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Ted Carter
Ogni mattinain Africasu Laputa, come sorgeva il sole, un pugile si destava dal letto in cui entrava a malapena e sapeva che avrebbe dovuto correre più di ogni Aviatore, così da mantenere la forma fisica di un Campione.
Ogni mattina su Laputa, come sorgeva il sole, un Aviatore si svegliava... e sapeva che avrebbe dovuto correre più di Ted Carter, o non avrebbero retto il confronto in un duello fra pesi massimi.
Ogni mattina su Laputa, come sorgeva il sole, non importava essere Ted Carter o un qualunque altro Aviatore... l’importante era raggiungere i propri scopi lottando, prendendoli a pugni.
Quella mattina -come tutte le altre- era appena giunta l'alba sul Presidio Errante, quando Ted Carter aprì gli occhi.
Sbadigliando e stiracchiandosi, si trascinò fuori dal letto, buttandosi immediatamente per terra ed iniziando una bella sessione di flessioni mattutine, sotto lo sguardo vigile ma semi-addormentato di Agrodon. Sapeva che Firion aveva raddoppiato le ore di allenamento delle reclute per migliorarne le prestazioni, quindi -da veterano quale era- aveva personalmente deciso di triplicare le proprie, coinvolgendo tutti i suoi tempi morti e votandoli alla sua causa.
Abbandonata l'abitudine del Cappio di Bronzo ad orari diurni, aveva deciso di sostituire gli alcolici con fresco e nutriente latte di mucca.
Si sentiva sempre annoiato nei periodi di pace, esattamente come prima, però quella bevanda gli ricordava in parte i suoi piccoli successi, la sua utilità nel Presidio non solo nelle grandi guerre, ma anche nelle piccole cose. I cittadini -dopotutto- non vivevano di storie e di ballate; quando la serenità regnava fra i Presidi, l'unico eroe era quello che salvava la gente per strada e nelle proprie case.
Finiti gli allenamenti, l'Aviatore scese per strada ed iniziò a correre per le strade. L'aria era ancora fresca e frizzantina, la città abbastanza silente ed il cielo quasi totalmente sgombro dalle nuvole. Raggiunta una delle terrazze ai bordi delle mura, il Pugile si soffermò ad osservare il panorama, respirando aria pura e crogiolandosi in tutta quella bellezza.
Si sentì in pace, felice.
Rinvigorito dalla visione, prese un altro profondo respiro, poi si voltò e ricominciò a correre, così da completare il percorso che si era imposto di seguire. Ci sta da dire -però- che all'alba le ombre siano belle grosse: scambiò distrattamente un passante per quella di un lampione, scontrandosi.
"Scusami, amico”
Disse voltandosi verso il povero disgraziato che aveva appena travolto, assicurandosi che non fosse caduto.
"Ti sei fatto male?". -
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Ted Carter
Fissandolo con stupore, Ted Carter pensò di aver investito un tipo parecchio strano.
Quando il pugile fece per aiutarlo, questo gli si rivoltò contro come una vecchia impazzita, sicuramente munita di bastone e borsetta pesante. Percependo il pericolo e ricordando gli insegnamenti di sua nonna, Ted alzò i guantoni davanti al volto, pronto ad incassare qualche colpo rapido, ma durò solo qualche attimo: tornato tranquillo all'improvviso, lo sconosciuto scelse un rimprovero più moderato.
Mi dispiace che non stai bene.
Il gigante di muscoli s'incupì all'improvviso nel vedere quel passante scontento.
Quella doveva essere una bella giornata: sotto al cielo sereno e tranquillo, circondati da venti freschi e tonificanti, non era giusto essere infelici.
Oltretutto, lui era anche un Aviatore: non c'era allenamento che giustificava un mancato soccorso ad un bisognoso.
Senti, voglio farmi perdonare.
Affermò, annuendo convinto e mettendosi le mani alla vita in una posa che ricordava quella di un supereroe.
