Sing Me to Sleep

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    Erano trascorse quasi due ore da quando Klemvor era scomparsa nel nulla sotto gli occhi di Drusilia Galanodel, che si era ritrovata di punto in bianco immersa in una depressione desertica che somigliava al cratere di un meteorite, oppure al letto di un enorme lago circolare prosciugato dalla sete inestinguibile di un titano. Non era sola, ma la situazione non era certo delle migliori per i compagni di viaggio che si era ritrovata: la scomparsa improvvisa della città e la totale assenza di un singolo elemento del terreno capace di scongiurare i venti dell'ovest aveva generato raffiche di venti che nei momenti peggiori erano arrivate al punto da riuscire quasi a sradicare un adulto dal terreno, obbligando l'uso della magia per una questione di mera sopravvivenza. L'aria intrappolata per le vie di cemento di Klemvor era assai più calda di quelle del profondo ovest, e la repentina rimozione dell'intera città aveva lasciato una sacca climatica che aveva risucchiato in un primo momento un autentico vortice d'aria fredda, che stentava ad acclimatarsi anche a distanza di ore. Adesso quanto meno la situazione era abbastanza stabile da permettere di indagare.
    Ciò che restava della Dawn Knights, Leo con in spalla Seila accompagnati dalla più giovane delle grosse chimere, procedevano in coda alla piccola fila indiana aperta dal gatto Matamune, che con una zampa seguitava a sorreggere un cappello nero per evitare che il vento glielo strappasse via dal capo, evidentemente infastidito dalla brezza gelida anche se c'era da dubitare che uno spirito protettore soffrisse il freddo. Dietro di lui procedevano Drusilia, Virginia e gli altri due giovani sciamani che avevano accompagnato il gatto, entrambi piuttosto a disagio in quell'ambiente desolato e nella totale incertezza di quella situazione. Come avevano già spiegato alla Dama dei Venti quella doveva essere una semplice ricognizione, volevano solo assicurarsi che la situazione attorno a Laputa ed alla Città delle Macchine fosse normale e che la catastrofe annunciata non fosse ancora avvenuta, mai e poi mai si sarebbero aspettati di ritrovarsi coinvolti in essa. Ormai però erano in ballo e Matamune sembrava determinato a ballare fino in fondo, pur mostrando una certa dose di riluttanza nello scommettere l'incolumità dei due giovani uomini al suo seguito; in disparte aveva confidato a Drusilia che questi ultimi erano troppo importanti per la sua gente e che non intendeva correre rischi con loro. Tuttavia quella non era un'occasione da lasciarsi sfuggire, su questo il gatto aveva pienamente ragione. Come Klemvor era scomparsa, ecco che al di sotto della voragine si era aperta una piega nella realtà, invisibile agli occhi di una persona priva di poteri ma impossibile da ignorare per chiunque fosse in possesso di una qualche forma di auspex. Izuna, lo sciamano che controllava le creaturine simili a delle piccole volpi bianche, aveva insistito più volte per essere presente nel momento in cui avrebbero dovuto scendere in quel luogo isolato con un incantesimo dal resto dell'universo, ma Matamune era stato categorico. Sarebbero scesi solo lui e Drusilia, e sarebbero scappati al minimo accenno di pericolo.

    « Ci siamo. »
    Annunciò con voce ferma il gatto. Si voltò per guardare Drusilia, gli occhi che sembravano indagare sul viso di lei in cerca di qualche dubbio o esitazione dell'ultimo momento.
    « Mia signora, non abbiamo idea di cosa ci sia qua sotto, quindi devo chiedervi di usare cautela. Vi giuro che qualunque cosa accada vi riporterò fuori incolume. »
    Izuna avvicinò due pezzi di carta delle dimensioni di una lettera con sopra incise alcuni caratteri orientali in rilievo.

    « Bruciateli e vi richiameremo su all'istante. »
    Disse in tono preoccupato, mentre contemporaneamente una kudagitsune zampettava lungo la gamba destra dell'alfiere per prendere posto sulla sua spalla, da dove drizzò il musetto facendo sventolare le alte orecchie.
    « Ehm, siete in grado di farlo da sola, o...? »
    Mostrò a Drusilia un accendino nero, che poteva servire ad assolvere il compito.

