Devil With The Kings Card

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    L'oste era grosso come un orso e con un girovita pari a quello di un barile, con braccia spesse quanto le incudini usate dai fabbri ad ovest e la faccia bruciata dal sole come i mercanti del sud. Fin da subito si era rivelato scostante, ma non aveva dato noie a Denver ed infatti il suo pub era di quelli usati come zona franca, ci vanno quelli che non cercano problemi e nemmeno hanno intenzione di trovarne. Non era il luogo più chic del mondo, ma quanto meno era tranquillo, anche di sera. Però c'era un motivo: in quel locale, se cerchi problemi o se sono i problemi a cercare te, di solito sei fuori in meno di un minuto, fra i due gemelli buttafuori con sangue di ogre nelle vene all'ingresso e quel colosso al bancone. E l'istinto avrebbe avvisato Denver che era il suo momento di levarsi di mezzo fin da subito, appena il barista si avvicinò al tavolo dove si era seduto da un po'.

    « Qua fuori ci sono i fratelli Hooge che ti cercano. Cacciatori di taglie, qualora non li conosci. Ti do due possibilità, o te ne vai dal retro sulle tue gambe, oppure ti butto fuori io dall'ingresso principale. »
    Chiaro, ma magari un po' forzato in termini di scelte. Come avevano fatto i bounty hunter a trovare Denver, con solo quel pessimo ritratto fra le mani? Sul manifesto di taglia Denver aveva la faccia più da cattivo che si potesse immaginare, ed un enorme sigaro ficcato fra i denti, sostanzialmente bastava non fumare in pubblico ed era quasi impossibile riconoscerlo, specie con qualche ulteriore espediente neanche troppo plateale. Il fatto che a beccarlo fossero due mezze calzette, poi, era ancora più sospetto: avesse fatto qualche clamoroso passo falso il locale sarebbe letteralmente circondato da cacciatori in cerca della sua testa da portare ancora fresca al cospetto della celebre stilista Ragyo Kiryuin, che avrebbe volentieri sborsato ottantuno milioni in valuta del Pentauron per l'assassino di sua figlia.

    Un pessimo inizio di serata, non c'era dubbio.

    CITAZIONE
    Dunque, si può benissimo presupporre che conosci di fama i due cacciatori di taglie sulle tue tracce, perché si tratta di due tizi abbastanza eccentrici, pur essendo sostanzialmente delle mezze tacche. Sono due ex criminali che da diversi anni operano come bounty hunter nella zona del Pentauron, anche se non sono famosi per le loro abilità quanto per i danni ingenti a oggetti e persone che provocano durante le loro cacce. Se li affronti sei abbastanza sicuro di avere la meglio, anche se sarebbe meglio farlo lontano da occhi indiscreti, oppure meglio ancora evitare del tutto il combattimento.

    Ti trovi nel Pentauron da alcuni giorni, in cerca di informazioni. La tua principale meta è un indirizzo che ti ha fornito Quarion, dove potrai incontrare un ex-Storm Riders ritirato dalla carriera, Falco, che ritieni possa fornirti informazioni. Prima di partire dall'Est hai diviso i quattro Riders di Trident in altrettante località dell'Est, mandando Gembu dai Saggi di Palanthas, Seiryu dai Cavalieri Celesti, Byakko a Garwec sotto la tutela del nonno materno e Suzaku nella capitale, questo in base alle tue decisioni ed alle possibilità del momento.
     
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    Si è camuffato alla meglio per riuscire a farsi strada indenne all'interno del Presidio Centrale: un abbigliamento diverso dal solito, un cambio d'acconciatura, un cappello e un paio di occhiali da sole gli sono bastati per arrivare fino a quel bar.
    Argenstella non è stata un problema: mantenere un profilo basso è tutto ciò che serve per non avere rogne nel distretto notoriamente più sicuro del Pentauron, Rivenore escluso. Ci è giunto insieme ad una carovana da Istvàn, dove si è oramai stabilito, e una volta a destinazione se ne è separato per raggiungere Altatorre, dove grazie a degli appoggi sicuri è riuscito a trovare la via più sicura per raggiungere Blood Runner e farla sotto il naso di nientepopodimeno che la stessa Ragyo Kiryuin.

    Seduto in quel bar dove non metteva piede da diverso tempo, Denver sorseggia con calma il suo Jack Daniel's, assaporando al contempo le note della musica jazz suonata da un unico, anonimo pianista all'angolo del locale. Continua a sorridere perfino quando nota con la coda nell'occhio l'enorme barista avvicinarsi a lui.

    « Qua fuori ci sono i fratelli Hooge che ti cercano. Cacciatori di taglie, qualora non li conosci. Ti do due possibilità, o te ne vai dal retro sulle tue gambe, oppure ti butto fuori io dall'ingresso principale. »

    A quanto pare, ogni cosa bella giunge prima o poi al suo termine, e quel momento non è da meno. Il giornalista non ha mai incontrato di persona i fratelli Hooge, ma la loro fama li precede: irruenti, dannosi, e non certo il meglio che il mercato nero di Blood Runner abbia da offrire; anche in due contro uno, Denver sa di avere ragionevoli chance di uscire vincitore, ma... a che scopo, se non attirare visibilità e sprecare energie?

    « Grazie dell'avvertimento, non disturbarti. »
    risponde Denver, lasciando delle banconote sul tavolo mentre si alza per uscire dal retro senza smettere di sorridere per un momento. Del resto, non potrebbe fare altrimenti, dopo essere appena tornato a casa.
    Rimane tuttavia un mistero: come è possibile che due simili incompetenti siano riusciti a rintracciarlo senza che ogni altro cacciatore di taglie del distretto sia volato qui come api al miele più ricercato del Pentauron?
    Qualcuno potrebbe aver dato loro una soffiata, ma, se così fosse: chi?

     
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    L'istinto dovrebbe essere quella cosa che separa lo scribacchino qualunque da un grande reporter da strada, quelli da titoloni da prima pagina sul New York Times e da premio Pulitzer per la notizia del secolo. Se non si era ancora guadagnato il più prestigioso dei riconoscimenti per un giornalista, di certo Denver almeno di tanto in tanto dimostrava che un po' di quell'istinto ce l'aveva davvero, infatti ci aveva preso in pieno: qualcuno aveva fatto una soffiata ai fratelli Hooge. Dopotutto era scontato: come avevano fatto due ratti dei bassifondi del Pentauron con così poco sale in zucca a rintracciare il celebre uomo da ottantuno milioni, e perché si erano fatti avanti solo due mezze calzette e non i veri cacciatori di taglie di chiara fama che infestano quell'angolo di Endlos?
    Sorprendentemente, la risposta una volta tanto arrivò rapida, veloce e scontata fino ai limiti dell'imbarazzante. Come Denver emerse dal vicolo sul retro del bar, un tizio magro con occhiali da sole, sigaretta fra i denti e con la faccia da tossico gli si accostò quasi immediatamente, sorridendo come un idiota mentre guardava in qualsiasi direzione tranne che in faccia a Denver, muovendosi in modo ansioso e con un tic nervoso diverso ad ogni istante.

    « Ehi. Pss. Amico. La vuoi una dritta? Te ne do una da ottantuno milioni, se vuoi. »
    Sempre stando di spalle e guardando l'ingresso del bar in modo ossessivo, come se temesse di vedere sbucare qualcosa o qualcuno da un momento all'altro, si mosse furtivo agitando le dita della mano come se gli bruciassero, in un gesto inequivocabile che significava "sgancia la grana e ti dirò di più". Nella direzione in cui guardava, Denver poté facilmente riconoscere un gigante barbuto con abiti neri da galeotto ed una gigantesca palla di ferro da forzato ancora attaccata con una catena alla caviglia destra, poi un nanerottolo con il naso adunco, occhialetti da motociclista e abiti di terza mano. I fratelli Hooge in tutto il loro dubbio splendore, che fissavano l'ingresso del bar con aria soddisfatta, aspettandosi di veder emergere il loro bersaglio da un momento all'altro.

    « Avanti, amico! La paga è la solita, sbrigati o vado a cercare qualche altro bounty hunter! »
    Era logico che aveva fretta, la soffiata valeva solo finché Denver stava nel locale, appena sarebbe uscito i fratelli Hooge avrebbero tentato di intascare la taglia da vivo o morto che gli stava sulla testa, dunque la cosa si sarebbe risolta in una fuga rocambolesca oppure in un arresto indecoroso. In entrambi i casi, l'informatore non avrebbe più avuto una soffiata su cui lucrare.
    Ora però la domanda successiva era ovvia. Perché se i fratelli Hooge sono delle mezze tacche, quell'informatore era anche peggio, sul fondo della catena alimentare dei bassifondi del Pentauron. Ma si può sapere come cispia faceva uno così ad avere una soffiata da ottantuno milioni??

