In the Dark Room

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    Tenendo tutti i sensi in allerta, e continuando a muoversi in quel labirinto di librerie -sempre a non più di un paio di passi di distanza dal suo strampalato Virgilio in quel personale viaggio dantesco-, il Vampiro seguì il Fotografo senza osar chiedere nulla della loro destinazione: dopotutto, al di là del borbottio in cui era sembrato indulgere per abbassare lo stress che lo aveva colto dopo l'aggressione -spentosi dopo una decina di intensi minuti-, Theo sembrava sapere dove stava andando, almeno a livello istintivo, perciò... c'erano buone speranze di avere modo di fargli domande dopo.

    Un indefinibile tempo più tardi, quando sbucarono finalmente da un tunnel di scaffalature lignee, il duo si ritrovò davanti una doppia porta di pesante legno massello, incastonata in una parete bianca; senza neppure fermarsi a consultare il Saggio, il giovanotto dagli occhi chartreuse rinsaldò la stretta del braccio sinistro attorno al volume che gli era stato affidato e allungò la destra sulla giuntura dei battenti, imprimendo al passaggio uno spintone che l'aprì.

    Nell'attraversarlo alle spalle del suo
    complice, l'Alchimista del Sangue ebbe l'impressione di sentire di nuovo scuotersi attorno a sé la vibrazione già provata in precedenza, e non appena l'uscio si richiuse alle spalle di entrambi, non si sentì forse neppure particolarmente sorpreso nel constatare di aver fatto ritorno allo studio fotografico dove la sua piccola odissea post-mortem aveva avuto inizio.

    ~GROOOOOWL~

    Mentre Theobald si fermava al centro della stanza -e il suo stomaco rilasciava un lamento cavernoso-, Arthur ebbe l'opportunità di togliersi la curiosità di tornare sui propri passi per riaprire la porta e spiare il paesaggio oltre la soglia, ma ciò che scorse dall'altra parte fu l'ambiente grigio di una sorta di ampio hangar, un magazzino ingombro di strutture di varie forme e dimensioni, coperte da teli che le proteggevano dalla polvere.

    « Oh, cielo... sono sfinito... ho bisogno di un dolce... »

    jpgCon un sospiro afflitto, ora che il pericolo era passato, il Fotografo adagiò il librone che gli era stato affidato su uno dei suoi carrelli da lavoro, e ciondolò verso la direzione opposta, superando un'altra porta aperta -che doveva essere l'uscita del salone ingombro di riflettori e treppiedi- per così immettersi in un corridoio di cui percorse appena qualche passo, prima di infilarsi in una nuova camera.

    Quando -dopo aver recuperato il prezioso fascicolo- il Vampiro lo raggiunse, trovò il proprio ospite all'interno di un ricco salottino vittoriano dai toni rossi, un budoir che trasmetteva un senso di eleganza e opulenza: in piedi vicino a un grazioso set di divanetti, Theobald reggeva nella destra un piatto di porcellana nera contenente una forchettina d'argento e una fetta davvero grande della medesima torta al cioccolato -riccamente farcita e di almeno cinque strati- posta in trono al centro del tavolino di legno, equidistante dai sofà.


    « ...che giornata! Non è vero, mon âme...? »

    Con un mormorio stanco -che pure esprimeva una certa nostalgia-, il Fotografo usò la mancina rimasta libera per pescare la grossolana bambolina di pezza dal taschino della giacca, e con delicatezza la mise seduta sul bracciolo della stessa poltrona imbottita dove poi prese posto a sua volta, accavallando le gambe... ma non prima di aver ravviato in un gesto affettuoso l'indomito e spettinato ciuffo di lana nera che il pupazzetto aveva per capelli.

    Messosi comodo, il padrone di casa conficcò la posata d'argento nella punta triangolare del dolce e ne staccò un bel boccone -che infilò tra le fauci in un gesto garbato, ma pieno di sentimento-, indugiando nel piccolo piacere che quel dessert gli donò con gli occhi chiusi e l'espressione estatica; quando, qualche istante di degustazione più tardi, le palpebre tornarono a schiudersi, Theobald notò la presenza di Arthur sulla soglia e parve solo allora ricordarsi della sua esistenza.
    Trasalendo. In imbarazzo.

    « Oh... mi scusi: sono davvero scortese... proprio un pessimo ospite.
    Non sono abituato ad avere... ospiti: di solito ci siamo solo noi e le mie opere... »

    si rammaricò, in tono di scuse, muovendo un cenno di invito al Vampiro
    « La prego: si accomodi! Faccia come a casa sua! Posso offrirle un po' di torta?
    E' una Devil's Food: è molto buona...! »

     
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    "Non esiste un unico tempo assoluto,
    ma ogni singolo individuo ha una propria personale misura del tempo,
    che dipende da dove si trova e da come si sta muovendo".


