Un'Intrusa Addormentata

[Intermezzo]

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    Casa Brockmann, Istvàn.
    Presidio Orientale, Endlos.

    Denver chiude dietro di sé la porta di casa, girando le chiavi nella serratura con calma; alla terza mandata si ferma addirittura per sbadigliare. Getta la sua borsa a tracolla su una poltrona in soggiorno; quindi appende il suo cappello e il suo cappotto sull'attaccapanni di legno di quercia all'ingresso. Avanza a passi pesanti verso la camera da letto, iniziando a sbottonarsi la giacca e allentando il nodo alla cravatta; il giornalista già pregusta la morbidezza delle sue pantofole e della vestaglia che troverà impeccabile nel suo armadio.
    Cerca di pensare il meno possibile alle faccende che gli rimangono da sbrigare; si tratta perlopiù di semplice cura della casa come accendere il fuoco per preparare la cena e aprire le finestre per far entrare un po' di aria fresca nelle sue stanze, ma ci sono anche delle verifiche da correggere e una lezione da finire di pianificare. Questo perché apparentemente non è più un reporter, bensì un insegnante; e invero preferirebbe “domatore di undicenni.”
    Se non altro, il lavoro non è tutto sommato malaccio; e ci sono maniere meno gratificanti di sbarcare il lunario ad Istvàn. Questo sforzo gli sarà inoltre ripagato non appena riuscirà a mettere da parti fondi sufficienti per trasferirsi stabilmente a Codec. Allora sì, ricomincerà a fare ciò per cui si sente davvero portato.

    Spalanca l'ingresso della sua camera da letto tirando un sospiro di sollievo tanto plateale da provarne vergogna; si trascina poi verso l'armadio che è il primo oggetto visibile appena entrati. Ne spalanca le ante, si toglie la giacca e la ripone su un appendiabiti. Malauguratamente, mentre comincia a sbottonarsi anche il gilet, Denver si gira verso il suo letto a due piazze. E la vede.
    Scuote la testa e si stropiccia gli occhi, incredulo; ma in cuor suo sa che, purtroppo, non si tratta di un'allucinazione. Irrealmente pacifica, una donna a lui sconosciuta sta sonnecchiando sul suo letto come se quella casa le appartenesse. Tanto da far dubitare per un secondo all'uomo se non fosse stato quest'ultimo ad essere in qualche modo entrato nell'abitazione sbagliata.

    Giovane e graziosa, dai capelli scuri di cui, alla luce fioca della stanza, non riesce a capirne bene il colore, il giornalista riesce a trovare in qualche modo quella presenza familiare. Forse, riflette, potrebbe averla vista al mercato o in giro per strada, o perfino in biblioteca.
    ...Biblioteca?
    A prescindere, il giornalista decide comunque di raggiungere quatto il comodino, ed estrarre dal primo cassetto quell'oggetto che di solito non si porta al lavoro. Che sia una ladra? No, non ha senso: la casa è in perfetto ordine e non esiste un criminale così imbecille da addormentarsi nella dimora della propria vittima. A meno che non sia tutto un'illusione molto elaborata, ma pure in questo caso uno si chiederebbe perché tentare un colpo nella casa di una persona comune, e non di qualche riccone. Che si tratti di una specie di furto di prova?

    Arretra il cane del revolver dopo essersi assicurato di avere colpi nel tamburo.
    « Siamo comodi? »
    Chiama il giornalista, puntando la canna della pistola sull'intrusa. Solo in quel momento finalmente la riconosce.
    « Zero?! »
    No, tutto ciò è solo un brutto sogno. Credeva di essersi lasciato il mondo delle fiabe alle spalle tempo addietro; in retrospettiva, però, Denver ricorda che erano rimasti ancora alcuni problemi da risolvere. Come il fatto che quel mondo stesse rischiando di scomparire, e Rhaziel con esso.
    Si volta appena verso la libreria alle sue spalle, cercando con lo sguardo la sua copia personale di Peter Pan. Non se ne è dimenticato, non del tutto; ha solo avuto tante di quelle gatte da pelare da non averci più pensato così tanto. Non a Rhaziel, ovviamente, ma allo stato del mondo in cui è rimasto.
    « Che diavolo ci fai qui?! »

     
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    Era un gran fracasso. Tutta colpa di Blazer. Quel clown demoniaco aveva fatto cadere dei vasi, sbattuto due tavoli per nessuna ragione, uno alla volta. Zero sapeva qual'era il motivo di tanta rabbia: l'aveva spedito su Endlos a caccia di Alice, senza essere del tutto sicura che il sovrano del Regno delle Meraviglie fosse già arrivato in quel luogo, e per di più gli aveva dato una volgare pietra di fuoco spacciandola per la mitologica Pietra di Fuoco Spettrale -contenente l'essenza di Milest, uno dei Sette Saggi come lei-, che aveva invece tenuto per se. A torto, visto che trattandosi manco a dirlo di una pietra di fuoco si rifiutava di sottostare ai suoi ordini, complice il fatto che l'essenza che conteneva non la riconosceva.

    « Siamo comodi? »
    Berciò Fiethsing. Era esattamente come la ricordava, a pochi mesi dell'arrivo della flotta di Predatrici e della catastrofe di Attoracia. Anche lei era arrabbiatissima, ce l'aveva con Zero. Forse per via del matrimonio. Aveva ragione ad essere arrabbiata, ma era stata la maestra Almerius a sceglierla come custode del reame delle fiabe, non aveva potuto opporsi... oppure no? Forse non era così, forse aveva potuto sottrarsi all'incarico e addormentarsi assieme agli altri sotto forma di Pietra Magica, diventare così la materia prima per l'incantesimo dei millenni, l'energia magica che avrebbe sigillato per sempre tutta la sterminata flotta di navi-drago in un abisso senza ritorno. Ma era passato un sacco di tempo. I suoi ricordi erano distorti, anche per colpa del suo ruolo. Fare da guardiana ad un luogo pregno di magia per un tempo quantificabile in letteralmente migliaia di anni è deleterio per una creatura umana, di solito le persone impazziscono per molto meno. Anche Zero era impazzita, o almeno così le aveva detto Riful. Quella vera e dai capelli d'argento, non la brutta copia proveniente dal semi-reame di Endlos.

    « Zero?! »
    Gli gridò contro il vecchio Grusbalesta. Era arrabbiato. Si arrabbiava sempre quando lei e Fiethsing si addormentavano sulle brande del suo laboratorio. Il che era stupido: non permetteva loro di portare fuori da quelle stanze polverose i suoi preziosi tomi, e poi aveva da ridire se riposavano qualche ora.

    « Seh. Seh... un momento solo... »
    Doveva prima rivestirsi... era nuda, vero? Nel dormiveglia, non riusciva a capirlo. Con ancora gli occhi chiusi, passò una mano sui fianchi e trovò il contatto con la superficie ruvida della stoffa. Numi santissimi, si era addormentata di nuovo vestita! Gli abiti erano strani, neri. Avrebbe fatto infuriare di nuovo la maestra Almerius, perché il magus della speranza non può che vestire di bianco. E Fiethsing? Dov'era?
    « Che diavolo ci fai qui?! »
    La voce era maschile. Però chi le stava parlando era una donna alta, dalla pelle bruciata e dai lineamenti bellissimi, un'elfa della notte dalle iridi fatate e le orecchie appuntite. Era Moojdart, la Regina del Fantastico. Ma non era possibile... la Memoria che conteneva la sua essenza era in mano ad Alice, il Sovrano fuggito su Endlos. Quindi... Ma certo!

    « Oh...? »
    Stava sognando! Aprì gli occhi di soprassalto, vagò confusa con lo sguardo e si rese conto di non avere idea di dove si trovava.
    Oh, sì. Era davvero vestita. Cielo, doveva perdere assolutamente quel brutto vizio, altrimenti si sarebbe presa un raffreddore.
    Rivolse allo sconosciuto una seconda occhiata e si levò a sedere sul bordo del letto, stropicciandosi gli occhi ancora preda del sonno.
    « Vediamo... Tu non sei Riful. »
    Disse constatando l'ovvio, ma aveva già intuito che quelle non fossero le stanze di quella piccola strega malefica. Troppo ordinate, decisamente troppo ben messe e pulite. Riful ci avrebbe messo meno di mezza giornata a ridurre quel luogo ad un disastro unico, inoltre aveva l'abitudine di leggere i libri per terra e di strappare le pagine, mentre la biblioteca in quella stanza era piccola ma ben curata, Zero giudicava che il proprietario teneva ai suoi libri. Non che si aspettasse di incontrare proprio l'altro Sette Saggi dell'Ombra, sarebbe stato un colpo di fortuna perfino eccessivo. E poi probabilmente Riful l'avrebbe cacciata dalle sue stanze senza troppe cerimonie se ci fosse piombata in quel modo.

    « La mia seconda scelta era quel tipo affascinante... certo non era interessato al Regno delle Fiabe, ma contavo di persuaderlo ugualmente ad aiutarmi grazie al mio fascino. Dunque il mio incantesimo non mi ha condotto da lui, e tu sei decisamente troppo vecchio per essere il principe Grimm. Quindi sei... uhm. »
    Sì, nella fiaba di Biancaneve aveva incontrato un quarto individuo proveniente da Endlos. Certo era stata molto impegnata in quei frangenti: la sovrana portante di quell'incubo fatato aveva letteralmente accartocciato la sua nave-drago, dopo che in precedenza Capitan Uncino in persona aveva ucciso brutalmente il suo servitore incaricato di muoverla con un singolo colpo di pistola. Poi si era risvegliata Riful a causa di un bacio del principe, e neanche a dirlo era un dannatissimo incubo. Non aveva fatto bene attenzione ai presenti, però in effetti c'era un uomo che aveva dichiarato di tenere al Regno delle Fiabe per qualche motivo, e quella persona poteva benissimo essere la stessa che aveva di fronte.

    « Fa niente. Andrai benone. »
    Disse con aria di sufficienza. Andava bene chiunque, bastava fosse sufficientemente determinato a salvare quel cavolo di regno.
    « Il regno delle fiabe sta scomparendo e sto cercando un po' di speranza per salvarlo. Mi aiuti...? »

     
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    « Seh. Seh... un momento solo... »
    Borbottando a denti stretti, Denver abbassa l'arma mentre aspetta che Zero si svegli del tutto. Se dovesse dimostrarsi potente quanto egli la ricorda nel regno delle fiabe, allora non esiste una ragione valida per provare a combatterla da solo... o addirittura provare a combatterla in generale; sarebbe meglio invece risparmiare le energie per fuggire. Se invece non lo fosse, allora il giornalista può difendersi a prescindere con o senza revolver. Ad ogni modo, la donna non sembra serbare intenzioni ostili.

    « Oh...? »
    Spalanca gli occhi all'improvviso, come se non si fosse mai resa conto di stare dormendo nel letto di un'altra persona, dentro una camera da letto nella quale non era mai stata invitata. Come se non fosse arrivata lì di propria volontà.
    Gesù, ma se fosse proprio quello il caso?

    Denver ripone il revolver cacciandoselo nei pantaloni, appoggiato ai suoi fianchi. Guarda quindi Zero con occhi accusatori, mentre questa prende posto seduta sul bordo del letto e si stropiccia gli occhi, felicemente ignara dei pensieri più oscuri dell'irritato padrone di casa.

    « Vediamo... Tu non sei Riful. »
    « No. »
    Scuote la testa per enfatizzare il punto. Solo una pacata, ma convinta negazione; esistono osservazioni che nessuna risposta sarcastica è in grado di punire adeguatamente. Più costruttivo sarebbe domandarsi invece perché la maga stia cercando quella ragazzina qui e, soprattutto, come sia finita da tutt'altra parte rispetto a dove, di fatto, Riful abita. Ancora meglio, si domanda in silenzio Denver, di tutti i posti possibili, come diavolo è finita in casa mia?!