    L'informatore è chiaramente un idiota. Non ti ha riconosciuto subito appena sei uscito dal retro, non gli è neanche passata per la mente di guardarti in faccia perché troppo impegnato a guardarsi attorno con aria nervosa, e al pari dei suoi clienti poco distanti non è abbastanza sveglio da sospettare che puoi essere sgattaiolato via dal retro. Il principale problema che ti si pone è che i Bounty Hunter sono davvero vicini, poche decine di metri oltre il vicolo, se l'informatore si mette ad urlare o per disgrazia ti riconosce attirerà subito la loro attenzione, il che ti costringerà ad un polverone che non vuoi assolutamente sollevare. Hai varie scelte: puoi proseguire oltre rinunciando a capire in che modo quel tipo ha scoperto la tua posizione, puoi ricorrere alle maniere forti oppure tentare la sorte e parlarci. Probabilmente hai con te denaro sufficiente per pagarlo per la "soffiata", però è certo che non è sufficiente a comprare anche il suo silenzio nel caso in cui ti riconosce.
     
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    Mentre ancora si interroga sull'identità dell'autore di quella conveniente dritta, Denver alza gli occhi al cielo quando vede avvicinarsi a lui un omuncolo magro con una sigaretta in bocca, occhiali da sole sul naso e il volto pallido e smunto di chi spende i pochi spiccioli che riesce a raccattare in stupefacenti male tagliati.
    Se si tratta di un altro cacciatore di taglie, deve essere o apparso molto recentemente, oppure qualcuno dal profilo tanto basso da essere sfuggito al radar del giornalista. Quasi sicuramente una mezza sega, comunque: se fosse davvero pericoloso, Denver se ne accorgerebbe, grazie al brivido che gli attraversa gli arti ogni qualvolta i suoi istinti gli suggeriscono che si sta trovando nel posto sbagliato al momento sbagliato, davanti alla persona sbagliata.

    « Ehi. Pss. Amico. La vuoi una dritta? Te ne do una da ottantuno milioni, se vuoi. »
    Denver si lascia scappare un “ugh” di incredulità e disgusto. Ci ha preso in pieno: qualcuno sa che egli è nel Pentauron, e ha diffuso la voce fino al punto di farla arrivare fino all'ultimo degli informatorucoli di strada, gli strilloni della malavita.
    Fa per distogliere lo sguardo, ma realizza che non ce n'è neppure bisogno: quel tipo sta riuscendo in qualche modo a guardare in ogni direzione tranne verso la sua faccia. Come misura di sicurezza, però, decide di provare quel giocattolino che ha pagato ad un prezzo pure piuttosto esoso da un mercante: ripone gli occhiali nel taschino della giacca, sostituendoli con un'anonima maschera bianca. Anche se non dovesse funzionare come dovrebbe, quantomeno non sarebbe stato visto in volto.

    Si guarda un momento attorno a propria volta, cercando di capire cosa stia turbando quel ti- Oh, giusto, i fratelli Hooge. Denver li riconosce come il tappo e il gigante a qualche dozzina di piedi di distanza. Non fosse per il fatto che si trovino lì per la sua testa, si fermerebbe volentieri a farci quattro chiacchiere. E magari chiedere loro pure l'autografo, perché no? Idioti o no, quei due sono, a loro modo, delle celebrità.

    « Avanti, amico! La paga è la solita, sbrigati o vado a cercare qualche altro bounty hunter! »
    « Oh, sì, sono molto interessato. » risponde Denver, con tono calmo, e scandendo lentamente le parole. « Anzi, ti dirò di più: ci sarà un extra per te, se mi dirai come lo hai saputo. »

    Esibisce alcune banconote, tenendole saldamente fra il dito indice e il medio della mancina. Si tratta della tariffa normalmente esatta da persone come lui, più pressapoco il trenta o quaranta percento della stessa. La destra si è già mossa invece per afferrare saldamente la spalla dell'informatore.
    Quando riprende a parlare, le parole del giornalista sono tinte di minaccia.

    « Non è un cattivo affare, non trovi? »

    Denver BrockmannStato fisico: Perfetto
    Stato mentale: Ottimo, con una vena di cattivo umore
    Energia: 100/100
    Passive: Anti-Malia, Rilevazione Bugie, Rilevazione Pericoli, Auspex Scoop, Auspex Psion
    Scenici: N/A
    Equipaggiamento: M1917 Revolver
    Armatura: Armament: Hardening
    Artefatti: Unguento di Rendalim, Cuscino Astrale, Interprete di Babele, Proiettile del Destino, Maschera del Mistero


    Edited by Kuma. - 8/8/2018, 02:37
     
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    « Oh, sì, sono molto interessato. »
    I topi di fogna come quello sono biechi ed insignificanti, ma non privi di senso di autoconservazione. Come Denver parlò, subito lui rabbrividì e si voltò di scatto, fissando l'uomo con cui aveva a che fare. La maschera funzionava, però non aiutava di certo a guadagnarsi la fiducia di quel ratto dei bassifondi del Bloodrunner.
    « Anzi, ti dirò di più: ci sarà un extra per te, se mi dirai come lo hai saputo. »
    Lui esitò un momento, l'idea di altri soldi gli annebbiò i riflessi. Quando Denver tirò fuori le banconote poté facilmente scorgere il barlume avido dell'informatore, che immediatamente allungò la mano di scatto per afferrarli con rapidità insospettabile per uno così, ben deciso a farli sparire da qualche parte sotto la giacca. Fu per questo che non si rese conto degli intenti del reporter fino all'ultimo.

    « Non è un cattivo affare, non trovi? »
    Lui sobbalzò, ora lo sguardo incatenato alla mano che lo ghermiva. Denver poteva sentire sotto la giacca le ossa della clavicola. Bastava davvero poco per spezzargli un osso o due. Lui sudava freddo e aveva la voce che tremava, non aveva idea in chi o cosa era incappato e aveva paura di aver avvicinato la persona sbagliata.
    « A... Andiamo, amico. Non puoi farmi male! Ti dico tutto, davvero! Tu paghi, io ti dico tutto quello che so, poi mi lasci andare e io non ti ho mai visto, giuro. Si tratta di quel tipo... quello famoso. Tutti i bar sono invasi dalla taglia. E' quello che ha ammazzato a sangue freddo la primogenita di un certo casato, sta nel bar da cui sei appena uscito. E' una roba sicura, ieri notte al locale sulla sesta di proprietà di quel Maiev c'era quella teen rossa che lo cercava, dico la nuova tipa di Maiev. Non ricordo il nome, ma al bar la conoscono tutti. Lei mica ha fatto il nome del ricercato da ottantuno testoni, ma l'ha descritto per filo e per segno ed io l'ho capito subito che si trattava di lui. Lui ci ha allungato il doppio del solito in "biglietti blu per viaggiare" per sapere dove la sua donna poteva trovare quello lì. Ci tenevano davvero tanto, ma chi è che non ci terrebbe a sapere dove stanno ottantuno milioni con le gambe? »

     
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    Denver lascia tranquillamente che il figuro afferri il denaro. Soldi che avrebbe preferito risparmiare, a dire il vero; è imbarazzante pensare di aver appena pagato, perfettamente lucido e in un quartiere che conosce invero come le proprie tasche, qualcuno per avere informazioni sull'attuale posizione di sé stesso.

    Cionondimeno, è evidente che Denver Brockmann non debba essere stata l'unica persona al corrente della presenza di Denver Brockmann a Blood Runner. Il giornalista ha pensato sul momento ad un tradimento dei suoi cosiddetti “appoggi sicuri”, ma ciò non avrebbe alcun senso: anche se avessero deciso di tradirlo solo dopo essersi separati da lui (anziché tendergli più ragionevolmente un agguato), perché diavolo avrebbero dovuto vendere il famoso uomo da ottantuno milioni a una manica di pezzenti e non, per esempio, a qualche cacciatore di taglie più abile e potente del quale, oltre ai soldi, avrebbero ottenuto una base di fiducia per futuri rapporti commerciali?

    Semplice: perché i suoi appoggi sicuri tali sono rimasti, e non c'entrano assolutamente nulla.
    Quindi, qualche ragazzotto di strada con occhi sufficientemente buoni deve averlo riconosciuto per strada in questi giorni, oppure...

