[H] Amor, ch'a nullo amato amar perdona

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    ATTO SETTIMO

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    Lo sguardo flemmatico di Mozart si poggiò sulla cassa, adoperata a mo' di tavolo, su cui erano visibili numerose mappe della zona. Gli costò molto mantenere la sorpresa, l'impedire alle sopracciglia di arcuarsi in un gesto di stupore; dissimulò la propria attenzione ispirando, per poi sistemarsi meglio sul suo posto. Tenne nota, mentale, di quell'informazione.

    «Comprendo.» Mozart scambiò un'occhiata fugace con il Capitano, nel mentre le sue guardie servivano da bere a lui e a Flandre. Oh, se conosceva quel tipo d'uomo: ne aveva visti a bizzeffe, ne aveva ucciso la maggior parte. «Invero, sono da un lato contento di non dover ricorrere al denaro: mi ci vorrebbero altri due mesi, solo per recuperare la somma in quel sacchetto!»

    Non era esattamente ciò che aveva preventivato, in ogni caso. Mozart non era mai stato a lungo in Fanedell, sebbene, stando ai reseconti della Dama del Vento, qualcuno a lui molto legato ci aveva trascorso gran parte della propria esistenza.
    All'ingresso del sottobosco, Mozart l'aveva sentito: un legame profondo, antico, debole ma ancora vivido. Non aveva mai conosciuto di persona questo tale Grifis, né suo padre, dal quale questo Grifis e lui stesso, gli era stato rivelato, costituivano la reincarnazione. Due persone apparentemente così importanti, per la sua stessa esistenza, e di cui non restava che un pugno di mosche. Sorrise. A ripensarci, se l'oggetto del suo desiderio fosse appartenuto anche a uno solo di quei due, probabilmente avrebbe pagato ser Jorah per farlo sparire oltre le nebbie dell'eternità. Ma spense subito quei pensieri: non era decoroso covare odio, vuoi perché Grifis non gli aveva mai causato nulla, né, a maggior ragione, verso suo padre; verso il quale doveva imparare il perdono, come forma di guarigione verso sé stesso. La strada, però, era ancora lunga e tortuosa.

    Afferrò la caraffa e si versò del vino. Bevve a perdifiato. «Essia, non si dica certo che un sottoposto della Dama Azzurra non sia disposto ad aiutare i bisognosi.» Mozart aveva colto il tono preoccupato e frettoloso del Principe, nonostante la maschera teatrale che si era costruito indosso. Non c'era modo migliore per ingraziarselo, se non acconsentire alla sua necessità. Fece, quindi, un cenno del capo. «Desidero soltanto che mi indichiate dove sono stati visti l'ultima volta, oppure il giro di ronda loro affidato. Farò tutto ciò che è in mio potere per trovarli.»

    Si alzò adagio. Fece cenno a Flandre si seguirlo, dal momento che non c'era davvero bisogno che Jorah rispondesse a un accordo ormai bello che firmato. Si congedò dal Principe, dopo che questi ebbe indicatogli sulla mappa l'area di maggiore interesse: quella che, più probabilmente, aveva visto i suoi uomini ancora in salute. Quindi gliela imprestò, con l'obbligo -sia chiaro- di restituirgliela. Attese però di essere ben oltre i confini dell'accampamento, dove occhi e orecchie indiscreti non potevano arrivare, per rivolgersi alla sua accompagnatrice.

    «Ho timore che la ricerca potrebbe rivelarsi più complessa del previsto. Nonostante la mappa, questa foresta è un dedalo. Uno pericoloso.» Guardò oltre le fronde degli alberi mossi dal vento. Aveva sentito sentito storie, di viaggiatori entrati e mai usciti. Che fosse quello lo stesso destino capitato a ser Jorah e ai suoi uomini? Pregò che non fosse anche il loro. «Ahimè, sono sprovvisto di alcun abilità utile in tal senso. Posso sperare che non sia così anche per voi?»

    Non era certo che Flandre fosse la persona adatta a possedere quel genere di potere: era una guardia del corpo, non un'esploratrice. Tuttavia, chiedere non avrebbe arrecato alcun danno a entrambi e, nel caso lei si fosse rivelata utile anche il tal senso, avrebbe alimentato in Mozart la sensazione di aver promesso troppo poco a una persona tanto insostituibile.



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    Abilità

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    Stato Fisico † In perfette condizioni.
    Stato Emotivo † Teso e ansioso.
    Mana Residuo † 100%
    Mana Speso † 0%
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    Rango † Le Spade di Istvàn
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    Abilità Passive
    Golden Experience
    Categoria: Malia.
    Raggio: 30 metri.
    Tipologia: Benessere.
    Limitazioni: QM.

    Sixth Sense
    Prima Passiva
    Categoria: Passive Sfondo Cosmico.
    Raggio: Ambientale.
    Tipologia: Effetto Senico.
    Limitazioni: Tutte.

    Seconda Passiva
    Categoria: Condivisione Emotiva.
    Raggio: 30 metri.
    Tipologia: Role Play
    Limitazioni: Giocatori.
    Abilità Attive † Nessuna


    Riassunto

    Col permesso di Zim, proseguo direttamente con la scena. Mi rivolto a Flandre per sapere se possiede una passiva o attiva che possa agevolare ancora di più la scena. Passo e chiudo.

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    Become the wind and cut through the clouds, to the skies.
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    Although everything might be forgiven,
    that doesn't mean I should forget about it,
    as there might be many more painful experiences coming in the future.
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    . presidio orientale; chediya .

    Abbandona l'intenzione di sfiorare la spalla del musico in un gesto di conforto,
    preferendo un più cauto silenzio al suo fianco lasciando agli occhi il compito di vagare all'interno della stanza e dei suoi occupanti - una forma di fiducia e tono di importanza per il suo ruolo, non tanto di portavoce ma di semplice supporto e protezione al suo fianco.
    Il suo non era un compito esclusivo della pratica dell'acciaio e di esecuzioni di spada, ma anche di sostegno all'umore di Mozart. E Jorah, nel viso o forse semplicemente per le movenze, la crucciava: si tratta di una semplice impressione, forse alimentata da quelle poche informazioni in suo possesso che ha accettato come verità e dallo stesso piccolo avamposto che hanno costruito in quelle rovine.
    Una pessima impressione, sottolineare è doveroso in queste circostanze,
    frutto forse di voci e credenze.

    Difficilmente avrebbe abbassato la guardia.

    « Perdonami la scortesia, ma mi trovo costretta a rifiutare l'offerta di bere. »

    Rammarico accompagnato da un breve cenno e dalle labbra in una smorfia accennata, mantenendo quella sana e sacrosanta regola di evitare vizi in circostanze di lavoro. O almeno quella era la scusa per un astensionismo più puro e antico, così da evitare di creare fatica a un corpo di carne e cenere che per sua natura risultava fin troppo debole.

    « Ma se questa è la decisione del mio datore di lavoro,
    allora la aiuteremo in questa ricerca
    . »

    Semplice e spontanea ammissione, stendendosi in un sorriso e una piccola scrollata di spalle per rilassarsi. Si stiracchia piano, il guanto armato quasi la infastidisce quando solleva le braccia proseguendo in un mugolio stentato. E con un inchino si congeda, non particolarmente formale limitandosi a sfiorare il petto con la mano libera e tendere il busto quel tanto che bastava. Con gli occhi però, lontana dal viso austero di una spada in affitto, cova un accenno di preoccupazione.
    Non ha particolarmente a cuore lo scopo di questa spedizione, come le intenzioni di Jonah e i suoi sottoposti, ma la semplice presenza di perduti nel Fanedell è un problema degno di nota.
    La paura del trovarsi in terra straniera è un sentimento che conosce molto bene,
    così come quella di non sentirsi soli e inadatti alla situazione. Potrebbero compiere sciocchezze, avvicinarsi troppo a chi preferisce vivere nelle ombre e al di là degli sguardi degli uomini.

