Falling From Grace

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    La giornata non era iniziata nel migliore dei modi: non le piaceva discutere col suo babbo, si sentiva profondamente ingrata. Già, dopotutto era tanto buono il suo babbo… aveva scelto di occuparsi di lei nonostante non fossero legati dallo stesso sangue, l’aveva raccolta dal deserto dove sarebbe indubbiamente morta come altre migliaia di persone senza più un nome e senza una tomba se non la sabbia… avrebbe potuto venderla come schiava invece di allevarla come la più adorata delle figlie, non che Jung-Xi Seo le avesse mai rinfacciato la possibilità, ma Chiku non era affatto stupida.
    Suo padre avrebbe detto – con affetto e scuotendo bonariamente la testa – che era semplicemente ingenua, un virgulto troppo fragile e gentile.

    Era forse sbagliato essere gentile? Non era certo una caratteristica per cui gli abitanti della Tana fossero conosciuti nel semipiano ma, non importa quante volte si perdesse in questo ragionamento, la risposta che ne emergeva era sempre la stessa: era semplicemente una ragione per impegnarsi ad esserlo ancora di più. E non importava quanto i cittadini degli altri presidi fossero sempre cauti e diffidenti nonostante la fedeltà nell’acquistare da suo padre, lei avrebbe continuato a sorridere di dignitosa beatitudine e a mietere vittime dei pregiudizi. Metaforiche vittime.

    Dopotutto non era forse così che le fanciulle nei racconti conquistavano amici ed innamorati e sventavano sanguinose battaglie, con la bontà delle loro parole ed azioni? E’ pur vero che le storie non sono portate a seguire le leggi della realtà, ma la ragazza era certa che si potessero ottenere decenti risultati… non ne era forse un esempio la Dama Azzurra dell’Est, simbolo della pietà, nonostante le sicure noie che debba comportare un alfierato?
    E poi... non avrebbe desiderato schiere di ammiratori e di devoti, le sarebbe bastato un solo amico…

    Se solo suo padre le lasciasse muovere un passo autonomamente...

    Capiva le preoccupazioni del suo babbo: Jung-Xi Chi era una ragazza molto bella e praticamente incapace di difendersi; non che avrebbe mai voluto far del male a qualcuno… Ma era proprio necessaria la onnipresenza di Jung-Xi Seo o di una scorta? Era certa che una guardia discreta sarebbe stata più che sufficiente!
    Ufficialmente non le era permesso uscire da sola, suo padre si manifestava casualmente – con premurosa quanto non richiesta sollecitudine - ogni qual volta lei imboccasse la soglia del portone principale. Quelle rare volte che ciò non si verificava, il diniego era espresso dalle guardie all’esterno: alcuni erano sinceramente dispiaciuti di non poterla accontentare, altri – come Pravin – dovevano essere imparentati con i wyrm.

    E dunque, in giornate come questa, il portone non era un opzione praticabile.
    Aveva atteso che il corridoio fosse libero per imboccare in una delle stanze vuote e avvalersi di una finestra per poi addentrarsi nel Mercato.

    Per perdersi tra la folla si era affidata a colori neutri, coprendosi i capelli corvini – intrecciati e raccolti il più possibile per non impedirle la visuale – con una dupatta smorta, drappeggiata a pendere da una spalla. Senza il peso del bindi a ricaderle sulla fronte si sentiva scoraggiata, come se la sua amnesia si facesse palese a tutti.
    Avrebbe tanto voluto sgattaiolare fino alle Cave del Sapere per cercare di perdersi in un libro, ma non avrebbe mai fatto a tempo a tornare ed il povero Jung-Xi Seo si sarebbe accorto della sua assenza. Diresse così i suoi passi verso la bottega di T’fadha.

    T’fadha era una donna eminentemente vecchia, soprannominata – appunto - “la vecchia rana”. Era ormai gobba e rattrappita, dalla pelle rugosa e ruvida, con un gozzo che le aveva conferito una voce roca che risuonava gracidante lungo il viale. Le sue mani, però, erano ancora in grado di confezionare “i meglio dolci di tutta la Tana!” , come diceva lei, e la fanciulla era propensa a darle ragione, grammatica a parte. Nulla aveva potuto il caratteristico indomito piglio merovishio contro la pletora di malanni ed acciacchi che la sua veneranda età trascinava con sé, ma Chiku si occupava volentieri della sua salute, dolci o non dolci.

    -

    “Mè, prendine altre dueddue, che stai sciupata figlia bella!”

