Inseguendo un'ombra

Chediya, un punto imprecisato

L'alba si alzava pigramente sulla valle e sul corpo dell'alchimista, mollemente appoggiato al fusto di un albero, posizione in cui aveva trascorso la notte in un sonno privo di sogni. L'ampia mantella nera lo ricopriva a stento, disegnando con discrezione i confini di un corpo irrigidito dal freddo.
Non si era ancora deciso a lasciare il morbido abbraccio di Morfeo quando si sentì picchettare sulla spalla destra; temendo l'arrivo di un animale si irrigidì, voltandosi di scatto.
Davanti al suo sguardo ancora intontito si palesò il volto placido di un uomo sulla trentina, smunto e dai capelli neri scarmigliati che lo osservava bonariamente, chino su di lui.
“Buongiorno, Reinhard.”

Istintivamente indietreggiò: più che l'apparizione dell'uomo, fu il fatto che conoscesse il suo nome a metterlo in allarme.
“C-chi... sei tu? Come conosci il mio nome?!”
L'altro sollevò la mano a fermare il prevedibile profluvio di domande.
“Posso dirti cosa non sono” rispose, in tono piatto. “Non sono Lord Aeon, né uno dei suoi uomini.
Non sono un nemico, insomma.”
L'alchimista si mise a sedere, solo parzialmente tranquillizzato da quelle parole, ma ancora pienamente confuso e assai poco contento che il suo nome fosse conosciuto in quei luoghi -o anche solo pronunciato.
“Ci conosciamo? Perché non mi ricordo di te, né di aver mai detto il mio nome a qualcuno, su Endlos.”
Lo sconosciuto poggiò le mani sulle cosce, rimettendosi in piedi.
“In un certo senso, sì. Nerocriso Camposanto di Malombra. Ti dice nulla?”
La memoria di Montecristo si riavvolse, portandolo indietro di circa vent'anni e - quando si fermò - gli parve di sentire il suo cuore accartocciarsi e poi esplodere contro le pareti del petto.
“Non esiste!” esclamò, tirandosi su di scatto.
“Lo interpreterò come un 'sì'.”
“Sei... eri un nobile, un nobile scomparso! Atavael mi ha parlato di te, oltre vent'anni fa.”
Nerocriso atteggiò il volto ad una smorfia contrita.
“L'utilizzo del passato non mi rende giustizia, non credi? Io sono.” rispose. “Proprio qui, davanti a te, fra l'altro.”
“Non - è - possibile.” tagliò l'altro. “Dovresti avere quasi trecento anni!”
“Non è probabile” concesse, con un mezzo sorriso. “E... trecentododici anni, otto mesi e sei giorni, per la precisione.”
Si fermò, accarezzando con il dorso delle mani il pastrano rosso cupo che indossava, lasciando che la stoffa aderisse al corpo - quasi a voler sottolineare la propria esistenza materiale.
“Portati benino, se permetti.”

Davanti a quell'atteggiamento e a quelle rivelazioni, Montecristo faticò non poco a trovare le parole adatte a replicare.
Si sarebbe aspettato di incontrare letteralmente chiunque su Endlos, ma non il redivivo Visconte di Malombra, eroe preferito del suo amico d'infanzia.
“Anche ammesso che io ti creda” cominciò, in tono zoppicante “Cosa vuoi da me?”
Il sorriso sul volto del Visconte si allargò. “Finalmente una buona domanda!”

“Prima di diventare Primo Alchimista,
facevi parte dell'élite dei Cacciatori, sì?”
“Sì, ma cosa c'entra--”
“Ed io vengo proprio a proporti una caccia! Non è meraviglioso?”
“Non direi, no. E comunque non ho con me le mie armi.”

Nerocriso sorrise, soddisfatto.
“A questo proposito” sillabò, mentre sollevava la mano destra con il pollice ed il medio protesi fin quasi a toccarsi.
Sotto di lui si formò una polla d'oscurità da cui proveniva una densa bruma color ruggine.
“Conosco la persona giusta.”
Schioccò le dita e la bruma si sollevò intorno ad entrambi, investendoli come una colonna porpora.
Svanirono.