    « Sarò sincera, Mozart. Sono brava a trovare
    solo le persone che da un piede nella fossa sono sprofondate in un burrone
    . »
    Lo ha seguito fuori, ma non ha saputo offrirgli aiuto stavolta. Scuote la testa per un paio di volte, sfiorando un paio di ciocche dietro l'orecchio maledicendo il trovarsi senza un asso nella manica. La sua non è una esagerazione e per quanto abbia indossato gli abiti da cacciatrice a volte seguire le tracce di scout e altri avventurieri non rientra tra le sue mansioni.

    Di solito è la fortuna a generare incontri per lei,
    o una più pura e meravigliosa malasorte.


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    ATTO OTTAVO

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    «Non importa.»

    Un accenno appena velato di preoccupazione si dispinse nello sguardo di Mozart, ma fu lesto a nasconderlo dietro un solco sul viso come una specie di sorriso. Anche se Flandre non era capace di aiutarlo nella ricerca, non voleva che sentisse venire meno la propria utilità. Si sforzò di non trasmetterle i dubbi che lo stavano attanagliando, né la vaga ansia che sentiva bruciare in petto. Se fossero mai usciti da quel dedalo, avrebbe dovuto ringraziare la sua buona stella.

    «Per il momento, manteniamo la strada maestra. Questo dovrebbe bastare per non perderci.»

    Sulla mappa, un serpente nero si snondava con numerose torsioni su un piano beige, tra disegni di fortini, montagne e foreste fatte d'inchiostro. Attraversava Fanedell da parte a parte, ma non era certo che la mappa fosse aggiornata, né che la strada fosse rimasta la stessa. Il selciato era rovinato, consulto e divelto in più punti, a malapena separato dalla fitta boscaglia. Man mano che i due procedevano, il sottobosco avanzava come fosse un'armata pronta a invadere i marciapiedi fatti di piccole pietre. Di tanto in tanto li fermava un albero caduto sulla strada. O erano costretti a scavalcare uno smottamento, terra su terra riversatasi da una vicina collina, ora ricoperta d'erba come fosse stata lì da sempre. Sicché, nel punto dove ser Jorah aveva indicato l'ultimo avvistamento, Mozart trovò un ponte che attraversava una scarpata da parte a parte. Anzi, per meglio dire, vide ciò che ne restava: un mozzicone di roccia si estendeva verso il vuoto, mentre la restante parte, ben visibile in basso, era diventata tutt'uno con il fiume.

    «Sono stato in un posto simile, una volta.» C'era uno strano tremolio nella sua voce, come se avesse paura di rievocare il passato. «C'era neve, neve ovunque. Eravamo partiti alla conquista di un paese freddo, rinomato per i suoi nobili guerrieri e le difficili condizioni climatiche. Era un momento di crisi: da tempo non avevano un Celebrante, il loro governo era in mano a cavalieri più abili a combattere che a governare. E anche di questi cavalieri, se ne contavano ben pochi. Partimmo in sei: doveva essere una cosa semplice, ci dissero.»

    Doveva. Ma Asgard non era mai stata terra di conquista per nessuno, e questo Gennosuke avrebbe dovuto saperlo. Eppure, l'assenza dell'Imperatore, la scomparsa del Granduca Flama, e la sete di potere avevano indotto il Basilisco a tentare l'assurdo. Lì, dove nelle epoche antiche un solo gruppo di cavalieri ateniesi era riuscito nell'impresa, pur con l'aiuto delle stelle, il Generale dall'occhio di pietra sperava di averla vinta. Ma laddove fallirono i guerrieri di Odino, ci pensò l'inverno stesso.

    «C'era questo ponte enorme, sospeso tra lastroni di ghiaccio. Il Castello del Celebrante era dall'altra parte, visibile sullo sfondo. Il freddo, la fame, le ferite... il fatto di essere rimasto solo, senza nessuno a controllarmi. Mi accasciai a terra. Ricordo di aver pianto, finché la neve non mi ha travolto. Fui estratto per caso, dall'esercito dell'Imperatore giunto in nostro soccorso, ma ricordo di aver visto qualcuno nella bufera. Ci crederesti? Mi assomigliava, ma non ero io.»

    Mozart si mosse verso il rudere del ponte. Era chiaro, come il sole che splendeva oltre le fronde degli alberi, che gli uomini di Jorah non potevano essersi spinti così lontano. O erano tornati indietro, o...

    «A volte sogno ancora quel ponte nella bufera. Mi ricorda di essere stato fortunato, che a molti dei miei compagni l'impresa si era rivelata fatale.» Si voltò verso Flandre, il volto rigato da lacrime. «È vero, ti ho assoldata per riprendermi un oggetto caro, ma temo di essere egoista: non lascerò quegli uomini da soli, in mezzo a questa foresta.»

    Le porse un inchino, come a scusarsi. Si asciugò il volto con il dorso della manica. Di cosa, non ne era certo, non pensava che Flandre potesse avercela con lui per qualcosa del genere. Tuttavia, considerando i pericoli a cui stavano andando incontro, se lei avesse avuto qualcosa da ridire avrebbe compreso. Se avesse deciso di recidere l'accordo, anche. L'aveva assoldata per difenderlo, ma non c'era scritto che lei dovesse assecondarlo nei suoi capricci, specialmente se questi potevano cagiornargli un pericolo. Fare da guardia a qualcuno che si butta di proposito nei guai non era certo un lavoro piacevole. Lo sapeva, eppure...

    «Sangue?»

    Mozart lo notò per caso. C'era una scia, che dall'ingresso del ponte si inoltrava nella boscaglia. Era scuro, ormai asciutto. Si avvicinò adagiò e scorse, non molto distante, frammenti: frecce spezzate, alcune, intonse, finite a vuoto e riverse a terra. C'era stato un combattimento, forse. Qualcosa doveva averli sorpresi durante la pattuglia, ma a giudicare dalla scia, sembrava più che qualcosa si fosse trascinato verso il bosco dopo lo scontro.

    «Credo di aver trovato degli indizi.» Si volse in direzione di Flandre, attendendo di sentire un suo parere in merito.



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    Riassunto

    Dunque, siamo vicini alla fase cloue della scena. Ti darò maggiori info nel topic.

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    Lacrime scorrono, la quiete di un uomo sempre sorridente si spezza
    nel singhiozzo di una confidenza troppo dolorosa da esiliare. Per anni ha indossato una maschera, un clima di pace e felicità nato forse per schiacciare queste urla, ora non più. La storia che il musico racconta parla di traumi del passato, una di quelle tante e infinite cicatrici che marchiamo sulla nostra pelle nel desiderio di migliorare - sangue che abbiamo fatto scorrere in passato e su cui abbiamo giurato di non dimenticare. Ma si tratta anche di artigli e incubi che straziano la notte,
    in una inquietudine che porta ad afferrare il cuscino e urlare.

    Urlare, nel dolore.

    Perché non si può dimenticare,
    non lo vogliamo fare.
    Anche se fa così male.



    Sul viso della ragazza invece non nasce ira, non nasce rifiuto.
    Non si tende nella più spiacevole stizza di una spada che non vorrebbe essere travolta da emozioni o parole, che vorrebbe completare il proprio ingaggio e riprendere il cammino ai confini dell'universo. Le labbra corrono a cercare una sfumatura particolare, sostenute dal viso che inclinandosi sul lato cerca di portare l'attenzione proprio sugli occhi increspati dalle lacrime che non vanno mai trattenute, bensì accompagnate fino alla fine. Un concetto così semplice, una reazione spontanea.