    (Stephen Hawking)

    ???

    « Oh, cielo... sono sfinito... ho bisogno di un dolce... »

    Limitandosi a tacere e seguire il proprio Virgilio, Arthur riuscì finalmente a raggiungere il luogo da cui aveva iniziato a conservare ricordi della propria vita a seguito del Circus Diabolique. Con un sospiro afflitto, il Fotografo adagiò il libro che il Saggio in fuga gli aveva consegnato poco prima su di un carrello da lavoro, ed il Vampiro si limitò a raccoglierlo fra le proprie braccia, non sapendo esattamente quale sarebbe stata la loro prossima mossa. Lanciò uno sguardo sul ragazzo che ciondolava verso una porta aperta, superandola e sparendo dopo alcuni passi oltre la soglia di quella che doveva essere un'altra camera.

    Dopo aver atteso alcuni attimi e scoperto che l'altro non sarebbe tornato presto, seguì i passi del padrone di casa, trovandolo in quello che aveva tutta l'aria di essere un salotto in stile vittoriano. A quel punto il cainita prese a domandarsi se nel futuro sarebbe tornata quella moda o se si trattasse semplicemente dei gusti personali di un cronomante. Nel dubbio, optò per la seconda.

    « ...che giornata! Non è vero, mon âme...? »

    Mormorando stancamente, il Fotografo prese una fetta della torta al cioccolato posta su di un tavolino, usando poi la mancina rimasta libera per pescare una bambolina di pezza dal taschino della giacca. Con delicatezza la mise seduta sul bracciolo di una poltrona imbottita, per poi sedersi a sua volta, giocherellando con i capelli del pupazzo grossolano in un gesto affettuoso. Che Arthur lo trovasse oggettivamente "strano" era in dubbio, ma non abbastanza da sentirsi realmente a disagio. Dopotutto, a Palanthas aveva visto di peggio.

    -...
    Fu dopo la degustazione del dolce che Theobald notò la sua presenza ancora sulla soglia, e parve solo allora ricordarsi della sua esistenza.
    « Oh... mi scusi: sono davvero scortese... proprio un pessimo ospite. Non sono abituato ad avere... ospiti: di solito ci siamo solo noi e le mie opere... » trasalì, imbarazzato, rammaricandosi « La prego: si accomodi! Faccia come a casa sua! Posso offrirle un po' di torta? E' una Devil's Food: è molto buona...! »

    -Temo che la mia condizione non mi permetta di percepire il sapore del cibo- rispose il Saggio, usando lo stesso garbo scelto ogni volta in cui si trovava a dover spiegare ai piccoli umani che i vampiri non mangiavano come loro -Ma non si preoccupi, si rilassi e si riprenda: le devo molto.
    Accolse il suo invito nella sala, accomodandosi e posando i tomi che aveva con sé sul bordo del tavolino.
    -Trovo questo arredamento davvero di buon gusto: le faccio i miei complimenti.

     
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    -Temo che la mia condizione non mi permetta di percepire il sapore del cibo.
    Ma non si preoccupi, si rilassi e si riprenda: le devo molto.-


    « Oh, già, il Vampirismo...! »
    esclamò Theo, mortificato, battendosi un colpetto sulla fronte con due dita guantate
    « E dire che me lo aveva anche raccontato...! Che sbadato...
    Mi scuso: saranno state tutte le emozioni di oggi... »


    Mentre il Cainita posava il suo fardello di conoscenze non ancora acquisite sul tavolino di legno davanti a sé per mettersi comodo su uno dei divanetti, il Fotografo si servì un altro boccone cioccolatoso, masticandolo gioiosamente.

    -Trovo questo arredamento davvero di buon gusto: le faccio i miei complimenti.

    « Oh, la ringrazio: lei è davvero tanto cortese! ♪
    Mia madre adorava questo stile, anche se preferiva i colori freddi. »

    cinguettò il giovanotto, visibilmente di buonumore per il fatto di avere compagnia- e una torta
    « Non che avesse tutti i torti: pare che le tappezzerie rosse predisponessero alla pazzia, a lungo andare... ma anche l'avvelenamento da piombo e mercurio con cui erano trattate le stoffe doveva essere d'aiuto in quel senso, suppongo... »

    Concluse l'esternazione di quella piccola curiosità con un'alzata di spalle e un altro affondo della sua forchettina nella massa corposa del dessert, producendo un tintinnio argentino che risuonò in un momento di rinnovato silenzio... un momento in cui, abbassando furtivamente lo sguardo, il padrone di casa parve spiare la bambolina seduta sul bracciolo al suo fianco con la coda dell'occhio.