Merovish - Bazar delle Talpe

“Tu non avevi il diritto!”
Le due figure fendevano la folla variopinta, proseguendo in linea retta ignorando bellamente ogni banco e bancarella, così come gli inviti dei mercanti d'ogni merce possibile ed immaginabile. D'altra parte a Merovish tutto era in vendita, anche l'impensabile.
Nerocriso camminava davanti, il volto altero e grigio che tentava di svettare sul fiume di persone; dietro di lui arrancava Montecristo, assai meno avvezzo a quel tumulto e troppo occupato nel tentativo di non perdere di vista il destinatario dei suoi improperi per preoccuparsi d'altro.
“Mi hai sentito? Non avevi il--”
“Ti ho sentito, Reinhard! Così come chiunque altro in questo buco sottoterra!” sbottò l'altro, spazientito. “Non avevo il diritto, come dici tu. Ma l'ho fatto ugualmente.”
Nerocriso si voltò di scatto, il volto contratto in un'espressio di rimprovero, tradita però dal luccichio divertito nei suoi occhi. “Il diritto è un concetto capzioso” affermò. I suoi tratti si ingentilirono e le labbra sottili ritrovarono la via per quel suo sorriso pacifico che aveva la capacità di disorientare più che d'irretire.
“Ma forse hai ragione, forse non avevo il diritto di farlo. Però ne avevo il dovere. Ci sono cose più importanti di una piccola ingiustizia, e talvolta bisogna ricorrere alle piccole ingiustizie come a dei mali necessari. In altre parole” concluse, nel suo tono più cordiale “Ormai ti ho trascinato qui, lo rifarei - e lo rifarò, se necessario.
Meglio assecondarmi, non credi?”

E mentre terminava la frase, scoperto con la coda dell'occhio il passante che li stava per superare muovendosi in direzione contrariaria alla loro, lo artigliò per un braccio traendolo a sé.
“Mi scusi, signore. Sa dirmi dove posso trovare il banco di Mastro Gingillo?”

Gran Mastro Gingillo.
Per vendere, comprare e rendere le vostre giornate più liete.



Le persone sono tanto forti da distruggere montagne ma troppo stupide per capire quando fermarsi.

Quel giorno Phanta si era deciso di uscire dalla sua piccola abitazione insabbiata, dato che viveva a Merovish, per godersi un giro fra la gente dopo tanto tempo.
In pochi sapevano che in realtà era un grande tiratore d'arco ma che il suo arco era andato distrutto tempo addietro contro una creatura particolarmente terribile. Nessun altro arco era paragonabile a quello che era andato perso. Né di legno dolce, né lungo e neppure corto.
Con il tempo la capacità di tirare le frecce era andata svanendo e così, Phanta, si ritrovava senza arco e senza capacità di lanciare le frecce.
Ogni giorno, proprio dopo essersi alzato e aver fatto colazione, lanciava però maledizioni e accidenti di ogni genere alla creatura che aveva distrutto la sua arma prediletta. Quelle riusciva ancora a lanciarle bene ma non poteva vivere solo di quello.
Aveva deciso quindi di ritirarsi a Merovish nella piccola casa che gli era stata regalata tempo addietro da un suo amico.
L'aveva trovata subito particolarmente accogliente a differenza del posto, quindi aveva optato per uscire il meno possibile. Era riuscito persino a trovare un povero sbandatelo che di tanto in tanto gli portava il necessario per vivere proprio davanti alla porta di casa sua.
Si chiamava Hunk e fu proprio lui ad essere fermato da uno strano tipo, seppur elegante, che cercava Mastro Gingillo.

"Gingillo dice?!"

Nelle mani teneva un piccolo sacco con alcuni viveri per Phanta, ignorando il fatto che proprio quel giorno fosse uscito da casa sua, e sembrava molto più vecchio di quanti anni effettivamente avesse. Forse era per quel motivo che lo avevano chiamato signore?

"Ah si ... quel vecchio pazzo. Lo vedete benissimo è proprio lungo questa strada sul lato destro ...", si affiancò persino all'uomo per evitare di fare confusione fra la sua destra e la propria, "... non potete proprio sbagliarvi. Quel tizio è molto rumoroso."

Hunk decise che era meglio non perdere altro tempo e di corsa iniziò a viaggiare verso la sua direzione.


°_°_°_°_°_°_°_°_°_°_°_°

”Meravigliatevi davanti a questo prodigioso porta rubini decorato in ceramica, avorio e alabastro ...”

