[H] The Endlos Times

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    « Siamo quasi arrivati. »
    Commenta distrattamente Denver, scrutando prudentemente il mondo al di fuori del finestrino della diligenza. Davanti a lui c'è cupola dello speciale vetro che riveste la città di Codec come il guscio di un uovo trasparente, permettendo ai viandanti di apprezzarne con largo anticipo le numerose meraviglie, tutte figlie del progresso scientifico.
    Grattacieli di vetro, acciaio e cemento si fanno ad ogni iarda di meno più alti e imponenti. Fra tutti, il più alto e vistoso è senza alcun dubbio la Quarion Tower, un onanistico monumento dell'omonimo ambasciatore a sé stesso dal quale è auspicabile, ma allo stesso tempo dannatamente difficile togliere lo sguardo. Denver ritiene tuttavia prudente non proferire ad alta voce commenti in merito davanti al suo compagno di viaggio.
    Ancora uno scossone, questa volta causato dall'affondare della ruota in una piccola buca. Dopodiché il mezzo continua a procedere con una lentezza disarmante lungo le strade fangose dell'altopiano, incurante della pioggia che batte incessante sul tetto. Non di rado esso è bersaglio anche dei frequenti fulmini che infuriano nella regione, ma si tratta di una carrozza progettata appositamente per viaggiare in sicurezza in quei luoghi, permettendo ai suoi passeggeri di rimanere all'asciutto e allo stesso tempo al riparo da amperaggi eccessivi. Il cocchiere è invece protetto da una tuta apposita, mentre gli animali da traino scelti sono degli issioni, degli equini lontanamente imparentati con gli unicorni dotati di un'affinità naturale all'elettricità dalla quale traggono addirittura energia. Quattro in tutto, proseguono indisturbati al passo, senza sussultare nemmeno quando i loro corni ricurvi catturano accidentalmente delle folgori di passaggio a mo' di parafulmine.

    FlHG74UDenver ogni tanto si chiede se non siano collegati in qualche modo alla Corona di Regalia, Brifos, almeno come potrebbe esserlo un cavallo domestico ad un essere umano. Ancora una volta sono pensieri che lascia inespressi per rispetto.
    Kerobal non è una persona troppo permalosa, almeno per come lo dipinge il giornalista, ma si tratta pur sempre di un'altra Corona, e pertanto una figura presumibilmente vicina ai suoi parigrado e alle alte cariche del Presidio Orientale – fra cui lo stesso Quarion, appunto.
    A finanziare la spedizione è stato proprio lo stesso Ambasciatore. Già qualche tempo fa infatti il reporter gli aveva chiesto di appoggiarglielo, quel suo progetto di lancio del più grande quotidiano che il semipiano abbia mai conosciuto. Quarion aveva acconsentito con piacere, mentre le altre alte cariche fra i Custodi delle Sette Vie avevano pure deciso di offrire il loro supporto. Del resto, quale mezzo migliore per diffondere conoscenza, accumulare ricchezza e, allo stesso tempo, creare nuovi posti di lavoro?

    Gli issioni si fermano sotto una tettoia di vetro all'ingresso della città, attendendo che prima una porta si chiuda prima dietro di loro, e che una seconda si spalanchi al contrario davanti con un lieve ronzio elettrico. Avanzano infine di qualche passo, prima di fermarsi definitivamente affinché i due passeggeri possano continuare il loro viaggio in città con mezzi più veloci e consoni.
    Per Denver, che è appena sceso e ora si sta stiracchiando, sono le sue gambe. Deve sgranchirsele, dopo aver trascorso tutto quel tempo seduto in uno spazio tanto ristretto.

    « Beh, eccoci finalmente qui, » dice a Kerobal mentre si accende il primo sigaro da diverse ore, « ma non siamo di fretta. Proporrei di andare a rifocillarci, a meno che tu non abbia altre idee da proporre. »

     
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    Con il gomito puntellato sul bordo del finestrino e il mento poggiato sul palmo aperto della mano destra, gli occhi color magenta del Nephilim solcavano con indolenza solo apparente la brulla veduta dell'Altopiano della Tempesta che scorreva attorno alla carrozza.

    Mentre ne registrava i contorni aspri e selvaggi, constatando quanto quel luogo fosse ben differente dagli altri domini di Lady Kalia, il viaggiatore si ritrovò a considerare -con una buona dose di sentimenti contrastanti- quanto quel fosco panorama rassomigliasse a quello del Mondo dei Demoni in cui era cresciuto... e a cui aveva sempre pensato di appartenere fin dalla nascita, prima dell'arrivo su Endlos e della scoperta delle sue vere origini.


    « Siamo quasi arrivati. »

    Il profilo indomabile della Natura -che tra pioggia e fulmini non si era presa il minimo disturbo di farli sentir bene accolti- era già degradato in un'interpretazione per lui del tutto nuova sconosciuta del paesaggio urbano quando la voce del suo compagno di viaggio lo riscosse dai suoi pensieri: avevano ormai varcato il confine delle famose cupole magnetiche, e mentre il cocchio si arrestava all'ingresso della struttura, Kerobal fu lesto a recuperare la sua solita attitudine gaudente.

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    « Ma che bella notizia. »

    Indossato sulle labbra ben disegnate il suo solito sorrisino affascinante, il Galanodel imitò l'uomo che aveva accettato di accompagnare scendendo a sua volta dalla vettura, e mentre l'umano si stiracchiava, il Principe-Demone inclinò invece il capo all'indietro per contemplare naso per aria lo spettacolo dei grattacieli stagliati contro il guscio etereo che era stato in grado di rivendicare quell'ambiente per la civiltà.

    « Beh, eccoci finalmente qui, ma non siamo di fretta. »
    esordì Denver, accendendosi un sigaro
    « Proporrei di andare a rifocillarci, a meno che tu non abbia altre idee da proporre. »

    « Ammetto di non essere mai stato a Codec prima d'ora,
    quindi temo di non avere conoscenza pratica di come ci si diverta da queste parti... »

    confessò Kerobal, con un'alzata di spalle e un sorriso disinvolto
    « ...ma ho sentito di un locale che ha fama di essere piuttosto interessante: si chiama “Quantic Dream”; potremmo andare a vedere di che si tratta, che ne dici? »

     
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    « Quantic Dream, eh? »
    Ha già sentito questo nome nelle sue precedenti trasferte a Codec, ma non ci è mai stato. Denver sa tuttavia che si tratta di un ristorante parecchio in voga fra la classe media educata della città, e infatti è in particolar modo frequentata da studenti e giovani ricercatori di venti-qualcosa anni in cerca di qualcosa di meglio della solita sbobba della mensa universitaria o, occasionalmente, quella aziendale.
    « Se non vado errando non dovrebbe trovarsi troppo lontano da qui, è abbastanza fuori dal centro. Vicino ai campus umanistici e agli istituti di ricerca nuovi. »
    Al contrario, i campus specializzati in materie scientifiche e matematiche e gli istituti di ricerca più vecchi e prestigiosi sono situati in pieno centro – almeno per quanto ricordi il giornalista.
    « Sono già stato qui, » spiega a Kerobal, « ma il più delle volte non ho avuto molto tempo per divertirmi. Quindi, ahimè, sono impreparato quanto te. »

    Si ricorda in particolare fin troppo bene della prima volta che era giunto lì. Ancora era un information broker residente a Bloodrunner da poco sulla busta paga dell'Alfiere Errante, ed era fresco di quella lunga missione a Klemvor e delle settimane passate rinchiuso in un ufficio a studiare scartoffie e cercare di dare un senso al caso più assurdo e intricato della sua vita. Si ricorda anche delle notti insonni mentre ancora credeva di aver ucciso Seiryu – ma anche se era sopravvissuto, rimaneva il fatto che il giornalista aveva provato a farlo fuori con tre colpi di rivoltella.
    Si ricorda delle interviste alla guardia pretoriana di Misogi Kumagawa, nonché i rapitori di quello che si era rivelato essere in realtà l'Ufficiale del Presidio Orientale Quarion Galanodel. Si ricorda di Darius Nox, di Vladmyr Murray, di Ahri Kobayashi, di Justin Sanchez e del maledettissimo nonno di quest'ultimo. Si ricorda il momento in cui gli era stata annunciata la sua taglia milionaria per un crimine che non aveva mai commesso.

    « Sei mai stato a Bloodrunner? » chiede alla Corona, « Girano delle signore automobili da quelle parti, ma qui... Qui, per spostarsi, c'è qualcosa di perfino più efficiente. Guarda. »
    Indica con il capo un breve tratto del marciapiede sul quale è stata installata una piccola tettoia di vetro. Un cartello protrude dall'asfalto poco distante, mentre due strisce di metallo corrono parallele sulla strada.
    « Maglev. Veloci, comodi, silenziosi, e passano ogni pochi minuti. Se non ricordo male quello dovrebbe portarci vicino alla zona del posto che dicevi. »
    Senza neppure gli scossoni, aggiunge fra sé e sé. Sono poche le buche da temere quando sei sospeso a mezz'aria da una forza di repulsione magnetica.

     
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    jpg« Quantic Dream, eh? Se non vado errando non dovrebbe trovarsi troppo lontano da qui, è abbastanza fuori dal centro. Vicino ai campus umanistici e agli istituti di ricerca nuovi. »
    replicò Denver, soppesando la questione con una certa competenza
    « Sono già stato qui, ma il più delle volte non ho avuto molto tempo per divertirmi.
    Quindi, ahimè, sono impreparato quanto te.
    »

    « Beh, siamo grandi, grossi e sappiamo allacciarci le scarpe:
    direi che ce la caveremo. »

    sentenziò di rimando Kerobal con una scrollata di spalle e un mezzo sogghigno
    « E poi, siamo in visita nei pacifici domini di Lady Kalia: cosa mai potrebbe andare storto? »

    Le ultime parole famose?
    A ben pensarci, per quanto ne sapeva il Nephilim in quel momento, il peggio che poteva capitar loro sarebbe stato perdersi per le vie della metropoli (difficile, vista la quantità e qualità della segnaletica urbana), ma non si sarebbe trattato di nulla di così grave da non potersi risolvere attaccando magari bottone con qualche passante per richiedergli educatamente indicazioni, meglio se si trattava di qualche avvenente studentessa universitaria o una graziosa ricercatrice.

    « Sei mai stato a Bloodrunner? Girano delle signore automobili da quelle parti, ma qui... Qui, per spostarsi, c'è qualcosa di perfino più efficiente. Guarda. »

    Ridestato dalla pianificazione mentale di quello che poteva essere un buona buona occupazione per celebrare la giornata serata, il Giornalista prese ancora una volta la parola, indicandogli il piccolo gazebo dalla tettoia in vetro posto sul marciapiede che costeggia dei binari metallici che solcano l'asfalto stradale.

    « Maglev. Veloci, comodi, silenziosi, e passano ogni pochi minuti. Se non ricordo male quello dovrebbe portarci vicino alla zona del posto che dicevi. »

    « Perfetto, allora! ♪ In effetti, non sono mai stato molto a zonzo per Endlos,
    ma sono più che aperto a nuove esperienze. »


    E mentre il vagone della rotaia si avvicinava alla fermata, fluttuando rapido sui binari senza produrre che un flebile ronzio -prontamente coperto dai rumori della vita cittadina-, i due Saggi si affrettarono a raggiungere lo scalo, tenendo pronte le tessere magnetiche che erano state date loro in dotazione al momento della partenza, perché servissero come pass per buona parte dei servizi della città.

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    Trovare il posto giusto in cui scendere non fu poi troppo complicato: oltre a poter contare sulle lavagnette elettroniche dove il nome della prossima fermata lampeggiava ad intermittenza, Kerobal aveva casualmente fatto amicizia con una coppia di signorine già sedute a bordo del mezzo, e sfruttando il naturale fascino di cui beneficiava grazie al suo sangue Nephilim, aveva vinto ogni possibile diffidenza ricevendo chiare indicazioni su come raggiungere la meta.