    « Ammetto che non ho idea di cosa troveremo là sotto. Le sacche artificiali modellate con la pura volontà come quella con cui abbiamo a che fare possono contenere di tutto, perfino un piccolo inferno creato su misura. Mi chiedo come abbiamo fatto a non notarlo da subito. Eppure è sempre stato qui... »

    « La città lo nascondeva. I flussi di energia spirituale rendevano impossibile notarlo. »
    Interloquì l'altro sciamano, Mikado.
    « Avete detto che è stata proprio la strega a portare su questo semipiano la città, che noi avevamo semplicemente gettato nel maelstrom nella speranza che vi rimanesse per sempre. Mi chiedo se non fosse proprio quello il suo intento: nascondere quel luogo... »

     
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    "Ci sono dubbi che vanno risolti, altri che non possono essere risolti,
    altri ancora che è meglio non risolvere".


    (Roberto Gervaso)


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    ???
    Presidio Occidentale, Endlos.

    Klemvor era scomparsa nel nulla lasciandoli in una depressione desertica non troppo dissimile al cratere di un meteorite, o addirittura un enorme bassopiano. La sensazione di smarrimento regnava sovrana, oltre alla desolazione e ai mille interrogativi che sarebbero potuti nascere da quella situazione.
    In fila indiana, guidati da Matamune, c'erano solo Drusilia, Virginia, i due giovani sciamani e solo qualche componente della Dawn Knights. Con la scomparsa di Klemvor si era aperta una piega nella realtà, invisibile agli occhi dei non esperti -quali l'Alfiere stesso- nella quale sarebbero dovuti entrare solo il gatto e Drusilia, almeno da programma. Per quel poco che la Dama del Vento poteva comprendere, si trattava di una missione pericolosa, tuttavia si riteneva parzialmente responsabile degli ultimi avvenimenti, pertanto si sarebbe presa carico di risolvere -o quantomeno approfondire- la questione spinosa.

    « Ci siamo. Mia signora, non abbiamo idea di cosa ci sia qua sotto, quindi devo chiedervi di usare cautela. Vi giuro che qualunque cosa accada vi riporterò fuori incolume.»
    Matamune fissava Drusilia, cercando di rassicurarla, ma l'Alfiere non si sentiva affatto serena in presenza di quello spirito. Non che cambiasse molto, vista la situazione: la bella annuì semplicemente, rimanendo in silenzio.
    « Bruciateli e vi richiameremo su all'istante. »
    Izuna intervenne, avvicinando loro avvicinò due pezzi di carta. Contemporaneamente una kudagitsune zampettò fino a raggiungere la spalla di Drusilia, rizzando il musetto e rizzando le orecchie. Drusilia si intenerì e le concesse delle carezzine.
    « Ehm, siete in grado di farlo da sola, o...? »
    Le mostrò un accendino, e Drusilia lo trovò un'ottima idea per più di una ragione; per questo lo prese e se lo porse nelle tasche.
    « Ammetto che non ho idea di cosa troveremo là sotto. Le sacche artificiali modellate con la pura volontà come quella con cui abbiamo a che fare possono contenere di tutto, perfino un piccolo inferno creato su misura. Mi chiedo come abbiamo fatto a non notarlo da subito. Eppure è sempre stato qui... »
    « La città lo nascondeva. I flussi di energia spirituale rendevano impossibile notarlo. » rispose Mikado « Avete detto che è stata proprio la strega a portare su questo semipiano la città, che noi avevamo semplicemente gettato nel maelstrom nella speranza che vi rimanesse per sempre. Mi chiedo se non fosse proprio quello il suo intento: nascondere quel luogo... »
    Fu allora che a Drusilia giunse una strana rivelazione. Ricordava di Riful e di una tomba per lei molto importante... che quella dimensione portasse proprio lì?

    -...

    Aprì la bocca per parlare, ma alla fine scelse di tacere.
    Si trattava di questioni molto personali: non sarebbe stato giusto parlarne, finché non ne avrebbe avuto la certezza... ed anche in quel caso, avrebbe dovuto scegliere molto attentamente le parole per chiarire la questione.