    « Ogni volta che combattiamo, che sanguiniamo o lasciamo sanguinare i nostri nemici, lasciamo sempre un pezzo di noi in segno di tributo. Può essere essere ciò che chiede il Fato come riscatto per le morti che abbiamo scatenato, o qualcosa per accompagnare i nostri amici che ci hanno lasciato e non lasciarli soli. »

    Tende la mano in avanti, incurante di una fuga.
    Se il biondo l'avesse accolta, avrebbe poggiato il palmo libero sulla spalla dopo averlo raggiunto sulla soglia degli alberi, davanti al sentiero segnato da rosso ed echi di guerra. L'aveva lasciato solo per abbastanza tempo, il sacro e doveroso rispetto per una persona che a malapena conosceva. Ma non ha bisogno di riconciliazione, di porre una seconda firma sul contratto che li lega: le era stato chiesto di accompagnarlo finché non avrebbe riottenuto il monile, o ne avrebbe accertata l'assenza in un secondo momento. La strada che avrebbe dovuto percorrere questo obiettivo non era importante, così come gli ostacoli che avrebbe dovuto superare.

    Non si sarebbe lamentata neanche se si fosse trovata in mezzo a un conflitto mondiale.
    Nel peggiore dei casi, avrebbe dato la colpa alla sua ben nota malasorte.

    « Hai perso dei compagni quel giorno Mozart, ma così come tu hai lasciato un pezzo di te nella neve per accompagnarli dall'altra parte, loro hanno fatto lo stesso. Il legame che vi univa ha solo cambiato forma e nome, ma finché avrai paura non riuscirai a dargli una identità.

    L'esistenza di un uomo è come un mosaico,
    se un pezzo sembra creare attrito è solo perché lo guardi dalla prospettiva sbagliata
    .
    »

    Il sorriso parla di nostalgia ora, così come il volto ad occhi chiusi che si bea di una rimembranza.
    Non cerca di nasconderlo, non ha motivo per farlo e forse con attenzione si potrebbe riuscire a sentire tra le labbra un me lo diceva sempre appena sussurrato, una sua confidenza confusa tra l'essere un segreto o meno. Come se l'affidasse al bosco, all'intero semi-piano.

    Allo stesso biondo, come un nuovo pezzo
    per interpretare quelli che sembrano ancora oscuri.

    « Per questo, posso dire di condividere il tuo stesso interesse.
    Non so se potremo arrivare in tempo per salvarli, non so se questo sangue appartiene a un uomo o una delle fiere che popolano la regione. Non sono brava a
    distinguere il sangue, fatta eccezione per il colore.
    »

    Ancora ci vedo bene, per fortuna.
    Si avvicina agli alberi, seguendo la scia che poteva presumere un uomo trascinato da un predatore così come qualcuno che fugge dopo una ferita o cerca soccorso. Più che al suolo dedica ai tronchi degli alberi la propria attenzione, al muschio come agli arbusti più bassi in cerca di altre tracce: rami spezzati, corteccia scavata o anche l'incrinatura di un corpo imponente schiantatosi durante una corsa. Quando si teme la morte, durante la corsa spesso ci cerca ogni singolo appoggio anche per rendere più leggero il carico sulle ginocchia e concedersi un passo in più prima del terribile fiatone.

    « Ma vorrei riportare indietro qualcosa, anche di insignificante.
    Essere dimenticati è terribile, Mozart.
    »

    Oblio accoglie come una madre onorevole, ma ciò che lascia indietro non è altro che disperazione.


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    ATTO NONO

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    Essere dimenticati è peggio che morire.
    Gli avevano raccontato, anni e anni addietro, che quelle erano state le ultime parole di suo padre. Il grido disperato di un uomo, figlio di un'epoca ormai dimenticata, a stento aggrappato a quel poco che era sopravvissuto dopo l'Olocausto. Ma ecco, se era davvero così terribile essere dimenticati, poteva essere davvero una scusa plausibile?

    «Hai ragione.»

    Mozart scosse il capo. C'erano così tante cose che doveva ancora comprendere, tanto della vita come delle persone. Era facile, davvero troppo facile dirsi uomini di giustizia o di pace, se poi non si era in grado di accettare il male come parte integrante del mondo; troppo riduttivo sarebbe stato affermare che i suoi compagni, come gli uomin di Jorah, avevano meritato un destino crudele perché avevano portato guerra o male in un luogo a loro sconosciuto.

    «Ci sono delle orme, non sono fresche ma sono visibili.»

    Da come i piedi impressi nella terra si snocciolavano nel sottobosco, Mozart dedusse che gli uomini dovevano aver inseguito qualcosa, piuttosto che essere stati inseguiti. Le loro tracce precedevano quelle della creatura, e quelle della creatura erano irregolari -quasi saltellanti. Certo, non era esperto in questo genere di cose, ma da bambino il Generale Gennosuke, pur di istruirlo alla guerra, lo aveva lasciato solo per settimane. Aveva dovuto trovare il modo di procacciarsi il cibo e aveva imparato a notare le orme degli animali.

    «Vieni, ma teniamo alta la guardia.»

    Fece cenno a Flandre di seguirlo. Non si curò che avesse o meno la spada estratta, gli bastò sapere che era lì di fianco. Attraversò un breve tratto, fatto di boscaglia, rami, e versi animali provenienti dai recessi di un labirinto verde. Di tanto in tanto, la boscaglia aumentava così tanto da non lasciar passare la luce, cosìcché la penombra si estendesse come una mano nera sopra quel tappeto d'alberi. Oltre, li sorprese un ruggito. Era molto più simile al nitrito di un cavallo, ma per certi versi esso era, per vibrazione e risonanza, più vicino al verso di un leone.

    «Pferdagen.»

    Mozart li aveva visti solo in un libro. Ricordava però, con un accenno di preoccupazione, le caratteristiche principali di quegli equini: voraci, veloci, e letali. Per fortuna, erano solo in tre. Un maschio dalla lunga coda filamentosa, adagiata su un fianco. Due femmine, senza coda ma caratterizzate da lunghe estroflessioni osse. Tutti gli esemplari presentavano una maschera di calcio e ferro, sovrapposta la teschio.

    «Devo chiederti un grosso favore, Flandre.»

    Dei tre animali, uno era a terra. Aveva ancora le frecce conficcate nel corpo. Poco più in là, poltiglia senza forma, c'erano rimasugli di ossa, organi e abiti. Riconobbe parte dello stendardo che aveva visto nella tenda di ser Jorah. Notò solo dopo, sotto le zampe acuminate del maschio, il corpo di un altro membro della brigata, privo di sensi ma, a giudicare dal movimento del petto, ancora vivo. Forse potevano salvarlo.

    «Se guarisco la femmina in pericolo, c'è una possibilità che il maschio non ci attacchi. Vedi la sua coda? In quella posizione, indica che è stanco o, comunque, non intenzionato a cacciare. Se fosse altrimenti, saremmo probabilmente già morti. Mi avvicinerò alla femmina, ma è probabile che la mia aura non faccia effetto su entrambi gli animali: dei due ancora sani, il maschio è che temo sarà meno propenso a lasciarsi ammaliare. Qui entri in gioco tu.»

    Gli pferdagen, aveva letto, erano suscettibili alle vibrazioni e ai movimenti. Mozart, in qualche modo, poteva mascherare i suoi. O, almeno, evitare che risultassero troppo bruschi da invogliare l'animale all'attacco. Perciò...

    «Avanzerò per primo. Sono suscettibili ai movimenti, ma dovrei riuscire ad avvicinarmi abbastanza da non causare una reazione. Quando vedrai la coda del maschio alzarsi, corri e provoca quanto più chiasso possibile. Ho bisogno che tu li disorienti, o che comunque dia loro qualcosa da guardare. Io farò il resto.»

