Sin Of Meracydia

[Scena Masterata] [Search for Azcanta]

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    Sbatti inconsciamente le palpebre, l'odore di sale e il fragore di onde lontane sono un campanello d'allarme per i tuoi sensi.
    Ti sei trovato a viaggiare nelle faglie dell'universo per così tanto tempo che ormai il senso di alieno cade nella normalità, quella perdita di colori e senso di nuovo che rende ogni terra agli occhi inedita semplice come una pianura oltre il vetro di un modesto salotto. Ogni passaggio è una porta che si apre verso l'ignoto, ad ogni passo verso un nuovo mondo è spontaneo chiudere gli occhi e trovarsi in un colpo di spalle sotto nuove stelle.
    Eppure stavolta la realtà sembra apparire più come un puzzle privo di sfumature apprezzabili, ancora frammentato che fa uno sforzo immenso a riunirsi davanti a te: un tentativo faticoso e quasi opprimente mentre tasselli di cenere si assemblano per schiacciare il nero di seppia in cui ti trovi a marciare. L'immaginazione si affida a categorie consolidate per offrirti risposte, anche se strizzando gli occhi l'unica risposta è un acceso mal di testa che ti coglie per un istante e ti invita a desistere.

    Quasi come se ti venisse chiesto del tempo e di accantonare per un attimo l'arroganza di una comprensione,
    con lo stesso riguardo di un palcoscenico che ancora attende scenari e attori.
    Quale pubblico vorrebbe immedesimarsi in una terra ancora vuota?


    Avverti i piedi affondare in terra bagnata in tonfi strozzati,
    alternando un suolo vischioso a uno più rigido e frastagliato tipico di una scogliera.
    Sabbia umida, lo accetti in un pensiero che porta con sé il peso di una verità mentre la salsedine ti investe come un furioso avversario dell'odore di zolfo delle sigarette che rappresentano un vizio radicato negli anni. Il fragore delle onde si fa più intenso, sintomo di un mare che aggredisce con forza scogli non troppo lontani dalla tua posizione.
    Muschio, sale. Acqua, sabbia. Elementi di uno scenario che appaiono veri, un'analisi di ogni tuo senso che attende una conferma da parte dei tuoi occhi: e questa giunge quasi immediata, un consenso esteso al braccio che quasi afferra la cenere che ti avvolge e la getta via come se fosse spazzatura. Te ne liberi e stringi l'arma negli istinti di soldato e guerriero che eri, un titolo che non puoi più indossare ma che nei muscoli e in una mente ormai affilata come una spada ti permette di proseguire un cammino attraverso la nebbia.
    Luce ti accoglie, prendi un respiro profondo. Comprendi di trovarti in cima a uno strapiombo troppo modesto per aver fatto da sostegno a una lunga marcia priva di scalate - ma se volessi porti una domanda più importante, per quanto hai camminato perso nel vuoto?
    Non importa, non importa. Lo sussurrano le onde un centinaio di vetri sotto le rocce, lo sussurra un cielo al tramonto sfumato di erbe marce.
    Lo stesso sole, che perso dietro i fumi di nuvole dense pare corroso nel cuore da un nero omogeneo.

    Davanti a te, tra la schiuma del mare in tempesta, sinistre sfumature sembrano giacere sul fondo illuminandolo di chiare lanterne.
    Dietro di te invece puoi notare un piccolo sentiero tra le pietre smussate dal tempo, una via che sembra portarti verso un piccolo villaggio a poche centinaia di vetri di cammino anche se non riesci a notare particolari dettagli data la distanza e la foschia che fa da ostacolo al tuo sguardo. Non sarà una marcia lunga, ma non hai molto da fare al momento.
    Potresti calarti lungo lo strapiombo, ma forse senza l'attrezzatura adeguata potrebbe risultare estremamente difficile sopravvivere alla furia dell'oceano.

    Lontano lontano, persa nei rumori, ti sembra quasi di percepire il rintocco di una campana.

    -
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    [0] angolo del (fake) gm

    CITAZIONE
    Benvenuto nella scena masterata adibita all'ingresso di Maynard. :flwr:
    Non sarà nulla di particolarmente complesso, motivo per cui ho preferito anche una narrazione più compatta e priva di fronzoli inutili.
    Sentiti libero di raccontare la sua storia prima dell'arrivo sulla scogliera, come un eventuale stato d'animo durante la breve marcia nel vuoto.

    Come segnalato nel topic in bacheca questo farà da prologo al suo arrivo su Endlos, quindi per ogni dettaglio aggiuntivo sentiti libero di contattarmi.
     
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    «E così parti davvero»
    La voce che mi arriva alle spalle è familiare, conosciuta e resa nota da mesi passati assieme. È il tono che mi è nuovo: è difficile sentire Shanaya così abbattuta è una novità. Una che mi sarei risparmiato volentieri.
    Il senso di colpa sale ancora prima di voltarmi verso di lei.
    «Già…»
    Quella è la parte peggiore di viaggiare. Lasciarsi ancora una volta tutto e tutti alle spalle. Senza guardarsi indietro, spinti solo dall’insaziabile desiderio di scoprire cosa si nasconde oltre. La sento sedersi nell’erba della scogliera, al mio fianco. Di fronte a noi, il mare di mercurio in piena tempesta, coperto da scure nuvole dentro le quali rimbalzano lampi e tuoni. Uno di questi scuote l’aria, scuotendomi fin dentro le ossa. Una sinfonia familiare.
    «Non serve a niente chiederti di restare vero? Potresti rimanere nel mio laboratorio. Te la cavi a maneggiare l’Etherium. Puoi restare»
    «No. Ho già preparato tutto. Domani se i cieli sono puliti, ho un’aeronave che mi aspetta»
    Sollevo il braccio, lo passo dietro la sua schiena e sento Shanaya appoggiare la testa contro la mia spalla mentre l’abbraccio.
    «Sei un pessimo bugiardo lo sai vero? No. Ora lasciami parlare. Ho già parlato con tutti i capitani che conosco. Nessuno parte domani. E hai abbastanza cervello da non aver chiesto un passaggio ad uno dei pirati di Riopietroso»
    Non rispondo. Mi limito a fissare i lampi distanti mentre il vento comincia a farsi più forte e una leggera pioggia comincia a bagnarci i capelli.
    «Da dove vieni Maynard? So che non sei arrivato qua per caso. Ma perché sei venuto qui? »
    Posso spiegarglielo? Posso mettermi di metterla a conoscenza del fatto che quello in cui vive non è l’unico mondo che esiste? Che lei non è altro che un pesce in un lago, ignara dell’immensità che si nasconde oltre la superficie dell’acqua? Ci penso. E poi con lentezza comincio a spiegare. Non le parlo di Aeralys, non le dico dei mondi che ho abbandonato. La sento allontanarsi e liberarsi dall’abbraccio.
    Quello fa più male del tono di biasimo che aveva pochi istanti prima.
    «Quindi quando parti? Per davvero questa volta?»
    «L’idea era andarmene subito dopo averti salutato»
    Quando lo dico ad alta voce, mi rendo conto di quanto egoista devo sembrare in quel momento. Un idiota che si lascia alle spalle persone e cose come se non avessero alcun valore. Cose vecchie e già usate. Provo a scusarmi, ma riesco solo ad abbassare lo sguardo sull’erba bagnata.
    «Potevi dirmelo prima. Immagino che ormai sia troppo tardi ora. No. Non ti fermerò adesso. Non penso ci sia nulla che possa farti cambiare idea vero?»
    Il silenzio è una risposta in questo caso. E anche lei si limita ad abbassare lo sguardo.
    «Mi mancherai»
    È l’unica cosa che riesco a dire in quel momento.
    «Lo so. Beh? Non dovevi partire? Guarda che se speri di vedermi piangere ti sbagli di grosso. Fammi solo un favore. Promettimi che ci rivedremo. In questo mondo o in un altro. Non mi importa. Troverò un modo di raggiungerti. »
    Sorride. Provo a fare lo stesso. Dèi, perché deve essere sempre così difficile lasciare qualcuno. Un ultimo abbraccio, in silenzio. Un tuono. Un lampo. La corrente statica nell’aria punzecchia piacevolmente la pelle.
    Chiudo gli occhi.
    Un altro tuono. Un istante e so di non essere più lì. Chissà cosa ha visto Shanaya. Non sono mai incontrato qualcuno che fosse in grado di fare quello che faccio. Non saprei nemmeno spiegare che cos’è quello che faccio.
    «In questo mondo o in un altro»
    Sussurro mentre mi lascio trasportare distante.

    * * *


    Viaggiare fra i mondi è facile, se sai come farlo. Infrangere il tessuto della realtà, venire sbalzato da una realtà all’altra può diventare tanto facile come attraversare un sentiero ben curato. Non posso dire che sia mai davvero diventato così tanto facile, ma anche adesso che quel qualcosa che mi spinge a farlo sembra starsi lentamente affievolendo, so che per me dovrebbe essere più facile di quanto non sia stato questa volta.
    Il viaggio è facile.
    L’arrivo può essere più burrascoso.
    Le tenebre di un mondo nuovo mi accolgono con il loro freddo abbraccio. Il fiato si fa corto, il corpo teso, mentre le dita vanno a cercare istintivamente il calcio del fucile. È ancora dietro alle spalle. La pistola alla cintura. Tasto le tasche dei pantaloni fino a trovare quei pochi possedimenti che mi porto dietro sempre. E poi non mi resta che camminare, a passi incerti, in quel nulla che mi circonda, mentre la mente cerca di capire dove sono finito. Non avevo una destinazione precisa, questo è vero. Ma dal non-nulla in mezzo ai mondi, mi aspettavo quantomeno di incontrare un posto dove la flebile luce delle stelle potesse mostrarmi una via.
    Il rumore della salsedine è il primo a solleticare i miei sensi. Un rumore familiare, lo stesso che mi sono lasciato alle spalle quando ho viaggiato, si aggiunge per darmi l’idea di trovarmi su una spiaggia, o una scogliera. Quando la luce torna nel mondo, tutto comincia ad aver senso.
    So per certo però che non è la scogliera sul mare di mercurio che ho lasciato. So che il mondo è diverso. Dove mi trovo, tuttavia, è ancora un mistero. Le dita si avvicinano di nuovo al calcio del fucile, cercano il grilletto, mentre guardingo mi muovo sul bordo della scogliera. Il mare in tempesta, il rumore dei fulmini così familiare non bastano a tenere a bada la sensazione di completo smarrimento e il vago senso di nausea che si stanno facendo largo nella mente. Considero l’idea di richiamare uno di quei fulmini e di farmi accompagnare fino in fondo alla scogliera, a sfiorare il mare e scoprire cosa sono quelle luci distanti.
    «A che scopo però? »
    Ci sono alcune cose che ho imparato viaggiando. Una delle più importanti, è di non stare a sentire quello che dice la mia mente in momenti come questo. Non so dove sono. Non so come spiegare come ci sono arrivato. La cosa più logica è fingere di essere un viandante o un naufrago, tenere il più basso profilo possibile e cercare di capire dove mi trovo al villaggio alle mie spalle.
    Allontano le mani dal fucile, ma le tengo abbastanza vicine alla pistola. È solo più facile da estrarre, ma spero davvero di non averne bisogno. Sono io, in fondo, l’intruso in quel mondo.