    « A... Andiamo, amico. Non puoi farmi male! Ti dico tutto, davvero! Tu paghi, io ti dico tutto quello che so, poi mi lasci andare e io non ti ho mai visto, giuro. Si tratta di quel tipo... quello famoso. Tutti i bar sono invasi dalla taglia. E' quello che ha ammazzato a sangue freddo la primogenita di un certo casato, sta nel bar da cui sei appena uscito. E' una roba sicura, ieri notte al locale sulla sesta di proprietà di quel Maiev c'era quella teen rossa che lo cercava, dico la nuova tipa di Maiev. Non ricordo il nome, ma al bar la conoscono tutti. Lei mica ha fatto il nome del ricercato da ottantuno testoni, ma l'ha descritto per filo e per segno ed io l'ho capito subito che si trattava di lui. Lui ci ha allungato il doppio del solito in "biglietti blu per viaggiare" per sapere dove la sua donna poteva trovare quello lì. Ci tenevano davvero tanto, ma chi è che non ci terrebbe a sapere dove stanno ottantuno milioni con le gambe? »

    ...qualcuno di sua conoscenza era già al corrente che Denver si sarebbe recato nel Pentauron in quei -questi- giorni. Conosce Maiev solo di fama: giovane, possiede un grosso quanto malfamato locale non molto lontano da lì e null'altro. Solo un boss di secondaria importanza solitamente attento a non uscire dalla sicurezza del proprio giardino, a pestare i piedi di chi non possiede nemmeno un paio di scarpe e a baciarli ai pesci grossi.

    Perfino ora non è davvero lui ad interessargli. Quella “teen rossa”, invece, pare essere all'origine di tutto ciò. Sa che Denver si trova lì, ma non sa di preciso dove e, da quel che il giornalista ha capito, è principalmente lei ad essere interessata a trovarlo, e Maiev avrebbe fatto partire questa caccia all'uomo non per la taglia, ma per lei.
    Per un'adolescente dai capelli rossi. Adolescente dai capelli rossi a Blood Runner... un'adolescente dai capelli rossi nel Pentauron... un'adolesc-

    « Suzaku. »
    Sotto la maschera, il volto di Denver si contorce in una smorfia furiosa. Suzaku. Molla la presa su quel disgraziato, prima che gli dislochi per sbaglio una spalla. Suzaku.
    Chi cazzo poteva essere altrimenti? Riful che magicamente era cresciuta di sei o sette anni e si era tinta i capelli? Come minimo il reporter avrebbe avvistato Abbadon almeno tre giorni fa.
    Suzaku. Quella troietta vuole parlargli e ovviamente il modo giusto per farlo per lei è mobilitare cacciatori di taglie in lungo e in largo. Quell'imbecille.

    « Capisco, quindi quell'uomo è in città, eh? » dice Denver al tipo, voltandosi verso l'ingresso posteriore del bar. Scuote la testa in silenzio per qualche secondo. Si è preparato una cazzata da raccontare per casi simili; deve solo riadattarla sul momento. « Ottantuno milioni... Bah, personalmente ci ho già avuto a che fare non molto tempo fa. Ci ho quasi lasciato la pelle, gradirei non ripetere l'esperienza. Grilletto facile, molto elusivo: meno gente sa di lui, e meglio è. Se non ha provato a ficcarmi un proiettile nel cranio è solo perché quel bar è zona neutrale. Starei attento a chi esce di qui, fossi in te. Anzi, credo tornerei a casa per un po' per evitare almeno il grosso della tempesta. »

    Nonché per evitare che tu vada a raccontare in giro di un misterioso uomo mascherato che ha chiesto della fonte di una tale notizia, aggiunge mentalmente. C'è un fondo di verità nella storiella che gli ha appena propinato: ovvero che preferirebbe mantenere il più possibile un basso profilo.

    Salutando il ragazzo con una pacca amichevole sulla spalla data con la stessa mano con cui l'aveva afferrata, Denver si avvia a passi rapidi e al tempo stesso pesanti verso la sesta strada, dove è sicuro che troverà Maiev insieme alla sua nuova fiamma. Passando in mezzo proprio ai fratelli Hooge, ai quali rivolge un rapido “salve” con completa nonchalance.

    Denver BrockmannStato fisico: Perfetto
    Stato mentale: Leggermente imbestialito
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    Sfilare davanti a due Bounty Hunter e salutarli con noncuranza mentre quelli ti rivolgono occhiatacce irritate non ha prezzo, quando l'obbiettivo che stavano aspettando sei proprio tu! Quei due non sono noti per essere i più svegli della cricca di cacciatori di taglie del Pentauron, e meno male! E' noto che nell'ambiente ci sono mastini semi-umani capaci di riconoscerti dall'odore o con altri sistemi strani e raccapriccianti, gente spietata capace di far saltare tutto il locale arrivando a coinvolgere innocenti, ed altri ancora ben felici di ignorare la zona franca rappresentata dal bar. Gente per cui ottantuno milioni significano una ricca pensione in una località da sogno dell'Est -o circa dieci giorni di bagordi in uno dei super-alberghi di lusso della capitale dove ogni depravazione diventa realtà.

    Ma per una volta era stato fortunato, quindi tutto a posto per Denver, ora diretto con tranquillità in direzione della sesta strada, dove sorgono alcuni locali di chiara fama... fra la malavita. Il sole sta morendo all'orizzonte sopra i tetti del Pentauron, è ora di cena e le strade si fanno deserte. In quella parte del Bloodrunner la gente è solita camminare per strada in gruppo, molto raramente da sola. Denver è una di quelle eccezioni e si becca un paio di sguardi di individui curiosi, davvero troppo curiosi. La maschera fa il suo dovere tenendolo al riparo da quelli appena usciti da un bar con un manifesto da ottantuno testoni affisso sulla parete, però resta comunque una passeggiata parecchio rischiosa per uno che aveva deciso di tenere il profilo basso.

    Arrivati al locale si può tirare un sospiro di sollievo. Il "Subject 9" è il tipo di locale frequentato dalle gang di giovanissimi, e di riflesso una buona metà dell'utenza è per lo più composta da ragazzini attirati da quel genere di posti e da quel genere di compagnie. O almeno questo è quello che si sa in giro del posto, ultimamente dopo le sue recenti avventure in quel di Klemvor fra la comunità punk degli Storm Riders, Denver è stato uno dei pochissimi davvero sorpreso nel fare due più due e scoprire da dove saltano fuori così tanti adolescenti appassionati di Air Treck, e perché in certi periodi le zone controllate dai riders sono deserte, mentre in altri momenti dell'anno sono letteralmente traboccanti di ragazzini su pattini high tech. Per Drusilia e gli abitanti di Laputa, Storm Riders significa Klemvor, ma questo non è necessariamente vero se si gratta un po' sotto la superficie delle cose. Non è un caso che il contatto fornito da Quarion si trova nel Pentauron, non è un caso che tutti i "capoccia" ai vertici della società sono in realtà rampolli di casati nobili, figli di pezzi grossi della capitale o pezzi grossi a loro volta. E complice il fatto che il locale è ancora deserto per via dell'orario, guardando meglio la clientela di giovanissimi saltano fuori dei badge dai colori brillanti su zaini, colletti o sui copricapi, che non sono il tipo di sistema usato dalle gang del Bloodrunner per distinguersi, bensì si tratta di una usanza squisitamente delle Tribù della Tempesta, che nel Klemvor tappezzano le loro "zone" con autoadesivi su quello stile, e una volta nel Pentauron utilizzano quello stesso sistema per dichiarare la loro fedeltà a questo o quel "team". Quindi non solo "ragazzini in cerca di trasgressione", bensì per una buona percentuale "Storm Riders che cazzeggiano fra un raid nella città delle macchine e l'altro", sebbene le due categorie potrebbero confondersi molto l'una nell'altra. Non era strano trovare Suzaku in un posto così, dopotutto. E non erano nemmeno troppo strane le parole dell'informatore: "Non ricordo il nome, ma al bar la conoscono tutti", aveva detto.

    Giusto fuori dal locale spicca un gruppo di una decina di ragazzini che corrispondono alla descrizione di un probabile team di riders, due ragazze con i capelli corti tinti e piercing ed altri otto ragazzetti per lo più impegnati a fare la ruota davanti alle due. I due più giovani dovevano avere tredici o quattordici anni, i quattro più "anziani" sui diciassette. I più piccoli hanno degli skate sotto i bracci, adornati con i badge di un buffo mostro stilizzato somigliante una sorta di enorme peluche peloso blu elettrico impegnato a distruggere dei palazzi. Tutti i ragazzi esibiscono quello stesso badge in versioni differenti, salvo una delle due tipe che sul basco ha parecchie spille, alcune comuni ma una in particolare ha sopra il simbolo inconfondibile di Genesis. Sono piuttosto amichevoli ad un primo approccio informale, e non sembrano turbati dalla maschera indossava da Denver. Se di Riders si tratta allora niente di strano, a Klemvor il reporter di Milwaukee ne aveva visti parecchi di tizi con una maschera sul viso. Basta fare il nome di Suzaku e quasi tutti annuiscono, la conoscono. Ovvio che la conoscono, è l'ultima persona al mondo capace di passare inosservata in un posto del genere. Il quarto piano del palazzo che ospita il locale è un enorme attico occupato dal boss locale, mr.Maiev. E, stando ai ragazzi, la ragazza è proprio lì...

