersi più in alto d'un simile essere? Ed anche in caso di risposta positiva, lo sarebbe se ciò fosse solo mera coincidenza inconsapevole?

    Lui, la osservò, incuriosito, in silenzioso rispetto, come per attendere che lo notasse, o che proseguisse per la sua strada. D'altronde, egli non riconosceva un simile essere, e mai ne ebbe sentito parlare, poiché nel suo mondo d'origine i draghi non esistevano e non esisteranno mai più.

    E lei, lo notò? Lo avrebbe notato? Odori di metallo, di carne inumana, di altri universi e dimensioni; sapori di sangue impossibili da eliminare.

    E quindi rimase fermo, immobile, senza dimostrare istinti, ira, o intenti malvagi od aggressivi d'ogni genere, nella più completa quiete e calma, mostrando sol attenzione per quello spettacolo gratuito che la natura gli stava offrendo.

     
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    Percepì un odore metallico, e voltandosi verso l'alta colonna naturale di pietra, lì lo vide, un cavaliere vestito di tutto punto, le cui fattezze erano nascoste da un elmo completo con giusto qualche fessura. Lo osservò a lungo, dal basso dei suoi cinque metri di altezza. Troppo tardi per cambiare la sua forma draconica, si erse in tutta la sua maestà e spalancò le fauci, dalle quali uscì una voce femminile, ma piena di potenza e riverbero.
    «Salve, creatura. Sento in te l'odore della battaglia, ma confido tu non voglia attaccare briga con me.»
    Ebbe un approccio calmo ma perentorio, parlando con autorità. Si sentiva sicura, dopotutto chi vorrebbe combattere contro un drago divino dalle sue colossali dimensioni? Nessuno l'aveva mai sfidata dal suo arrivo su Endlos, e continuava a pensare che la cosa non sarebbe cambiata per tutta la sua permanenza su quel nuovo mondo. Allontanò il capo dal cavaliere cercando intorno a sé altre informazioni importanti.
    «Dimmi» aggiunse, «conosci l'ubicazione della grande città sotterranea? La cerco da giorni.»
    E continuò a sondare con lo sguardo luminoso tutto il circondario.

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    Nell'immobilità del suo rispettoso e contemplativo silenzio, il cavaliere non mosse muscolo all'avvicinarsi dell'altrui. Egli, limitandosi ai soli movimenti celati dall'armatura, sondò con lo sguardo la creatura che verso di lui si volse, ed all'udire una voce femminile ma potente non si scompose comunque; non sarebbe bastato ciò per porlo in situazione di paura, di terrore, o di fuga, poiché nelle proprie doti e nelle capacità del Silenzio confidava ciecamente, ed un simile essere per lui risultava invero sol fonte di curiosità e disappunto; per l'aver interrotto quel suo quieto vivere, ma anche per aver creato il gioire che in lui nasceva e cresceva.

    "Lieto. Di incontrare qualcuno come voi."


    Ed a quella enorme rappresentazione della natura parlo, rispose, la voce del lago; calma come acqua che giace, limpida, macchiata da parole che come sassolini creano increspature.

    "Merovish. Vi sono stato, posso condurvi."


    Non si chiese come cosa sarebbe potuto avvenire, non si chiese se avesse intenzioni buone o cattive nei confronti suoi e di quel luogo, non si chiese cosa sarebbe stato o cosa avrebbe ottenuto. Semplicemente, rispose, con sincerità.

    "Creatura. Cosa siete."


    Chiara, senza crepature o tremolio, si espresse per dare, e per ricevere.
    Ed in un attimo tutto cambiò, nel mentre che il vento spirava in avanti ed i minuti trascorrevano, la mente vagò e si allontanò, lasciando il posto a chi per allora non arebbe dovuto esistere, e cedendo le redini a quell'essere alieno, alla maledizione, la congiura del Silenzio.
    E tutto, cambiò, ma nulla si mosse.