    Scesi dal Maglev, ai due Saggi bastò percorrere il paio di strade che era stato loro indicato per sbucare in una piazza quadrata, circondata da alte strutture di vetro e metallo, e scorgere la semplice insegna al neon con il nome del locale; varcate le porte di vetro
    fumè all'ingresso, mentre l'atmosfera del lounge li avvolgeva nel suo abbraccio di luci soffuse e note di jazz, il duo si ritrovò davanti il bancone.

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    <i>Tuttavia, prima di raggiungerlo, una cameriera in completo -una camicia bianca, abbinata con pantaloni, panciotto e cravatta nera-, tanto semplice quanto elegante, li intercettò emergendo da una delle salette adiacenti, dando loro il benvenuto con un sorriso cordiale.


    « Benvenuti al Quantic Dream: i signori vogliono accomodarsi?
    Siete solo in due o state aspettando qualcuno? »

     
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    “Cosa mai potrebbe andare storto?” è quel tipo di domanda che il giornalista si immagina oramai venire pronunciata con una certa ironia, come quando ci si aspetta che qualcosa vada male per forza oppure si vuole scherzosamente fare la parte dell'uccello del malaugurio. Nonostante ciò, Kerobal gli sembra davvero convinto almeno in parte delle proprie stesse parole.
    Se i domini di Kalia Menethil sono secondi forse solo a quelli di Drusilia Galanodel in quanto a sicurezza, ciò non li rende comunque privi di pericoli. Solo Fanedell si rivela periodicamente essere una trappola mortale per molti mercanti ed esploratori sprovveduti, a Shea si deve prestare attenzione ai banditi nascosti sulle montagne, e Garwec stessa è una regione notoriamente inospitale per colpa delle sue condizioni meteorologiche estreme.
    Cosa potrebbe mai succedere ad Est? Denver risponderebbe che, per esempio, qualcuno potrebbe teletrasportare una città a poche miglia da dove si trovano. Quella città potrebbe essere inoltre Klemvor, una fonte continua di problemi per il giornalista fin dai tempi in cui essa si trovava dall'altra parte del Semipiano.
    Cosa mai potrebbe andare storto? Molte più cose di quante Kerobal possa solo immaginarne.
    Se non altro, non dovranno preoccuparsi dei biglietti per i mezzi pubblici, qualora per qualche ragione finiranno per fuggire via su un maglev o su che altro; il giornalista è riuscito ad ottenere da Istvàn un pass universale in più per la Corona di Nazara. Denver si è portato dietro quella che già aveva acquistato qualche tempo prima durante l'interrogazione di Trident.

    ---

    A volte si chiede se non debba uscire più spesso con il collega. Ogni qualvolta si trova in sua compagnia per qualsiasi ragione, è pressoché garantito che incontreranno delle belle e giovani donne con cui iniziare una conversazione e, forse, anche qualcosa in più. Denver decide però di tacere sul treno, e di lasciar parlare quell'uomo molto più affascinante, deciso e, almeno nell'aspetto, giovane di lui. Del resto, oltre al fatto che Kerobal sta solo chiedendo indicazioni, il giornalista ha troppe preoccupazioni in testa per fermarsi a fare il filo a delle donne di quindici o perfino vent'anni più giovani di lui.

    Scesi dal mezzo di trasporto, seguono le indicazioni delle due fanciulle fino a raggiungere una piazza circondata da grattacieli di vetro e acciaio, e al centro della quale risalta un'installazione di arte moderna: una statua, se così può chiamarla, costruita interamente da fili di rame intrecciati e ruote di bronzo saldate su una piattaforma dello stesso materiale in mezzo ad una piccola aiuola.
    Il Quantic Dream si trova a poche iarde da loro, segnalato da una semplice scritta al neon. Ne varcano la soglia, e vengono accolti da un'atmosfera tutt'altro che futuristica, a dispetto di quanto suggerisca il nome. Al contrario, la scelta di arredamento, di decorazioni e di musica gli ricorda vagamente i locali che era solito frequentare quando ancora viveva negli Stati Uniti. Solo, con molto meno fumo nell'aria: un cartello dietro la porta d'ingresso lo proibisce esplicitamente.
    Giunge presto una cameriera in panciotto e cravatta nera che rivolge loro un sorriso educato.
    « Benvenuti al Quantic Dream: i signori vogliono accomodarsi?
    Siete solo in due o state aspettando qualcuno? »


    « Sì grazie, » risponde prontamente Denver, ricambiando. Aggiunge subito dopo, « Siamo solo in due. »
    Il locale è gremito di clienti, e il giornalista lascia che la donna li guidi verso un tavolo abbastanza centrale a non molta distanza dall'ingresso.
    Denver si prende un paio di minuti per sfogliare il menù, e infine decide di ordinare per sé un piatto di pollo à la king, accompagnato da un tè freddo al limone, e attende che Kerobal scelga a sua volta prima e che la cameriera si allontani prima di prendere di nuovo parola.
    « Se non sono indiscreto, quali posti hai visto fino ad oggi? Avrei giurato che fossi un tipo giramondo, sia per disposizione sia per... ruolo. »

     
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    « Sì grazie, siamo solo in due. »

    Dopo aver prontamente risposto alle domande di rito della giovane cameriera, il Giornalista e l'Artista furono condotti a uno dei tavoli centrali della sala principale: si accomodarono, aprirono i menù, e per qualche minuto si estraniarono entrambi nella ricerca di qualcosa che fosse di loro gusto... e se Denver fu tutto sommato rapido e pratico nello scegliere una pietanza nelle sue corde, Kerobal puntò sull'estrosità, decidendo di ordinare la portata con il maggior numero di ingredienti a lui ancora sconosciuti.

    Forse, un approccio del genere sarebbe apparso un po' un azzardo, ma... per quanto la Gola non fosse il suo peccato capitale preferito, non c'era ragione di negarsi qualche voluttà un po' estrema: essendo un rispettabile elemento della corte della Dama Azzurra, non doveva nemmeno preoccuparsi di badare a spese, e sperimentare l'ignoto per provare cose nuove era una componente quantomai autentica nello strano carattere del Nephilim.

    Perciò, mentre la signorina prendeva nota delle ordinazioni, il Saggio di Nazara si limitò a rivolgere un'occhiata di vago compatimento al suo collega che ordinava
    pollo e thé (decisamente troppo morigerato e senza brio), prima di sciorinare la propria richiesta per dell'Haggis dello chef, servito con contorno di chips di verdure, tuberi, e cervella fritte e una salsa allo zafferano rosso, accompagnato con del vino di serpente del Garwec.

    Endlos era un mondo che non aveva mai disatteso la sua voglia di farsi sorprendere, perciò vivere pienamente le esperienze che gli si presentavano davanti non era mai stata una decisione rimpianta...


    « Se non sono indiscreto, quali posti hai visto fino ad oggi? »

    ...e proprio le esperienze furono il primo argomento di conversazione toccato dal suo commensale, ma di quello Kerobal non si sorprese, perché: cosa c'era di più pertinente per un Saggio della Via di Sophia?

    « Avrei giurato che fossi un tipo giramondo, sia per disposizione sia per... ruolo. »

    Sebbene la posizione pienamente esposta del loro tavolo e il gran numero di clienti d'intorno li collocasse nel centro più vitale e brulicante del locale, al Nephilim non dava fastidio il rumore, e non si fece problemi a rispondere a quelle domande: dopotutto, al di là del suo aspetto da ordinario signore di mezza età, Denver gli aveva dato l'impressione di saper essere un tipo interessante con cui passare il tempo.

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    « Beh... devo partire col dire che non sono un Nativo del Semipiano, e che le circostanze del mio arrivo su Endlos sono state piuttosto turbolente. »
    esordì, ripercorrendo i suoi ricordi a ritroso nel tempo
    « Il mio primo approdo è stato il Presidio Ovest, ma ai tempi ero solo un giovane rampollo trascinato via dai propri domini, senza uno straccio di spiegazione, da un padre detestabile... così, diciamo che non mi sono preoccupato di guardarmi intorno, dal momento che il mio unico pensiero era andarmene. »

    Sorvolò allegramente sui dettagli del loro arrivo, su tutta la questione legata alla fortezza nei pressi di Sequerus di cui avevano preso possesso, di quello che avevano fatto dei suoi abitanti, ma -soprattutto- Kerobal evitò di fare menzione del piccolo “laboratorio artistico” che -per noia e per protesta verso il genitore- si era creato nei sotterranei, adoperando per le sue creazioni una materia prima che l'altro avrebbe trovato quantomeno discutibile.

    Oltre a vergognarsi di quella fase piuttosto acerba e grossolana della sua arte, non voleva causare nessuno “shock culturale” al buon Denver, ma, soprattutto, non voleva rischiare di doversi sorbire di nuovo i noiosissimi rimproveri del Pinguino: dopotutto, una volta appreso che i suoi metodi potessero risultare inappropriati per il senso comune del mondo di Endlos, il Saggio di Nazara aveva corretto le sue inclinazioni... e ora era una persona nuova, e visto quel che di buono la Valle di Chediya aveva fatto per lui, non c'era alcun bisogno di rivangare il passato – né di rischiare che quelle voci spiacevoli raggiungessero le orecchie sensibili della sua santa benefattrice.


    « Poco dopo, ho incontrato Arthur, che era impegnato in una missione da quelle parti: lui mi ha riconosciuto come un membro del Casato Galanodel, che ha giurato di servire, così... dopo che mio padre è stato catturato dai Circensi -gli stessi che hanno assaltato il Pentauron- mi ha persuaso a seguirlo ad Est. »

    In vero, ce lo avevano trascinato. Con recalcitranza e coercizione. E aveva anche provato un paio di volte la fuga da Palanthas, ma il maggiordomo bacchettone aveva messo a piantonarlo quell'energumeno di Brifos; non un gran bel primo incontro con la comunità dei Saggi, eppure... non sapeva dire di preciso quando, ma -un po' alla volta- aveva trovato un suo equilibrio e una sua dimensione in quel luogo.

    Forse era merito delle tante letture che la Biblioteca gli aveva reso disponibili, o magari l'effetto del magico Canto che il vento intonava nella Valle, oppure l'epifania che l'aveva raggiunto quando era stato condotto al cospetto della Regina Kalia e affidato alla saggia guida che gli aveva aperto tante possibilità – come Custode della Via delle Arti e come precettore di Miséricorde.


    « Da allora sono stato ospite della Capitale, Istvàn, e me ne sono allontanato per qualche occasionale gita fuori porta nel resto della Valle, nella Foresta di Fanedell e agli Eremi di Shea – sai, per ispirazione. »
    raccontò, stringendosi nelle spalle e centrando infine la domanda
    « Poi, sono stato in visita a Laputa, e in un paio di occasioni ho viaggiato in alcune zone del Pentauron... ma queste ultime non le conterei propriamente come visite, dal momento che mi trovavo in loco come supporto delle forze Orientali in delle situazioni di emergenza. »
    non approfondì gli episodi, ma sorbì un sorso del suo vino e rigirò la domanda all'altro
    « Tu, invece, che mi racconti, collega? Hai visto molti posti del Semipiano? E cosa ti ha portato ad Est? »

     
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    « Beh... devo partire col dire che non sono un Nativo del Semipiano, e che le circostanze del mio arrivo su Endlos sono state piuttosto turbolente. »
    Come quelle di molti altri naufraghi, del resto. Alcuni di essi non sopravvivono neppure.
    « Il mio primo approdo è stato il Presidio Ovest, ma ai tempi ero solo un giovane rampollo trascinato via dai propri domini, senza uno straccio di spiegazione, da un padre detestabile... così, diciamo che non mi sono preoccupato di guardarmi intorno, dal momento che il mio unico pensiero era andarmene. »

    Ah, dalla parte opposta rispetto a dove è arrivato il giornalista. Quest'ultimo non può fare però a meno di notare una certa intenzionalità dietro quel viaggio, anche se nel caso della Corona di Nazara sembra che la decisione fosse stata imposta da terzi – suo padre, presumibilmente.
    Quello e una caduta dalla ricchezza all'indigenza sono gli unici punti in comune delle loro rispettive storie. Riempie le pause di Kerobal con vari “hmm” e “sì, capisco”, con gli occhi che balenano di tanto in tanto sui lati per osservare le persone che passano. Deformazione professionale. Solo, nemmeno Denver è del tutto sicuro di quale professione in particolare si tratti.