    ...già, forse aveva ragione lei: stava straparlando... e stava facendo la figura dello strano...
    Meglio trovare qualcosa di interessante da dire per intrattenere il suo ospite,
    sì sì.
    Così, schiarendosi la voce, il giovanotto cominciò a punzecchiare un po' nervosamente la fetta di dolce.

    « Allooora...mi pare stessimo parlando di qualcosa, prima della mia piccola... crisi... »
    esordì, cercando di comportarsi da bravo anfitrione e facendo mente locale
    « Era... la catastrofe... la catastrofe denominata End of Time, giusto...? »

    Nel ricordare quell'argomento, le iridi chartreuse persero un poco della loro lucentezza, e per la malinconia lo stomaco gli si chiuse; così, Theobal smise di punzecchiare la torta e depose lentamente la posata d'argento sul bordo del piattino di ceramica nera .

    jpg
    « Non saprei spiegarle le cause o le dinamiche, visto che il fenomeno non è ancora stato pienamente svelato, ma gli effetti che ha prodotto hanno portato ad un disfacimento dei confini che delimitavano i piani dimensionali: con la contaminazione di ecosistemi, il sovvertimento di leggi fisiche e magiche, e una incontrollata contrazione e stagnazione dei flussi temporali, le cose sono andate... male. Molto male.

    Non so dire se si tratta di una stima corretta, ma...
    ai tempi, si era parlato di un tasso di sopravvivenza attestato intorno al 10%. »

     
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    "Non esiste un unico tempo assoluto,
    ma ogni singolo individuo ha una propria personale misura del tempo,
    che dipende da dove si trova e da come si sta muovendo".


    (Stephen Hawking)

    ???

    Il Saggio ascoltò paziente gli aneddoti del giovanotto, lasciandogli spazio e tempo per assimilare la loro fuga rocambolesca e rilassarsi. Si sarebbe comportato in quel modo a prescindere dalla situazione, ma aveva anche fatto caso a quanto l'interlocutore diventasse ingestibile, se messo sotto stress.

    « Allooora...mi pare stessimo parlando di qualcosa, prima della mia piccola... crisi... Era... la catastrofe... la catastrofe denominata End of Time, giusto...? »
    Arthur annuì educatamente, senza proferir parola.
    « Non saprei spiegarle le cause o le dinamiche, visto che il fenomeno non è ancora stato pienamente svelato, ma gli effetti che ha prodotto hanno portato ad un disfacimento dei confini che delimitavano i piani dimensionali: con la contaminazione di ecosistemi, il sovvertimento di leggi fisiche e magiche, e una incontrollata contrazione e stagnazione dei flussi temporali, le cose sono andate... male. Molto male.
    Non so dire se si tratta di una stima corretta, ma...
    ai tempi, si era parlato di un tasso di sopravvivenza attestato intorno al 10%. »


    Arthur perpetrò il proprio silenzio ancora per qualche attimo, riflettendo su quelle notizie a dir poco catastrofiche. Non si sentì comunque coinvolto dalla cosa in sé: eventi infausti erano -per quanto orribili- una parte naturale dell'esistenza. Il suo stesso mondo d'origine era stato stravolto da numerose estinzioni di massa... tuttavia la vita aveva resistito, ed aveva ripreso a proliferare senza problemi, crescendo sulle ossa di creature ormai perse per sempre. Per quanto il tasso di sopravvivenza fosse misero, per il Saggio sarebbe andato bene lo stesso, perché avrebbe significato in ogni caso una futura rinascita. Anche senza di lui, che aveva vissuto dignitosamente i suoi millenni, senza particolari rimpianti.

    -Non si sa altro a riguardo? Capisco che sia difficile da catalogare... quindi non si senta in difetto se non è a conoscenza di tutto.

    Abbassò lo sguardo argenteo sulle proprie ginocchia, turbato per qualcosa che esulava dal disastro e che lo riguardava nell'intimo.
    -Sono uno scettico, ma una volta un uomo che ammiravo mi parlò dei "miracoli"- esordì, abbandonando in apparenza il discorso precedente -Erano eventi che già in passato esulavano dalle leggi del mondo. Quest'uomo di nome Ecatl diceva che, quando si verificavano, quasi nessuno era perfettamente consapevole della ragione per cui avvenivano. Alcuni li interpretavano come anomalie dettate dalla casualità, altri come segni divini... ma -in ogni caso- la scelta più folle su cosa farsene era il non sfruttarli.
    Sospirò mestamente.
    -Francamente... non so perché sono tornato proprio in questo posto, davanti a lei che riesce a spostarsi nello spazio e nel tempo. Non me lo spiego e non sono completamente certo di essere realmente io. Non so nemmeno come chiamarlo... ma credo che, qualunque cosa sia, ignorare questa cosa sia una scelta poco saggia.