"Ma guardi ... in verità è un porta biscotti."

”... ma certamente che può contenere biscotti. Può portare i rubini ma in caso non si possedessero ci si può mettere anche i biscotti. Non nego che non mi era venuta in mente questa cosa e penso proprio che alzerò il prezzo. Forza gente meravigliatevi davanti a questo prodigioso porta rubini e, nel caso foste poveri come me, biscotti decorato in ceramica, avorio e platino ...”

"Ma scusi non era alabastro prima?"

”Esso è un materiale cangiante e sarà sempre diverso per ogni volta che lo elencherò. Per questo costa mille e cinquecento monete d'oro."

"Eh?! Ma è impazzito? Non può venderlo a quel prezzo non lo prenderà nessuno ..."

”Non è mai detta l'ultima parola. Quanto ha in tasca?"

"In tasca? Penso di avere due monete di rame e una punta di freccia."

”Perfetto Signor. Phanta. Ha appesa concluso l'affare migliore di tutta la sua vita."

Phanta alzò il sopracciglio dell'occhio sinistro, quello che usava in passato per prendere la mira, con fare sorpreso prima di dare il contenuto delle sue tasche al mercante.
Quel porta biscotti avrebbe dato un tocco in più al mobile in cucina.
Dal canto suo Gingillo era molto contento di aver concluso l'affare e continuò ad esporre con gioia i suoi articoli.

"Forza gente non è questo il giorno in cui è meglio essere timidi. Fatevi avanti e lustratevi gli occhi con questi pezzi appena lustrati da Gran Mastro Gingillo."

“Molte, molte grazie.”
Nerocriso parve soddisfatto delle informazioni ricevute. Di contro, Montecristo non sembrò
apprezzare particolarmente la definizione di vecchio pazzo rumoroso.
Qualcosa gli diceva che sarebbe stato meglio - molto meglio - rimanere a Chediya. Perché non poteva mai
essere lasciato in pace?
—
“Stai scherzando” mormorò l'Alchimista.
“Mai stato così serio nella mia -inutilmente lunga- vita.”
Davanti al siparietto offerto da Mastro Gingillo presso il suo banco di chincaglieria varia e assortita, Montecristo traballò e così anche il beneficio del dubbio concesso a quel tale che professava d'essere un eroico nobiluomo decaduto di cui si erano perdute le tracce oltre trecento anni prima.
Con difficoltà, l'Alchimista si deterse la fronte imperlata da solitarie gocce di sudore, senza mai distogliere lo sguardo da quello strano ometto (che non avrebbe avuto alcuna difficoltà a definire pazzo, nella più gentile delle espressioni).
“Mi rifiuto di credere che quello rappresenti la soluzione al mio problema.”
“Farai bene a crederlo, invece” rispose Nerocriso da sopra la spalla. “Si tratta esattamente della persona adatta: abbastanza matto da accontentarci e troppo matto per rappresentare un pericolo per la nostra... la tua impresa.”
“Impresa che non ricordo di aver accettato di compiere.”
Nerocriso sbuffò, accompagnandosi con un gesto vacuo della mano, come se avesse voluto scacciare un insetto particolarmente petulante. “Sciocchezze! Sarà come ai vecchi tempi.” concluse,
mentre a passo svelto si staccava dal suo accompagnatore dirigendosi verso il tecnocrate.

Peccato che io abbia sempre odiato i 'vecchi tempi' - pensò Montecristo,
ma non si permise di dire nulla.

Nerocriso, frattanto, aveva raggiunto la bancarella con le braccia aperte e il solito portamento sospeso tra nobile e fatuo.
“Gran Mastro Gingillo, che piacere! Avrebbe un momento da dedicare a me e al mio amico?”

Gran Mastro Gingillo.
Per vendere, comprare e rendere le vostre giornate più liete.



Le persone sono tanto forti da distruggere montagne ma troppo stupide per capire quando fermarsi.

Qualcuno si avvicinò al suo banco, per la precisione due persone che sembravano proprio in cerca di lui e delle sue prodigiose chincaglierie.

“Gran Mastro Gingillo, che piacere! Avrebbe un momento da dedicare a me e al mio amico?”

