Questione di contesti

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    Magisterium, Quarto Girone.
    Presidio Errante, Endlos.

    Denver Brockmann congeda l'ultimo studente con un sorriso e con un arrivederci di circostanza. Cerca di rientrare nell'aula dalla quale è appena uscito, ma appena si affaccia all'ingresso nota che questa si è già riempita di una seconda torma di ventenni troppo grandi per litigarsi i posti migliori a cazzotti, ma ancora troppo giovani perché molti di loro abbiano imparato a nascondere quella luce sinistra negli occhi che suggerisce che non stiano almeno accarezzando l'idea. La voglia, invece, non scomparirà mai, nemmeno fra cinquant'anni.
    Ad essere sinceri, il giornalista potrebbe fare il nome di diversi colleghi suoi coetanei che non hanno mai compiuto nemmeno il primo passo. Se non sono morti di fame o se non hanno cambiato lavoro, probabilmente in questo momento staranno ancora sgomitando per riuscire a portarsi in prima fila ad una conferenza o ad un discorso del presidente.
    Oggi Denver è riuscito ad accaparrarsi il posto a sedere più comodo di tutti. Solo, si trovava nella posizione peggiore di quell'auditorium: esattamente di fronte ad una schiera di giovani rampolli da pressoché tutti gli angoli di Endlos; principalmente Laputa, con una minoranza significativa di studenti dal Pentauron e dall'Est, e forse addirittura da Sud, Nord e Ovest. Un paio di centinaia di occhi che lo fissavano mentre egli ha tenuto una lezione di un'ora sui principi della scrittura giornalistica, applicata alla divulgazione di nuove scoperte in campo magico. Un'esperienza surreale.

    Il docente della lezione successiva ha già preso il suo posto in cattedra, e quando incrocia gli occhi del Saggio gli rivolge un'espressione con la quale sembra stia chiedendogli se ci sia qualche problema. Denver richiude delicatamente la porta davanti a sé, notando con la coda nell'occhio che il professore è già ritornato a rivolgersi alla sua classe, cominciando a parlare nel momento stesso in cui il giornalista lascia andare la maniglia.

    Il reporter percorre i corridoi del Magisterium a larghe falcate, una valigetta di pelle bruna nella mancina e la destra che comincia a frugare nella tasca nella ricerca frenetica di un sigaro prima ancora di arrivare all'uscita. Quando finalmente giunge all'aria aperta, Denver sta già portando un accendino vicino all'altezza delle labbra senza nemmeno far finta di ripromettersi che proprio quello sarà il proverbiale ultimo.

     
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  2. Ljev Gauss
     
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    «Ci siamo persi, vero? Come al solito, d'altronde, stupido io ad aspettarmi qualcosa di diverso da un coglion–»

    «Carl! Piantala di dire parolacce, dannazione.»


    Ljev alzò la punta del bastone, 'imitando' - per così dire - il gesto di chi è pronto a prendere a randellate un pennuto dalla lingua troppo lunga. Le ultime due ore su quel nuovo semipiano avevano messo a dura prova la pazienza dello psicologo, e avevano rappresentato l'epilogo di un caso clinico così complesso da averlo letteralmente spedito all'altro mondo. Dover sopportare Carl, in tutta onestà, era per Ljev motivo di un forte stress psicologico, qualcosa che - lui più di tutti - non poteva né permettersi né ignorare. L'ultima volta che aveva sorvolato su quel "transitorio stato di ansia, nulla di allarmante, andrà tutto bene" aveva provocato un'isteria di massa talmente grave da aver richiesto l'intervento di entità extraplanari.

    «Che ci facciamo su questa lurida isola? Che poi, "isola"...»
    –gracchiò, infastidito–
    «...A me sembra un cesso a cielo aperto.»

    L'uomo arrestò il passo e si voltò per guardare l'animale appoggiato alla sua spalla. Lo fissò, intensamente, scrutando quel puntino nero che era l'unico occhio offerto dal corvo in quel confronto di sguardi. Ljev poteva giurare, pur essendo incapace di leggere la mente dell'uccello, che Carl stesse tramando qualcosa, e che tutto quel fastidio, quella giostra di frasi pungenti, fosse il preludio ad un brutto scherzo da parte del famiglio.

    «Dovresti chiederlo ad Evelyn: è lei che ci ha scaraventati qui. Anzi, è il suo trauma ad averlo fatto.»