     
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    «Sì, ne sei lieto?»
    Il drago spostò nuovamente la sua attenzione sul cavaliere, avvicinandosi di qualche metro in modo da poterlo osservare meglio. Se dapprima non aveva colto il suo interesse, man mano che quella conversazione proseguiva, la curiosità aumentava. Non sentiva l'odore della paura nella creatura più piccola, e questo era strano, inconsueto.
    «Questo aspetto non ti spaventa?»
    Spalancò le ali e si drizzò sulle zampe posteriori guadagnando un altro metro e arrivando più o meno all'altezza del suo volto coperto. Quella figura era ancora più maestosa in quella posizione.
    «I mortali sono spesso destabilizzati dalla mia forma, perché sono immensa e simile a un grande rettile.»
    Si riportò su tutte e quattro le sue enormi zampe, artigliando il terriccio e chiudendo le ali ancora una volta. Sospirò, e aria bollente scaturì dalle sue narici, creando un riverbero di fronte a lei.
    «Merovish è il suo nome? Sì, conducimi lì, bramo vedere la meraviglia sotterranea e conoscerne i suoi abitanti. E nel frattempo mi dirai chi sei, perché amo ascoltare le storie dei mortali. Inizierò io a rispondere alle tue domande. Io sono Rynnelthalas, figlia degli dei, e un tempo custodivo l'equilibrio nel mio mondo. Sono stata maestra, guardiana e regina. Su Endlos sono un'osservatrice ed esploro le terre alla ricerca della conoscenza di questo piano. »


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    Il Silenzio non prova paura, il Silenzio non ha coraggio, il Silenzio non è curioso; il Silenzio, non è vivo.

    "Lieto. Spavento. Sono, no, è metafora, mero termine, privo di vero ed autentico significato."


    Ciò che provava, era semplicemente un ricordo, emozioni senza sentimenti, in un infinito loop di energie perse e guadagnate. Osservava ogni mossa della figlia degli Dei, studiandone l'aspetto, i movimenti, il carattere; i colori che nascondevano la verità.
    In un muto susseguirsi di domande e risposte, i quesiti si accumulano l'uno sopra l'altro, ponendo inizio e fine alla montagna che si veniva a creare.
    Il suo mostrarsi nella più completa grandezza, innervare la grandiosità fin nel più profondo delle menti degli stolti che ne guardavano le illusorie creazioni; questo ed altro era Rynnelthalas, creatura di divina origine, presentatasi come esploratrice ed osservatrice.

    "Curiosità. Desiderio. Ciò che provo è solo lontanamente riconducibile a queste parole, che devono ma non dovrebbero rinchiudere significati così tanto enormi."


    Il cavaliere, s'alzò in piedi.

    "Merovish. Ti condurrò all'ingresso, ma non posso garantire che tu riesca poi a penetrarlo, con le tue dimensioni ed apparenze. O che non provocherai realmente terrore nelle menti degli abitanti."


    Volse lo sguardo al cielo, inoltrandosi nel cocente e luminoso sole, vagando nell'astro, ed egli era e sarà testimone di quel che avverrà, dell'inizio di un nuovo disastro o del susseguirsi di eventi.

    "Lieto. Lo sarò ancor di più se, oltre a rivelarmi cosa tu sia, tu stessa racconterai la tua, di storia, poiché anch'io bramo, di sentire ciò che puoi narrarmi. E se sei stata maestra, forse potrò da essi imparare qualcosa, o di più."


    Fece un passo avanti, nel vuoto.
    Non cadde; scomparve.

    "Black."


    Ricomparve, insieme alla sua voce, ai piedi della colossale creatura, dandole le spalle, e continuò come nulla fosse a parlare; con quella sua voce limpida e cristallina, chiara e sincera.

    "Così mi hanno chiamato, perduto nell'ignoto e nelle dimensioni, nell'infinito susseguirsi di mondi, alla ricerca di una verità che non mi attende, e di coloro che a tutto ciò mi hanno portato."


