A Requiem for the Cinders

Epilogo ~ Uriel
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    Quando una via era stata aperta per loro fuori dal delirante inferno del Circo, lui era stato il primo a rispondere alla richiesta della Luna di lasciarla da sola sul campo di battaglia: come un bambino ubbidiente, le aveva voltato le spalle per eseguire le sue volontà, senza nutrire in minimo dubbio che avrebbe potuto non rivederla mai, e aveva attraversato la Soglia portando con sé il corpo privo di sensi della Papessa.

    Alle estese percezioni del Saggio -abituate alle distorsioni tipiche del mondo onirico-, l'immobile oscurità dello spazio infinito che lo aveva accolto non lo aveva circondato che per pochi istanti, e il percorso di specchi -disposti davanti a lui come i gradini di una scala- lo aveva riconsegnato in tutta sicurezza al poco familiare paesaggio del Pentauron... una città rimasta deserta, sotto un cielo che andava rischiarandosi nelle luci dell'alba, mentre la Barriera si dissolveva, il tendone del Circo scompariva, e i soccorsi si riversavano per le vie della città.

    In accordo con quelle che erano state le sue teorie, nel momento esatto in cui si furono lasciati alle spalle gli ambienti distorti del Circus, la Dama Azzurra -rimasta priva di conoscenza tra le sue braccia da quando si era risvegliato- aveva iniziato a dare immediati segni di miglioramento, e nell'intervallo di tempo che era stato necessario al Raitei per raggiungere i carri dei rinforzi, ella si era non soltanto risvegliata e rimessa in piedi sulle proprie gambe, ma aveva immediatamente preso le redini della situazione, radunando i più alti in grado, dividendo tra loro i compiti, iniziando a direzionare i soccorritori e ad organizzare il campo-base per gestire le emergenze, rimboccandosi le maniche in prima persona, per mettere i propri poteri al servizio di chiunque ne avesse bisogno.

    Tutti avevano ricevuto un compito, anche lui, ed era per quello che ora il Demone delle Tempeste si aggirava per le strade di Kisnoth: Kalia gli aveva detto di sfruttare i suoi Auspex per trovare quanti più sopravvissuti possibile, e -senza fare altre domande- Brifos aveva cominciato a precorrere il settore che gli era stato affidato; in mezzo al silenzio dei palazzi vuoti, trovare fonti di attività spirituale non sarebbe risultato affatto difficile... e, difatti, non gli ci volle molto prima di rilevare la presenza di qualcuno.
    Per di più, qualcuno che conosceva.
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    « . . . »

    Cercando di individuarne la posizione con maggior precisione, il gigante sollevò lo sguardo color ardesia verso l'ampia balconata al secondo piano di un elegante edificio signorile, e in un istante si levò in volo per raggiungere la meta, superando il basso colonnato che vi faceva da parapetto ed atterrando senza un rumore sul pavimento di marmi bianchi e neri, disposti a formare una scacchiera: seduto su di una ricca poltrona di broccato rosso, con il capo coronato dai capelli argentei immerso in qualche riflessione e gli occhi di nebbia assorti nella contemplazione di chissà quali pensieri, Uriel era là.

    Producendo una crepitante scintilla azzurrina dal corno dorato che gli sormontava la zazzera di capelli blu, e che probabilmente avrebbe dichiarato la sua presenza con un basso ronzio, l'Amal valutò che il collega del Sentiero di Dharma sembrava incolume -almeno esteriormente-; tuttavia, per la legge dei convenevoli, gli rivolse comunque la domanda di rito.


    « Uriel, sei ferito? »

     
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    Pentauron, Kisnoth
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    Era sopravvissuto.
    Dopo aver varcato il portale per fuggire dal tendone del Circo, il Semidio si ritrovò nel salotto di un edificio signorile. Ignorò completamente gli arredamenti costosi che lo circondavano, o il magnifico pavimento marmoreo su cui l'intero piano poggiava; barcollò invece verso una poltrona - ancora ferito e visibilmente esausto- e lì si lasciò cadere.
    Immerso nel silenzio e in compagnia dei suoi soli pensieri, Uriel non riusciva a evitare di ripensare a ciò che era appena accaduto. Ripercorreva tutto, da quando aveva fatto breccia nella barriera fino alla fuga, ancora e ancora in un ciclo infinito. E più ripercorreva quegli attimi e più dettagli ricordava; dettagli dolorosi, macabri e raccapriccianti, la perenne sensazione di pesantezza che l'aura di quel tendone lo ammorbava. E poi, le innumerevoli vittime che aveva lasciato lungo la strada.
    "Perché, perché?" continuava a ripetersi, perché non era riuscito a salvarne di più?