    Appurato che i ragazzi non sanno altro, per il momento è facile entrare nel locale senza dare nell'occhio perché al momento non ci sono neanche i buttafuori di ordinanza all'ingresso, sebbene si può intuire che in quel tipo di posto non sono lì per impedire alla gente di entrare, bensì per agevolarle nell'uscire fuori. Il posto è immenso, la pista illuminata completamente deserta ed anche il banco è abbastanza povero di presenze, fatta eccezione per un barista indaffarato con le pulizie ed un tizio sopra la trentina con la faccia riversa sul banco ed un bicchiere vuoto in mano, chiaramente già ubriaco nonostante la serata non fosse ancora iniziata. A proposito di maschere, lui pure ne indossava una, un cappuccio bianco munito di cerniera che gli copriva completamente il cranio. Indossava pantaloni e giacca pure bianchi, coperti di una quantità disparata di badge di vari team di cui Denver può vedere solo la metà rivolta verso di lui, su cui spicca il simbolo di Genesis.

    Per il resto il locale appare abbastanza fiacco, anche se ha tutta l'aria di riempirsi in fretta a partire dalle nove e mezza/dieci, il che significa un'ora o più di attesa, come minimo. L'unica area giustamente trafficata sono i bagni, specie quelli femminili. I due piani sopra la testa del giornalista sono, invece, costituiti da alte scalinate di vetro che portano ad ampli balconi con vista sulla pista da ballo, pure quelli completamente deserti. Avventurarsi là sopra significa entrare nelle "zone" riservate agli strati più alti di quella strana società giovanile, però in apparenza è anche l'unica via per raggiungere l'attico del proprietario. C'era da prendere una decisione sul da farsi...

     
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    Cammina a testa alta, gli sguardi sospettosi degli altri passanti non lo infastidiscono.
    Si domanda se si tratti della maschera (invero abbastanza vistosa, sebbene fino ad ora stia funzionando più che egregiamente nel renderlo irriconoscibile) o del fatto che il giornalista stia proseguendo a passi sicuri da solo.

    A Blood Runner, scartati i pazzi e gli sprovveduti, ci sono solo due tipi di persone che possono permettersi di girare così: chi sa di essere troppo duro per essere un bersaglio, e chi sa di non avere molto da perdere. C'è anche una terza categoria, composta tuttavia da individui che si muovono fra le ombre dei vicoli, rifuggendo i pericolosi riflettori del Distretto dell'Acciaio; gente che agisce da sola per preferenza oppure per necessità, in mancanza di appoggi su cui contare.

    Denver Brockmann si ricorda bene le sue prime settimane nel Pentauron, trascorse come uno dei tanti ratti senza né un volto né un nome, in solitudine e nascosto nella folla ai bordi delle strade.
    Ora incede al loro centro, ancora senza un volto né un nome a cui possa essere associato. Sa che nessuno oserà attaccarlo: solo uno sprovveduto si azzarderebbe a farlo, e non sarà certo il coltello di un mariuolo striminzito ad impensierire il giornalista.

    Si ritrova davanti al Subject 9, un locale nel quale non si sorprenderebbe si vedere affisso un divieto d'ingresso rivolto ai maggiori di trent'anni. Secondo molti, si tratta semplicemente del punto di ritrovo del peggio che la gioventù di Blood Runner abbia da offrire.
    Secondo il giornalista, ciò non è del tutto corretto: non è solo quella di Blood Runner. Dopo Klemvor, Denver è stato uno dei pochi a riuscire a comprendere appieno come la comunità degli Storm Riders possa essere tanto nutrita: quel posto, se non la risposta, si tratta almeno di una parte cospicua di essa.

    Ovviamente, Ahri Kobayashi non può che trovarsi da queste parti. Anzi, Denver non fatica nemmeno a immaginare perché sia conosciuta da tutti, al di là della passione condivisa per le Air Trecks.

    Vede una decina di adolescenti trastullarsi appena fuori dal locale; il più grande di loro avrà meno della metà degli anni del giornalista. Sono di Genesis, a giudicare dalla spilla di almeno una di loro, e nessuno pare essere turbato dalla maschera di Denver, tant'è che quest'ultimo riesce addirittura a chiedere informazioni in merito a Suzaku senza essere guardato di traverso e perfino ad ottenerle.

    Quarto piano, attico di Mr. Maiev, almeno stando ai ragazzi. Sarà difficile da raggiungere, senza un invito.
    Complice l'orario, il locale in cui Denver fa il suo ingresso è quasi del tutto deserto, eccezion fatta per un barista impegnato a pulire dei bicchieri e un uomo con il capo riverso sul bancone e un bicchiere vuoto stretto nella mano. Coperto di badge come gli altri adolescenti, di cui uno di Genesis, e ubriaco ancora prima che la serata inizi. Infine, qualche ragazzina nei pressi dei bagni, e nient'altro.

    Sopra il capo del nuovo entrato, invece, ci sono i due piani superiori che porterebbero ai balconi con vista pista da ballo e, per quanto il giornalista non riesca a vederla, si presume anche un'ultima che porta all'appartamento del proprietario.
    Cercare di salire ora significa rischiare di venire intercettati e buttati fuori nel giro di un minuto.
    Si siede su uno sgabello immediatamente accanto all'uomo ubriaco, e parla, rivolgendosi a chiunque, fra il barista e l'ubriaco, sia all'ascolto.

    « Qualche modo per godere della bella vista da lassù? »

    Denver BrockmannStato fisico:
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    Passive: Anti-Malia, Rilevazione Bugie, Rilevazione Pericoli, Auspex Scoop, Auspex Psion
    Scenici: N/A
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    Armatura: Armament: Hardening
    Artefatti: Unguento di Rendalim, Cuscino Astrale, Interprete di Babele, Proiettile del Destino, Maschera del Mistero
     
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    « Qualche modo per godere della bella vista da lassù? »
    Gli risponde il barista, sempre impegnato a lucidare a specchio alcuni bicchieri di piccola taglia, probabilmente gli stessi appena usati dal figuro con quella strana maschera e con la faccia riversa sul bancone del bar.

    « Una prenotazione, se vi interessa il primo livello. Un invito da qualcuno che possiede un tavolo, se invece vi riferite al successivo... Cosa prendete? »
    L'uomo sfoggiava modi fermi e posati, ma era piuttosto giovane come si addice al tipo di locale. Certo non era nuovo al mestiere, ma aveva la faccia inespressiva del giocatore di poker professionista ed il tono mellifluo del baro abituale, quel tipo di tono che sembra dirti tutto ma in realtà ti fa sapere solo ciò che vuole e nulla più. Ci si mette in mezzo l'ubriacone, che per l'occasione solleva la faccia ed ammicca con l'unico occhio visibile da dietro la maschera.

    png

    « Un paio di tette niente male, il fondoschiena da urlo di quelli che dici "wow", hai presente? Poi mica solo quello... serve anche, hurp, direi qualcosa di esotico, quel tocco che tutti quanti si girano a guardarti quando cammini per strada. Devi anche essere sfacciata, sì. Ma nel tuo caso al massimo sfacciato, e poi sei troppo vecchio. Almeno trent'anni di troppo. Hep. Dannazione, questa bottiglia è rotta »

    « Non è rotta, signor Hanged Man »
    Ribatté il barista, togliendo da sotto il naso all'uomo il bicchierino vuoto ed iniziando a lavarlo con cura sotto l'acqua corrente.
    « L'avete semplicemente finita. Ed era l'ultima, per stasera. Sapete come la pensa il signor Maiev. »

    « Aaaah... finita... »
    L'ultima goccia l'aveva sprecata, facendola finire proprio sul bancone, dove un attimo prima c'era il suo bicchiere vuoto. L'uomo aprì la cerniera e tentò comunque di prosciugare fino all'ultimo atomo di liquore. La maschera rendeva la scena grottesca, i tratti mescolati e caricaturali facevano sembrare la lingua quella di un qualche mostro uscito fuori da un dipinto di quelli inquietanti, che ti sogni la notte.
    « Bah. Con tutti i clienti paganti che gli procuro ogni sera. Mi sa che il tuo signor Maiev un po' se le merita, le malelingue. Che poi, che ho detto di male? Solo quattro giorni fa aveva quella bionda... ed ora la rossa. E solo poche settimane fa... quella che diceva di avere la madre di sua madre tutta strana... Elfa diceva lei, giusto? Elfa, sì. La nonna elfa. Tre in poche settimane. »
    Si rivolse a Denver in tono fra il lamentoso ed il disperato.
    « Ed io niente, capisci? Io avevo un angelo, una volta. Un angelo, ti dico. Le avevo chiesto di sposarmi... »
    Sbatté di nuovo la testa sul banco, salvo poi dare altri tre, piccoli rintocchi con la nuca. Il barista lo ignorò, ma nel frattempo stava già tirando a lustro il bicchiere appena lavato.