     
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    La prima immagine che colse lo sguardo di Drusilia sarebbe stata quella di una rapida brezza di stampo primaverile che si infrange al piede di un declivio e risale svelta come la corsa di un bambino, trascinando con se come per ricordo dei petali di fiori bianchi raccolti qua e là. Tutto quanto era una distesa disomogenea di verde smeraldo, tutti i colori della primavera e poi un cielo azzurro artificiale reso torbido dal turbinare continuo ed incostante delle energie che mantenevano in vita quel piccolo angolo di paradiso sconosciuto ai più, dove Drusilia era un intruso costretto a sentirsi tale dall'aura di silenzio quasi sacrale che circondava quel luogo. Di fianco a lei c'era lo spirito-gatto, Matamune, lui aveva già superato quel primo impatto al repentino cambiamento, dai resti grigi ululanti e ventosi di Klemvor a quel posto verde erba e azzurro cielo. Aveva già incastrato fra le zanne il boccaglio intarsiato in avorio e stava armeggiando con le zampette per posizionarvi all'interno qualche foglia di tabacco tritata, fissandosi la punta dei piedi come se li trovasse terribilmente interessanti. Ad una seconda occhiata più attenta Drusilia stessa non poté non far caso alla stessa cosa notata dal gatto, vero motivo per cui insisteva a fissare in quel punto. La terra si scostava di poco lasciando posto a quello che a prima vista pareva un sasso di un neanche troppo insolito colorito giallo sporco. Giallo osso, ad un'analisi più attenta.
    Qualche metro più a valle, ed ancora più avanti ad intervalli regolari, sagome simili affioravano in perfetta successione, obbligando Drusilia ad allargare la propria visuale ed a capire che cosa giaceva semisepolto dallo scorrere di oltre un decennio di abbandono in quel luogo bagnato dai venti al di sotto di Klemvor. Una spirale che pretende una piroetta per essere seguita nella sua interezza, poi la necessità di alzare lo sguardo perché quella sagoma era davvero enorme, semplicemente gigantesca. Non era un semplice declivio quello su cui Drusilia e Matamune erano finiti. Un semplice declivio non ha per corona il cranio ridotto a sole ossa di un gigantesco drago, né ha le sue vertebre come affioramenti.

    « E' lo stesso drago che ha attaccato Laputa quella notte...? »
    Domandò Matamune, calmo, riferendosi alla notte in cui era saltata fuori dal nulla Riful. Quel particolare drago, Abbadon, era stato sconfitto da Jophiel con una certa facilità e facendolo scomparire nel nulla come se fosse stata una sorta di illusione, ma poi Riful aveva dato prova di poterlo richiamare senza problemi segno che l'arcangelo non lo aveva effettivamente distrutto. Magari quello era il vero corpo, oppure si trattava semplicemente di un altro drago. Effettivamente, questo drago aveva solo una testa, mentre Abbadon era bicefalo.

    Non serviva viaggiare granché oltre con lo sguardo per ritrovare due figure familiari, le uniche altre due creature viventi ad occupare quella bolla dimensionale oltre a Drusilia ed il suo accompagnatore. Ad una trentina di passi sostava a mezz'aria la piccola bambolina chibi con le sembianze di una Riful streghetta e con i capelli scuri, mentre ancora più distante, sempre di spalle, con la mantellina svolazzante ma senza il caratteristico cappello che la faceva sembrare una fattucchiera cattiva c'era l'altra Riful, uguale identica a quella del primo incontro con Dru in quello strano sogno con un manicomio come sfondo. Era cambiata di aspetto, quindi, tornando ad essere Riful la strega dai capelli d'argento che era stata un tempo su Celentir. Oppure no...? Era il momento di scoprirlo. Di rispondere alle domande su Klemvor ed altre ancora...

     
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    Oltrepassato il portale, si ritrovarono su una distesa bucolica lambita da venti primaverili. Percependo qualcosa di profondamente artificiale in quella visione quasi paradisiaca, la Dama del Vento si guardò attorno, constatando che al suo fianco fosse ancora presente un Matamune intendo a fumare dal suo boccaglio d'avorio. Seguendo il suo sguardo rivolto alle zampe, Drusilia finì per convergere le proprie attenzioni al suolo, lì dove la terra si scostava di poco lasciando posto a delle ossa sparse ad intervalli quasi regolari. Come tessere di un mosaico, assieme formavano l'inconfondibile sagoma di un gigantesco drago.