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    Ogni passo è un rintocco, una lenta discesa verso un abisso di nebbia e roccia di cui non sai nulla.
    L'esperienza ti insegna a prestare attenzione ad ogni rumore, ad ogni sussulto calpestando terre aliene fino a guadagnare consapevolezza della loro esistenza; non è difficile quando ci prendi la mano, ma è una abitudine difficile da mantenere. La scogliera non appare ripida, non trovi speroni atti a minarti le vesti e persino meno porzioni scivolose che preservano intatto il tuo equilibrio.
    Il vento e il mare hanno eroso per decenni quella che per i fondatori del villaggio fu certamente una barriera naturale, vero e proprio bastione verso una furia che altro non può fare che urlare e graffiare la roccia con flutti di cobalto.
    Lo ascolti però e sei consapevole, l'oceano sa essere paziente e questa è una verità antica quanto lo stesso universo. Come le lanterne che hai scelto di non raggiungere, osserva nel rumore ogni passo di chi calpesta la terra certo di sfuggire alla sua presa: quanto tempo dovrà ancora passare prima che anche l'ultimo muro di pietra si rompa, prima che una semplice e sola breccia divenga un cancello per travolgere e schiacciare ogni cosa?

    Non oggi.
    Non domani.
    Un giorno.

    Sa essere paziente, ogni impatto contro lo strapiombo fa eco ai tuoi passi e al battito del tuo cuore. Come il villaggio, sei certo di essere un valido destinatario di attenzioni. Uno sguardo vigila attento su di te, su ogni colpo di tacco sulla roccia che straordinariamente diventa polvere e cenere oltre la tua ombra e quasi lascia una scia profana del tuo passaggio. Magari ci è voluto un po' per notarlo, magari è stato necessario l'appoggiarsi verso una punta più ambiziosa come sostegno per scavalcare due porzioni del sentiero che si sfioravano e risparmiare alcuni metri di strada.
    Può essere stato un caso.
    Le coincidenze non esistono, Maynard.
    Ma la tua stessa esistenza sembra godere di un peso non indifferente per questo luogo, qualunque sia la sua posizione nell'universo.
    Sta a te definire il colore di questa influenza, se benefica o semplicemente terribile.

    Un tintinnio si fa strada in lontananza, ancora e ancora.
    Scintilla nell'oscurità, piccola fiammella nel cielo divorato dal nero che splende sopra di te.
    Chiudi gli occhi, respira. Ascolta. Il tuo nome è sinonimo del cambiamento.


    hB2eF5e
    Desolazione. Ci sarebbero tanti modi per definire il villaggio, per descrivere le assi semplicemente distrutte di alcune abitazioni o delle fiamme che ancora ne divorano altre senza però riuscire a eroderle come in una stasi temporale perfetta. Il centro abitato lo vedi ancora da una decina o leggermente più di distanza, abbastanza da non dover contare su un orizzonte contaminato dalla nebbia e mettere a fuoco quello che i tuoi occhi suggeriscono.
    Non troverai grida in cui confonderti, non troverai una folla in cui indossare un cappuccio e ascoltare storie in una taverna di periferia.
    La vita ha abbandonato questo luogo da troppo tempo per tornare indietro ormai, anche se strizzando gli occhi ti pare di intravedere un qualcosa di più intenso nel lato opposto del centro al fianco di uno degli edifici più imponenti: individuarlo non è complesso, ogni altra abitazione difatti risulta estremamente modesta se messa a paragone con una struttura che si eleva per almeno un paio di piani con sopra una cupola che brilla di una luce soffusa filtrata da lastre di vetro.
    L'identità non ti è nota, ma le sue sfumature color zaffiro la rendono una pira indimenticabile.

    [PNG - ??? « Per gli Dei, non avrei mai pensato di vedere qualcuno camminare in questo angolo dimenticato dal Cosmo! »

    Una eccezione che riesce a sopravvivere anche alla più terribile delle catastrofi.
    Alla tua sinistra, quasi al termine del sentiero e adagiato contro un macigno, un uomo avvolto in una veste di pece e adornata nell'oro sembra riposare e ansimare con fatica. Sangue macchia il terreno su cui poggia i sandali, gli occhi sono socchiusi in una sofferenza che per un istante appare come un lungo squarcio all'altezza del collo.
    La pozzanghera rossa, estesa al punto dal depositarsi in una conca sotto di lui, lascerebbe presagire una morte imminente se non fosse per la luce emanata proprio dalle stoffe che gli avvolgono il corpo, per una successione di simboli e rune nel bordi che spegnendosi sembrano trascinare con sé le ferite in un impeto di rigenerazione.

    [PNG - ??? « Anche se temo debba maledire la stella che l'ha guidata qui, viandante. »

    Un respiro strozzato, la mano destra si tende verso l'ingresso del villaggio davanti a voi.

    [PNG - ??? « Non è più un luogo per vivere questo e il Cavaliere non permetterà a nessuno di andarsene.
    Pochi ci sono riusciti, in passato. Tutti gli altri sono stati inseguiti e uccisi
    . »

    Non ho intenzione di fare la stessa fine, un commento che rimane in gola per un dolore che lo inchioda in quella posizione. Stringe il fianco destro, a una occhiata attenta noti che la lunga veste è lacerata in più punti sugli avambracci e le stesse spalle mostrando ferite che si sono rimarginate da tempo.
    Tanto tempo. Ma nonostante tutto nei suoi occhi non leggi paura, esitazione.

    Forse vendetta, un desiderio che brucia nel petto e che gli permette di non cadere nella disperazione.

    -
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    Polvere e sabbia. Vento e mare.
    Distruzione e disperazione.
    Affondo prima nella sabbia e poi nella polvere di quel luogo che appare dimenticato da ogni dio che abbia mai camminato per quella terra. Arida. Silenziosa. Morta. Le dita continuano a stare ben strette sul calcio del fucile che ho legato alle spalle, rimango pronto a sfoderare l’arma e affrontare qualsiasi cosa si pari di fronte a me.
    Un’abitudine che vorrei aver perso. Non è bello vivere nel terrore di un agguato nemico, con le orecchie tese e sempre pronto a reagire ad un’imboscata nemica. Non è il miglior modo di presentarsi, soprattutto quando voglio fingere di essere un solitario viandante, un naufrago dai capelli incrostati di salsedine, il volto distrutto dal viaggio in mare. Trascinato dalla corrente.
    In fondo è vero. Ma la corrente che mi ha portato in quel luogo, quella scintilla di cui a malapena comprendo la natura, non è mai stata legata al mare. Balugina nel petto, elettrizza i capelli in un rimasuglio di statica che mi sto portando dietro dal viaggio. Più cammino, più mi maledico per non aver dato retta aShanaya. Sarei potuto rimanere. Restare con una delle poche persone che posso definire amiche in mezzo al numero di mondi che ho visto e viaggiato. E invece sono andato avanti. E l’ignoto, come desideravo in fondo, è pronto ad accogliermi e a divorarmi.
    Il villaggio si avvicina, ma è chiaro come quel posto sia desolato. E la cosa non mi piace, per niente. Non c’è niente di buono che un villaggio dimenticato possa portare. Mi inginocchio, orecchie tese e pronte a cogliere ogni passo alle mie spalle, prendo una manciata di polvere mista a sabbia e la osservo scorrere via dalle mie dita. Cosa cerco? Tracce di incendi, danni da pirolite incendiaria che abbia raso al suolo la vita, segni di agenti chimici. Niente.
    Mi alzo, e il silenzio viene interrotto da una voce.
    In un gesto rapido, una routine acquisita in guerra e nei viaggi che pochi mesi di pace non ti possono togliere dalla mente, le dita volano alle cinghie che tengono il fucile alle spalle. Le slacciano, si aprono, accolgono il peso del fucile. E l’arma viene ruotata così da puntare verso il nuovo giunto, poco dopo che questo mi dica che la stella che mi ha portato qui, debba essere maledetta.
    «Non sono in cerca di problemi»
    Cerco di prendere tempo, di capire cosa voglia la silenziosa figura che mi sta indicando il villaggio. Sangue ai suoi piedi, vesti lacere. Ferite su tutto il corpo. Posso sopraffarlo? Posso ucciderlo se la cosa si rivelasse necessaria? Come posso tenermi abbastanza distante da poter aver tempo di ricaricare.
    Detesto quelle domande. Inculcate nella mente e destinate a rimanere. Nemmeno fossi diventato io stesso un’arma. Solo uno strumento di morte che deve studiare il modo più efficiente per uccidere. Provo ad abbassare il fucile. Quando mi dice che nessuno ha lasciato quel posto, mi ritrovo a sollevarlo di nuovo verso il suo petto e ad indietreggiare leggermente.
    «Chi sei, Cavaliere? Non- non sono di queste parti. E non voglio combattere. Se ti da fastidio la mia presenza qui, posso andarmene. Come se nulla fosse mai successo»
    Posso andarmene? Non lo so. Quel posto è strano. Odora di morte e di disperazione, il mare si scontra contro la scogliera con battiti regolari, ma più rimango in quel posto, più la sensazione, adesso acuita dalle parole del viandante che si trova di fronte a me, che nulla di vivo esista più in quel posto si fa largo nella mia mente.
    «Non sto cercando guai»
    Ripeto. E nel mentre, continuo a muovermi così da tenere una solida distanza fra me e il Cavaliere. Pronto a sparare un colpo di avvertimento ai suoi piedi se dovesse avvicinarsi con intenzioni poco raccomandabili, o direttamente al petto, se provasse ad attaccarmi.
    “Mai attaccare alla testa. Mira al cuore. Mirano alla testa gli stupidi in cerca di gloria”
    Pensieri e ricordi di un addestramento di ormai anni fa, tornano dolorosamente in superficie. Mi ritrovo a imprecare fra me e me per la mia sfortuna.
    “Scheiße*”

