Deep Beneath

All the World's Evil ~ Interludio III

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    { Geisine, Kerak }
    Lucius Nyx

    Non erano molti gli individui che potevano vantare una seconda visita a Kerak. A dir la verità, erano ancora meno le persone che lo avrebbero considerato un vanto. Naturalmente - per quanto riguardava il senso comune - tu saresti sempre stato un’eccezione: inoltrato nel remoto confine meridionale del semipiano, lontano dalla civiltà e reduce da un duello brutale, non saresti comunque rimasto spaesato in mezzo a quell’inferno magmatico.

    I ricordi della precedente escursione con Aristotelis avevano guidato i tuoi passi attraverso i cunicoli scavati nella pietra lavica. Al tuo arrivo a Geisine eri stato scortato da un silenzioso Flagellatore fino al lager da cui proveniva. La strada e la procedura d’ingresso ti erano quasi familiari, così come la sagoma spettrale del famigerato penitenziario, incastonato tra i vulcani di quella terra sterile. Stavolta non ti saresti fermato al Ponte dell’Oblio, stavolta non c’erano ricordi da estirpare o un’anima da cannibalizzare: ogni tua precedente traversia ti aveva condotto finalmente all'interno della prigione più disumana del Sud.

    Il Bastione dell’Oltretomba aprì i suoi neri cancelli a quell’inconsueto visitatore. Le scoscese scalinate di pietra lo avrebbero condotto nelle viscere dei livelli detentivi, dove innumerevoli cascate di lava confluivano in un bacino sotterraneo. L’aura inconfondibile di chi avrebbe fatto gli onori di casa proveniva da una balconata rocciosa affacciata sul baratro.

     
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    Rabbia.
    Un sentimento così strano.
    Lui è quello dei piani precisi, calcolati e spericolati; del soffrire senza lamentarsi, della vendetta consumata a distanza di anni. Eppure eccola lì, rabbia come un tizzone che bruciava nel guscio nero del suo corpo. Un intruso ardente da fissare con circospezione, rigurgito lavoso del suo sé subconscio, incomprensibile: la parte di Lei che ancora non era riuscito del tutto ad assimilare.
    Lui e la Tenebra dovrebbero essere un tutt'uno ora, ma la verità è che ci sono parti di lei troppo vaste per poter essere comprese. Frammenti troppo alieni e troppo primordiali, come la parte di Lei che ancora odia questo posto. E quindi anche lui lo odia con tutta l'anima, pur non riuscendo a capire perché.
    (Burattino.)

    Certo, non che ci sia molto da farsi piacere nella putrida architettura di Kerak. A cominciare dall'ingresso, quel ponte la cui traversata si era rivelata dolorosa e umiliante quanto l'altra volta.
    Superati i cancelli solo calore vulcanico, odore di carne bruciata, urla attutite e una palpabile aura di disperazione. Visioni degne dei migliori dipinti di Bosch; crudeltà tanto gratuita e fantasiosa da sembrare a tratti irreale. Eppure non è l'inumano trattamento dei prigionieri a farlo ribollire, no. Quello implicherebbe l'avere ancora una coscienza, da qualche parte.

    Comunque Bid avrebbe potuto anche degnarsi di aspettarlo all'entrata.
    Il suo è un percorso compiuto a testa bassa, concentrandosi sul mettere un piede di fronte all'altro onde resistere al tentativo di spaccare qualcosa - tipo la testa della sua guida spettrale. Non che abbia qualcosa contro di lui: è certo che sia un eccellente Flagellatore, riverito dai suoi colleghi e stimato dagli amici. È solo il bersaglio più vicino, comodo capro espiatorio per una rabbia insensata quanto l'esistenza di quello stesso luogo. I suoi muscoli fremono, e l'avere un braccio rotto e bendato al collo non fa che aumentare la sua frustrazione.
    Postumi dello scontro contro Bid'daum. Sotto le bende che gli coprono petto e braccia, ferite che ancora faticano a rimarginarsi - probabilmente perché parte di lui non vuole che si rimarginano.
    Un piacere perverso nell'osservarsi quelle ferite allo specchio; nel chiedersi quali sarebbero diventate cicatrici. Nel pungolarsele provando un pizzico di eccitazione ad ogni brivido.
    Sentirsi orgoglioso di essere sopravvissuto. Di essere stato segnato. E gli era dispiaciuto, stranamente, di non aver più quello straccio del suo precedente corpo, perché sulla pelle bianca i lividi violacei sarebbero risaltati ancora di più.
    Malato masochismo.
    Aveva mai avuto altro?