    « E' lo stesso drago che ha attaccato Laputa quella notte...? » domandò Matamune, mentre Drusilia si limitava ad un cenno di diniego del capo -Quello di Laputa aveva due teste...

    Poco distanti da loro vi erano invece due figure familiari: la bambolina animata magicamente che li aveva accompagnati nel sottosuolo di Klemvor e la stessa Riful conosciuta tempo prima in un sogno, durante il loro primo incontro. Avvicinandosi piano a lei, insicura su chi o cosa avesse davanti (una memoria o quella vera?) la chiamò per nome.

    -Riful...- pronunciò con voce pacata -... è questo il luogo di cui mi hai parlato? Quello che cercavi?

     
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    -Riful...-
    Chiamò l'alfiere di Laputa mentre si avvicinava alla figura dai lunghi capelli d'argento in lontananza, ricevendo però solo lo sguardo teso della piccola bambolina sospesa a metà strada. L'altra Riful, quella a dimensioni naturali, non si voltò nemmeno.
    -... è questo il luogo di cui mi hai parlato? Quello che cercavi?
    Avvicinandosi a quella scena surreale, Drusilia si rese conto di non avere più lo spirito al suo fianco. Matamune si era fermato, aveva deciso di rimanere più indietro, spettatore rispettoso di eventi che non lo coinvolgevano. Il terreno era lievemente in pendenza, la Dama dei Venti doveva stare attenta a dove metteva i piedi perché c'erano arbusti ed erbacce dappertutto. Era un paradiso un po' diverso da quello che ci si poteva aspettare: gli incantesimi che tenevano in vita quel luogo segreto evidentemente non curavano il prato, né impedivano alle sterpaglie di proliferare. Mentre avanzava, ancora nessuna reazione dalla strega di Celentir. Il piccolo avatar, al contrario, sembrò attivarsi all'improvviso, e come una zanzara imbronciata si lanciò su Drusilia, smanacciando all'indirizzo della controparte con le piccole dita tozze da peluche.

    « Io... anzi. La mia controparte sapeva!! »
    Esordì la creaturina, visibilmente sotto shock.
    « E' per questo che dovevamo andare nel regno delle fiabe e riprenderci Celentir! Dovevamo... »
    Una vampata di luce investì la scena, e Drusilia avrebbe avuto solo pochissimi istanti per reagire. Distante poco più di trenta passi, la Riful in cui aspetto ricalcava quello dell'originale mostro che aveva flagellato Celentir in passato stringeva fra le dita un'imponente falce da guerra sulla cui lama si districavano elaborati arabeschi. L'aveva mossa di un cenno, generando una lama di energia sufficiente a distruggere il piccolo plush con le sembianze da streghetta, che di contro non poteva difendersi in alcun modo perché tutta l'energia risucchiata a Drusilia serviva per farla esistere. I riflessi allenati di Drusilia e la natura tutto sommato blanda dell'attacco le permetteva tuttavia di reagire in difesa della bambolina, ma era la scelta giusta da fare? Come avrebbe reagito la vera Riful davanti ad un'azione ostile?
    Un dettaglio, un elemento che prima -quando la ragazzina era di spalle- Drusilia non poteva notare, ma che ora saltava all'occhio perché troppo evidente per non essere notato. Il colore rosso che imbrattava tutta la casacca della strega di celentir, inzuppando tutto il vestito partendo dal fianco destro. La Riful d'argento... perdeva sangue. Anzi, ne aveva già perso parecchio, forse perfino troppo. E anche sotto lo sguardo di Drusilia, piccoli rubini scuri continuavano a gocciolare al suolo. Non si sopravvive a lungo con una ferita del genere...

    L'attacco scagliato dalla "Riful Argento" è da considerarsi come una semplice lama di energia di Consumo Medio, rivolta esclusivamente al chibi-doppione di quella che per comodità chiameremo da ora in poi "Riful Nera". Drusilia può decidere di pararlo, oppure lasciare che colpisca la bambolina, che in tal caso verrà distrutta.
     