    « La signorina Marìe aveva una certa passione per piccole menzogne, quella riguardo alla sua ascendenza materna era una delle più innocue. Mi dica, sir. Se posso sapere il perché di tanto interesse per i livelli superiori, magari posso anche aiutarvi, sempre che non siate qui per procurare guai. Qui la sicurezza tollera chi indossa una maschera, ma siamo estremamente attenti a chi vuole nuocere ai nostri clienti... »

     
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    « Una prenotazione, se vi interessa il primo livello. Un invito da qualcuno che possiede un tavolo, se invece vi riferite al successivo... Cosa prendete? »

    « Whisky liscio, per favore. »
    Vuole almeno avere un bicchiere da far girare in mano, perché bere è fuori discussione. Si dovrebbe togliere la maschera davanti a tutti e rischiare di far saltare quella sua parvenza di copertura e di scatenare il panico nel locale. A meno che non decida di sorseggiare il distillato nella privacy di un bagno o, peggio ancora, con una fottuta cannuncia.

    Solleva di nuovo la testa verso il soffitto, e sopprime il bisogno di digrignare i denti nel momento in cui pensa che Ahri sarebbe potuta arrivare a lui semplicemente scrivendo una dannatissima lettera indirizzata a Palanthas o a Codec. Senza cacciatori di taglie con il fiato sul suo collo né giochi assurdi per non farsi notare dagli occhi avidi e attenti di questi ultimi. Denver avrebbe organizzato un incontro e fatto in modo che la ragazzina potesse arrivare sana e salva fino a Istvàn o Laputa. Sarebbe stato così facile.

    Intanto l'altro uomo mascherato ha appena sollevato il capo. Ubriaco, ma non privo di sensi. Almeno, non ancora.

    « Un paio di tette niente male, il fondoschiena da urlo di quelli che dici "wow", hai presente? Poi mica solo quello... serve anche, hurp, direi qualcosa di esotico, quel tocco che tutti quanti si girano a guardarti quando cammini per strada. Devi anche essere sfacciata, sì. Ma nel tuo caso al massimo sfacciato, e poi sei troppo vecchio. Almeno trent'anni di troppo. Hep. Dannazione, questa bottiglia è rotta »

    « Non è rotta, signor Hanged Man »
    Ribatte il barista, inespressivo mentre sottrae lesto il bicchierino dalla mano di quel disperato. “Hanged Man,” eh? Hanged Man, Genesis, mascherato... un uomo che non passa inosservato, e forse, rivangando con la memoria in quegli archivi che Denver stesso ha contribuito a compilare...
    « L'avete semplicemente finita. Ed era l'ultima, per stasera. Sapete come la pensa il signor Maiev. »

    « Aaaah... finita... »
    Il giornalista distoglie lo sguardo mentre l'altro cerca pietosamente qualche goccia di alcool rimasta nella bottiglia, invano. Una scena che risulterebbe grottesca perfino senza che il protagonista indossi quella maschera raffigurante un volto deformato, con un naso posticcio a coprire l'occhio destro, e una bocca imbottita cucita sul capo, mentre la bocca vera è coperta da due pezzi di stoffa nera uniti da una cernieraccia.
    « Bah. Con tutti i clienti paganti che gli procuro ogni sera. Mi sa che il tuo signor Maiev un po' se le merita, le malelingue. Che poi, che ho detto di male? Solo quattro giorni fa aveva quella bionda... ed ora la rossa. E solo poche settimane fa... quella che diceva di avere la madre di sua madre tutta strana... Elfa diceva lei, giusto? Elfa, sì. La nonna elfa. Tre in poche settimane. »
    Quattro giorni soltanto, non molto più del tempo dal quale il giornalista è tornato a Blood Runner. Ciò lo insospettirebbe, se non fosse per il fatto che il Subject 9 è il bar degli Storm Riders, dopotutto. Che egli ne sappia, Ahri potrebbe essere sempre stata una cliente abituale.
    Cionondimeno, Denver non può ignorare un cambiamento tanto repentino, neppure con un apparente farfallone come Maiev. Quattro giorni, ed è già riuscita a convincere quell'idiota a scatenare una caccia al famigerato uomo da ottantatré milioni? Somma che non potrebbe mai pagare, a meno che non gli sia stata anticipata in qualche modo da Ragyo Kiryuin. Con la taglia di Denver, uno potrebbe aprirsene a dozzine di locali come il Subject 9. Si tratta di una cifra troppo oltre i mezzi che dovrebbe avere quella semi-nullità.
    « Ed io niente, capisci? Io avevo un angelo, una volta. Un angelo, ti dico. Le avevo chiesto di sposarmi... »

    « Andrà meglio col prossimo, su. Certo questo Maiev potrebbe darti una mano, eh, con tutto l'aiuto che gli dai? »
    Commenta il giornalista, mentre ancora sta cercando di capire se quello potrebbe essere un volto (o almeno una fisionomia) familiare... ma no, non si ricorda di nessun Hanged Man. Così ha deciso di assecondarlo, per capire se si tratti o meno di un cavallo sul quale scommettere il suo denaro, metaforicamente parlando.

    « La signorina Marìe aveva una certa passione per piccole menzogne, quella riguardo alla sua ascendenza materna era una delle più innocue. Mi dica, sir. Se posso sapere il perché di tanto interesse per i livelli superiori, magari posso anche aiutarvi, sempre che non siate qui per procurare guai. Qui la sicurezza tollera chi indossa una maschera, ma siamo estremamente attenti a chi vuole nuocere ai nostri clienti... »

    « Macché guai, sono qui per vedere mia nipote. William Langthaler, zio di Ahri Kobayashi... so che qui si fa chiamare in un modo tutto strano. Su... qualcosa? Ah, non saprei manco descriverla, l'ultima volta che l'ho vista era ancora un bebè. » Racconta, illustrando con gesti ampi quanto era grande Ahri alla nascita. Ha pensato alla “bozza” di questa storiella in realtà già sulla via per il locale. « Con mia sorella che... Scusi, scusi, sto divagando. Comunque, pensavo che lassù magari l'avrei incontrata più facilmente! Oppure non è che lei o uno dei suoi collaboratori potrebbe avvisarla che sono qui? Se possibile le dica anche che sono venuto da Codec, così magari fa il collegamento più in fretta. Un uomo sui trenta-cinque quaranta, da Codec. »

     
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    « Desiderate quindi che comunico alla miss che lo cerca un uomo sui trentacinque-quaranta. Da Codec, nell'Est. »
    Disse il barista, in tono perfettamente neutro.
    « Che dice di essere suo zio materno. »
    Aggiunse ancora, sempre mantenendo una linea del tutto neutra del tono di voce, che però iniziò a sembrare quasi ironica nel momento in cui L'Impiccato lì accanto iniziò a ridere di gusto, con la faccia coperta dalla maschera appiccicata al bancone del bar. Era abbastanza chiaro che Denver si era spinto un po' oltre, il barista non era uno sprovveduto e perfino il rider lì accanto, per quanto ubriaco fradicio, avevano più o meno subodorato la balla. Il punto era: o il barista non voleva dare per scontato che si trattasse di una balla colossale, oppure era talmente irrealistica da lasciare l'uomo nel dubbio che fosse vera. O magari era semplicemente un subordinato che preferiva non lasciare niente al caso, chissà? In ogni caso, fece un breve inchino pacato e si scusò per doversi assentare per qualche istante, lasciando il bar completamente sguarnito.

    « Ahahahaha! Dovevi usare un nome da battaglia, amico! Magari quello giusto. Per esempio... Perché non provi con Dauntless? »
    Hanged Man non fece troppi complimenti nell'approfittare dell'assenza del barista, si sporse dal banco e allungò una mano, tirando fuori una bottiglia di alcool già avviata fino a metà, che a giudicare dall'etichetta aveva troppi pochi gradi per fare qualcosa di più che sciacquare la bocca. L'uomo comunque la stappò di gusto e se ne servì un buon bicchiere, salvo poi attaccarsi alla bottiglia e tirare giù il resto in un lungo sorso. Dopodiché, senza tanto pudore, la rimise al suo posto.
    « Dauntless, sì. Ah, ci sta bene, dai. Fatti chiamare così, ci penso io al resto. Fidati del... harp... del buon Hanged Man, amico. Qui sono una celebrità. Il buon Maiev mi farebbe anche provare un giro con quei suoi giocattolini che tiene nel suo appartamento, se in cambio gli faccio una serata qui. Io però mica sono un pervertito, preferisco... hurp... starmene qui e bere un goccio. Ho finito con le AT, non sono più il mio mondo... »

    Chiaro. Se mai quel tipo era stato un cavallo su cui puntare, adesso al massimo si poteva definire un rottame. A guardarlo non aveva voglia neanche di vivere, figuriamoci di aiutare qualcuno. Chissà perché faceva così, aveva parlato di un matrimonio, era forse una delusione d'amore...?