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    Cerchi di comprendere i colori che il mondo attorno a te sceglie di offrirti,
    di decodificare messaggi nascosti nell'opprimente desolazione che ti avvolge. Hai marciato lasciando dietro di te scie di cenere, nel furore delle fiamme al contrario ti aspetti il caustico sentore della guerra che per chissà quanto tempo hai accolto al tuo fianco: ma non la trovi, non c'è alcun residuo bellico che anima il rosso attorno a te o che possa investirti le narici con un bruciore spietato. Ma è forse questa assenza una delle tante che dovrebbe animarti i pensieri, come l'odore di legno bruciato che sotto la bonaccia non si espande e ti raggiunge a fatica.
    E lo ricordi dalla scogliera come pochi edifici fossero vittime di tale aggressione del fuoco, che però non si espande.
    Brucia da così tanto tempo, eppure non sono poche le strutture superstiti che al contrario vengono schiacciate da un destino diverso e più vincolato allo scorrere del tempo.

    Il Tempo è un fiume che scorre per vie assolute, uno dei pilastri che regolano le leggi del creato.
    E quello assegnato ai mondi appare spesso infinito, come quello degli Dei che lì trovano il loro dominio.
    Ma è davvero così, Maynard?

    Parole e grida si perdono nel vento, incapaci forse di raggiungere un destinatario che non ti sa offrire risposta.
    Dai confini del villaggio, perduto nella foschia o dalle stesse vampate di rosso vivo, la posizione di questo fantomatico Cavaliere appare distorta: il riferimento offerto dall'uomo è puramente nominale, sostenuto dal semplice tendere del braccio che non poteva offrirti altro che una direzione confusa. Credi che si tratti di un uomo, una delle tante razze che strizzano l'occhio a un retaggio comune. Cuore e testa sono categorie di guerra che non prevedono il dubbio di una eccezione, ma la tua esperienza saprà offrirti ciò di cui avrai bisogno al momento opportuno.
    Ricordi le sue parole, causa del tuo turbamento.
    Per questo hai arretrato, accogliendo come verità il suo ammonimento.

    hB2eF5e
    Ritorni di pochi passi sul cammino che ti ha condotto all'ingresso del villaggio, beandoti di un metro o poco più di altezza che potrebbe rivelarsi prezioso. Forse ti aspetti l'arrivo di una bestia furiosa, di un crociato pronto a impugnare una spada crudele pronta a trascinare con sé la tua vita e quella dell'uomo adagiato contro il masso.
    Lo stesso che ora in un colpo di reni cerca di alzarsi, tastando con cura cicatrici ormai sul punto di disperdersi come dopo l'essersi svegliati da un incubo terribile. Ti guarda, i suoi occhi parlano di apprensione.

    [PNG - ??? « Non ha una bocca con cui parlare, non ha orecchie con cui poterti sentire. »

    Solleva ancora la mano destra, indicandoti di nuovo lo stesso punto.
    Stavolta forse con più attenzione, direzionando il tuo sguardo proprio verso quello che dovrebbe essere il centro del villaggio, dove la pira cerulea brilla ancora imponente e furiosa.
    Colossale ora, quasi come in un battito che riconosce il tuo far parte di questo piccolo mondo.

    [PNG - ??? « Il Cavaliere semplicemente esiste, nato per punire chi respirava questa aria e ha navigato in un mare che ha ripudiato i suoi figli. »

    Deve alzare la testa per poterti guardare, una tensione del collo che a volte lo costringe a una smorfia di dolore.
    Alcune ferite appaiono rimarginate, ma sicuramente c'è altro nascosto sotto quelle stoffe logore, sotto un viso così stanco.
    Quella che descrive appare quasi una vendetta per individui ben definiti, quasi una maledizione.

    [PNG - ??? « Non so chi tu sia, se un Araldo di qualche divinità del Cosmo o un semplice viandante ma questa prigione cerca con tutte le sue forze di tenerti qui con me. Ciò che sfiori sembra venire schiacciato dal Tempo, che potresti riuscire a riportare in questa terra. »

    La cenere sotto di te, quella polvere chiara prima abbandonata al di là dell'ombra come un dono sgradito, si deposita sotto di te come una macchia su un tessuto pregiato estendendosi ad ogni battito del cuore. Tuo e dell'uomo, dello stesso mondo che quasi attende in silenzio.
    Respira con te.

    [PNG - ??? « Puoi offrirmi il tuo aiuto, viaggiatore? Sono stanco di morire ogni giorno. »

    E forse, per qualche ragione, ha quasi paura.

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    Edited by infelious - 9/5/2019, 19:24
     
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    Silenzio.
    Rumore delle onde distante.
    Di un vento che ha il sentore di morte e di disperazione. Di un mondo che sembra aver cessato di vivere. Continuo a stringere fra le mani il fucile, il peso ben bilanciato dell’arma diventa quasi un appiglio alla realtà, un’ancora mentale oltre che ad un mezzo per proteggermi. Un appiglio ad una realtà e ad un mondo che il fato ha deciso di farmi abbandonare in cerca di un destino del quale non conosco altro che l’inizio.
    Niente si fa avanti dal villaggio, la figura dalle vesti lacere e zuppe di sangue rimane ferma, adagiata sul masso, quasi stesse cercando di racimolare le ultime forze per poi potermi parlare ancora. Da quella struttura cerulea che spicca sopra le abitazioni spoglie e disabitate, non arrivano lampi di furia o manifestazioni di potere arcano. Deglutisco, e una parte di me quasi vorrebbe sorridere di fronte all’inaspettato che si trova di fronte ai miei occhi. E per questo che ho abbandonato la sicurezza di vivere in un unico mondo in fondo no? Quel brivido che attraversa la schiena e che si fa largo nel corpo, che stringe le viscere in una morsa di eccitazione e di terrore in uguale misura. Abbasso appena la canna del fucile, mentre l’attenzione si sposta sull’altro viandante che si trova in quel luogo. Un altro viaggiatore come me? Forse un reietto della società, un ramingo, destinato a viaggiare per sempre senza mai trovare pace né conforto in un posto che può chiamare “casa”.
    Difficile dirlo.
    Ma non sembra essere armato di cattive intenzioni. A malapena si alza, il peso delle cicatrici e delle ferite che le rune di cui è vestito sembrano appena rimarginare al punto da tenerlo in bilico fra vita e morte. Faccio un passo in avanti, di scatto e istintivamente, così da offrirgli supporto se dovesse barcollare o cadere a terra. Lo sguardo vola in direzione della pira al centro di quel luogo.
    «Non sono un araldo di nessuna divinità»
    Rispondo con cautela al viandante che si trova di fronte a me.
    «Sono un viandante, questo è vero. Ma di che mare stai parlando? E soprattutto… chi sei? »
    Il sospetto che sappia perfettamente che non sono di questo luogo in senso quasi metafisico, che oltre ad aver attraversato i confini di quel villaggio sulla scogliera, ho anche infranto quelli del mondo stesso dove si trova, si fa largo nella mia mente. Tengo però nascosta ancora la mia identità, almeno per il momento.
    «E cosa intendi per… riportare in questo posto il Tempo? »
    Mi avvicino appena, il necessario per avere una conversazione senza dover puntare costantemente il fucile contro il petto coperto dalle vesti logore del viandante. I sensi ancora all’erta, sempre pronti a cogliere una vibrazione nell’aria e nel silenzio che avvolge quel posto. A carpire un campanello dall’allarme che potrebbe significare la differenza fra vivere e offrire la possibilità al Cavaliere di strapparmi la vita dal petto.
    Mi viene domandato aiuto. La voce, prima stanca, si fa carico di quel tremore tipico della paura e dell’ansia. La pietà che quella vista suscita, si fa largo nel petto. Mi ritrovo ad imprecare a bassa voce fra me e me mentre lascio la mano coperta dal guanto metallico dalla canna del fucile, arrivando a tenerlo solo per il calcio e rivolto verso il basso. Me ne pentirò? Probabilmente. Ma è difficile rifiutare di offrire il proprio aiuto a chi lo sta domandando in quel modo.
    «Non so come sono arrivato qui»
    È vero, almeno in parte. Non era quello il luogo che avevo deciso di visitare. In mezzo all’eternità abbagliante che è lo spazio fra i mondi, fra le milioni di sfere che galleggiano placide in quel mare di non nulla, quel luogo sarebbe passato inosservato ai miei occhi. Eppure qualcosa mi ha portato lì. Che sia la prigione di cui sta parlando o altro, difficile dirlo.
    «Non so nemmeno se posso portarti con me. Posso provarci. Se quello che desideri è andartene da questo posto»
    Se il suo desiderio è, invece, quello di mettersi contro al guardiano di quel luogo, quello che per vendetta o per obbligo sembra colpire chiunque abbia messo piede in quel posto… la risposta potrebbe essere diversa. Quello che gli ho detto all’inizio è ancora vero. Non sono qui in cerca di guai. Se riesco a passare inosservato sotto lo sguardo del Cavaliere, lo considererò un successo.