    Di sicuro non gioia. Di sicuro non ora. Già detto che era di pessimo umore?
    Non è abituato a cose che non può controllare, specie se quelle cose sono parte della sua stessa mente. Irritazione per il fatto di essere irritato, talmente spessa da fargli evitare persino le battute.
    Nemmeno una citazione da Romeo e Giulietta mentre scorge Bid sulla banconata; nemmeno una camminata sul muro a cui lui avrebbe risposto con uno sguardo totalmente assente. Si limita a seguire passivamente il Flagellatore nell'edificio, raggiungendo le spalle di Bid dopo molti scalini e un paio di inciampi.
    Fa fottutamente caldo. Ma poi, Bid è in grado di sudare? Cioè, gli insetti sudano? O imparare a non sudare è stata una skill acquisita nel tempo nel tentativo di sembrare più imponente?
    Sdrammatizziamo. Perché la verità è che gli fa un po' male guardarlo.
    Ricordarsi di quanto loro due siano miserabili.

    «Chi ha creato questo cazzo di posto?»
    (E ti ricordi quando parlandoti riuscivo solo a darti del Lei?)

    La voce, esasperata. Negli occhi, una supplica silenziosa:
    dimmi che non sei stato tu.

    «E... Perché?»
    Un sospiro d'incertezza, mentre si porta accanto al patrigno per poggiare il gomito buono sulla balconata. Cercando di ignorare il panorama.
    Crudeltà di questa portata non dovrebbero essere immaginabili da mente umana.

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    Edited by Zero - 13/3/2018, 00:29
     
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    Oltre la balaustra si estendeva la camera magmatica spenta che conteneva i livelli detentivi. Indifferente al calore derivato dai rigagnoli di lava che - attraversando la prigione - generavano l’energia necessaria per garantirne l’autosufficienza, il Comandante stava rimirando la miseria di cui aveva la soprintendenza. Fu sorpreso di udire una certa misura di biasimo all’arrivo di Lucius. Si voltò per rispondergli, usando lo stesso tono con cui gli aveva impartito lezioni di sciamanesimo – come se nonostante tutto non fosse cambiato nulla tra loro.

    « Un Alfiere del passato di cui si è quasi perso il ricordo. »

    Per quanto la storia recente sembrasse favorire una sorta di plutocrazia, anche il Sud aveva ospitato dei sovrani. La cristallizzazione delle loro volontà aveva spesso prodotto diversi orrori, ma il Bastione dell’Oltretomba risultava decisamente fuori scala rispetto a tutto il resto. Il fatto che l’identità del suo perverso ideatore fosse così oscura pareva controintuitivo, ma in un mondo tanto instabile non era raro che la coscienza collettiva si prodigasse per dimenticare le proprie pagine più turpi. Come se ciò potesse bastare per cancellare le colpe e ricominciare da capo.

    « Il motivo mi pare piuttosto evidente: pensi che sia saggio imprigionare eventuali disertori della Legione nelle normali carceri gestite dai loro commilitoni? Oppure tenere nei confini della capitale delle creature sperimentali radioattive e immortali? »

    A queste categorie quasi legittime di dannati si aggiungevano però prigionieri politici e personalità scomode alle eminenze grigie che reggevano le redini del Presidio: detenuti che dovevano scontare mesi di agonia per pura vendetta, senza alcuna prospettiva di riabilitazione.

    « Kerak esiste per isolare questo genere di minacce e per reprimerne la pericolosità sono necessarie delle misure drastiche. »

    Un male necessario e fine a se stesso, una contraddizione seppellita ai confini del mondo. Forse le aspettative del ragazzo che un tempo agognava di visitare il lager non combaciavano con la realtà che lo attendeva… o forse la sua prospettiva era cambiata di recente?

    « Tuttavia esistono internati per cui nemmeno Kerak è sufficiente. »

    Sganciò una bomba con disinvoltura,
    allontanandosi dal parapetto per dirigersi altrove.

    « Vorresti vederli? »

    Si avviò senza aspettare una risposta, fiducioso che sul buonsenso avrebbe prevalso
    la curiosità morbosa di scoprire cosa ci fosse più in profondità dell’inferno stesso.

     
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    Annuisce con aria assente alle spiegazioni di Bid, lo sguardo intensamente puntato sulle pietre della balaustra.
    Isolare e reprimere. Si chiede per un istante se sia davvero necessaria, tutta quella violenza. Trova antiestetiche le carneficine indiscriminate, un inutile dispendio di energie. Ma dopotutto, nulla conosce dei poteri di chi risiede lì dentro. Tutto quel che sa è che i prigionieri vanno spezzati nell'animo, oltre che nel corpo.
    Riservatezze che si tiene per sé. Ha paura di schiudere le labbra; teme ne uscirebbero solo bile e rancore. Ma quando Bid fa la sua proposta, non può trattenersi dall'esalare:

    «No.»