    Mozart fece un breve passo avanti. Non ci aveva messo chissà quanta forza, eppure gli pferdagen si voltarono di scatto. Deglutì. Una goccia di sudore gli imperlò la fronte, scivolò adagio poi fin sul collo. Un passo falso e non avrebbe avuto modo nemmeno di pensare a salvarsi, né Flandre avrebbe fatto in tempo a difenderlo. Fece un ulteriore passo in avanti. La coda del maschio sventolò senza scostarsi dal fianco. L'altra femmina s'irrigidì. Mozart era ancora più vicino. Poteva quasi sentire il respiro dell'animale vibrante nelle sue gigantesce froge. La coda del maschio si sollevò di poco, ideciso su come comportarsi su quella strana preda sempre più vicina.

    giphy

    Di colpo il bosco svanì. Al suo posto, la distesa eterna dell'universo, delle stelle e delle galassie. Lo pferdagen maschio nitrì un rombo sorpreso. Gli fece eco una delle compagne. Non riconobbe quell'evento, o né quella sensazione che sentiva dentro di sé. Non ne aveva conosenza. Un desiderio profondo di pace, misto alla volontà di aiutarli. Non c'era malizia, in quel bipede strano. Non come gli altri che avevano attaccato la sua compagna e, per un momento, lasciò che si avvicinasse di più. Lo seguì, senza guardarlo, con il recettore tra le sezioni della maschera metallica a tenerlo sotto controllo. Si stava inginocchiando. Scalpitò. La coda frustò l'aria nervosamente. Sotto di lui, il debole gemere della creatura che aveva affrontato ore prima. Una delle sue femmine non si era alzata più, e non aveva finito di mangiare quell'essere assieme a loro. Eppure doveva, per il puledro in grembo. Cosa le stava succedendo? Restò così, immobile e interdetto, col capo ondeggiante verso il basso.



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    Abilità Attive † Nessuna


    Riassunto

    Da questo momento in poi, prenderò controllo delle creature. Per quanto riguarda l'effettivo uso delle passive, trovi maggiori info qui. I mostri non hanno tecniche o abilità, quindi mi limiterò a usare le descrizioni del bestiario. Per ora, fai conto che, se e quando ti muoverai come chiesto da Mozart, il maschio ti attaccherà per primo con un scatto a costo basso che gli farà bruciare cinque metri in poco tempo, seguito da una testata col cranio metallico a costo medio. A te la palla.

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    in the hands extended to us will never disappear.
    Although everything might be forgiven,
    that doesn't mean I should forget about it,
    as there might be many more painful experiences coming in the future.
    Coming back and forth between sad, sad dreams and reality,
    I will sing the gifts of the world one after another.

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    . presidio orientale; chediya .

    Odore di sangue, odore di muschio.
    Lo scorrere del vento tra le foglie degli alberi parla di mistero, un velo di inquietudine che risuona come un allarme ovattato mentre con attenzione marciano nel cuore del Fanedell. Uno dei tanti vicoli ombrati, sentieri che forse era meglio concedere come esclusiva di bestie e spiriti preferendo altri orizzonti per chi è abituato a viaggiare sotto la luce del sole. Ma non si tratta di una strada scelta, persino la donna nella sua più incauta abitudine avrebbe preferito alternative più sicure per proteggere il proprio compagno: ma è la necessità a imporre il percorso, seguendo le tracce di corpi trascinati via e di una battaglia che ha trovato altrove la giusta fine. Tra i passi pondera effettivamente con chi hanno a che fare, almeno cosa ha potuto spingere le reclute provenienti dal Presidio Meridionale a ingaggiare una battaglia così pericolosa giorni prima. Non conosce bene quel luogo, forse ci vorranno mesi interi prima che riesca possa sfiorarne il terreno anche per pura sfortuna.

    Ma di solito in terra straniera l'inesperienza dovrebbe portare alla paura,
    evitando di allontanarsi troppo dalle vie predefinite.

    « Sono stati ambiziosi, forse troppo.
    E la superbia è costata loro cara.
    »

    Quando le bestie fuggono non è sempre per sfuggire al proprio aggressore, ma anche per attirare una futura vittima nel cuore del loro branco. Credevano di essere i cacciatori, alla fine sono diventati prede.
    Un rovescio della medaglia antico, quasi scontato.

    E la conferma viene offerta dalla vista,
    per dolore versato da ambo le parti. Loro hanno bisogno di poter riportare indietro i soldati, ma Mozart vuole dare ristoro anche ai Pferdagen che, per la donna, condividono una curiosa con i Colossi di un altro mondo. Quando lui propone il piano, lei difatti strizza gli occhi quasi divertita nella piacevole sorpresa di rivedere fiere che quasi conosce.
    Quasi, potrebbero non essere gli stessi. Oltre che rivelarsi
    infinitamente più pericolosi.

    « Mi occuperò del capogruppo, dai pure tutte le attenzioni di cui senti il bisogno a quella stesa per terra. Solo cerca di fare in fretta, non so quanto tempo abbiamo ancora per salvare la recluta. »

    La furia di una bestia del genere frantuma le ossa,
    forse persino il respirare è qualcosa di estremamente doloroso per il sopravvissuto. Per questo deve assicurarsi di allontanare il maschio da lì, per evitare che una stampede dia il colpo di grazia.
    E quando Mozart si muove nel primo passo, lei invece procede con una corsa più generosa verso la direzione opposta. Verso uno dei cespugli sul limitare dello spiazzale, dove lascia cadere lo sguardo su un tronco già tagliato a metà forse come lascito di un vecchio conflitto. Un albero vecchio, lacerato in più punti che rimaneva in piedi come semplice testimonianza.

    Estrae la spada, il viso si tende in un sorriso.

    « Aaaaaahhhhhh. »

    Urla a pieni polmoni, mentre con una piroetta lascia scorrere il ferro incidendo la corteccia mentre pura energia scorre nel corpo e l'intersezione di due ridoppi sventra l'albero lasciandolo cadere in un tonfo secco. Segatura danza nell'aria, l'arma torna nel fodero.

    Solleva il braccio, una barriera d'argento si erge rapida tra lei e il Capobranco.
    Abbastanza vicino da potergli sfiorare il capo con il guanto armato, abbastanza lontani per evitare il proseguire di un conflitto. Aveva fatto rumore, ma non avrebbe ingaggiato una battaglia più sanguinosa.
    Non adesso, non ora.

    Non contro di loro.


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    How rare and beautiful it is to even exist. »




    Stato di Salute」 Perfetto
    Condizioni Mentali」Tutto okay.
    Riserva Energetica」80%
    Riepilogo consumi nel turno」10% + 10%
    Equipaggiamento in uso」Spada bastarda, guanto d'arme.

    Riepilogo abilità
    __- crovenyulsa: agilità +50%;
    __- emptinfilia:instant-cast delle tecniche di natura magica, resistenza scenica alle temperature, immunità al danno diretto delle proprie tecniche;
    __- dhezeall: mind-fuck alert.