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    Il mistero e l'ignoto si tingono di sfumature di ardua comprensione,
    racchiudendo spesso in pennellate di nero l'infinità di un cosmo che per comunicare si affida alla semplice ma terrificante empatia. Accettare la presenza dell'uomo a pochi metri da te significa imprimere nei tuoi occhi la sua stessa esistenza, convalidare nelle profondità del cuore di non essere più solo in terra straniera, unico interprete di una storia che ancora purtroppo non riesci a definire. Il passo in avanti può dirsi importante però, al silenzio puoi finalmente opporre infinite parole di un compagno che combatte strenuamente per la sua vita davanti a te. Quando gli porgi la mano in un gentile sostegno il viso gli si spezza in un autentico sorriso, grato della premura di un guerriero che era pronto vedere svanire tra le fiamme e lasciarlo lì abbandonato.

    Ed è proprio in questo momento che un vento quasi gelido sembra afferrarti le ossa.
    Quando gli stringi la mano aiutandolo a rialzarsi, per un singolo ma preziosissimo istante avverti l'aria fremere e il mare solo successivamente acquietarsi nel fragore di uno tsunami che impatta con violenza contro la scogliera, instabilità più tipica di un cuore che sussulta impaurito trattenendo poi il respiro per riportare tutto al suo posto. La terra quasi trema, il tuo equilibrio rimane intatto mentre con l'udito percepisci che non ci sono più onde in grado di catturare la tua attenzione, persino lo scoppiettio delle fiamme è muto lasciando bruciare gli edifici in una dimensione lontana che osservi quasi esiliato dall'altra parte di una finestra.

    Hai trovato compagnia, in cambio ciò che hai ricevuto è un angosciante silenzio.

    [PNG - DERLETH « Il mio nome è Derleth Stevenson, stregone e curatore di quello che un tempo era un villaggio adibito alla ricerca di rovine antiche e dimenticate. Studiavamo ciò che i padri dei nostri padri ci hanno lasciato, ma ora per volontà di una Dea sono l'ultimo prigioniero. »

    hB2eF5e
    Ha avuto tempo per respirare, l'uomo.
    Sai però che il bagliore delle vesti non è sufficiente per temprare un corpo divorato dalla stanchezza, anche il più saggio degli arcimaghi non potrà far tornare a combattere un uomo superstite da tre giorni di guerra. Lo avrai visto nei conflitti osservati dalla distanza, oppure è una conoscenza figlia di anni di studio.
    Ci sono momenti in cui è necessario riposare, donare equilibrio al proprio organismo.
    Un incantesimo può ricucire la carne, ricomporre le ossa. Ma nulla di più. Lui ora ripudia tale concetto indossando una maschera incrinata da spasmi di dolore, quasi per donarti una qualche forma di certezza.

    PNG - DERLETH « Il Tempo è uno dei pilastri che regolano le leggi del Cosmo, segna l'inizio e la fine dei mondi. Se hai viaggiato per una manciata di dimensioni, dovresti aver compreso che persino gli Dei non possono negarlo. »

    Un seme sarà sostituito da un albero rigoglioso.
    Da lì potrà nascere una foresta, divorata poi da un furioso incendio.
    Tutto prima o poi morirà, se anche pochi individui possono vantarsi di aver attraversato le ere prima o poi una maledizione sarà in grado di strappare loro l'ultimo fiato e riportarli al riposo eterno. Nulla sfugge all'Oblio.

    PNG - DERLETH « Ma possono arrestarne il flusso, chiudere ed esiliare domini ai confini della realtà. Questa prigione è una scatola chiusa in cui sei purtroppo scivolato durante i tuoi viaggi. »

    Non esistono le coincidenze, Maynard.
    L'uomo, che si è allontanato forse di un paio di passi, assume ora una espressione quasi dispiaciuta. Sarà successo qualcosa in passato per portare a tutto questo, qualcosa di terribile che doveva essere nascosto anche a costo di distruggere tutto quanto.
    Si, potrebbe essere una verità accettabile: hanno trovato qualcosa nelle loro spedizioni, guadagnandosi l'ira divina.
    Potresti ripeterla infinite volte nella tua mente, rianalizzando i dati ottenuti fino ad ora. Non riesci a scartarla, come se fosse effettivamente l'unico scenario che puoi immaginare.

    PNG - DERLETH « Tu sei un esterno però, possono impedirti di fuggire in quanto ormai parte della loro prigione ma semplicemente trovandoti qui il Tempo torna ad avanzare. Non sei un figlio di questo mondo, hanno un potere limitato su di te. »

    La terra che sfiori diventa cenere.
    La roccia diventerà polvere, finalmente dispersa nel vento dopo ere.

    PNG - DERLETH « Il Cavaliere non sarà più invincibile e se lui cadrà anche l'ultima barriera farà la stessa fine. Potrai riprendere il tuo cammino, marciando fino ai confini dell'orizzonte se lo vorrai. »

    Il finale a cui anela, in un tocco di nostalgia, sembra essere invece qualcosa di diverso.
    Qualcosa che non riesci a comprendere.

    -
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    Niente in particolare da segnalare, stiamo andando benissimo.
     
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    Il mondo si blocca nel momento in cui le miei dita sfiorano quelle del mago. Il guanto d’acciaio che copre il braccio tintinna appena quando lo aiuto a risollevarsi. Il resto, è solo silenzio angosciante. Il vento sembra quasi bloccarsi, fermo in una instabilità innaturale, il mare blocca il suo incessante scrosciare e infrangersi contro la scogliera. La domanda, naturale, se ho preso la giusta decisione, si fa largo nella mia mente. Mi volto verso il mare, o almeno, nella direzione in cui si dovrebbe trovare. Il silenzio, ancora una volta, accoglie i miei pensieri. Non sono del tutto sicuro che il sorriso carico di gratitudine di Derleth sia un giusto compenso o possa controbilanciare il senso di angoscia che mi stringe il petto in quel momento. Ma non posso tornare indietro.
    Il mago di fronte a me continua ad esistere, a sopravvivere, trattenuto dalle vesti arcane che cercano disperatamente di combattere contro le ferite che sfregiano il suo corpo, mi spiega a fatica dove mi trovo, quale era il suo ruolo.
    «Ho viaggiato per alcuni mondi sì»
    Mi ritrovo a commentare alle sue parole. Mondi che ho lasciato alle mie spalle, mondi che mi hanno plasmato ma che ormai mi hanno anche dimenticati, ignari della mia presenza. Incuranti di essa.
    «Non mi sono mai impicciato di divinità e simili però. E il tempo… è una delle forze che ancora sfugge al mio controllo temo… So… sì. So viaggiare fra i mondi. Non sono un esperto in materia però.»
    Provo a commentare e a buttarla sul ridere, ma quell’accenno di risata dopo le mie parole muore nel silenzio che mi circonda. Parlare, in mezzo a quel niente, appare a tratti quasi un crimine, un insulto a qualunque dio abbia voluto che il mondo rimanesse in quel costante stato di stasi. Un po’ come lasciare un’impronta di sporco in una stanza completamente bianca.
    Una bianca prigione, a sentire le parole di Derleth.
    «Scheiße*»
    Impreco di nuovo, a bassa voce, mentre mi guardo attorno e il mago continua a parlare. Un viandante sfortunato. Una falena catturata da una scintilla di luce senza che potesse avere alcun potere decisionale. Cosa hanno fatto per scatenare le divinità di quel luogo così da meritarsi quella prigionia eterna? Cosa hanno studiato? E soprattutto, posso davvero fidarmi di quel mago? Non sembra davvero intento a volermi ferire. Se lo avesse voluto, in fondo, ne avrebbe avuto l’occasione da tempo. Respiro, provo a calmare il fiume di pensieri che si stanno accumulando all’interno della mia mente.
    «Non ho mai avuto il piacere di incontrare le divinità del mio mondo. Comincio a pensare che forse sia stata una fortuna Derleth…»
    Mi volto verso di lui, perplesso. Il tempo in quel luogo sembra muoversi senza una vera logica.
    Ma il volto si fa di colpo scuro e l’espressione più seria nel momento in cui viene accennato il Cavaliere di nuovo.
    «Non sono un assassino»
    Pronuncio, serio. Ho abbandonato quella strada. Ci sono quasi morto in guerra. Non so nemmeno perché sono riuscito a scapparci. Qualsiasi sia il potere che mi è stato donato, mi ha trascinato via da un’eternità passata ad uccidere nel nome di una nazione in cui ho smesso di credere nel preciso istante in cui mi è stato domandato di strappare la vita ad altre persone per compiacere il desiderio di un qualche nobile o burocrate e la sua sete di espansione.
    «Non so se è quello che ti aspetti da me… non voglio diventare un assassino e uccidere… qualsiasi cosa sia il Cavaliere»
    Sempre che possa davvero morire. Mi è stato appena detto che adesso non è più invincibile, e prima che nel preciso istante in cui proverò ad andarmene, quell’entità che è stata messa a guardia di quel mondo mi darà la caccia. Braccato come un animale. L’unica colpa, quella di aver calpestato quella terra straniera.
    «Dimmi che c’è un’altra opzione…»
    Il tono nasconde una silenziosa preghiera. La speranza che davvero ci sia un’altra opzione, una che non mi permetta di confrontarmi con quello che ho fatto in passato. Con quello che sono stato.
    “Schifoso egoista”
    È l’unico pensiero che brilla nella mia mente, mentre le labbra si storcono in una smorfia disgustata, disgusto per me stesso e per la mia codardia.