    Tentennò qualche attimo, insicuro come uno scolaro in un campo che non ancora gli apparteneva. Avrebbe preferito non parlare riguardo certi argomenti, ma gli eventi e le necessità lo costringevano a prendere una posizione.

    -So che le sono costato molto e le ho già chiesto tanto. So anche che muoversi in questo ambito è davvero pericoloso e sconveniente, in tutti i sensi possibili. Tuttavia...- si sentì mortificato dalla situazione e dall'irrazionalità di quel ragionamento, tuttavia non era pratico di destino e miracoli, quindi si basò su quanto era giunto a conoscenza grazie ad altri eruditi - ...credo che quello che mi è accaduto vada sfruttato, tornando al mio tempo con le mie nuove conoscenze ottenute in questo mondo.
    Lo sguardo si sollevò di nuovo, indugiando su quello dell'altro.

     
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    -Non si sa altro a riguardo? Capisco che sia difficile da catalogare...
    quindi non si senta in difetto se non è a conoscenza di tutto.


    Dopo aver ascoltato il resoconto in silenzio, il Vampiro rivolse al suo interlocutore una domanda e una rassicurazione, e mentre quest'ultima scivolò piacevolmente via -una piccola gentilezza, dolce come uno zuccherino, da mandar giù come una caramella-, la prima richiese al Fotografo un momento di silente rimuginare di idee.

    jpg
    « Io... non credo, ma potrei fare qualche ricerca, prossimamente. »
    propose il giovanotto, con tono incerto, posando il piatto del dolce sul tavolino
    « Non ero cosciente al momento in cui le realtà sono collassate, e al mio risveglio... non mi sono interessato troppo alle leggi del mondo. »

    Era troppo occupato a starsene rannicchiato in un angolo buio: con le ginocchia al petto, avvolto in un lenzuolo, a mangiare gelato e piangere la sua solitudine davanti alla replica di “Via col Vento”; sulla scia di quel ricordo -diventata quasi una routine da mettere in pratica ogni volta che la consapevolezza della sua condizione tornava a colpire la sua razionalità, Theobald chinò il capo e abbassò lo sguardo, finendo involontariamente, per imitare Arthur che -dall'altra parte del tavolino- aveva fatto lo stesso, probabilmente riflettendo sui concetti che di lì a poco scelse di condividere.

    -Sono uno scettico, ma una volta un uomo che ammiravo mi parlò dei "miracoli". Erano eventi che già in passato esulavano dalle leggi del mondo. Quest'uomo di nome Ecatl diceva che, quando si verificavano, quasi nessuno era perfettamente consapevole della ragione per cui avvenivano. Alcuni li interpretavano come anomalie dettate dalla casualità, altri come segni divini...

    Anche sua madre credeva nei miracoli: per questo aveva sempre cercato di trasmettergli -a lui, come a chiunque altro- la speranza che qualcosa di buono potesse accadere sempre, anche nelle ore più disperate.

    Sì, sua madre credeva nei miracoli, e spesso li operava,
    ribaltando il modo stesso in cui le persone guardavano il mondo.
    E, in fondo, non era quello stesso un miracolo?

    Gia... sua madre credeva nei miracoli... e spesso li operava... e aiutava le persone...

    ...ma a quale prezzo...?

    -...ma -in ogni caso- la scelta più folle su cosa farsene era il non sfruttarli.

    Con un sospiro e qualche tentennamento, l'Endlossiano dipanò quel discorso nel silenzio tonante che permeava il salottino rosso, e... e qualcosa in quel pensiero da lui proferito colpì profondamente il suo interlocutore, proiettandone lo sguardo su qualcosa che non era realmente lì, e che certamente trascendeva la fibra del tappeto dove le iridi charteuse si erano incantati, fissi e concentrati, persi tra gli arabeschi eleganti di fili intrecciati.

    - Francamente... non so perché sono tornato proprio in questo posto, davanti a lei che riesce a spostarsi nello spazio e nel tempo. Non me lo spiego e non sono completamente certo di essere realmente io. Non so nemmeno come chiamarlo... ma credo che, qualunque cosa sia, ignorare questa cosa sia una scelta poco saggia.

    Era così ineccepibilmente giusto...!
    Cosa c'era di male nel voler sfruttare le occasioni? Se qualcosa che ami si rompe in mille pezzi, e ti capita di trovare dello scotch in uno scatolone nella cantina dello zio... sarebbe folle NON fare almeno un tentativo di aggiustare le cose e rimettere insieme i cocci.

    E se già avrebbe potuto leggere quel significato nel segno che il Multiverso gli aveva lanciato con l'arrivo? il ritorno? la rinascita? il manifestarsi del Signor Arthur... ora che il messaggio era stato pronunciato tanto chiaramente, sarebbe dovuto essere veramente stupido per non capire nemmeno così...!

