Those who Endure shall be Saved

Epilogo ~ Arcidemoni

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    Viaggiatore dei Mondi

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    { Tribune Vip, Ingresso }
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    Piccole mani candide si aggrapparono al velluto scarlatto che rivestiva il pavimento dell'andito con inamovibile ferocia, e mentre il corpicino si inarcava in modo minaccioso, un suono roco e vibrante le eruppe dalle labbrucce rosee, aggiungendo alla bianca codina ritta e arruffata che le svettava dietro la schiena, e alle orecchiucce da gatto abbassate fin quasi a ridosso del caschetto albino, un ultimo segnale di avvertimento sulle sue intenzioni di imminente attacco; tuttavia, anziché ritrarsi in buon ordine, il suo interlocutore si limitò a fissarla di rimando – tutt'altro che intimidito.

    Fulminando l'avversario con uno sguardo torvo, la Bimba-Gatto si ritrasse quanto bastava a recuperare la stazione eretta, perché se né la mimica della propria postura né soffiargli addosso erano riusciti a recapitare il messaggio, era giunto il momento di passare all'azione: evocando dal nulla -direttamente nella stretta delle dita- due pistole di grosso calibro, la piccina ne puntò le bocche da fuoco senza esitazione sull'odiato bersaglio e premette il grilletto più volte... ma, per un lungo momento, il 'click' meccanico dello strumento disarmato si ripeté innocuo nell'aria immota del corridoio.

    Per quanto, a quel punto, sarebbe apparso chiaro a chiunque che l'arma fosse scarica, la bimbetta albina ci mise un po' prima di rinunciare a provare; per quanto fosse avvezza a maneggiare quei ferri con naturalezza, sembrava non avere ben chiaro il meccanismo con cui funzionavano... infatti, trovando strano e frustrante che al suo gesto non seguisse il solito e familiare 'bang bang', ripiegò una delle armi verso sé stessa, puntandosela in faccia e cercando di spiare il fondo della canna metallica con sguardo imbronciato e concentrato. Senza smettere di far scattare il grilletto.

    Il bersaglio originario dell'ostilità della ragazzina, un grosso Serpente placidamente acciambellato lungo il bordo del tappeto rosso, la seguì con occhietti interrogativi, sibilando e srotolando un anello delle proprie spire per guadagnare qualche centimetro di altezza -e di potenziale raggio d'azione, nel caso gli fosse stato necessario difendersi-: oltre a non avere ben chiaro cosa fosse di preciso quella creatura, il rettile non sembra capire neppure che cosa volesse da lui... così, quasi fosse curioso di scoprire cosa l'altra stesse cercando di fare, si tenne pronto a reagire, ondeggiando la testolina a punta di freccia.

    Fu quello il momento in cui i due litiganti vennero interrotti e separati: con un sincronismo stupefacente, mentre una mano afferrava in una stretta gentile ma ferma il retro della testolina del pitone -sollevandolo di peso da terra e rendendogli impossibile divincolarsi per mordere-, un secondo arto acchiappò la Gattina per la collottola, tirandola via e lasciando che le gambette magre penzolassero a qualche buona decina di centimetri dal suolo.

    jpg« Ma che cavolo gli prende all'organizzazione di quest'anno?! »
    brontolò un poco indignato il giovanotto alle spalle di Miaka
    « Non si può lasciare incustodito un biscione così grosso dove passano le persone! »

    « Ho sentito che la Security ha avuto diversi problemi con intrusi ed incendi. »
    replicò la Sorella, alzando le spalle e facendo dondolare il corpo sinuoso dell'aspide
    « Probabilmente, questo piccolino sarà scappato dal trambusto ed è finito qui per caso... »

    « Lo scriverò lo stesso nella mia lettera di reclamo! »

    « Domando scusa se vi interrompo, ma... credo che quello sia il mio Polly. »

    Nell'udire quella nuova voce inserirsi tra di loro, gli occhi dorati dei rampolli si levarono a cercarne l'origine, e la trovarono nella presenza nerovestita discretamente insinuatasi in mezzo a loro: ne scrutarono il viso intonacato di bianco e decorato da fregi di trucco nero, notarono l'intensità vermiglia dei suoi corti capelli rossi, incontrarono le iridi azzurro ghiaccio, e ne studiarono il sorriso composto che gli aleggiava sulle labbra nere per discernere la sua identità... e ad entrambi fu necessario un lungo momento per capire che no, non si trattava dello Zio Salem.