    Jung-Xi Chi, perplessa, si palpò con un dito il basso ventre, ma la vecchina, intanto, era svanita e riapparsa in un battito di ciglia e non era sola. Aveva un vassoio di legno strabordante di leccornie.

    “Oh… dovrei rientrare, anche se non vorrei...” - disse amareggiata la ragazza, protraendo comunque la mano verso l’ennesimo fagottino grondante sciroppo.

    “Ne’ moh, tira nu muzzc e dimm nu poc che ha cumb’nt cu’ stupidacchion d patr’t.”(1) - sentenziò la vecchia rana, abbandonando la mercanzia sul bancone e trottando verso la sua seggiola. Appoggiata al muro e facilmente agguantabile da lì, c’era una ramazza dall’anima in ferro che serviva primariamente come dissuasore per i ladruncoli più che per igiene: T’fadha poteva così tranquillamente prestare orecchio alla fanciulla e buttare un occhio alla merce.

    “Signora, la prego, non offenda mio babbo...” - sospirò Chikuyugi, prima di confidarsi con T’fadha circa la frustrazione della sua non-indipendenza. La vecchia rana aveva smesso di tossire dopo il suo trattamento e sembrava respirare e muoversi meglio, quindi Jung-Xi Chi decise che la giornata era stata buona dopotutto. Quando la ragazza ebbe finito di alleggerirsi il fegato, la vecchia rana proclamò: “U problem è che sì tropp ‘na bella figlia. ‘Mbarati a usare il coltello.”

    -

    Di lì a poco, addolcita dalla melassa consumata e con T’fadha che le faceva animo, Chikuyugi si convinse a riprendere la strada di casa e a congedarsi dalla vecchina. La ragazza si raccomandò di farle avere notizie circa la sua salute e, nel mentre, la vecchia si raccomandava di ricordare a suo padre che “pure le crape più toste si rompono” e che la vecchia T’fadha aveva sempre la scopa di ferro buono. Neppure due passi oltre la soglia, tuttavia, la fanciulla fu travolta da due ragazzini impegnati a rincorrersi e finirono in terra tutti e tre.

    “Ne’ ciaccanill stat’v attin’t! mannagg’a l’àngeca vostr! V la dk ij ‘na svigghjt!”(2)

    Mentre i bambini cercavano di svicolare, T’fadha era sopraggiunta scuotendo la scopa e un ragazzo – che dalla somiglianza doveva essere il fratello maggiore degli altri due – era apparso alla vista, trafelato per l’inseguimento delle pesti.

    “No, io… va… tutto bene...” incespicò Jung-Xi Chi, dopotutto anche lei stava incamminandosi senza guardarsi bene intorno, non era tutta colpa dei bambini… Ma per qualche motivo, in quel preciso momento faceva fatica a concentrarsi e muoversi: c’era… c’era qualcosa…

    <<Svegliatevi!>>

    Doveva… doveva...

    Doveva fare qualcosa, ma all’improvviso era diventato tutto buio e ovattato; così si accasciò al suolo.
    Era proprio una brutta giornata.



    Frasario

    1. "Su, mangia e dimmi un po' cos'ha combinato quello stupido di tuo padre"

    2. "Oh, ragazzini state attenti! Mannaggia alle vostre anime! Adesso vi sveglio io!"

     
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    { Merovish, Bazar delle Talpe }
    pov – Selja Luchnin

    Per le vie del Bazar delle Talpe s’incrociava ogni sorta di bizzarria, tra venditori di dubbia affidabilità, merce di origine ambigua, acquirenti poco raccomandabili e passanti dal portamento losco. Di tanto in tanto ci si poteva imbattere in stranezze ben più rare, come una fanciulla apparentemente inoffensiva e tremendamente fuori posto in quel dedalo di malaffare. Se poi una simile mosca bianca aveva la sfortuna di collassare nel mezzo di un distretto malfamato, si poteva facilmente immaginare la rapidità con cui qualche farabutto appostato nell’ombra ne avrebbe approfittato per ricavare qualche organo fresco da rivendere in giornata.

    Quel giorno tuttavia il caso volle che un’altra mosca bianca
    giungesse in soccorso della signorina svenuta.

    « Oh, cielo! Taima, dammi una mano…! »

    Una voce femminile esortò il suo accompagnatore a prestare soccorso alla bisognosa: l’uomo borbottò qualcosa, ma evidentemente il tono squillante della soccorritrice non avrebbe ammesso obiezioni.