    « La mia seconda scelta era quel tipo affascinante... certo non era interessato al Regno delle Fiabe, ma contavo di persuaderlo ugualmente ad aiutarmi grazie al mio fascino. Dunque il mio incantesimo non mi ha condotto da lui, e tu sei decisamente troppo vecchio per essere il principe Grimm. Quindi sei... uhm. »
    « Denver. »
    Replica il giornalista, ingoiando una parte del proprio orgoglio. Quindi quella nemmeno si ricorda di lui, che era quello che aveva tenuto al sicuro Riful per pressoché tutto il tempo mentre erano nel castello della Bella Addormentata, con Biancaneve e il clown gigante alle calcagna.

    « Fa niente. Andrai benone. »
    Annuisce, fingendo di sapere di cosa stia parlando.
    « Il regno delle fiabe sta scomparendo e sto cercando un po' di speranza per salvarlo. Mi aiuti...? »

    Denver sospira, portandosi una mano al volto.
    « Sappi innanzitutto che il saggio Kerobal si occupa di arte e architettura, non di storie. » Sempre che sia lui il “tipo affascinante” di cui parla. « Mentre il saggio Lowarn, che è quello giovane, di musica. Se vuoi posso provare a chiamarli, ma sappi che ad occuparsi di storie, vere o fittizie che siano, non è altri che il sottoscritto. Ora che sai che il “ripiego” che hai di fronte in realtà si specializza in ciò di cui hai bisogno, dimmi tutto. Ti ascolto. »

    Si dirige verso l'armadio per recuperare almeno la fondina. Sente che la partenza sarà immediata.

     
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    « Sappi innanzitutto che il saggio Kerobal si occupa di arte e architettura, non di storie.
    Mentre il saggio Lowarn, che è quello giovane, di musica. Se vuoi posso provare a chiamarli, ma sappi che ad occuparsi di storie, vere o fittizie che siano, non è altri che il sottoscritto. Ora che sai che il “ripiego” che hai di fronte in realtà si specializza in ciò di cui hai bisogno, dimmi tutto. Ti ascolto.
    »
    Due volte Denver usò il titolo con cui la gilda di Palanthas votata alla ricerca della sapienza è conosciuta in tutto il semipiano. Due volte Zero sbuffò e piegò lo sguardo verso il basso storcendo la bocca come se le stessero descrivendo nei dettagli un episodio passato apparentemente buffo, ma che comprendeva una o più gaffe ridicole con lei come protagonista.

    « Dosa bene l'uso di quell'aggettivo, almeno in mia presenza... »
    Disse in un tono carico di malizia, come se avesse appena confidato un segreto, o confessato un delitto imperdonabile. Con un movimento felino si alzò dal letto e si liberò del velo opaco del dormiveglia inarcando la schiena e con uno sbadiglio ben nascosto dalle dita affusolate, poi una volta in piedi si avvicinò di alcuni passi al reporter, i tacchi alti che battevano ritmicamente contro il pavimento della stanza e la lunga che fluttuava ad un pollice appena dal pavimento per effetto di un soffio di magia. L'arcimaga nera sfiorò le labbra di Denver con il dito indice, l'unghia curatissima che gli graffiò appena la carne, avvicinandosi a tal punto che era davvero impossibile per un uomo ignorarne il forte profumo: bergamotto, lavanda, vaniglia ed altre note floreali che sembravano formare assieme un concerto di grida di donna.
    Poi però, con un movimento fluido, il Magus dell'Ombra semplicemente passò oltre come un fantasma, superando di due passi Denver e guardandosi attorno nella stanza con aria compiaciuta, le mani sui fianchi mentre decideva il da farsi.

    « Fa niente. Avanti, avanti! Non abbiamo tempo, il Regno delle Fiabe non si salva da solo e abbiamo un sacco da fare. »
    Esordì allora in tono nuovamente superficiale e quasi infantile, il tono di voce che era ora uno straripante fiume in piena di buoni propositi e voglia di fare. Adesso era completamente e definitivamente sveglia ed aveva rimesso in ordine le idee. le mancava giusto un aiutante ed ora si era procurata anche quello; certo ne avrebbe voluto uno con un po' più di charme e magari una buona base di speranza, ma le due cose spesso erano inconciliabili: gli adulti hanno l'una e difettano dell'altra, i bambini sono come dolcetti riempiti di quella seconda mirabile virtù ma non possono certo vantare la prima. L'ex aiutante di Riful era un ottimo compromesso o comunque andava più che bene.
    Era l'ora di passare al punto successivo.

    « Per il momento non mi va di chiamare persone a caso. Insomma, guardami, sono una maga di una certa fama ed ho decisamente troppa classe per elemosinare aiuto dal primo che passa. Visto che conosci Riful dovresti saperlo bene: noi non facciamo mai niente per niente, ed allo stesso modo non pretendiamo servigi dal prossimo senza un'adeguata ricompensa e compensazione. »
    Glissò elegantemente sul fatto che l'una e l'altra erano ambedue relative da strega a strega, e di parecchio.
    Distese una mano e su di essa comparve una boccetta delle dimensioni sufficienti a contenere un quarto di vino o poco più, la esibì al suo nuovo assistente ed in controluce era chiaramente visibile all'interno il modellino di una strana nave dalla chiglia alta, tozza e dalle vele nere sdrucite, che ad una seconda occhiata si rivelava ben diversa da una comune nave come ad esempio la Barbeque su cui Denver aveva salpato dal porto di Londra nel reame delle fiabe. La chiglia era la spina dorsale di un drago, la polena il suo cranio con le corna alte e fiere, le orbite vuote e le ossa sbiancate. Il telaio erano le sue costole, il cordame i suoi tendini e le vele la sua pelle conciata con la magia. Una nave-drago, come quella distrutta da Biancaneve!
    « Questo sarà il nostro mezzo di trasporto. Ho ottenuto un'altra Predatrice per la missione, ora mi serve un equipaggio di resonator. Stavolta però non voglio affidarmi ad un evocatore come la volta scorsa, ho scoperto a mie spese che è troppo... rischioso. Quindi, andiamo a procurarcene uno, contento? »
    Avvicinò la nave in bottiglia alla faccia di Denver e con un dito indicò un punto generico del castello di prua.
    « La tua stanza la spostiamo qui, non troppo lontana dalla mia, così non devi perdere tempo a fare i bagagli. »
    Poi, senza dare altro preavviso, con la mano libera schioccò le dita perfette, e di botto non erano più negli alloggi di Brockmann ad Istvàn, bensì in un luogo completamente diverso, all'aria aperta e sotto un cielo smorto e plumbeo che tuttavia non minacciava pioggia ma si limitava a fare da velo per permettere al sole di giocare a nascondino. Zero si guardò attorno arricciando il naso, estranea al posto quanto lo era il suo accompagnatore.
    Si trovavano ai piedi di una vasta collina dai pendii dolci, ma dalla cima piatta e vasta che l'occhio non riusciva a cogliere interamente per via della pendenza e della rada vegetazione. A pochi passi una via di acciottolato, e poi un quarto di miglio più in là si innalzava una bassa cancellata rada e sconnessa che somigliava a tante picche nere disposte in fila da un bambino, malconcia come un po' tutto su quella collina dimenticata da dio ed in apparenza pure dagli uomini. Sopra il largo cancello dalle inferriate in ferro battuto spiccava una scritta leggibile anche a quella distanza: Rudyard's Peak Cemetery.
    Probabilmente non c'era da sorprendersi, tuttavia non c'era un'anima viva oltre a Denver e Zero...

     
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    « Dosa bene l'uso di quell'aggettivo, almeno in mia presenza... »
    Replica Zero, il tono carico di confidenzialità; neppure quella parola fosse stata rovente. Denver non coglie, ma non fa in tempo a ribattere che la giovane maga si è alzata con uno scatto dal letto e, dopo essersi stiracchiata ed aver sbadigliato, si avvicina al giornalista con movenze sinuose degne di una femme fatale. Egli ne avverte l'intenso profumo floreale penetrargli nelle narici, e l'unghia affilata del dito indice che posarsi sulle proprie labbra.
    Chissà come reagirebbe quella donna se in quel momento il reporter si presentasse a propria volta come il saggio Denver. Perché qualche tempo dopo la sua avventura nel mondo delle fiabe, anch'egli era finito per unirsi alla congrega – questo però Zero dovrebbe averlo già intuito. Anche perché glielo ha appena spiegato.

    « Fa niente. Avanti, avanti! Non abbiamo tempo, il Regno delle Fiabe non si salva da solo e abbiamo un sacco da fare. »
    Annuncia lei con un entusiasmo tanto straripante da sembrare quasi puerile, dopo essere proseguita di un paio di passi oltre il reporter che, tuttavia, l'aveva a propria volta superata, e si accinge ora a chiudere le ante del guardaroba dopo avervi recuperato ciò che gli serve.

    « Per il momento non mi va di chiamare persone a caso. Insomma, guardami, sono una maga di una certa fama ed ho decisamente troppa classe per elemosinare aiuto dal primo che passa. Visto che conosci Riful dovresti saperlo bene: noi non facciamo mai niente per niente, ed allo stesso modo non pretendiamo servigi dal prossimo senza un'adeguata ricompensa e compensazione. »

    Denver scoppia a ridere attraverso il proprio naso.
    « Sicura di conoscere lo stesso numero di Riful che conosco io? »
    Perché egli può affermare di conoscerne bene una: quella che aveva trascinato un aviatore verde quasi a caso e un civile qualsiasi in un'impresa tanto strampalata quanto pericolosa senza il benché minimo preavviso né dietro la promessa di una qualsivoglia ricompensa.
    Sul palmo della mano di Zero – appena disteso – appare una boccetta la quale capacità il giornalista stima essere intorno ad una mezza pinta. Al suo interno, minuscola ma perfettamente distinguibile se si sforza un po' la vista, c'è una nave dalla forma inusuale, che a causa del suo colore bianco dà l'impressione di essere fatta d'avorio anziché di legno o metallo. Denver, però, sa che anche quella supposizione sarebbe errata: quel tipo di veliero se lo ricorda ancora benissimo, e altrettanto bene rammenta che è in realtà fatto di ossa.
    Una nave-drago, come quella che avevano combattuto sulla Jolly Roger di Capitan Uncino, la stessa che era stata distrutta in seguito da Biancaneve nel castello della bella addormentata. Avventure che a raccontarle, non gli crederebbero neppure su Endlos.
    « Questo sarà il nostro mezzo di trasporto. Ho ottenuto un'altra Predatrice per la missione, ora mi serve un equipaggio di resonator. Stavolta però non voglio affidarmi ad un evocatore come la volta scorsa, ho scoperto a mie spese che è troppo... rischioso. Quindi, andiamo a procurarcene uno, contento? »
    « Aspetta, era Blazer che...? »
    Chiede con una punta di esitazione nella voce. Onestamente, meno avrà a che fare con quel bruto e più tranquillo sarà; piuttosto preferirebbe tornare a servire Riful. Del resto, essere un'iguana non è poi una prospettiva così repellente rispetto al non essere e basta.
    Zero prosegue, indicando con il dito un punto della prua.
    « La tua stanza la spostiamo qui, non troppo lontana dalla mia, così non devi perdere tempo a fare i bagagli. »
    « Scusa?! »

    Uno schiocco di dita dopo, la sua stanza è svanita per lasciare il posto a... ad altrove. Si trovano ora da qualche parte all'aperto, a giudicare dal cielo carico di nuvole sopra le proprie teste, e ai piedi di una collina dalla vegetazione troppo rada per trovarsi a Chediya. Senza contare l'assenza del canto del vento a cui si è oramai fin troppo abituato. Oramai è strano per lui fare una passeggiata in mezzo al verde senza sentire costantemente quella sorta di melodia naturale di sottofondo.
    Sono nel mondo delle fiabe.
    A circa un quarto di miglio più in là, al termine di un sentiero di ciottoli, una recinzione malmessa di ferro battuto, al centro della quale una targa apposta sopra un vecchio cancello arrugginito recita: “Rudyard's Peak Cemetery.

