Seize the Day

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    Respirando profondamente, il Vampiro abbassò lo sguardo argenteo sul ridente quadretto urbano, immortalato nello scatto che stringeva tra le mani, e -come il suo Virgilio gli aveva suggerito di fare- si concentrò sui dettagli di quell'ambiente e sul senso di familiarità che avvertiva per quel luogo, considerando che... beh, era proprio una bella foto!

    E non si trattava di un giudizio in qualche modo sfalsato dalla nostalgia e dal suo coinvolgimento emotivo, perché il taglio dell'inquadratura, la luce limpida del tardo mattino, l'armonia cromatica, il punto di fuga e il fulcro scelto per la messa a fuoco raccontavano una sapiente e attenta regia.

    Il soggetto principale era senza dubbio la dolce famigliola ferma al bordo della fontana, con un bimbetto di pochi anni seduto sul bordo di marmo, la mamma inginocchiata davanti a lui nell'atto di allacciargli una scarpina, e accanto a loro -ad un passo di distanza- un papà che sporgeva in avanti la destra per riparare sua moglie con un parasole colorato, mentre nella mancina teneva per mano la figlia più grande, che stringeva contro il petto un pupazzo dalle fattezze feline e guardava al fratellino con un'espressione teneramente infastidita... in un muto lamento di quanta pazienza ci volesse a sopportare quell'impiastro così tanto carino.

    Sullo sfondo, l'acqua della fontana scintillava argentea, le piante a balconi e finestre ingentilivano le architetture, e intorno a loro le bancarelle esponevano stoffe colorate, frutta e verdura, suppellettili di ceramica e utensili di legno, spezie e dolci, mentre i commercianti imbonivano la folla mimando slogan ammiccanti o le cifre dei loro prezzi competitivi, contendendosi l'attenzione dei passanti con un saltimbanco e i suoi animali ammaestrati...
    Insomma, una classica bella giornata per le strade di Istvàn.

    Rincuorante, a pensarci, visto che -stando a quel che gli aveva detto la sua guida- appena un paio di mesi erano trascorsi dalla tragedia nel Pentauron: era bello considerare che quella famigliola non aveva permesso all'orrore di contaminare la loro serenità, indebolire la loro voglia di vivere, o avere in alcun modo potere sulla loro speranza nell'avvenire.

    Sempre più attratto dalla realtà a cui sentiva di appartenere, il Cainita non si rese probabilmente contro del momento preciso in cui ebbe lasciato lo studio del Fotografo, né di quello in cui si materializzò in piedi nella piazza centrale del Mercato delle Sette Note: quando si accorse di riuscire ad udire il Canto della Valle del Vento, di poter respirare la brezza fresca e frizzante della primavera, che portava in sé il profumo intenso dei fiori in boccio, e di saper distinguere qualche parola sparsa dal chiacchiericcio diffuso ed informe delle persone attorno a lui fu solo perché d'un tratto,
    calò il silenzio.

    Un silenzio ben più profondo di quando ci si trova soli, in assenza di rumori... più tonante ancora di quello a cui la notte, la solitudine e la non-vita potevano averlo abituato... un silenzio assoluto, a cui i suoi occhi argentei poterono associare la più completa immobilità del mondo intorno a lui quando gli venne naturale guardarsi intorno, in cerca di qualche spiegazione.

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    Arthur Friederick Giles aveva finalmente fatto ritorno alla vita, alla sua città e al suo tempo...
    Eppure, la fissità degli spruzzi d'acqua in caduta delle statue della fontana, il frullio statico delle ali dei piccioni a mezz'aria, e i movimenti congelati dell'umanità intorno a lui, insieme alla patina opaca che rivestiva ogni cosa, gli resero palese che qualcosa non doveva essere andato come doveva...

    ...altrimenti, per quale paradossale ironia della sorte, proprio lui che era un non-morto,
    era l'unica cosa viva in un mondo sospeso su di un tempo fermo?

     
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    "Non esiste un unico tempo assoluto,
    ma ogni singolo individuo ha una propria personale misura del tempo,
    che dipende da dove si trova e da come si sta muovendo".


    (Stephen Hawking)

    ???

    Nella pacifica contemplazione della fotografia di Theobald, il cui soggetto era null'altro che una famiglia felice come tante in quella capitale, Arthur si cullò nel piacevolissimo accostamento cromatico e nella prospettiva che soltanto un'attenta ricerca ed una maestria dettata da studio e pratica sapevano dare ad una creazione, di qualunque disciplina si parlasse.
    Sullo sfondo, ben visibile dietro al gruppetto di quattro individui, l'acqua della fontana scintillava ai raggi del sole alto e brillante. Gli edifici si lanciavano in fantasiose gare di bellezza su quale avesse il balcone o la finestra più fiorita e le bancarelle colorate si estendevano ad ogni angolo.
    Quando la coscienza del cainita comprese quindi di essere effettivamente giunta nel Mercato delle Sette Note -fino a quel momento, solo osservato- Arthur Friederick Giles mimò un sospiro profondo, estremamente sollevato di aver terminato quell'odissea degna delle peggiori droghe psichedeliche.