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    Ci sono eventi circoscritto all'attimo di effettiva realizzazione, così semplici da assolvere il loro compito senza ripercussioni.
    Calpestare i fiori di un prato ad esempio, generando così una marcia che si protrae all'infinito privando il singolo di ogni importanza.
    Nutrirsi, gettare un sasso nell'oceano in una prova di forza e abilità tra i propri compagni. Sono scene di vita comune, piccoli tasselli che spingiamo e lasciamo cadere senza rendercene conto.
    Ce ne sono altri però che ci collegano all'esistenza di chi ci sta attorno, a un flusso di storia che talvolta dipingiamo nella visione romantica del destino: stringiamo loro la mano e ci troviamo a correre inconsapevolmente insieme, diventiamo un mosaico più grande e così meraviglioso da lasciare una traccia fondamentale in questo momento che tutti ricorderanno quando anche il nostro nome sarà distante anni luce.
    Non esistono le coincidenze, Maynard. Il mondo trattiene il respiro per ciò che hai fatto, per una successione di eventi che non poteva prevedere: una scatola chiusa che ora non lo è più, un perfetto equilibrio che non poteva accogliere la presenza di un nuovo e inedito viaggiatore.

    Viandante in terra straniera.
    Inchiostro che ora cade su un foglio di carta,
    lasciando una macchia indelebile.

    Ti trovi incapace di dare un senso alla cascata di eventi che si stanno lentamente e inesorabilmente formando, forse nella speranza che rimanere un passo indietro potrà fermare tutto questo. Hai paura di aver sbagliato, forse si esserti macchiato di una blasfemia.
    Quando ti stringi il cuore, ciò che ricevi è un nuovo boato.
    La terra trema, di nuovo. L'aria vibra, quasi rinvigorita da una pausa necessaria per tornare a respirare con vigore. Un urlo, mentre vedi flutti raggiungere la cima della scogliera e infrangersi con innaturale violenza.
    Quasi come se il mare, incrociando il tuo sguardo, avesse deciso di seppellirlo
    sotto la crudeltà di uno tsunami, incapace però di raggiungerti.
    Stavolta.


    Potresti però accogliere questa volontà, scegliere di renderla tua: come rinnegando la richiesta dello stregone, potresti chiudere gli occhi e farti travolgere dalla furia degli elementi, quasi immergendoti in questo nero che presto o tardi lascerà svanire il villaggio in fiamme e i suoi misteri.
    Le sue risposte, come in un colpo di spugna.

    Ma è davvero ciò che vuoi?

    hB2eF5e
    Cedere è una possibilità.
    Combattere è un altra, anche se hai rinnegato l'istinto guerriero.
    Perché il Tempo scorre, non è necessario esserne signori e custodi per avvertire la polvere sotto i tuoi piedi espandersi ben oltre la piccola porzione di scogli su cui vi siete rifugiati ed avete atteso fino a questo momento. Hai atteso, prigioniero di un dubbio che aprendo alcune porte ne ha chiuse altre.

    [PNG - DERLETH « Non ti chiedo di affrontare questo male per conto mio. »

    Scuote la testa, lasciando svanire attraverso le parole l'ingaggiarti come suo mercenario.
    Ti ha chiesto aiuto, non di sostituirti a un'ordalia che dovrà superare di persona.
    Il suo peccato, come per tanti altri che non ci sono più e ha visto svanire.

    [PNG - DERLETH « Solo di darmi la possibilità di raggiungerlo, di creare una breccia nelle sue difese. »

    Se il mondo marcisce lentamente sotto i tuoi passi, forse un colosso non sarà più invincibile sotto il fuoco delle tue armi.
    Il mare rifiutato il silenzio, ora scegliendo di camminare sulla via della catastrofe.
    Cerchi altri percorsi, forse di pace. Ma non sai se riuscirai a sopravvivere al male che viene da oltre l'orizzonte, dal cataclisma che se sollevassi lo sguardo troveresti riflesso in nubi più dense e quasi cariche di pioggia.
    Seppur dipinte di verde, quasi uno smeraldo offuscato. Corrotto, sporco.

    [PNG - DERLETH « Gli Dei non osservano più questo luogo, forse sono anche svaniti tra le faglie del Cosmo. Eppure questa maledizione rimane, come un regalo per augurare solo sventura e tormento. »

    C'è rancore in quegli occhi, così come nelle labbra che potrebbero lacerarsi in una smorfia sofferente.

    [PNG - DERLETH « Ma se durante lo scontro riusciremo a indebolire il Cavaliere ed entrare nella chiesa che presidia, allora forse potrò fare qualcosa. E potremo andare via senza macchiarci di un altro peccato.
    Spero che seguirà me, Viandante
    . »

    Un orologio ticchetta nell'oscurità, piano piano.
    Senza fare altro rumore, schiacciato dai battiti del tuo cuore.
    Di Derleth, così come dello stesso mondo che osserva.

    Ora solo nel Caos.

    -
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    CITAZIONE
    Scusami, volevo seguire l'abitudine della turnazione in flash ma ieri è stata una giornata terribile.


    Edited by infelious - 15/5/2019, 11:24
     
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    Viaggiare fra i mondi è facile, se sai come fare.
    Restare è la parte difficile, rendersi conto di essere un esterno, un frammento ignoto dell’equazione. Estraneo, ma capace di influenzare come e forse ancora di più di coloro che sono nativi del piano. Entro in un mondo, mi faccio largo all’interno di una nuova dimensione e ne increspo la superficie. Perturbo un equilibrio ormai assodato con la mia stessa presenza. Potrei ritirarmi. Posso farlo? Andarmene e lasciare che tutto mi scorra alle spalle. Come se fossi davvero solo un sasso in mezzo ad un fiume che non mi appartiene.
    Ma ormai ho attraversato il velo che separa i diversi mondi. Mi sono immerso in acque sconosciuto e ho assaporato il profumo del vento di paesi distanti. Difficile tirarsi indietro a questo punto, difficile ignorare quello che si presenta di fronte a me. Posso considerarmi parte di questo mondo? No. Ma in un certo senso ne sono diventato parte della storia. Forse per gli ultimi istanti di vita di questo mondo. Il vento alle mie spalle e il mare in tempesta, continua ad urlare alle mie spalle. A ricordarmi della sua presenza.
    E del suo disprezzo.
    Distolgo lo sguardo dalla scogliera, mi volto di nuovo verso il mago.
    Mi rassicura, mi dice che non dovrò trasformarmi in un assassino per lui, che non dovrò di nuovo sporcarmi le mani di sangue. Un peso si solleva dal petto, ma si mescola al senso di colpa che si annida all’interno dell’animo. Perché al minimo problema, al minimo accenno di pericolo, mi sono tirato indietro, spinto da un codice d’onore che non sono nemmeno sicuro di quanto potrò mantenere.
    «Cosa hai in mente quindi? »
    Cedo. Forse con troppa facilità. Ma ormai ho deciso di accettare, probabilmente se ne è reso conto anche lo stregone con cui sto parlando. Appoggio la canna del fucile al suolo, guardo il metallo scintillare nonostante i graffi accumulati e la polvere che si nasconde all’interno di ogni piccola fessura e rottura. Non che abbia molta scelta.
    «Non sono uno stratega, te lo devo dire. E non sono nemmeno un mago. Non so quali sono le sue difese. Ma se non possono essere infrante da questa…»
    E sollevo l’arma con cui ho minacciato lo stregone all’inizio, accennando alla canna del fucile. Il suo potere, come il mio è limitato.
    «… non so come poterti aiutare»
    Se gli dei hanno lasciato il mondo dove ci troviamo, però, se sono i motori immobili di questa dimensione e coloro che sorreggono il potere del cavaliere, forse esiste la possibilità che non andranno ad intromettersi. Forse. Almeno questa è anche l’impressione che ho quando parlo con Derleth.
    «Quanto è distante la chiesta? E a parte il Cavaliere, cosa si nasconde nel villaggio? »
    Domando infine.
    Una scelta è stata fatta.
    Spero solo che quella sia quella giusta.


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    Attraversi una porta che avevi timore anche solo a sfiorare,
    avvertendo dietro di sé il chiudersi di molte altre. Hai fatto delle scelte fino ad ora, hai ascoltato voci e rumori per maturare un pensiero critico e speri privo di dubbi - così come distante dal frastuono della catastrofe che si fa eco nel mare e nel cielo, quasi pronta a caderti addosso senza alcuna situazione. Ciò a cui punti adesso è la sopravvivenza, la ricerca di un cancello per abbandonare quel mondo in rovina e proseguire la tua strada.
    La tua storia, verso altri lidi.
    Questa sarà solo una spiacevole parentesi, potresti dire.
    Credici, perché sarà la tua speranza: un appiglio nelle avversità, sostegno per continuare a camminare.

    Quando guardi l'uomo per l'ultima volta, l'unica risposta che ottieni è il capo che si muove lentamente in segno di diniego.
    Te lo aveva anticipato, siete probabilmente gli ultimi a camminare su questa terra: tu un viandante venuto da lontano, lui unico superstite di una mattanza che non sai per quanto tempo ha tinto la terra di rosso e azzurro.
    L'assenza di voci estranee alle grida del mondo potevano un suggerimento a questa verità che forse hai preferito evitare e scartare, nella volontà di non trovarti solo. Ma stringi le tue armi, solleva la testa e guarda davanti a te con coraggio.

    [PNG - DERLETH « Colpisci un uomo alla spalla e non sarà più in grado di brandire con lo stesso vigore la propria arma, punta alle caviglie per minarne la mobilità. »

    Derleth ti guarda, schiacciando in gola l'ultimo frammento di dolore che poteva concedersi.
    Parla di limitazioni, di indebolire un guerriero con le tue armi o forse dando forma a quel particolare potere che ti scorre nelle vene e che sta facendo marcire la terra su cui cammini: la scintilla è una forza che ancora non comprendi, ma è ciò che ti rende diverso dagli altri esseri umani tuoi simili.
    Lei ti rende speciale, forse è ciò che può spezzare le catene che imprigionano questo luogo da decenni.
    Dovrai solo appoggiarti alle conoscenze maturate nei conflitti, combattere. Osservare.
    Sopravvivere.