    « Poco dopo, ho incontrato Arthur, che era impegnato in una missione da quelle parti: lui mi ha riconosciuto come un membro del Casato Galanodel, che ha giurato di servire, così... dopo che mio padre è stato catturato dai Circensi -gli stessi che hanno assaltato il Pentauron- mi ha persuaso a seguirlo ad Est. »

    « Aspetta, anche tu sei un Galanodel?! » gli domanda a bocca mezza spalancata, scuotendo poi il capo nel modo di chi si sta rimproverando di essersi stupito. Casato? Casomai un intero clan. Ogni volta che il reporter parla con qualcuno di vagamente importante, le possibilità che costui o costei si riveli un parente dell'Alfiere Errante sono praticamente il lancio di una moneta. Viene da chiedersi come una famiglia di naufraghi fosse diventata così potente in qualunque presidio si fossero stabiliti. « Beh, è raro vederne uno senza i capelli blu. »
    Si ripromette mentalmente di farsi fare un'analisi del sangue; sia mai che potrebbero saltare fuori anche per lui degli antenati interessanti. Sta esagerando, certo, ma perfino nell'élite della società non si sarebbe mai aspettato di trovare così tante persone imparentate fra di loro, tutte in posizioni abbastanza diverse da non fare sospettare alcunché – fermo restando che ogni membro merita con ogni probabilità di essere dov'è. Almeno quelli che conosce.

    « Da allora sono stato ospite della Capitale, Istvàn, e me ne sono allontanato per qualche occasionale gita fuori porta nel resto della Valle, nella Foresta di Fanedell e agli Eremi di Shea – sai, per ispirazione. Poi, sono stato in visita a Laputa, e in un paio di occasioni ho viaggiato in alcune zone del Pentauron... ma queste ultime non le conterei propriamente come visite, dal momento che mi trovavo in loco come supporto delle forze Orientali in delle situazioni di emergenza. »
    « Già, c'ero anche io l'ultima volta. » si limita a commentare mentre la cameriera arriva con il tè e il vino richiesti. Denver fissa con interesse e un pizzico di disgusto il serpente che galleggia senza vita nella bottiglia, ma decide di non giudicare. Si sta riferendo al Circo, ovviamente, anche se a differenza di lui è rimasto nelle retrovie per offrire supporto insieme a chiunque altro non fosse una Corona.

    « Tu, invece, che mi racconti, collega? Hai visto molti posti del Semipiano? E cosa ti ha portato ad Est? »

    « Tutti, » replica con un sorriso, « o almeno sono stato in ogni Presidio. Sono nato anche io in un altro mondo, e lì ero un giornalista professionista, prima di fare alcuni investimenti di cui non vado orgoglioso e di venire investito in pieno da una tremenda crisi economica. Qualche anno fa sono approdato nei pressi di Istvàn, ma mi sono trasferito nel giro di poco tempo a Laputa, e successivamente a Blood Runner. »

    C'è ben poco da dire sui suoi primi mesi sul semipiano. Aveva riempito il suo tempo abituandosi a quanto diavolo fosse diverso quel mondo dal suo, e le sue tasche tramite qualche lavoretto di poco conto. Cameriere in osterie e ristoranti, elettricista, all'occorrenza perfino carpentiere e operaio. Senza molti contatti su cui fare affidamento e poca conoscenza del semipiano, si era dovuto accontentare. A parte quella volta in cui non ha profanato un tempio nello Yuzrab, si intende. Questo fino a quando non aveva incontrato Rhaziel.

    « Ho fatto un po' di information brokering, prima di essere assunto come cronachista per conto degli Aviatori. Sono stato a Klemvor – quando era ancora ad Ovest, si intende – e laggiù sono successe un po' di cose che... Beh, è una lunga storia, ma diciamo che anch'io sono stato persuaso a ritornare ad Istvàn dopo che l'aria nel Pentauron si era fatta poco respirabile. Sono stato anche ad una festa a Nord e un paio di volte a Sud, ma nulla di più. »

    Arrivano nel frattempo le pietanze, servite dalla signorina con un sorriso di circostanza. Il giornalista ringrazia e, dopo aver augurato buon appetito al collega, si porta alla bocca il primo morso di quella cremosa meraviglia fatta di pollo, funghi e verdure locali servite su del riso bianco. Sono ingredienti diversi da quelli a cui è abituato – la carne si scoglie in bocca, e la crema scorre come lava tiepida sulla sua lingua, assorbendo il calore delle spezie impiegate mentre il riso bilancia il sapore deciso di funghi e verdure. Denver si porta alle labbra un generoso bicchiere di tè...

    *BANG!*

    ...osservando poi impotente il liquido rovesciarsi sul tovagliolo appoggiato sul suo grembo, seguito immediatamente dalle schegge di vetro. Si volta di scatto verso dove egli pensa sia venuto lo sparo, i peli sulla nuca rizzati e il cuore che gli sta quasi esplodendo nel petto. Gli altri avventori e lavoratori urlano terrorizzati; alcuni si gettano a terra o fuggono sotto i tavoli.

    « Una rapina? » domanda ad alta voce, ma aggrotta le sopracciglia neppure un istante dopo, insoddisfatto della propria stessa risposta. Se fosse una rapina, perché non è stato sparato un colpo di avvertimento al soffitto? « No... » Gli ingranaggi della sua mente girano fino a quando gli occhi di Denver non si sbarrano alla realizzazione. « Adesso anche qui?! »

    Senza neppure dare loro il tempo di mangiare un boccone in santa pace, aggiunge fra sé e sé. Come per protesta, Denver prende un'ultima, vigorosa forchettata del suo pollo à la king e ricopre di energia la posata mentre è ancora in bocca. In un secondo esempio di multitasking, la scaglia con rabbia verso il suo aggressore mentre ancora sta masticando. Si leva un urlo di dolore mentre il reporter deglutisce. Ha colpito la spalla destra di un uomo sui trentacinque, bianco, capelli biondi che non dureranno a lungo, estremamente corpulento, in jeans e camicia da boscaiolo, una semiautomatica oramai abbassata. Denver non lo riconosce.

    « Autodifesa, » si giustifica quando vede dei rivoli di sangue scorrere dalla ferita. « Qualcuno deve aver saputo che sono qui. Hai presente quella “lunga storia”? C'era una grossa taglia di mezzo sulla mia testa. »

    Accanto al ciccione appaiono all'improvviso altre due persone: un elfo e un umanoide dalla pelle azzurrina; entrambi imbracciano un mitra.

    « Delle Thompson a Codec? Mi sembra di tornare indietro di una decina d'anni... » Anche se vederle in mano a dei non-umani fa un effetto molto più strano di quanto non sia disposto ad ammettere davanti a Kerobal. « Che dici, dine and dash? »

    Denver BrockmannStato fisico: Perfetto
    Stato mentale: Perfetto
    Energia: 90/100 (100-10)
    Passive: Anti-Malia, Rilevazione Bugie, Rilevazione Pericoli, Auspex Scoop, Auspex Psion, Trick Detector, Volo
    Scenici: N/A
    Equipaggiamento: M1917 Revolver
    Armatura: Armament: Hardening
    Artefatti: Unguento di Rendalim, Cuscino Astrale, Interprete di Babele, Proiettile del Destino, Maschera del Mistero, Rampino del Gentiluomo, Mantello dell'Invisibilità.

    Slot #1
    Armament: Emission
    Con questa tecnica vengono imbevuti di energia degli oggetti, piuttosto che una parte del corpo dell'utilizzatore. Questi verranno poi usati contro un avversario a mo' di armi a distanza, accentuando le proprietà preesistenti degli oggetti scelti, di fatto rinforzandoli. Questa tecnica può essere usata con proiettili, frecce, dardi o altri semplici oggetti scagliabili. Gli oggetti interessati, il cui numero può crescere a seconda delle energie spese, verranno ricoperti da una patina nera e lucida, simile nell'aspetto all'ossidiana.
    [Consumo Variabile Medio | 1-6 Oggetti 1 Oggetto | Fisico | Istantaneo]
     
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    « Aspetta, anche tu sei un Galanodel?! Beh, è raro vederne uno senza i capelli blu. »

    Increspando appena le labbra ben disegnate in un mezzo sorrisino, il Nephilim assecondò la genuina sorpresa del commensale con un lieve cenno affermativo del capo, e di nuovo dette sfoggio delle sue doti comunicative non verbali poco dopo, quando -toccando l'argomento delle crisi del Pentauron- fu il suo turno di mostrare una certa (piacevole) sorpresa nell'apprendere dell'impegno che il Giornalista aveva dimostrato prestando soccorsi a Kisnoth dopo gli eventi del Circo.

    Sollevò le sopracciglia, reclinò un poco la testa da una parte, e storse la bocca in una lieve ma marcata smorfia di apprezzamento: non era da tutti volersi infilare in un vespaio per essere d'aiuto al prossimo.


    « Tutti, o almeno sono stato in ogni Presidio. Sono nato anche io in un altro mondo, e lì ero un giornalista professionista, prima di fare alcuni investimenti di cui non vado orgoglioso e di venire investito in pieno da una tremenda crisi economica. Qualche anno fa sono approdato nei pressi di Istvàn, ma mi sono trasferito nel giro di poco tempo a Laputa, e successivamente a Blood Runner. »

    Intanto che l'Artista prestava ascolto al racconto spigliato dell'altro, la cameriera giunse al tavolo per consegnare le bevande, e mentre gli intensi occhi color magenta dedicavano il loro interesse a Denver, le mani dalle dita affusolate stapparono la bottiglia di vino e ne riempirono i bicchieri puliti compresi nel coperto; tuttavia, avendo colto l'occhiata poco convinta che l'umano aveva riservato al rettile sotto-vetro, Kerobal gliene versò giusto un sorso per cortesia di condivisione: un assaggio, senza impegno.

    « Ho fatto un po' di information brokering, prima di essere assunto come cronachista per conto degli Aviatori. Sono stato a Klemvor – quando era ancora ad Ovest, si intende – e laggiù sono successe un po' di cose che... Beh, è una lunga storia, ma diciamo che anch'io sono stato persuaso a ritornare ad Istvàn dopo che l'aria nel Pentauron si era fatta poco respirabile. Sono stato anche ad una festa a Nord e un paio di volte a Sud, ma nulla di più. »

    Annuendo con serietà, e prendendo nota delle località in cui avrebbe perciò potuto chiedere all'altro di accompagnarlo, il Principe-Demone avvicinò il calice alle labbra e degustò il vino di serpente, e per quanto non potesse definirsi un esperto in materia, trovò molto soddisfacente il modo in cui il vitigno dolce e corposo risultava arricchito dal retrogusto amarognolo e appena acidulo, dato dalla esigua quantità di veleno; in quel momento -sul finire del resoconto- arrivarono anche le ultime ordinazioni, così i Saggi ringraziarono la cameriera, si scambiarono l'augurio di buon appetito, e cominciarono a saggiare le rispettive pietanze...

    *BANG!*

    Poi, il rumore di uno sparo stuprò la quiete del locale, il bicchiere di thé del Giornalista gli esplose in mano a pochi centimetri dalle labbra, e tra gli altri avventori dilagò il panico: portando le iridi magenta sul collega -incuriosito dal fracasso-, l'Artista lo vide voltarsi di scatto verso il punto del locale da cui era partito il colpo, visibilmente allarmato e con un brutto presentimento negli occhi.... presentimento che trovò conferma quando trovarono l'aggressore.