    Tecniche impiegate
    __Aye!
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    :: bladewing ;
    Determinazione offre potere,
    permette di superare limiti altrimenti invalicabili.
    Esperienza e talento, la volontà di proseguire sul proprio cammino senza badare alle difficoltà e di apprendere da ogni errore: ogni goccia di sangue una testimonianza, cicatrici per non dimenticare chi è caduto nella sabbia con noi. Il corpo di una incarnazione non è un semplice involucro di carne e ossa, ma brilla della benedizione arcana che ne ha fatto da scintilla e che continua a bruciare nelle profondità dell'animo. La rapidità d'esecuzione sarà il fulcro della seguente arte di spada, scaricando in direzione del bersaglio ingaggiato in duello la concatenazione di due colpi a sua discrezione, un guizzo di potere alle volte sorprendente.
    Anche una piccola distrazione può rivelarsi fatale.
    costo medio natura fisica durata istantanea target singolo
    tipologia offensiva sintesi due colpi di spada concatenati

    CITAZIONE
    :: amala's dissonance ;
    Cenere del cosmo, cenere di tutto ciò che è stato creato.
    La benedizione della Madre delle Ombre è una circostanza peculiare, un filo che si intreccia con un elemento dalla natura quasi artificiale ma che non perde assolutamente terreno se paragonato da altri più giovani. Semplicemente percependo un pericolo e comprendendone la vera sostanza, il potere che le scorre nelle vene apparirà davanti a lei come un bastione orgoglioso, una barriera che davanti a elementi o fili d'acciaio si limiterà ad estinguerli o fermarne l'avanzata. Lo scudo, perché esteticamente di questo si tratta, appare talvolta come una vera e propria armatura per quanto vicina sarà alla propria signora, potendo talvolta ridursi nei soli punti di contatto con le offensive nemiche con la giusta concentrazione.
    costo variabile natura fisica durata istantanea target singolo
    tipologia difensiva sintesi tecnica difensiva; armatura di cenere.

    Note finali
    __Andiamo.
     
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    Rimbomba.
    Nella testa, come un tuono ruggente; vibra fin quasi a far uscir di getto l'aria. Respira, barcolla un momento, poi si riprende. La placca di metallo nel cranio ha sempre funto da arsenale, da ottimo arsenale: non ricorda di aver mai incontrato niente capace di trattenerla, né di respingerla. La calotta cranica, già di per se ristretta, concede al piccolo cervello spazio per sbattere qui e lì. Nitrisce, in segno di rabbia. C'è troppo chiasso: non riesce a distinguere bene i dintorni, la foresta si è fatta, di colpo, troppo confusa, indistinta, vibrante. Non era così da quando si era avvicinato troppo alla città, lì dove campane e il vento cantante lo avevano costretto a battere ritirata. Ma era solo un puledro, allora. E da allora aveva imparato.

    In un impeto, si alza sulle zampe posteriori. Scalpita, grida, muove la testa con ondeggi precisi. Riesce a percepire il resporo della creatura, nonostante il rumore, il baccano, le fitte al capo. È un segnale, il suo: sicuro che le due creature ignote non ne sono a conoscenza. Sicché, ritorna a quattro zampe, e compie un movimento fulmineo. Non é che un diversivo: gli è sempre tornato utile, per cacciare o fuggire. Alza la polvere, si nasconde un attimo, e nelle ombre alzate dal terriccio dirama in silenzio i filamenti della sua coda. Il tutto in poco tempo, quanto gli basta per provare ad afferrare quella cosa strana -più dura della sua testa- e cercare di tenerla ferma.

    Al riuscire dell'intento non doveva far altro; l'altra compagna, come lui prima, avrebbe divorato quella distanza in un lampo, coordinandosi perfettamente con il suo intento. Ma non di testa, però: si sarebbe lanciata col dorso, liddove le sue escrescenze ossee formavano aculei grossi e affilati. E non c'era pericolo che ferisse pure lui, la sua coda sarebbe guarita in poco tempo. Al contrario, non poteva dire ugualmente per auella cosa che li aveva disturbati. Con buona pace, avrebbe riempito loro lo stomaco per un altro giorno ancora.



    CITAZIONE
    Dunque, info sparse:

    La tua tecnica difensiva va a segno. Il mostro traballa, poi ritenta. Esegue un nuovo scatto, ma questa volta va considerato come una tecnica a costo basso di supporto, dove maschera la propria posizione/figura fisica con della polvere. Approfitta della stessa per diramare i filamenti della sua lunga coda, con una tecnica a costo Alto atta a legarti in una morsa. Più o meno in contemporanea, l'altra femmina eseguirà uno scatto basso per eseguire un assalto fisico a costo medio con la schiena ricoperta di punte ossee aguzze.

    Bonus: puoi vedere Mozart sullo sfondo (e lo sfondo cosmico ndr) mentre si accinge a toccare l'altra creatura. Lo vedi brillare d'oro, mentre quello che pare un tatuaggio quasi letteralmente affiora da sotto i vestiti (un po' come l'immagine dell'header). Non sai ancora cosa sta facendo, ma ti è chiaro che l'impiego di energie è molto alto. Trovi maggiori info qui.

    A te la palla :D
     
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    Rimbomba,
    carne e cenere si scontrano in un pericoloso gioco di violenza,
    cercando con pura forza di volontà di sovrastare l'altra. Gli zoccoli lasciano pesanti solchi nella terra, quasi scavano per testimoniare rabbia e frustrazione, puro istinto di caccia che nei molti forgia un assalto congiunto efficace. La morsa si stringe attorno alla donna, avvolgendone il corpo senza però impedirle respirare - fa quasi male, ma comprende come il suo scopo sia fermarla e non frantumarle le ossa. Forse, l'unica esitazione la avverte nel braccio destro avvolto dal guanto di metallo che quasi scricchiola quando si trova l'artiglio estremamente vicino alla faccia.

    L'aveva sollevato per un suo personale istinto, ora si trova ad afferrare la coda della bestia,
    con lo stesso sguardo di chi osservando quella appendice la studia con attenzione.

    « Avete la stessa coda! Solo che la loro era più... metallica,
    ma metà della loro dieta si basava su prodotti minerari.
    »

    Una coincidenza fortunata ammette in un pensiero spontaneo, che le ha così evitato una prigionia decisamente peggiore: la coda dei Colossi la ricorda infatti più dolorosa, con aculei su alcune porzioni atte a debilitare la preda oltre che a semplicemente fermarla.
    Scavavano nella carne, lacerandola e lasciando scorrere negli esemplari più venerabili un orribile veleno. Nulla che rovinasse la carne, ma sufficiente a rendere le catene un supplizio difficile da sopportare.
    Guardando verso l'esterno, lo sfondo ora tinto dei colori dell'universo,
    agli occhi alterna un sorriso, muovendo però una ragione richiesta al proprio compagno di fare al più presto. Il suo istinto le avrebbe consigliato di portarli via, ma se parte del loro piano si basa sul salvare la Pferdagen ferita e solo dopo l'uomo ormai esanime, allora non può permettersi un cambio di scenario. Uno di loro potrebbe tornare indietro ad esempio, o persino il ritorno dopo potrebbe rivelarsi arduo dovendo garantire a entrambe le parti una totale salvezza.

    « Mi aspetto una porzione di biscotti più grande al ritorno. »

    Un piccolo sussurro, una lingua che loro sicuramente non possono decifrare,
    nell'aspettativa che il musicista non le offra risposta così da non compromettere la sua posizione.
    L'altra fiera carica nel coraggio, lei respira e deglutisce.
    Il primo l'aveva colta di sorpresa, deve ammettere che al primo filamento attorno al corpo si era lasciata andare in un colpo di voce sorpreso, ma la furia di quell'assalto era un misto di coraggio e puro desiderio di morte che chiunque avrebbe potuto notare.
    Era davanti a lei.

    « Cecet. »

    Respira, urlando nuovamente mentre puro grigio macchia l'aria e scorre lungo la coda della creatura,
    infiltrandosi tra tessuto e ossa per proteggere la sola donna dai pilastri di ossa e violenza. La cenere nasce dove l'occhio non può più vedere, dalle ombre di cui è
    sorella e parte essenziale travolgendola come una marea.

    Dove tutto si spegne, per un desiderio di
    ucciderla che non può più avanzare.

    Anche se lei, nonostante tutto, continua a non offrire retribuzione. Stringe la coda, quasi lasciando scorrere gli artigli di acciaio,
    urlando loro in un sorriso di continuare a guardarla.