    « Tu. »
    Invece del barista, tornarono al bancone due gorilla in abiti formali, giacche nere senza cravatta e pantaloni bianchi. Due buttafuori del locale. Superavano Denver in altezza di parecchie spanne, ed avevano un girovita notevole, ai polsi degli orologi costosi e catene d'oro, dai polsini e dai colletti invece spuntavano tatuaggi.
    « Il signor Maiev ti vuole parlare. »
    Erano piuttosto risoluti, il tipo di tono a cui è difficile dire di no. Lì di fianco, Hanged Man si fece una risata mentre reggeva in mano il bicchiere di alcool e lo faceva girare con calma.
    « Salutami il boss, amico. E digli che siamo amici di vecchia data, aiuterà... »

     
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    « Desiderate quindi che comunico alla miss che lo cerca un uomo sui trentacinque-quaranta. Da Codec, nell'Est. »
    « Sì, per essere precisi trentanove. »
    « Che dice di essere suo zio materno. »

    Denver annuisce, tuttavia si è già accorto che il ragazzo non se l'è bevuta. “Hanged Man” ancora meno, ma è difficile stabilire se si tratti dell'effetto dei fumi dell'alcool oppure se il giornalista non abbia appena raccontato una stronzata così ovvia che perfino un ubriaco fa fatica a crederci.
    Ciononostante, il barista si inchina comunque, scusandosi per dover abbandonare il bancone per qualche momento.

    « Ahahahaha! Dovevi usare un nome da battaglia, amico! Magari quello giusto. Per esempio... Perché non provi con Dauntless? »
    « Non sono un guerriero, amico. »
    Si limita a rispondere il giornalista, osservando lo Storm Rider sottrarre una bottiglia di sidro dal bancone, versarsene un bicchiere e poi berne comunque il contenuto direttamente dalla bottiglia con assoluta noncuranza. Denver scuote la testa, ma non lo ferma. Sono affari del barista e del ladro, dopotutto.
    « Dauntless, sì. Ah, ci sta bene, dai. Fatti chiamare così, ci penso io al resto. Fidati del... harp... del buon Hanged Man, amico. Qui sono una celebrità. Il buon Maiev mi farebbe anche provare un giro con quei suoi giocattolini che tiene nel suo appartamento, se in cambio gli faccio una serata qui. Io però mica sono un pervertito, preferisco... hurp... starmene qui e bere un goccio. Ho finito con le AT, non sono più il mio mondo... »

    « Una celebrità, eh? »
    Scava un'altra volta nei ricordi in cerca di una conferma. Ancora una volta, non la trova. “Hanged Man” è un nome che non gli è minimamente familiare, quindi o sta vaneggiando oppure i suoi giorni di fama sono cosa di diversi anni fa. Cultura popolare degli Storm Riders, in altre parole, per non dire addirittura folklore.
    Sarà dunque anche vero ciò che costui dice, ma associarsi ad un ubriaco di trent'anni e oltre in un bar frequentato da ragazzini è l'ultimo biglietto da visita che Denver vuole presentare a Maiev, o a chiunque altro. Non è un rischio che può permettersi di correre.

    « Tu. »
    A parlare dall'altro lato del bancone non è stato il barista. Dai fori per gli occhi, il giornalista guarda invece una coppia di enormi buttafuori con giacca nera, senza cravatta. Così grossi da far sospettare al giornalista che non fossero nemmeno del tutto umani.
    Denver li guarda da seduto, contraendo appena i muscoli.
    « Il signor Maiev ti vuole parlare. »
    Il giornalista sorride da dietro la maschera. Ha temuto per un momento che fossero lì per cacciarlo via dal locale, con tutta la baraonda che ne sarebbe conseguita.
    « Salutami il boss, amico. E digli che siamo amici di vecchia data, aiuterà... »

    Chissà se lo farà davvero.
    « Sono a sua disposizione, signori. »
    Risponde, alzandosi in piedi e sistemandosi la cravatta.

    Denver BrockmannStato fisico:
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    Scenici: N/A
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    Se Denver pensava di essere scortato in direzione delle scale, si sbagliava. Dietro all'isola centrale che ospitava il bancone del bar e nella zona diametralmente opposta a quella occupata dai bagni del locale vi erano alcuni ambienti separati dal resto del locale in modo molto discreto; non vi erano pareti ma un impercettibile rialzo nella pavimentazione, che si poteva notare giusto per via di quel singolo gradino in cui si rischiava seriamente di inciampare. In quell'area vi erano tre porte metalliche ed un arco oltre il quale si intravedeva un ambiente più piccolo rispetto alla pista da ballo, con quello che a prima vista ricordava a Denver una sorta di grosso cubo di vetro sospeso in aria che poteva sembrare uno di quegli arredi dove ragazze particolarmente svestite potevano ballare attirando gli sguardi ma non le manacce degli astanti, però tale impressione andava decisamente scartata per via del fatto che il cubo in questione era davvero troppo grande, ma sopratutto troppo inclinato verso il basso per essere progettato per ospitare delle persone.
    A meno che le persone in questione non fossero in grado di scalare le pareti con facilità, ovvio.

    I gorilla passarono delle schede magnetiche su di una tastiera occultata a lato di una delle tre porte di metallo, e questa si aprì con un "ting" molto familiare. Un ascensore! L'interno già di suo non era particolarmente spazioso, ma divenne decisamente soffocante quando i due bestioni si allinearono al suo interno, lasciando a Denver abbastanza spazio per respirare alla sua destra ed alla sua sinistra, ma giusto poco più di qualche centimetro fra le schiene monolitiche dei due e la parete dell'elevatore. Fortunatamente il viaggio durò davvero poco, d'altronde si trattava giusto di due piani. Un secondo "ting" avvisò la fine della corsa, e subito alle orecchie del reporter arrivarono suoni di musica ambientale estremamente soft, prodotti da diffusori acustici nascosti chissà dove nell'attico di proprietà di mr.Maiev.
    Non era il tipo di tana che ti aspetti per un mafioso di terza fascia, anzi. In effetti le informazioni su quell'uomo in possesso di Denver potevano anche essere per lo più valutazioni superficiali o frutto di uno studio non del tutto approfondito di quella persona. Urgeva svuotarsi di pregiudizi e dare un giudizio un po' più accurato, perché far parte di un clan mafioso, avere come padre un noto boss con mani in pasta su diversi aspetti della mala del Pentauron, essere noto per lo più per il traffico di stupefacenti ed usare modi indiscutibilmente riconducibili a dei mafiosi, non ti rende in automatico un mafioso nel senso classico del termine.

    L'attico era composto praticamente di un unico e vasto soggiorno, con soffici divani di pelle, una vasta libreria che comprendeva parecchi scaffali gonfi di pellicole fra le quali, anche a quella distanza, qualcuno con conoscenze anche solo basilari del settore avrebbe riconosciuto sicuramente dei trentacinque millimetri come quelli usati nei cinema e parecchie cassette VHS, dischi in vinile e contenitori che dovevano alloggiare un numero spropositato di DVD. All'ingombrante televisore dall'aria assai pesante alloggiato su di una colonna nera mobile munita di rotelle erano collegati cablaggi di tutti i tipi, che a partire dal sostegno si dipanavano in direzione della libreria su di una mezza dozzina di riproduttori diversissimi fra loro, che potevano provenire da tecnologie di epoche molto differenti fra loro. Tramite due scale a chiocciola in legno scuro si accedeva ad un ambiente sospeso, dove probabilmente c'erano le camere da letto ed il bagno, che non erano presenti al piano terra.
    Tutta quanta l'area diametralmente opposta a quella occupata dalla libreria e dal televisore era una cucina a vista davvero molto ben attrezzata, arredata con gusto e tenuta in uno stato di pulizia immacolata, fatta eccezione per un tagliere che ospitava un coltello e alcuni aromi sminuzzati di fresco per chissà quale scopo, ed un bicchiere di vino bianco aperto sempre sul tavolo in questione.