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    -...
    Quando tuttavia fu convinto di poter riascoltare il dolce Canto della Valle del Vento o allietarsi nel profumo intenso dei fiori appena sbocciati, improvvisamente calò il silenzio. Non si trattava di un momento di preghiera, di un'improvvisa mancanza di discorsi o della fine di una musica: nell'udirlo, Arthur pensò immediatamente ad una camera anecoica in costruzione proprio a Gawec. Da progetto, all'interno della zona non si sarebbe potuto diffondere il suono, o almeno non più di dieci decibel, ed un tecnico specializzato avrebbe resistito al suo interno non più di un quarto d'ora.

    Dopo pochi secondi, gli arrivò a conferma di quella teoria uno strano ronzio alle orecchie: era impercettibile, ma sapeva fosse l'effetto della sua attività celebrale. Significava che -nell'assenza di rumore- l'unico segnale di vita arrivava dal suo corpo.
    Perplesso e consapevole che qualcosa fosse andato storto, iniziò a guardarsi intorno per capire il problema.
    Lentamente.

     
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    Nel desolato e desolante silenzio di quella situazione atemporale, d'un tratto un fruscio -un suono vicino e quanto mai concreto- avrebbe di certo allertato i sensi del Vampiro, già intento a studiare i dintorni; voltandosi per guardarsi alle spalle, Arthur poté però solamente cogliere con la coda dell'occhio lo sventolio di un drappo bianco ai limiti del suo campo visivo.

    Muovendosi al suo inseguimento, il Saggio non ne avrebbe trovato traccia per la piazza del Mercato, ma -a quel punto- un nuovo input sensoriale reclamò la sua attenzione quando un rintocco lieve ma cadenzato gli accarezzò l'udito:
    suono di passi, in avvicinamento dalla sua sinistra...

    Poi, invece, una figura lo superò sulla destra, e nel riuscire finalmente ad inquadrarla e metterla a fuoco, l'Alchimista poté riconoscervi lo spilungone biancovestito incrociato nel corridoio rosso dove aveva visto la Kalia dai capelli neri: l'essere presentatoglisi come “Re del Tempo” era ad appena una ventina di centimetri di distanza...

    E con le mani intrecciate dietro la schiena, continuava a camminare in circolo intorno a lui, come un avvoltoio su un animale morente: senza smettere di scrutarlo intensamente con gli occhi verde peridoto mentre si spostava, squadrandolo come si contempla un calcolo matematico complesso il cui risultato non combacia con la soluzione corretta.


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    « . . . »

    Vivisezionandolo con lo sguardo, in un silenzio non più vuoto,
    ma molto, molto più
    logorante.

     
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    ma ogni singolo individuo ha una propria personale misura del tempo,
    che dipende da dove si trova e da come si sta muovendo".


    (Stephen Hawking)

    Mercato delle Sette Note, Istvàn
    Presidio Orientale, Endlos.

    « . . . »

    In quel silenzio in cui -se immersi troppo a lungo- si rischiava di divenire preda delle allucinazioni, un suono diverso dal ronzio del suo cervello si affacciò ai sensi del Vampiro, mettendolo in allerta. Voltandosi appena, il Saggio intravide con la coda dell'occhio il lembo di un drappo bianco; decidendo di inseguirlo con lo sguardo, finì per perderlo qualche attimo, prima di percepire nuovamente dei passi alla propria sinistra. Fu allora che una figura lo superò sulla destra, ed a quel punto finalmente l'Alchimista riuscì a mettere a fuoco lo stesso strano individuo incrociato in uno dei suoi viaggi temporali immediatamente successivi alla rinascita per mano di Theobald.

    Ricordava che si fosse presentato come “Re del Tempo”, che lo avesse insultato e che lo aveva infine spedito dal molestatore sgarbato e con la benda sull'occhio (si chiamava Frank?) dello sportello numero due, situato a sua volta in quell'inferno bianco ed asettico di cui l'unico ricordo piacevole che conservava era l'aver trovato dei volumi interessanti.
    Per una sfortunata successione di eventi, i tomi reputati "interessanti" dal vampiro erano gli stessi che furono trafugati dall'archivio delle anomalie... e che portava ancora sotto il braccio. Grossi come volumi d'enciclopedia.

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    -...

    Mentre il misterioso Re continuava a girargli attorno come un avvoltoio -braccia a parte, intrecciate rigorosamente dietro la schiena- Arthur si lasciò scrutare intensamente da quegli occhi dalla pupilla disumana senza mai perdere il proprio aplomb, abbastanza abituato a situazioni simili, dove l'inquietudine ed il logoramento ne facevano da padroni.

    In un certo senso, lavorare tanti secoli alle dipendenze dei capricciosi, esaltati -e talvolta folli- Galanodel aveva finito per tornargli davvero utile.
    Ristette quindi in silenzio, immobile, e prese a fissarlo di rimando.