    Erano arrivati da poco su Endlos eppure il Dr. Gauss aveva già intuito che da lì in avanti tutto sarebbe cambiato - sia in meglio, sia in peggio. Guardandosi attorno, nella breve ricognizione che li aveva visti vagare in tondo in quello che sembrava uno dei quartieri costituenti l'agglomerato abitativo, Ljev aveva iniziato ad immaginare mentalmente la struttura di quella strana ma strabiliante isola. Doveva trattarsi di un unico blocco compatto, una specie di piccolo regno divelto dal terreno e catapultato chissà come nel cielo. Dalla loro posizione, non totalmente soprelevata, potevano solo delineare i contorni delle cerchie inferiori. Fra tutte le strutture, tuttavia, quella che più aveva colpito lo psicologo era stato sicuramento l'edificio in pietra davanti al quale si trovava ora.
    Insondabile, affascinante e misterioso. Sembrava il tempio di una divinità sfuggente, un'alcova di segreti e perdizioni.
    Tutto sommato, poteva essere il luogo perfetto nel quale iniziare questa nuova avventura.



    CITAZIONE
    Carl è il companion di Ljev, un corvo di regolari dimensioni con la capacità di parlare - e infastidire il prossimo.
     
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    Spesso le pause fumo del giornalista si tramutano in un'occasione per scrutare, invero piuttosto voyeuristicamente, alcuni dei volti più interessanti in cui imbattersi nel viavai di persone che entra ed esce in pressoché ogni momento al o dal Magisterium. Questi non sono (sempre) volti di donne avvenenti; spesso sono alcuni dettagli fuori posto o comunque bizzarri ad attirare l'attenzione di Denver, a prescindere dal sesso o l'età della persona – la razza sì, quella influisce, ma il reporter sfiderebbe chiunque a non meravigliarsi di fronte ad una fisionomia mai vista prima o comunque a non fermarsi almeno per un attimo ad osservarla.

    A volte gli unici particolari degni di nota all'interno di una determinata pausa sono un taglio di capelli inusuale, un vestiario totalmente fuori da quella che verrebbe considerata la normalità nel contesto del Presidio Errante (o quello Orientale), oppure ancora un accessorio unico nel proprio genere. Quando è più fortunato talvolta riesce ad intravedere alcuni volti noti come quello del rettore Shantotto o il suo braccio destro Yoko Saddler; in altri momenti gli capita di scorgere invece persone familiari e conoscenti assortiti, come il vecchio cane che aveva visto a quella lezione introduttiva sull'esplorazione interdimensionale, oppure altri Saggi di Palanthas. Ogni tanto gli sembra di avvistare perfino qualche figlio benedetto – oppure uno degli innumerevoli figli illegittimi di Quarion Galanodel; difficile notare ad occhio la differenza, sempre ce ne sia davvero una.

    Stavolta a catturare lo sguardo di Denver è un uomo che, di per sé, è sì vestito in un modo inusuale per un posto come Laputa, ma non agli occhi del giornalista. Al contrario, quest'ultimo riconosce uno stile di abbigliamento praticamente terrestre, anche se datato circa di mezzo secolo rispetto all'epoca che egli ritiene quella corrente. Non è tuttavia l'abbigliamento ad incuriosirlo quanto invece il fatto che, a differenza di tutti gli altri, questo non si sta affatto muovendo, e anzi pare impegnato a parlottare fra sé e sé o... no, un momento, che stia confabulando invece con il corvo posato sulla spalla di costui?
    Se non fosse che oramai vive lì da anni, Denver avrebbe giudicato quella scena come molto bizzarra, per usare un eufemismo. Tuttavia, il giornalista oramai temprato dall'esperienza non si scompone.

    Si avvicina a passi misurati, un filo di fumo dall'odore leggermente acre che si leva dal sigaro. Sente solo alcune parole di sfuggita, le quali tuttavia bastano a rinforzare un sospetto che egli già ha. Ha visto quell'espressione pensosa tante volte – almeno crede di vederla anche stavolta.
    Agita una mano alzata in segno di saluto e sorride, preparandosi con cuor sereno al rischio di fare eventualmente una figuraccia per nulla.