    Gran parte dell'area centrale era invece occupata da un vero e proprio bar, con tanto di bancone e sgabelli, due dei quali occupati ed un'altra mossa per far accomodare una terza persona che però preferiva evidentemente restare in piedi. Colui che inevitabilmente catalizzò l'attenzione di Denver era senza dubbio il padrone di casa, Maiev. Era più alto e meglio piazzato di come lo descrivevano, con i tratti del viso affilati come un coltello, sopracciglia sottili arcuate su occhi neri viperei e capelli di un nero lucente tenuti corti in modo da ricadere sul collo, lasciando scoperta la fronte e senza nemmeno tentare di nascondere i capelli recessi in un vistoso picco di vedova. Sedeva sullo sgabello come se fosse solo un avventore del bar, e non il padrone di casa, con davanti a se una ragazzina che doveva essere davvero giovanissima, forse perfino dell'età di Riful o anche più piccola di un anno. Aveva tratti vistosissimi, capelli incolore tenuti corti e piercing vistosi sulle sopracciglia e ai lobi delle orecchie, vestiva secondo la moda punk che Denver aveva visto in molti riders di Klemvor, con una giacca a quadri aperta su di una maglietta con sopra stampati dei teschi ridenti, le mani con le unghie dipinte di nero ed una corta minigonna con motivi scozzesi. Accanto a lui un ragazzo di cinque o sei anni più anziano, forse il fratello, con la faccia più inquietante che Denver aveva avuto modo di incontrare quella sera, i capelli ossigenati fino al punto da sembrare bianchi rasati su di un lato e poi ripiegati sull'altro a formare un ciuffo, una ragnatela di tatuaggi con motivi tribali che gli sfiguravano tutto un lato del viso fino a proseguire sul collo e poi, probabilmente, anche su tutta la spalla o magari anche sotto la maglietta, visto che si intravedevano anche dai numerosi strappi dei jeans sdruciti. Ma non erano solo i tatuaggi a sfregiare il viso del ragazzo, essi erano disegnati in modo da risaltare, e non nascondere, file e file di cicatrici che partivano dalla fronte fino al collo, in un certo senso anomali perché non sembravano neanche casuali anche se nessuno era così pazzo da conciarsi il volto in quella maniera in modo deliberato, e di certo c'era da rifiutare fermamente l'idea che quel ragazzino se li fosse autoinflitti per il solo scopo di atteggiarsi. Di sicuro non era una visione che metteva a tuo agio, e di certo non aiutava l'espressione vuota e la posa menefreghista, con le mani ficcate nelle tasche e la custodia di uno strumento musicale a corda tenuta sulla spalla, forse un basso o una chitarra.

    I buttafuori non uscirono dall'ascensore, obbligando invece Denver ad entrare nell'attico da solo. Come il reporter mise piede nell'appartamento, Maiev lo adocchiò e disse alcune parole rivolgendosi in modo esplicito alla ragazzina, con l'accompagnatore di questa che sembrava davvero poco coinvolto nella conversazione.

    « Pensaci. »
    Disse ancora Maiev con un tono di voce di quelli abbastanza aggressivi, posando il calice di vino sul banco e poi spegnendo un mozzicone di sigaretta su di un posacenere lì vicino. La bambina guardava ovunque tranne che nella direzione del suo interlocutore, e sebbene forse era solo un'impressione evitava anche di guardare il ragazzo alla sua sinistra. Piccoli indizi come il piede che toccava continuamente la base dello sgabello o una mano che non riusciva a smetterla di giocherellare con un bottone facevano capire chiaramente che era sotto pressione, a disagio.
    « Intanto andate da Aria e fatevi pagare per la serata. Se il pubblico che conta apprezza, avrete un extra per la prossima live. Io sono un uomo generoso, non mi faccio problemi con i soldi. Capite? Ditelo anche ai vostri compagni. E nessuno verrà ad infastidirvi finché suonate nel mio locale, intesi? »
    Alzò lo sguardo su Denver, gli rivolse un cenno sbrigativo e poi indicò l'ascensore alle sue spalle, ancora aperto con i due gorilla in attesa.
    « Ora fuori dai piedi. Andate a prepararvi. »
    La ragazzina scese dallo sgabello e sgattaiolò via, seguita a ruota dal ragazzetto che pure scoccò a Denver uno sguardo a metà fra il disinteressato e l'astioso. Nel giro di pochi secondi la coppia sparì nell'ascensore, e Denver rimase apparentemente da solo, con Maiev.

    « Ho poco tempo, fra poco mi aspettano per una cena di affari. Però Klaus dice che probabilmente incontrarvi merita il mio tempo, ed io tengo sempre in gran considerazione l'istinto di chi sa preparare un Singapore Sling che non mi fa venire voglia di spaccare il bicchiere in testa al barista dopo il primo sorso. Pertanto... »
    Si girò sullo sgabello, poggiò entrambe le braccia sul bancone alle sue spalle e sorrise. Non era il più bel sorriso del mondo, e nemmeno il più sincero...
    « Ditemi chi siete e ditemi perché volete incontrare la mia donna. Ma prima ancora, voglio sapere da che team provenite e in che rapporti siete con il signor Hanged Man, che con tanta naturalezza avete approcciato al bar qua sotto. »
    Un fraintendimento? Probabile. Anzi, sicuro.
    « Nessun rider si avvicina all'Impiccato senza una ragione precisa. Klaus non è riuscito a capire di che cosa stavate parlando fra voi, ma d'altronde nemmeno mi interessa. Io voglio solo sapere chi siete, tutto qui... »
    Quel malinteso un senso ce l'aveva, se si da per buono quanto detto da quello strano figuro mascherato là sotto, ovvero che lui è "uno famoso". Denver si era presentato come un parente di Suzaku, aveva una maschera ed era abbastanza eccentrico per essere scambiato per un riders, niente di strano in un locale frequentato appunto da storm riders. Se tutti i riders conoscono l'Impiccato, allora era logico pensare che lo conoscesse pure Denver, e per qualche motivo Maiev trovava "sospetto" il fatto che di tutti i luoghi Denver si fosse diretto proprio al banco, da quest'ultimo...

     
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    Viene accompagnato verso tre porte di metallo a cui il giornalista non aveva fatto caso, ingegnosamente collocate dietro l'isola del bar e nella parete opposta rispetto ai bagni, in una posizione tale da non dare nell'occhio. Si accorge appena in tempo di un gradino, un rialzo nella pavimentazione che segna il confine fra il dominio dei comuni mortali e quello di coloro che possono vantare di essere qualcuno da quelle parti.
    Si sofferma su un particolare su tutti all'interno di quella sorta di privé: un grosso cubo di vetro troppo ingombrante per essere una semplice idea di arredamento, e troppo spazioso perfino per essere il palcoscenico sicuro per i balli di qualche ragazza-immagine. Addirittura è inclinato abbastanza da rendere difficile a delle persone comuni perfino stare in piedi là dentro. Sogghigna. A meno che non abbiano delle Air Treck e sappiano usarle.

    Gli energumeni rivelano una piccola tastiera celata nella parete, sulla quale fanno scorrere dei piccoli rettangolini di plastica, e la porta di un ascensore si apre davanti a Denver con un tintinnio metallico. Avrebbe preferito le scale, ma i due impiegati non possono permettersi il rischio di un inseguimento tutto in salita nei confronti di un uomo grosso la metà di loro che potrebbe essere o meno uno Storm Rider, per quanto in su con gli anni.
    È l'ascesa meno aerata della sua vita, ma il secondo ting arriva in fretta, prima ancora che il giornalista cominci ad accusare i dolori derivati dallo schiacciamento in quell'interno concepito per non più di un paio di persone robuste alla volta. Il ronzio morbido della porta dell'ascensore che scorre copre per un istante la musica ambient dell'attico diffusa da altoparlanti che l'americano non riesce a vedere.

    Quello di Maiev è un appartamento di piccole dimensioni, ma pulito e arredato con un buon gusto che Denver si stupisce di vedere in un gangster di poco conto. Si tratta di un soggiorno unico con divani in pelle posti gli uni di fronte agli altri, ma ciò che lo colpisce maggiormente è ciò che scambia ad una prima occhiata per una biblioteca, ma che si rivela essere in realtà una videoteca ricolma di videocassette, dischi e pellicole. Il Signore sa quanto Denver ci abbia messo ad aggiornare la sua cultura tecnologica dagli Stati Uniti del 1930 fino almeno ad ottanta, cento anni dopo per gli standard del suo mondo. Dopo essersi aspettato in Endlos un mondo più tecnologicamente arretrato, tra l'altro. Accanto trova invece un enorme televisore, collegato a varie apparecchiature più o meno moderne tramite un viluppo di cavi.
    Quando nota di non riuscire a trovare un letto o la porta del bagno, si accorge di un paio di scale a chiocciola e del quinto piano dove esse portano. Nell'area opposta c'è una piccola cucina a vista, e infine, al centro della stanza, un bar non dissimile nella forma a quello del piano terra.