    Denver si guarda intorno, le sopracciglia aggrottate.
    « Ho paura di non riconoscere questa fiaba. »
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    « Sicura di conoscere lo stesso numero di Riful che conosco io? »
    Affatto infastidita dalla risata del reporter, Zero fece sfilare le dita della mano sulle labbra, una ad una, fingendo di celare un sorriso malizioso.
    « Ufuf. Signor Denver, cavaliere di Endlos e difensore delle fiabe: io conoscevo quella vera. Probabilmente un po' diversa da quella con cui ha avuto a che fare, ma comunque una strega, sebbene che io sappia non lo abbia mai ammesso di sua sponte. Ed una strega ricambierà sempre un favore che le viene fatto. Ma non soffermiamoci oltre su questo argomento, è noioso. »
    Mostrò la Predatrice, spiegò un paio di dettagli che erano rimasti oscuri a Denver e questi stupito la interruppe, domandando:

    « Aspetta, era Blazer che...? »
    Lei lo bloccò, agitando la mano dalle dita lunghe e dalle unghie curatissime.
    « Guidava la nave? No! Ovvio che no, sciocchino! »
    Disse in tono sbrigativo, mentre riponeva la bottiglia.
    « Blazer è un sovrano, ma non è avvezzo alle fiabe. Avevo due compagni quando mi sono imbarcata in cerca di Riful, sperando che mi conducesse a quelle due piccole fuggiasche a cui do la caccia. Stavamo cannoneggiando la nave pirata su cui eravate imbarcati nella speranza di stanarvi da lì, quando ad un certo punto è comparso dal nulla un sovrano d'acqua piuttosto potente. La nave stessa è entrata in risonanza con alcune pietre magiche ed è andata a finire che un colpo di pistola ha raggiunto l'altro mio compagno, quello che mancava all'appello quando ci siamo incontrati nell'incubo che un tempo era la fiaba di Biancaneve. »
    Oh sì, Denver doveva ricordarlo bene quell'evento. Si erano messi a cantare, le parole di un vecchio inno pirata che sgorgavano dalle loro voci come se lo conoscessero da sempre. La Barbeque, che prima cadeva a pezzi al punto da avere le porte infestate dai tarli e dalla salsedine, era diventata la maestosa Jolly Roger, ed improvvisamente una ciurma pirata era apparsa dal nulla. Squee e Starkey -prima due vecchietti mezzi matti- erano tornati giovani e con loro c'era anche Capitan Uncino. James Hook in persona. Aveva preso una delle sue pistole, l'aveva puntata in direzione della nave nemica e dopo un singolo colpo la Predatrice di Zero aveva improvvisamente sbandato senza una spiegazione apparente. Ecco cos'era successo: Uncino aveva colpito il sovrano che controllava i resonator incaricati di gestire la nave, ed all'improvviso sul vascello nemico c'erano solo Zero e Blazer, entrambi chiaramente non molto adatti a controllare una nave volante magica.

    Uno schiocco di dita ed ecco che erano volati via. Altrove, davanti ai cancelli di un cimitero.

    « Ho paura di non riconoscere questa fiaba. »
    Disse Denver, guardandosi attorno spaesato.
    « Lo credo bene... Perché siamo ancora su questo vostro grazioso semipiano che chiamate Endlos. »
    Disse allegramente Zero, precedendo il suo nuovo alleato lungo il viale, ancheggiando con il lungo abito nero che fluttuava soavemente sui ciottoli del camminamento, i tacchi alti che picchettavano sulla superficie irregolare.

    « Oh, posticino interessante. Qui ve ne sono parecchi, nevvero? Oh, d'altronde quale motivo ci può essere per cui un posto così interessante passa totalmente inosservato? Solo e soltanto se circondato da decine, centinaia di luoghi altrettanto interessanti. Sarei affascinata, se fossi qui per fare turismo. Invece siamo qui a procurarci una ciurma per la nostra nave... »
    Condusse il giornalista attraverso i cancelli malconci, sotto l'insegna erosa dalla ruggine, lungo file e file disordinate di lapidi di pietra, alcune talmente vecchie che non era neanche possibile leggere l'iscrizione. Il cimitero era davvero vasto, guardandosi a destra ed a sinistra non c'era verso di capire dove confinasse, complice il pendio ed un trio di meli cresciuti lungo il declivio che volgeva ad est, col sole che si avviava placidamente verso un tramonto pigro e freddo, foriero di una brezza che faceva salire i brividi fin dentro le ossa. Apparentemente il cimitero di Rudyard's Peak era deserto, e non c'era da stupirsene. Aveva davvero tutta l'aria di uno di quei luoghi frutto di un capriccio del maelstrom, un relitto proveniente da chissà quale mondo...
    Zero puntò decisa in direzione di un grande mausoleo centrale posto a meno di un centinaio di metri dall'ingresso, una vasta struttura in pietra circondata da un intero coro di cherubini di marmo dai volti massacrati dall'erosione del tempo, le mani cinte in preghiera spianate fin quasi allo stesso livello delle pareti ed i piedi denudati dalla pioggia. Era circondato a sua volta da una bassa cancellata che arrivava più o meno ai fianchi di Denver, ma talmente malconcia che non c'era neanche una singola punta a forma di rombo che puntasse al cielo, erano tutte storte come se un folletto dispettoso si fosse divertito a piegarle in modo da orientarle in ogni direzione salvo che verso l'alto. Lì Zero si guardò attorno pensosa, si voltò a destra ed a sinistra poi infine sobbalzò quando una figura nera comparve da dietro le sue spalle, dall'angolo del mausoleo.

    « Non vi è permesso stare qui. »
    Disse la figura in nero. L'arcimaga si voltò ad affrontarla, il volto incorniciato dai bei capelli corvini e dal tatuaggio dalla forma arcana che le copriva metà guancia destra illuminato da un sorriso cordiale.
    « Oh. Il curatore del cimitero, suppongo. Dubitavo ve ne fosse uno, questo posto è così malconcio che... »
    « A noi piace così. »
    Disse secco l'uomo, interrompendo la custode del regno delle fiabe, che sembrò tacere più che altro per non rispondere con una scortesia ad una scortesia. L'individuo aveva un volto sfuggente, in penombra da un cappello dalle larghe falde in voga nel periodo tardo ottocentesco. Indossava un cappotto nero che gli copriva le spalle ed il collo, lasciando sbucare giusto un paio di scarponi dall'aria pesante. A dispetto dell'aspetto la voce diceva che non era affatto in tarda età, probabilmente non era più vecchio di Denver. Aveva iridi grigie e acquose ed era difficile fissarlo a lungo negli occhi.

    « Dunque. Come dicevo siamo qui a salutare una vecchia conoscenza, se potete usare la cortesia di una piccola indicazione ce ne andiamo subito senza disturbare oltre. »
    Denver avrebbe capito subito dalla reazione dell'uomo che l'astio era rivolto a Zero, ed a lei soltanto. Il curatore la fissava in modo ostile, e con lo stesso tono di voce le ripeté fermamente quanto aveva già detto poc'anzi.
    « Non vi è permesso stare qui. Fornirò al vostro familiare le informazioni che posso e che voglio dare, ma non prima di avervi visto varcare di nuovo i cancelli. Lo lascerò cercare la lapide o le lapidi che cerca e non disturberò se vorrà lasciare una preghiera. Ma a voi, mia signora, non è permesso stare qui. »
    Disse ancora, ed a quel punto veniva da chiedersi il perché di tanto astio. Aveva tutta l'aria di una storia interessante, non un titolone da prima pagina ma semmai di quelle che starebbero bene in una rubrica a parte, di quelle che alla lunga diventano una raccolta degna di un libro, molto meglio di un romanzo perché qui si parla di storia vera, non di un racconto di fantasia. A guardare due volte Zero, però, c'era da dire che anche solo il modo in cui era vestita non era proprio consono ad un luogo del genere, specie perché le croci, i putti e le raffigurazioni sacre dei santi protettori non lasciavano dubbi sulla religione che accomunava gli abitanti di quella città di pietra e silenzio. L'abito di Zero era lungo e nero, ma aveva uno spacco deciso che lasciava intravedere le gambe nude ad ogni passo, la stoffa del vestito era semplice e priva di troppi fronzoli, ma lasciava uno spazio deciso al Décolleté che sottolineava delle forme femminili che avrebbero scandalizzato più di una persona timorata di dio. Anche così, tuttavia, era fin troppo chiaro che il curatore del cimitero di Rudyard's Peak ce l'aveva con la donna per motivi assai più gravi di qualche lembo di pelle di troppo.

    « E va bene... »
    Disse di un sospiro Zero, rassegnata.
    « Non credo riuscirei a convincervi a parole, e visto che date il permesso al mio assistente di muoversi liberamente in questo bel posticino lascerò a lui la gloria dell'impresa. »
    Si voltò sul posto in un fruscio di stoffe scure, passando oltre Denver ed accingendosi a percorrere a ritroso lo stesso sentiero fatto per arrivare fino al mausoleo, ma non prima di sussurrare una frase di sfuggita al reporter, a bassa voce in modo da non farsi udire dal curatore in nero.
    « Fatti dire dove si trova il campo di territorio non consacrato del cimitero. Io vi aspetto fuori. »
    Poi senza aggiungere altro si avviò lungo il ciottolato, ancheggiando in modo marcato e beffardo come se quella fosse la sua rivincita verso la scortesia di quell'individuo.

    « Ebbene? »
    Dice l'uomo, il tono scorbutico sebbene Zero se ne fosse andata come aveva chiesto.
    « Chiedete. Se posso, vi risponderò. Avete una zia, un antenato o una persona cara sepolta in questo luogo, oppure non cercate nessuno in particolare? »

     
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    « Ufuf. Signor Denver, cavaliere di Endlos e difensore delle fiabe: io conoscevo quella vera. Probabilmente un po' diversa da quella con cui ha avuto a che fare, ma comunque una strega, sebbene che io sappia non lo abbia mai ammesso di sua sponte. Ed una strega ricambierà sempre un favore che le viene fatto. Ma non soffermiamoci oltre su questo argomento, è noioso. »

    Si fosse fermata solo al “signor”, Denver non avrebbe dovuto combattere la tentazione di correggerla e di sottolineare che non si tratta di un cavaliere e che sarà un giorno funesto quello in cui accetterà un'investitura nobiliare di qualsiasi tipo.
    Sarebbe inoltre disposto ad obiettare a fondo alla nozione che la Riful che ha conosciuto possa essere ritenuta meno “vera” di quella raccontata da Zero, ma su un'idea la maga e il giornalista concordano: sono disquisizioni puramente filosofiche su cui ora non è il caso di dilungarsi.

    Quanto a Blazer...
    « Guidava la nave? No! Ovvio che no, sciocchino! »
    Risponde Zero, rimettendo al proprio posto la nave in bottiglia.
    « Blazer è un sovrano, ma non è avvezzo alle fiabe. Avevo due compagni quando mi sono imbarcata in cerca di Riful, sperando che mi conducesse a quelle due piccole fuggiasche a cui do la caccia. Stavamo cannoneggiando la nave pirata su cui eravate imbarcati nella speranza di
    stanarvi da lì, quando ad un certo punto è comparso dal nulla un sovrano d'acqua piuttosto potente. La nave stessa è entrata in risonanza con alcune pietre magiche ed è andata a finire che un colpo di pistola ha raggiunto l'altro mio compagno, quello che mancava all'appello quando ci siamo
    incontrati nell'incubo che un tempo era la fiaba di Biancaneve.
    »

    Quel colpo di pistola fu sparato dallo stesso Capitan Uncino; una scena che il reporter non potrà mai dimenticare, perché egli si trovava proprio a fianco del pirata allora. Stanarli? Sono stati quasi ammazzati senza nemmeno una spiegazione!
    Denver vuole inoltre capire una cosa: chi sono di preciso le fuggiasche in questione? Riful, che egli ricordi, dopo la trasfigurazione se n'era andata via con Biancaneve sotto gli occhi della stessa Zero e di Blazer, senza essere fermate. La streghetta era poi tornata in qualche modo sul semipiano – addirittura più carica che mai, a giudicare dalle voci che girano in merito alla scomparsa di Klemvor.
    Il giornalista rammenta però altri due nomi: Alice, dal celebre racconto di Lewis Carrol; e la voce narrante de Le mille e una notte, Scheherazade. Sarebbero quelle due le presenze problematiche che... Denver decide che si farà dare spiegazioni – e un rinfresco della memoria più tardi.