    « …riesci a sentirmi, cara? »

    Al risveglio non si sarebbe più trovata sul ciglio di una strada polverosa, ma all’interno di un piccolo ufficio investigativo situato in qualche stamberga periferica della Tana.

     
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    « …riesci a sentirmi, cara? »

    Chikuyugi era svenuta, ma in verità sentiva molte cose: il mulinìo del vento, bisbigli, urla e parole scomposte, troncate e riarrangiate a formare una cacofonia assordante di rumori. Precipitava in un caleidoscopio di suoni e colori.
    Era disorientata...le sembrava di essere sparpagliata in mille frammenti; come la sabbia che ondeggia nella tempesta, come il cielo – diviso e unito da una moltitudine di stelle.

    Le…?
    ...ato di chi...re
    ...eri?

    Tra tutte le voci e le strane lingue, ne scoprì alcune che si accorse mancarle disperatamente. Cercò di concentrarsi su di esse al meglio che poteva.

    ...giusta può essere sia buona che cattiva. Se lo chiederai tre volte riceverai quattro risposte differenti.

    Jung-Xi Seo non era sposato, Jung-Xi Chi non aveva mai avuto una madre e non avrebbe dovuto sapere cosa si provi ad averne una, ma quella voce la fece sentire come una bambina in lacrime alla ricerca della mamma.

    ...Chi era Jung-Xi Chi?

    -

    Erano tornati il silenzio ed il buio: era sola e senza nome, ma non era intera.

    Dov’eri?

    … non proprio sola.
    Si voltò, per quanto ci si possa voltare in maniera incorporea in uno spazio-tempo imprecisato. Aveva davanti una figura indistinta, risplendente di luce, ma era certa - in qualche modo – che fosse un bambino ragazzo uomo che conosceva… Il suo nome era sfuggente come il fumo.

    Mi hai lasciato la mano.” disse il bambino, sconsolato.
    Era vero. Non era tutta colpa sua: loro erano in due e la mano di suo fratello le era sfuggita.

    Ci siamo persi...” disse il ragazzo.
    Non era una novità. Era comunque una sua responsabilità andarli a cercare. Lei non li avrebbe lasciati da soli, dovevano saperlo, no?

    Ero solo.”disse l’uomo con voce apatica.
    Lei si agitò. Da quanto tempo? Anche lei… perché era sola? Le mancava qualcosa. Non la avrebbero mai trovata senza. Si spostò verso la figura luminosa, voleva spiegargli...ma non riusciva a parlare.
    Stavi dormendo anche tu?” le chiese l’uomo luminoso, prendendole la mano.

    -

    Un ruggito disumano ed impressionante le ferì le orecchie, facendola sobbalzare.
    All’improvviso si rese conto di vedere...aveva gli occhi aperti, ma non era esattamente sveglia né dove avrebbe dovuto essere. L’uomo non c’era più. Sotto di lei una creatura ringhiava e sbuffava fuoco, madida di livore e fame. Era un drago, un drago dalla mole gigantesca. Non riusciva a vederne la fine.
    Doveva tenere la posizione, erano lì per sigillarlo. Voltò la testa di scatto, da un lato all’altro, ma non riusciva a vedere nessuno attraverso il fumo e l’aria rovente, il rumore la disorientava.
    Non è buona educazione interferire negli affari altrui, lo sai?
    La ragazza stava precipitando di nuovo: il colpo, infertole alle spalle da chi aveva proferito quella frase, la scagliò con violenza verso la bestia. Cadde altrove, strappata in due, sprofondando addormentata in un sudario di sabbia.

    -

    « …riesci a sentirmi, cara? »

    La fanciulla trovava particolarmente difficile muovere qualunque cosa, come fosse schiacciata dal peso di un macigno… schiuse le palpebre con somma fatica e scorse – senza vederlo davvero – un soffitto malconcio. Doveva dire qualcosa di importante, avvertire…

    “Ryū… Dra-drago...”

     
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    { Merovish, Ufficio di Selja e Taima }
    pov – Selja Luchnin

    Il tempo passava ma la fanciulla ancora non stava riprendendo i sensi.
    Selja non era propriamente un medico, ma aveva una discreta infarinatura di neurologia, che le fece escludere l’ipotesi di coma o stato stuporoso: dalle parole farfugliate in stato d’incoscienza ipotizzò che si trattasse di uno stato confusionale, forse causato da un trauma cranico riportato durante lo svenimento.