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    __Aye!
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    :: amala's dissonance ;
    Cenere del cosmo, cenere di tutto ciò che è stato creato.
    La benedizione della Madre delle Ombre è una circostanza peculiare, un filo che si intreccia con un elemento dalla natura quasi artificiale ma che non perde assolutamente terreno se paragonato da altri più giovani. Semplicemente percependo un pericolo e comprendendone la vera sostanza, il potere che le scorre nelle vene apparirà davanti a lei come un bastione orgoglioso, una barriera che davanti a elementi o fili d'acciaio si limiterà ad estinguerli o fermarne l'avanzata. Lo scudo, perché esteticamente di questo si tratta, appare talvolta come una vera e propria armatura per quanto vicina sarà alla propria signora, potendo talvolta ridursi nei soli punti di contatto con le offensive nemiche con la giusta concentrazione.
    costo variabile natura fisica durata istantanea target singolo
    tipologia difensiva sintesi tecnica difensiva; armatura di cenere.

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    __Continua a non voler reagire, ma Mozart dovrebbe caricare più in fretta la sua limit break. :v
     
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    Mozart von Baltasar

    ಸುಳಿವು

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    ATTO UNDICESIMO

    ಅನಗ್ರಾಫ್


    «Ancora un po'.»

    Non era semplice.
    Non lo era mai stato, in realtà.
    Mozart aveva scelto quel potere per un motivo preciso, e non si era mai pentito d'averlo fatto. Eppure, se qualcuno gli avesse chiesto com'era farne uso, avrebbe faticato a trovare le parole. In un certo senso, il tatuaggio faceva tutto da sé, ma, sotto sotto, gran parte dell'impegno proveniva sempre e tutto dalla volontà dell'ultilizzatore. Nient'altro che la puro e semplice desiderio. D'altronde, al di là della semplicità dei gesti, quello che lo stava pervadendo era dolore: quello di ferite vecchie e purulente, unito a nuove che andavano aprendosi. Ci voleva un piglio di ferro, anche solo per decidersi a farne uso.

    «Ci sono quasi!»

    Dall'altro versante giungevano grida, suoni concitati, scontri metallici. Mozart fece uno sforzo per non guardare, non puoteva guardare. Se si fosse distratto, pure per un momento, avrebbe vanificato l'impiego del potere; inoltre, non avrebbe senso aver rischiato così tanto, se poi bastasse un suolo frastuono per indurlo a smettere. No, no affatto. Doveva riprendere, insistere sulle ferite. L'animale non ne aveva molte, ma erano profonde. Un senso di vuoto, di ferro e sange lo pervase: intuì che nelle frecce doveva esserci stato del veleno, perché ora quel veleno lo sentiva dentro di sé -e avrebbe ringraziato i geni di suo padre, se quel veleno non stava avendo del tutto effetto.

    Adagio, come serpenti striscianti sulle fronde d'alberi, così il dolore stava abbandonando il corpo dell'animale per seguire a ritroso il tatuaggio, e, da esso, soffermarsi sul corpo di Mozart. Quello che era il dorso della bestia, divenne la schiena di Morzart. Quelle che erano ferite da freccia nella pelle dell'animale, erano adesso un suo supplizio. Fitte intense lo attraversarono, con spasmi che contorcevano i muscoli in un abbraccio fatto d'aghi puntuti. La vista gli si appannò di colpo. Quando fu costretto a lasciare l'animale, non era certo di averlo salvaguardato da ogni suo malanno, ma non aveva più né le forze né la tempra per andare oltre. Doveva fidarsi dell'istinto.

    *

    Testarda.
    Quella creatura maledetta, così piccola eppure così coriacea. Aveva retto non uno, ma ben due assalti. Di quelli che lui e le sue compagne adoperavano spesso, che valevano, la maggior parte delle volte, un pasto sicuro. Invece, era ora affaticato, sfibrato, le urla di quella bestia strana su due zampe non faceva che confondergli i sensi. Vacillò, incapace di allontanarsi: la sua coda scura era negli artigli della preda. Scalpitò. La sua compagnia nitriva nervosamente. Non sapevano cosa fare. Nella sua piccola testa, inadatta a prendere decisioni sì rapide, dovette vagliare ben presto le sue opzioni: scoprì di averne ben poche, fintantoché aveva la coda intrappolata. Sicché, in uno sbalzò di rabbia, l'animale ordinò ai muscoli giandolari di secernere un acido particolare. Una forma di difesa, per i predatori - quei pochi - che osavano agguantarlo. La coda filamentosa si staccò di colpo. Poco importava, gliene sarebbe ricresciuta una nuova nel giro di un giorno. Ma ora cosa fare? Nitrì. Non era felice di dover abbandonare l'altra compagna, ma, a quel punto, era stanco e troppo confuso per continuare.

    A risponderlo fu qualcun altro.
    Il verso era profondo, debole ma preciso. Riconobbe la voce della compagna in difficoltà, ma i suoi sensi dovevano stare mentendogli: come faceva a essere in piedi, adesso? Forse, sì forse aveva solo dormito. Scosse il capo. Elevò un altro urlo, un misto di gioia e liberazione. Ora potevano scappare, lasciare quella radura che si era rilevata fin troppo problematica. Con un colpo di zoccolì batté il segnale a terra, e in un lampo furono tutti e tre nel bosco. Via, verso luoghi più tranquilli.

    *

    «Ci siamo riusciti.»

    Un sorriso smorzato appena dalla fatica. Mozart fece pochi passi avanti. Non aveva bisogno di accertarsene: l'uomo a terra, quello non ancora divorato, aveva smesso di respirare già da un po'. Troppo gravi le ferite. Ma, anche se cosi non fosse stato, niente avrebbe potuto il musico per tentare anche solo di lenirle; guardò Flandre con un cenno d'assenso. Aveva fatto un ottimo lavoro. Davvero, doveva pensare a cosa darle in cambio, perché la paga promessa - di nuovo - gli sembrava troppo risibile.

    «Forza, torniamo da Ser Jorah.»

    Ebbe a malapena l'opportunità di parlare: un capogiro lo colse, improvviso. Si ritrovò a barcollare e, d'improvviso, il mondo roteò intorno e rovesciò. Chiuse gli occhi, la testa pesante come un macigno. Forse aveva esagerato. Forse, nel tentativo di salvare qualcuno, ancora una volta, aveva rischiato di non salvare sé. Il mondo cosmico evocato dapprima scomparve, così come andavano sparendo le sue forze. Sentiva il sangue sgorgargli dai vestiti e, con esso, andava via centellinata la sua lucidità. Sorrise.

    Fortuna che non era solo. Doveva a Tolten e a Flandre molto più che un grazie.



    { INDICE - ABILITÀ}

    Invisible_square




    Abilità

    ಕೌಶಲ್ಯ


    mozart1

    Stato Fisico † Ferite da freccia sulla schiena.
    Stato Emotivo † Stanco e dolorante.
    Mana Residuo † 60%
    Mana Speso † 40%
    GildaCavalieri Celesti
    Rango † Le Spade di Istvàn
    Conto53/86

    RevisioneQui


    Abilità Passive
    Golden Experience
    Categoria: Malia.
    Raggio: 30 metri.
    Tipologia: Benessere.
    Limitazioni: QM.

    Sixth Sense
    Prima Passiva
    Categoria: Passive Sfondo Cosmico.
    Raggio: Ambientale.
    Tipologia: Effetto Senico.
    Limitazioni: Tutte.