    Un orologio ticchetta nell'oscurità, ancora e ancora.
    La mezzanotte non è mai stata così vicina.


    [.....]

    Lasci dietro di te la scogliera,
    marciando verso il villaggio per quei pochi passi che servono per attraversarne la soglia. Non è facile, non lo è mai stato: dall'ingresso che si erge davanti a te sono numerose le lastre di legno in fiamme che trovi a ostacolarti il cammino, ma è semplicemente guardandoti attorno che riesci a trovare un varco ed evitare ustioni compromettenti. Lui è sempre al tuo fianco, aprendo la via in alcuni momenti così come lasciandoti il compito di muovere il passo più importante per altri.
    Il villaggio, così come avevi cercato di vedere dalla cima del bastione roccioso, non è particolarmente vasto: puoi contare poco più di una dozzina di abitazioni, disposte secondo una circonferenza attorno a una piazza che ancora sembra ricordare il raduno di un mercato popolare nonostante la devastazione che sembra averla flagellata senza pietà. Trovi infatti numerose lastre di legno accatastate lungo i confini o disperse nell'aria senza un preciso ordine o scopo, spezzate e frammentate come sotto numerose esplosioni.

    Tracce di vita vissuta, che il luogo nonostante tutto non vuole dimenticare.
    Era un avamposto, qualcosa di temporaneo per esplorare i misteri del mare,
    eppure c'era chi aveva scelto di credere in questo angolo del mondo e ha combattuto affinché tutto non fosse perduto.

    Ricordi, la visione dall'alto ora trova conferma in alcune case erose da una furia passata mentre altre bruciano ininterrottamente dipingendo di rosso vivo l'orizzonte, interrotto solo da quella pira di zaffiro così meravigliosa che non hai saputo dimenticare.
    Brillava! Divorando e superando l'indole vorace del fuoco più comune elevandosi a faro in questo mare in tempesta, superando lo stesso cielo di verde corrotto che non smette di osservare.

    Sbatti le palpebre, ora puoi dare un nome a questo infausto presagio.
    Il Cavaliere si erge davanti a te,
    statua apparentemente immobile davanti l'ingresso della chiesa che custodisce fedele.
    Un'armatura nera come l'abisso ne forgia il corpo, fumi profani scivolano lungo fratture che trovi in qualunque punto della sua difesa che però non sembra essere mai crollata. E i suoi occhi, oh i suoi occhi!
    Sono braci, profonde come il mare.

    asXySdk


    Crudeli come un orizzonte che non desidera più la tua esistenza.



    Il Cavaliere guarda te.
    Guarda solo te, non gli importa nulla di Derleth. Appena sente i tuoi passi scontrarsi con la terra secca solleva l'elmo di metallo e lo senti quasi respirare, uno stridio che ti raggiunge come un coltello affilato lasciando l'eco di un mal di testa. Un momento, non è una sofferenza prolungata quella con cui ti trovi a combattere.
    Ma avverti disagio, davanti a quella esistenza che non riesci a definire umana. Così neanche mostruosa, o di una qualunque altra creatura che hai trovato nei tuoi viaggi e che può donarti il suggerimento di una identità.
    Il Cavaliere semplicemente esiste nel concetto di un fenomeno, ripudiando una coscienza o istinto a guidare le sue azioni. Come un paladino plasmato da una volontà sovrana, agita una mano nel vuoto. Questo esplode in un flusso di fiamme multicolore, contaminato da quel nero che continua ad avvolgerlo.
    Stringe ora una spada, imponente da guadagnarsi il nome di claymore.

    [PNG - DERLETH « Attento! »

    Lo stregone al tuo fianco urla, ma è troppo tardi.
    Basta un sussulto del cuore per vedere il guerriero davanti a te spiccare un balzo inumato e proiettarsi verso di te con estrema velocità consumando quei trenta metri che fanno da ponte tra l'ingresso della chiesa e la vostra posizione in un paio di scatti, brandendo quel filo incandescente che consuma l'aria dietro di sé incidendo l'ombra di un mantello di cenere. Rotea a mezz'aria, potrebbe facilmente sbattere l'arma contro di te in un fendente a doppia presa.
    In realtà non è troppo tardi, perché le vedi: incisioni nell'aria, nuova ombra nasce davanti a te in una barriera erta dal prete apparso davanti a te dopo uno scatto da cui sembrava dipendere la sua stessa vita; perché ora siete nello stesso conflitto, contro un nemico comune.
    L'impatto tra spada e difesa è tremendo, una esplosione di pura energia scuote l'aria e quasi vi fa perdere l'equilibrio.
    Il Cavaliere ruggisce, una crepa si insinua sulla barriera che presto non potrà più fermare la sua avanzata.

    Avverti calore raggiungerti, vedi Derleth stringere i denti e dare nuovo vigore all'incantesimo che in un circolo di rune e scritture continua a farti da difesa.
    Ti ha guadagnato un'occasione per agire, Maynard.

    Non sprecarla.

    -
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    [VI] angolo del (fake) gm

    CITAZIONE
    Come da accordi privati siamo andati avanti fino all'incontro con il Cavaliere, così da risparmiare una turnazione di dialogo non necessaria.
    La descrizione del centro del villaggio - piccolino, ma pur sempre un raggruppamento di abitazioni è - dovrebbe essere sufficiente, ma se preferissi integrare qualche elemento di tavoli in rovina e affini per flavour procedi pure.

    Ai sensi del regolamento, attraverso un consumo Critico è normalmente concesso ai personaggi sfiorare una portata di 15 metri con le proprie tecniche. Potremmo dire che il Cavaliere ha sfruttato un doppio cast sfruttando una quantità spropositata di energia per poter raggiungere il tuo, sfruttando un attacco base che Derleth ha neutralizzato con una barriera.
    Ora, ai sensi della strategia un simile consumo è un po' stupido, ma spero si riveli una concessione gradita ai sensi della narrazione toccando con i poteri da GM le riserve a disposizione dei personaggi aggiuntivi. :flwr: Vediamolo come uno scontro tipo, qualcosa di bello per iniziare a toccare quella parte del regolamento.
    E se ci accorgeremo di difficoltà, sapremo cosa chiedere allo staff in gestione per poter migliorare.

    Hai quindi a disposizione entrambi gli slot tecnica per poter reagire.

    [???? - The Azure Knight].


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    Make your choice, adventurous Stranger,
    Strike the bell and bide the danger,
    Or wonder, till it drives you mad,
    What would have followed if you had.


    In quel mondo che lentamente si avvicina al momento in cui le porte si chiuderanno per sempre, uscendo di scena come una comparsa sul palcoscenico, si erano poste di fronte a me due diverse strade. Ho deciso di fidarmi del mio istinto, una cosa che mi ostino a ripetermi di non dover fare.
    Adesso non devo fare altro che sperare che non si riveli la scelta sbagliata. Posso dire che non mi è stata data alcuna scelta, ma in fondo so anche io che quello è sbagliato. C’è sempre una scelta, per chi ha occhi per vedere e orecchie per ascoltare, per chi non si pone problemi a tendere l’orecchio verso voci differenti. Ma ho scelto di aiutare il solitario mago, unico superstite in quel mondo vuoto. Le dita si stringono sull’impugnatura di legno del fucile, sento, sotto il peso del guanto d’arme, il materiale scricchiolare leggermente. Störenfried è il legame alla guerra che non mi sono riuscito a lasciare del tutto alle spalle. Anche in quel periodo di pace, almeno per me, la sua sete di sangue rimane. Alle parole del mago, giuro di nuovo a me stesso che se ci sarà un’altra alternativa, eviterò lo scontro.
    Sono un silenzioso viandante, non un mercenario in cerca di guadagnare una manciata di monete d’oro strappando la vita dalle dita altrui.
    L’atmosfera si fa più pesante. Derleth rimane in silenzio e io non faccio niente per far ricominciare la conversazione. Ci aggiriamo all’interno dei resti del loro villaggio, nei momenti in cui una barriera si pone di fronte a noi, provo a fare il possibile per aggirarla o per smuoverla così che il mago possa procedere. È la mia guida in quel luogo, in fondo, e sebbene le vesti e i suoi incantesimi sembrino tenerlo in vita, è chiaro che stia soffrendo. Silenziosamente mi domando cosa accadrà una volta che il Tempo tornerà a scorrere in quel luogo, e guardo di sottecchi il mago alle mie spalle mentre avanzo, il fucile stretto fra le dita e pronto a far fuoco al minimo movimento. Fiamme e distruzione ci attendono, quasi come se il villaggio fosse stato bombardato. L’immagine di un villaggio simile a quello appare nella mente. Ho anche dimenticato il nome, non era presente sulla mappa. Gli ordini erano solo di raderlo al suolo.
    “Non so se il tuo scopo è quello di punirmi per i miei peccati… ho abbandonato quella strada anni fa”
    Non sto chiedendo il suo perdono, quello della figura che si erge solitaria di fronte a noi, dubito che mi starebbe perfino ad ascoltare. Ma non desidero morire. Non ancora.
    I passi risuonano in quel mondo di morte e silenzio, il Cavaliere, solitaria figura di onice e cerulee fiamme, si erge di fronte a noi. Di fronte a me. Gli occhi brillano dell’istinto omicida, di quell’unico desiderio e compito che gli è stato affidato dalla volontà divina. Le dita si fermano sul calcio dell’arma, incapaci di raggiungere il grilletto.
    Mi fermo, di fronte a quella statua che ha preso vita, mentre solleva lo sguardo, avanza, fa comparire la spada. Fermo. Immobile. Ogni fibra del mio corpo che urla per scappare, per muoversi. Fermarsi è come morire in fondo. Sento a malapena le parole di Derleth quando in quella manciata di istanti, il Cavaliere scatta contro di me. Troppo veloce per essere un’armatura di acciaio e fuoco, troppo veloce per poter maneggiare quello spadone che ha fatto comparire fra le sue dita. Troppo veloce.
    “Non voglio morire”
    La barriera esplode di fronte a me, il mago che l’ha eretta, si frappone fra me e il cavalier di ossidiana. È quello che riesce a smuovermi di nuovo. Quello e il pensiero che torna nella mia mente.
    “Non devo morire”
    Mentre con la mano destra tengo il fucile, faccio schioccare le dita della mano sinistra, lasciando che il metallo del guanto risuoni in maniera meccanica. Scintille cominciano a comparire attorno a me, creano archi che si sollevano dal braccio e dalle dita e si connettono al volto, al fucile. Fanno crepitare i capelli e i vestiti.
    «dröhnen»
    Dico a mezza voce. Non è necessario, l’attivazione è nel gesto. Mentre la barriera si erge a proteggermi, vengo avvolto dal fulmine che ho generato e sembro quasi sparire alla vista. Ringrazio mentalmente Shanaya per avermi aiutato a forgiare il guanto d’arme che ho al braccio mentre mi lascio trasportare, il corpo ridotto ad un agglomerato di scintille che sfreccia oltre la barriera, oltre il Cavaliere, una sagoma indistinta e solo vagamente umanoide. Quando il corpo si forma di nuovo, a nemmeno cinque metri da dove ero partito, sono dietro all’armatura. In un gesto fluido, prendo dalle tasche uno dei proiettili di ambra, lo carico nel fucile, mi muovo indietro di un passo. Prendo la mira.
    Fuoco.
    «Hei! Mi stavi cercando? »
    Di nuovo il fulmine saetta dal mio braccio verso il fucile. Quando il proiettile d’ambra corre lungo la canna, scintille e lampi lo inglobano, dando l’impressione che dall’arma sia uscita una singola linea luminosa. Non ha la capacità di provocare grandi danni… ma anche se non si nasconde qualcosa di umano dentro l’armatura, forse è abbastanza per friggerlo e per bloccarne i movimenti per qualche istante.
    Nel mentre, tanto vale attirare l’attenzione verso di me. A differenza del mago, posso ancora combattere. E fuggire cavalcando il fulmine.