    Reclinando da una parte la testolina sormontata dall'immancabile cappello, il Pierrot diede completo lustro alla maschera cordiale che vestiva sui lineamenti nobili ed androgini, e un ditino dalla lunga unghia laccata di nero si mosse appena per rimarcare le sue parole, indicando il Serpente nella mano della fanciulla. Con calma e in silenzio, quella si limitò ad orientare il musetto del rettile verso di sé per guardarlo negli occhietti, e saggiando l'aria con la linguetta biforcuta, l'animale la fissò di rimando; poi, con un parco commento, Alma restituì il Famiglio al suo padrone.

    « Prego. »
    « Grazie di averlo raccolto: Polly ha la brutta abitudine di andarsene in giro... »
    « Vuoi anche invitarli per il thé, Porcellana? Non abbiamo tempo: muoviti. »

    Senza nessuna timidezza nell'esternare la propria impazienza, un giovane uomo -in elegante completo scuro e dai lunghi e caratteristici capelli scarlatti- si affacciò nel vano della vicina uscita, stroncando sul nascere ogni convenevole; il nomignolo -chiaro riferimento al maquillage del Pagliaccio degli Inferi- aveva reso fin troppo evidente a chi dei tre egli avesse rivolto la parola, e fu con un inscalfibile sorriso di cortesia e un lieve sospiro magistralmente artefatto per suonar afflitto che Cappellaio accondiscese al sollecito che lo richiamava all'ordine.

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    « Perdonatemi se non mi trattengo, giovani Iblis, ma devo proprio andare... »
    raccolta la Serpe dalla mano della ragazza, se l'accomodò sulle spalle come una stola
    « Grazie ancora per aver badato al mio animaletto; con permesso. »

    Così dicendo, il Satana della Superbia si esibì in un rapido inchino e prese congedo, e i due fratelli lo videro affiancare il Vermiglio e sparire con lui oltre l'uscita, prima di tornare a fissarsi l'un l'altro, in un silenzio interrotto da uno strano gorgoglio... proveniente dalla bimba-gatto, rimasta sospesa a mezz'aria fino a quel momento.

    « ...credo stia facendo le fusa. »
    osservò la fanciulla dai corti capelli d'ebano

    E aveva ragione: nonostante la sua posizione sarebbe probabilmente risultata scomoda per chiunque, la piccola non sembrava poi troppo infastidita dalla situazione... doveva essere perché quelle due persone avevano un odore particolarmente buono, che le ricordava qualcosa... e quel qualcosa le trasmetteva una tranquilla sensazione di sicurezza.

    « ...ok. Va bene. Andiamo con ordine. »
    brontolò Vanitas, cercando di restare concentrato sulle priorità
    « Per fortuna, abbiamo già prontamente trovato il padrone del Serpente;
    ora dovremmo rintracciare chi ha smarrito la bambina. »


    « E come pensi di fare? Consegnarla ad un inserviente e far fare un annuncio? »
    lo rimbeccò la Sorella, con un tono che conferiva una certa retorica alle sue domande
    « Dalla stessa organizzazione di cui hai passato tutta la sera a lamentare le carenze? »

    « Non ho detto che mi fido. E poi, hai un'idea migliore? »

    jpg« Naturalmente sì: ce la teniamo. »
    asserì la ragazza, alzando lo sguardo per incontrare quello del Fratello
    « A casa avremo tutto il tempo di fare ricerche – e intanto sarà trattata bene. »

    « Di nuovo!? »
    protestò il giovanotto, ottenendo dall'altra un'occhiata di sufficienza
    « Così finisce che me ne occupo sempre io, e tu non fai mai niente!
    E poi, sono IO il gatto di casa – e non intendo cedere il mio titolo. »


    « Va bene, hai ragione: lasciamola qui.
    Magari tornerà da sola dove deve. Forse qualcuno la sta già cercando... »

    replicò Alma con voce arrendevole, alzando le spalle
    « ...e qualcuno la troverà comunque, ma tu non preoccuparti:
    dopotutto, cosa potrebbe mai succedere ad una ragazzina che se ne va in giro da sola.
    E che non pare presente a sé stessa. Così piccola. E tenera. »

    senza pudore per quel tono subdolo, la ragazzina si voltò verso l'uscita
    « Sai che ci sono stati problemi anche con le cucine,
    e che buona parte degli Spettatori è a digiuno? »


    « E va bene! Basta! Falla finita! Ho capito! »

    Soffiando infastidito, l'altro si decise a rimettere la bambina in piedi sulle proprie gambette, ma fu solo per il tempo necessario ad afferrarle delicatamente il busto e tirarsela in braccio; poi, si affrettò ad affiancare Alma, ed inseme varcarono la soglia di ingresso.