    Seconda Passiva
    Categoria: Condivisione Emotiva.
    Raggio: 30 metri.
    Tipologia: Role Play
    Limitazioni: Giocatori.
    Abilità Attive † Nessuna


    Riassunto

    Missione fallita, direi XD La prossima giocata possiamo spostarla direttamente nell'accampamento, per cui se vuoi fare un post dove descrivi il tragitto per me va bene: o possiamo saltare fino a lì, come preferisci. In caso, inutile a dirsi, Mozart è ferito: se hai oggetti curativi con te, puoi usarli a gratis in questa scena. Altrimenti, dovremmo far curare Mozart da qualcuno alla guarnigione. That's all :D

    { POST - INDICE}



     
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    Una scelta,
    ogni percorso che seguiamo viene influenzato spesso
    da una semplice ma terrificante decisione. Gli uomini di Jorah si sono fatti travolgere dalla superbia, sicuri di riuscire a garantirsi una caccia perfetta in terra straniera - ignari dei veri pericoli però del Fanedell, ne sono stati letteralmente divorati. Schiacciati, dispersi. Non torneranno più indietro, divenendo così parte integrante dei misteri di questo posto, un riposo nato dalla sofferenza di zanne e placche d'osso. Mozart, il musico può dirsi particolare.

    Quando la presa delle fiere cade e queste fuggono via in un branco finalmente di tre, la donna si trova a cadere per terra in un lungo sospiro liberatorio. Può dirsi soddisfatta, muove le spalle per un paio di secondi per accertarsi di non essersi effettivamente rotta qualcosa sotto quella stretta così tremenda. Non sarebbe la prima volta che si vede incolume solo per scoprirsi poi una appendice conficcata nei reni, un pensiero che lascia in gola tra un sorriso e un rumore di passi in direzione del proprio compagno.

    (Non prima di essersi sfiorata effettivamente la schiena, con uno sguardo tra muschio e corteccia per assicurarsi di non lasciare una scia di sangue dietro di sé.)

    « Lui non poteva essere riportato indietro,
    ma almeno sei riuscito a salvare qualcun altro.
    »

    Discordanza di intenti, gli occhi della Cinerea appaiono severi per un istante.
    Non c'è un noi in questo momento, non davanti all'uomo che per riportare indietro qualcuno ha deciso di avvicinarsi terribilmente a divenire un Martire. Il dolore è palese, anche dietro quel sorriso e quella melodia basata su sussurri e gesti che dovrebbero imporle tranquillità.

    Come se potesse davvero ignorare.

    L8LsrnO

    « Presta però attenzione a non spingerti troppo oltre, Mozart.
    Se non vuoi farlo per te stesso, fallo per chi potresti ancora aiutare.
    »

    Si tratta però dell'espressione di un momento, per un viso più sollevato e di cura rivolto a un uomo che letteralmente non si regge più in piedi. Prosegue nei gesti, fuggendo quasi al fianco offrendogli la spalla come sostegno - meglio, la sua è una imposizione lasciando passare il braccio sulla sua afferrando il fianco con il guanto artigliato.

    I suoi occhi in quel momento non parlavano di gentilezza, ma di una sua imposizione.
    Se lo stesso musicista avesse cercato di sgattaiolare via dal sostegno, ci avrebbe messo davvero poco a sfiorare le ferite con gli artigli di metallo.

    Un brivido che spera lui avrebbe evitato con tutto se stesso.

    Era meglio attendere, forse per un paio di minuti.
    Per respirare, prima di riprendere la marcia sperando che nell'accampamento avrebbero trovato qualche strumento di primo soccorso per far riprendere il musico dalle cicatrici di cui era voluto diventare portatore. Lei non è mai stata una guaritrice purtroppo, sono sempre stati altri - come una persona particolare nel Presidio Est ad esempio - che si sono occupati di rimetterla in sesto dopo il suo saltare tra le fiamme più pericolose. Ma non erano lì.

    Non poteva riportare indietro il corpo, ma forse un segno di riconoscimento poteva considerarsi accettabile. Questo genere di gruppi tendono a riunirsi sotto specifici emblemi, medaglie che tengono al petto o piastrine per ricordare il loro nome anche dopo essere stati travolti dalla catastrofe. Sono proprio questi che puntava a trovare, dopo aver chiesto al biondo di attendere per lei un paio di minuti su un tronco caduto a pochi metri da loro. Ignora i riti funerari del meridione endlossiano, ma non ha al momento la possibilità di caricare sulle gambe un secondo uomo da trascinare.

    Il commiato dal cadavere viene annunciato dal rintocco delle mani in un plauso,
    nel gesto di una preghiera che prosegue per un paio di istanti. Sussurra qualcosa, ma non è una formula evocativa particolarmente prolissa o appariscente. Il tempo di una parola probabilmente, una parola preziosa data la solennità dello sguardo che rivolto verso il cielo si interrompe in un sorriso quanto torna a guardare il proprio compagno.

    Prima di tornare all'accampamento si, con qualcosa da offrire al secondo mandante di questo lavoro.
    Nella speranza che, alla fine della giornata, sarebbero riusciti a stringere tra le mani quel monile.


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    Viaggiatore dei Mondi

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    Mozart von Baltasar

    ಸುಳಿವು

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    ATTO DODICESIMO

    ಅನಗ್ರಾಫ್


    «Tuo padre verrà a prenderci, vedrai.»

    Il tempo era tremendo, logorante come poche cose. E dire che non erano passati che pochi anni, ma pochi anni chiusi in una cella, con la luce del sole filtrata attraverso una feritoia, potevano corrodere la mente molto a fondo e molto gravemente. Mozart alzò lo sguardo verso sua madre. Ondeggiava, come una foglia al vento, le mani intorno alle ginocchia.

    «L'ho visto, stanotte. Ha detto che verrà a liberarci.»

    Anche lui, ogni tanto, lo vedeva. Ma erano, i suoi, sogni tormentati. Sogni dove suo padre non aveva un volto, perché mai l'aveva conosciuto; e quel poco che sapeva di lui in larga parte proveniva dai racconti della madre. Si era costruito, col tempo, un'idea assai vaga della sua figura: capelli lunghi, tinti d'azzurro, un neo sulla guancia, lineamenti quasi femminei. "Il più bello di tutta la Grecia", come lo chiamavano al tempo del suo servigio presso la Repubblica Ateniese. Eppure, per quanto si forzasse, non riusciva a dargli un volto preciso. Altre volte, lo vedeva in armatura, i capelli biondo cenere, con le orecchie a punta. Il tempo, col tempo, aveva corroso anche la sua fantasia.

    «Ho visto tuo padre, stanotte. Vuole che lo raggiungiamo!»

    Mozart aveva sentito per caso il chiacchiericcio delle guardie: Flama David Von Baltasar era morto, presumibilmente in terra straniera. Col suo diretto rivale fuori dai piedi, Gennosuke aveva un scalata al potere da intraprendere e un solo ostacolo a frapporsi davanti a lui.

    «Dobbiamo andare, dobbiamo andare!»

    Da chissà dove, un pugnale e una corda si erano intrufolati dentro la cella. Morzart, che pur l'aveva visto fin dal giorno in cui aveva acquisito cognizion di sé, non aveva mai compreso che il gancio sul soffitto della cella potesse essere usato a quel modo. Sua madre, invece, doveva averci pensato molto a lungo, abbastanza da fissarvi al fune senza particolare difficoltà o ripensamento. Fece un nodo strano e vi passò la testa dentro, poi, sulla punta del giaciglio in pietra, gli fece cenno di avvicinarsi.

    «Vieni Mozart, vieni! Tuo padre ci aspetta!»

    Stringeva a malapena il pugnale, con un tremolare nervoso. Mozart ne ignorò le intenzioni, perché avrebbe dovuto preoccuparsene? Era sua madre! Ma, al momento di avvicinarsi, vibrò un fendente con la lama all'altezza del collo. Si gettò indietro, più per la sorpresa che per naturale reazione. Sua madre perse l'equilibrio e penzolò coi piedi a breve altezza dal terreno.

    «Madre? Madre? Svegliati!»

    La fu principessa del Catai, Angelica, aprì gli occhi. Oscillante, come fiori di un prato nel vento.