    Un'imposizione che sa di pietà, accompagnata dall'innalzarsi di una parete nera a bloccare l'avanzata di Bid. Un muro di oscurità spesso quanto un foglio di carta: un invito ad attendere, più che un vero impedimento.

    «Non... Ora. Io non...»
    La voce rauca e spezzata, gli occhi chiusi e umidi di lacrime già asciugate dall'afa. Si è portato la mano buona alla fronte, e ha tutto l'aspetto di una persona che ha bevuto troppo ed è ad un passo dal rigurgitarsi anche i polmoni.
    Espira lentamente. Una, due volte. Sente le labbra secche.

    «Questo posto è... Troppo simile all'Inferno. Quello vero. Ci vivevo una volta... Cioè, ci viveva Lei, ma non importa.
    Ed era un posto tranquillo, meraviglioso e quieto, ma poi i Demoni ci sono caduti dentro e mi hanno fatta a pezzi e hanno riempito la mia pozza di casino e anime urlanti. Ma loro non sono riusciti a uccidermi e io non sono riuscita a schiacciare loro, quindi questa partita è ancora tutta da giocare.
    »
    Parole sbagliate, provenienti da un volto sbagliato vestito d'un odio sbagliato. L'espressione, una maschera di puro odio che mai Mr. Tengo Tutto Sotto Controllo avrebbe indossato: gli occhi strabuzzati, la bocca spalancata e ogni centimetro della pelle distorto al limite, come se la carne stentasse ad esprimere appieno un rancore tanto viscerale.
    Bid'daum aveva già visto Lazarus/Lucius incazzato, ma questo era qualcosa di molto diverso. Era una rabbia che ribolliva da milioni di secoli.
    «E mi fa schifo che voi esseri di carne e sangue abbiate realizzato un posto simile, perché speravo che foste diversi da loro. Non meno abietti, solo diversi.
    Mi offende, questo luogo; è la becera imitazione di un abominio che non avrebbe mai dovuto esistere. Dovreste avere paura degli Inferi, non cercare di ricrearli sulla terra! Siete così ansiosi di finirci dentro, tutti quanti? Quella era la MIA pozza! E sono stufa di voi materia che deve sempre costruire e bruciare e fare cose, invece di stare ferma. Quando c'ero solo io era tutto così fermo.
    »
    Un profondo respiro. Una mano alzata in segno di stop. Il viso che collassa in un'espressione di pura stanchezza.

    «Dammi... Un attimo per calmarmi, va bene? Non voglio... Rischiare di farti del male. Puoi passare il tempo ricordandomi che fondermi l'anima con un frammento di oscurità primigenia è stata una puttanata colossale, se ti va.»
    Si accascia contro la balconata.
    Profondi respiri, profondi respiri. Concentrarsi sull'aria ardente che gli faceva bruciare le narici e pizzicare gli occhi; sulle stille di sudore che gli gocciolavano sulla pelle. Sulla sua umanità (una risata in sottofondo), la sua carne, l'essere qui e ora.
    Tenebra, ma in corpo di carne e sangue. Razionale. Controllata.
    Ah, stava sbagliando tutto, vero? La sua presentazione. Aveva il copione scritto nella testa, ma questo pietoso antefatto avrebbe rovinato tutto.
    Sdrammatizzare. Cambiare argomento. Distrarsi.
    Un dubbio!
    Il sorriso malato di un ubriaco, un secondo prima che ti vomiti sulle scarpe.

    «Giusto per curiosità... Tu hai evitato di giocare con il frammento di Tenebra che sta sopra Merovish per prudenza, o non ti sei mai accorto della sua esistenza?»
    Una domanda fatta al puro scopo di pungolare Bid; recuperare un briciolo di compiaciuta arroganza, pur nella sua condizione disagiata.
    Dubita fortemente che Bid sappia, o avrebbe tirato fuori la questione molto tempo fa. Lui stesso se n'è accorto solo di recente, quando lui e la Tenebra sono diventati un tutt'uno e ogni ombra è diventata sua sorella.
    E lui ha iniziato a sentirle parlare.

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    Si fermò restando voltato durante la sfuriata sbraitata per intercessione di Lucius, percependo chiaramente i tumulti energetici che avevano costretto il ragazzo a fare da portavoce per un sdegno arcaico e decisamente infantile. Il Buio poteva pure scalpitare e indignarsi per gli inferi surrogati di Kerak, ma l’esistenza del lager non avrebbe influenzato comunque la disputa sul possesso della sua placida pozzanghera nell’Ade.