”Siete per caso quei malviventi con cui ho fatto un affare al buio l’altro giorno?”, per quanto potesse essere una domanda a bruciapelo era palese che non avesse paura, ”Non sarà perché il generatore plasma lavico era difettoso vero?! Pensavo che avessimo risolto. O forse siete solo interessati a comprare qualcosa da me? In quel caso fatevi avanti.”

Con una mano afferrò un vecchio orologio dorato e passò subito a lucidarlo con grande cura e forza. Voleva proprio che splendesse come un piccolo sole.

”Tutto quello che vedete qui è in vendita. Quindi non fatevi problemi. Ad esempio lei giovanotto … ”, disse indicando il più giovane dei due, ”... sarebbe interessato ad un siero che rende voluminosi i muscoli. Non se la prenda a male però mi sembra gracilino per la sua età.”

“Malviv--?” domandò Nerocriso,
leggermente colto alla sprovvista da quella tirata da piazzista consumato.
“No, no” rispose subito dopo, scuotendo il capo con vigore non necessario. “Niente del genere!”

“Tutto quello che vedete qui è in vendita. Quindi non fatevi problemi. Ad esempio lei giovanotto… sarebbe interessato ad un siero che rende voluminosi i muscoli. Non se la prenda a male però mi sembra gracilino per la sua età.”

Nerocriso, che era il diretto interessato di quella inusuale proposta commerciale, rimase leggermente inebetito e non gli riuscì di proferire verbo. Si sentì invece - deliberatamente - il ridacchiare ciancioso di Montecristo, palesemente divertito dal vedere un eroe storico ridicolizzato sulla bancarella di un mercato delle pulci messo su sotto la volta di una caverna scavata nell'arida roccia di Merovish.
“Sai che avevi ragione?” disse, senza smettere di ridacchiare. “Questo tizio inizia già a piacermi!”
Meno abituato ad essere messo in ridicolo, Nerocriso non la prese con la stessa buona grazia, ma il senso comune (e quello degli affari) gli suggerirono di non considerarsi offeso - o almeno, non nell'immediato.
“La ringrazio per la gentile offerta, Mastro Gingillo, ma non è per questo che siamo qui. Senz'altro, però, desideriamo comprare qualcosa prodotto da lei; solo, vorremmo essere dei committenti speciali.”
Montecristo si schiarì la gola, affatto convinto da quella definizione - d'altra parte era scarsissima anche la sua convinzione riguardo la caccia che l'altro voleva proporgli. Anzi, che gli era stata - de facto - imposta.
“So che lei è un grande tecnocrate, un provetto ingegnere!” proseguì il Visconte “E questo mio amico, giustappunto, necessita della sua abilità. Sarebbe un tecnocrate anche lui ma - come vede - al momento gli mancano i ferri del mestiere.”
Fece una pausa, tirando per un braccio Montecristo e costringendolo a farsi più vicino.
“Quindi speravamo che poteste agire di concerto e--”
“Sì, insomma, mi serve un fucile.” tagliò corto Montecristo.
“Riusciresti a costruirmelo se ti fornissi il progetto?”

“Che modi...”

Gran Mastro Gingillo.
Per vendere, comprare e rendere le vostre giornate più liete.



Le persone sono tanto forti da distruggere montagne ma troppo stupide per capire quando fermarsi.


“La ringrazio per la gentile offerta, Mastro Gingillo, ma non è per questo che siamo qui. Senz'altro, però, desideriamo comprare qualcosa prodotto da lei; solo, vorremmo essere dei committenti speciali.”

Il vecchio mercante si strofinò le mani con fare vittorioso.
I suoi modi potevano apparire si strambi, ma dediti solo al fine di attirare un gran numero di clienti. Le cose che vendeva non erano cianfrusaglie, non tutte almeno, però non si vendevano certamente da sole.

“So che lei è un grande tecnocrate, un provetto ingegnere. E questo mio amico, giustappunto, necessita della sua abilità. Sarebbe un tecnocrate anche lui ma - come vede - al momento gli mancano i ferri del mestiere.”

“Sì, insomma, mi serve un fucile.”
“Riusciresti a costruirmelo se ti fornissi il progetto?”

A sentire quelle frasi l’armatura di Gingillo assunse un forte colorito verde, oltre ad emettere dei getti di vapore da alcune valvole sulla schiena.
Una cosa era certa, doveva essere entusiasta di partecipare a quel progetto.
Aumentare il livello tecnologico su Endlos era pur sempre una delle sue missioni, per quanto secondaria.

