[Quest] The last Carrot

Se la bellezza potesse aver una forma, essa sarebbe donna; se potesse aver voce, essa sarebbe d’usignolo; se potesse aver pensiero, esso sarebbe leggero come uccello nell’aria. Essa attrae, domina e governa le menti, dirige come direttore d’orchestra e al pari del sole conquista ogni sguardo.
Ma non sol gli occhi, pure le orecchie cedono al pari passo e così nessuno diviene più in grado di’interrompere il canto e neppur l’idea li sfiora.

Gli astanti, che con sensazione d’impotenza eppur anche di soddisfazione prestavano l’attenzione alla divina figura, attesero i rispettivi turni di prender parola e nel mentre si beavano della Presenza.
Informazioni, risposte e dubbi, palesemente l’ingenuità celava una realtà d’essere che non permetteva concentrazione o sotterfugi, ed alla quale sfuggir non era pensabile; così come il ragno tesse la tela perché è nella di lui natura, così il volatile predatore crea un nido con le prede che attira nel proprio territorio.

Il cavaliere potè sol ringraziare d’aver l’elmo sempre indosso, poiché non si sarebbe mai potuto perdonare dell’aver mostrato a qualcuno ciò che la dama faceva su di lui trasparire; con il rischio che voci di tali avvenimento potessero giungere alle orecchie di colei che come urlo rispondeva al suo Silenzio.

Ma se da un lato lo sfavillante carisma della nominata Apus portava gli altri a fidarsi e divenir accondiscendenti, dall’altro lato le di lei parole ponevano una realtà curiosa e potenzialmente pericolosa al cospetto con l’allora attuale leporida problematica: vi era, a detta sua, un uomo che accumulava poteri per tornaconto personale; era egli collezionista o forse arrogante che voleva divenir dio?
Era qualcuno del quale il Silenzio avrebbe dovuto preoccuparsi, in virtù dei propri obiettivi?

Prima di poter far chiarezza tra i propri pensieri, le movenze e le azioni della donna uccello ancora una volta lo distrassero e senza comprenderne davvero il perché lo resero incline al soddisfare quelle genuine e semplici domande che poneva.

Reclinando il capo, egli rispose.

“Black. Questa è la nomea a me affidata, come Apostata del Silenzio che ricade sui mondi.”

Per la prima volta dal suo arrivo in quel dì di Endlos, aveva utilizzato il proprio titolo come presentazione.

“Ofiuco. Giunge nuovo anche a me questo nome, eppure pongo al vostro servizio la mia spada per poter contribuire al restituire il maltolto e fermare una potenziale minaccia.”

Un gesto della mano, portata al petto all’altezza del cuore, simboleggiava la volontà di perseguire quanto affermato.

“Informazioni. Sono esse, su di lui e su di voi, ciò che a noi manca per poter contribuire.”

Stava forse, in un modo o nell’altro, offrendosi come cavaliere dell’ennesimo essere divino che nei suoi pensieri lo avrebbe aiutato a raggiungere il compimento della propria missione?

Nel mentre, nel cielo al quale tutti dovettero per forza di cose prestar occhio, si specchiavano i riflessi di misteri e poteri, forse collegati alla battaglia con i conigli o, più probabilmente, all’avvento degli astri celesti.

E nulla fu più così semplice.