    L’esasperazione di una reliquia degli eoni era talmente
    patetica da non meritare nemmeno uno sguardo.

    « Avresti potuto fonderti con una Tenebra meno suscettibile. »

    Riprese a parlare non appena Lucius recuperò il controllo sul suo corpo. Il riferimento ad un frammento d’oscurità nel sottosuolo del Sud gli riportò alla memoria alcune spiegazioni fornitegli dal Cerimoniere sulle origini di Merovish.

    « So che l’Upperdark non è un semplice fenomeno naturale, ma purtroppo sono già impegnato a trattare un’altra maledizione primordiale. »

    Non lo aiutò a risollevarsi perché rispettava il proponimento pronunciato tempo addietro dal ragazzo mulatto: Lucius aveva detto di voler camminare al suo fianco, senza più accodarsi né dipendere da lui. Era giunto il momento di dimostrarlo.

    « Tuttavia potresti avere l’occasione di occupartene personalmente… sempre che tu sia ancora in grado di stare al passo. »

    Ricominciò a camminare quando dal pavimento antistante emersero sei gemme differenti - rubino, ametista, zaffiro, smeraldo, topazio e ossidiana - compattate a formare un esagono. Da esse affiorò un fascio luminoso che aprì un portale iridescente davanti a lui. La fenditura spaziale irraggiava un tremendo sentore di pericolo.

    Bid’daum la varcò con un passo senza rallentare.

     
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    "Avresti potuto fonderti con una Tenebra meno suscettibile."

    A quelle parole lui risponde con uno scrollar di spalle e un sorriso storto, come a voler dire "non ho scelto io di nascere con una scheggia del concetto primordiale di Buio nell'anima ¯\_(ツ)_/¯"

    Al resto del discorso di Bid, invece, lui replica con uno sbuffo scocciato.
    Certo, era stato lui a chiedere a Bid'daum di portarlo in gita scolastica, ergo si aspettava di venir guidato in giro. Ma quel modo che lui ha di atteggiarsi―i misteri, l'altezzosità, il "vediamo se sai stare al passo"―lo fa sentire così piccolo. Come se lui fosse ancora il timido ragazzo albino, e Bid l'oscuro sciamano e maestro.
    Forse dopo la sua finta morte avrebbe dovuto semplicemente scomparire. Rompere le vecchie catene. Inizia a sentirsi imprigionato, strozzato in un ruolo che gli sta sempre più stretto. E con la ripetizione torna l'ennui, la noia, e quella sensazione di vuoto che gli fa tremare lo stomaco.
    (Nulla ha un motivo e niente ha un perché. )
    Ma forse a strozzarlo è solo il caldo, e quella dannata benda che gli tiene il braccio legato al collo.

    «Ho i miei piani riguardo l'Upperdark.» risponde scocciato «E te ne parlerei se tu stessi fermo.»
    S'affretta a seguirlo nel portale, incurante della silente voce che gli urla PERICOLO nel cranio.
    Perché la verita è che ancora un po' gli piace seguire Bid nelle sue imprese pazzoidi. E se c'è del dolore ad aspettarlo, forse servirà a tenere il nervosismo sotto controllo.

    (Cane.)


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    Oltre il portale si profilò un ambiente irreale.
    Un salone dai confini indefiniti esibiva un’architettura dalle caratteristiche semplicemente impossibili. La passerella infinita delimitata da file parallele di candele separava due ali di pavimentazione vermiglia. Ad eccezione della passatoia, la superficie presentava contemporaneamente proprietà solide e fluide, il cui volume veniva continuamente rimpinguato dal gocciolio sanguinolento che sgorgava da una sorta di altare. I due visitatori si ritrovarono proprio ai piedi all’ara colossale, su cui avvampava una fiamma fredda e silenziosa, raggiungibile attraverso una scalinata.

    « Benvenuto nel Labirinto di Krarth. »

    Se c’era un nome che poteva rivaleggiare con quella di Kerak in quanto a timore reverenziale,
    era proprio quello che Bid’daum proferì in modo ben poco plateale.

    « Più precisamente ci troviamo nella sala di controllo della prigione tetradimensionale, da cui si può avere una panoramica di tutto il Labirinto. »

    Si avviò lungo il camminamento e le fiammelle delle candele restarono
    fisse al suo passaggio, senza tremolare come ci si aspetterebbe.