    « Una rapina? »
    si chiese, confuso dalla dinamica dell'attacco, salvo rispondersi da solo
    « No... Adesso anche qui?! »

    Seguendo la traiettoria degli occhi di Denver fino a un uomo biondo e corpulento che imbraccia un'arma da fuoco, con una rude camicia da boscaiolo e presto una forchetta nel braccio -spedita lì per direttissima dal reporter, dopo un ultimo un furioso ed esasperato boccone- per Kerobal divenne facile intuire che aria tirasse in quel frangente.

    « Autodifesa! »

    Così, considerando che gran peccato sarebbe stato vederla finir distrutta nel fuoco incrociato, il Nephilim fece scivolare la destra fino alla bottiglia di vino di serpente, ne circondò il collo di vetro con le dita affusolate, e la sigillò col tappo di sughero, prima di sovrapporla alla lucida pietra di giada verde incastonata nel suo bracciale a fascia, per farvela scomparire all'interno. E così lo trovò il Giornalista, quando si volse nella sua direzione per qualche rapido ragguaglio.

    « Qualcuno deve aver saputo che sono qui. Hai presente quella “lunga storia”?
    C'era una grossa taglia di mezzo sulla mia testa.
    »

    « Non mi sembra una cosa tanto lunga da far presente. »
    sentenziò Kerobal, sgranocchiando con nonchalance una chips di cervella fritte
    « Avresti potuto accennarmelo. »

    « Delle Thompson a Codec?
    Mi sembra di tornare indietro di una decina d'anni...
    »

    « ...immagino che non stiamo parlando di una coppia di gemelle carine. »
    commentò l'altro, poco edotto di armi da fuoco, inarcando un sopracciglio

    « Che dici, dine and dash? »

    Con un mezzo sospiro -in verità nemmeno troppo sconvolto dalla situazione-, il Demone sollevò con cura il proprio piatto dalla tovaglia, scostò la sedia per alzarsi in piedi... e ribaltò il tavolo con una pedata, acquattandovisi dietro subito dopo e sfruttando la poca copertura offerta dalla non certo enorme superficie del ripiano, ora divenuto uno scudo tra i due Saggi e il terzetto di cowboy.

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    « So che non c'è da aspettarsi molto acume tattico da degli idioti che fanno fuoco in un locale affollato, ma...potrebbero avere altri compagni, fuori di qui. »
    valutò il Nephilim, servendosi un petalo di carota fritta
    « Suggerirei di sgattaiolare tra i tavoli e prendere un'uscita secondaria:
    potremmo passare dalle cucine, o dai bagni. »

     
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    « Non mi sembra una cosa tanto lunga da far presente. »
    Ribatte Kerobal, il cui tono di rimprovero viene irrimediabilmente castrato dalla noncuranza con cui sta sgranocchiando tuttora delle chips di cervella fritte – quest'ultimo dettaglio dà in qualche modo un retrogusto ancora più surreale alla scena.
    « Avresti potuto accennarmelo. »

    Denver si limita a rispondergli che gli spiegherà meglio dopo, perché una delle ragioni per cui è tornato ad Est è proprio evitare di dover pensare tutto il tempo al proprio status di ricercato. Ancora (i monologhi mentali scorrono molto velocemente) non riesce a comprendere come qualcuno abbia deciso di rintracciarlo fino ad un angolo “sperduto” del Presidio Orientale e, soprattutto, perché abbia pensato che sarebbe stata una buona idea farlo.

    « ...immagino che non stiamo parlando di una coppia di gemelle carine. »

    Il giornalista scuote la testa. Sono due e sono identiche, ma c'è ben poco di carino nell'essere dalla parte sbagliata delle loro bocche da fuoco.

    « So che non c'è da aspettarsi molto acume tattico da degli idioti che fanno fuoco in un locale affollato, ma...potrebbero avere altri compagni, fuori di qui. »
    Osserva la Corona, continuando a mangiare imperturbato. Stavolta decide di gustare la parte vegetariana del suo contorno.
    « Suggerirei di sgattaiolare tra i tavoli e prendere un'uscita secondaria:
    potremmo passare dalle cucine, o dai bagni. »


    « Già, sempre sperando che i compagni non siano fuori ad aspettarci proprio lì. » Perché anche in mezzo a quel delirio, è impensabile che non ci sia almeno un palo all'ingresso principale e, forse, anche in quelli secondari. « Coprimi. Salvo che non si siano portati dietro proiettili perforanti, una pallottola non mi ucciderà anche se dovesse esserci un agguato. »

    Quelli che stanno tartassando il tavolo non lo sono, perché altrimenti il mobile avrebbe ceduto già qualche raffica fa. Spray and pray da manuale, in pieno giorno e in un locale affollato. Viene automaticamente da sospettare che sia un gesto nato dalla disperazione, o perfino da altro – ottantuno milioni fanno gola a chiunque, ma ci sono criminali meno remunerativi ma molto più facili da scovare e catturare da altre parti.

    Cammina a testa bassa verso la porta sul retro, sparando un paio di colpi contro gli aggressori a mo' di fuoco di soppressione. L'elfo si mette al riparo dietro il bancone insieme all'altro ferito, ma riesce a colpire il blu ad una spalla. Denver si gode così un paio di secondi senza la distrazione di pezzi di piombo che fischiano sopra la sua testa.

    Fa irruzione nella cucina del locale con decisione, incurante delle urla e perfino degli insulti dei cuochi che non vogliono sentirsi messi in mezzo, e si cura di tenere aperta la via fino a quando non arriverà anche Kerobal. Si avvicina in fretta all'entrata secondaria e passando vicino ai fornelli raccoglie delle presine e una pentola piena d'acqua bollente, scusandosi mentre lo fa con il sous-chef. Spalanca con cautela la porta e si guarda attorno. C'è un uomo in giacca e cravatta appoggiato al muro. I loro sguardi si incrociano, un fucile viene imbracciato ma prima ancora che un solo dito sfiorasse il grilletto Denver svuota il contenuto del suo bottino in faccia al malcapitato senza troppi complimenti. Fa infine rotolare la pentola di nuovo dentro la cucina fra le urla di dolore del sicario, del quale poi afferra il colletto colmo di spaghetti mentre l'arma cade a terra.

    « Chi cazzo vi ha mandato, eh?! »

     
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    « Già, sempre sperando che i compagni non siano fuori ad aspettarci proprio lì. »

    Scrollando le spalle senza troppa preoccupazione a quella prospettiva, Kerobal sgranocchiò un altro paio di chips dal proprio sacchetto: non che non trovasse plausibile quell'eventualità, ma il mix tra la propria natura demoniaca -che vedeva nella distruzione degli ostacoli l'approccio più diretto per la risoluzione del problemi- e la sua indole guadiente e spensierata -che trovava noioso cullare sospetti ed ipotesi- non trovava alcun impedimento in quella possibilità.

    Erano stati aggrediti, avevano necessità di allontanarsi da quella circostanza, e se avessero trovato qualcuno che -oltre ad aspettarli- intendeva fermarli o peggio... beh, il Nephilim non si sarebbe sentito in colpa a disporne in modo rapido – e, perché no, brutale: davanti ad una dichiarazione di ostilità, non aveva esitazione alcuna a mettere da parte tutti quei graziosi ed eleganti scrupoli che aveva recepito insieme ai costumi dell'Est.


    « Coprimi. Salvo che non si siano portati dietro proiettili perforanti,
    una pallottola non mi ucciderà anche se dovesse esserci un agguato.
    »

    « Roger-Roger...! »

    Premurandosi di ripulirsi accuratamente le dita con il lembo di una tovaglia di uno dei tavolini rovesciatisi allo scoppiare di quella baraonda, recuperò qualche pezzo dall'argenteria sparpagliata sul pavimento durante il fuggi-fuggi generale degli avventori, e seguì Denver lungo il percorso che avevano concordato: sfruttando il mobilio come copertura -con il busto incurvato in avanti e la testa bassa- si avvicinò progressicamente alla meta...

    ...e dove il Giornalista rispondeva alle pallottole con altre pallottole, l'Artista coglieva con il giusto tempismo il contrappunto del silenzio dopo le detonazioni per scagliare qualche forchetta -dai rebbi intrisi di aura demoniaca- non tanto alle bocche da fuoco, quanto alle mani che le reggevano.
    O anche agli occhi che le guidavano.

    Raggiunto il riparo del bancone, fu facile -e relativamente sicuro- immettersi nelle cucine, e... se dapprima gli occhi magenta del Principe-Demone si fecero perplessi nel vedere il proprio collega sequestrare una pentola d'acqua bollente dal fornello e dirigersi verso la porta secondaria, le labbra ben disegnate si stirarono in un fischio di apprezzamento quando il Ningen ne rovesciò il contenuto incandescente dritto in faccia al gangster armato che li attendeva al di là della soglia.

    « Chi cazzo vi ha mandato, eh?! »

    Con tono inquisitorio, Denver afferrò l'uomo ustionato per il bavero, scuotendogli la testa come una maracas e costringendolo a mollare la presa sull'arma, e dal momento che il Giornalista sembrava lanciatissimo (e anche particolarmente talentuoso) nel ruolo dello “sbirro cattivo”, Kerobal si orientò a bilanciare la situazione archetipica vestendo i panni del “poliziotto buono”; non solo per un discorso di estetica, ma per non precludersi nessuna opzione: dopotutto, “si prendono più mosche col miele che con l'aceto”, e una faccia gentile perde sempre un po' di credibilità una volta che ha mostrato le zanne.

    Anche perché, con gli altri sicari della banda slanciati al loro inseguimento, il Nephilim era certo che avrebbero avuto presto compagnia... ed estorcere informazioni a qualcuno usando le non-buone maniere è un procedimento che richiede calma, concentrazione, un posto isolato in cui non venire disturbati, e dei vicini compiacenti e discreti; non c'era insomma tempo per lavorare di fino, perciò valeva la pena tentare un approccio completamente diverso.


    « Ehi, D, amico mio... cerchiamo di non perdere la calma. »

    Sfiorando con le dita la lucida giada verde incastonata nel suo bracciale a fascia, la Corona Verde ne richiamò fuori un paio di corti guanti di pelle -i suoi guanti da lavoro-, ed indossandoli avanzò fino ad affiancare il Giornalista, gli batté un colpetto rassicurante sulla spalla, e infine tese un indice affusolato verso il viso del malvivente, sfiorando con la superficie scabrosa la pelle orribilmente scottata dal calore dell'acqua bollente...

    E, a meno di non avere una soglia di sopportazione del dolore davvero alta (o gli strani gusti di suo fratello Quarion), con tutte le terminazioni nervose della pelle così danneggiate ed esposte dalla lesione, non c'era dubbio che quel gesto all'apparenza gentile gli avrebbe fatto
    malissimo.

    « Sei davvero conciato male, buonuomo... »
    esordì con tono neutro, rivolgendosi direttamente al prigioniero
    « Rischi di trovarti sfigurato a vita nel migliore dei casi, e con la carne mangiata da infezioni e cancrena nel peggiore... e tutto questo soltanto per aver cercato di fare il tuo lavoro. »

    Conscio che il proprio aspetto -retaggio ultraterreno del fascino demoniaco unito alla bellezza angelica- gli conferisse un innato carisma, e che l'erudizione di cui aveva potuto fregiarsi a Palanthas infondeva nelle sue parole e nelle sue azioni tutta l'autorevolezza che solo la saggezza conferisce, Kerobal mantenne un tono di voce neutro e pacato, appuntando gli esotici occhi color ametista in quelli del suo interlocutore in una perfetta riproduzione di sincerità simpatetica.