    Si volse all'indietro, la guardò negli occhi, a ruoli inversi rispetto a poco prima eppur più naturali data la differenza d'altezza.

    "Ricercatore. Io questo sono, se voi siete osservatrice ed esploratrice. Guerriero, e non, che cerca qualcosa che non è."



    Silenzio - Inseguimento
    E' veloce, troppo veloce, il silenzio si muove con la velocità di una parola. In un istante ti è addosso, e non potrai sfuggire alla condanna.
    (scatto rapido basso)

     
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    Parlava per metafore, o così diceva il cavaliere, e Rynne comprese che dietro quell'armatura si nascondeva una personalità forte e fragile allo stesso tempo, priva dei comuni sentimenti che caratterizzavano gli esseri umani. La sua curiosità crebbe ancora. Chi o cosa aveva influenzato quel mortale al punto da trasformarlo fino a quel punto? Era vero quel che diceva, oppure era la macchinazione di uno sbruffone? Rynne escluse quella possibilità perhé era solitamente molto brava nel riconoscere le menzogne.

    Lo perse di vista, sentendolo alle proprie spalle. Il drago voltò la sua enorme massa per ritrovarlo ancora una volta, più in basso.
    «Un trucco curioso» sussurrò la bestia, annuendo con il grosso capo. «Non preoccuparti. Nessuno degli abitanti di Merovish proverà terrore. Osserva.»
    Così enunciando, Rynne iniziò la sua trasformazione. Il corpo si rimpicciolì velocemente, le zampe divennero arti, le squame si sciolsero in una pelle candida e morbida, le fauci divennero un viso femminile di dolce innocenza, le ali scomparvero nella schiena, come se si fossero fuse in quella nuova forma. Al posto dell'imponente drago, v'era una bellissima fanciulla elfica dai capelli rosso fiamma, che manteneva della sua vera forma due paia di corna lucide e occhi luminescenti, dorati e profondi. La ragazza camminò placidamente fino a raggiungere il fianco di Black, e continuare così il loro cammino.

    «Dunque sei un naufrago anche tu, capitombolato in questo crogiolo di caos e incertezza che è Endlos. Non so se dispiacermi per te o esserne lieta, dato che non ho ancora ben compreso la natura di questo mondo.»
    Sospirò, la sua voce era melodiosa e dolcissima.
    «Ti dirò di me, in modo da placare la tua sete. C'è stato un tempo in cui gli dei viaggiavano di mondo in mondo, lasciando dietro di sé meravigliose creazioni. E così fecero nel mio mondo. Io sono stata creata come guardiana, perché i mortali avessero in me una guida e un consiglio. Gli dei ripartirono, lasciando me e i miei fratelli a proteggere le nostre terre dai mali che provengono dalle altre dimensioni.»
    Evitò di raccontare la deludente fine della sua reggenza, quando rifiutò il suo ruolo per abbandonare i mortali della sua Valle, resi diffidenti e ostili dalle parole di falsi profeti. Non amava quella parte.
    «Endlos mi ha rapito al mio mondo. Cerco un modo di tornare indietro, ma nel frattempo mi ambiento in questa nuova dimensione, per cercare di portare equilibrio e vita anche qui. Confido ci sia un motivo più grande per cui veniamo portati in queste terre.»


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    Uno dei doni che gli dei hanno fatto al nobile drago è quello di poter assumere una forma simile a quella dei suoi sudditi, in modo da poter girare in mezzo a loro. La sua nuova forma ricorda alcune delle sue qualità draconiche a causa delle corna e degli occhi dorati, che rimangono tali e quali, anche se adeguati alle nuove dimensioni, ma per il resto Ryn appare come un'elfa dal corpo femminile e giovane, con una voce suadente e melodiosa.