    « Da secoli qui sono rinchiusi i Titani di Krarth, imprigionati dal Primo Alfiere del Sud durante la sua campagna di unificazione del Meridione. Dopo l’ultima infiltrazione ostile, sfociata nel tentativo di evasione e nella successiva Battaglia dell’Arena, il meccanismo d’ingresso è stato trasferito a Kerak per concentrare la sorveglianza. »

    Aveva già raccontato al ragazzo di Aren, Nicolaj e del proprio coinvolgimento negli eventi che avevano portato all’assassinio di un aspirante Alfiere. Da allora si era deciso di non ripetere più la tradizionale “Prova delle Insegne” - una spedizione rituale all’interno del Labirinto stesso - per eleggere i futuri Pasha, così da scongiurare ulteriori istigazioni all’evasione.

    « Nessun alfierato ha mai riconsiderato la detenzione dei Titani, da un lato per rispettare la volontà del Condottiero, dall’altro per mancanza di risorse per gestire soluzioni differenti. Attualmente però ci troviamo in condizioni senza eguali nella storia del Presidio: disponiamo di mezzi ingenti ed esistono nemici extraplanari che minacciano la nostra sopravvivenza come mai prima d’ora – primi fra tutti quegli stessi attentatori che hanno violato l’Arena Nera. »

    Senza contare che le disposizioni di un sovrano ormai scomparso da secoli potevano non adattarsi più alle condizioni moderne, a maggior ragione se quello stesso monarca aveva lasciato in eredità anche una seccante Maledizione che gettava parecchi dubbi sulla sua effettiva assennatezza.

    « I Titani abitavano il Sud prima ancora della fondazione di Daleli e i pochi fuoriusciti hanno dimostrato una forza impareggiabile, prima di essere confinati nuovamente. In presenza di avversari problematici come il Padrone di Aren e Nicolaj, forse potremmo rivolgerci a chi per primo cercò di opporsi a un potere incontenibile che scambiò queste terre per il proprio parco giochi. »

    A quel punto nelle pseudo-vasche semifluide sottostanti s’iniziò a intravedere delle sagome titaniche, immerse in un’anomalia dello spazio in grado di sigillarne i poteri – un confinamento dimensionale che aveva esiliato gli esseri leggendari che nemmeno il Primo Alfiere era riuscito ad abbattere.

    « Molti di loro non collaboreranno mai, altri cercheranno sicuramente di riguadagnare la libertà con false promesse… ma sono certo che con qualcuno si potrà raggiungere un buon compromesso. Tuttavia avrei bisogno di un negoziatore in grado di trattare con creature tanto pericolose in mia vece… ed è qui che potresti entrare in campo tu. »

    Fissò lo sguardo sul suo ex-allievo, che sul suolo del colosseo d’ossidiana
    aveva dimostrato una tenacia in grado di tenergli testa.

    « Per questo motivo, Lucius Nyx, ti propongo ufficialmente di diventare Generale della Divisione Infernale presso la Legione delle Sabbie. Avresti il delicato compito di saggiare le intenzioni degli internati di Krarth, valutando la coscrizione dei Titani che reputerai adatti a combattere per il Meridione e a rispondere ai tuoi ordini. Naturalmente tale posizione ti garantirebbe anche l’autorizzazione per indagare sull’Upperdark come riterrai opportuno. »

    Il Comandante infine tacque, attendendo la risposta a
    quell’offerta formale di diventare Generale della Legione delle Sabbie.



    Edited by Bid'daum - 22/7/2018, 20:30
     
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    Va bene, va bene, lo deve ammettere: sarà anche diventato uno sciamano esperto quasi quanto Bid, ma quanto si tratta di fare scena, il suo ex maestro è ancora anni luce avanti a lui.

    Per qualche minuto se ne rimane in silenzio, lo sguardo fisso sulle vasche dei Titani. Una visione straniante quanto piena di sollievo, capace di spazzare via in un istante la becera disperazione delle carceri di Kerak.
    Niente sangue, urla né disperazione, qui. Questo è un tipo di orrore pulito quanto antico, il tipo di creatura di fronte al quale gli umani non sono niente. Creature per le quali provare riverenza, o perlomeno, un distorto senso di affinità.

    «Io lo sapevo che dopo la mia morte sarei dovuto sparire.» bisbiglia «Cioè, io avrei un Inferno da conquistare e tu invece mi proponi queste cose.»
    È eccitazione quella che gli fa tremolare la voce? Oh, sì. La sua testa già ribolle di mille idee e flashback da Evangelion, schemi, ipotesi, possibili tradimenti e modi di rimescolare la situazione. Persino quella parte di se stesso che è buio pare essersi calmata, intenta a calcolare come incastrare questo nuovo elemento nei suoi piani.
    Bid non ha mai detto che dopo averli liberati, i Titani debbano essere rimessi a posto...