    ---

    « Lo credo bene... Perché siamo ancora su questo vostro grazioso semipiano che chiamate Endlos.»
    Si sente replicare il giornalista, che in tutta risposta guarda la maga con occhi sbarrati mentre quest'ultima imbocca il sentiero ciottolato in direzione del cimitero. Denver non esita a seguirla.
    Questo posto sarebbe ancora su Endlos? A logica può escludere il Pentauron, troppo urbanizzato; il Presidio Meridionale, troppo arido; quello Occidentale, in cui non vedrebbe mai dei toponimi simili; e pure quello Errante. Se si trova a Settentrione, allora deve essere in una zona piuttosto temperata, mentre se si trova ancora a Levante, allora, se non Chediya, quel posto potrebbe trovarsi invece nella regione del Garwec.

    « Oh, posticino interessante. Qui ve ne sono parecchi, nevvero? Oh, d'altronde quale motivo ci può essere per cui un posto così interessante passa totalmente inosservato? Solo e soltanto se circondato da decine, centinaia di luoghi altrettanto interessanti. Sarei affascinata, se fossi qui
    per fare turismo. Invece siamo qui a procurarci una ciurma per la nostra nave...
    »
    « Cominciando dal custode di un cimitero? »
    Facendosi strada attraverso i cancelli e lungo i viali cinti dalle lapidi, alcune talmente deteriorate dagli anni da rendere inidentificabili i proprietari, il giornalista comincia a sospettare con terrore che Zero stia piuttosto mirando ad uno degli innumerevoli ospiti di quel luogo. Ciò che è peggio è che, dopo lo shock iniziale, Denver scopre non senza essere meravigliato di sé stesso di considerarla un'idea nemmeno così troppo fuori dal mondo.
    Anche perché non pare esserci nessun altro.
    Come a voler confermare i dubbi non espressi del giornalista, la maga lo conduce verso quella che ha tutta l'apparenza di essere un mausoleo; le decorazioni erose dal lavoro di anni di vento e pioggia. Attorno ad esso, una piccola cancellata ridotta a propria volta ai minimi termini; le punte di lancia piegate in ogni direzione.
    Zero, impegnata ad esaminare i propri dintorni, sobbalza quando una figura in nero si materializza dietro di lei.

    « Non vi è permesso stare qui. »
    Una voce maschile. Denver cerca di distinguerne meglio i lineamenti, ma il cappello ne cela il volto abbastanza che tutto ciò che il giornalista può dire per certo è che si tratta di un uomo sulla sua età, gli occhi grigi e acquosi.
    « Oh. Il curatore del cimitero, suppongo. Dubitavo ve ne fosse uno, questo posto è così malconcio che... »
    « A noi piace così. »
    Ribatte secco il custode; e per un momento Denver ha l'impressione che tanta freddezza sia riservata solo a Zero.

    « Dunque. Come dicevo siamo qui a salutare una vecchia conoscenza, se potete usare la cortesia di una piccola indicazione ce ne andiamo subito senza disturbare oltre. »
    A giudicare dalla reazione del custode, il giornalista sente di aver ricevuto la conferma dei suoi dubbi: quell'uomo sembra avercela con la bella maga; tuttavia, non sembravano conoscersi, a meno che...
    ...era il vestiario di lei che, per usare un eufemismo, ne valorizzava la figura in maniere che, Denver concede, non sono esattamente delle più adeguate in un cimitero. Specialmente in uno cristiano, o di ispirazione cristiana.
    « Non vi è permesso stare qui. Fornirò al vostro familiare le informazioni che posso e che voglio dare, ma non prima di avervi visto varcare di nuovo i cancelli. Lo lascerò cercare la lapide o le lapidi che cerca e non disturberò se vorrà lasciare una preghiera. Ma a voi, mia signora, non è permesso stare qui. »
    O forse c'è dell'altro?

    « E va bene... » si arrende Zero, sospirando. « Non credo riuscirei a convincervi a parole, e visto che date il permesso al mio assistente di muoversi liberamente in questo bel posticino lascerò a lui la gloria dell'impresa. »
    Prima di andarsene, però, la donna si ferma per sussurrare al saggio:
    « Fatti dire dove si trova il campo di territorio non consacrato del cimitero. Io vi aspetto fuori. »

    Ci?
    « Ebbene? » interrompe l'uomo, « Chiedete. Se posso, vi risponderò. Avete una zia, un antenato o una persona cara sepolta in questo luogo, oppure non cercate nessuno in particolare? »

    « Oh, er... » Denver valuta per un momento la possibilità di mentire, ma decide che rischiare di giocarsi la fiducia del custode fin dal primo momento non sia una mossa intelligente. « siamo qui per chiederle di qualcuno che si troverebbe nella parte non consacrata di questo cimitero; ne sa qualcosa? »

     
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    « Oh, er... »
    Lo sguardo dell'uomo era fisso su Denver e talmente pesante da sembrare una mantello pesante, di quelli usati negli inverni della campagna inglese, duri come cuoio e scuri come le penne di un corvo. Gli stessi usati dai preti e dai becchini, e quell'uomo aveva affinità con gli uni e con gli altri.
    « siamo qui per chiederle di qualcuno che si troverebbe nella parte non consacrata di questo cimitero; ne sa qualcosa? »

    « Laggiù. »
    L'uomo alzò il braccio in un movimento meccanico, allungando un dito adunco e rugoso in una direzione specifica che passava oltre un melo, sul declivio ripido della collina costellata da viali adornati dalle tombe di granito, tanto numerose che più l'occhio inseguiva l'orizzonte più sembravano tanti piccoli sassi grigi e spogli bene allineati dalla mano di un bambino. Ma mentre lo faceva non accennava a distogliere lo sguardo, continuava a fissare Denver in un modo che non poteva che mettere disagio.
    « Mi auguro che questo vostro conoscente... o parente... o qualsiasi cosa sia per voi, abbia semplicemente scelto la via più errata per concludere le sue sofferenze nella vita terrena. Ci sono molti suicidi laggiù, ma non sono gli unici ad occupare il terreno. Sono solo i meno abbietti. »
    Denver ebbe l'impressione di vedere l'uomo aggrottare la fronte, da sotto il vecchio cappello dalle larghe falde, come se proferire quelle parole gli desse fastidio. Al contempo l'istinto da mastino di notizie del reporter gli disse che c'era sicuramente molto, molto altro di interessante da sapere riguardo gli inquilini di quel posto. E probabilmente anche di tutto il cimitero. Zero non l'aveva condotto al camposanto di Rudyard's Peak per una preghiera e qualche ricordo, e quel luogo aveva l'aria di contenere abbastanza segreti da riempire le prime pagini di un quotidiano per un anno. Forse due. Ad ogni modo il curatore aggiunse, chiaramente con l'intenzione di chiudere lì la conversazione:
    « seguite l'indesiderata che vi accompagna ed uscite dal cimitero, poi costellate i cancelli verso destra finché non vi trovate di fronte due cipressi incolti che piegano l'uno sull'altro a formare un arco. Attraversateli e vi troverete in un campo per lo più sterile: lì si trovano la maggior parte delle sepolture. Non troverete lapidi a marcare le singole tombe, ma per lo più si tratta di una singola fossa comune e pochi altri posti a margine facili da individuare. Ai tempi usava gettarvi del sale affinché i corpi non fecondino la terra. I due falsari sono oltre il cespuglio di more, la prostituta dieci passi alla loro destra. La lavandaia in fondo a ridosso del cespuglio di rovi secco, i ladroni e l'assassino sono sotto il tronco morto. Gli altri nella fossa, tutti assieme. »

    « Karl! »
    Una voce anziana e squillante attira l'attenzione di entrambi, e voltandosi Denver assiste alla comparsa di una vecchina bassa, curva e rinsecchita come un vetusto ramo in tardo inverno, che incede sul declivio nella direzione opposta a quella indicata dal Curatore per raggiungere il terreno sconsacrato, alla massima velocità consentita dalle sue ossa -rapidi passetti in cui un piede a malapena supera il precedente. Ha un lungo vestito nero ed un velo dello stesso colore sui pochi ciuffi bianchissimi che le erano rimasti in testa, sul mento sporgente una verruca troppo grossa e vistosa per non essere notata, ed ha l'aria arrabbiata. Molto arrabbiata. E non ce l'ha con Denver, per fortuna.
    « Karl... disgraziato... perché cacci un ospite che vuole incontrare uno dei suoi cari? »
    La vecchina era affannata da quella che era come una maratona per lei, ma determinatissima nell'impresa. Ci mise davvero tanto a coprire quei pochi metri che la separava dal duo in prossimità del mausoleo, ma sembrava avere davvero a cuore la situazione incresciosa che si era creata. Denver capì presto il perché.

    « Non sto cacciando nessun ospite, signora Giustina. »
    Disse freddo il curatore. La donna continuava ad avanzare, un passetto alla volta, e gli rivolse uno sguardo stranamente compassionevole.
    « L'hai fatto. Ti ho visto, mentre pulivo i crisantemi. Hai mandato via una bella signorina, e ora dai la strada sbagliata a questo giovanotto. Che curatore disgraziato che sei, Karl. Io pure ti voglio bene come ad un figlio, ma... »
    Si fermò, ansimante. Poggiò sulla lapide di una madonna privata del volto da almeno un trentennio di incurie una mano tutta calli, unghie, pelle rugosa e ben poca carne. Voleva dire altro, ma aveva il fiato rotto. Karl, il curatore, riprese allora la parola.

    « Costui desidera visitare il terreno sconsacrato. Non fa parte del cimitero, quindi è fuori dalla mia giurisdizione. Gli ho indicato dove si trova, tanto gli dovevo. »
    Il tono era talmente neutro ed incolore da sembrare astioso, pur non essendolo assolutamente. E' buffo come a volte non far trasparire alcuna emozione dalla voce ti fa sembrare l'individuo più ostile del mondo. La vecchina guardò Denver. Non aveva i denti, il labbro inferiore era praticamente risucchiato su quello superiore, e aveva occhi chiari e gentili.
    « Non da fuori, Denver Brockmann. Potresti camminare fino al tramonto ed oltre, e non arriveresti mai ai cipressi. Oltre il melo, laggiù, esci dal viale ed arrivi alla cancellata. Scavalca da lì. Attento a non rimanere impigliato, e per l'amor del cielo non tirare tutto giù col tuo peso, che ormai nessuno viene più ad aggiustare quel che si rompe. Punta i piedi dove c'è l'erba, così sarai sicuro di non avere vecchie ossa sotto le scarpe... »
    Non era chiaro se la vecchietta stesse sorridendo. Era difficile abbozzare un sorriso degno di questo nome, senza le labbra o quasi. Il curatore non disse nulla, non mutò nemmeno espressione. Era una situazione davvero molto, molto strana...