    «Non sto dormendo, Mozart.» La voce dolce, ma distante. «Tu sapevi che non stavo dormendo. Perché sei rimasto così a lungo a fissarmi? Non era giusto, non ti ha fatto del bene. Dovrai presto fare il conti con quel che è successo. Tuo padre e io ti aspetteremo in paradiso, figlio mio.»

    *

    «Ah.»

    Con un balzo, Mozart si mise a sedere. Si guardò intorno. Aveva la fronte madida di sudore, il respiro irregolare e aritmico. Poggiò adagio i piedi sul pavimento, tenne il capo con le mani come se dovesse staccarglisi dal collo.

    «Madre.»

    Era abituato a quel sogno. Lo faceva spesso, troppo spesso. Ma in nessuna di quelle volte il corpo di sua madre aveva parlato, né gli si era rivolto come se fosse lì presente. Non capiva. La testa gli girava intorno. Notò soltanto dopo di essere privo di abiti, ma coperto da vestaglia e fasciato di tutto punto. Doveva aver perso i sensi. Dal tendaggio e dall'arredamento di fortuna, intuì che era di nuovo all'accampamento. Un brivido lo colse!

    «Flandre?»

    Si guardò intorno, in cerca della guerriera.

    Finalmente sveglio. La voce familiare di Jorah lo chiamò a sé. Iniziavo a pensare di doverti seppellire assieme ai miei uomini.

    Mozart raggiunse il capo con la mano destra. Aveva l'impressione che, se non si fosse sforzato per tenerla in su, gli sarebbe presto caduta dal collo. Jorah parve divertito dalla cosa e sbuffò in un risolino.

    La tua guardia del corpo mia ha raccontato nel dettaglio ciò che è successo e sono piuttosto sorpreso. C'è una ragione per cui hai pensato che valesse la pena rischiare la vita per degli uomini già morti?

    «Immagino che sia perché lo ritenevo il male minore.»

    La risatina di Jorah sbottò in una grassa risata. Allora, è un bene che non sia finita male per davvero.

    «Non lo è?»

    Jorah si sollevò adagio. La responsabilità dell'accaduto rimane sui miei uomini, i quali hanno pagato anche troppo caro il prezzo della loro stupidaggine. Quanto meno, riavere i corpi farò calmare in parte l'agitazione degli altri.

    «Sì, suppongo che sia una situazione di guadagno per te, in ogni caso.» A gran fatica Mozart si sollevò fino a poggiare coi piedi a terra. Sentiva le gambe deboli, ma era certo di riuscire a mettersi in piedi per andarsene. «Quanto a me...»

    Quanto a te: la parola data è legge, almeno dalle mie parti. Jorah indicò sorridendo verso il basso, poco sopra il petto di Mozart; il quale, solo allora, si accorse di avere addosso il monile a cui aveva dato la caccia per tutto quel tempo Non li hai riportati sani e salvi, ma almeno ora so cosa li ha uccisi, perché e come evitarlo. Direi che te la sei guadagnata.

    Mozart afferrò il gioielli tra le dita. «Come fai a sapere che...»

    Jorah gli diede le spalle e fece per uscire. C'è inciso il tuo nome, dietro e svanì nella luce del sole che dall'ingresso irrorava verso l'interno.

    Mozart chiuse gli occhi, strinse a sé il ciondolo e sospirò. «Finalmente, a casa.» Guardò per un breve momento Flandre. Le sorrise. Con un cenno del capo le fece segno di andare e di tornare in città.



    { INDICE - ABILITÀ}

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    Abilità

    ಕೌಶಲ್ಯ


    mozart1

    Stato Fisico † Ferite in via di guarigione.
    Stato Emotivo † Confuso e stordito.
    Mana Residuo † 60%
    Mana Speso † 0%
    GildaCavalieri Celesti
    Rango † Le Spade di Istvàn
    Conto53/86

    RevisioneQui


    Abilità Passive
    Golden Experience
    Categoria: Malia.
    Raggio: 30 metri.
    Tipologia: Benessere.
    Limitazioni: QM.

    Sixth Sense
    Prima Passiva
    Categoria: Passive Sfondo Cosmico.
    Raggio: Ambientale.
    Tipologia: Effetto Senico.
    Limitazioni: Tutte.

    Seconda Passiva
    Categoria: Condivisione Emotiva.
    Raggio: 30 metri.
    Tipologia: Role Play
    Limitazioni: Giocatori.
    Abilità Attive † Nessuna


    Riassunto

    Modificato come previsto, altre info nell'mp

    { POST - INDICE}





    Edited by flama - 8/10/2019, 14:31
     
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    . GRATHNODE INFERIA .

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    Amor, ch'a nullo amato amar perdona.

    Become the wind and cut through the clouds, to the skies.
    Even if we collapsed from the wounds we received, the warmth
    in the hands extended to us will never disappear.
    Although everything might be forgiven,
    that doesn't mean I should forget about it,
    as there might be many more painful experiences coming in the future.
    Coming back and forth between sad, sad dreams and reality,
    I will sing the gifts of the world one after another.

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    hJRVdhb
    Join together the gears and reach that sky,
    check the twisted spirals for the sake of salvation.
    Now, let's link up our wills with the countless stars.






    . presidio orientale; chediya .

    Tempo che scorre,
    scivola via dalla dita. Una battaglia apparsa come lunga per chi ha scelto la via del martirio nel tentativo di salvare qualcuno, riprendersi qualcosa di altrettanto caro e tornare a casa. Mozart cerca salvezza, dispensare giustizia è forse un modo per riuscire a stemperare blasfemie perse nel tempo e che non riesce a dimenticare. Lui dorme e si agita nel sonno, lasciando alla donna un più placido compito di vegliare nel silenzio. Non ha mai lasciato il suo posto
    sul limitare della stanza, lasciando socchiudere gli occhi in un accenno di riposo quando effettivamente percepiva un senso di insofferenza per lo scontro passato: non mentale, ma semplice mancata abitudine di limitarsi a resistere e non attaccare un colosso che cercava di portarle via la vita.
    Le mani sotto il mento, lo sguardo tra i soldati e il biondo.

    Ricorda.

    « Bentornato tra i vivi, Mozart. »

    Sono occhi severi anche se indeboliti da un sorriso e tono cordiale,
    seguito dal conforto di rivederlo in piedi. Ha avuto modo di conoscere tanti cavalieri che per il sacrificio altrui hanno scelto di accogliere il riposo per l'ultima volta, per una ferita che non hanno avuto la forza di far rimarginare. E lui di sangue ne ha versato parecchio.
    Ma forse è semplicemente troppo grande il peso che si trascina dietro, al punto che rifiuta di lasciarlo andare.

    Ricorda.

    « O più semplicemente perché è meglio riposare
    un morto a casa che abbandonarlo in terra straniera.
    »

    Lontano da tutti, lontano lontano.
    C'è una ragione per cui a volte si combatte anche per soli segni di riconoscimento, come la spada fregiata del proprio nome o l'emblema che riporta il nome e grado del caduto: perché è terribile morire, ma è ancora più terribile essere dimenticati. O lo stesso dimenticare, lasciando cadere un pezzo di noi in un abisso che per chi non condivide il sangue della Madre dell'Oblio è tanto terribile quanto alieno, un castigo di cui non si deve mai essere vittima.

    Da lì si solleva in un colpo di reni, annunciata dal tintinnio di acciaio e guanto d'arme,
    stivali sul terreno e contro le rocce. Per raggiungerlo e tendergli la mano,
    nell'ultima protezione per accompagnarlo alla sua vera casa.

    Ricorda.

    « Ora sta a te però custodirlo. »

    Ricorda che una volta abbiamo vissuto anche noi.


    -
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    Come richiesto, un post per concludere la giocata.
     
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