    «Non c'è bisogno di persuaderli quando puoi soggiogarli.»
    Si volta verso Bid'daum, il tono di voce che cerca di suonare saccente/annoiato anche se il suo mood attuale, al momento, è quello di un bambino alle giostre. Glielo si legge dallo scintillio degli occhi; dal modo in cui i ghirigori magici sul corpo gli pulsano di rosso.
    «Ricordi quando siamo andati al casinò e ho tentato di controllare una tipa sputandole nel bicchiere? La Tenebra ha poteri persuasivi: basterà versare un po' del mio sangue in quelle taniche per renderli già più propensi a collaborare. E per inciso, era un potere che stavo cercando di dare a te, solo che tu non stai fermo. Tieni a cuccia le tue manie di controllo e lascia perdere i Titani un attimo.»
    Alza una mano. Una cortina di pece si solleva con essa, celando alla vista le vasche dei Titani e la loro colossale struttura di contenimento.
    Nell'oscurità totale, risplende flebile solo la luce delle candele.

    «Ti ho parlato dell'Upperdark perché te lo volevo offrire.
    Perché sì, la Tenebra sarà anche un'entità suscettibile, e sinceramente non ho idea del tipo di danni mentali che mi abbia arrecato nel corso del tempo. Ma il potere, Bid.
    »
    Il buio risponde ai suoi sussurri. Spire nere, leggere come serpenti di fumo, si arricciano intorno a loro.
    «Hai visto cosa ci ho fatto io in pochi anni. Immagina come potresti usarla tu.»
    Il problema dell'aver cambiato corpo: è difficile ghignare in faccia a Bid quando non sei più alto più di due metri. Tocca mettersi in punta di piedi per regalargli un sorrisaccio a pochi centimetri dal volto, e insomma, non è dignitoso.
    Però è il sentimento che conta.

    «E poi c'è anche un'altra cosa.»
    Fa un passo indietro e riprende il contegno. Serietà.
    «Hai passato la tua vita pensando di essere rotto. Meno di un Kuthiano, troppo diverso da un uomo.
    Io ti offro di diventare qualcosa di più.
    Questa non è un tipo di forza che proviene dall'autoflagellazione. È speciale. Un tipo di potere che una creatura vivente non dovrebbe possedere, parte delle leggi che governano il Multiverso stesso.
    »
    Lo guarda negli occhi.
    Malinconico.
    «Perché quello che ho visto nella tua anima non mi piace neanche un po', Bid.
    Questo disprezzo verso te stesso finirà per distruggerti.
    »
    Non ha il diritto di infilarsi nella vita di Bid, lo sa. Non ha il diritto di pretendere di capirlo.
    Eppure da quel giorno in arena non può evitare dal sentirsi triste ogni volta che lo guarda. Perché ci sono orrori che ti infliggi da solo, pienamente cosciente delle conseguenze, e altri che ti ristagnano nella mente come marciume.

    «E non avrai la tua risposta finché io non avrò la mia.» conclude, tornando ad accennare un sorriso.
    Generale della Divisione Infernale. Suona meglio di Alfiere del Nord, a ben pensarci.

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    Lo spettacolo doveva aver impressionato positivamente il nuovo spettatore. Lucius aveva colto il fascino di una struttura millenaria edificata nelle pieghe delle realtà - separata dal normale continuum spazio-temporale - che confinava creature leggendarie potenzialmente in grado di devastare l’intero Presidio. A giudicare però dal suo proponimento iniziale, forse non aveva ancora capito pienamente la resilienza delle entità segregate a Krarth.

    « Ti ricordo che i Titani non furono soggiogati nemmeno dal Primo Alfiere, perciò probabilmente la Tenebra avrà effetti piuttosto blandi su di loro. In più quelle che tu percepisci come “taniche” ti appaiono tali solo perché ci troviamo in questa sala: tieni a mente che nulla è come sembra nel Labirinto. »

    A quel punto però il ragazzo oscurò l’ambiente circostante,
    spostando il discorso sull’Upperdark e alcune prospettive di potere.

    « Indubbiamente sarebbe una risorsa notevole, ma non posso permettermi un salto nel buio senza le dovute garanzie: sono sopravvissuto fino ad oggi perché sono stato sempre io a controllare i miei poteri, non viceversa. »

    La luce soffusa delle candele tratteggiò appena i suoi lineamenti nell’oscurità. Era combattuto sulle parole del suo ex-allievo, sbilanciatosi in modo piuttosto indiscreto sulla condizione in cui lui versava. Se chiunque altro avesse osato proferire simili discorsi in sua presenza non avrebbe esitato a stroncarne la vita con le sue mani. Trattandosi però di Lucius, l’apprensione ottenne quasi per miracolo l’effetto opposto.

