Obsidian Guardian

All the World's Evil ~ Atto III

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    { Labirinto di Krarth }
    Lucius Nyx

    La domanda del Generale Nyx - che aveva finalmente dimostrato la compostezza richiesta dal suo ruolo - raggiunse l’Uomo Lavico ad un passo dal varco dimensionale.

    « Il mito lo ricorda solo come il “Guardiano d’Ossidiana”, forse nessuno gli diede mai un nome… o forse nessuno sopravvisse a sufficienza per tramandarlo. »

    Oltre il portale iridescente si stagliò un ambiente cupo, illuminato soltanto da gelide fiaccole verdognole. Le statue impolverate e le grate arrugginite ornavano un salone in pietra dalla tendenza architettonica incerta, che pareva più una commistione di stili differenti generati casualmente piuttosto che un progetto organico. Un lampadario pericolante in ferro battuto sormontava l’intero salone, diffondendo a sua volta la luce di un fuoco fatuo e freddo.

    « In questa prigione non ci sono celle nella loro accezione comune, poiché relegare per secoli un Titano nello stesso punto di confinamento potrebbe minare la stabilità della struttura del Labirinto. »

    Obsius spiegò come i Titani fossero creature in grado
    di erodere il tessuto dello spazio semplicemente esistendo.

    « Per tale motivo gli internati sono liberi di vagare, tuttavia gli incontri tra prigionieri sono estremamente improbabili: Krarth è uno “Spazio di Singolarità” virtualmente infinito e in continuo mutamento, perciò non ha confini ed è pressoché impossibile passare due volte per lo stesso anfratto. »

    La conformazione procedurale del Labirinto poteva quindi mostrare infiniti ambienti detentivi, impedendo ai reclusi di trovare punti di riferimento da utilizzare per orientarsi o per pianificare un’evasione.

    « È possibile raggiungere uno specifico detenuto solo conoscendone le coordinate prima di varcare il portale dall’esterno. Perciò dovremmo essere vicini… »

    Fu allora che una luce rossastra invase un corridoio che si affacciava sul salone, precedendo una colonna di fuoco che eruppe dall’androne come se quest’ultimo fosse un enorme sfiatatoio. L’aria s’increspò per il calore estremo e la pietra circostante si affumicò. Nella sfera percettiva di Lucius comparve una creatura in rapido avvicinamento, la cui anima ne preannunciava la natura aberrante.

    Il latrato inumano del Guardiano d’Ossidiana
    eclissò perfino il crepitio delle fiamme.


    La fiammata conta come un critico di natura energetica, presagibile dalla passiva di percezione dei pericoli. L’anima del Titano pare un ibrido tra umano e aberrazione, ma quest’ultima componente è quella preponderante.
     
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