    -So che le sono costato molto e le ho già chiesto tanto. So anche che muoversi in questo ambito è davvero pericoloso e sconveniente, in tutti i sensi possibili. Tuttavia... credo che quello che mi è accaduto vada sfruttato, tornando al mio tempo con le mie nuove conoscenze ottenute in questo mondo.

    Quando Arthur sollevò lo sguardo, avrebbe colto l'espressione assorta e meditabonda sul volto del padrone di casa, mentre si massaggiava distrattamente il mento sbarbato con una mano guantata, con gli occhi chartreuse vagamente spiritati che osservavano un punto imprecisato del pavimento... e, continuando a contemplarlo, il Saggio l'avrebbe visto sollevare il capo, aggiustarne l'inclinazione e fissarlo negli occhi grigi, prima di mutare espressione nel giro di un momento.
    jpg
    « Sa una cosa? Lei ha ragionissima! »
    esclamò, animandosi di una scintilla gioviale ed entusiasta
    « Andiamo! »

    E scavallando le gambe con eleganza, Theobald scattò in piedi, recuperò il pupazzetto dal bracciolo, e -senza aspettare di sapere cosa ne avrebbe pensato il suo ospite- se la riaccomodò nel taschino e si immise nel corridoio, ripercorrendo in parte i propri passi e prendendo poi una direzione ad Arthur ancora inesplorata... puntando dritto dritto verso la porta di legno nero, in fondo all'andito.

    « Dovrei avere qualcosa che faccia comodo allo scopo nella mia camera oscura...! »
    disse a voce alta, sperando che Arthur -presumibilmente alle sue spalle- lo sentisse
    « Mi segua! Da questa parte! »



    Edited by - Destino - - 11/6/2019, 13:39
     
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    ma ogni singolo individuo ha una propria personale misura del tempo,
    che dipende da dove si trova e da come si sta muovendo".


    (Stephen Hawking)

    ???

    « Sa una cosa? Lei ha ragionissima! Andiamo! »

    bQpr4eI

    In via del tutto sincera e franca...
    ...Arthur non si aspettava affatto una reazione così entusiasta.
    -...
    Mentre il rianimato Theobald scavallava le gambe con eleganza, scattando in piedi e recuperando la bambolina di pezza dal bracciolo su cui era accomodata, il cainita si trovò a sgranare gli occhi d'argento, convinto di incontrare una resistenza salda ed integerrima.
    Una parte di lui fu ovviamente lieta di ragionare sulla stessa lunghezza d'onda del suo... complice? Alleato? Padre?
    Un altro lato della sua persona -quello più calcolatore e logico- si trovò invece alquanto spiazzato. Fu probabilmente questa la ragione per cui non si mosse affatto, fissando il padrone di casa con sguardo allibito mentre questo s'immetteva nel corridoio, diretto chissà dove senza soffermarsi oltre a parlarne.

    « Dovrei avere qualcosa che faccia comodo allo scopo nella mia camera oscura...! »
    Continuò il giovane a voce alta, nascosto alla vista dalle pareti, tuttavia non troppo distante per non esser seguito.
    « Mi segua! Da questa parte! »

    Ricomposto e di nuovo in piedi, il Saggio recuperò dal tavolino i libri che era riuscito a recuperare e li ripose al sicuro fra le proprie braccia. Si diresse infine a passi svelti in direzione del ragazzo.

    -Mi faccia pure strada- gli avrebbe risposto, giunto alle sue spalle -sono proprio dietro di lei.


     
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    -Mi faccia pure strada, sono proprio dietro di lei.

    La prima reazione fu un iniziale -e comprensibile- momento di sincero smarrimento davanti alla risposta del proprio anfitrione; poi, l'ospite si alzò a sua volta dal divanetto del salottino vittoriano, recuperò dal tavolino i due volumi trafugati nell'Archivio delle Anomalie, imbracciandoli, e raggiunse Theobald in corridoio, per seguirlo attraverso la porta.

    Dopo aver fatto passare il Vampiro, il Fotografo richiuse il battente alle sue spalle, isolandoli in un breve andito -lungo appena un paio di metri scarsi- che curvava a gomito, sicuramente concepito per non far arrivare luce nella camera oscura neppure per sbaglio; tuttavia, più che dall'architettura e dai caratteristici neon rossi, il Cainita sarebbe probabilmente rimasto maggiormente colpito dall'intenso odore dei composti chimici che -non lontano- servivano per lo sviluppo delle pellicole.