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    D'un tratto, il silenzio venne rotto da un crepitìo, ma il Saggio non si scompose minimamente né si voltò per vedere cosa fosse stato a provocarlo. Conosceva già la risposta.
    « Uriel, sei ferito? »
    domandò Brifos.
    Il Raitei era entrato dalla balconata, e non perse subito tempo nel chiedere al collega se fosse ferito. Tuttavia, la sua natura di Semidio aveva già iniziato a risanare le ferite, a bloccare le emorragie e a guarire le scottature. Ma se era vero che fisicamente stava bene, la sua mente invece era ancora devastata.
    « Io sto bene, Brifos... »
    rispose in tono quasi apatico. Poi però, il labbro inferiore cominciò a vibrare, e lacrime amare scesero dal suo volto.
    « ... ma Arthur... »
    continuò, questa volta con voce spezzata.
    « Io... »
    ... non ho potuto fare niente, avrebbe voluto dire.
    Ma le parole gli morirono in gola, al loro posto solo singhiozzi.

     
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    Per quanto fossero diventate ormai da anni il suo argomento di studio preferito, al Demone delle Tempeste rimaneva sempre e comunque molto da imparare in merito alle emozioni umane: poteva riconoscere gli stati d'animo dai loro sintomi biologici, distinguere i sentimenti nelle loro rappresentazioni archetipiche e trovare loro un nome, ma... le loro strane commistioni di sfumature, le loro talvolta inconciliabili contraddizioni, e il loro fluido e mutevole divenire continuavano ad essere ambiti misteriosi che sfuggivano al suo empirismo.

    « Io sto bene, Brifos... »

    Per questo, pur riconoscendo la discrepanza tra il messaggio veicolato in quella risposta e la stanca apatia di Uriel -mescolata alla tristezza e all'amarezza delle sue lacrime-, Brifos non seppe precisamente come reagire, e per un momento rimase a fissare il collega, producendo una nuova crepitante scintilla azzurrina dal corno dorato: secondo le sue conoscenze teoriche, sapeva che -per bilanciare quel sentimento negativo- avrebbe dovuto fornire uno stimolo positivo che potesse essere di conforto al collega, ma...

    …poiché dubitava che in quel luogo fosse possibile preparare un thé, stava ancora vagliando le altre possibili opzioni attualmente alla sua portata quando le parole del Semidio lo distolsero da quel proposito.


    « ... ma Arthur... Io... »

    Sotto lo sguardo di iridi grigie come un plumbeo cielo remoto, la voce del Saggio di Dharma si spezzò in singhiozzi, e il suo pianto si fece più accorato, ma non volendo non riuscendo a decodificare il senso di quel comportamento, l'Amal gettò un'occhiata in giro, estendendo le proprie percezioni e cercando di individuare il suo amico...

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    « Arthur è ferito...? »

    ...e quella domanda -così crudelmente innocente- scivolò come velluto sulla quiete immobile della stanza, come il silenzio tra le note di una melodia dolente. Come mai non riusciva a percepire la presenza del Vampiro...?

     
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    Ed eccola lì, la domanda che Uriel si aspettava, quella che dal profondo del suo cuore sperava di non dover sentire perché le parole che avrebbe dovuto tirar fuori dalla sua bocca per rispondere sarebbero state difficili da pronunciare ad alta voce. Non le voleva dire, perché dirle avrebbe reso reale la morte del suo collega; e per quanto il Saggio sapesse che era già reale perché aveva assistito alla scena, non voleva crederci fino in fondo.

    « Arthur è ferito...? »

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    La Corona di Dharma smise di singhiozzare e si asciugò le lacrime, riacquistando un minimo di contegno. La pelle diafana, il capo chinato verso il basso e lo sguardo perso nel vuoto lo facevano apparire a tutti gli effetti una bambola di ceramica, priva di vita e vuota all'interno. E vuoto era esattamente come si sentiva.

    « Arthur è morto, Brifos... è diventato cenere davanti ai miei occhi, quando eravamo all'interno del Circo... »

    Era come se qualcosa all'interno del Semidio si fosse spezzato.
    Quell'innocenza che per oltre un secolo l'aveva accompagnato parve evaporare d'un tratto. Per molti anni aveva vissuto in pace, sicuro tra le mura della Sacra Sede nel suo mondo natìo. Si, da quando era giunto su Endlos la sua vita aveva subito un brusco cambiamento e aveva visto e partecipato a dei conflitti, ma nessuno di questi lo segnò così profondamente.