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    Un trucco curioso fu anche quello praticato della figlia degli dei, che da bestia divenne umana. Di forme piacenti e suadenti, attirerebbe più d'uno sguardo dagli umani che al suo cospetto si ritroverebbero, se ve ne fossero; il Silenzio di quella specie ben poco ha, se non l'apparenza delle dimensioni contenute ivi nell'armatura. E tuttavia ne è... affascinato? Forse tuttavia, in verità, potrebbe ricordare, rimembrare, d'altri tempi e dimensioni, d'un altra ragazza che in un lontano passato siedeva al suo fianco.
    Memorie, di quel che fu, offuscarono la di lui mente per diversi istanti; oscurarono la sua vista, ed egli più non vide la signora del fuoco, ma bensì una bianca figura, ornata di lunghi e candidi capelli.

    E gli occhi vennero bagnati dalle lacrime.

    Poi, tutto taque. Il silenzio prese piede, si diffuse, nella mente e nei ricordi; cancellò, tutto, e niente rimase se non il vuoto.
    E la malinconia cedette il passo al Silenzio del nulla, ed al nulla diede forma il Silenzio.
    Dimentico delle sensazioni, il cavaliere proseguì nell'ascoltare le parole di femminea voce che gli giungevano fin nel profondo, dentro e sempre più giù, inconsapevoli lei e lui degli effetti futuri di quel che stava avvenendo in quel per loro presente.

    "Curioso. Anche il vostro trucco lo è, divina creatura."


    Non nelle sue limpide parole disonore, derisione, ironia, sol sincerità e rispetto, per colei che di fronte si ritrovava. Ed egli gli porse l'inchino, con busto piegato e braccia conserte agli opposti di quest'ultimo, poiché in quella forma riconosceva più di prima la regalità d'ella, e tutto il seguito che ne derivava, e ne era derivato nel mondo d'origine.

    "Naufrago. Forse, o forse no. Se il significato di cotale termine m'è noto, non lo sono."


    Insinuando il dubbio nella propria mente, e di rimando nell'altrui, egli riponeva speranze e domande, quesiti e disappunto, nell'etichetta che pareva essergli stata affibbiata. Replicando alla dolce e melodiosa voce con la calma e la limpidezza che sempre lo contraddistinguevano, il cavaliere proseguiva nel muto osservare silenzioso le forme e la natura dell'interlocutrice, vagando con sguardo celato riponendo oltre ciò che vedeva fin nell'ignoto la curiosità.
    Iniziò a camminare, sapendo che sarebbe stato seguito a breve distanza, alla volta di Merovish, e di quella uscita ed entrata ch'egli aveva scoperto di suo pugno e dalla quale era uscito quel dì.

    "Dei. Capaci di grandi meraviglie, o di immensi disastri. Siete stati, forse fortunati, tu, il tuo mondo, e i tuoi fratelli."


    Commentò ad ogni parte, col proprio punto di vista, sfatando miti e leggende, insinuando i dubbi e le metafore, raccontando del suo trascorso e di ciò che lo aveva portato su quelle lande desolate.

    "Casa. Non ho un motivo per tornare indietro, e non troverei nulla, ad attendermi, se non il"
    - Silenzio. -


    Ed esso per qualche istante ricadde negli immediati dintorni, zittendo tutto e tutti, ammutolendo la natura ed i due astanti, dal passo al respiro, alla voce stesssa, finché tutto ed ogni suono non ricomparve assordando con la sola esistenza. Quella parola, singola, intrisa di potere, energia, portava con sé il concetto stesso della distruzione e della creazione, insinuando ciò che in ogni centro si celava, rivelando il contenuto delle parti non dette, svelando l'esistenza che non doveva esistere.

    Ed egli non si fermò, e continuò a camminare.