    « Salve. Avete bisogno di qualcosa nel Magisterium? »



    Mi sono preso la libertà di provare ad immaginare quale potesse essere l'espressione di Ljev in base a ciò che hai scritto nel narrato, pur non essendo stata esplicitamente descritta. Ho ammesso un margine di errore nel mio (narrato), ma mi scuso comunque per questa piccola parentesi di possibile metagaming; è che volevo più che altro dare a Denver una scusa per avvicinarsi ed attaccar bottone.

     
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  4. Ljev Gauss
     
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    C'era un via-vai regolare ad alimentare quell'edificio, un brulicare di colori che dava armonia al flusso umano in ingresso ed uscita dall'imponente struttura. Fu in mezzo a quello schema che Ljev vide alzarsi un braccio, un gesto della mano lo richiamava all'attenzione.

    «Ehi, conosci quel tizio?»


    «Siamo stati letteralmente sbalzati in un piano dimensionale alieno dal collasso psichico di una paziente schizofrenica, credi davvero Carl che io possa conoscere qualcuno qui?»


    Il corvo lo fissò, impassibile, e Ljev percepì che se il pennuto avesse avuto modo avrebbe anche fatto spallucce in tutta risposta alle sue parole.

    «Da quant'è che non scopi, Dottore?»


    Lo psicologo lo scacciò via dalla propria spalla e l'animale si alzò in volo, per poi posarsi a terra qualche metro più in là. Poteva quasi sentirlo borbottare, nonostante la distanza.
    CITAZIONE
    « Salve. Avete bisogno di qualcosa nel Magisterium? »

    Si rivolse a lui un uomo che indossava degli abiti dall'aria familiare, uno stile che lo psion aveva già incontrato nei propri viaggi - in particolare, uno che lo aveva catapultato avanti di qualche secolo. Alle apparenze, inoltre, sembrava un essere umano in carne ed ossa proprio come lui: dei capelli lisci, tenuti a bada e adagio sul capo, e una sigaretta accesa in mezzo ai denti. Ljev sorrise, esibendosi in un accenno di inchino come salute verso il suo nuovo interlocutore: possedeva una mistura di gradevolezza nell'aspetto e la sensazione di inquietudine tipica di chi sa di poter scrutare dentro le persone senza che esse se ne accorgano.


    «Salve.
    Magisterium è il nome di quell'edificio, quindi? Davvero impressionante, non c'è che dire.»


    Rivolse ancora lo sguardo alle linee che componevano l'esterno della struttura, posta alle spalle dell'uomo che lo aveva approcciato.

    «Potrà sembrarle strano ma, in questo momento, non saprei dirle di cosa ho bisogno: credo di essere stato appena scaraventato su questo piano dimensionale contro la mia volontà... Ammesso che quello che dico abbia senso, per lei.»


    Ljev non poteva di certo presumere fosse l'unico ad aver subito quella sorte: l'eterogeneità dei presenti era se non altro un indizio sul fatto che, ovunque si trovasse, quel luogo aveva già fatto da testimone a naufragi come il suo.

    Hai fatto più che bene, tranquillo :guruflwr:


    Edited by Ljev Gauss - 6/2/2019, 00:40
     
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    «Salve.
    Magisterium è il nome di quell'edificio, quindi? Davvero impressionante, non c'è che dire.»


    « Sì, si chiama così. Concordo, comunque. »
    Gli risponde, voltandosi per contemplare per qualche attimo l'imponente edificio del Magisterium, le mani in tasca di chi ha già avuto moltissimo tempo per prendere atto della presenza di quell'enorme costruzione fatta all'apparenza di nulla di più che pietra, vetro e legno. Sebbene non sia stata eretta in una posizione sopraelevata come il Mastio e non competa con questo in grandezza, essa rimane comunque forse il secondo edificio più importante di Laputa. Terzo, l'Albero Casa dell'esercito personale dell'Alfiere. Quarto, almeno nel cuore di Denver, il Cappio di Bronzo.

    «Potrà sembrarle strano ma, in questo momento, non saprei dirle di cosa ho bisogno: credo di essere stato appena scaraventato su questo piano dimensionale contro la mia volontà... Ammesso che quello che dico abbia senso, per lei.»