    Difatti, tallonando il padrone di casa e seguendo il breve percorso obbligato, il duo superò una pesante tenda di velluto -dal colore indecifrabile, in quella luce scarlatta-, e si addentrò nella camera oscura vera e propria: una stanza spoglia con banconi addossati alle pareti e ingombri di vaschette con varie soluzioni liquide, e tantissimi fili che percorrevano l'area di quell'ambiente squadrato ben al di sopra delle loro teste, dai quali un gran numero di fotografie pendevano ad asciugare come il bucato della domenica.


    « Benvenuto nel mio piccolo sancta sanctorum!
    Può accomodarsi dove vuole – o dove le riesce. »


    Con quel garbato esordio ed un cenno del braccio, Theobald indicò all'Alchimista l'ambiente circostante: per sedersi non c'era che qualche sgabello regolabile in giro, ma poteva fare al caso, se si voleva un trespolo dove appoggiarsi durante l'attesa; intanto, grattandosi pensosamente la nuca con la mano guantata, e ripiegando la testa all'indietro per contemplare naso per aria la tornata di foto in lavorazione, il Fotografo provò a fare mente locale.
    jpg
    « Duuunque: se ricordo bene, il suo continuum ha per coordinate temporali la Notte di Kisnoth o giù di lì, e per coordinate spaziali il Semipiano di Endlos... »
    riassunse, radunando le -poche- informazioni che Arthur aveva fornito di sé stesso
    « Potrebbe essere più preciso circa il luogo? Mi è capitato di frequentare Endlos, di tanto in tanto e ho scoperto che è più esteso di quanto non si direbbe. »

    E in attesa di ricevere qualche altra indicazione che l'illuminasse in merito a dove il Vampiro fosse diretto, l'uomo incrociò lo sguardo degli occhi chartreuse con quello argenteo del suo interlocutore.

     
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    che dipende da dove si trova e da come si sta muovendo".


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    ???

    « Benvenuto nel mio piccolo sancta sanctorum!
    Può accomodarsi dove vuole – o dove le riesce. »


    Accogliendo garbatamente l'invito del suo anfitrione, Arthur Friederick Giles -dopo aver varcato la soglia della camera oscura- si accomodò su uno degli sgabelli lì presenti. Non poteva dire di sentirsi realmente stanco, tuttavia preferì rintanarsi in uno dei punti più dimessi ed in disparte possibile, così da non risultare d'impiccio al padrone di casa.
    Imitando inconsapevolmente Theobald, il vampiro sollevò distrattamente lo sguardo sulle diverse fotografie appese e -anche se non poteva distinguerne bene i contorni, come accadde invece per l'odore pungente delle varie sostanze chimiche lì presenti- si allietò all'idea che almeno quella forma d'arte fosse sopravvissuta, nonostante la catastrofe. In effetti, lo trovò addirittura rincuorante.

    « Duuunque: se ricordo bene, il suo continuum ha per coordinate temporali la Notte di Kisnoth o giù di lì, e per coordinate spaziali il Semipiano di Endlos... » Arthur annuì col capo « Potrebbe essere più preciso circa il luogo? Mi è capitato di frequentare Endlos, di tanto in tanto e ho scoperto che è più esteso di quanto non si direbbe. »

    Nel momento in cui i loro sguardi s'incatenarono, il Saggio si trovò stranamente impreparato. Era infatti morto in una località che corrispondeva in qualche modo al Pentauron, anche se non poteva sentirsi davvero sicuro delle reali coordinate, in particolare per ciò che riguardava il tendone. Per quanto poteva saperne, alla fine di quella brutta vicenda, l'intera città centrale poteva benissimo essere stata completamente spazzata via, ed allora non avrebbe trovato un bel niente al proprio arrivo. Per rendere le cose più semplici avrebbe dovuto dare a Theobald le coordinate di un luogo con maggiori probabilità d'esser rimasto integro a seguito dell'invasione... ed il primo che gli tornò alla mente fu -ovviamente- quello che considerava la propria casa.

    -Andrebbe bene la Biblioteca di Palanthas nella città di Istvàn, capitale del presidio Orientale.
    Attese qualche attimo, sperando che vi fosse un modo rapido ed indolore di raggiungere quei luoghi e nei tempi corretti.
    -Senta... so che può sembrare una domanda ardita...- continuò - ... tuttavia mi domandavo se esisteva un modo di tenerci in contatto anche per il futuro. Intendo... se mi sarà possibile chiamarla o scambiarci informazioni, una volta tornato nel mio continuum.

     
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    -Andrebbe bene la Biblioteca di Palanthas nella città di Istvàn, capitale del presidio Orientale.

    Nell'udire pronunciare il nome di quel luogo, il viso di Theobald si illuminò ancora una volta -dapprima di una genuina sorpresa e poi di un certo buonumore-, e mentre abbassava gli occhi chartreuse sulla bambolina che sporgeva dal taschino della sua giacca, un indice della mano guantata si mosse a carezzarle gentilmente i capelli di lana.