”Ma certo che posso costruire un fucile, mica siamo rimasti all’età della pietra? Mi sembra però di capire che però avete un progetto ...”, non gli sarebbe affatto dispiaciuto metterci le mani sopra dato che ogni progetto era oro per i suoi occhi, ” … posso costruirvi tutto quello che volete in meno di trenta minuti, dato che oggi ho portato con me anche la mia fidata scatola degli attrezzi.”

Un calcio dato a qualcosa di estremamente rumoroso sotto il banco, non lasciò molta fantasia alla coppia.

“Vedi? Rapidità ed efficienza, che vuoi di più?”
Che quel fucile non mi esploda in mano al primo sparo sarebbe stata una buona risposta, ma forse un po' troppo pungente nei riguardi di Mastro Gingillo. Al netto di ciò che poteva apparire - un vecchio pazzo rumoroso, certamente - si sarebbe anche potuto rivelare una mente assai più brillante di quanto non riuscisse ad apparire. In fin dei conti, concluse Montecristo, lui stesso era ben diverso da ciò che appariva.
Si limitò ad annuire, guardandosi intorno come se stesse cercando qualcosa senza tuttavia riuscire a trovarlo.
Intuendo la sua necessità, Nerocriso fece per sorridere e schioccare nuovamente le dita, ma prima che ci riuscisse, l'Alchimista era già passato all'azione: le sue mani avevano incontrato un pezzo di legno abbandonato lì da qualche parte. Lo prese fra le dita, rigirandolo con aria assente, come se lo stesse studiando in ogni sua più piccola imperfezione. Una lieve scarica elettrica attraversò le sue braccia e da quel ciocco di legno prese a sorgere una forma differente: non era esattamente un foglio di carta, ma ci andava abbastanza vicino.
Quando ebbe terminato il processo alchemico, Montecristo afferrò con decisione un carboncino presente sul banco del tecnocrate, iniziando a disegnare le forme dell'arma di cui aveva bisogno.

“Si tratta di un fucile da caccia” spiegò, mentre la sua mano continuava a tracciare la linea sottile e lunghissima della canna.
“...con qualche modifica.”

Proseguì in silenzio per circa un minuto, poi rivolse il foglio con il bozzetto a Mastro Gingillo.

“La canna deve essere leggermente più lunga della media, aumentando gittata e potenza. Sarei anche dell'idea di aggiungere degli scarichi supplementari per attutire il rinculo - dovrebbe essere fattibile.”
Mentre parlava, continuava ad indicare le parti fondamentali con la punta del carboncino. Infine, posò i suoi occhi dorati sul tecnocrate.
“Che ne dici?”

Gran Mastro Gingillo.
Per vendere, comprare e rendere le vostre giornate più liete.



Le persone sono tanto forti da distruggere montagne ma troppo stupide per capire quando fermarsi.

“Si tratta di un fucile da caccia ... con qualche modifica. La canna deve essere leggermente più lunga della media, aumentando gittata e potenza. Sarei anche dell'idea di aggiungere degli scarichi supplementari per attutire il rinculo - dovrebbe essere fattibile.”

Gingillo guardò l'abbozzo di progetto via, via che venne disegnato sul pezzo di carta. Nella sua mente già lo vedeva completo nelle sue mani, per poi dividersi fra le sue mani rivelandogli ogni ingranaggio, molla, tubo di cui era composto.
Analizzò ogni minima cosa e quando ebbe finito di farlo, il fucile immaginario si riassemblò nella sua mente solo per poterlo riportare alla realtà.

“Che ne dici?”

Il vecchio sorrise.
I denti erano marci per lo più e davano l'idea che per loro fosse diventato difficile spezzare i cibi più duri. La smorfia gli deformò il volto e accentuò le rughe.

"Consideralo già fatto ..."

Un colpo della mancina sul banco fu il segnale che fece capire ai suoi clienti che la sua mente era entrata in moto, già proiettata al prodotto finale che avrebbe dovuto consegnare.
Si chinò a prendere la cassetta degli attrezzi e, dopo essersi fermato a controllare che ci fosse tutto, si mise a lavoro.
Senza perdere il contatto visivo con i due, una delle mani scivolò alla sua destra e afferrò un piccolo di metallo, poi un'altro e uno nuovo ancora.
Con la mano libera prese delle viti, anche senza vederle sentiva dalla grandezza che erano quelle giuste.
In maniera incredibilmente veloce iniziò a incastrare i pezzi fra di loro. Incredibile a dirsi ma per ogni pezzo sistemato, le sue mani diventavano ancora più veloci.