    « Oh, certo che sì, » risponde con tranquillità, « sono tante le persone che giungono qui in questo modo, con qualche variazione nei dettagli. Se è qui immagino sia passato dalla dogana e le avranno spiegato che questo è un semipiano e si chiama Endlos... No? »
    Senza attendere troppo a lungo una conferma, il giornalista continua:
    « Questa è Laputa, Presidio Errante, uno dei sei regni che compongono questo posto. Questa dietro di me è un'accademia di magia – non so se è abituato all'idea – e... Beh, se vuole un modo per ritornare indietro potrebbe chiedere un consulto ai cervelloni che lavorano là dentro, altrimenti tutto ciò che posso suggerirle è di provare a rivolgersi ad un ufficio di collocamento per trovare un'occupazione con cui mantenersi. Che io ricordi, quest'isola è piuttosto bene organizzata su queste cose. Sapesse quanta gente arriva! »

    Se non si sta sbagliando, il Presidio Orientale e quello Errante sono proprio due dei presidi con il più alto numero di naufraghi registrati. Anche se verrebbe da pensare che sono entrambi forse gli unici posti a tenere censimenti regolari e più o meno attendibili, oltre al Presidio Centrale stesso. Un altro, considerevole dettaglio è che sono anche i due presidi dove un naufrago ha possibilità almeno ragionevoli di sopravvivere – Denver sfiderebbe chiunque a ritrovarsi da un momento all'altro nelle sabbie vitree dello Yuzrab o nelle distese ghiacciate dell'Etlerth e durare, da solo se senza aiuti, più di pochi giorni.

     
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  6. Ljev Gauss
     
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    Cosa stava accadendo?
    Sembrava quasi un'ombra nell'angolo cieco della vista, un soffio di vento nero a calare sulla luce del pomeriggio.
    L'aria carica di violenza repressa, quasi l'atmosfera fosse nauseata dalle loro presenze.
    Carl guardò il proprio padrone: aveva intuito.



    «Ehi, ehi, campione. Respira.»

    Sentivo il precipizio affacciarsi sulla mia coscienza. Erano di nuovo loro, i sussurri di Gòlgoth. Nascevano nella mia testa, lo sapevo, eppure ogni volta giuravo di poterli percepire nello stomaco, dei rumori alieni innestati fra le pieghe del mio intestino.
    Mi veniva da vomitare, ma sia il petto sia la gola erano totalmente pietrificate.
    Non potevo vedermi da fuori ma ero cosciente che la mia pelle stava apparendo pallida come il velo di una sposa.

    Fu la voce di quell'uomo a richiamarmi alla realtà, strappandomi immediatamente dal quel breve - ma atroce - cedimento.

    «... Dogana? No, in realtà ricordo a malapena cosa sia successo dieci minuti fa. Forse ho subito il 'viaggio' più di quanto avessi immaginato.»

    C'era dell'amarezza in quelle parole: d'altronde, avevo appena abbandonato la mia paziente
    (pur contro la mia volontà, che sia chiaro)
    e soprattutto non potevo sapere quanto quel viaggio avesse avuto effetto sul mio legame con Gòlgoth.
    Era forse più sottile, più elastico, quel lembo di realtà fra noi e Loro?

    «Per il momento»
    guardai alla mia sinistra, lanciando un'occhiata veloce a Carl
    «credo resteremo un po' qui. Non sarei in grado di 'viaggiare' di nuovo.»

    «Sei il solito vecchio rottame: se non vuoi lavorare basta dirlo, eh.
    E poi nessuno dei pazienti sentirebbe la tua mancanza, cra

    Perdona il ritardo!
    Nel caso te lo stessi chiedendo: sì, il tuo personaggio può sentire e comprendere ciò che dice Carl il corvo.
     
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    «Ehi, ehi, campione. Respira.»
    Gli occhi del giornalista si spostano appena su quel corvo parlante. Ha già incontrato altri animali con il dono del verbo prima d'ora, fra cui un cane e il gatto con gli stivali; oramai non sarà certo un pennuto in grado di fare altrettanto a stupirlo.
    Denver si sofferma invece sull'uomo, che è impallidito all'improvviso e sembra sul punto di avere un malore. Costui pare tuttavia riprendersi poco dopo, il viso che recupera colore, e in retrospettiva il reporter potrebbe non essersi accorto che il suo interlocutore, di fatto, era in quello stato da ancora prima che si avvicinasse.

    Fa per domandargli se va tutto bene, ma si ritrova con sollievo ad ascoltare invece una risposta. Segno che il gentiluomo era comunque abbastanza presente di testa da aver udito – e capito – almeno una parte del discorso di poco fa.
    «... Dogana? No, in realtà ricordo a malapena cosa sia successo dieci minuti fa. Forse ho subito il 'viaggio' più di quanto avessi immaginato.»