    Il suo uomo è seduto su uno sgabello, come se fosse un avventore qualsiasi. Le descrizioni che circolano nell'area non rendono giustizia a Maiev, più imponente di quanto il giornalista non si sia aspettato. Appena più sottile di Denver, forse un po' più alto, dai lineamenti sottili e i capelli brillantinati e pettinati proprio come quelli del giornalista, ma più lunghi e con un picco della vedova che ne evidenzia l'arretramento.
    Con lui due ospiti: innanzitutto una ragazzina di dieci o undici anni dai capelli bianchi e corti, con piercing su sopracciglia e orecchie. Veste con uno stile familiare, tipico degli Storm Riders, e Dio solo sa come... come tutto ciò possa essere sfuggito ai suoi genitori. Sempre che ne abbia, aggiunge Denver mentalmente con amarezza. In piedi è invece un ragazzino sui sedici anni, ma che ad una prima occhiata pare dimostrarne almeno trentasei. Con tatuaggi che ne sfigurano il volto e che ne esaltano le numerose cicatrici subite chissà come, e un abbigliamento e un'acconciatura anch'essi assurdi, il giornalista non riesce neppure a mantenere lo sguardo su di lui.

    I gorilla non lo seguono fuori dall'ascensore, e il giornalista si trattiene dal tirare un sospiro di sollievo solo perché è consapevole che ora si trova nella tana del puma. Perché, per quanto poco influente Maiev possa essere, egli sta giocando in casa. Denver, invece, può scegliere se essere un perfetto signor nessuno o l'uomo dalla testa più preziosa di tutti e sei i Distretti. Come giocare a scacchi, ma senza diversi pezzi, e il suo obiettivo finale è quello di dichiarare scacco alla Regina.

    « Pensaci. »
    Insiste Maiev (su qualunque cosa egli stia di fatto insistendo), posando un bicchiere di vino bianco e spegnendo una sigaretta su un posacenere lì accanto. La bambina con cui sta parlando non lo degna di uno sguardo, anzi, sta attivamente cercando di incrociare gli occhi dell'uomo.
    « Intanto andate da Aria e fatevi pagare per la serata. Se il pubblico che conta apprezza, avrete un extra per la prossima live. Io sono un uomo generoso, non mi faccio problemi con i soldi. Capite? Ditelo anche ai vostri compagni. E nessuno verrà ad infastidirvi finché suonate nel mio locale, intesi? »
    Quindi quei due ragazzini sono musicisti. Eppure, il giornalista teme che ciò che il gangster stia chiedendo loro sfoci in qualcosa di oltre. Altrimenti, per quale ragione quella bambina pare essere così dannatamente nervosa?
    « Ora fuori dai piedi. Andate a prepararvi. »
    Maiev alza finalmente lo sguardo su Denver, mentre i due Storm Riders si defilano veloci passando accanto al giornalista, facendosi inghiottire poco dopo dall'ascensore.

    « Ho poco tempo, fra poco mi aspettano per una cena di affari. Però Klaus dice che probabilmente incontrarvi merita il mio tempo, ed io tengo sempre in gran considerazione l'istinto di chi sa preparare un Singapore Sling che non mi fa venire voglia di spaccare il bicchiere in testa al barista dopo il primo sorso. Pertanto... »
    Denver gli sorride, ma Maiev non può vederlo. Nel frattempo il giornalista ha lanciato occhiate in giro, senza tuttavia trovare telecamere visibili. Possibile che non ce ne siano?
    « Ditemi chi siete e ditemi perché volete incontrare la mia donna. Ma prima ancora, voglio sapere da che team provenite e in che rapporti siete con il signor Hanged Man, che con tanta naturalezza avete approcciato al bar qua sotto. »
    Team? Maiev quindi pensa di avere davanti uno Storm Rider e non “zio William.”
    « Nessun rider si avvicina all'Impiccato senza una ragione precisa. Klaus non è riuscito a capire di che cosa stavate parlando fra voi, ma d'altronde nemmeno mi interessa. Io voglio solo sapere chi siete, tutto qui... »

    « Sono solo una persona molto amichevole, mister Maiev. » risponde Denver con suprema nonchalance. « Soprattutto, non sono uno Storm Rider. »
    Si porta una mano al volto. Al diavolo, non ha avuto il tempo di prepararsi storielle.
    « C'è un frainteso, comunque: io non sto affatto cercando Ahri Kobayashi. »
    Con un gesto cauto, il giornalista si toglie lentamente la maschera.

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    « Al contrario, mi risulta che sia lei a stare cercando me. »

     
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    « Sono solo una persona molto amichevole, mister Maiev.
    Soprattutto, non sono uno Storm Rider. C'è un frainteso, comunque: io non sto affatto cercando Ahri Kobayashi.
    »
    Dura solo un istante, ma è abbastanza. Un'ombra attraversa il volto dell'uomo, giusto il tempo da creare una smorfia a malapena accennata. Cos'era? Forse un'affermazione sbagliata, da parte di Denver. Forse quanto aveva appena detto aveva in qualche modo generato un moto di... delusione? O forse il reporter aveva appena contrariato il suo interlocutore?
    Comunque da quel momento l'attenzione di Maiev, prima totale, scema in modo inaspettato, come se all'improvviso avesse bollato quella conversazione come una "perdita di tempo". Naturalmente Denver ha ancora il suo asso nella manica, e con un'uscita teatrale rimuove la maschera presentandosi al boss mafioso con la sua vera identità.

    « Al contrario, mi risulta che sia lei a stare cercando me. »
    ... Ci riesce, ma a metà. Se l'attenzione iniziale si era più che dimezzata, ora poteva dirsi più o meno attorno ai tre quarti del livello massimo. Certo l'uomo non si aspettava di trovarsi di fronte un uomo da ottantuno milioni, certo per un momento sembra esitare e pare ponderare più che attentamente le sue successive parole, ma poi in qualche modo si alza dallo sgabello, butta giù l'ultimo mezzo sorso di vino bianco dal calice, si reca tranquillamente in cucina e si versa altre due dita dalla bottiglia ancora stappata, salvo poi richiuderla e riporla nel frigo con gesti estremamente naturali. Di sicuro avere un assassino ricercato e con una taglia da vivo o morto sulla testa non lo impressionava particolarmente...

    « Sì, ricordo. L'avevo quasi dimenticato, in effetti. Sono stato io ad assecondare quell'assurda richiesta, un colpo di testa se vogliamo. A volte è piuttosto brava ad ottenere quello che vuole, ma chi sono io per giudicare le sue amicizie...? Posso offrirvi qualcosa da bere? Ho del brandy, della vodka, dello champagne... »
    Richiuso lo sportello del frigo, si volta in direzione di Denver allargando le braccia in un gesto plateale e ben studiato. Poi, dando di nuovo le spalle al reporter come se nulla fosse, apre un banchetto in alto cercando qualcosa.
    « Negli ambienti dei cacciatori di taglie gira un certo filmato con voi come protagonista... oh, ne ho una copia, naturalmente. Non è un video dalla tiratura particolarmente bassa, qualcuno che non bada tanto a spese si è preso la briga di riprodurlo in centinaia di copie, in tutti i formati possibili. Esiste perfino una versione in psicolunghezza, quella merda di gelatina degli alchemicanti che ti spari direttamente nel cervello per vedere immagini come se fossero davanti ai tuoi occhi. Credevo si usasse solo per i porno, ma qualcuno ci tiene davvero molto che il maggior numero di persone possibili vedano quel video. »
    Trovò quello che cercava, aprì un rubinetto e lo passò sotto l'acqua corrente, salvo poi gettarlo direttamente nel vino bianco. Un chicco d'uva bianchissimo. Maiev sorrise.

    « L'ho riguardato almeno una decina di volte. Oh, non sono un appassionato del genere, non mi piace particolarmente vedere un uomo grande e grosso armato fino ai denti che spara a sangue freddo ad una ragazzina. Mi ha detto Ahri che andava alla sua stessa scuola, era di poco più giovane... E per di più era di sangue nobile. Sua madre ha amicizie davvero altolocate... »
    Qui c'erano un paio di... piccoli errori. Irrilevanti, per fortuna. O forse no...? La domanda da porsi in questi casi è: quanti di questi piccoli errori si è lasciata sfuggire la dolce Suzaku? Ma sopratutto: smentirla davanti a Maiev è una cattiva idea, una pessima idea, o un'idea potenzialmente catastrofica? Comunque il padrone di casa ignorava questi dettagli, ed era convinto di tenere il suo ospite sulle spine, e non aveva l'aria di uno a cui piace fare la figura del fesso che si fa prendere per il culo da una studentessa delle scuole medie.

    « Girano un sacco di voci, su quel filmato. Visto che siete qua e la vostra cara amica adesso sta dormendo, magari abbiamo tempo per toglierci un paio di curiosità, che ne dite? »
    Bevve un brevissimo sorso di vino.
    « Come mai l'ambasciatore dell'Est si è dannato così tanto l'anima a cercare hacker di ogni sorta per dimostrare che quel video era un falso? E' andato a rovistare perfino negli ambienti della mafia, come se qui nel Pentauron avessimo esperti migliori di quelli del Garwec. Ma sopratutto: quello nel video... siete davvero voi? L'uomo da ottantuno milioni vale quei soldi per aver ucciso l'erede del casato Kiryuin o... per qualche altro motivo? »

     
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