Coronation

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    Impeto e tempesta

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    "Se saprai mantenere la calma quando tutti intorno a te la perdono, e te ne fanno colpa.
    Se saprai avere fiducia in te stesso quando tutti ne dubitano,
    tenendo però considerazione anche del loro dubbio".


    "Se saprai aspettare senza stancarti di aspettare,
    O essendo calunniato, non rispondere con calunnia,
    O essendo odiato, non dare spazio all'odio,
    Senza tuttavia sembrare troppo buono, né parlare troppo saggio"

    "Se saprai sognare, senza fare del sogno il tuo padrone;
    Se saprai pensare, senza fare del pensiero il tuo scopo,
    Se saprai confrontarti con Trionfo e Rovina
    e trattare allo stesso modo questi due impostori".

    "Se riuscirai a sopportare di sentire le verità che hai detto
    Distorte dai furfanti per abbindolare gli
    sciocchi,
    O a guardare le cose per le quali hai dato la vita, distrutte,
    E piegarti a ricostruirle con i tuoi logori arnesi..."


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    Camera dell'Alfiere, Mastio.
    Presidio Errante, Endlos.

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    L'alba li aveva già baciati quando le nubi candide e soffici di un cielo primaverile si colorarono di un rosa appena percettibile.
    In attesa del termine dei preparativi, rassicurata da una brezza gentile e fresca, l'Alfiere Errante osservava i propri cittadini dalla balconata del suo alloggio privato, tutti evidentemente indaffarati per le strade della Città Alta. Numerosi Magistri e soldati erano stati disposti lungo le principali vie, così da prevenire il caos dovuto alla folla che presto sarebbe giunta dagli altri gironi, desiderosa di poter guardare con i propri occhi il nuovo Alfiere incoronato. Erano stati -infatti- distribuiti al centro di ogni piazza degli artefatti magici simili a piccole sfere che, con l'aiuto di una piccola squadra di maghi e la parete liscia di un palazzo vicino, sarebbero stati in grado di proiettare tutto ciò che sarebbe accaduto nella Sala del Trono, enorme centro di potere -ma non abbastanza da ospitare tutta la popolazione.

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    -Immaginavo fossi già pronta: spero mi perdonerai se mi sono permesso di entrare in camera senza farmi annunciare ♥

    Sulla soglia degli appartamenti dell'Alfiere comparve improvvisamente la sagoma di un uomo in abiti molto eleganti. Dalla camicia di seta ed un cappello piumato con ricami in oro bianco -perfettamente identici a quelli dell'abito blu che aveva indosso- mostrava spavaldo una cravatta e delle maniche ricoperti di merletti che, almeno su Laputa, sarebbero parsi eccessivi, perfino per un abito da cerimonia. I lunghi capelli azzurri erano lasciati sciolti in un'acconciatura ordinata ed il sorriso lieto addolciva i tratti del suo volto, resi esotici dalle iridi dorate e brillanti.

    -Sei pronta ad abbandonare lo scettro e tornare fra noi comuni mortali?

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    La Dama del Vento era ancora sul proprio balcone e con gli occhi smeraldini puntati sulla linea dell'orizzonte. Immobile e stoica di fronte al grande cambiamento, indossava anche lei degli abiti da cerimonia.

    -In verità... sognavo questo momento da molti anni.

    Voltandosi alla propria destra, esattamente dove il fratello l'aveva raggiunta, sorrise con mortificata colpevolezza. A quella vista, anche l'Ambasciatore le sorrise, decisamente più divertito di lei, ma altrettanto complice.

    -Lo so... ma è bene che la tua confessione resti il nostro piccolo segreto ♥

    Protendendosi appena, le baciò delicatamente la guancia.

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    "... Se saprai fare un solo mucchio di tutte le tue fortune
    E rischiarlo in un unico lancio a testa e croce,
    E perdere, e ricominciare di nuovo dal principio
    senza mai far parola della tua perdita.
    Se saprai serrare il tuo cuore, tendini e nervi
    nel servire il tuo scopo quando sono da tempo sfiniti,
    E a tenere duro quando in te non c'è più nulla
    Se non la Volontà che dice loro: « Tenete duro! »..."


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    Sala del Trono, Mastio.
    Presidio Errante, Endlos.

    In uno degli ambienti più alti del Mastio, perfettamente illuminata dalla luce diurna che, dalle ampie vetrate dai mille colori e fantasie posizionate magistralmente sul soffitto, si rifletteva sulle superfici lucide e sugli specchi, avvolgendo i presenti in un candore diffuso in grado di richiamare l'idea stessa del Paradiso, la sala del trono raccoglieva in sè tutta la bellezza esotica di cui Laputa era in grado di farsi vanto.