    « Provo a farla riprendere, intanto preparale un infuso. »

    Dopo aver fatto trottare il fratello nel cucinotto, la parapsicologa poggiò una mano sulla fronte imperlata di sudore della “paziente”. Aveva intenzione di sincronizzare le onde cerebrali della ragazza con le proprie, così da aumentarne la frequenza e farla rinvenire forzatamente.

    « Ma che diavolo…?! »

    Durante il processo colse inevitabilmente alcuni scampoli degli incubi
    che stavano tormentando la ragazza dall’interno, e ne rimase decisamente turbata.

    « Il Drago Divoramondo? »

    Commentò incredula ad alta voce, facendo sporgere perfino Taima dall’angolo cottura. Per quanto disturbata, la visione mentale era sufficientemente nitida per ricordarle la creatura che aveva attaccato il Pentauron molti anni prima – una sagoma da allora impressa indelebilmente nella memoria collettiva del semipiano.

     
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    « Il Drago Divoramondo? »

    La fanciulla guardò fisso l'altra ragazza, sbatté le palpebre ed infine sembrò metterla a fuoco. Aveva detto qualcosa, ma Jung-Xi Chi non era sicura di essere propriamente sveglia.

    "Come, prego?"

    Le sembrava di aver dormito per giorni. Jung-Xi Chi si tirò su a sedere, portandosi una mano alla fronte quando sopraggiunsero capogiri e nausea.
    Ricordava dei dolci...

    "Oh! Ero...ero dalla vecchia T'fadha...prima. Do-dove sono?"

    Si guardò attorno, ma non riconobbe il posto né le persone.
    E le faceva male la testa.
    Come era finita lì? Dov'era il lì?... E se quelle persone avessero voluto venderla? Suo padre e le sue guardie la stavano cercando? Quanto tempo era passato? Che pasticcio!

    "Chi... Chi siete?"

    ... E che mal di testa.
    C'era un pensiero che cercava insistentemente di farsi ricordare, il che non era una novità in sé e per sé...

    Dove solitamente albergava un vuoto fumoso, tuttavia, questa volta nella sua mente sembravano esserci degli squarci, dei frammenti di ricordi... Erano i suoi? Chikuyugi si rese ben presto conto che erano sicuramente la causa dei suoi mali.

    "Il drago!"

    Disse la fanciulla balzando in piedi, per poi accasciarsi nuovamente quando le cedettero le ginocchia.
    Cercò nuovamente la sua interlocutrice con lo sguardo, tentando di sorridere.

    "Hai... Hai detto... divoramondo?"

     
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    { Merovish, Ufficio di Selja e Taima }
    pov – Selja Luchnin

    Quando la ragazza riprese i sensi, Selja tirò un sospiro liberatorio e si sentì alleggerita dal peso dell’ansia: se non avesse ottenuto risultati nemmeno intervenendo sulle onde cerebrali, non avrebbe più saputo dove sbattere la testa!

    « Ti sei ripresa, che sollievo! »

    Non fece in tempo a trattenerla dal balzare in piedi, ma fortunatamente Taima era pronto a intervenire gentilmente, reggendola col braccio destro senza rovesciare l’infuso dalla tazza fumante che teneva nella mancina.

    « Oplà! Vacci piano, signorina. »

    Dopo averla aiutata a rimettersi seduta, le diede la tisana speziata
    e lasciò alla collega l’onere delle presentazioni.

    « Io mi chiamo Selja Luchnin e lui è Taima Takisu, siamo investigatori privati e ti abbiamo portata nel nostro ufficio dopo che sei svenuta al Bazar. »

    Sperò che bastasse per dirimere eventuali sospetti sulle loro intenzioni. Dopotutto, se fossero stati dei malintenzionati venditori di organi, la “donatrice” probabilmente si sarebbe risvegliata su di un tavolo operatorio clandestino – o non si sarebbe ridestata affatto.

    « Sì, il Drago Divoramondo: una creatura colossale che anni fa ha attaccato il Pentauron con l’intenzione di cibarsi del nostro semipiano dimensionale. Noi ne abbiamo solo sentito parlare, anche perché in pochi sono sopravvissuti allo scontro ravvicinato per raccontarlo… uno di questi è l’attuale Comandante della Legione delle Sabbie. »

    Il suo tono si fece prima malinconico - come se provasse nostalgia per qualcuno di quei militanti - poi si ravvivò lievemente non appena menzionò il vertice delle forze armate meridionali: era confortante sapere che anche un Presidio tanto controverso come il Sud potesse vantare qualcuno disposto a rischiare la vita per tutti loro dinanzi alle catastrofi più sconcertanti.