    « Certo, scombussola un po' tutti... » commenta Denver, annuendo. Ci è passato anche lui, anni fa; si ricorda tutt'ora di come il suo primo gesto su Endlos fosse stato vomitare la colazione su un prato non distante dalle porte di Istvàn.

    «Per il momento» aggiunge l'uomo, «credo resteremo un po' qui. Non sarei in grado di 'viaggiare' di nuovo.»
    La replica del corvo è a dir poco caustica:
    «Sei il solito vecchio rottame: se non vuoi lavorare basta dirlo, eh.
    E poi nessuno dei pazienti sentirebbe la tua mancanza, cra


    « Pazienti? Lei è un dottore, quindi? » Denver soffia una nuvoletta di fumo alla sua sinistra. « Sono certo che non farà alcuna fatica ad integrarsi. Ciò vale anche per lei, » aggiunge, girandosi verso il corvo. Gli sorride. « sia che siate soci in affari, o apparteniate a settori diversi. »

     
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  8. Ljev Gauss
     
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    «...senti, bello, no-»

    Il dorso della mia mano sentì solo il piumaggio di Carl, segno che ero riuscito solamente a sfiorarlo nel tentativo di colpire violentemente.
    Che cosa avevo fatto di male per meritarmi una condanna come lui?
    Guardai l'uomo che mi stava davanti, caricando negli occhi un sordo appello al perdono per la maleducazione del corvo.

    «In tutto questo, mi sono scordato di presentarmi.
    Il mio nome è Ljev Gauss, sono uno psicologo del paranormale.»


    Porsi la mano in avanti, aspettando che l'interlocutore accettasse il gesto come rito di presentazione. Riconoscevo in lui una familiarità d'epoca, qualcosa di non troppo distante dal mio piano d'origine, e con abbastanza confidenza avevo decretato che l'usanza di introdursi fosse simile a quella a cui ero stato abituato.
    Nonostante l'atmosfera accogliente, e la gentilezza con cui aveva placato il mio disorientamento, percepivo uno sguardo acuto e pungente scivolarmi addosso, quasi l'iridi dell'altro si preparassero a registrare ogni mio minimo movimento per tramutarlo in dettagli e indizi.

     
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    «...senti, bello, no-»
    Qualunque cosa il corvo stesse per dire, non riesce a finirla; il giornalista però non può biasimare qualcuno per non riuscire a concludere una frase e al tempo stesso schivare un manrovescio a bruciapelo da qualcuno su cui sei di fatto appoggiato.
    Denver si trova a questo punto a domandarsi in silenzio se sorridere divertito si tratti della reazione più adeguata a questa situazione oppure la peggiore concepibile. Nel dubbio, decide di aggrottare le sopracciglia e serrare le labbra in un sorriso forzato di chi vuole comunicare di non avere alcuna idea di cosa stia succedendo e di come reagire ma di essere cionondimeno disposto ad accettare di buon grado tutto.

    «In tutto questo, mi sono scordato di presentarmi.
    Il mio nome è Ljev Gauss, sono uno psicologo del paranormale.»


    « Denver Brockmann, sono un giornalista del normalissimo, » risponde, facendogli eco con quella che spera venga compresa come un'ironia leggera. Stringe la mano a Gauss con tutto il calore che si può dedicare solamente ad una persona simile a sé stessi in un contesto straniero, a qualcuno che parla la propria lingua e che si esprime con gli stessi gesti. Una vista rara in posti come Laputa ed Istvàn. Denver aggiunge quindi: « Anche se ammetto di aver abbastanza ampliato i miei orizzonti da quando sono qui. »
    Non sempre per sua scelta, invero, ma nel complesso egli non rimpiange nessuna delle avventure in cui è stato coinvolto. Solo alcune scelte compiute durante esse.

    « Se posso permettermi di chiedere, di cosa si occupa uno psicologo del paranormale? »

     
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  10. Ljev Gauss
     
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    Quando accolsi la mano di Denver nella mia, mi resi conto che da settimane, forse mesi, non toccavo un altro essere umano.
    Di solito, avvicinarmi ai pazienti era divenuto un gesto relegato allo stretto indispensabile, e mai comunque mi era concesso il lusso anche solo di sfiorarne il corpo. Temevo - e come me, i miei collaboratori - che gli orrori di Gòlgoth potessero travasare nelle loro menti fragili, al pari di un liquido alieno costretto in vasi comunicanti.