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    Quel giorno si sarebbe presentata gremita di ospiti illustri, tuttavia le prime file erano state riservate agli Ufficiali e -ovviamente- alla famiglia reale. Salutando dal proprio scranno, l'Alfiere Errante si rivolse giocosamente all'ultimo nato fra i suoi bambini: Ren Galanodel la osservava in silenzio e con il visino paffuto imbronciato, accolto e sorretto gentilmente dall'abbraccio dell'affidabile Virginia, sua levatrice ed amica della madre.

    Li disposte avrebbero atteso che tutti gli invitati fossero entrati, prima di ordinare la chiusura delle porte: nel momento stesso in cui gli ospiti avrebbero superato la soglia, non sarebbe stato per loro possibile fare a meno di contemplare le pareti in marmo candido, i bassorilievi o gli intarsi di giada ed azzurro... sentendosi forse terribilmente piccoli, perfino i visitatori più assidui.
    Percorso l'interminabile colonnato, alla sommità di una breve scalinata, avrebbero tutti potuto ammirare il trono dell'Autocrate, sormontato da tre stelle ad otto punte completamente in oro, simbolo del Presidio e dell'Alfiere Errante. Splendendo sul capo del regnante in un falso cielo fatto di drappi celesti ed azzurri, avrebbero messo in risalto per dimensione la più grande -quella alla sommità- coronata a sua volta da altri astri più piccoli, equamente distribuiti ad ogni punta.

    Quando infine tutti furono in sala, il silenzio scese sulle loro bocche senza la necessità di un richiamo, forse dovuto alla consapevolezza di quanto un semplice giorno potesse risultare decisivo negli equilibri di potere di tutta Endlos. A quel punto, dopo un gesto dell'Alfiere Errante, la cerimonia ebbe inizio.

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    Levandosi dal proprio scranno, l'Autocrate compì tre passi in avanti, raggiungendo il bordo della scalinata senza tuttavia scendere, magnifica nel suo abito da cerimonia.

    Dono del fratello, confezionato soltanto per lei, abbinava in modo aggraziato ed elegante i due colori tradizionalmente affiancati alla figura dell'Alfiere Errante: il bianco -che da sempre l'accompagnava- ed il nero, tipico anche delle divise di molte milizie erranti. Impreziosito da volant, pizzi e numerosissimi decori in oro, riportava anche lamine in mithril, disposte in modo da richiamare l'idea di una vera e propria armatura. Quel dettaglio era stato un'aggiunta dell'Ambasciatore Orientale al progetto iniziale, forte del pensiero che nessun abito su Drusilia sarebbe mai calzato meglio di un'armatura da cavaliere.
    Si diceva che la Dama del Vento avesse apprezzato particolarmente l'idea del gemello, e per quello soltanto lo aveva scelto fra i modelli che le erano stati offerti per l'evento.

    Fu allora che le porte si aprirono nuovamente, e la musica lieve e ben udibile di una sinfonia di strumenti e voci bianche accompagnò l'ingresso in sala del Principe Lowarn. In abiti eleganti e scuri da regnante ricamati in oro, procedeva lentamente in avanti, passo dopo passo, tenendo bene a mente il consiglio della madre e dello zio di non abbassare mai lo sguardo.

    A disagio per l'essere al centro di tutte le attenzioni, trovò nella musica il grande lato positivo in quei momenti: intuire che si trattasse di composizioni dei suoi studenti e colleghi a Palanthas lo rese particolarmente felice ed orgoglioso. Nonostante il dolore non gli permettesse ancora di suonare, in quella melodia percepì il tocco lieve e dolce di memorie passate ed ormai perdute che non lo ferirono, ma lo spronarono ad avanzare affinché nulla di quel male tornasse.

    -Più di un decennio è ormai trascorso dalla mia incoronazione: da allora il mondo è cambiato- introdusse Drusilia, dopo che Lowarn ebbe modo di raggiungerla, sostandole di fronte e in basso alla breve scalinata -Dopo anni di onorato servizio in periodi di pace e di guerra, di invasioni e di soccorso... il momento storico, la necessità e l'Amore che provo per i miei concittadini mi impongono in questa ora fatale di farmi da parte.
    Chiuse gli occhi ed attese qualche attimo, prima di scandire a chiare parole ciò che la sua nazione doveva sapere.

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    -Signori, Qui vi presento Lowarn Galanodel, il vostro futuro Alfiere. Al quale tutti voi in questo giorno dovrete rivolgere il vostro omaggio e il vostro servizio.

    Terminata quella dichiarazione, seguita da un lieve brusio durato solo pochi attimi, il Principe salì la scalinata, avvicinandosi alla madre ed inginocchiandosi al gradino più alto. Di nuovo lei prese parola.