    « Com’è possibile che tu abbia ricordi di quella battaglia? Eri presente anche tu? »

    A costo di sembrare indiscreta, Selja voleva sincerarsi della natura della loro ospite inaspettata: le visioni che aveva scorto le erano sembrate fin troppo nitide per trattarsi di banali incubi del subconscio… ma davvero una fanciulla all’apparenza inerme poteva aver affrontato uno scontro di tali proporzioni?

     
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    Jung-Xi Chi era più confusa che mai.
    Ringraziò Taima e sorseggiò con cautela l'infuso che le aveva gentilmente preparato.

    "Piacere di conoscervi. Sono Jung-Xi Chi, figlia di Jung-Xi Seo. Mio padre mi starà cercando, deve essere molto preoccupato..."

    Aggrottando la fronte, Chikuyugi cercò di concentrarsi ad ascoltare le spiegazioni di Selja, ma le risultava difficile, sia per l'emicrania inclemente sia per quello che stava dicendo. C'erano degli elementi che la incuriosivano ed alcuni che la disturbavano, pur essendosi sincerata delle buone intenzioni dei due investigatori.

    "Come sai ciò che ho sognato? Leggi nella mente?"

    In realtà quella sarebbe stata la cosa meno strana, visto e considerato che lei stessa alleviava le sofferenze delle persone con l'imposizione delle mani. Le risultava più bizzarro il pensiero di essere stata... cosa? Una sorta di guerriera prima di perdere la memoria? Elettrizzante...!

    "Ciò che dici non è possibile..."

    Per non farsi prendere troppo la mano dalle fantasie, la ragazza si aggrappò all'unico dato sicuro che aveva: certo, aveva sognato un drago enorme come il Drago Divoramondo, ma non poteva essere QUEL Drago Divoramondo...

    "Quando è successo, mio padre ed io eravamo già ad Est... per affari..."

    In parte era vero. La parte importante.
    Che suo padre cercasse di appiopparle un marito in vista o titolato in ogni presidio - presentandole una parata di ritratti di dubbia somiglianza con gli originali, tra l'altro - non lo avrebbe condiviso, era troppo imbarazzante.
    Chiku sospettava che suo padre volesse qualcun altro con cui condividere le sue preoccupazioni, probabilmente sperando che un marito la tenesse occupata.

    "... Siamo dovuti restare più a lungo proprio perché ero a letto con la febbre."

    ... Aveva un fratello!... Da qualche parte chissà dove, ma non sapeva nulla: né il suo nome né il suo aspetto...
    In ogni caso il Drago Divoramondo sembrava l'unica pista perseguibile, essendo l'unico... ricordo... nitido... Doveva ricercare meglio la storia, magari convincendo suo padre a portarla alle Cave del Sapere e poi presso le biblioteche del semipiano nel corso dei loro viaggi...
    Non poteva certo marciare al cospetto del Comandante della Legione delle Sabbie così come se nulla fosse e subissarlo di domande! Innanzitutto perché il Castigo le faceva paura per la sua nomea e in più, se suo padre lo fosse venuto a sapere avrebbe cercato di combinare un ennesimo matrimonio che non sarebbe mai avvenuto.
    Mentre rimuginava sulla questione, quasi non si accorse della confusione all'esterno fin quando non si palesò prepotentemente - sbattendo la porta - nella forma di un pingue mercante con la faccia afflitta.

    "Dovete aiutarmi! Hanno rapito la mia dolce bambina!"

    A quella vista, Jung-Xi Chi sbarrò gli occhi e, domandandosi se stesse ancora dormendo, lanciò un'occhiata ai due investigatori, ma sembrava proprio che anche loro fossero sorpresi dal vedere sopraggiungere suo padre con il suo entourage come codazzo. La ragazza si sentì come se avesse inghiottito una pietra: una pietra di senso di colpa condita d'imbarazzo e una buona salsa di ridicolo. Una sensazione che si faceva sempre più pesante man mano che il melodrammatico mercante snocciolava il suo "problema".

    "... Il mio fiore del deserto! La luce dei miei occhi! Il bastone della mia vecchiaia!"

    La fanciulla non era sicura di cosa dire, presa in contropiede dai risvolti sempre più bizzarri di quella giornata. Forse suo padre non si era accorto di lei perché Taima copriva la sua vista dall'uscio? Jung-Xi Seo era sempre più agitato ed aveva iniziato a gesticolare.