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    Oltrepassando con difficoltà le sterpaglie, Drusilia si avvicinò alle due interlocutrici di spalle, e se l'albina non dava cenni nel voltarsi, l'avatar della Riful del presente s'attivò improvvisamente, lanciandosi su di lei ed indicando l'altra.

    « Io... anzi. La mia controparte sapeva!!
    E' per questo che dovevamo andare nel regno delle fiabe e riprenderci Celentir! Dovevamo...
    »
    Una vampata di luce investì la scena, e sebbene Drusilia avesse potuto in qualche modo salvare la bambolina, almeno per quella volta scelse di non farlo. Sapeva di essere stremata e sospettava di dover utilizzare la propria energia per questioni più spinose e urgenti nell'immediato futuro.
    Inoltre la Dama del Vento non aveva alcuna intenzione di strappare informazioni con la forza: se quella davanti a lei era la medesima Riful del sogno, allora sarebbe stato il caso di parlarne direttamente con lei.
    Si avvicinò ancora, ed allora notò le macchie di sangue di cui la ragazzina era sporca.
    Portava una falce tra le mani.

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    -Riful...- ricominciò, imperterrita -...Non voglio scoprirlo da altri.
    La macchia vermiglia si faceva più intensa sul fianco destro della ragazzina. Ai loro piedi numerose gocce avevano toccato il suolo ed altre le avrebbero raggiunte; Drusilia comprese perfettamente la situazione, ma -nonostante la tentazione- preferì evitare contatti diretti con la bambina.
    -C'è qualcosa che vuoi dirmi?

     
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    -Riful...- Chiamò Drusilia -...Non voglio scoprirlo da altri.
    Per un momento la Dama dei Venti sembrò tentata di allungare la mano in direzione della figura di nero e argento che le dava le spalle, ma non lo fece ed in cambio ottenne una reazione da quest'ultima, che lentamente declinò il capo per appuntare sulla donna intensi occhi color ametista, uno sguardo affatto allarmato, né preoccupato o sofferente, nonostante la pozza di sangue che le copriva di rosso tutto il fianco, un danno troppo profondo per essere una ferita superficiale. Eppure lei non sembrava curarsene.
    -C'è qualcosa che vuoi dirmi?
    Chiese ancora Drusilia, facendo un ultimo passo senza però ottenere risposta in un primo momento, se non che la bambina dai capelli argentati si voltò di nuovo e tornò a fissare davanti a se, uno spiazzo infestato dalle erbacce ai piedi del promontorio creatosi negli anni con la carcassa decomposta da tempo di un drago come impalcatura. Non c'era proprio un bel niente nel punto che Riful fissava intensamente, ed era proprio questo il punto.

    « Ho ucciso una persona. »
    Disse in tono neutro, come se non fosse poi un fatto così particolare o importante.
    Con la punta del piede scostò delle foglie secche, e le zolle di malerba che si era formata dappertutto, in cerca di un segno o di qualcosa di riconoscibile. Non c'era davvero nulla lì, solo terra.
    « L'ho lasciata qui, appena ieri. Però temo sia passato davvero tanto, tanto tempo. Ormai non c'è più nulla... »
    Alzò gli occhi, guardando il cielo artificiale creato nell'ambiente della bolla dimensionale sepolta sotto Klemvor. Una tomba, non un giardino segreto oppure un rifugio sicuro. Abbandonata per oltre un decennio, dimenticata dalla sua stessa creatrice. La città delle macchine serviva a nasconderla, a far sì che nessuno scoprisse della sua esistenza. Nemmeno Riful stessa.