    «Ahahah, dubito che qui attorno ci sia del 'normale' di cui raccontare!»
    - sorrisi con la bocca e con lo sguardo, abbandonando la stretta di mano per aprire il braccio e invitare l'interlocutore a camminare verso una panchina poco distante -
    «In generale, mi occupo di riabilitare chi ha subito traumi a causa di esperienza paranormali. In situazioni più pericolose, offro consulenza e supporto contro minacce... Diciamo, non convenzionali.
    È una professione che non ho scelto o mai inseguito; eppure, mi rendo conto oggi di non poterne fare a meno.»

     
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    «Ahahah, dubito che qui attorno ci sia del 'normale' di cui raccontare!»
    Denver si unisce di buon grado alla risata, anche se vorrebbe che Ljev non ci abbia preso così dannatamente nel segno. Ad essere sinceri sono molti i possibili argomenti di cronaca che potrebbero passare per ordinaria amministrazione anche nel suo mondo nativo, ma il reporter ha dovuto dedicare la maggior parte della propria carriera come cronachista sul semipiano narrando vicende a cui egli stesso stenterebbe a credere se non le avesse vissute in primissima persona.
    Accetta l'invito e segue l'uomo fino alla prima panchina libera in vista.

    «In generale, mi occupo di riabilitare chi ha subito traumi a causa di esperienza paranormali. In situazioni più pericolose, offro consulenza e supporto contro minacce... Diciamo, non convenzionali.
    È una professione che non ho scelto o mai inseguito; eppure, mi rendo conto oggi di non poterne fare a meno.»


    « Oh, quindi mi sta dicendo che il suo è un dono, » commenta il giornalista, suo malgrado con un tono di voce nemmeno così meravigliato. Ljev Gauss non è la prima né l'ultima persona con simili doti di cui egli sente parlare; in compenso è l'unico che ha costruito una carriera sulla psicologia basata su simili capacità. « Se è così, non c'è dubbio che i suoi servizi possano trovare un mercato anche qui. Addirittura, nel caso non abbia paura di un po' di azione ogni tanto, i Liberi Aeris Milites potrebbero essere una buona associazione a cui rivolgersi. Sono la milizia privata dell'Alfiere Errante, ovvero l'autocrate di quest'isola, e che io sappia offrono anche un alloggio per chi non ne abbia già uno. Ci ho collaborato io stesso qualche volta, e tutto posso dire meno di essermi annoiato. »
    Si gira verso il corvo.
    « Mentre lei...? »

     
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  12. Ljev Gauss
     
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    ~ Muori, e noi saremo rinascita ~
    ... Era un sussurro, appiattito dalla luce della volta celeste.
    ~ Muori, e noi saremo rinascita ~
    ... E nelle camere d'eco che erano i suoi pensieri, il sussurro era chimera, era follia pura.
    ~ Muori, e noi saremo rinascita ~
    ... Ljev non era più Ljev, e non meno di quanto fosse mai stato in precedenza, perché Ljev non era mai davvero stato Ljev.


    «Io? Ah, io non servo a nulla.
    Ho seguito questo coglione per un po' di tempo, disturbandolo il più possibile e per il solo gusto di farlo.»


    «...Carl

    «Eppure, non si è ancora reso conto di chi sono veramente.
    Anzi, di cosa sono veramente.»


    Il pennuto si alzò da terra, sbattendo convulsamente le ali per poi lanciarsi contro Ljev. I contorni dell'animale sfumarono immediatamente, trasfigurandolo in una sorta di ombra tridimensionale; l'ammasso corvino impattò violentemente contro il torace dell'uomo, gettandolo a terra, e penetrandone le carni senza lasciare traccia di ferita o danno.


    Perdona il ritardo :( essendo un momento di svolta nella parte finale di creazione del personaggio mi serviva un po' di tempo per impostarlo.
    Reagisci pure come più ti aggrada!
     
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    «Io? Ah, io non servo a nulla.
    Ho seguito questo coglione per un po' di tempo, disturbandolo il più possibile e per il solo gusto di farlo.»