    "È alta tanto così! E snella quanto basta, ma non pensate che la affami! Non sono quel genere di genitore! Ha un sorriso gentile ed è tanto carina! E ha dei bellissimi capelli neri che... Oh Dei! E se quei marrani li avessero tagliati?! Potrebbero farci tante parrucche: sono tanti capelli, sapete?!"

    Insomma, padre e figlia non si assomigliavano affatto...
    Jung-Xi Chi era seriamente tentata di svenire di nuovo per salvarsi dall'imbarazzo che le arrecava il suo amorevole padre. Ma se lo avesse fatto, la" platea" ne sarebbe rimasta in balia. Sbirciò i suoi benefattori con la coda dell’occhio, sincerandosi che non reagissero male all’irruenza di Jung-Xi Seo, dopotutto nella sua foga non aveva neppure bussato.

    "Padre..."
    "Oh, povero me! Mi sembra ancora di sentire la sua voce! Ho il cuore spezzato a metà e la mia mente vacilla!"
    "PAPÀ!"

    A quel punto, trasalendo, l’uomo trotterellò verso il divano e, quando vide la sua figlia smarrita, la sua faccia a luna trasfigurò: la preoccupazione si sciolse in un sorrisone di giubilo che pendeva da un orecchio all’altro. Si fece strada finché non fu abbastanza vicino alla ragazza da avvolgerla tra le larghe e svolazzanti pieghe delle sue maniche - “Chiku-chan! Che ti è successo, bambina?
    Chiocciando come se Jung-Xi Chi avesse la metà della metà dei suoi anni prese ad accarezzarle le guance e i capelli, come a sincerarsi che fosse tutta intera. La ragazza fece a stento in tempo a rispondere di essere svenuta che il padre si voltò verso Selja e Taima - “Ma voi siete degli investigatori bravissimi! Vi farò pubblicità, parola mia!” - per ringraziarli profusamente. Con movimenti abili e collaudati da anni di professione, Jung-Xi Seo – con la scusa di stringere loro la mano – si era sfilato dalle maniche una pletora di campioncini cosmetici da lasciare loro in omaggio - “Prego! Offre la casa!

    Con un sospiro Chikuyugi si alzò, rivolse un sorriso ed uno sguardo carico di scuse ai suoi due soccorritori e, dopo aver attirato l’attenzione di suo padre tirandogli una manica fece loro un breve inchino, a cui il mercante fece eco.
    “Grazie ancora per esservi presi cura di me, per la vostra ospitalità e...pazienza. Mi avete dato molto a cui pensare. Spero che vogliate usare il mio nome come quello di un’amica.”
    Jung-Xi Seo prese la figlia per mano per ricondurla verso casa, ma sulla porta si ricordò qualcosa.
    Oh! Il sollievo mi ha sopraffatto! Naturalmente il mio assistente rimarrà qui per concordare il vostro onorario!
    Così dicendo imboccò la porta e riprese a parlare con sua figlia.

     
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    { Merovish, Ufficio di Selja e Taima }
    pov – Selja Luchnin

    Quando alle presentazioni seguì giustamente una domanda inquisitoria sulle capacità telepatiche di Selja, la parapsicologa fece il gesto delle “mani pulite” e cercò di giustificarsi nell’imbarazzo.

    « Beh, visto che faticavi a rinvenire ho dovuto darti una “spintarella” psichica e ho notato quella sagoma… ma non ho sbirciato nient’altro, lo giuro! »

    Jung-Xi Chi tuttavia negava di aver militato al Pentauron, rievocando una permanenza a oriente proprio nei giorni della tragedia.

    « Ah, capisco… allora forse era solo un incubo. »

    A quel punto li raggiunse un gran trambusto da fuori e Taima andò alla porta per controllare chi fossero i visitatori. Trovandosi davanti proprio il padre in apprensione, l’investigatore cercò di calmarlo.

    « Salve signore, sua figlia è al sicuro con noi. »

    Seguì la ricongiunzione tra padre e figlia, e poi il commiato coi benefattori del Bazar. Così quella piccola disavventura terminò in lieto fine, lasciando infine le due Voci nuovamente da sole nel proprio ufficio – ma con un cospicuo gruzzolo di ricompensa sulla scrivania.

    « C’è ancora qualcosa che non mi quadra su quella ragazza… che ne pensi, Taima? »

    « Penso solo che questi sono stati i soldi più facili che abbiamo mai fatto, del resto m’importa poco. »

    « Meh, sei sempre il solito! »

    Ma nel frattempo Selja aveva già cominciato
    a pasticciare coi cosmetici lasciati in omaggio.

     
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