     
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    « Laggiù. »
    Gli viene indicato con il braccio un punto non meglio definito nella distanza. Denver se non altro non può fraintendere la direzione, e riesce ad individuare in un vecchio melo un utile punto di riferimento da sfruttare in mezzo a quella distesa apparentemente senza fine di lapidi. Quando il giornalista ritorna a guardare il custode, si trattiene dal sussultare nel momento in cui realizza che quest'ultimo non gli ha mai tolto gli occhi di dosso.
    « Mi auguro che questo vostro conoscente... o parente... o qualsiasi cosa sia per voi, abbia semplicemente scelto la via più errata per concludere le sue sofferenze nella vita terrena. Ci sono molti suicidi laggiù, ma non sono gli unici ad occupare il terreno. Sono solo i meno abbietti. »
    Denver annuisce senza rispondere; non è giunto fin lì per visitare un caro compianto. Se dovesse essere sincero con quell'uomo, gli direbbe piuttosto che si trova in quel cimitero per un capriccio della donna che se ne è appena andata. Donna che ha incontrato di nuovo a propria volta per un capriccio del caso.
    Il suo sesto senso comincia a bisbigliargli nel frattempo che c'è qualcosa nascosto in quel cimitero su cui potrebbe potenzialmente scrivere interi reportage, senza tuttavia fornire indizi in merito a di cosa potrebbe trattarsi e dove sia di preciso. Solo il sangue che gli ribolle all'improvviso nelle vene e non perché ha la pressione alta – quella non dà quasi mai sintomi, e comunque il giornalista la tiene sotto controllo rigoroso.
    Il custode poi aggiunge:
    « seguite l'indesiderata che vi accompagna ed uscite dal cimitero, poi costellate i cancelli verso destra finché non vi trovate di fronte due cipressi incolti che piegano l'uno sull'altro a formare un arco. Attraversateli e vi troverete in un campo per lo più sterile: lì si trovano la maggior parte delle sepolture. Non troverete lapidi a marcare le singole tombe, ma per lo più si tratta di una singola fossa comune e pochi altri posti a margine facili da individuare. Ai tempi usava gettarvi del sale affinché i corpi non fecondino la terra. I due falsari sono oltre il cespuglio di more, la prostituta dieci passi alla loro destra. La lavandaia in fondo a ridosso del cespuglio di rovi secco, i ladroni e l'assassino sono sotto il tronco morto. Gli altri nella fossa, tutti assieme. »
    Denver prende mentalmente nota delle indicazioni. Quindi l'appezzamento che interessa loro si trova fuori dai confini del cimitero stesso. Zero potrà allora seguire il giornalista senza il timore di essere cacciata via, laddove quest'ultimo avrà invece qualcuno che gli spieghi meglio il motivo per cui si sono spinti fino a quel cimitero probabilmente dimenticato perfino dal Signore.

    « Karl! »
    Denver si volta in direzione della fonte di quella voce, e si trova davanti un'anziana signora che prosegue a passi minuscoli, ma innegabilmente decisi lungo la stessa salita indicata poco fa al giornalista da... Karl, appunto. Vestita di nero con tanto di velo funebre a celarne in parte il capo (appropriato, visto il luogo), fissa il custode con aria sdegnata.
    « Karl... disgraziato... perché cacci un ospite che vuole incontrare uno dei suoi cari? »
    Scacciare? Denver le rivolge un'occhiata a metà fra il stupito e il confuso, e apre la bocca per spiegarle che no signora, guardi, c'è un frainteso, il signor Karl mi stava indirizzando giusto verso dove gli avevo chiesto. Non esce nessuna parola dalla sua bocca.

    « Non sto cacciando nessun ospite, signora Giustina. »
    « L'hai fatto. Ti ho visto, mentre pulivo i crisantemi. Hai mandato via una bella signorina, e ora dai la strada sbagliata a questo giovanotto. Che curatore disgraziato che sei, Karl. Io pure ti voglio bene come ad un figlio, ma... »
    La signora Giustina si ferma per prendere fiato, la mano scheletrica appoggiata su una lapide almeno altrettanto consumata e resa pressoché illeggibile dall'azione impietosa dei decenni. Karl ne approfitta per difendersi.

    « Costui desidera visitare il terreno sconsacrato. Non fa parte del cimitero, quindi è fuori dalla mia giurisdizione. Gli ho indicato dove si trova, tanto gli dovevo. »
    Il tono di voce dell'uomo è talmente asettico da rasentare in qualche modo la freddezza. Giustina lo ignora, rivolgendo invece al giornalista quello che, se la donna avesse avuto ancora delle labbra riconoscibili, egli avrebbe definito un sorriso gentile.
    « Non da fuori, Denver Brockmann. Potresti camminare fino al tramonto ed oltre, e non arriveresti mai ai cipressi. Oltre il melo, laggiù, esci dal viale ed arrivi alla cancellata. Scavalca da lì. Attento a non rimanere impigliato, e per l'amor del cielo non tirare tutto giù col tuo peso, che ormai nessuno viene più ad aggiustare quel che si rompe. Punta i piedi dove c'è l'erba, così sarai sicuro di non avere vecchie ossa sotto le scarpe... »

    « Oh, non si preoccupi, signora. Sono ancora piuttosto agile, sebbene non abbia più vent'anni, » risponde Denver educatamente. Poi aggiunge, con il tono di chi sta chiedendo di un dettaglio tutto sommato nemmeno di così grande importanza: « solo non mi è chiaro come faccia a conoscere il mio nome, giacché non mi sono ancora presentato. »

     
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    « Oh, non si preoccupi, signora. Sono ancora piuttosto agile, sebbene non abbia più vent'anni, solo non mi è chiaro come faccia a conoscere il mio nome, giacché non mi sono ancora presentato. »

    « Davvero?? »
    Esclamò la vecchina con un sorriso divertito, fingendosi un po' contrariata.
    « Oh, ragazzo mio. Avresti dovuto, probabilmente Karl non sarebbe stato tanto maldisposto nei tuoi confronti da offrirti indicazioni sbagliate. Bisogna sempre mostrare buona educazione, specie in un cimitero... »

    « Signora Giustina... »
    Il custode tentò una sortita per salvare capra e cavoli, tentando di convincere la vecchia a seguirlo.
    « Lo dovreste sapere meglio di me, che aiutare i viventi sarebbe contro le regole... »

    « Oh, perbacco, Karl! Proprio tu mi fai la predica! »
    L'anziana prese a braccetto l'uomo in nero, ma ben presto fu chiaro chi spingeva chi.
    Tornò a rivolgersi al reporter, per rispondere alla sua domanda.
    « Devi sapere, che noi vecchi abbiamo molto tempo da usare, e così poche cose per ammazzare l'eternità... allora, cos'altro dovremmo fare se non godere di qualche pettegolezzo, di tanto in tanto? Così, qualche corvetto di passaggio mi ha narrato un po' di storie riguardo un certo Denver Brockmann, e mi ha anche detto che è tanto un bravo ragazzo. Così, mentre pulivo i crisantemi e ti ho intravisto da lontano, mi sono detta che non era giusto che venivi maltrattato così dal nostro Karl. Non avercela con lui, è un bravo ragazzo, solo un po' scorbutico. Oh, naturalmente... » aggiunse ridacchiando « se tu non fossi stato un gentiluomo d'ammodo come dico io, ti saresti preso solo tante bastonate nel sedere e nessun aiuto. »
    Alla fine cedette alle insistenze del custode, e lo seguì contenta, un passettino alla volta.

    « Buona fortuna con la vostra ricerca. »
    Furono le parole con cui il custode si congedò. Appena svoltarono l'angolo del mausoleo sparendo alla vista del reporter, questi si accorse infatti che erano scomparsi. Anche cercando con lo sguardo oltre la struttura fatiscente, prevedibilmente non vi era traccia di loro, o di qualsivoglia anima viva. E questo, in un certo senso, sembrava quasi scontato ed appropriato, come se si fosse trattato esattamente di ciò che ci si aspettava in questi casi...
    Comunque aveva ricevuto le informazioni di cui aveva bisogno, e tanto valeva seguirle alla lettera. Il saggio di Palanthas non avrebbe trovato alcuna difficoltà nell'attraversare il pendio punteggiato da lapidi malconce, superare il vecchio melo e scavalcare il muretto che faceva da confine, atterrando così in una zona decisamente malconcia, dove l'erba non sentiva il bisogno di prosperare, forse perché schifata dalla presenza imperante di rovi, arbusti e gramigna talmente scura da sembrare nera. Seguendo l'istinto, Denver avrebbe fatto qualche passo in una direzione casuale trovandosi a superare un cespuglio che lo costringeva a chinarsi per non rimanere impigliato, ritrovandosi stranamente a udire due voci distinte, di cui almeno una familiare. Ancora qualche passo, ed in uno spiazzo abbastanza ampio da permettere al sole di raggiungere il suolo, due ragazzine sedevano chine su di un imponente tomo che sembrava levitare nell'aria. Impressione confermata anche da una seconda occhiata, visto che il libro in questione stava effettivamente galleggiando in aria come se nulla fosse...

    Mentre una delle due figure seguitava a discorrere dando le spalle al giornalista, l'altra ragazza notò Denver quasi subito e si voltò a guardarlo, due grandi occhi castani che sembravano domandarsi cosa ci facesse un adulto in quella specie di brutto giardino incantato, che invero di bello e di magico non aveva proprio un bel niente. Doveva avere circa quindici o sedici anni, ma aveva un'aria piuttosto infantile, forse perché aveva un fisico molto acerbo e nulla di attraente o magnetico che di solito si riscontra in una fanciulla di quell'età. Indossava una semplice blusa a manica grigio topo di foggia semplice, legata in vita con una cintura di cuoio piuttosto malconcia. Aveva i capelli castani arruffati e che avevano urgentemente bisogno di essere lavati e pettinati, che le davano un'aria molto trascurata.

    « Ma mi ascolti?? »
    Brontolò allora l'altra figura di spalle, che aveva notato che la ragazzina non le stava dando l'attenzione che le era dovuta.
    Avevano scelto un luogo inusuale per leggere un libro: lì la terra era sporca e c'erano rovi dappertutto, l'erbaccia cresceva a chiazze e Denver poteva vedere giusto uno spiazzo di due metri per due poco più in là dove nulla aveva voluto nascere e c'era uno spiazzo chiaro di solo terriccio morbido, un posto che era assai più adatto per sedere ma che le due bambine avevano disdegnato in favore di quell'angolo a pochi passi dal muro di pietra e a ridosso di un imponente cespuglio contorto di rovi secco e morto come se si fosse pietrificato.

    « No, è che... »
    La ragazzina fece spallucce, facendo sì che la seconda ragazzina si accorgesse di Denver. Allora si alzò sbuffando, e con aria altera e particolarmente imperiosa per una mocciosa alta un metro e un tappo si erse in tutta la sua moderatissima altezza, le mani sui fianchi e lo sguardo irritato praticamente identico a quello dell'Alfiere di Laputa, non fosse per le guanciotte infantili di una undicenne arrogante.

    « Proprio divertente! »
    Disse lei, gettanto a Denver un'occhiata accusatoria.
    « Prima non ci fai entrare nel tuo cimitero, poi provi a disturbarci anche qui, svergognato di un curatore? E per di più osi presentarti davanti ad una strega del mio livello con questa scialba illusione, prendendo l'aspetto di una persona completamente a caso e cercando così di ingannarmi?? Ebbene: sappi che non ha funzionato, ora vattene prima che ti scaglio contro un incantesimo e ti trasformo in una lumaca! »

    « Riful, guarda che... »
    Tentò di dire l'altra ragazzina, ma la terribile undicenne in abiti da streghetta la zittì con un gesto frettoloso.
    « Zitta, Elizabeth. Questo qui pensa di trasformarci nel suo passatempo, ma ha scelto la strega sbagliata per le sue angherie! Finché era nel cimitero non potevo oppormi, ma qui siamo in terra sconsacrata, e lui non ha potere! »
    Guardò Denver dritto negli occhi. Lo guardò di nuovo. Abbassò gli occhi sulla punta delle sue scarpe, e lo fissò ancora meglio. Poi infine aggiunse:
    « Sei quello vero?? »
    Chiese infine, resasi conto della gaffe, subito rimbeccata dall'altra ragazza:
    « Stavo cercando di dirtelo! Karl e gli altri fantasmi non possono uscire dal confine del cimitero! »

    « Ah... »
    Riful dissimulò imbarazzo.
    « E tu che ci fai qui...? »

     
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    « Davvero?? » Risponde Giustina, fingendo di essere sorpresa. O risentita, ma ciò suonerebbe un po' strano. « Oh, ragazzo mio. Avresti dovuto, probabilmente Karl non sarebbe stato tanto maldisposto nei tuoi confronti da offrirti indicazioni sbagliate. Bisogna sempre mostrare buona educazione, specie in un cimitero... »

    Denver solleva un sopracciglio. Quella replica non offre nessuna risposta alla domanda indiretta che il giornalista ha posto; il suo sesto senso gli sta suggerendo che la signora l'ha fatto di proposito. Per questo egli decide di non ribattere. Non ancora, almeno.

    « Signora Giustina... » interviene Karl, « Lo dovreste sapere meglio di me, che aiutare i viventi sarebbe contro le regole... »

    Aiutare i viven- Denver non può negare di essere appena stato colto alla sprovvista. Il suo capo indietreggia di un paio di pollici, il volto che si contorce brevemente in una smorfia di sorpresa. Si prende un respiro profondo e il tempo di accettare l'idea di stare presumibilmente parlando con dei fantasmi. Non smetterà mai di ribadire che gli è capitato di tutto o quasi, da quando ha lasciato gli Stati Uniti. Momenti come quello sono la ragione principale per cui si cura sempre di aggiungere “o quasi.”