    « Ti odio... »

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    Belial & Rubicant

    I lembi della soglia dimensionale -frastagliati come una ferita- si rinsaldarono in silenzio dietro di loro fino a svanire, lasciando decantare nell'ambiente magicamente isolato solo una sensazione di quiete e riservatezza che sarebbe stata familiare a chiunque sperimenta il senso di stanchezza e soddisfazione che trasmette il chiudersi alle spalle la porta di casa dopo una lunga ed impegnativa (ma felicemente proficua) giornata di lavoro.

    Dall'altra parte, davanti a loro, l'elegante salotto adibito a loggia d'osservazione degli eventi e sala delle consultazioni per gli step successivi del comune progetto li attendeva, immerso in una penombra più fitta del solito, perché le luci del ricco lampadario e delle raffinate abat-jour risplendevano fioche, in parte smorzate e soffocate dalla presenza del tutto incorporea che permeava la lussuosa stanza come un fumo invisibile ed inodore -se non per un vago ma persistente sentore di zolfo misto a rose avvizzite-, e che tuttavia vibrava di un potere tale da mettere la pelle d'oca.

    Anziché prendere posto sulla sua abituale poltrona rivestita di prezioso broccato rosso borgogna, il Satana della Superbia si gettò in ginocchio al cospetto del basso tavolino che si ergeva al centro del piccolo sancta sanctorum, sopra al quale -circondato da ceri neri, scolpiti di rune blasfeme e disposti ai punti di una stella pentacolare invertita- era stato collocato un elaborato paiolo di metallo nero, dal cui interno -colmato di fluido denso, rosso e viscoso- risaliva una nebbiolina innaturale.

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    « Siamo ai vostri comandi... nostro Signore, Lucifero. »

     
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  2. Rubicant
     
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    « Vuoi anche invitarli per il thé, Porcellana? Non abbiamo tempo: muoviti. »

    Strozzò la frase con ancora del fumo di sigaretta incastrato fra i denti, e si pentì immediatamente di aver già finito lo stelo di carta e tabacco: ne avrebbe avuto ancora bisogno.
    Si lasciò alle spalle qualsiasi reazione dei presenti, congedandole con l'indifferenza di chi sta contemplando l'irruenta marea di odio che solo un tradimento può generare. Perché proprio di traditori e tradimenti viveva, in quel momento, l'essenza del Vermiglio.



    Fosse esistito un colore per il livore, oppure un simbolo primitivo e universale che definisse il rancore, essi avrebbero tinto in quell'istante la penombra della stanza, e tappezzato l'arredo del salotto in cui il demone e il Satana delle Superbia erano appena giunti. Lo avevano riportato a una delle realtà di cui Egli era padrone, un frammento del Suo sempiterno regno, eppure la rabbia nella linfa di Rubicant non conosceva confine né orizzonte temporale.

    I rumori dei loro passi suonavano a lutto, castrati dalla sola presenza dell'Unico. E benché in parte mancasse ancora qualcosa, Egli era già abbastanza. Quell'odore riportava l'uomo dai capelli rossi indietro di secoli, in una piroetta della memoria che puntava indefessa verso un abisso. Quanto lo aveva amato e quanto, di quell'amore, Rubicant aveva rimosso.
    Perché l'odio e il rancore sono maree nere capaci di togliere e ridare, senza mai spiegare il ritmo giusto delle cose.

    S'inginocchiò vicino a Belial, rimanendo indietro di qualche impercettibile - ma aggressivamente dichiarato - centimetro. Retrocesso, al pari del sentimento che nutriva verso chi gli diede ragione di riconoscere la propria esistenza come degna di tale definizione.
    Agli umani, non sarebbero bastate generazioni di poeti e divinità per comprendere l'ingarbugliato orrore di emozioni che Rubicant stava provando in quel momento.

    « Tuo per sempre, Lucifero. »

    Era forse la prima volta che sentiva le proprie paure, le proprie ragioni, quelle deviate ossessioni, diventare voce.

     
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