    » Riepilogo
    Teletrasporto con dröhnen dietro al <i>Cavaliere [consumo basso, 5 m] e dopo lo colpisce alle spalle con bernstein kugeln [consumo medio] così da provare a paralizzarlo per due turni.
    » Stato Fisico: Ottimale
    » Stato Mentale: Teso e in parte terrorizzato
    » Energia: 85/100
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    Il mondo inizia a piangere.
    Avverti le onde infrangersi contro la scogliera, con la stessa foga di chi si agita nel tentativo di arrestare l'inevitabile.
    Il fuoco danza nelle rovine del villaggio, manto cremisi che avvolge ogni cosa per intrappolarle in una spirale incandescente - come te, come lo stregone e lo stesso Cavaliere che nei suoi colori impone sfumature aliene a tutto questo. Il duello aveva trovato il suo inizio nel rintocco di una spada contro una barriera, nel semplice scontro di volontà tra chi cerca libertà e chi invece anela all'estinzione.
    Il cielo vibra nel distendersi di un respiro, lo scuotersi delle nubi graffiate da correnti inarrestabili.
    E poi ci sei tu, viaggiatore dei mondi. Maynard.
    Non sai perché sei giunto qui, cosa hai fatto di così sbagliato per meritarti una simile sentenza: una dimensione sigillata nell'ideale di una prigione perfetta, così da punire chi nelle epoche passate si è macchiate di una blasfemia universale.
    Basta poco a volte a dare inizio a qualcosa di grande, nella semplicità di un bottone con sopra l'egida dell'Apocalisse.

    LA SCINTILLA APPARE IN QUESTA REALTÀ.
    Verità che non può più essere negata, un fenomeno ormai concluso.

    Un orologio smette di ticchettare, i suoi ingranaggi cadono in infiniti frammenti.


    Il tuo è il D O N O di altri tempi, potere inarrestabile capace di infrangere i confini planari.
    O un semplice e meraviglioso veleno per quei luoghi chiusi in se stessi.
    Avverti. Senti.
    Nel cuore e nello spirito, nella mente.
    Non è l'udito a narrare di questo dolore, non è la vista che ne diventa prima testimone. Si tratta di una semplice e terrificante consapevolezza, di chi solo dopo aver commesso il misfatto comprende cosa ha lasciato dietro di sé.
    Agiti il fucile, sollevare il braccio e l'arma è facile. Così facile.
    Spari. Il proiettile danza nell'aria, si infrange nella spalla del Cavaliere Azzurro e forse riesce a penetrare per una modesta profondità seppur avvolto dai colori di quello zaffiro che ormai conosci così bene - ma non è questo che è importante, non ora. Non adesso.
    APRI GLI OCCHI, MAYNARD.
    C'è una inquietudine che si muove dentro di te, la stessa percepita all'inizio del tuo viaggio.
    Uno sconforto in un terribile crescendo, che ora attraverso gli occhi puoi definire e assegnarle dei colori. No, il concetto è sbagliato.
    Cambio di prospettiva, non sei tu ad assegnare titoli e nomi adesso.
    Non sei l'artefice di questa conoscenza, già sapevi cosa ti saresti trovato davanti.
    E i tuoi occhi adesso diventano solo il veicolo finale di questo sapere.

    Lì, dove per un istante calpestavi il terreno protetto dalla barriera di Darleth, una macchia di nero sembra contaminare l'aria.
    Pennellata distorta, colori che non sei in grado di decifrare e a cui spontaneamente delinei nella sfumatura che dovrebbe contenerli tutti, nella speranza di riuscire a tirare fuori qualcosa in una seconda riflessione. Un mal di testa ti coglie, devi spostare lo sguardo per cercare di non farti sanguinare gli occhi.
    Lì, dove hai effettuato un balzo estraneo al concetto di spazio e tempo, la realtà piange come straziata dagli artigli di una bestia, quasi sanguinando pezzi di vetro multicolore che quasi potresti confondere come cielo e terra, acqua e fuoco.
    Una frattura che si espande, vibrando in spasmi febbrili. Una infezione.

    [PNG - DERLETH « Ah... »
    La barriera cede, lo stregone respira.
    Il Cavaliere gli afferra il volto nel guanto d'acciaio quasi a tappargli la bocca, lanciandolo in avanti con straordinaria ferocia. La silhouette dell'uomo sembra svanire in una catasta incendiata nelle profondità del perimetro, avvolto da un fuoco che non ha intenzione di farlo rialzare.
    Non grida di dolore, non ci sono sussulti. Rimane tra le macerie, immobile per un istante.
    E poi si volta verso di te, quasi ansimando in stridii acuti.
    L'armatura si incrina in più punti, i fumi corrotti scorrono impetuosi.
    Solleva la spada, quell'imponente arma che in semplice movimento incendia il vuoto e te lo scaglia contro come un fiume, vettore della furia del mondo.

    L'odore, Maynard, ti ricorda quello dello zolfo.

    -
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    [VII] angolo del (fake) gm

    CITAZIONE
    Allora, prima di procedere con la turnazione mi sento in dovere di precisare una cosa importante.
    Ho chiesto un paio di informazioni allo staff riguardo dröhnen, che seppur descritta come un teletrasporto è comunque vincolata al concetto di movimento in linea retta. Su più dimensioni, ma la traiettoria è la stessa.
    Eventuali persone valgono però come ostacoli, che però l'eventuale GM o compagno di scena possono comunque accettare e darla buona. Io rientro in questa categoria per quanto riguarda la scena di ingresso, narrazione figa quindi bollino potente.
    Però semplicemente nel caso di avventure future o situazioni più complicate tipo... non so, una squadra di cinque tipi armati di scudo piazzati davanti a te potrebbe essere diverso.
    Ah, una seconda cosa! Edit che ho dimenticato.
    Le tecniche sarebbe una buona cosa allegarle in forma estesa, anche in forma spoiler al termine del post.
    Stessa cosa per le passive, io grosso modo ricordo a memoria l'auspex uditivo e regolo la narrazione di conseguenza ma altri giocatori/gm potrebbero apprezzare la omni presente nota.

    Per la turnazione il Cavaliere si è difeso dalla paralisi con una tecnica, l'effetto visivo del proiettile che penetra è rimasto però.
    La sua reazione verso Maynard interpretala come una tecnica a consumo Alto di natura Magica, con una estensione pari a dieci metri in lunghezza come definito dal regolamento. Ai fianchi considera un metro cadauno, per un paio in linea massima. :sisi:

    [???? - The Azure Knight].