Nel ghetto di Trenton, nel New Jersey, la vita era davvero dura, ma le amicizie si stringevano (o si ritrovavano) andando tutti assieme a mangiare o bere. Da ragazzino il Pugile non aveva troppi amici, ma sapeva come comportarsi in queste situazioni perché usciva spesso con suo fratello Sam. Oltre a parente, Sam era anche il suo migliore amico e compagno di mille battaglie: insieme avevano lottato e si erano fatti conoscere da tutti, spinti dal loro nobile scopo e nient’altro.
Oltre Sam, anche Rhaziel era stato un grande amico per Ted, e come Sam aveva condiviso con lui cibo e bevande. Abbastanza frequenti erano i loro incontri in locanda a bere e scambiare quattro chiacchiere ad ogni ora del giorno e della notte. Clienti fissi per lungo tempo, avevano ottenuto perfino due posti al bancone sempre riservati a loro. Chissà se erano rimasti vuoti, dopo tanto tempo.
In cambio del perdono, ti offrirò da bere!
Al Cappio di Bronzo mi conoscono: se non hai nulla da fare, possiamo andare lì a saldare il mio debito.
Lo disse con il sorriso smagliante di chi affrontava i problemi a testa alta.
E se era ancora l'alba e ormai non beveva altro che latte di mucca, poco importava: avrebbe chiesto la colazione!. -
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Ted Carter
Il Cappio di Bronzo era la locanda più rinomata del primo girone di Laputa, tirata su da un vecchio soldato in pensione. In tempi passati Ted l'aveva un po' considerata il suo secondo “ufficio personale”, subito dopo la palestra dell'Albero Casa. Quando ne varcò l'ingresso, ebbe uno strano moto di nostalgia: avanzando a grandi passi, si diresse dritto e spedito al primo sgabello (il suo solito) con una gran voglia di bersi una birra, una di quelle belle fredde, servite in un bicchiere di vetro e con così tanta schiuma che se sembrava ci fosse nevicato sopra.
Peccato che fosse a dieta e gli alcolici non erano certo un bene per i suoi muscoli; una volta seduto, avvicinò un secondo sgabello al proprio, facendo cenno all'ospite di sedercisi sopra, battendo sonoramente i suoi grossi palmi sul cuoio morbido.
"Forza, offro io!"
Si voltò in direzione del vecchio Calion, in silenzio dietro al bancone ad osservare entrambi, gli unici clienti a quell'ora.
"Una bionda per il nuovo amico del Campione!"
Sorrise raggiante e, qualora lo straniero avesse ascoltato il consiglio e gli si fosse seduto accanto, lo avrebbe "premiato" con un paio di vigorose quanto amichevoli pacche sulla spalla. Rise di gusto.
Per me del latte e una fetta di torta dolce.
Calion lo osservò stranito. Vero era che Ted non fosse più un cliente troppo assiduo, ma vederlo passare dagli alcolici alla colazione dolce fu per lui una specie di trauma. A quel punto si trovò a formulare una sola ipotesi che spiegasse il tutto.
-... ordini del Comandante?
"Quasi." rispose il gigante nero "I nuovi si allenano continuamente e devo mantenere il titolo, capisci?"
Il locandiere sorrise divertito, annuendo. Non si fece attendere nel versare una bella birra all'ospite ed un bicchiere di latte all'Aviatore.
"...ma questi son tozzi di pane raffermo? E il dolce?"
-Gli zuccheri fanno bene al grasso e male ai muscoli.
Dimenticava che Calion, prima di taverniere, fosse pure lui un soldato.
"Grazie, eh!"
-Dovere.. -
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Ted Carter
"Suvvia, amico: gli ordini sono ordini. A proposito, "comandante"?! Vuol dire che sei alle direttive di qualcuno. Un soldato, quindi?"