    « So che la sua taglia sembra una gran bella cifra, ma... cosa ne resta, tolte le spese mediche? Non dovrai dividerla con tutti gli altri tuoi amici? Quanto vi lascerebbe il vostro capo? »
    reclinando la testa da una parte, l'Artista seminò delicatamente il germe del dubbio
    « Vale la pena dover sopportare tutto questo dolore, e tutti i terribili disagi di una vita derelitta per le poche briciole che te ne verranno? »

    Ritraendo la mano guantata dal volto dell'uomo, il Principe-Demone replicò il gesto compiuto poco prima, sfiorando la gemma sul proprio bracciale e richiamando dalla tasca dimensionale in essa contenuta una non troppo grande bottiglia di vetro dall'aria artigianale, chiusa con un tappo di sughero, e contenente la carcassa di un serpente in ammollo in un liquido verdastro. Un articolo che Denver avrebbe probabilmente riconosciuto.

    « Se mi dici il nome del mandante, posso aiutarti: sono un dottore... »
    ...in pittura, scultura e architettura – quindi, tecnicamente, non mentiva
    « ...e forse questo può guarirti e far passare il dolore. »

    Ancora una volta, non mentiva non del tutto: dopotutto, lui era un semplice Dottore in Arti Grafiche? Che poteva saperne degli effetti di una miscela di alcol e veleno di serpente su delle ustioni fresche? Un bravo bugiardo, convince anche sé stesso.

    jpg
    « Scegli tu... ♪
    Ma tieni presente che sono una persona per bene, che non amo venire minacciato, e che non voglio trovarmi di nuovo in mezzo ad una sparatoria... »

    fece presente, lasciando dondolare il fondo della bottiglia nel campo visivo dell'uomo
    « ...perciò intendo andarmene da qui prima che arrivino i tuoi compagni.
    Hai cinque secondi per rispondere; poi: fine delle trattative. ...e non so proprio cosa potrebbe farti il nostro Ricercato qui... »


    Sarebbe stato un conto alla rovescia assai breve.
    E particolarmente secco.


    « Cinque... Quattro... Tre... »


    Viso d'Angelo, Sangue di Demone Di esseri di bell'aspetto è pieno il mondo, e sebbene il Semipiano di Endlos presenti una densa concentrazione in tal senso, Kerobal tende a risaltare con facilità sui comuni mortali; questa particolarità è dovuta al suo singolare retaggio di Nephilim, in quanto il fascino magnetico del suo sangue Toshin -spesso usato dai demoni come un'arma per irretire le loro vittime- si presenta unito alla bellezza angelica dei Galanodel, conferendogli un innato carisma.
    Tuttavia, i vantaggi dovuti alla sua nascita non si fermano qui: da parte di padre, l'Artista ha ereditato una Forza e una Resistenza ben oltre la media, mentre la sua altissima capacità di recupero e rigenerazione (rigorosamente al di fuori dei combattimenti), e il fatto di non conservare i segni delle cicatrici paiono derivare dalla discendenza materna.
    [Malia di Carisma | Bonus alla Forza | Bonus alla Resistenza | Rigenerazione]

    Autorevolezza: E' questo un suono che tutti possono udire, perché scaturito dall'alta sapienza di coloro che lo pronunciano; la volontà dei Saggi muove questo potere, così che dalla loro giusta voce escano parole che agli altri appaiono profondamente sapienti, e pertanto degne di rispetto, così come degno di rispetto sarà, per chi ascolta, colui che parla. Una malia, un'azione per convincere anche i più scettici della grandezza dei Sapienti di Endlos, sicché al volere di questi le parole diventino capaci di infondere nella mente di chi le oda un tale rispetto per queste e per i Saggi, che certamente non dubiteranno della loro veridicità, e se verrà pronunciato un comando, vorranno eseguirlo senza proteste, quasi fosse l'ordine del loro più caro e severo dio. [Passiva di Gilda]

    Ars Oratoria Dato che la sua scarsa inclinazione alla lotta gli è sempre valsa il disprezzo dei suoi genitori, poiché il suo ruolo di Principe in una società violenta e sanguinaria come quella demoniaca lo ha fin da subito esposto agli intrighi e alle cattive intenzioni del prossimo, si può dire che -non difettando di furbizia- Kerobal ha sviluppato un'autentica passione per l'affabulazione e l'eloquenza. Questo lo ha reso nel tempo un attore provetto, un bugiardo insospettabile, e -soprattutto- un tipo abbastanza coscienzioso da non credere a priori a tutto quel che sente. [Conta-Balle | Lie-Detector]

    Senso Critico Kerobal è un Artista... e in quanto tale, una persona estremamente capricciosa, attenta ai dettagli fino alla pignoleria, e -sebbene raramente lo esprima a voce alta- terribilmente critico; questi suoi aspetti gli hanno fatto sviluppare fin da piccolo un'incredibile Memoria Fotografica, acuendo anche la sua sensibilità ai tentativi di raggiro mentale e rendendolo ben suscettibile a quelle azioni esterne che mirano ad ingannarne i sensi. Naturalmente, con il consumo di uno Slot e della giusta quantità di Energia, il Nephilim è anche in grado di difendersene.
    [Memoria fotografica | Mindfuck-Alert | Trick-Detector | Difesa Mentale Variabile]
     
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    « Ehi, D, amico mio... cerchiamo di non perdere la calma. »
    « D? » domanda perplesso mentre una mano si poggia sulla sua spalla. Quelle del giornalista stringono ancora il bavero del cacciatore di taglie come tenaglie e non accennano ad allentare la presa.
    Denver segue con il capo l'artista mentre quest'ultimo gli passa avanti dopo essersi infilato un paio di guanti di pelle. Solo man mano che la nebbia scarlatta della sua furia si dirada il giornalista comincia a rendersi conto delle intenzioni di Kerobal – il grido di dolore che il criminale si lascia sfuggire quando la Corona gli tocca il viso ustionato non fa altro che rinforzare i suoi sospetti.

    « Sei davvero conciato male, buonuomo... »
    Commenta impassibile la Corona. Chi è davvero il poliziotto cattivo fra i due?
    « Rischi di trovarti sfigurato a vita nel migliore dei casi, e con la carne mangiata da infezioni e cancrena nel peggiore... e tutto questo soltanto per aver cercato di fare il tuo lavoro. »

    Mentre Kerobal parla, Denver si assicura di avere ancora abbastanza proiettili nel tamburo. Li ha. Col pollice tira dietro il cane della rivoltella mentre fissa l'uomo con occhi ridotti a due fessure, sperando di essere riuscito a suggerirgli che il Trigger è pronto in qualsiasi momento a porre fine alle sue sofferenze – non lo è davvero, ma non può restare in disparte in quella recita di cui, checché ne possa dire uno spettatore esterno disinformato, il giornalista è il protagonista, ma non può negare che la presenza scenica del suo compagno non possa davvero essere limitata dalle scomode briglie di un semplice ruolo da spalla. C'est la vie.

    « So che la sua taglia sembra una gran bella cifra, ma... cosa ne resta, tolte le spese mediche? Non dovrai dividerla con tutti gli altri tuoi amici? Quanto vi lascerebbe il vostro capo? »
    Stavolta c'è una reazione da parte del criminale: corruccia la fronte, scopre con dispiacere che pure quel gesto gli provoca dolore, e fissa Kerobal come se quest'ultimo fosse completamente impazzito.
    « Vale la pena dover sopportare tutto questo dolore, e tutti i terribili disagi di una vita derelitta per le poche briciole che te ne verranno? »
    A quelle parole l'interrogato trova finalmente la forza di parlare.
    « Ma hai una vaga idea di quanto valga la testa di quel bastardo assassino?! » Fa un cenno a Denver con il capo. Un altro piccolo gemito di dolore. L'ustione deve essergli arrivata anche intorno alla nuca.
    « Effettivamente sono un bel po' di soldi, » ammette noncurante il reporter.

    « Se mi dici il nome del mandante, posso aiutarti: sono un dottore... »
    Denver inarca entrambe le sopracciglia e si sforza di non ghignare. Tecnicamente non ha del tutto mentito: non ha detto di essere un medico.
    « ...e forse questo può guarirti e far passare il dolore. »

    Kerobal nel frattempo ha estratto dal bracciale una bottiglia piena di un liquido verdastro all'interno del quale galleggia il cadavere di un serpente. All'inizio il giornalista pensa ad un solvente, ma subito dopo realizza che si tratta di pregiata, ma comunque semplicissima grappa alla vipera. Quella che aveva ordinato poco fa.

    « Scegli tu... ♪
    Ma tieni presente che sono una persona per bene, che non amo venire minacciato, e che non voglio trovarmi di nuovo in mezzo ad una sparatoria... »

    Di nuovo: e Denver sarebbe il poliziotto cattivo?
    « ...perciò intendo andarmene da qui prima che arrivino i tuoi compagni.
    Hai cinque secondi per rispondere; poi: fine delle trattative. ...e non so proprio cosa potrebbe farti il nostro Ricercato qui... »

    A quanto pare sì.
    « Cinque... Quattro... Tre... »

    Due... Uno...
    « Maiev! » esclama il prigioniero.
    « Maiev? »
    « Ma sì, Maiev! Quello che ti ha fatto un favore enorme e tu, in cambio, gli hai soffiato la ragazza- AH! Ouch! Ouch! Ouch! »
    « So chi è, e la sberla è per aver insinuato che... Oh, ma andiamo, non c'è una cosa corretta fra quelle che hai detto – e non massaggiarti la guancia, che è peggio. Ora, davvero quell'omuncolo teneva così tanto a lei da mandarmi contro gente fin qua? Lo stesso Maiev che può permettersi di pagare una taglia come la mia ma tutto ciò che gestisce è una discoteca frequentata da dodicenni? »
    « Beh... non proprio. »
    « Come sarebbe a dire? »
    « Che non lavoriamo proprio per lui direttamente. »
    « E allora per chi cazzo lavorate?! » sbraita Denver, « Parla, non farci perdere altro tempo! »
    Come per dimostrare la serietà delle sue intenzioni, il giornalista punta la canna della rivoltella contro il petto dell'ustionato.
    « O capirai perché mi hanno chiamato Trigger. »
    Banale, pensa Denver fra sé, ma dietro le ustioni il cacciatore di taglie trova comunque un modo di impallidire, segno che è stata una minaccia quantomeno efficace. Infatti, il loro amico continua a cantare.
    « Suo padre! È lui quello che comanda davvero! Vuole catturarti prima che lo faccia Ragyō Kiryuin, da quando hai mancato di rispetto in quel modo al signor Maiev! »
    Denver sospira. « Sono molto popolare, vedo. »
    Molla la presa e si gira dall'altra parte. Cominciano a sentirsi le forze dell'ordine avvicinarsi a sirene spiegate, ma prima di esse arriveranno gli altri compari. Sono in quattro: uno neutralizzato con tattiche di guerriglia culinaria, un altro... pure, con una forchettata nella spalla. Agli altri due ci ha pensato Kerobal, e Denver ricorda distintamente di aver sentito i gridi di dolore di ancora altre due persone. La sua speranza è che si siano appena tolti dall'equazione anche loro.

    Prospero Maiev non è il tipo di persona che prenderebbe un affronto così tanto sul serio da prendersi la briga di spedire scagnozzi fino agli angoli più remoti di un altro Presidio. Non sta cercando di farsi rispettare, o almeno i suoi sforzi sono molto più blandi di quelli di altri mafiosi di Blood Runner: tutto ciò a cui è interessato è rimanere nel suo locale a crogiolarsi fra le informazioni che gli piacciono tanto e con una nuova ragazza ogni poche settimane – Denver non si stupirebbe di scoprire che l'uomo possa essersi già dimenticato del tutto dell'esistenza di Ahri.
    Rimane tuttavia strano che il padre, Andolino Pazzi, sia sceso in campo al suo posto. Per quanto ne sa il giornalista, i rapporti fra i due sono piuttosto freddi – abbastanza da spingere il figlio ad adottare il cognome materno.