    « Oh, perbacco, Karl! Proprio tu mi fai la predica! »
    Giustina afferra il braccio del custode. Denver, nel frattempo, ritorna a sorridere cordiale e perfino un po' divertito. Se un lato di sé sospetta di essersi abituato troppo in fretta all'idea di parlare con i morti, un'altra voce è ancora più svelta nel fargli notare che chiunque è destinato a morire, e quelli che ha davanti potrebbero essere stati benissimo i suoi genitori, parenti, o vicini di casa. Gente da cui non nessuno avrebbe avuto nulla da temere in vita non avrebbero posto una minaccia da morti. Le anime sono le stesse, anche se il giornalista è stato abituato a pensarle in paradiso a vegliare sui propri cari.
    Forse questi non sono cristiani.

    « Devi sapere, che noi vecchi abbiamo molto tempo da usare, e così poche cose per ammazzare l'eternità... allora, cos'altro dovremmo fare se non godere di qualche pettegolezzo, di tanto in tanto? Così, qualche corvetto di passaggio mi ha narrato un po' di storie riguardo un certo Denver
    Brockmann, e mi ha anche detto che è tanto un bravo ragazzo. Così, mentre pulivo i crisantemi e ti ho intravisto da lontano, mi sono detta che non era giusto che venivi maltrattato così dal nostro Karl. Non avercela con lui, è un bravo ragazzo, solo un po' scorbutico. Oh, naturalmente se tu non fossi stato un gentiluomo d'ammodo come dico io, ti saresti preso solo tante bastonate nel sedere e nessun aiuto. »

    Denver ridacchia imbarazzato. Normalmente è lui il corvetto di passaggio. Il giornalista opta per non chiedere ulteriori spiegazioni – non ne sente più il bisogno, e soprattutto non vuole fare attendere ulteriormente Zero.
    Giustina si fa infine accompagnare via da da Karl. Conclude con:
    « Buona fortuna con la vostra ricerca. »
    Denver li segue con lo sguardo fino a quando non svoltano l'angolo del mausoleo, momento nel quale li perde di vista per la prima e probabilmente ultima volta in vita sua.
    Il giornalista si gira verso l'ingresso, ponderando se dare o meno il via libera alla maga, ma decide poco dopo di voler rispettare la volontà del custode; anche quando non condivisa da almeno un'altra residente del cimitero. Si avvia da solo dunque lungo il declivio costellato di tombe, passare oltre il melo e superare con cautela il muretto, giungendo dunque in una macchia di vegetazione talmente affollata di rovi ed erbacce da non riuscire a vedere neppure una parvenza di prato.
    Denver ode un chiacchericcio indistinto provenire da poco lontano. Si avvicina, chinandosi per riuscire ad oltrepassare un cespuglio che sta in mezzo alla strada. Ora riesce a discernere quelle che si rivelano essere solo due voci; una gli è bizzarramente familiare. Qualche piede più tardi, arriva ad uno spiazzo toccato dalla luce del sole, sul quale sono sedute due ragazzine la cui attenzione è catalizzata da un vecchio tomo che... che fluttua.

    Una delle due fanciulle si volta all'improvviso dall'altra parte; il giornalista si ritrova così ad incrociare gli occhi interrogativi e sorpresi di una minuscola quindicenne vestita di abiti tanto semplici sostenuti da una cintura di cuoio tanto malridotta e con capelli castani tanto sporchi e disordinati da dare quasi l'idea di trovarsi davanti ad una ragazzina di strada.

    « Ma mi ascolti?? »
    Sbotta la seconda, la quale al contrario non si è ancora accorta di nulla. Denver si accorge in quel momento di uno spiazzo di terreno asciutto e libero di graminacee appena sei o sette piedi più in là. Alza gli occhi al cielo, commentando mentalmente quanto inattente siano state nella scelta di un buon posto a sedere. C'è perfino un rovo rinsecchito lì vicino; che se uno si gira senza fare attenzione rischia di conficcarsi una spina nell'occhio.

    « No, è che... »
    La frase viene lasciata interrotta. Sempre la seconda ragazzina allora si alza finalmente in piedi con uno sbuffo seccato, si gira a propria volta e scocca un'occhiata ostile al giornalista da quei suoi meno di cinque piedi di altezza, il viso da bambina incorniciato da lunghi capelli pure castani contorto in una smorfia di irritazione.
    Riful.

    « Proprio divertente! Prima non ci fai entrare nel tuo cimitero, poi provi a disturbarci anche qui, svergognato di un curatore? E per di più osi presentarti davanti ad una strega del mio livello con questa scialba illusione, prendendo l'aspetto di una persona completamente a caso e cercando così di ingannarmi?? Ebbene: sappi che non ha funzionato, ora vattene prima che ti scaglio contro un incantesimo e ti trasformo in una lumaca! »

    Denver corruga le sopracciglia, le labbra serrate, e fulmina Riful con il solo sguardo.

    « Riful, guarda che... »
    « Zitta, Elizabeth. Questo qui pensa di trasformarci nel suo passatempo, ma ha scelto la strega sbagliata per le sue angherie! Finché era nel cimitero non potevo oppormi, ma qui siamo in terra sconsacrata, e lui non ha potere! »
    Il petto del giornalista si gonfia d'aria non ancora pronta ad essere espulsa. L'odiosissima figlia di Lady Drusilia lo squadra dall'alto in basso, e finalmente realizza. O almeno così spera Denver.
    « Sei quello vero?? »

    « Stavo cercando di dirtelo! Karl e gli altri fantasmi non possono uscire dal confine del cimitero! »
    « Ah... » commenta Riful, il cui imbarazzo è oramai praticamente tangibile. « E tu che ci fai qui...? »

    « Buongiorno a te, Riful, e ottima domanda. Buongiorno anche a te. » Fa un cenno di saluto all'amichetta più grande. « Sto lavorando con Zero in questo momento – la maga dal mondo delle fiabe, no? Giovane, capelli neri, sette saggi... Lei. È appena fuori dal cimitero che mi sta aspettando, e credo fortemente che voglia vedere anche te. »

     
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    « Buongiorno a te, Riful, e ottima domanda. Buongiorno anche a te. Sto lavorando con Zero in questo momento – la maga dal mondo delle fiabe, no? Giovane, capelli neri, sette saggi... Lei. È appena fuori dal cimitero che mi sta aspettando, e credo fortemente che voglia vedere anche te. »
    Come Denver nomina Zero l'espressione di Riful si fa confusa. Inizialmente non sembra capire, reagisce sulla falsariga del "Zero chi??", poi mentre il reporter inizia a snocciolare informazioni sulla persona di cui sta parlando la streghetta sembra riflettere, ci pensa su, poi ci arriva e si ritrae di botto, come se le avessero appena detto che al piano di sotto ci stanno i parenti che abitano dall'altro capo della terra, fra cui la zia particolarmente espansiva che è solita tirarle le guance fino a farle male.

    « Riful, chi è questa persona di cui parla...? »
    Chiede la ragazzina, che dovrebbe chiamarsi Elizabeth.
    « Il Magus della Speranza. »
    Risponde Riful, lacunosa, come se quella definizione dovesse bastare a spiegare tutto. E invece no. invece non spiegava un tubo, tant'è che la ragazzina scosse il capo confusa, e dovette insistere.
    « E' una tua amica? E' una strega anche lei...? »

    « No, una collega. E una maga. Non so che ci faccia qui, ma non deve essere niente di buono... »
    Si fa sotto di un paio di passi, affrontando il giornalista come se fosse in grado di torreggiare su di lui, quando in realtà gli arrivava a malapena al petto, con tutta la differenza di altezza che ci può essere fra un adulto piuttosto alto e ben piazzato ed una undicenne tappa, fra l'altro ancora più piccolina del solito visto che non portava il solito cappello nero dalle dimensioni importanti e la cui punta le faceva guadagnare diversi centimetri di stazza.
    « Credevo di avervi lasciato nel regno delle fiabe! Sarei giusto partita per venire a prendervi fra qualche giorno. Come avete fatto ad uscirne da soli? Sono l'unica che è in grado di aprire un portale dalle Fiabe della Luna Scarlatta. »
    "Fra qualche giorno"? Erano trascorsi letteralmente mesi da quell'avventura!
    « L'ultima volta che ho visto Zero era in compagnia di Fiethsing e della principessa della luna, in un'altra linea temporale. Sei consapevole che in questo asse dovrebbe essere ancora morta e ridotta ad una pietra magica, vero...? Siete stati voi a risvegliarla? »
    Riful socchiuse gli occhi riducendoli ad una fessura, visibilmente sospettosa come se Denver stesso stesse cercando di fregarla in qualche modo.

    « Morta?! »
    Elizabeth sembrò allarmata.
    « La tua amica è un fantasma...? »

    « No!!! Ma che fantasma, stupida!!! »
    « Ma tu hai detto... »
    « Ascoltami bene: »
    La interruppe e le rivolse il palmo aperto, e subito comparvero attorno a lei due pitre magiche azzurre, le pietre d'acqua sottratte al vascello di Capitan Uncino, e poi il frammento di IA circondato da sigilli che Rhaziel le aveva regalato a Klemvor il giorno in cui Quarion era diventato Re del Cielo. In origine le pietre erano tre, ma una l'aveva bruciata quando aveva riportato in vita la veggente elfica Fiethsing, sul castello volante di Refarth.
    « Ecco. Queste sono le pietre magiche di cui ti parlavo. Mana cristallizzato... praticamente ricordi della natura raccolti e poi trasformati in energia magica di cui un sovrano può disporre a piacimento. Le memorie di certi individui possono essere raccolte allo stesso modo, creando pietre analoghe, ma uniche nel loro genere. Da esse, se si dispone di sufficiente energia, è anche possibile ricreare il corpo originario di quell'individuo e riversarvi tutti i suoi ricordi, riportandolo in vita di fatto. Capisci adesso?? »

    « Oh... quindi lei era diventata un oggetto come quello...? »
    Indicò le pietre magiche, ma Riful scosse il capo.
    « Non lo so. »
    Fece spallucce.
    « Non me lo ricordo bene. Per lo stesso motivo per cui tu non ricordi tua madre. »
    Fece sparire le pietre magiche con un gesto ed una smorfia piccata.
    « Se non hai qualcosa da cui attingere potere, per praticare un incantesimo puoi solo usare i tuoi stessi ricordi. E quei momenti erano ricordi potenti e di cui mi importava ben poco, devo averli usati... »
    Guardò ancora Denver.
    « Sono molto impegnata. Hai idea di che cosa vuole da me...? »
    Poi sembrò ricordarsi di una cosa importante ed aggiunse meditabonda:
    « a proposito... ma è da sola?? Non c'è Fiethsing con lei?? Questo è strano... »

     
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    Riful si fa incerta non appena il nome di Zero emerge, come se stia cercando di ricordare di quale delle tante si possa trattare, e quali siano conosciute sia da lei che dal giornalista che le sta di fronte e che ne parla come se fosse una vecchia conoscenza. Solo in quel momento Denver si ricorda del fatto che la bambina era priva di sensi quando la maga comparve al castello; ella non può dunque sapere che la sua collega e il saggio si erano già conosciuti (di vista).