    « Oh, hai sentito, mon âme? Ti ricordi di Palanthas? »
    naturalmente, il simulacro di pezza non rispose, e l'uomo tornò a rivolgersi ad Arthur
    « Ci siamo stati, qualche volta! Era un bel posto, per essere una Biblioteca: piena di persone!
    Controllo subito se ho qualche scatto in quella finestra di tempo! »


    Girando i tacchi, il Fotografo si diresse ad un alto armadietto di metallo addossato alla parete di fianco all'ingresso e ne tirò fuori un banalissimo scalotto pieghevole; imbracciatolo, lo trascinò fino al centro della stanza, vi si arrampicò in cima, e cominciò ad armeggiare con le cordicelle pendenti: osservandolo compiere quelle operazioni, il Cainita avrebbe notato che tutti i fili erano mobili e in comunicazione grazie ad un ingegnoso sistema di carrucole, che permetteva alle foto di convergere in quel punto.

    Tuttavia, la ricerca in quella luce scarlatta dava l'idea che avrebbe potuto richiedere un po' di tempo, così Arthur pensò di riempire il silenzio con una questione su cui stava interrogandosi.


    -Senta... so che può sembrare una domanda ardita... tuttavia mi domandavo se esisteva un modo di tenerci in contatto anche per il futuro. Intendo... se mi sarà possibile chiamarla o scambiarci informazioni, una volta tornato nel mio continuum.

    « Oh. »
    a quella richiesta, il giovane si immobilizzò un istante
    « Ve-veramente? Ne è sicuro? »

    Gettandosi un'occhiata da sopra una spalla per sbirciare il volto del suo ospite, così da sincerarsi di non aver avuto di nuovo le allucinazioni uditive o che l'altro fosse serio, Theobald tornò a guardare davanti a sé, lasciando vagare lo sguardo per il soffitto e soppesando praticamente la questione; dopo un breve momento, reclinò la testolina da una parte, scrollò le spalle, staccò una fotografia dalle mollettine che la ancoravano al filo e saltellò giù dai gradini della scaletta.

    jpg« Ora come ora non saprei dire se la cosa sia fattibile, ma... potrei lavorarci su!
    Di certo, ora che ho delle coordinate so come ritrovarla!»


    Con un certo ottimismo, l'uomo dagli occhi chartreuse non accantonò del tutto la possibilità, ed esibendo il retro di una fotografia, batté un indice sulle cifre che vi erano state vergate sopra con una calligrafia sinuosa ed elegante, e sorrise.

    « Basterà venire a visitarla alla Biblioteca di Palanthas,
    in momenti successivi a questa data! »

    concluse, voltando la foto e mostrandogli una raffigurazione di bancarelle colorate
    « Questo scatto è stato fatto al Mercato delle Sette Note di Istvàn, circa un paio di mesi dopo la Notte di Kisnoth: non è proprio il posto esatto, ma è quello che più ci si avvicina, per ora... »

    Alzando di nuovo la faccia naso per aria, il Fotografo tornò a scrutare la miriade di foto pendenti dal soffitto, chiedendosi se non avrebbe forse dovuto continuare a cercare qualcosa di ancora più vicino alla richiesta … poi, considerando che la ricerca sarebbe potuta durare giorni, lasciò perdere e riportò lo sguardo su Arthur.

    « Per attivare il processo di viaggio -che mi piace chiamare collisione- deve guardare intensamente la fotografia, e cercare di “entrarci dentro”: si concentri sui dettagli, sui colori e sulle forme, provi a sentire gli odori e i suoni che le immagini suggeriscono, a sentire come sarebbe camminare per quelle strade... se sono posti in cui è già stato, i ricordi dovrebbero facilitare il procedimento!

    ...o almeno credo. Non sono sicuro che esista un metodo preciso e collaudato per farlo, sa?
    A me è capitato per caso.... ma è risultato anche stranamente naturale!
    Coraggio! Faccia una prova! »


    E con un sorriso incoraggiante, Theobald porse ad Arthur la fotografia.
    I poteri insiti nel suo sangue l'avrebbero guidato nel resto.

     
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    "Non esiste un unico tempo assoluto,
    ma ogni singolo individuo ha una propria personale misura del tempo,
    che dipende da dove si trova e da come si sta muovendo".


    (Stephen Hawking)

    ???