    Quelle parole fanno trasalire il giornalista dallo stupore. Si ricompone subito dopo, pensando ad una battuta di spirito. Gli occhi confusi di Ljev, però, lo mettono nuovamente sull'attenti.
    «...Carl
    «Eppure, non si è ancora reso conto di chi sono veramente.
    Anzi, di cosa sono veramente.»


    « Come?! »
    Carl non risponde né lascia il tempo agli altri due di elaborare quell'affermazione così repentina ed ingombrante. Il corvo si solleva in volo in un frullare disordinato di ali, e si scaglia contro il suo padrone-amico-compagno con gli artigli sottili e ricurvi spianati. Colpisce lo psicologo e lo atterra.
    Infine, come un fantasma, penetra nel suo corpo senza lasciarsi dietro una sola piuma.
    Denver chiude rassegnato la mano che aveva allungato invano per intercettarlo, e dissolve la patina d'ossidiana di cui l'aveva istintivamente. Si china su Ljev, prima cercando di afferrarne il polso e poi di avvicinare l'orecchio al petto di lui per verificare se ci sia o meno un battito.

    « Oi, stai bene amico? » domanda pallido in volto, abbandonando senza pensarci il lei. Se Ljev non risponderà subito, il giornalista tenterà di sollevarne con delicatezza il capo e la schiena e, una volta accertatosi che non ci siano ferite, scuoterlo leggermente. « Su, che ti portiamo in infermeria adesso! »



    Anch'io mi devo scusare per la lentezza - e pure di più perché sono io a stare accompagnando te all'ingresso. Diciamo che, pure mettendo da parte la tesi, sono in un periodo un po' così.
     
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  14. Ljev Gauss
     
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    Il cullare di tutto questo caos mi dava speranza. Avevo la netta, cristallina, sensazione che la mia coscienza penetrasse il corpo a momenti alterni, danzandovi dentro e poi attorno, abbandonandolo e conquistandolo in un'altalena senza sosta. Ero io, ero davvero questa...persona?
    Ero me stesso. Cos'erano quei mostri, quelli che vidi durante il mio viaggio?
    Erano le sostanze? Erano i miei incubi?


    Era il tuo mondo interno, era il tuo Spazio di Demenza.

    Chi ha parlato?
    Sembrava la mia voce, donata a qualcos'altro, abbandonata al vuoto del silenzio.


    «...»

    Le sensazioni che colpivano dall'ambiente verso la mia pelle risultavano filtrate, diluite dai sensi. Sapevo di essere sorretto da qualcuno, e percepivo a tratti alcune delle parole che mi venivano rivolte. Tuttavia, non riuscivo ad invertire questo flusso d'informazioni, e il mondo mi appariva come una torbida strada a senso unico.


    Sono mortificato per il ritardo :( se vuoi, possiamo chiudere qui la scena col tuo prossimo post, sei stato fondamentale per l'ingresso e te ne sono grato :guru:
     
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    Ljev Gauss non dà segni di risposta, i suoi occhi che sembravano fissare un punto imprecisato dietro le spalle del giornalista. Denver si domanda per un momento se il corvo parlante a cui aveva perfino rivolto la parola un minuto fa non fosse stato che un'allucinazione di qualche tipo.
    Scuote il capo fra sé e sé in un gesto così minimo da essere pressoché impercettibile. Sa già che non è stato così – quel pennuto era reale quanto lo è egli stesso; il reporter si sarebbe accorto se qualcuno o qualcosa avesse appena provato a giocare con i suoi sensi.

    « Già, infermeria. »
    Mormora nervosamente, ignorando le occhiate ora preoccupate, ora incuriosite dei passanti sempre più numerosi raccolti intorno a loro. Dopodiché fa cenno ad un mago dalla corporatura massiccia di avvicinarsi.
    « Sì, tu! Aiutami a portarlo dentro, andiamo! »
    « D-d'accordo! »
    « Piano... »
    Con delicatezza, i due sollevarono lo psicologo per le gambe e per le ascelle, trasportandolo poi verso l'infermeria del Magisterium facendosi strada fra la folla.
    « Largo! Fate largo, per cortesia! »
    Oltre ad essere la struttura più vicina, Denver non riesce a concepire qualcun altro a cui avrebbe potuto spiegare che un corvo in carne ed ossa e parlante è letteralmente appena entrato in un uomo. Queste diavolerie sovrannaturali sono del resto il loro campo, non il suo.


    Fatto! Se come finale ti soddisfa, manda pure in valutazione! :flwr:
     
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