    Silenzio - Inudibile
    In loco, nel dintorno dell'essere, suono d'ogni origine diviene meno che flebile sussurro: scompare, nel nulla, come inesistente. Nessuna voce può essere udita, nessun passo può venire seguito. Vi è solo il silenzio più profondo.
    (7m x medio)

    (illusione media uditiva di silenzio)

     
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    I suoi occhi si velarono di un'espressione indecifrabile.
    «Quindi anche tu, come me, cerchi di capire.»
    Le sue parole si spensero in un sussurro. Continuò a camminare, raccogliendo i pensieri, prima di rispondere a quel misterioso viaggiatore.
    «Quattro sono i presidi che formano questo mondo, più uno centrale, di cui ancora conosco poco. Nord, Sud, Est e Ovest, ciascuno governato da un Alfiere, una figura che con la sua forza di volontà mantiene stabile Endlos. Ogni presidio, da quanto ho potuto riscontrare, ha una sua natura differente, e che questo sia dovuto all'Alfiere che lo presiede, questo non mi è ancora dato saperlo. Ho visitato tre presidi fino ad oggi, ma non mi sono ancora fermata stabilmente in nessuno di essi. Il mio desiderio di conoscere e di sapere mi spingono continuamente in viaggio. Su Endlos, altro non ti posso dire, se non che è abitato da numerosi naufraghi, figli di altri mondi lontani, catturati con o contro la propria volontà dal caos di cui Endlos si nutre ed è composto.»
    Sospirò, cercando nella sua memoria altre informazioni. Non ne trovò. Ma appoggiò una mano benevola, dita dolci e leggere, sulla spalla del cavaliere.
    «Non ti affliggere cercando di comprendere i piani degli dei per i mortali. Ci sono cose che vanno al di là delle nostre percezioni e fantasie. Nemmeno io, con la mia natura divina, riesco a predire il futuro o a leggere la complessa trama che unisce tutti gli universi. Non sono stata creata per questo, temo. Perciò non mi pongo questo problema, finché non avrò indizi su cui concentrare la mia attenzione.»
    Le dita scivolarono giù, lasciando andare quella breve carezza. Rynne era una creatura benigna, che non restava indifferente alla sofferenza altrui. Perciò sorrise al cavaliere, non sapendo se il suo affetto disinteressato sarebbe stato accolto o meno. La cosa, dopotutto, non le importò: non lo faceva per avere qualcosa in cambio, era spinta unicamente dalla sua natura.
    «Non ti affliggere» ripetè, «ma pensa al presente. Il passato è dei morti, il futuro è degli dei, ma il presente è tuo. Fanne tesoro.»



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    Edited by Elsarin - 7/4/2018, 16:36
     
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    Il religioso silenzio dei due, non fu interrotto, da nulla, per un passo, due, tre; trascorse un tempo infinito e breve insieme prima che il cavaliere decidesse che fosse giunto il momento; ed egli, parlò.

    "Informazioni. Naufrago non sono, eppure lo sono, poiché di questo mondo poco e niente conosco, si farebbe invero sicuramente prima se voi, figlia degli Dei, diceste a me tutto quel che sapete."


    In lontananza, esseri dalle dimensioni paragonabili a quelle che poc'anzi possedeva la donna, si davano battaglia. Colossali creature, di pietra e di roccia, ponevano in caccia l'altrui territorio, poiché avevano entrambi decretato che il silenzio sarebbe calato sulla vita e sul regno dell'altro. Il clangore dei loro colpi giungeva fin lì, alle orecchie dei due, senza impensierirli.

    "Due. I giorni, ecco il tempo che è trascorso, dal mio giungere in questo deserto, ma presto lo lascerò, per cercare la verità."


    Affondando nella sabbia i piedi, con lo sguardo diritto di fronte a sé, egli guardava il futuro alla ricerca della tappa successiva; forse proprio quella bestia in forma umana avrebbe potuto fornirgli la risposta, al quesito fondamentale che da qualche minuto gli vorticava nella testa, e forse proprio lei avrebbe fatto calare nuovamente il silenzio, sui suoi pensieri.
    Si fermò, e sol col capo si voltò verso di lei.