    « Non provo niente. » Disse ancora, malinconica. Passò la mano sulla casacca beige, ora inzuppata di rosso scuro, e la ritrasse lordata del suo stesso sangue e sorrise tristemente. « Meno male. Temevo di provare ancora dolore. I ricordi sono terribili... Il passato è il vero incubo. E un sollievo sapere che sta per finire tutto quanto. Oh, quella creatura che ho distrutto poco fa poteva funzionare come una memoria di backup, ho dovuto distruggerla per evitare che l'altra me stessa scoprisse di questo posto. »
    Gettò la falce d'argento a terra, ignorandola mentre rovinava al suolo fra le selve e le erbacce. Poi si voltò verso Drusilia e sorrise radiosa, anche se era un'espressione finta e forzata, artificiale e priva di gioia. Quella Riful non vedeva l'ora di sparire e riposare, fuggire nell'oblio di un lungo sonno senza sogni chiamato morte.
    « Non so bene che tipa è l'altra me stessa. Quella che ha iniziato questa nuova vita in questo strano posto lontano da Liberty, senza i draghi e senza quella persona. Se però le volete bene, potreste assecondarmi...? Non voglio che scopra che esiste questo posto. Non deve mai sapere che cosa abbiamo fatto, perché anche se non la conosco granché so bene quanto le farebbe male. »
    Trasse un lungo sospiro, poi lentamente sedette usando la mantella per non sporcarsi la gonnellina nera.
    « Sono un po' stanca. Spero solo che finisca in fretta. A volte esistere è straziante... »

     
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    « Ho ucciso una persona.
    L'ho lasciata qui, appena ieri. Però temo sia passato davvero tanto, tanto tempo. Ormai non c'è più nulla... »

    Fissandola in religioso silenzio, la Dama del Vento non si scompose, né parve tentennare per qualche ragione: esattamente come era accaduto in precedenza, la Riful che aveva deciso di parlarle non rappresentava nient'altro che una memoria, l'immagine di qualcuno che -ormai- esisteva solo nel passato e che non sarebbe certo tornato; in quegli anni su Endlos la strega dai capelli d'argento era infatti cambiata, vivendo una nuova esistenza con carne ed ossa su Laputa.
    In questo modo il suo Destino aveva subito una brusca virata: non conosceva i dettagli di quel tipo di magia, ma aveva supposto fosse una delle ragioni della sua parziale perdita di memoria.
    In effetti, lo aveva creduto fino a quell'istante.

    « Non provo niente. Meno male. Temevo di provare ancora dolore. I ricordi sono terribili... Il passato è il vero incubo. E un sollievo sapere che sta per finire tutto quanto. Oh, quella creatura che ho distrutto poco fa poteva funzionare come una memoria di backup, ho dovuto distruggerla per evitare che l'altra me stessa scoprisse di questo posto. »
    Pur non avendo ancora completamente chiara la vicenda, l'Alfiere Errante iniziò a trovarla comprensibile.
    « Non so bene che tipa è l'altra me stessa. Quella che ha iniziato questa nuova vita in questo strano posto lontano da Liberty, senza i draghi e senza quella persona. Se però le volete bene, potreste assecondarmi...? Non voglio che scopra che esiste questo posto. Non deve mai sapere che cosa abbiamo fatto, perché anche se non la conosco granché so bene quanto le farebbe male.
    Sono un po' stanca. Spero solo che finisca in fretta. A volte esistere è straziante... »


    fwcpCo1

    -Credo che il dolore sia un aspetto della vita che non vada evitato, ma accettato- osservò, comprendendo le ragioni dell'altra, ma non afferrando come potesse una bugia simile aiutare la Riful rinata -Ho scoperto a mie spese che la verità ha il brutto vizio di trovarci sempre e bussare alla nostra porta, prima o poi, con l'aggravante che più si ignora e peggiore sarà il momento del confronto.
    Per quanto non ne andasse fiera, sapeva perfettamente di cosa parlava: la Guerra Civile in cui si era trovata coinvolta era nata proprio da un motivo simile ed i danni avevano superato di gran lunga qualunque tipo di convenienza, in ogni modo la si osservasse. Quanto all'esistenza straziante... Drusilia portava sulle proprie spalle abbastanza drammi da riuscire ad empatizzare alla perfezione, ma proprio per quello aveva deciso di obbiettare. Sapeva quanto soluzioni simili non portassero a nulla di buono.
    -Proprio perché provo affetto per lei, perché dovrei rendere più profondo il dolore, alimentandolo nel tempo con una bugia?