    « Non sei il primo e non sarai l’ultimo a cui non piace ciò che ha visto nel mio spirito. A furia di sfruttarlo come biglietto di visita, ha assunto una forma consona ad intimorire qualunque osservatore esterno. Viverlo dall’interno, tuttavia, è piuttosto diverso… »

    Era strano aprirsi con qualcun altro, mettendo a nudo le proprie dinamiche interiori. L’aveva fatto assai raramente perfino con gli altri Gerarchi, ma - sebbene tendesse a non fidarsi del prossimo per principio - stavolta le circostanze erano speciali.

    « Ho vissuto abbastanza a lungo da capire i miei limiti, ma non da accettarli. A dispetto della mia reputazione attuale, non sono mai stato un genio nello sciamanesimo: qualunque progresso abbia mai fatto ha sempre avuto come tappa obbligata l’insoddisfazione per le mie capacità. Ciò che tu interpreti come disprezzo autodistruttivo, per me è una forza propulsiva con cui convivo da sempre, grazie alla quale riesco a distruggermi e ricostruirmi ciclicamente – superando così le mie mancanze. »

    Era un’espressione di gratitudine quella che s’intravedeva nella penombra? Forse nel profondo era grato che in tutto il semipiano ci fosse almeno quel figlioccio acquisito in pensiero per lui, nonostante i loro alti e bassi.

    « Perciò non ho una risposta sicura da darti. Potrei tentare di assimilare ciò che mi proponi, ma non è detto che io riesca davvero a sfruttarlo quanto te. »

    Incertezza e mediocrità: questo era il vero Bid’daum, ben diverso dalla facciata di marionettista universale e irraggiungibile con cui si era presentato a Lazarus in quel cunicolo, tanto tempo prima.

     
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    "Ciò che tu interpreti come disprezzo autodistruttivo, per me è una forza propulsiva con cui convivo da sempre, grazie alla quale riesco a distruggermi e ricostruirmi ciclicamente – superando così le mie mancanze."

    «Poi sarei io il coglione masochista.» commenta a denti stretti.
    Perché per lui almeno il dolore è una scelta volontaria, e non un mezzo. Almeno a lui il dolore piace.
    Certo, c'erano voluti mesi e mesi di spasmi per farsi piacere anche i dolori dell'anima, quelli che ti spaccano la testa in due e ti fanno vomitare bile finché la tua gola non diventa carta vetrata. Quello è il tipo di sofferenza che ora considera naturale solo perché, ad un certo punto, qualcosa dentro di lui si è rotto. Perché l'alternativa era iniziare a riderne o morire.
    Ma almeno l'ha voluto lui. Una naturale evoluzione del suo giocare con lamette premute contro polsi troppo pallidi.
    Ah, questi momenti di sentimentalismo tra mostri. Agita i piedi sul posto— indeciso se fare un passo avanti per abbracciare Bid, o per tirargli uno schiffone in faccia.

    «Lo prendo per un sì con molte riserve.» conclude dopo un sospiro, optando infine per un passo all'indietro «Che è anche la risposta che volevo dare a te.»
    Sperava in un po’ più di entusiasmo, sinceramente, ma capisce la reticenza di Bid. Bestie strani, gli sciamani neri: autodistruttivi e malati, sì, ma anche estremamente cauti quando si tratta di decidere come farsi male. La Tenebra non è fatta per essere maneggiata da creature mortali, e lui è la prova di quanto male possano mettersi le cose quando giochi con un'entità simile.
    Gli avrebbe fatto cambiare idea. Aveva già un paio di piani in mente.

    Si volta e solleva una mano, come a voler asciugare del vapore da uno specchio. Al suo tocco l'oscurità scompare, tornando a mostrare le spire della prigione dei Titani.
    «Spendere ulteriore tempo su Endlos quando ci sono degli Inferi da conquistare non rientrerebbe esattamente tra i miei piani. E non sono nemmeno convinto che il ruolo di Generale mi si addica. È una cosa che mi metterebbe troppo in mostra, mentre io sono più il tipo che pianifica nell’ombra e pugnala alle spalle—almeno, Laz era così.» si morde un labbro
    «Io non so ancora bene cosa sono. Temo che mi sia rimasto il fascino per queste imprese suicide, però. E poi un po’ te lo devo, no?»
    Era un Lannister nel cuore; mica un Laputense.