    Le forze dell'ordine intanto sono arrivate e, a giudicare dagli spari, si stanno scontrando con i tre soldati che avevano fatto irruzione nel ristorante pochi minuti fa. Denver è pronto a scommettere che questi ultimi siano sotto effetti di stupefacenti con qualche effetto analgesico aggiunto, se riescono a continuare a combattere così.
    Il giornalista raccatta la pentola dall'asfalto e la appoggia sul pavimento della cucina da cui è appena uscito con Kerobal scusandosi per il disturbo davanti ad un perplesso capocuoco.

    « Siamo Saggi in missione ufficiale, » cerca di giustificarsi. Spera che nessuno gli chiederà di quale missione si tratti e perché sia ufficiale. Decidendo di lasciare il meno possibile alla buona volontà altrui, dopo aver chiuso sbrigativamente la porta dice alla Corona, « Filiamocela, prima che ne arrivino altri. »

    Gli fa cenno di seguirlo verso il prossimo mezzo di trasporto infilandosi nel frattempo la Maschera del Mistero. Quando escono dalla stradina, il giornalista è magicamente irriconoscibile a chiunque non sia Kerobal.

    « Si va al giornale. »

     
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    « Ma hai una vaga idea di quanto valga la testa di quel bastardo assassino?! »
    « Effettivamente sono un bel po' di soldi, »

    L'interrogato interruppe il monologo della Corona Arancione per sollevare un'insulsa obiezione che poco o nulla alterava nella perfetta equazione che aveva esposto con impeccabile scorrevolezza, e tanto bastò a Kerobal per farsi svaporare dalla coscienza anche la più remota eventualità di rimorso per quel che stava per fare: in quanto Principe ed in quanto Galanodel, non amava venire contraddetto... perciò, lo scagnozzo se l'era cercata, e si sarebbe meritato fino in fondo il suo piccolo scherzetto.

    Anche se era -alla fin fine- stato un bravo bambino collaborativo,
    e si era deciso a fare il nome del loro uomo entro lo scadere del tempo pattuito.


    « Maiev! »

    « Maiev? » -
    esclamò sorpreso il Giornalista

    « Ha detto Maiev. »
    confermò l'Artista, per partecipare, con un indifferente cenno di assenso

    « Ma sì, Maiev! Quello che ti ha fatto un favore enorme e tu, in cambio,
    gli hai soffiato la ragazza- AH! Ouch! Ouch! Ouch! »

    Interessante: scoccando un'occhiata maliziosa al suo collega, che aveva appena strapazzato il prigioniero -probabilmente a disagio per quell'indiscreazione-, un fischio di apprezzamento lasciò le labbra ben disegnate del Nephilim; e così c'era di mezzo una donna... E pensare che Denver non sembrava affatto tipo da cose del genere, con quell'aria da distinto padre di famiglia.

    « So chi è, e la sberla è per aver insinuato che... Oh, ma andiamo, non c'è una cosa corretta fra quelle che hai detto – e non massaggiarti la guancia, che è peggio. Ora, davvero quell'omuncolo teneva così tanto a lei da mandarmi contro gente fin qua? Lo stesso Maiev che può permettersi di pagare una taglia come la mia ma tutto ciò che gestisce è una discoteca frequentata da dodicenni? »

    ...ma, in effetti, per quanto intrigante suonasse la faccenda, ascoltare il resto dello scambio tra i due diede modo all'Artista di afferrare che le cose non stessero esattamente né come il canarino affermava, né come era stato più divertente romanzare nella sua testa: di mezzo c'era il paparino del sopra menzionato Maiev, che -a quanto pareva- aveva deciso di intervenire negli affari del figlio per... punire il suo rivale? Cancellare l'onta? Far smettere i piagnistei? Qualunque fosse la ragione, la trovò una dinamica patetica.

    Quasi quasi, si trovò a rivalutare i metodi di Raizen: aveva sempre fatto schifo come padre, ma... fosse stato Kerobal a subire un affronto di qualche tipo, e suo padre fosse venuto a saperlo, tutto ciò che il figlio avrebbe ottenuto dal genitore sarebbero stati sberleffi a vita, due calci in culo, e via, andare. Anche se, in vero, il suo era uno sforzo di immaginazione nel campo delle ipotesi, visto che non gli era mai capitato di vedersi soffiare la ragazza da qualcuno.

    Di solito, era buona norma il contrario, fermo restando che le signorine di turno erano ben più che condiscendenti e attive nel procedimento, e non certo un qualche soprammobile che lui aveva arbitrariamente sottratto a qualcuno, come una sorta di ladro.

    « Sono molto popolare, vedo. »

    jpg
    « Deve essere il tuo fascino da family-man. »
    punzecchiò il collega, con un sorrisino sornione e un'alzata di spalle

    Intanto, il rumoreggiare delle forze dell'ordine in avvicinamento convinse Denver a mollare la presa sul gangster ustionato per perdersi alcuni istanti nel proprio rimuginare; tuttavia, il concerto di spari che seguì il silenzio delle sirene, segno dell'arrivo delle autorità e della resistenza che gli aggressori stavano opponendo all'arresto, fu un ulteriore incentivo per i due Custodi delle Sette Vie ad affrettarsi a proseguire sulla propria strada. Una strada che portava ai colpevoli e alla più rapida risoluzione di quell'incresciosa faccenda.

    Dopo aver restituito ad un perplesso capocuoco comparso nel vicolo la sua pentola -ormai ben fredda-, insieme a delle scuse sbrigative, e averlo salutato richiudendo la porta di emergenza che i due Saggi avevano attraversato nella loro fuga, il Giornalista si rivolse all'Artista.


    « Filiamocela, prima che ne arrivino altri. »

    « Arrivo! »
    cinguettò Kerobal, attardandosi per rivolgersi al tizio ustionato
    « Questo è per lei buonuomo: per ringraziarla della collaborazione. »

    E dopo aver deposto la bottiglia contenente alcol e veleno di serpente accanto all'ignaro malvivente ancora accosciato sull'alsfalto, e avergli rivolto un sorriso allegro ed un cenno di saluto, il Principe-Demone si affrettò a raggiungere il Ricercato... che nel frattempo stava indossando una misterios mascherina, che gli coprì la parte superiore del viso

    « Si va al giornale. »

    « D'accordo, Trigger. »

    E mentre si allontanavano dalla scena del crimine, diretti alla concordata destinazione, un acuto urlo di dolore -e qualche grappolo di bestemmie- accompagnò la conclusione della loro cena di lavoro e della loro prima esperienza gastronomica al Quantic Dream.

    png

    Contrariamente all'idea che l'analisi dei rischi aveva proiettato sulla cosa, la traversata della città sui vagoni della Maglev era trascorsa curiosamente rapida e tranquilla, e mentre viaggiava accanto al collega -parlottando con lui a voce bassa per informarsi sui dettagli della strana storia-, Kerobal era alfine arrivato ad accettare che il merito fosse proprio della Maschera che Denver aveva indossato.

    Comprensibilmente, all'Artista era sulle prime sembrato poco credibile che una strisciolina colorata, di materiale semirigido e con due buchi per gli occhi, utile a coprire a malapena la metà superiore della faccia di qualcuno, fosse sufficiente a celarne l'identità, ma... i fatti sembravano volergliene dare conferma, o per mera coincidenza, erano semplicemente stati abbastanza fortunati da non incontrare nessun altro sconosciuto desideroso di far loro la pelle per la taglia, e così miso da parte ogni dubbio in proposito non appena nel vagone apparve l'avviso che annunciava la loro fermata.

    Seguendo il ragionamento del Giornalista, per averlo raggiunto a Garwec, il mandante di quei sicari doveva essersi informato sul conto del suo bersaglio, trovando una chiara traccia della sua presenza o comunque dei suoi interessi in zona negli atti di compravendita di una palazzina in una bella zona della metropoli, posto che Denver aveva acquistato per trasformarla nella sede del suo giornale di prossima apertura. Perciò, era lì che erano diretti, perché -con buona logica- era probabilmente lì che avrebbero trovato qualche altro scagnozzo, dedito a sorvegliare il posto.

    Certo, era solo un'ipotesi, ma molto sensata; in più, costituiva un concreto punto di partenza da cui intraprendere la risalita verso il vertice che aveva diramato l'ordine... e così, eccoli lì, ai piedi di uno degli edifici che si sviluppavano in verticale contro il cielo perennemente plumbeo dell'Altopiano, un elegante artiglio di vetro, cemento e acciaio, stagliato contro l'evanescente alone traslucido della cupola magnetica che alimentava la città.

    Oltre la rampa di scale che conduceva all'ingresso, pur circondata da transenne segnalanti lavori in corso, le porte a vetri che permettevano di accedere alla
    hall erano in parte ancora coperte da teli, ma le luci visibili al di là e -soprattutto- le poche ombre antropomorfe che esse proiettavano lasciavano intendere la presenza all'interno di un manipolo di manovali dal caratteristico profilo dato dai caschetti anti-infortunistici ancora al lavoro... e questo poteva essere al contempo un vantaggio come un pericolo, perché sussisteva la possibilità che ci fossero altri cacciatori di taglie mischiati o sostituiti a muratori ed elettricisti.

    E se da una parte questo avrebbe facilitato la ricerca dei Saggi, sull'altro piatto della bilancia c'erano il problema di individuare eventuali aggressori e quello di dover evitare vittime collaterali: serviva un qualche espediente per stanare i malintenzionati e spingerli a tradirsi...
    ma quale? Traendosi dalla testa la prima idea che gli passò per la mente, Kerobal scoccò uno sguardo degli occhi magenta all'uomo mascherato accanto a lui.

    « Quindi... è sicuro che con quella addosso non possono riconoscerti...? »
    l'assenso del suo collega lo convinse a fare almeno un tentativo
    « D'accordo... proviamo a fare attenzione a chi dei presenti potrebbe avere reazioni strane.
    Seguimi: ho avuto un'idea... »


    Dopo aver frugato nella Tasca Dimensionale nella gemma di giada incorporata nella polsiera sinistra, ed averne estratto una valigetta in cui solitamente riponeva il suo materiale artistico, il Nephilm salì gli scalini con passo elegante e rapido, e superò le vetrate nonostante il cartello di divieto per i "non addetti ai lavori"; naturalmente, come era stato nelle sue intenzioni, la cosa richiamò l'attenzione di alcuni dei lavoratori impegnati a sistemare la muratura accanto ad un quadro elettrico, e mentre quelli si scambiavano qualche occhiata e qualche parola interrogativa con voce sommessa, la Corona Arancione si fermò davanti alle porte a vetri con la scusa di contemplare gli eleganti arredi scarlatti della sala -in particolar modo le scale mobili, ora ferme, che conducevano al piano superiore...

    jpg

    ...attendendo in realtà che qualcuno gli si avvicinasse. E non appena fu così, l'Artista inchiodò l'uomo con un'occhiata intensa delle iridi viola e con un sorriso affabile, andandogli incontro tendendogli la mano e bruciandolo sul tempo, parlando per primo.

    « Buongiorno! Mi chiamo Kerobal Keating, sono un rappresentante legale, e sono qui per il Signor Brockmann, il padrone dell'edificio e il committente delle ristrutturazioni. »
    si presentò con disinvoltura, stringendo la mano dell'uomo che si era mosso ad intercettarlo
    « Avete fatto davvero uno splendido lavoro fino a qui! Complimenti! ...ora potete fermare tutto.
    Ultimare il palazzo non è più necessario. »


    Sì, si era appena spacciato per un avvocato, e -restando perfettamente in linea con la professione- aveva scelto le proprie parole in modo da mischiare verità quali il proprio nome, il proprio ruolo di rappresentante legale (sebbene in qualità di Saggio di Palanthas), e quello di Denver in quanto proprietario di quell'immobile, con piccole menzogne quali il cognome fasullo che aveva fornito, ed inesattezze come chi stesse rappresentando; giusto qualche piccolo accorgimento, utile a tenere sulla corda anche qualcuno in grado di fiutare le bugie.