     
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    -Proprio perché provo affetto per lei, perché dovrei rendere più profondo il dolore, alimentandolo nel tempo con una bugia?
    Lei si lasciò sfuggire una risata breve e amara. Poi per il dolore si piegò in avanti, la mano sul fianco, e rispose in un sussurro.

    « Ufuf... Per egoismo, forse. »
    Disse semplicemente, senza argomentare in alcun modo. No: non era nel razionale che Drusilia avrebbe trovato una risposta. E la Riful d'argento, stanca e priva di motivazioni, non voleva certo convincerla né era davvero interessata a come sarebbe proseguita la storia della sua nuova "se stessa". Lei voleva solo tornare al suo nulla, cessare di esistere. Un incubo che agogna soltanto la luce del mattino, ed implora il suo sognatore di aprire gli occhi...
    « Aaaah... io un tempo ne sapevo qualcosa. Ora però non importa più. Ufuf... è ora di andare, altrimenti non mi resterebbero le forze sufficienti. Per quanto riguarda lei, ve l'affido. E' l'unica cosa che posso fare, a parte pregare... »
    Chiuse gli occhi e si lasciò andare, accasciandosi al suolo, cadendo lentamente e senza un suono. La sua immagine si spense, la sua aura venne meno sotto gli occhi di Drusilia divenne in un battito di ciglia più definita, più reale, come l'immagine filtrata attraverso lo schermo di un vecchio televisore che improvvisamente si fa reale davanti agli occhi dello spettatore. La sua figura divenne più minuta, il faccino più rotondo e le gote più piene, i capelli d'argento divennero di un castano scuro come quello di Drusilia quando aveva solo undici anni. Era priva di sensi, ma sotto le palpebre socchiuse adesso non scintillava più l'ametista, bensì un verde giada come quello della speranza. L'incubo era concluso. Era tempo di fare i conti con la realtà.

    « Nobile Drusilia...? »
    Matamune di Nekomata era rimasto rispettosamente in disparte per tutto il tempo, una figura silenziosa che si era defilata in lontananza senza nemmeno avvicinarsi troppo, dimostrando che a volte anche la proverbiale curiosità del gatto può venire meno. Adesso però quel mondo dentro al mondo nascosto sotto la città delle macchine iniziava a sfaldarsi. Iniziava tutto con brevi segnali, come un lieve tremore del terreno ed alcuni piccoli detriti che iniziano a scivolare giù dal promontorio creato sulla carcassa del gigantesco drago nero. Matamune non aveva idea di quanto tempo avevano per fuggire via, ma proprio per questo dava segni di nervosismo...

     
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    Presidio Occidentale, Endlos.

    « Nobile Drusilia...? »
    L'Alfiere Errante rimase immobile alcuni attimi, assolutamente identica ai momenti in cui era rimasta ad ascoltare le ragioni della Riful d'argento, se non per i capelli mossi e scuri che le continuavano a danzare attorno, sospinti da brezze artificiali. Fu proprio allora che quel mondo nascosto sotto una città delle macchine che aveva cessato di esistere prese a sfaldarsi. Il terreno tremò, dei detriti si staccarono, rotolando giù dall'altura verso la carcassa draconica.
    -...
    Drusilia respirò profondamente, nascondendo lo smeraldo dei propri occhi dietro alla membrana pallida delle palpebre, contornate da ciglia folte e nere. Aveva un'espressione crucciata, della disapprovazione intima e silenziosa. Non rispose subito al gatto, piuttosto si chinò sulla bambina che le stava di fronte, raccogliendola fra le braccia in modo da non farle male. Quando la ebbe ben stretta a sé, si voltò in direzione dello spettatore con sguardo serio, ancora indecisa riguardo le informazioni ricevute ma del tutto sicura delle azioni immediate da intraprendere.

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    -Non abbiamo più nulla da fare in questo posto.
    Lo disse lapidaria e schietta: per quanto potesse essere importante per Riful, Drusilia era riuscita ad accertarsi che quella realtà non fosse abbastanza pericolosa da nascondere eserciti di mostri, orrori cosmici o qualunque tipo di minaccia reale verso Endlos. Questo le bastava: si trattava di una semplice tomba... e lei -delle tombe- non se ne faceva proprio nulla.
    -Andiamocene immediatamente, prima di pentircene.

     
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