    « Riful, chi è questa persona di cui parla...? »
    Domanda Elizabeth.
    « Il Magus della Speranza. »
    Comprensibilmente, la ragazza non capisce. Nulla di cui uno si possa stupire, quando è Riful a rispondere ad una domanda.
    « E' una tua amica? E' una strega anche lei...? »

    « No, una collega. E una maga. Non so che ci faccia qui, ma non deve essere niente di buono... »
    Già, come ad esempio il mondo delle fiabe che rischia di collassare fra non molto.
    Riful si fa avanti con aria di sfida, puntandosi a meno di un piede da un Denver che si ritrova ad abbassare parecchio la testa per potere guardare negli occhi la principessa che, senza quel suo lungo cappello a punta, pare ancora più minuscola.
    « Credevo di avervi lasciato nel regno delle fiabe! Sarei giusto partita per venire a prendervi fra qualche giorno. Come avete fatto ad uscirne da soli? Sono l'unica che è in grado di aprire un portale dalle Fiabe della Luna Scarlatta. »
    Qualche giorno?! Quell'incidente è di diversi mesi fa! Denver spera che il tempo nel mondo delle fiabe scorra in modo diverso da quello del mondo “reale” (un termine che il giornalista associa ancora con un po' di fatica ad Endlos, nonostante ci viva da anni), oppure l'Alfiere Errante dovrà prepararsi a dargli delle convincenti spiegazioni.
    « L'ultima volta che ho visto Zero era in compagnia di Fiethsing e della principessa della luna, in un'altra linea temporale. Sei consapevole che in questo asse dovrebbe essere ancora morta e ridotta ad una pietra magica, vero...? Siete stati voi a risvegliarla? »

    « Dovrei saperlo? »
    Denver fulmina Riful con lo sguardo. Potrebbe dilungarsi in un lungo sfogo riguardo a quanto irragionevole sia quella dannatissima poppante ad aspettarsi che tutti coloro che gli stanno intorno siano al corrente di tutto quello che lei sa già, di come dovrebbe prendersi la responsabilità di agire quando altre persone dipendono da lei, e... Oh, un intero editoriale non sarebbe sufficiente per tutto ciò che il giornalista vorrebbe dirle – no, vomitarle addosso.

    « Morta?! La tua amica è un fantasma...? »
    « No!!! Ma che fantasma, stupida!!! »
    « Ma tu hai detto... »
    « Ascoltami bene: »
    Inizia Riful, estendendo il palmo della mano. Denver guarda due pietre azzurre comparire dal nulla attorno alla streghetta, fluttuando attorno a lei insieme ad un terzo oggetto metallico e simile ad una medaglia. Il giornalista sente il proprio cuore mancare un battito quando lo riconosce. Quello era... è il dispositivo che Rhaziel usava per comunicare con gli altri Aviatori, donato a Riful in quel fatidico giorno a Klemvor.
    « Ecco. Queste sono le pietre magiche di cui ti parlavo. Mana cristallizzato... praticamente ricordi della natura raccolti e poi trasformati in energia magica di cui un sovrano può disporre a piacimento. Le memorie di certi individui possono essere raccolte allo stesso modo, creando pietre analoghe, ma uniche nel loro genere. Da esse, se si dispone di sufficiente energia, è anche possibile ricreare il corpo originario di quell'individuo e riversarvi tutti i suoi ricordi, riportandolo in vita di fatto. Capisci adesso?? »

    « Oh... quindi lei era diventata un oggetto come quello...? »
    Chiede Elizabeth. Riful risponde con un'alzata di spalle.
    « Non lo so. Non me lo ricordo bene. Per lo stesso motivo per cui tu non ricordi tua madre. »
    Con un gesto della mano, Riful fa volatilizzare un'altra volta quelle memorie d'acqua.
    « Se non hai qualcosa da cui attingere potere, per praticare un incantesimo puoi solo usare i tuoi stessi ricordi. E quei momenti erano ricordi potenti e di cui mi importava ben poco, devo averli usati... »
    Si volta infine verso Denver.
    « Sono molto impegnata. Hai idea di che cosa vuole da me...? »
    Gli dice, interrompendosi un attimo per poi riprendere subito dopo la parola.
    « a proposito... ma è da sola?? Non c'è Fiethsing con lei?? Questo è strano... »

    « Sono passati mesi da quando siamo stati nel mondo delle fiabe, » comincia il giornalista, il tono seccato, « ed è stata sempre Zero a riportarci a casa. Grazie al cielo, aggiungo, perché se fosse stato per te sarei ancora là a marcire in un regno al collasso. Realizzi vero che abbiamo tutti una vita e faccende da sbrigare che non sono sempre anche le tue? » Si ferma per appena il tempo sufficiente di respirare. Non le lascerà il tempo di ribattere né di trasformarlo in un tacchino. Non fino a che egli non avrà finito. « Sì? Ottimo, ora torniamo all'ordine del giorno. Zero vorrebbe che la aiutassimo a salvare il regno delle fiabe. Sì, è da sola. No, non c'è Fiethsing. Purtroppo, aggiungerei. »
    Sbuffa. Si sente decisamente meglio.
    « Denver Brockmann, comunque. Custode della Via di Sophia a Palanthas, » dice, rivolto adesso ad Elizabeth, « dove siamo, tra l'altro? Garwec? Chediya? »

     
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    « Dovrei saperlo? »
    Domanda Denver, scocciato, lo sguardo torvo.
    « Devi saperlo. »
    Gli risponde per le rime Riful, che non sopportava l'insolenza nei propri sottoposti. Anche se Denver non era tale, cioè non in teoria.
    « Insomma!! Possibile che abbiate resuscitato un Sette Saggi per sbaglio? Cioè, in realtà può succedere, ma avete idea di quanto sia difficile officiare un rituale del genere? Certo, per una strega del mio livello è facilissimo, ma voi non siete me! »
    Si indica con il palmo aperto, il tono insolente. Elizabeth la guarda senza capire bene a cosa si riferisse... e probabilmente Riful era l'unica, là in mezzo, a capirlo davvero.

    « Sono passati mesi da quando siamo stati nel mondo delle fiabe, ed è stata sempre Zero a riportarci a casa. Grazie al cielo, aggiungo, perché se fosse stato per te sarei ancora là a marcire in un regno al collasso. Realizzi vero che abbiamo tutti una vita e faccende da sbrigare che non sono sempre anche le tue? »
    « "Collasso"...? »
    Chiese lei, visibilmente stupita.
    « Sì? Ottimo, ora torniamo all'ordine del giorno. Zero vorrebbe che la aiutassimo a salvare il regno delle fiabe. Sì, è da sola. No, non c'è Fiethsing. Purtroppo, aggiungerei. »
    Riful inarca un sopracciglio.
    « "Salvare"? »
    Chiede lei, allarmata. Poi inizia a riflettere, mentre Denver si rivolge ad Elizabeth.
    « Denver Brockmann, comunque. Custode della Via di Sophia a Palanthas, dove siamo, tra l'altro? Garwec? Chediya? »
    « Rudyard's Peak, nella contea del Lancashire. »
    Risponde la ragazzina meccanicamente.
    « Qualche ora di distanza ad Est del Pentauron, a volo d'uccello. »
    La rimbecca Riful, correggendo le coordinate in modo da renderle comprensibili a Denver. Poi ci ripensa, e aggiunge:
    « Con il mio drago ci avrei messo poco più di un'ora. Con la scopa ci vuole di più. A proposito: sai dove ho lasciato il mio drago? Non è tornato a casa. »
    Suonava noncurante come un "sai dove ho lasciato la penna?", e nemmeno come "avete visto il mio gattino nero?" che pure sarebbe stato abbastanza grave che una bambina si perde il proprio cucciolo. Solo che non aveva smarrito un gatto o un cane: si trattava di un colossale drago bicefalo di parecchie tonnellate, non la cosa più facile del mondo da dimenticare in giro per il semipiano, e nemmeno la più innocua.
    « Non l'avete distrutto, vero...? Non era affatto pericoloso. E' mantenuto in vita da degli incantesimi e menomato della propria essenza vitale, quindi senza di me che lo rifornisco di energia perde subito le forze ed entra in letargo, credo. E che vuoi dire con "salvare"? Ricordo che la fiaba di Biancaneve era un po' strana, e quel pirata grasso con gli occhiali ha detto qualcosa riguardo l'Isola che non c'è che non c'è più, ma il semplice fatto che due fiabe si sono deteriorate non vuol dire niente... »
    Ci pensò su ulteriormente, ragionando a voce alta.
    « Ora che ci penso la fata impazzita che abbiamo incontrato era sempre della fiaba di Peter Pan, giusto? E poi anche Londra era strana, ma credevo fosse colpa del Lupo e dei suoi dannati scherzi. Pensavo bastasse sguinzagliargli dietro un assassino, ma so per certo che i miei resonator sono andati distrutti, quindi sospetto che il mio sicario abbia fallito con il suo compito. »
    Denver avrebbe ricordato sicuramente che fine aveva fatto la resonator armata di spada, che su suo ordine aveva tentato di fermare Biancaneve mentre trascinava via il corpo esanime di Riful. La mezzodrago invece era semplicemente svanita poco dopo essere tornati, e non c'era nulla di cui stupirsi: era sopravvissuta a brutti danni durante l'incidente nel Klemvor in cui l'avevano creduta un nemico ed aveva finito con lo scontrarsi da sola contro tutta la guardia personale dell'Alfiere, poi come se non bastasse l'incubo chiamato Biancaneve le aveva strappato un braccio. Riful questo non poteva saperlo, quindi incrociò le braccia e aggiunse:
    « A ben pensarci anche le scorrerie di Bahamut non sono proprio normali. Come ho fatto a non accorgermene prima? Andiamo, ora voglio proprio parlare con Zero. Sono curiosa di sapere cos'ha da dire e perché è da sola. Lei non gira mai da sola. E' impossibile che non sappia che Fiethsing è tornata in vita. »

    Per tornare indietro attraversarono i rovi che crescevano a lato del cimitero, oltre il muro e lo steccato di ferro battuto che segnava il confine del cimitero. Denver ci aveva azzeccato almeno in parte: quello non era un cimitero cattolico, bensì anglicano. Elizabeth però gli spiegò che prima ancora era stato un cimitero cristiano, all'epoca romana, e prima ancora "quelli che c'erano prima" seppellivano lì i loro morti (anche se la ragazzina non aveva idea di chi fossero). Riful non era molto interessata a quell'argomento, preferiva lamentarsi degli incantesimi di pessima fattura collocati sul posto e di come fosse una seccatura doverli "bucare" per passare e poi "ricucirli", quali fossero i significati effettivi di quei termini. Elizabeth stessa sembrava non avere idea di che cosa stesse blaterando la streghetta, anche se Denver avrebbe senza dubbio intuito che le due fossero in un certo qual senso "colleghe", il che forse spiegava perché una giovane donna così innocua fosse seppellita assieme a ladri, assassini, stupratori e suicidi senza nemmeno una lapide a segnarle il luogo dove riposava. Anche la sua storia, come chissà quante altre, aveva l'aria di essere materia prima per un bel libro, magari un romanzo dai toni gotici. Grazie alle divagazioni di Riful più o meno il reporter ebbe anche un quadro generale di quel posto: l'intera collina era un vasto cimitero, su cui i cristiani avevano edificato un camposanto sulla sua superficie, senza curarsi di porre all'atto pratico i loro morti proprio sopra i morti dei loro predecessori. La cosa creava problemi, quindi nel corso dei secoli i chierici della chiesa anglicana avevano posto sul luogo una serie di protezioni che si erano manifestate sotto forma della figura lugubre del "Curatore", che entro i confini del cimitero, a detta di Riful, era anche assai pericoloso per tutto ciò che non ha un legame con le energie spirituali e magiche. In pratica, quell'essere non poteva tangere in alcun modo a gente relativamente normale come Denver, il che spiegava perché non l'aveva nemmeno cacciato ma aveva solo tentato di sviarlo, mentre aveva molto potere su individui come Zero e Riful, e proprio per questo la prima era battuta in ritirata senza discutere troppo mentre la seconda aveva aggirato il problema. Nessuno gli aveva ancora spiegato, però, chi era esattamente Elizabeth e perché Riful si era data tanta pena per arrivare da lei.
    Trovarono Zero seduta su di un muretto lungo il viale. Dio solo sa come si era addormentata sul posto, e ronfava con la stessa beatitudine di un gatto con la testa poggiata alla testa dello stesso bastone dorato con cui Denver l'aveva vista per la prima volta nel regno delle fiabe, e che prima non aveva con se.