"Un bel fucile da caccia devo dire ...", iniziò a dire senza fermare le mani, "... andate a fare caccia grossa ragazzini? Qui attorno devo dire che ci sono davvero delle bestie niente male. Corazzati e robusti per resistere al caldo del deserto. Penso che non ti dispiacerà se metto anche un dispositivo per attutire il rumore. Per la caccia è una vera manna e tranquillo, non te lo farò pagare."

Senza aspettare che gli rispondesse innestò il famoso dispositivo. Era talmente piccolo che tutti si sarebbero chiesti se era effettivamente in grado di fare il proprio lavoro?

"Ma ditemi ... siete di queste parti? Non mi ricordo la vostra faccia fra quelle della Tana e potete credermi sulla parola, ho una memoria fotografica impressionante. Mi ricordo ancora di una particolare illustrazione in un libro che lessi quando avevo cinque anni. Il verde del prato era brillante e quello che lo aveva colorato, per sbaglio aveva preso anche una piccola porzione della casa. Pensa te che ricordo mi è appena saltato alla mente."

Le mani non si erano ancora fermate e il fucile aveva già iniziato a prendere una vaga forma.

"Inoltre non ho potuto fare a meno di notare come hai cambiato il materiale per farci un pezzo di carta. Anche io sono un'alchimista sapete?! Però la tempesta che mi ha portato qui ha manomesso la mia armatura e non riesco più a recuperare le mie adorate pozioni. Ne avevo una fantastica che faceva ridere."

“Ragazzini?” Ragazzini.
Osservò di sottecchi l'espressione torva di Nerocriso e si trattenne dal ridere, a stento.
Ragazzini. Quello che per un uomo dell'età di Reinhard poteva essere letto come un complimento - e così decise di fare l'alchimista - la cosa diventava ridicola fin quasi all'offesa nei confronti di Nerocriso che, a dispetto del sembiante, aveva alle spalle almeno qualche secolo di vita, come aveva prontamente sottolineato nel loro precedente (e privato) colloquio.
Fu dunque Montecristo a rispondere, intuendo come la pazienza del suo accompagnatore stesse rapidamente esaurendosi.
“Non so bene a cosa daremo la caccia, a dire il vero.” spiegò, con una rapida occhiata a Nerocriso. In effetti, dove diavolo aveva intenzione di portarlo quell'avventuriero secolare? Preferì non rispondersi.

“Un dispositivo per attutire il rumore?” chiese poi, mentre i suoi occhi seguivano metodicamente i movimenti delle mani di Mastro Gingillo, quasi volesse carpirne i segreti. Doveva ammettere che, da quando si era passato a parlare di affari, quell'essere si stava rivelando oltremodo competente. Matto come e peggio di un cavallo drogato, ma sembrava sapere esattamente dove e come mettere le mani. Indubbiamente una valida risorsa. “Interessante...” si lasciò scappare, insieme ad un sorriso di sincera ammirazione.
“Ottima memoria, devo dire. No, non siamo della tana. Io sono... ero un alchimista... di un regno piuttosto lontano. Ho ricevuto un incarico su Endlos e... eccomi qui. Quanto al mio amico...” proseguì, ma prima che potesse inventare una qualsiasi panzana più credibile di è un nobile avventuriero tricentenario che mi ha trascinato qui contro la mia volontà venne anticipato dallo stesso Nerocriso.
“...sono un uomo d'affari del nord. E voi, Mastro Gingillo? Siete mai uscito dai confini del Presidio Sud?”

Gran Mastro Gingillo.
Per vendere, comprare e rendere le vostre giornate più liete.



Le persone sono tanto forti da distruggere montagne ma troppo stupide per capire quando fermarsi.

Il vecchio annuì ad ogni parola.
Se stava cercando di leggere fra le righe di quelle risposte non lo diede a vedere. Intanto il clangore metallico dei componenti, che venivano assemblati, continuavano a riempire l’aria.
Data l’estrema velocità con cui lo faceva e l’assenza di contatto visivo per vedere come stava procedendo con la richiesta, sembrava proprio che avesse aspettato tutta la vita per costruire quel fucile.