    -Lowarn Galanodel, prometti solennemente e giuri di governare il popolo di Laputa e del Presidio Errante e di tutti i territori appartenenti e le pertinenze dipendenti dalla nostra patria, secondo le loro rispettive leggi e costumi?
    -Solennemente prometto di farlo.
    -Userai il tuo potere nella Legge, nella Giustizia e nella Compassione in tutti i futuri giudizi?
    -Lo farò.
    -Vorrai tu con il tuo potere mantenere e professare le Leggi degli Dei Erranti? Vorrai tu mantenere e preservare l'inviolabilità delle nostre mura sacre ed il favore di Cuvar, la floridità delle nostre campagne e l'affetto di Mullai, la diffusione della dottrina del lavoro, dello scambio e dell'apertura, consacrata in Manitan... e l'amore e la libertà nei confronti della cultura e della magia, di cui Aciriyar ne è il Signore?

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    -Tutte queste cose io prometto.
    Tutte le cose che ho sin qui promesso, io le manterrò e le metterò in pratica.
    Che gli Dei Erranti mi aiutino.


    Sorridendo con orgoglio materno, Drusilia si sporse appena sul Principe inginocchiato. Prendendo delicatamente il volto imberbe fra le dita sottili, posò le labbra rosse sul suo capo in un tenero e dolce bacio che sapeva di benedizione. Poi riprese a parlare.

    -Davanti ai miei Ufficiali e a tutto il Presidio Errante, abdico a favore del Principe Lowarn, mio successore.
    Rinuncio alla carica di Alfiere Errante, a tutti gli oneri ed i doveri che porta con sé e a tutti gli onori ed i privilegi.

    Nel dirlo, afferrò con le mani la corona sul proprio capo. Dunque la estrasse, portandola in avanti ed adagiandola sulla testa del figlio inginocchiato.

    -Come suo predecessore, nomino quindi Lowarn Galanodel Terzo Alfiere Errante, Autocrate di Laputa e Primo Sacerdote degli Dei Erranti.

    Fu allora che il nuovo Alfiere Errante si levò in piedi, procedendo ancora di qualche passo e scambiando la propria posizione con quella della madre. Raggiunse il trono e vi si sedette. Le dita sottili si strinsero involontariamente sui braccioli dello scranno e -per pochi attimi- lo sguardo smeraldino vagò disorientato fra i presenti. Poi si fermò, chiuse gli occhi e prese un profondo respiro, portando una mano in tasca ad afferrare il Cigno Nero, tranquillizzandosi.
    Il tempo dei giochi era appena terminato: da quell'istante avrebbe dovuto lavorare da solo per la propria felicità, combattendo in ogni istante per quella degli altri. Esattamente come aveva fatto il proprio maestro, negli ultimi istanti di vita.

    Ed allora fu certo che -ovunque si fosse trovato- Owl sarebbe stato fiero di lui.
    Sarebbe diventato forte anche per lui.

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    "...Se saprai parlare alle folle senza perdere la tua virtù,
    O passeggiare con i Re, rimanendo te stesso,
    Se né i nemici né gli amici più cari potranno ferirti,
    Se per te ogni persona conterà, ma nessuno troppo.
    Se saprai riempire ogni inesorabile minuto
    Dando valore ad ognuno dei sessanta secondi,
    Tua sarà la Terra e tutto ciò che è in essa,

    E — quel che più conta — sarai un Uomo, figlio mio!"

     
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    Cherish

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    Per quanto viaggiare fosse sempre stata ai suoi occhi blu un'esperienza interessante ed affascinante, le era in vero capitato ben di rado di avere occasione di farlo per puro spirito di avventura: fin da giovane -quando il futuro non aveva in serbo per lei che una vita da reale consorte di un qualche alleato di suo padre-, Kalia Menethil aveva spesso ottemperato a più di una visita diplomatica in vece di rappresentante del Re ma... se quei frammenti di memoria apparivano lontani come i ricordi di un'altra vita, il suo arrivo su Endlos non aveva alterato che la frequenza dei suoi spostamenti di quel genere, e reso il loro protocollo
    quasi una
    routine.

    Perché alcune cose non cambiavano mai: nemmeno con alcuni secoli a separarla dal passato, neppure a distanza di interi mondi, e neanche ora che non era più principessa ma Regina.