    « Ora come ora non saprei dire se la cosa sia fattibile, ma... potrei lavorarci su!
    Di certo, ora che ho delle coordinate so come ritrovarla! Basterà venire a visitarla alla Biblioteca di Palanthas, in momenti successivi a questa data! »

    Arthur non fu pienamente soddisfatto della risposta: non si trattava di semplice opportunismo, piuttosto dell'amaro in bocca che si sarebbe trovato nel dover lasciare un giovanotto così gentile completamente da solo, di nuovo. Il lato razionale lo aveva comunque tranquillizzato che fosse abituato a quel tipo di vita, ma il parlare con una bambola di pezza non era affatto un sintomo rassicurante sullo stato della sua psiche.
    « Questo scatto è stato fatto al Mercato delle Sette Note di Istvàn, circa un paio di mesi dopo la Notte di Kisnoth: non è proprio il posto esatto, ma è quello che più ci si avvicina, per ora... » il cainita rimase in educato ascolto quando l'anfitrione gli mostrò una foto della sua città, cercando di memorizzare la procedura « Per attivare il processo di viaggio -che mi piace chiamare collisione- deve guardare intensamente la fotografia, e cercare di “entrarci dentro”: si concentri sui dettagli, sui colori e sulle forme, provi a sentire gli odori e i suoni che le immagini suggeriscono, a sentire come sarebbe camminare per quelle strade... se sono posti in cui è già stato, i ricordi dovrebbero facilitare il procedimento!

    ...o almeno credo. Non sono sicuro che esista un metodo preciso e collaudato per farlo, sa?
    A me è capitato per caso.... ma è risultato anche stranamente naturale!
    Coraggio! Faccia una prova! »


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    -Sei un bravo ragazzo, Theobald.
    Sfiorando quell'immagine con le proprie dita, Arthur staccò per alcuni attimi il contatto visivo che istintivamente aveva già creato durante la spiegazione, concentrandosi sul cronomante di fronte a lui. Con la solita espressione fredda e seria, scrutò attentamente i lineamenti del volto. In un movimento semplice e fluido, gli posò una mano sulla spalla in quello che doveva essere un gesto rassicurante.
    -Ricorda che veniamo dallo stesso luogo e dallo stesso tempo. Ricorda che sono tornato in vita nella tua casa e per mezzo delle tue opere- avrebbe detto, dimenticando per qualche attimo di dargli del "lei", quasi parlasse con uno dei suoi studenti o addirittura un parente -Se avrai bisogno di aiuto o ti sentirai semplicemente solo, non esitare a chiamarmi.
    Concluse il suo parlare con una leggera pacca, prima di lasciarlo andare e dedicarsi al proprio viaggio.

    Respirando profondamente, abbassò lo sguardo argenteo sull'immagine di quelle strade familiari. Immaginandosi nella foto, iniziò a percepire il suono della Valle del Vento, la brezza primaverile e profumata di fiori che in quei tempi riusciva a sentire fin dentro il proprio studio. Sentì le voci della gente, le urla gioiose dei bambini.
    Apprezzò perfino il tocco di quel sole, suo naturale nemico.

     
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    -Sei un bravo ragazzo, Theobald.

    Le parole del Cainita, seppur proferite con tutto il quieto distacco di una persona seria e composta come Arthur era, accesero una luce un po' commossa negli occhi chartreuse di Theobald, che si limitò a fissarlo in volto, in silenzio, sopraffatto dall'emozione.

    -Ricorda che veniamo dallo stesso luogo e dallo stesso tempo.
    Ricorda che sono tornato in vita nella tua casa e per mezzo delle tue opere-

    con quelle parole, l'Alchimista gli posò paternamente un mano sulla spalla,
    -Se avrai bisogno di aiuto o ti sentirai semplicemente solo, non esitare a chiamarmi.

    Serrando le labbra in un sorriso un poco tremulo, il Fotografo annuì con convinzione, e mentre lo sguardo ne osservava i contorni ,che cominciavano a sbiadire come per l'interferenza statica di un teleschermo, sfarfallando in maniera ancora più suggestiva sotto le luci rosse della Camera Oscura, il Saggio di Palanthas fu restituito al suo mondo.

    Rimasto solo -beh, all'incirca- nella stanza, Theobald si rivolse ancora una volta alla bambolina appesa al taschino della sua giacca.


    « Oggi è stata una giornata davvero tanto interessante, mon âme...! Abbiamo trovato un nuovo amico, rubato dei libri in una Biblioteca, mangiato la torta e -soprattutto- compiuto un miracolo! La Mamma sarebbe fierissima di noi! »
    esclamò, carezzandole la testolina con un dito mentre si dirigeva all'uscita
    « ...però dobbiamo scoprirne di più, di questa cosa dei miracoli: non sarebbe male farne altri! E trovare anche un modo per renderci contattabile dal Signor Arthur! »
    cinguettò, spegnendo le luci e chiudendosi la porta alle spalle
    « Oh... è così elettrizzante avere di nuovo uno scopo! »

    ...e, a partire da quel momento, avrebbe avuto davvero molto con cui tenersi occupato.

     
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