”Ah che meraviglia! Sta venendo veramente bene ...”, all'improvviso prese un martello da sotto il banco e diede in maniera rapida e successiva tre colpi su un piccolo ingranaggio,”... poche volte mi sono allontanano dal Sud. Mi serviva tempo per raccogliere alcune informazioni e credo che sarò costretto ad andare a fare una visita anche negli altri presidi.”

L’armatura iniziò a mutare colore in uno speso e lugubre grigio topo. Che cosa strana era mai quella? Avrebbero potuto pensare i due clienti ma Gingillo aveva mutato rapidamente umore e difficilmente avrebbe risposto.
Persino la sua efficienza sul lavoro ebbe un calo. Dopo qualche secondo in silenzio si decise a parlare.

”Anche io sono a caccia. Sto cercando un robot che è scappato dalla sua dimensione e ho paura che potrebbe compromettere qualcosa qui su Endlos. Il mio compito è catturarlo e portarlo a casa. Nel caso vi capiti sott’occhio ditemelo subito, lo si riconosce fin troppo bene è fuori posto come un termosifone su di un albero.”

Non appena finì di incastrare gli ultimi due pezzi del fucile, lo dispose sul tavolo. La somiglianza con il disegno era a dir poco incredibile e nonostante la maggior parte dei pezzi fosse di seconda mano, lasciava intendere che la potenza era molto superiore a quella di qualsiasi altro fucile medio.

”Ecco ho finito anche prima del tempo. Passiamo a quanto spendete … quanta grana vi siete portati dietro?”

Di fronte all'abilità manuale del tecnocrate, persino Reinhard rimase stupito, incapace di distogliere lo sguardo dai movimenti decisi e
- se proprio non aggraziati - certamente funzionali di quelle mani che sapevano esattamente cosa fare e come farlo. Così concentrato, non aveva colto l'allusione interessata di Nerocriso, né il mezzo sorriso che gli solcò le labbra alla risposta di Mastro Gingillo, dunque non gli riuscì di seguire il filo del discorso, isolandosi temporaneamente e lasciando che fosse il suo committente a parlare.
“Un robot... Endlos è piena di stranezze, temo, ma se dovesse capitarci sotto gli occhi non esiteremo a rendervene conto.” rispose Nerocriso. Si concesse quindi una breve pausa elucubrativa, prima di proseguire.
“E quando contate di spostarvi nuov--” chiese, venendo interrotto dal tecnocrate, che intanto aveva terminato il lavoro e che adesso, giustamente, richiedeva un compenso che non era stato affatto pattuito e che dunque si mostrava un'incognita. A sentir parlare di denaro, Montecristo si riebbe in meno d'una contrazione di ventricolo, voltandosi in direzione di Nerocriso. Non si era minimamente posto il problema di come avrebbe pagato, dando per scontato che se ne sarebbe occupato l'altro. Dopo avergli commissionato una caccia - e la sua approvazione a tale incarico era tutt'altro che scontata - e averlo trascinato fin lì, gli sembrava il minimo.
Nerocriso tuttavia parve di diverso avviso, allargando le braccia e vuotando teatralmente le tasche, lasciando che a parlare per lui fosse la stoffa interna delle tasche del suo caftano blu notte, rivoltate a indicare che non aveva il becco d'un quattrino.
Cogliendo l'allusività dello sguardo lanciatogli dall'eroico e squattrinato avventuriero secolare, Reinhard si irrigidì.
“No.” rispose, in un tono che non ammetteva repliche. “Non è ammissibile, in nessun caso.”
“Quante storie!” rimbeccò Nerocriso. “Trasforma in oro un po' di ferraglia e chiudiamo la transazione, ti pare? Non sei nemmeno all'interno del Reginato, cosa vuoi che contino qui le vostre regole?”

Paonazzo in volto, la punta del naso sbiancata in totale antitesi con il colore rubizzo delle guance, Montecristo si volse completamente verso quell'essere che riusciva a incutergli timore e insofferenza nella stessa misura.
“Non si tratta del Reginato! Qualsiasi mondo ha una sua economia e non ho intenzione di turbarla manomettendo la purezza dei metalli solo perché il signorino qui non si è portato dietro abbastanza denaro per completare l'acquisto di un fucile!”