Nonostante le vigorose pacche sulle spalle, il gigante nero non parve soffrirne ed anzi le interpretò come un gesto d'amicizia. Dopotutto, nella moltitudine di gente che si incontrava giorno per giorno, un amico si riconosceva nella condivisione di cibo e bevande, nell'affetto ed anche nella propensione a prendersi vicendevolmente a pugni senza doversi per forza odiare. Lo sconosciuto lo aveva infatti chiamato "amico", accettando finalmente di ricambiare le attenzioni ed i contatti.
Questo rese Ted molto felice.
"Diciamo che sono un uomo d'azione, oltre che Ted Carter, il famoso Campione di pesi massimi!"
Nel pronunciarlo con falsa (ma scanzonata) finta modestia, sollevò le braccia, mostrando orgogliosamente i propri bicipiti.
"Questi ragazzi non si nutrono da soli" disse, riferendosi ai propri muscoli "Per vederli crescere sani e forti ci vuole duro lavoro e tanti sacrifici".
Annuì convintissimo, tornando finalmente in una posa che non ricordasse quella di un culturista. Scartando il tozzo di pane, afferrò il bicchiere di latte e mandò giù tutto come se si trattasse di uno shottino. Calion sorrise a quella scena, ma si limitò a tacere.
"A proposito, ora che siamo amici..." continuò Ted "...non mi hai ancora detto come ti chiami".. -
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Ted Carter
Alle parole dello sconosciuto, Ted si sentì molto orgoglioso. Ciò nonostante, reputò un pochino esagerato parlare di onore in quel momento, soprattutto considerando che -viste le precedenti pacche sulle spalle- erano ormai diventati amici.
"Xavier. Inutile dirti il cognome, non sono un tipo famoso come te, compare."
Per qualche secondo il Campione ebbe la sensazione che l'altro fosse un po' teso. Forse non era completamente a suo agio, forse gli erano semplicemente giunte voci strane sul suo conto, magari anche esagerate o brutte.
"E che importa essere famosi? Siamo amici!".
Gli lanciò l'ennesima e violentissima pacca sulle spalle, prima che qualcosa attirasse la sua attenzione. L'altro non avrebbe immediatamente compreso, tuttavia l'Aviatore prese a fissare il vuoto, carezzando con la mano il proprio frammento di AI.
"Si, Firion. Ti sento." avrebbe detto a voce bassa, rivolgendosi evidentemente a qualcun altro "Si... si, mi sto allenando sul grifone, si. Si, mi ricordo che devo dargli da mangiare la mattina. Si, si."
Evidentemente impegnato in qualcosa di simile ad una chiamata telefonica, avrebbe mimato a Xarvier di attendere qualche attimo, il tempo che finisse.
"Si, mi ricordo che sono già spariti otto montoni dalle campagne vicine. Si, lo so... lo so che se non gli do da mangiare, il grifone s'innervosisce e va a caccia. Si... lo so che l'altra volta ha quasi mangiato il gatto della signora Daenea. Firion, davvero... siiiii... Ma certo! Non devi preoccuparti: ho tutto sotto controllo".
Nel mentre, il sorriso del pugile divenne teso e la fronte prese a brillare per il sudore di cui si era improvvisamente coperta. Anche sulla canotta bianca apparvero due chiazze all'altezza delle ascelle. Dopo una lunga sequenza di "Sisi, certo, non preoccuparti" finalmente chiuse quella strana chiamata. Ed allora sorrise, ostentando sicurezza... nonostante sudasse davvero molto.
"Senti, amico. So che è un pochino presto, ma mi sono improvvisamente ricordato di una piccola faccenda di cui devo occuparmi".
Rise di gusto, portandosi una mano alla fronte e tentando di asciugarsi.
"Tu finisci pure di bere. Calion metterà tutto sul mio conto. Ora, però... devo proprio staccare".
Si sarebbe infine mosso verso l'uscita a passi rapidi.
"Facciamo che ci si vede in giro, ok?". -
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