    « Beh...? »
    Disse Riful, guardandosi attorno, mentre sfilavano davanti alla collega dei Sette Saggi.
    « Dove hai detto che si trova Zero...? »
    Disse in tono irritato. La situazione per un attimo sarebbe sembrata di certo un po' un nonsense, e se non fosse per il tono assolutamente convinto di Riful allora Denver avrebbe detto che la piccola strega stava semplicemente scherzando. Stava a due passi dal Magus della Speranza, eppure non la vedeva. O meglio: non la riconosceva. Non aveva ancora finito di formulare quella frase piccata, che subito i suoi occhi verdi così uguali a quelli di Drusilia finirono con l'appuntarsi sulla figura ancora mezza addormentata, che proprio in quel momento stava iniziando a svegliarsi visto il fracasso che la circondava.

    « Oh...? »
    Disse Riful, sgranando gli occhi.
    « Eh...? »
    Le fece eco Zero, visibilmente confusa.
    « WAAAAAAAAAAAAAAH!!! »
    Urlò Riful di colpo, saltando all'indietro come una molla.
    « KYAAAAAAAAAAH!!! »
    Le fece eco Zero, che quasi cascò dal muretto.
    Elizabeth saltò via a sua volta, temendo il peggio, ma per fortuna non ci furono fulmini né lanci di incantesimi.

    « Bambina, ma sei pazza, forse?!! Mi hai spaventata!!! »
    « TU mi hai spaventata!!! Ma come ti sei conciata?? »
    « Ma cos... Riful? Ma che hai fatto ai capelli? »
    « E tu cos'hai fatto ai vestiti?? Perché sei in nero?? »
    « Io... storia lunga. Tu piuttosto, che cosa hai fatto a... »
    « Storia lunga. »
    Tagliò corto Riful. Al che dopo un lungo istante passato a studiarsi fu chiaro che nessuna delle due voleva sbottonarsi troppo sui motivi delle rispettive apparenze e preferirono sorvolare sull'argomento in uno status di pari e patta.

    « Il mio servitore ha detto che ti serve il mio consiglio. E che il regno delle fiabe sta collassando. Spiegati. »
    Il tono di voce di Riful ora era aggressivo, ed ancora più altezzoso e pieno di se del solito -per quanto possibile.
    « Oh, è il tuo servitore? Immagino che sia ben pagato per avere a che fare con te ogni giorno. »
    Punta sul vivo Riful esibì un sorriso tirato e mise le mani sui fianchi.
    « Effettivamente ultimamente ho schiere intere di servitori, si da il caso che su di un frammento della mia terra natia sorge un'importante comunità di questo scoglio dimenticato dagli dei in cui sono temuta e venerata come la potente Strega dell'Est! Mi è bastato sfoggiare i miei poteri e mostrare la magnificenza del mio drago Abbadon perché tutti si inchinassero a me. »
    « Niente di meno da chi ha conquistato Celentir con il suo ego. »
    Ribatté Zero, grondante ironia. Riful però alzò il mento e incrociò le braccia la petto.
    « Esattamente! »
    La maga nera la guardò malissimo, poi sorrise e guardò Denver.
    « Il tuo servitore conferma la versione? »
    Chiese Zero con non poca malizia nella voce. Riful sobbalzò sul posto, sudando freddo.
    « C... Certo che conferma! »
    Disse con non troppa convinzione. Poi Denver si ritrovò anche il suo sguardo puntato addosso, e fu chiaro che era sotto un fuoco incrociato.
    « Vero che confermi...? »
    Alle spalle della streghetta, però, Zero faceva l'occhiolino al reporter. Dopotutto, erano lì per chiederle un favore...



    Edited by Yomi - 1/2/2019, 16:09
     
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    Che Denver non capisca un accidenti di ciò che Riful stia blaterando è tutt'altro che una novità. Ci è tanto abituato da aver adottato perfino un personale meccanismo di difesa contro di lei consistente nel trattare circa due terzi delle parole della streghetta come un fastidioso rumore di sottofondo. Si tratta tuttavia, per stessa ammissione del giornalista, di un metodo decisamente da perfezionare. Egli non potrà infatti ritenersi del tutto appagato fino a quando non si avvicinerà al cento percento.
    Se non altro, con quella versione ancora imperfetta Denver riesce quantomeno a comprendere che per una volta sia la stessa ragazzina a non essere affatto al corrente della situazione in corso. Gli viene quasi da sorridere sornione, mentre ammira la confusione sul faccino di Riful. Quasi. L'irritazione rimane l'emozione dominante.

    « Rudyard's Peak, nella contea del Lancashire. »
    Risponde Elizabeth. Inghilterra, eh? Anzi...
    « Qualche ora di distanza ad Est del Pentauron, a volo d'uccello. »
    ...un pezzo di Inghilterra finito nel Maelstrom e poi su Endlos.
    « Con il mio drago ci avrei messo poco più di un'ora. Con la scopa ci vuole di più. A proposito: sai dove ho lasciato il mio drago? Non è tornato a casa. »
    Giusto, il drago. Come diavolo ha fatto quell'irresponsabile a dimenticarsi del tutto di un bestione grande praticamente quanto la biblioteca stessa? Come?! È lì da mesi!
    « Non l'avete distrutto, vero...? Non era affatto pericoloso. E' mantenuto in vita da degli incantesimi e menomato della propria essenza vitale, quindi senza di me che lo rifornisco di energia perde subito le forze ed entra in letargo, credo. E che vuoi dire con "salvare"? Ricordo che
    la fiaba di Biancaneve era un po' strana, e quel pirata grasso con gli occhiali ha detto qualcosa riguardo l'Isola che non c'è che non c'è più, ma il semplice fatto che due fiabe si sono deteriorate non vuol dire niente...
    »
    « Macché, è fuori dalla Biblioteca di Palanthas, a sonnecchiare – non l'ho mai visto fare altro, ora che ci penso. »
    Hanno addirittura pensato di adottarlo come mascotte, da tanto tempo è lì. Chi l'avrebbe mai detto che è del tutto dipendente da Riful per muoversi?
    « Ora che ci penso la fata impazzita che abbiamo incontrato era sempre della fiaba di Peter Pan, giusto? E poi anche Londra era strana, ma credevo fosse colpa del Lupo e dei suoi dannati scherzi. Pensavo bastasse sguinzagliargli dietro un assassino, ma so per certo che i miei
    resonator sono andati distrutti, quindi sospetto che il mio sicario abbia fallito con il suo compito.
    »
    Denver si stringe nelle spalle. Non ha più avuto notizie di quel resonator nascosto nell'ombra di Riful, il quale si era separato dalla sua padrona prima ancora che il gruppo si imbarcasse a bordo della Barbeque. Solo Helena era sopravvissuta fino alla fine e... no, Helena era l'ultimo resonator che era rimasto in vita dopo lo scontro con Biancaneve. Il giornalista non aveva più avuto notizie di lei dopo che questa si era lanciata per andare a contattare l'uomo che avrebbe in seguito conosciuto come il Saggio Kerobal.
    « A ben pensarci anche le scorrerie di Bahamut non sono proprio normali. Come ho fatto a non accorgermene prima? Andiamo, ora voglio proprio parlare con Zero. Sono curiosa di sapere cos'ha da dire e perché è da sola. Lei non gira mai da sola. E' impossibile che non sappia che Fiethsing è tornata in vita. »

    Tirando un sospiro di sollievo, Denver guida le due fanciulle attraverso la strada appena percorsa. Elizabeth si prende la premura di spiegargli che si tratta di un cimitero anglicano tanto antico da essere stato prima ancora cristiano in epoca romana, e addirittura pagano in tempi ancora più antichi. Denver intuisce inoltre non senza una nota di amarezza che quella ragazza non è altro che una delle tante ospiti del cimitero; giustiziata probabilmente dopo essere stata accusata di stregoneria.
    Se quel posto si trova davvero nel Presidio Orientale, potrebbe raccogliere le storie di tutte quelle persone e trascriverle da qualche parte con il permesso dei diretti interessati; anche se non sarebbe stato nulla di particolarmente nuovo dalle sue parti: nemmeno una ventina d'anni fa, Edgard Lee Masters aveva pubblicato la sua Antologia di Spoon River. Un libro di poesie, tra l'altro. Se Denver avrebbe avuto dalla propria le dirette, vere testimonianze dei defunti interessati, sarebbe stato difficile convincere un qualsiasi editore di tutto ciò.

    Se le digressioni di Riful sono attendibili, quel cimitero dovrebbe essere pieno di spettri per un effetto imprevisto dell'essere stato edificato al di sopra di uno dedicato ad un altro culto, e per le particolari benedizioni apposte dai chierici della chiesa locale che si sarebbero manifestate in qualche modo in... Karl. Quest'ultimo inoltre sarebbe potenzialmente pericoloso quanto è più alta l'affinità alla magia di un individuo. Pressoché innocuo per Denver, dunque, ma un incubo per maghe del calibro di Riful e Zero.
    Quando trovano quest'ultima seduta addormentata su un muretto, al giornalista non è rimasto che chiedersi per quale motivo sono tutti lì; quello e come possa una persona appisolarsi in quella posizione, a dire il vero.

    « Beh...? Dove hai detto che si trova Zero...? »
    Denver indica con il pollice la ragazza ancora dormiente. Che Riful non l'abbia mai incontrata di persona...? No, ha detto chiaramente che è sempre insieme a Fiethsing, e Fiethsing l'hanno incontrata entrambi nel mondo delle fiabe; va da sé che la streghetta sia abituata a vedere quelle due insieme. Allora come fa a non riconoscerla? Non è cambiata affatto, da quando il giornalista se l'è trovata di fronte mesi fa. A meno che...

    « Oh...? »
    « Eh...? »
    « WAAAAAAAAAAAAAAH!!! »
    « KYAAAAAAAAAAH!!! »

    ...non fosse cambiata prima di quell'episodio. Quando Denver e Zero hanno incrociato i loro occhi per la prima volta, del resto, Riful era svenuta dopo aver mangiato la mela avvelenata, e probabilmente non ricorda cosa fosse successo dopo la sua trasfigurazione...

    « Bambina, ma sei pazza, forse?!! Mi hai spaventata!!! »
    « TU mi hai spaventata!!! Ma come ti sei conciata?? »
    « Ma cos... Riful? Ma che hai fatto ai capelli? »
    « E tu cos'hai fatto ai vestiti?? Perché sei in nero?? »
    « Io... storia lunga. Tu piuttosto, che cosa hai fatto a... »
    « Storia lunga. »

    Il giornalista ringrazia mentalmente le due per aver rimandato. Non avrebbe sopportato un'altra non-spiegazione di Riful.

    « Il mio servitore ha detto che ti serve il mio consiglio. E che il regno delle fiabe sta collassando. Spiegati. »
    « Oh, è il tuo servitore? Immagino che sia ben pagato per avere a che fare con te ogni giorno. »
    Denver scuote con convinzione la testa mentre si trova dietro Riful.
    « Effettivamente ultimamente ho schiere intere di servitori, si da il caso che su di un frammento della mia terra natia sorge un'importante comunità di questo scoglio dimenticato dagli dei in cui sono temuta e venerata come la potente Strega dell'Est! Mi è bastato sfoggiare i miei poteri e mostrare la magnificenza del mio drago Abbadon perché tutti si inchinassero a me. »
    « Niente di meno da chi ha conquistato Celentir con il suo ego. »
    Se fosse una forza militare, con l'ego di quella ragazzina si potrebbe in effetti conquistare l'intera Asia, conviene il giornalista.
    « Esattamente! »
    Un'arma da guerra perfetta, inattaccabile perfino dalle bombe del sarcasmo.
    « Il tuo servitore conferma la versione? »
    Denver sbarra gli occhi, irrigidendosi sul posto.
    « C... Certo che conferma! »
    Ah, ecco. Se non altro è in grado di riconoscere come tratta i propri collaboratori.
    « Vero che confermi...? »

    Il giornalista fa già per aprire bocca e rispondere con un secco “no”, ma quest'ultimo gli muore in gola quando vede Zero fargli l'occhiolino di nascosto. Così, Denver sospira e si prepara a raccontare ciò che un reporter degno del proprio appellativo odia di più: una bugia.

    « Confermo, » risponde, cercando di nascondere un tono rassegnato. « Le esperienze, poi, sono state impagabili. »

     
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