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    « Brifos, dimmi... »
    disse, guardando finalmente in faccia il collega
    « Noi Saggi siamo dei pacieri, e il nostro compito è quello di preservare la Conoscenza, giusto? »
    strinse poi i pugni
    « ...ma la vita è altrettanto importante, e quest'oggi ne abbiamo perse tante.
    Io questo non lo posso accettare.
    Per questo motivo, ho deciso che non sarò più solamente un Custode del sapere. Affinerò anche l'arte del combattimento per mettere i miei poteri al servizio dei deboli, e combatterò per chi non può farlo.
    Non sarò più solamente un libro; avrò anche pagine affilate come spade. »


    La prossima volta non sarà più impreparato.
    La prossima volta ne potrà salvare di più.

     
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    Non appena l'eco della sua domanda si fu spento, il Uriel si asciugò gli occhi mestamente, e tutto in lui -nello sguardo perlaceo e assente, nella voce apatica e nella mimica del suo corpo- vibrava di un presagio che il Demone delle Tempeste si ritrovò a trovare sgradevole: non era da lui provare per l'ignoto sentimenti diversi dalla fascinazione dell'esplorazione e dalla curiosità accademica, e tuttavia, quella volta, quel vuoto di conoscenza sembrava più respingerlo che non attrarlo.

    Se fosse stato umano quanto è buona norma esserlo per gli esseri senzienti, Brifos avrebbe potuto capire che quanto provava in quel momento era paura; ma perché avrebbe dovuto avere paura di apprendere le condizioni di Arthur? Se avesse potuto porsi quella domanda, le ipotesi che ne sarebbero scaturite in risposta gli avrebbero forse permesso di prepararsi mentalmente a quello scenario?


    « Arthur è morto, Brifos... è diventato cenere davanti ai miei occhi,
    quando eravamo all'interno del Circo... »


    Qualcosa all'interno del Semidio si era spezzato. E stessa sorte subì il Raitei.
    Una piccola fortuna che -inespressivo com'era il suo volto, e granitica la sua postura-, le uniche reazioni dell'Amal che trasparirono all'esterno furono un lieve tremore delle iridi color ardesia, il comprimersi delle labbra pallide in una linea impercettibile con uno scricchiolio dei denti serrati al di sotto, e l'inconscio serrarsi dei pugni, in una tensione che lasciava le braccia a vibrare in tensione lungo i fianchi.


    « Brifos, dimmi... Noi Saggi siamo dei pacieri,
    e il nostro compito è quello di preservare la Conoscenza, giusto? »

    udì il collega rivolgergli delle parole, ma quella voce amica pareva remota e lontana
    « ...ma la vita è altrettanto importante, e quest'oggi ne abbiamo perse tante.
    Io questo non lo posso accettare. »


    Il corno dorato rimase invece inerte e silente, perché nella voragine che sentiva allargarglisi dentro -fredda e oscura come un buco nero- anche i pensieri rallentavano fino alla stasi, come intrappolati nel gelo.

    « Per questo motivo, ho deciso che non sarò più solamente un Custode del sapere. Affinerò anche l'arte del combattimento per mettere i miei poteri al servizio dei deboli, e combatterò per chi non può farlo. Non sarò più solamente un libro; avrò anche pagine affilate come spade. »
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    Quasi quell'intento gli richiedesse uno sforzo fisico, il Demone della Folgore mise a fuoco lo sguardo grigio sulla figura algida dell'albino: vide i suoi pugni stretti nello stesso sentimento che probabilmente lui stesso provava, lesse il giuramento inflessibile che il Saggio di Dharma aveva scolpito negli occhi, e in quella determinazione la Corona Indaco parve trovare una cura per il proprio smarrimento.

    « Custodire la Conoscenza...
    significa anche custodire la vita che ne è il fondamento. »

    assentì, con voce calma e sguardo assente, volgendo lo sguardo verso l'esterno
    « ...ma di questo riparleremo quando saremo tornati ad Est. Ora, sarà meglio tornare da Kalia ed aiutarla con i feriti. »

     
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    « Custodire la Conoscenza...
    significa anche custodire la vita che ne è il fondamento... ma di questo riparleremo quando saremo tornati ad Est. Ora, sarà meglio tornare da Kalia ed aiutarla con i feriti. »


    Era ora di andare.
    Uriel si alzò dalla poltrona e lentamente raggiunse il suo collega, guardando il Raitei negli occhi e poggiandogli una mano il più possibile vicino alla spalla -data la stazza del Demone delle Tempeste- per comunicargli in qualche modo di essere vicino al suo dolore e al tempo stesso donargli un po' di contatto umano per confortarlo.
    E se per Arthur ormai non c'era nulla da fare, in quel momento c'erano ancora feriti sparsi per tutta Kisnoth che avevano bisogno di aiuto e il Saggio non si sarebbe rifiutato di aiutare.

    « Fai strada. »

     
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