    Ovviamente, il Principe-Demone aveva parlato a voce abbastanza alta e squillante perché tutti i presenti nella
    hall fossero in grado di udirlo, e sfruttando la comprensibile sorpresa che sarebbe a quel punto ricaduta sugli astanti, l'oratore pensò bene di incalzare il suo pubblico con una pronta spiegazione, e di offrir loro qualcosa che potesse catalizzare la loro attenzione e persuaderli a credergli -o per lo meno ad assecondarlo tanto da ascoltarlo-, anche là dove il Carisma naturale del suo retaggio e l'Autorevolezza di cui i Custodi delle Sette Vie non fosse bastato.

    jpg« Ci è giunta notizia che il Signor Denver Brockmann, alla cui attività l'edificio era destinato, è stato sfortunatamente freddato: stava pranzando in un locale, e degli uomini armati sono entrati sparando all'impazzata. »
    incrociando le braccia sul petto e vestendo un'aria seria da vero avvocato, si rivolse a tutti
    « Naturalmente, il mio gruppo di associati non troverebbe giusto che qualcuno si ritrovi ad aver lavorato per nulla, quindi... vi prego di seguirmi per lasciarmi i vostri dati personali, così che si possa procedere ad un confronto con la vostra azienda e corrispondervi un'adeguata liquidazione nei prossimi giorni. Da questa parte. »

    E mentre faceva segno a Denver Trigger di aspettare in disparte, Kerobal si diresse verso la scrivania che sarebbe in futuro stata destinata alla reception; a quel punto, sarebbe potuto accadere di tutto: eventuali impostori avrebbero forse perso interesse a rimanere lì, preferendo andarsene ed evitare di lasciare i propri contatti ad un legale o (pur ammettendo di fornirgliene di falsi, sul momento) di venire notati in qualche modo da questi... senza contare che, nel caso gli infiltrati fossero stati in contatto con qualcuno della squadra dei sicari di prima, qualcosa non gli sarebbe tornato nel racconto, e sarebbe potuto venir loro in testa di correre a controllare che qualcuno non stesse provando a fare il furbo, tenendosi per sé tutta la taglia.

    Infine, pur non volendo scartare a priori l'ipotesi di aver a che fare con un giocatore più furbo della media (dove la media consisteva in una banda di idioti che entra in un ristorante affollato e apre il fuoco), il Saggio aveva i suoi metodi per controllarli uno ad uno. In un modo o nell'altro, avrebbero scoperto qualcosa.
    O, almeno, così il Nephilim sperava.

     
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    « Arrivo! Questo è per lei buonuomo: per ringraziarla della collaborazione. »

    Kerobal deposita ai piedi di quel disgraziato la bottiglia di vino di serpente ordinata pochi minuti fa al ristorante – uno scherzo costoso e uno spreco di alcool, ma il giornalista non può averla a male con la Corona quando egli stesso sta commettendo il suo primo atto di dine and dash come uno straccione qualsiasi.

    Denver si ripromette che, se sopravvivrà a quell'ennesima ordalia, pagherà tutto con gli interessi – danni compresi, e invierà una nota di scuse ai gestori e allo staff. Scriverà loro, “Sono costernato per quello spiacevole incidente; mai più ripeterò l'errore di essere vittima di un complotto molto probabilmente ordito da una squilibrata in cerca di un capro espiatorio nel vostro locale.” Sicuramente qualcosa su quella falsariga.

    Gli viene ancora il mal di testa ogni volta che ci pensa. Le urla di dolore dello sgherro nel vicolo lo confortano, in un moto di sadismo che il reporter non ammetterà mai, ma di cui al tempo stesso non riesce davvero a vergognarsi fino in fondo. Sorride, mentre nella distanza cominciano a udirsi certe contumelie che Denver non sarebbe riuscito a concepire neppure nei suoi momenti più bui. Quelle scottature devono fare male.

    « Family man, eh? » commenta infine mentre si avvia verso la fermata del Maglev. Alcuni passanti si voltano nella sua direzione, forse incuriositi dalla maschera o dalla Corona, ma ognuno di essi finisce per passare oltre. « Se lo fossi stato davvero, oggi non sarei nemmeno qui. Lasciamo stare questo tasto. »

    ---

    « ...Avevo aperto il fuoco, ma era troppo tardi. Seiryu era caduto, ma non prima di portarsi con sé anche lei. Inutile dire che le settimane successive non fossero state delle più riposanti, » racconta Denver, rilassato su uno dei comodi sedili dei Maglev che collegano ogni angolo della città. Ogni tanto si gira di lato per vederla scorrere dal finestrino, in parte per godersi il panorama e in parte perché non si sa mai.

    Il controllore è stata l'unica persona che si sia avvicinata a loro nell'ultima mezzora. La notizia della sparatoria al Quantum Dream si è già sparsa fino alle orecchie di alcuni passeggeri preoccupati che mormorano di falle inaudite nella sicurezza locale e di attacchi terroristici merovishi ai loro danni. Altri, di chissà quali regolamenti di conti che potevano benissimo tenersi a Blood Runner, Altatorre o Yasul, che non c'era bisogno di portarli fino a Codec dove la gente è onesta e laboriosa e non vuole più preoccupazioni di quelle che già ha.

    Nemmeno quelli che ci vanno più vicini arrivano a menzionare Maiev, Pazzi, Kiryuin o il “Trigger” (e chissà se sono davvero solo le Tribù della Tempesta a chiamarlo così). In quel momento essere l'uomo più ricercato di Blood Runner – se non dell'intero Pentauron – riempie Denver di un misto di senso di colpa e di importanza.

    « Quando sono stato chiamato qui per la prima volta, » continua, « scopro che non solo il ragazzino era vivo e vegeto, ma non si ricordava neppure di me o di cosa fosse successo in quei momenti. Poi Quarion mi ha preso da parte e mi ha mostrato un video in cui... »
    Si guarda attorno circospetto.
    « In cui sembrava fossi stato io. Un falso perfetto, e in corredo una taglia da capogiro. Il tutto senza sapere perché. Ed ecco come sono finito ad Est. »

    Gli spiega poi come è entrato in possesso di quella maschera, come funziona di preciso e in quale modo gli abbia evitato parecchie grane in ben più di un'occasione. Di tutte le meraviglie trovate su Endlos, aggiunge mentalmente, essa è di gran lunga la sua preferita. Si domanda fra sé infine se funzionerebbe anche nel suo mondo d'origine, ma prima che potesse perdersi nelle proprie stesse elucubrazioni, l'altoparlante annuncia l'arrivo alla loro fermata.

    Sorride quando arriva finalmente ai piedi del grattacielo di vetro, cemento e acciaio che si staglia verso lo scudo elettromagnetico che separa la civiltà dal selvaggio regno del tuono là fuori. Il suo grattacielo. Ancora i lavori devono essere ultimati, ma Denver già pregusta il momento in cui vedrà l'insegna del suo giornale dominare la piazza su cui si affaccia. The Endlos Times Palace.

    Un cartello dell'amministrazione locale indica lavori in corso e dichiara il divieto d'accesso ai non addetti ai lavori, e infatti oltre le porte di vetro si scorgono alcuni operai dediti oramai alle ultime fasi dell'opera. La conclusione è prevista per settimana prossima. Il giornalista ha aspettato fin troppo quel momento per essere fatto secco dal primo stronzo con un fucile che passa prima di poter provare il brivido di sedersi sulla poltrona girevole nell'ufficio sulla cui porta ci sarà una targhetta recitante “Denver Brockmann, Direttore Responsabile.”

    « Quindi... è sicuro che con quella addosso non possono riconoscerti...? »
    « Yup. »
    « D'accordo... proviamo a fare attenzione a chi dei presenti potrebbe avere reazioni strane. Seguimi: ho avuto un'idea... »

    Kerobal divora rapidamente gli scalini di pietra davanti all'ingresso e nel frattempo estrae una valigetta di pelle che non sfigurerebbe su un notaio. Quando il Saggio oltrepassa le porte di vetro, incurante della segnaletica che intima altrimenti, gli occhi della manovalanza si concentrano su di lui. Denver lo segue, e quando si accorge di aver provocato le stesse reazioni riesce a malapena a impedire alla sua mano di rimuovere la maschera per rassicurare i lavoratori.

    Si fermano a poca distanza dalle scale mobili, e finalmente qualcuno prende abbastanza coraggio da avvicinarsi a loro e chiedere cosa diavolo stiano facendo là dentro. Pessima mossa.

    « Buongiorno! Mi chiamo Kerobal Keating, sono un rappresentante legale, e sono qui per il Signor Brockmann, il padrone dell'edificio e il committente delle ristrutturazioni. »
    Non avrebbe potuto essere più on the nose. “Kerobal” Keating? E perché l'espressione dell'altro tipo lascia intendere che ci stia credendo?!
    « Avete fatto davvero uno splendido lavoro fino a qui! Complimenti! ...ora potete fermare tutto. Ultimare il palazzo non è più necessario. »

    Denver solleva un sopracciglio e continua ad ascoltare interessato, le braccia incrociate davanti al petto.
    « Sono il suo assistente, » spiega ad un muratore incuriosito, « Michael Emmet Klein, ma ti prego, chiamami solo Mike. »
    Almeno che Kerobal lo avverta delle sue idee; Dio solo sa quante volte il reporter abbia fortunatamente riciclato quel nome negli anni. Ci sono occasioni in cui non vuoi davvero presentarti con il tuo vero nome, del resto, e soprattutto persone che non dovrebbero scoprirlo in nessuna circostanza. Anni di cronaca nera e la sua breve carriera a Blood Runner sono stati una scuola preziosa.

    « Ci è giunta notizia che il Signor Denver Brockmann, alla cui attività l'edificio era destinato, è stato sfortunatamente freddato: stava pranzando in un locale, e degli uomini armati sono entrati sparando all'impazzata. »
    Ah, ecco dove voleva andare a parare. Il fu Denver Brockmann fa passare lo sguardo sulle espressioni di ciascuno dei presenti. Alcuni si levano rispettosamente il cappello, altri mormorano sgomenti fra di loro e rivolgono occhiate esterrefatte a “Keating.” I più impassibili corrugano la fronte e offrono condoglianze sbrigative. Nessuno, però, ha tradito alcunché di sospetto, non ancora.
    « Naturalmente, il mio gruppo di associati non troverebbe giusto che qualcuno si ritrovi ad aver lavorato per nulla, quindi... vi prego di seguirmi per lasciarmi i vostri dati personali, così che si possa procedere ad un confronto con la vostra azienda e corrispondervi un'adeguata liquidazione nei prossimi giorni. Da questa parte. »

    Kerobal fa cenno al giornalista di lasciarsi da parte per un po', e con nonchalance si dirige verso la scrivania di quella che sarà a breve la reception. Ci sono un paio di dozzine di persone oltre a loro, ma nessuna se ne va: si mettono invece in fila dal primo all'ultimo. Denver si domanda se il loro uomo, ammesso ce ne sia un altro, non si sia fatto assumere regolarmente (sotto vero o falso nome poco importa) prima di venire lì.

    Così i nomi si susseguono: Jayson Singer, Chad Tuck, Atef Lodders, Hamish Kwiatkowski, Peter Bedbrook... Forniscono le loro generalità senza fiatare, anche se in molti domandano a Kerobal perché diavolo qualcuno avrebbe commesso una sparatoria in un ristorante di Codec. Tutti lasciano il cantiere nel giro di minuti fino a quando non ne rimane che uno solo. Un genio del sotterfugio. Punta un revolver sulla fronte della Corona non appena è abbastanza vicino da poggiare una mano sul tavolo.