Nerocriso scrollò le spalle, divertito da tanta intransigenza. Si rivolse dunque a Mastro Gingillo, con una nota d'esitazione nella voce che contrastava con i suoi modi.
“Accettereste un pagamento dilazionato, Mastro Gingillo? Se accettaste di seguirci in questa... piccola avventura avrei di che pagarvi per il vostro insostituibile contributo. In caso contrario... ho qui con me soltanto una moneta d'argento di un altro mondo, due bottoni e un frammento di corallo nero da cui preferirei non separarmi.”

Gran Mastro Gingillo.
Per vendere, comprare e rendere le vostre giornate più liete.



Le persone sono tanto forti da distruggere montagne ma troppo stupide per capire quando fermarsi.

”Quindi con voi non avete soldi …”

Sbuffando passò la mano lungo la canna del fucile come a voler ammirare nuovamente la sua ultima creazione.
Odiava quando qualcuno non poteva permettersi ciò che gli ordinava. La cosa che però lo mandava più in bestia era che succedeva spesso. Era quando non riceveva una giusta ricompensa che allora diventava veramente cattivo e non gli piaceva molto andare alla ricerca del cliente per farsi ridare il suo compenso.

”Una moneta d’argento, due bottoni e un pezzo di corallo … nero?!”

Chiunque altro avrebbe rifiutato senza pensarci ma Gingillo si fece subito pensieroso. Un grande alchimista come lui poteva ricavare cose portentose da quei piccoli oggetti, soprattutto dal pezzo di corallo.

”Argento e corallo nero sono due dei quindici ingredienti per fare una bomba atomica. Lo sapevi? Immagino di no dato che in pochi lo sanno. A nessuno piace però quel metodo dato che è lungo e tedioso. Perché allungare in maniera sproporzionata il percorso quando puoi prendere la scorciatoia e arrivare dritto al traguardo?”

Inoltre, data la sua conoscenza, il pezzo di corallo poteva tornare utile in molti altri modi. Se messo a seccare e poi pestato dentro un mortaio avrebbe potuto usarne la polvere, ritenuta assai potente in molti luoghi da lui visitati.
Quel piccolo pezzo di materiale scuro lo stava lentamente portando verso l’orlo di un baratro di morbosa cupidigia, stato d’animo che non era solito assumere Gingillo.

”La gente pensa, spesso, che i coralli siano delle piante. Invece sono dei veri e propri animali. Polpi se non vado errando. Il colore che assumono è dato da una straordinaria e ampia varietà di cose. Temperatura, minerali nel terreno e nell’acqua e così tante altre cose. Come avrete capito sto iniziando ad essere interessato a fare uno scambio ma che dico … un baratto. Dato che mi vuole invitare ad una caccia la cui preda non è chiara mi pare.”

Gran Mastro Gingillo.
Per vendere, comprare e rendere le vostre giornate più liete.



Le persone sono tanto forti da distruggere montagne ma troppo stupide per capire quando fermarsi.

Al ragazzo piaceva contrattare e di questo, Gingillo, ne fu più che colpito. I giovani stavano perdendo il valore del baratto, come se quest’ultimo avesse una qualche sorta di valore reale, e compravano tutto ad occhi chiusi senza farsi troppe domande su come avrebbero potuto o meno risparmiare qualcosa.

”Uhm …”

Era forse la prima volta dall’inizio della conversazione che il Mastro non si sbilanciava ad esprimere la sua opinione.
Quando era passato attraverso la tempesta eterna, gran parte delle sue potenzialità era stata bloccata. Non gli era mai successa una cosa del genere e neppure le divinità del piano Mechanus avevano calcolato una simile catastrofe.
Le opzioni, dato che era ridotto ai minimi storici, non erano molte e avrebbe dovuto accettare ciò che il suo acquirente gli stava proponendo.

”... accetto ma facciamo che sia una cosa veloce. Andiamo, facciamo quello che dobbiamo fare e poi torniamo qui.”

Lanciò il fucile a Montecristo e si mise a sistemare le varie cose. Per lo più erano oggetti di scarso valore e quelli che sembravano essere più rari e pregiati, erano inutilizzabili per chiunque non avesse un’intelligenza superiore a quello di uno Htyulk.
E difficilmente qualcuno poteva vantare una simile inteligenza a Merovish.