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    Edited by infelious - 19/5/2019, 11:49
     
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    Inutile
    Il peso di quell’unica parola che risuona fra le pareti della mia mente, si fa sentire con tutta la forza che può portare con sé. Un unico colpo, un unico tentativo sicuro. Un proiettile che sebbene affondi nel metallo dell’armatura color onice, sembra non avere alcun effetto, perso all’interno delle fiamme che sembrano animare il corpo e la mente del Cavaliere.
    Un unico colpo. Facile. Un proiettile che doveva sfavillare nell’aria, caricarsi del potere delle tempeste, un potere così simile a quello che mi ha permesso di infrangere lo spazio e la realtà di quel mondo. Un proiettile che non sembra nemmeno aver lasciato il segno. Speravo che l’averlo preso alle spalle, l’essermi proiettato nell’aria e nello spazio potesse permettermi di colmare la differenza che separa me e il Cavaliere in termini di grezzo potere. Mi sbagliavo.
    L’unica cosa che rimane di quel tentativo, il nero al suolo, che per un istante confondo come il segno di una bruciatura, il colpo del fulmine che mi ha inglobato e che mi ha proiettato in avanti. Ma non è una bruciatura. È qualcosa di diverso, qualcosa di più grave, forse. Qualcosa che si espande. Lo stomaco si contorce in una morsa mentre prendo dalle tasche, un altro proiettile.
    Di nuovo il tempo sembra rallentare quando il Cavaliere si muove, avanza come ad afferrare la figura dell’unica persona che si trova in vita in quel luogo. Impreco, guardo imponente e bloccato sul posto da quell’aria di inquietudine e terrore che il Cavaliere porta con sé. Afferra il volto del mago. Le fiamme lo inglobano. Nemmeno un grido di dolore, e in un istante, di Derleth non rimangono che ceneri.
    «Derleth-»
    Ma non c'è più nessuno che possa ascoltare il mio richiamo. In quel mondo che si avvicina alla fine dei suoi giorni, ho soltanto portato altra morte e distruzione.Impreco, silenziosamente, faccio per sparare un altro colpo, e vengo bloccato dalla consapevolezza che quelle fiamme si stanno per riversare contro di me.
    «Mist!*»
    Impreco, questa volta a voce più alta, e sollevo il braccio a coprire il volto. Il guanto di metallo diventa incandescente, la pelle si ustiona. All’odore dello zolfo delle fiamme cerulee, si mescola quello di bruciato dei vestiti e dei peli delle braccia che sfrigolano sotto il calore. Spalanco le dita, provo ad assorbire parte del calore con la minuscola lente che si trova incastonata sul palmo e le temperature, se non altro, sembrano diminuire.
    Se è perché davvero il congegno montato sul braccio abbia funzionato [einsaugen] o perché la furia del cavaliere è di colpo cessata, è difficile da dire.
    «Du Hurensohn!**»
    Faccio per scacciare le fiamme, punto di nuovo il fucile verso il Cavaliere. Non so quanto riuscirò a resistere ai suoi colpi, non ora che l’unico baluardo di difesa contro di lui è stato carbonizzato dalle fiamme che sento continuano a bruciare la pelle. Non so nemmeno se sparare contro di lui abbia un qualche effetto.
    Ma non ho molte alternative.
    «Non puoi limitarti a morire e lasciarmi andare via da questo posto vero? »
    Grido con rabbia mentre libero un altro proiettile.
    La canna del fucile stride mentre la polvere da sparo si innesca, quando i fulmini ne corrono la superficie metallica [überlasten]. Non posso far fuoco troppe volte in quel modo e sperare che non mi esploda in faccia qualcosa. A questo punto spero che riesca a reggere un altro po’.
    Non ho lasciato un altro mondo solo per morire in questo. Stringo i denti e indietreggio, mentre provo ad ignorare il dolore della pelle bruciata che si è attaccata al metallo del guanto d'arme che indosso.

    » Riepilogo

    einsaugen » la lente del guanto è collegato ad un minuscolo condensatore alloggiato all'altezza della spalla. Sebbene non sia il modo migliore per difendersi dagli elementi, il guanto è in grado di assorbireparte del mana e dell'energia che impatta contro la lente e accumularla all'interno del generatore per usi futuri. [difesa - energetica - blitzstrahl - Medio]
    überlasten » utilizzando quantità non propriamente sicure di polvere da sparo e canalizzando una minuscola quantità di mana nella canna del fucile o della pistola, i proiettili acquistano una capacità di penetrazione maggiore, arrivando a poter perforare armature o scudi energetici [offensiva - fisica - Alto]

    » Stato Fisico: Ustioni parziali sul braccio e sul petto [Medio]
    » Stato Mentale: Determinato, spaventato dalla possibilità di morire in un unico colpo
    » Energia: 55/100
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    *Merda
    **Figlio di Puttana



    scusami per il teletrasporto... la prossima volta chiedo almeno evito di fare cose del genere...
     
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    Informazioni ti travolgono, ancora una volta.
    Sai che non sarà l'ultima volta.
    Colori, odori. Urla non udite, sussurri che ti sfiorano le guance come coltelli.
    Il cuore si agita nell'inquietudine, come un'orchestra priva di un direttore pronta a guidarla suona infinite melodie incapace di trovare la stabilità. La rabbia ti permette di dargli forza e vigore, di alimentarne il tono così da schiacciare ogni altro rumore.
    Il disordine divora ogni cosa, quasi per farti dimenticare la paura e la terribile certezza di trovarti ora solo.
    L'hai detto, con parole strozzate in gola hai inciso nella pietra questa verità: Derleth Stevenson è morto in un rogo, un'abitazione in fiamme ne ha schiacciato il corpo e presto di lui non rimarrà altro che cenere. Che fine curiosa per chi, un attimo prima, era adagiato sulla scogliera a leccarsi le ferite.
    Ha combattuto per decenni, ora ha chiuso gli occhi per sempre dopo aver ritrovato la speranza.

    Forse è già successo, un vago senso di déjà vu sembra graffiarti dietro la nuca,
    scavarti nel cranio come per avvisarti di una catastrofe imminente.
    Qualcosa di infinitamente più grande di questo collasso, della natura e del mondo che urlano e si agitano in una disperazione che non vuole conoscere fine. Il moto delle onde cresce, lo avverti chiaramente come se ti scorresse accanto e ti trasportasse verso lidi lontani.
    Il vento scorre lungo le fiamme, che congiunte a quelle del Cavaliere afferrano il tuo corpo e lo bruciano, per una difesa che non è sufficiente a preservarti. Fa male, fa così male Maynard.

    Perché non accettare tutto questo chiudendo gli occhi, abbandonando quel conflitto che neanche ti appartiene?
    Non era la tua battaglia, non lo è mai stata.
    Eppure ora duelli con un'armatura di zaffiro e oscurità, soffri e sanguini.
    Le ustioni forse lasceranno cicatrici che difficilmente svaniranno il giorno dopo, sempre se riuscirai a sopravvivere.
    SI. Questo è ciò che ora vuoi.

    Premi il grilletto.
    Hai esitato troppo a lungo.
    Fuggire, rifugiarti nella chiesa. Prendere le distanze, incatenare il boia per impedirgli di raggiungerti.
    Era un buon piano, era un ottimo piano. Ma ora che il tuo compagno ha perso la vita, ciò che vibra nel tuo animo è l'istinto del guerriero che hai rinnegato nel disgusto di guerre passate. Ti adorni dei colori della ferocia.
    Il tuo fucile canta ora un inno al massacro, lasciando che la folgore sia nuovamente un tramite della tua volontà.
    Per sopravvivere, importi sulle regole di un mondo ostile.

    Plic.

    ILWCjyb

    Rintocco nel disordine, eco di un proiettile che trova il suo bersaglio.


    Un rumore alieno e inaspettato,
    che mai avresti pensato di udire: cattura la tua attenzione, così come quello di pezzi di metallo che impattano contro il suolo in una pozzanghera di quell'umore rosso vivo che si deposita copiosa. Sono pochi frammenti, difficili da trovare nella polvere mentre la frattura alle spalle del Cavaliere vibra di una intensità crescente e si espande vorace, espandendosi di pochi centimetri ad ogni battito.
    Eppure non è questo morbo planare a catturare la tua attenzione ora, ma è quell'attimo di debolezza che il tuo nemico sembra rivelare . Sbatti le palpebre, si tratta di pochi secondi in cui con la mano libera arriva a sfiorarsi il ventre dove si è fatto strada il proiettile.

    E sotto i fumi del nero impazziti, sotto i pezzi dell'armatura, ti sembra per un istante di intravedere carne che sanguina.
    Con uno spasmo sembra tossire, come se imbrattasse di sangue l'interno dell'elmo.
    Come se volesse urlare di dolore, per emozioni che non può possedere.

    IL CAVALIERE AZZURRO RAPPRESENTA L'IRA DIVINA PER GIUSTIZIARE CHI CAMMINA SU QUESTA TERRA.
    Questa è la verità che hai accettato, quella di cui hai scelto di diventare tu stesso boia alla ricerca della salvezza.
    La tua nemesi solleva lo spadone, per quella che ora appare consapevolezza e a sua volta disperazione.
    Più pura ed estremamente umana, dove il primo passo pare trascinato scavando con la punta degli stivali una modesta profondità pur di riuscire a muovere il successivo. Accumula energia, determinazione.
    E quella breve distanza che sei riuscito a guadagnare viene letteralmente divorata da un unico scatto.

    Un assalto a cui dedica tutto se stesso, annunciato da una spazzata che se non difesa in maniera opportuna farà piombare il filo dell'arma contro il suo fianco sinistro, per un tondo da manuale. E l'aria si incendia, annunciata dal sentore di zolfo che conosci molto bene.
    Così come il terreno, sovrastato da un circolo di fiamme che sembra volerti intrappolare entro un confine di sette metri dalla tua attuale posizione.
    Il cuore sussulta, una solenne esplosione sembra avvolgere ogni cosa.

    Così da divorare ogni altro colore.
    Ogni rumore.

    ______Oh.

    -
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    [VIII] angolo del (fake) gm

    CITAZIONE
    Siamo in conclusione, il prossimo sarà l'ultimo turno di questa piccola avventura.
    Eheh.
    Non credo ci sia molto da dire, i dettagli sono tutti in narrazione: il Cavaliere incassa completamente la tua offensiva - per vuoto descrittivo sulla direzione del colpo ho scelto di dirigerlo al ventre - a cui reagisce avvicinandosi con una tecnica di livello Basso di movimento, seguita rispettivamente da un Azione Fisica Offensiva e da una tecnica di potenza Alta, affine alla precedente di natura Magica. Quindi praticamente c'è la scelta su cosa difendersi tra un attacco non tecnica e uno invece a consumo di energia, a meno che non vuoi usare entrambi gli slot a tua disposizione per una copertura assoluta.
    Insomma, cose. Cose!
    Oh.

    [???? - The Azure Knight].


    Riepilogo danni subiti」 Lacerazione di alta entità all'addome.
    Equipaggiamento in uso」Spada a due mani.

    Riepilogo abilità
    __- Velocità +50%;
    __- Forza + 50%;
    __- Malia di inquietudine entro 30m;

     
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