Serenity

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    Un sogno lucido. Quei rari momenti in cui ti svegli all'interno di un sogno. Sai chi sei, sai dove ti trovi, sei cosciente di dormire e percepisci perfino un intensificarsi delle percezioni sensoriali, o almeno dei sensi che in quel particolare frangente funzionano ancora come dovrebbero. Nel caso di Drusilia la vista funzionava, solo per qualche motivo non riusciva a girare la testa per guardarsi intorno, anche se quello era senza dubbio il primissimo istinto. Funzionava anche l'udito, anche se era tutto ovattato. Sembrava di stare sott'acqua, per certi versi, dovevano esserci un sacco di persone là intorno, ma la dama dei venti non riusciva a distinguere nemmeno una parola. Parlavano... voci pompose... paroloni dal tono alto tipico dei nobili. Ma di capire che cosa stessero effettivamente dicendo neanche per idea.

    « Lo so che ti stai annoiando... »
    Le avrebbe detto una voce familiare in tono comprensivo, anche se distante nel tempo e nello spazio. Era una voce che Drusilia non udiva da molto, molto tempo. Veniva da una vita precedente, letteralmente. Prima dell'Alfierato, prima di Laputa, prima di Endlos. Era davvero un sogno, dunque! Non c'era bisogno di una conferma del genere, comunque. Lentamente anche il senso del tatto decide di riattivarsi, e Drusilia adesso percepisce il proprio corpo come stranissimo. Estraneo. Più minuto, più leggero, non sente più la pressione familiare del seno sul petto, e nemmeno i capelli lunghi che le ricadono sulle spalle. E' nel corpo di una bambina, forse è tornata a quando aveva undici anni. E' tutto terribilmente fuori posto, e poi come mai ha in grembo un cappello come quello che mettono i bimbi ad Halloween per sembrare una strega? Somiglia un sacco a quello di...

    « Riful...? Ci sei ancora...? »
    Dice ancora il bambino albino davanti a lei da dietro una grossa scrivania in mogano. Occhi di un azzurro molto intenso, gli stessi della memoria di Drusilia, ma al contempo un po' diversi. Più quelli di... un bimbo. Dodici anni, forse. Drusilia invece l'ha conosciuto che era più grandicello. Ma è solo un sogno, questo tipo di distorsioni sono normali. Giusto...?
    La visuale si sposta da sola, come una telecamera settata malissimo, controllata da un poltergeist dai modi capricciosi. E' davvero una sensazione strana, come essere lucidi durante una possessione. C'era una vetrata enorme, alle spalle del bambino. Il telaio è in oro, oltre si vede un paesaggio completamente sconosciuto, una vasta città si estende verso l'orizzonte, e poi c'è il mare che brilla come una distesa di zaffiro irradiato dal sole del mattino. C'erano dei galeoni che veleggiavano verso mete ignote, il suono di campane in lontananza...

    Drusilia apre di nuovo gli occhi, stavolta però fissa il soffitto di una camera da letto, ed è immersa nel soffice abbraccio di un cumulo enorme di cuscini ricamati in pizzo di un rosa tenue, quasi bianco. Ci sono peluche dappertutto, bene ordinati sul letto in modo attento, l'uno di fianco all'altro con i più grossi al centro e quelli più piccoli a formare una composizione dall'aspetto gradevole ma in qualche modo anonimo. Quella stanza non era curata dalle mani di una madre, ci mancava quel tocco personale di qualcuno che effettua le pulizie e sistema gli oggetti pensando con amore a chi ci vive. In effetti, nonostante i colori e lo sfarzo, tutto quanto aveva un'aura terribilmente fredda. Magari nella realtà quello era un dettaglio che sfuggiva volentieri a chi non è molto empatico in queste cose, ma in un sogno risalta in maniera perfino fin troppo evidente. La persona che ci viveva non doveva avere un bel karma...
    Niente corpo da bambina, stavolta. Drusilia conservava il suo solito aspetto, sebbene di nuovo era certa di trovarsi in un sogno. Per fortuna non era strano e alieno come quello precedente, bensì più vivido e realistico. Oltre la balconata lo stesso paesaggio ignoto di prima, ed il mare -bellissimo!- in lontananza. A proposito, la porta-finestra era aperta, le tende di seta si gonfiavano sulla brezza marina.

    « Che ci fai, tu, nella mia stanza...? »
    Chiede la voce incolore di una ragazzina, e così Drusilia scopre di non essere sola in quel posto. A lato del letto spicca il bel visetto rotondo di una bimba dall'aria familiare, pure troppo. L'Alfiere riconosce prima di tutto il tono ed il modo di parlare, poi tutto il resto. Perché quella particolare versione di Riful l'aveva conosciuta solo una volta, e proprio in un sogno. Aveva i capelli lisci ed argentati, l'uniforme da marinaretta e poi l'immancabile mantellina ed il cappello da strega nero dalle larghe falde. Sostava a mezz'aria ma non cavalcava una scopa, bensì l'asta di una lucente falce da guerra argentata come i suoi capelli. Incassate negli occhi, due lucenti pupille ametista traboccanti disprezzo e arterigia.
    Non la riconosceva. Il che non era poi così strano, trattandosi quello di un sogno.
    Comunque Riful squadra di nuovo l'Alfiere e poi ribadisce in tono particolarmente arrogante:

    « Non sembri della servitù, non riconosco il tuo viso. »
    Dice ancora con un broncio cattivo, sempre squadrandola dall'alto verso il basso.
    « Hai dormito nel mio letto. Dovrei punirti in modo doloroso... »

     
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