    "Verità. Per quale motivo, gli Dei, concedono arbitrariamente ad alcuni mondi, ad alcune civiltà o razze, o specie, o universi, le facoltà d'annientarne altri?"


    Pose una domanda, imperativa, con la sempre calma e limpida voce, il tono però diverso del solito; le parole ricolme di più punte di curiosità e mestizia, d'una tristezza e rassegnazione tali che persino il Silenzio non sarebbe, stavolta, riuscito a celare.

     
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    Di sabbia e di fuoco, narreranno

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    Narrato - «Parlato»


    Assecondò la richiesta del cavaliere.
    «Va bene, ti dirò quel poco che ho scoperto.»
    Sospirò, e aria bollente fuoriuscì dalle sue rosee labbra.
    «Endlos è un mondo caotico, governato dal caos e retto dalla forza di volontà di pochi individui chiamati Alfieri. Costoro presidiano i quattro cardini del mondo, i presidi Nord, Sud, Est e Ovest, ciascuno dei quali vanta delle proprie caratteristiche uniche, dovute probabilmente a qualche capriccio del proprio signore, o di questo strano mondo.»
    Sembrò parecchio contrariata, di certo qualcosa non le andava a genio e non cercava di nasconderlo. Ma la sua espressione cambiò rapidamente percependo una certa mestizia provenire da Black. Una mano si mosse per accarezzargli la spalla, un gesto forte ma al tempo stesso gentile, lunghe dita affusolate premettero sull'armatura per trasmettere la sensazione di un tocco.
    «Non spetta a noi porci queste domande. Solo gli dei possono comprendere la trama dell'universo in modo perfetto. Nemmeno io, che sono di razza divina, so rivelare la verità che cerchi. Nella loro saggezza, o forse follia, alcuni dei hanno deciso di essere benevoli con alcuni e crudeli con altri. È la ruota del mondo che gira. Cerca piuttosto di vivere nel presente, perché il passato è dei morti, il futuro degli dei, ma il presente è solamente tuo.»
    La mano scivolò giù e nuovamente si creò silenzio fra loro.


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    Uno dei doni che gli dei hanno fatto al nobile drago è quello di poter assumere una forma simile a quella dei suoi sudditi, in modo da poter girare in mezzo a loro. La sua nuova forma ricorda alcune delle sue qualità draconiche a causa delle corna e degli occhi dorati, che rimangono tali e quali, anche se adeguati alle nuove dimensioni, ma per il resto Ryn appare come un'elfa dal corpo femminile e giovane, con una voce suadente e melodiosa.

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    L'ipotesi. L'ipotesi del nascente dilemma.
    Al tocco della di lei mano, il cavaliere volse lo sguardo; sorpreso, curioso, inconsapevole di cosa esso nascondesse e di cosa la avesse spinta a quel gesto. Poich'egli nulla più provava, e sulle emozioni era caduto il silenzio, non comprendeva la ragione; per lui, tutto ciò era, non ignoto bensì incomprensibile.
    E per questo non si fermò, non smise di camminare, e non reagì.
    Il silenzio che per la donna aveva un significato, per lui ne assunse tutt'altro.
    E presto lo interruppe, dopo aver riflettuto sulle spiegazioni, e sulle informazioni ricevute.

    "Alfieri. Sarà mio compito, come d'altri, conoscerli e sfidarli."


    Per il diritto di vivere e di reagire, per il diritto di resistere ed esistere. Poiché loro erano gli Dei di quel mondo, e come tali dovevano dimostrare di esserne degni.
    O cadere nel tentativo di redimersi.
    Il cavaliere prese una decisione, importante e non priva di conseguenze, e dalla quale sarebbero scaturite tante scelte diverse. Scelse il proprio destino, e ne restò imprigionato.
    Non v'era rabbia, tristezza, delusione, ironia o sarcasmo nella sua voce. Sol calma, piatta e silenziosa calma, che dello stagno intonso fece metafora, e del ruscello sfogo.
    Si fermò, e si volse per rimanerle di fronte.