    « Dov'è Brockmann? » ringhia, « Non osare fare il finto tonto con me, che so benissimo che cosa è successo davvero al ristorante. Il nostro mission control è così bravo che ha accesso a tutte le telecamere della città, e ti teniamo sotto controllo da quando sei uscito da quel vicolo insieme a quel tuo amico mascherato. »
    Si volta verso Denver, cogliendolo in flagrante nell'atto di mettere mano alla propria rivoltella.
    « Posa quell'arma o questo “avvocato” muore qui e ora. »
    Il giornalista la abbassa lentamente, e si rialza alzando con cautela le mani.
    « Ora... Ditemi dov'è Brockmann! »

    Molto più vicino di quanto stia pensando. Se prima infatti il reporter si trovava ad una decina di metri di distanza, ora l'infiltrato può sentirne perfino il respiro sulla nuca. Quest'ultimo vanta tuttavia di riflessi abbastanza veloci da intercettare il destro in arrivo girandosi di scatto e alzando in tempo le braccia. Le nocche di Denver incontrano il revolver, e il tamburo schizza via qualche metro più in là, rotolando poi sul pavimento di marmo.

    « Uh? Ma tu... »
    Denver non lo ascolta. Qualcos'altro ha catturato la sua attenzione.
    « Anche tu?! »

    Sulle braccia di quel tizio c'è la stessa patina color ossidiana che il giornalista ha imparato a padroneggiare su Laputa. Denver allontana il cacciatore di taglie con un calcio frontale dritto nel torace – si crea della distanza, ma il nemico non sembra accusare molto il colpo.

    « Anche io cosa? Anche io non sono una principessina indifesa senza una bocca da fuoco in mano, a differenza dei miei stimati colleghi? Fammi il favore, Brockmann! »
    « Giusto, » replica il reporter, la maschera riposta durante lo scatto di prima in una tasca interna della giacca. Si volta poi verso il collega. « KEROBAL! »

     
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    Recitando con rodata ed inattaccabile sicurezza la parte del legale -sfruttando le conoscenze in materia acquisite per lo più dalla lettura di romanzi-, Kerobal sostava in piedi dietro la scrivania della Reception, prendendo nominativi e dati personali dei bravi lavoratori messisi in fila davanti a lui, e mettendo in atto per ciascuno di loro sempre la medesima procedura: ad ognuno indicava il foglio bianco di carta ruvida (più adatta a disegnare che non a scriverci), porgeva loro la penna, e mentre li istruiva sulle informazioni che avrebbero dovuto di loro pugno trascrivere per lui, ne scrutava reazioni e lineamenti mentre lasciava cadere con massima nonchalance qualche commento sulla sorte del defunto Signor Brockman.

    Era fiducioso che il proprio piano avrebbe portato dei risultati, sebbene non si fosse preoccupato più di tanto di indagare quali questi sarebbero potuti essere, e anche se apparentemente nulla di eclatante o strano accade, il Saggio di Nazara reputò un successo l'essere riusciti a prendere il controllo della situazione con ordine e discrezione... e l'ego del Nephilim non vacillò neppure quando, delle due dozzine di manovali della hall, non rimase che l'ultimo.


    « Dov'è Brockmann? E non osare fare il finto tonto con me,
    che so benissimo che cosa è successo davvero al ristorante.
    »

    A dirla tutta, il Principe-Demone si sentì addirittura soddisfatto quando quel tale -fermo in piedi davanti a lui- sollevò il braccio per puntargli alla fronte la canna del revolver, e nel constatare di aver realizzato il suo intento stanando il sicario e -al contempo- sgomberando l'area dagli ignari civili, Kerobal dovette trattenersi dal gongolare mentre lo guardava negli occhi e alzava lentamente le mani, limitandosi ad arcuare le labbra ben disegnate in uno dei suoi soliti sorrisetti sornioni.

    « Il nostro mission control è così bravo che ha accesso a tutte le telecamere della città,
    e ti teniamo sotto controllo da quando sei uscito da quel vicolo insieme a quel tuo amico mascherato.
    »

    Probabilmente sulla spinta di un moto di stizza, in quella spiegazione il ceffo si lasciò sfuggire più di quanto sarebbe stato saggio fare; tuttavia, era prematuro considerarlo stupido o incauto, visto che ebbe comunque l'accortezza ed il tempismo di voltarsi verso il Giornalista Mascherato per scoraggiare il suo prevedibile tentativo di raggiungere l'arma per innescare uno stallo alla messicana. Tipino professionale.

    « Posa quell'arma o questo “avvocato” muore qui e ora.
    Ora... Ditemi dov'è Brockmann!
    »

    Selezionando con rapidità e cura quale -tra le varie opzioni che gli erano venute in mente- potesse essere la risposta frizzantina più adatta da rivolgere all'uomo che lo minacciava per farlo incazzare innervosire di più, Kerobal fece giusto in tempo a schiudere le labbra, che la zuffa partì all'istante, senza che ci fosse alcun bisogno per lui di metterci del suo: compiendo uno scatto fulmineo, Denver si era scagliato addosso al sicario, ma -certamente non a digiuno di lotta e violenza- quello si era subito messo sulla difensiva, intercettando il pugno e assumendo una posa da combattimento.

    « Uh? Ma tu... »
    « Anche tu?! »
    « Anche io cosa? Anche io non sono una principessina indifesa senza una bocca da fuoco in mano, a differenza dei miei stimati colleghi? Fammi il favore, Brockmann! »
    « Giusto, KEROBAL! »

    Voltandosi verso il collega, Denver lo trovò su per giù nello stesso punto in cui lui e l'aggressore lo avevano lasciato: sempre alla scrivania della Reception, ma seduto sopra il ripiano di legno, con le gambe accavallate e le mani intrecciate in grembo, e sul viso affascinante l'espressione assorta con cui uno spettatore immune all'animosità del tifoso contemplerebbe un match di lotta libera.

    jpg
    « Sì? »

    Riscuotendosi dallo spettacolo, l'Articolo rispose all'appello del collega rivolgendogli un'occhiata interrogativa delle iridi magenta, e reclinando la testa da un lato, come in attesa di ascoltare il resto mentre il Trigger schivava un paio di pugni, gli ci volle qualche istante per capire cosa il suo compagno volesse intendere.

    « ...oh, certo: vuoi che ti aiuti. »
    realizzò il Principe-Demone, annuendo, comprensivo e condiscendente
    « Giusto. »

    Sciogliendo il nodo rilassato delle dita, il Nephiliml immerse la destra nello Scrigno di Giada -il medaglione incorporato nel bracciale che indossava sul polso opposto-, frugò nella sacca dimensionale in esso contenuta, ed estrasse quel che cercava non appena le dita affusolate si incastrarono con familiarità nei contorni della sua tavolozza dei colori; poi, recuperò un pennello dal tascapane alla cintura, l'intinse nel colore grigio, e con un movimento fluido si alzò in piedi sulla cattedra che aveva usato come seggio, proiettando poi dalla posizione sopraelevata in cui si trovava un ventaglio di schizzi di colore.

    « Cerca di tenerlo fermo, Socio... ♪ »

    Come forse il Giornalista avrebbe potuto ricordare dalla loro visita al mondo delle Fiabe, se fossero riusciti ad esporre il sicario a quella Trappola di Colore, l'incantesimo di evocazione avrebbe dato forma, vita e soprattutto peso ad un groviglio di catene, terminanti in una grossa palla al piede da ergastolano, che avrebbero certamente impresso nel bersaglio la suggestione di essere d'un tratto inamovibile, bloccandone fatalmente i suoi movimenti.

    Aveva puntato a colpire l'area dei litiganti, così da non lasciare vie di fuga all'avversario, e aveva agito per immobilizzarlo senza fargli male... e magari avrebbe rischiato di colpire anche Denver, ma in tal caso avrebbe tranquillamente liberato solo lui, a cattura effettuata.


    Status Fisico: Illeso
    Status Mentale: Tranquillo
    Energie 110% - 20% = 90%

    Tecniche
    Color Trap – Grigio Piombo: Utilizzando il colore grigio del suo set di tempere, l'Artista può dar vita a un sortilegio che connubia le sue abilità di evocazione con quelle di suggestione mentale, dando vita e forma -ma soprattutto peso- ad un groviglio di catene, terminanti in una grossa palla al piede da ergastolano; la tecnica è principalmente destinata a bloccare e/o rallentare uno o più bersagli per l'intervallo di 1 singolo turno, richiamando l'attenzione di chi viene colpito dallo schizzo di vernice sui ceppi che lo avviluppano con una sequenza di tintinnii metallici, che rafforzano nella sua mente la suggestione di essere d'un tratto pesantissimo.
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    « Sì? » risponde la Corona di Nazara con un tono ingiustificabilmente disorientato al quale il giornalista reagisce con un'espressione pure esterrefatta, ma per motivi diametralmente opposti. « ...oh, certo: vuoi che ti aiuti. Giusto. »

    Allarga le braccia, ma subito dopo si volta di nuovo verso il cacciatore di taglie; sia mai che quest'ultimo cerchi di rimpossessarsi della rivoltella. Si fissano negli occhi; i muscoli delle gambe di entrambi sono molle pronte allo scatto. Solo che Denver si accorge che qualcosa sta per arrivare, e non ha bisogno di guardarsi indietro per capire che si deve levare da lì: tutto ciò che gli serve è il formicolio intorno all'area dell'osso occipitale e sulla punta delle orecchie. Kerobal lo ha preso in parola e si è deciso a fare qualcosa.

    Denver sa già a grandi linee cosa sappia fare il Saggio. Il mondo delle fiabe non è un'esperienza che rimuovi facilmente. Così il giornalista decide di muoversi d'anticipo e scartare verso destra in un movimento squisitamente istintivo. Il revolver si trova dal lato opposto? Non gliene frega un cazzo, che se lo riprenda pure se vuole. Se riesce.
    Gocce di tempera grigia volano come proiettili in una smitragliata cromatica che imbratta gli abiti da lavoro dello hitman senza nome, che guarda Kerobal con gli occhi sbarrati e poi sprezzanti di chi non ha capito cosa stia per succedere esattamente. Denver, dal canto suo, tiene troppo al suo completo per permettere a qualcuno di usarlo come una tela per incantesimi.
    Infine, lancia uno sguardo all'orologio da polso. E uno, e due, e...

    « Ma che diav... »
    « Tre. »

    Il gangster incurva la schiena di colpo, le braccia lasciate cadere a penzoloni. Si raddrizza con un po' di fatica, ma un gemito di fatica lascia le sue labbra non appena cerca di spostarsi. Riesce a compiere un solo, sudatissimo e lento passo.
    Denver gli è addosso prima che possa finire di chiedere a Kerobal che cosa gli abbia fatto. Un pugno in faccia, perché nulla in un combattimento dà più soddisfazione di sentire le proprie nocche battere sulle guance di un verme, seguito da un calcio sul lato del ginocchio – quest'ultimo colpo viene sferrato quasi come se si tratti di un dovere, un attacco più deliberatamente mirato a fare in modo che sia il Trigger quello col footwork migliore in quella specie di rissa.
    Tuttavia non c'è alcun crac. Denver guarda in basso, e nota non senza un po' di sconcerto che la gamba del criminale è ricoperta dello stesso nero di cui è tinto anche il piede del giornalista. Un martello che ha incontrato un'incudine.
    Il reporter impreca sottovoce, ma i moccoli si fanno d'un tratto molto più udibili quando si accorge della mano appoggiata sul suo stomaco, e a dir poco soverchianti quando il contrattacco arriva. Un pugno nello stomaco che prende particolarmente sul serio la parte “nello stomaco”, oltrepassando la sua pelle e i muscoli del ventre come se non fossero mai stati lì. L'onda d'urto scaglia Denver qualche metro più in là, atterrandolo sul freddo pavimento di marmo.

    « Perché dovevi impicciarti?! Ora dovrò fare del male anche a te! »

    Il bandito si massaggia la guancia e trova un molare che egli calcola non resterà nella sua bocca fino al tramonto. Solleva l'altro braccio con lo sforzo di chi si sta ancora abituando alla gravità di un altro pianeta, e forma davanti al palmo una sfera di energia vitale grossa come un pallone da calcio che schizza verso Kerobal e, a metà del percorso, si schiude a mo' di un uovo in una raffica di spilli.

    NoteIl colpo destinato a Kerobal è un semplicissimo attacco energetico di potenza Alta.
     
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