    Un altro sospiro. Torna a voltarsi verso Bid’daum.
    «Come intendi giustificare la mia nomina alle alte sfere Merovishe? Lazarus Lee aveva un briciolo di influenza nel Presidio Sud. Io non sono nulla.»
    Una domanda candida, la voce colma di curiosità. Ancora non gli è totalmente chiaro come sia organizzato il Sud, chi tiri i fili e chi solo s’illude di essere un burattinaio.
    Gli angoli della sua bocca si increspano. Non ha intenzione di sputtanarsi l'identità segreta, ma quasi spera che Bid ufficializzi la storia del figlio illegittimo. Una giustificazione che quieterebbe molti animi, e che forse agiterebbe un po' quelli di certi laputensi che hanno i mezzi per fare due più due.
    Il che sarebbe anche divertente.


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    Edited by Zero - 4/8/2018, 12:45
     
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    Con la dissoluzione dell’oscurità il Labirinto di Krarth tornò a pulsare vivido davanti ai loro occhi. Dato che il responso finale di Lucius era stato un assenso con molte riserve, Bid’daum chiarì l’aspetto della visibilità pubblica – una tematica di cui comprendeva perfettamente l’importanza, dati i suoi trascorsi negli Eversori.

    « Non è necessario che ti esponga come farebbe un Pasha, né che tu abbia un ruolo diplomatico, perciò potrai restare ancora lontano dai riflettori. »

    A dirla tutta nemmeno i membri dell’Esarcato Commerciale erano particolarmente propensi a fare comizi nelle piazze oppure a interfacciarsi con le autorità estere. L’unica eccezione recente era stata la figura di Pasha Preek, sportosi anni prima dall’ombra del regnante di Yasul alla scomparsa di quest’ultimo e - forse proprio per tale avventatezza - defunto a sua volta all’apice del proprio percorso politico.

    « È mia prerogativa in quanto Comandante della Legione poter scegliere i miei Generali. In più dubito che qualche eminenza avrebbe da ridire su di una nomina pertinente alla Divisione più affine in assoluto alle mie competenze. »

    Lucius avrebbe presto scoperto che la Divisione Infernale comprendeva già diversi spiritisti e abomini difficilmente inquadrabili in un esercito regolare, perciò era palese che un responsabile nominato dal Kuthiano dovesse disporre di un’autorità fuori dal comune per imporsi su tali anomalie in sua vece. Le innumerevoli responsabilità del Comandante avevano rallentato il processo di maturazione di questo reparto non convenzionale, ma con un nuovo Generale in carica era possibile che anche questa Divisione della Legione riacquistasse un certo lustro.

    « Se non hai altre questioni urgenti da sottopormi, dovresti andare a sbrigare le pratiche necessarie per la tua coscrizione. Approfittane per rimetterti in sesto completamente e ripresentati a Krarth appena possibile: hai un intero Labirinto da setacciare e dovrai dimostrare al Presidio Sud il tuo valore, Generale Nyx. »

    Nonché attestare di non essere depositario di fiducia malriposta.

     
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    Annuisce appena, approvando tutti i discorsi relativi a nomine e segretezza.
    Una piccola parte di se, continua a chiedersi cosa ne penseranno gli altri ufficiali di lui. Lo riterranno un raccomandato? Dovrà trovarsi a sopportare gli sguardi acidi delle persone, il sospetto, l'antipatia di chi vuole scavalcarlo?
    Quasi ci spera. Un ecosistema diverso in cui giocare (e sboronare) non può che fargli piacere.
    «Chiamami se ci sono laputensi da incontrare, però.»
    Sperava almeno in una taglia sulla sua testa dopo il suo ultimo incontro con Khatep, ma niente. Che fine aveva fatto la vecchia mummia? Doveva iniziare a preoccuparsi?
    Umpf.

    Altri discorsi di Bid. Scartoffie da compilare, cose da fare.
    ("Approfittane per rimetterti in sesto completamente", seh. Prof, non è colpa mia se nel programma abbiamo saltato completamente gli incanti di cura.)
    Mai un momento di pace per loro, eh? Ma va bene così.
    Se si fosse fermato un attimo non gli sarebbe rimasto altro che osservare la propria disperazione.
    «Generale.»
    Ripete quella parola cautamente, come se la stesse assaggiando. Rigirando nella mente per vedere come gli sta. Non era nuovo alle posizioni di potere, ma questo ruolo suonava così... Ufficiale. Pieno di responsabilità vere, non di piani folli e di sprezzo per il pericolo.
    Responsabilità nei confronti di quel luogo. Il Sud era casa sua? Sì, un pochino sì.
    E in fondo, rimanere lì a fare Cose Malvagie con Bid era, forse, l'unico desiderio genuino che avesse mai avuto.

    «Certo, se lo avessi saputo prima mi sarei scelto un corpo più possente e minaccioso.» conclude con uno sbuffo, avviandosi verso l'uscita.
    «Con due corna.»


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