     
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    In un mondo fermo dove il tempo era sospeso, il contest di sguardi fissi in cui il Vampiro e il Demone si scontrarono in silenzio ebbe una durata inquantificabile: forse furono pochi istanti, o magari l'eternità necessaria al raffreddarsi di un sole e alla morte termica di un universo... chissà?

    L'unica cosa certa fu che, ad un certo punto, lo straniero dal pizzetto caprino si arrestò davanti ad Arthur, reclinò la testa sormontata dalla tuba bianca all'indietro e rise: rise di gusto, producendo un suono raspante e sinistro che rimbalzò per quello spiazzo affollato ma privo di vita, salendo a riempire la volta del cielo, prima di spegnersi.

    L'uomo in bianco aveva portato una mano guantata a coprirsi parzialmente le labbra ben disegnate, da cui però affioravano i canini appuntiti, e ora lo fissava con un'espressione sottilmente divertita nelle iridi verde-giallastre... quasi avesse alfine trovato una soluzione al problema.


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    « Ma sì... in fondo può funzionare anche così...! »
    concesse, posando lo sguardo sui volumi trafugati, e passando un indice sulla copertina
    « Buona fortuna con le sue... letture impegnate. »

    E senza lasciare alla Corona di Khymeia alcun diritto di replica, il Re del Tempo gli volse le spalle in un turbinio del mantello bianco: un'anomalia interessata a studiare altre anomalie nel mondo che non dovrebbe esistere era già abbastanza divertente così... ma poteva tornargli anche utile; per questo lo avrebbe lasciato stare, e sarebbe stato anche tanto generoso da lasciargli accesso alla documentazione.

    ...a seccarlo restava solamente l'eventualità -prettamente teorica- che esistesse qualcun altro in grado di compiere ciò che reputava suo esclusivo appannaggio – ma quello non era necessario divulgarlo.

    Mentre il Nobiluomo si allontanava rivolgendogli le spalle, il Saggio avrebbe notato anche qualcos'altro muoversi tutt'intorno: prima non li aveva notati -in piedi, immobili in mezzo alle persone congelate nel tempo sospeso, intenti a fissarlo-, ma ora che anch'essi si stavano muovendo, imitando il loro Superiore e disperdendosi, Arthur scorse un certo numero di volti, prima assenti tanto nella foto di Theobald quanto nella piazza... e tra di essi gli parve di riconoscere l'uomo con l'occhio bendato dello Sportello, e il ragazzo dai capelli verdi rimasto svenuto nell'Archivio.


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    « Ci si vede...! ♪ »

    E mentre quel saluto si librava nell'aria, simile in modo preoccupante ad un minaccia, ma più probabilmente -scenario ancora peggiore- una promessa, la luce sfarfallò per l'intervallo di un battito di ciglia, e come un filmato sbloccato dopo una pausa, la vita nel mondo e nella città di Istvàn riprese il suo corso.

    Del Re del Tempo e dei suoi Agenti, come prevedibile, più nessuna traccia.

     
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    ma ogni singolo individuo ha una propria personale misura del tempo,
    che dipende da dove si trova e da come si sta muovendo".


    (Stephen Hawking)

    Mercato delle Sette Note, Istvàn
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    Quando il suono raspante e sinistro liberato dalle fauci aguzze del Re del Tempo si librò in quel cielo immobile al punto da apparirgli finto, la coscienza di Arthur -già provata dal duro viaggio- gli suggerì che non ci sarebbe stato futuro da quel momento, e se già quel tale gli appariva inquietante, a peggiorare la sua già misera situazione c'erano le prove del misfatto tenute in bella vista ed a portata di braccio.
    Ristette in silenzio quando l'altro l'osservò divertito; percepì in quei modi un'insolente presa in giro, tuttavia continuò a non agire, attendendo la prima mossa del monarca sogghignante.

    « Ma sì... in fondo può funzionare anche così...! Buona fortuna con le sue... letture impegnate. »

    Al cainita non fu lasciato alcun diritto di replica, quindi non poté fare altro che fissare le spalle dell'uomo in bianco, il quale già si allontanava, permettendogli così di osservare meglio anche lo sfondo. Fu allora che li vide -in piedi, immobili fra la folla congelata: diversi individui dai volti più o meno noti -fra cui anche l'uomo dall'occhio bendato e l'inseguitore degli archivi- lo avevano fissato per tutto il tempo, imitando poi l'uomo in bianco al primo cenno e disperdendosi in silenzio.

    « Ci si vede...! ♪ »

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    Quando quel saluto si librò nell'aria, una strana luce infastidì i suoi occhi da predatore notturno nel tempo di un battito di ciglia, ed allora la vita di quella piazza riprese il suo corso, come se nulla fosse accaduto. Intimamente inquietato dalla possibilità di rivederli, il Saggio scacciò quell'idea nei meandri della propria memoria -consapevole che gli avrebbe fatto più male che bene all'umore- dunque girò i tacchi e, visualizzato il tetto di Palanthas in linea d'aria, prese a correre verso casa alla massima velocità possibile.

    Lottando contro la propria resistenza fisica, tenne sempre ben stretti a sé quei volumi rubati, quasi fossero un tesoro da custodire.

     
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