    "Ringrazio. Le tue parole sono, saranno, e sono state utili. E se non hai altre domande..."


    E qui, allungò un braccio per indicare una direzione, uno sperone roccioso, visibile non molto lontano dalla loro posizione. Pochi minuti ancora di cammino, e lo avrebbero raggiunto.

    "L'ingresso è lì. Non v'era anima viva quando lo attraversai, sfocia in una grotta che si ricollega alla grande città. Non è la porta principale, ma non è nemmeno inagibile."


    Ricomponendosi, diritto e solitario, fissò negli occhi la bestia umana; per pronunciare l'ultima sentenza, e porre un arrivederci od un addio a quell'incontro.

    "Sarai sola. Io, tornerò dove ci siamo incontrati, per porre fine alla giornata, e riprendere ciò che lascia."



     
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    L'uomo - se umano lo era per davvero - non protestò per il tocco gentile di Rynne, e la draghessa lo interpretò come un assenso da parte sua. Continuarono a procedere, mentre nuovi concetti si palesavano. E così, Black voleva sfidare gli alfieri. Erano delle divinità, su quel mondo, per quanto di natura mortale, e di sicuro avevano una grande forza di volontà per mantenere salda la trama dei presidi.
    «Fai ciò che desideri, ma non mettere a rischio l'equilibrio di Endlos. Gli alfieri sono necessari.»
    Un avvertimento, nel caso che la sfida desiderata dal cavaliere potesse portare a drammatiche conseguenze. Il drago non era un protettore degli alfieri, ma dell'equilibrio, e la perdita di un custode poteva significare solamente il caos.

    Raggiunsero uno degli ingressi di Merovish. Fu lì che la loro strada si interruppe.
    «Grazie per avermi fatto da guida. Ti auguro di trovare la verità che cerchi. Addio, Black.»
    E così, lo salutò con un cenno del capo, prima di vederlo andar via e lasciare a sua volta l'aria aperta, per dirigersi nelle profondità della città sotterranea.

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    L'equilibrio, era cosa assai precaria, presto e facilmente corrotto da entità esterne o interne al mondo, poiché esso stesso è artefice ed esecutore. Dell'inizio e della fine del tutto.
    Così, allo stesso modo, giunse il momento del salutare la bestia in forma umana che l'aveva accompagnato, e che lui aveva condotto all'imbocco del suo di lei destino.

    In quel deserto, un cavaliere ed un drago avevano condiviso pensieri e idee, portatrici di speranze e fondamenta di quel che forgerà il futuro di entrambi, ed avevano trovato risposte e sentieri tracciati da altri.

    "Grazie. A te, delle risposte, e addio, Rynnelthalas, figlia degli Dei. Possa la tua strada trovare profitto, e congiungersi all'anima del mondo."


    E, in ricambio al cenno del capo, il cavaliere compì lo stesso medesimo, ed il contratto fu siglato.
    E quando i due si volsero, l'uno dando la schiena all'altro, il silenzio fra loro ricadde, e nulla più si poté sentire se non la natura che correndo s'apprestava a gioire.

    Lei, entrando nella città sotterranea, avrebbe trovato pane per i propri denti, e più di un modo per forgiare sé stessa e la sua di lei anima.

    Lui, ritornando indietro, ripercorrendo i propri passi, sarebbe risalito su di quello sperone di roccia, e lì avrebbe osservato l'immensità dell'universo corrergli intorno inesorabile. E chissà, forse, in tutto ciò, avrebbe individuato finalmente una strada che lo avrebbe condotto in avanti, dirimpetto all'incontro col primo degli Dei di quelle lande.

    Poiché il futuro non è scritto, e le divinità non sono eterne.

     
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