    L'ufficialità, dopotutto, è un concetto a suo modo universale: una lente artificiosa -algida e solenne-, che imprime un'austera impronta di nobiltà ed eleganza alle situazioni, come la cornice fa per un dipinto, o il vetro a mosaico di una cattedrale fa con la luce che attraversa la finestra; alcuni potevano considerarla una pratica superflua, ma quella veste di ufficialità era una forma di affermazione nella transitorietà del mondo, al pari delle architetture di un altare, che racchiudono in una dimensione mistica l'eco del rito che erano concepire per ospitare.

    Un po' come le quinte di un palcoscenico, che impongono più di un dovere di forma ai suoi attanti. E, in effetti, in quel momento, alla Dama Azzurra sembrava assai più calzante definire sé stessa un'attrice che impersonava il ruolo di regina, non tanto per una questione di finzione, ma per una mera
    questione di
    costumi.

    Laputa era un paese alleato da ormai lungo tempo, Drusilia -il regnante uscente- era più una sorella che un'amica, e in compagnia del giovane Lowarn -il futuro sovrano- la Castellana aveva trascorso abbastanza tempo -discorrendo, prendendo insieme thé e biscotti, ascoltando le sue composizioni per violino- da poterlo considerare quasi un figlio o un nipote, eppure, nonostante la grandissima familiarità, il momento richiedeva il rispetto di un copione preciso ed ordinato, perché l'Incoronazione non era solamente uno spettacolo da presentare al popolo, ma una vera e propria consacrazione agli annali della Storia.

    jpgIn quella circostanza, l'ufficialità esigeva che lei non fosse che l'Alfiere Orientale, ed esattamente per quella ragione aveva curato con estrema attenzione ogni dettaglio del suo aspetto, optando così per un abbigliamento che ben si adattasse all'opulenza del suo rango e della cerimonia: contrariamente alle proprie ben più semplici abitudini, la donna aveva indossato forse il modello più pomposo del guardaroba -balze, pizzi, trini, nastri, merletti, e soprattutto gemme-, abbinandolo ad un soffice manto di pelliccia bianca e vaporosa che le circondava le spalle; i lunghi capelli azzurri le erano invece stati sistemati -con ore di lavoro da parte di un piccolo plotone di ancelle- in un'elaboratissima acconciatura, impreziosita da alcune rose blu, ma -soprattutto- fissata da un'imponente architettura di elaboratissimi ornamenti d'oro bianco, anch'essi tempestati di pietre preziose.

    Compostamente seduta sulle panche della Sala del Trono, lì predisposte per la ristretta cerchia di ospiti che avrebbe avuto l'onore di presenziare fisicamente a quell'evento epocale, la Dama Azzurra aveva fatto vagare gli occhi blu sui bianchi bassorilievi in marmo, sui fregi di giada verde e cerulea, e sull'ingegnoso sistema di specchi e vetrate che catturava la luce diurna e la rifletteva in giro; approfittando della disponibilità del caro Arthur -al suo fianco sia in veste di suo accompagnatore, sia in qualità di Fratello di Congrega del Principe Lowarn- se ne era fatta spiegare il funzionamento in attesa che la cerimonia avesse inizio.

    La breve ed educata conversazione tra i due -sostenuta a voce bassa per non disturbare- si spense quando la Dama del Vento si erse dal trono dell'Autocrate ed avanzò fino alla soglia dei gradini che ne sopraelevavano il seggio, mostrandosi in tutto il suo splendore, nonostante i ricchi abiti da cerimonia e la severa acconciatura -ricercata e sormontata da una sfavillante corona- le dessero un aspetto in qualche modo inusuale... eppure perfettamente consono tanto al suo rango quanto alla sua personalità. Certamente merito del sarto, ma anche dei saggi consigli estetici di Quar-


    « Dico io: ma ci voleva tanto? ★ »

    Nel silenzio che aleggiava sugli astanti, quella domanda -appena bisbigliata da qualcuno alla sua destra- le giunse all'orecchio in un borbottio denso di retorica, e se Kalia si volse nella sua direzione non fu per la curiosità di scoprire chi l'avesse pronunciata e a che cosa si riferisse, quanto più per la sorpresa di trovare un nuovo posto a sedere là dove prima non c'era che il camminamento destinato alla processione.

    Eppure, quando le doppie porte si schiusero per accogliere l'ingresso dell'ospite più atteso, come se l'intera fila fosse slittata di un posto, il nuovo arrivato non risultò essere in alcun modo d'intralcio quando -regalmente abbigliato, fiero e solenne- Lowarn Galanodel superò le porte e attraversò la navata che tagliava a metà la Sala del Trono e la platea; perplessa dal fatto che qualcosa non le tornasse, le iridi blu zaffiro della Castellana seguirono la figura del Principe mentre si fermava ai piedi del podio -al cospetto di sua madre- e Drusilia cominciò a parlare, ma...


    « Lei non può immaginare quanto mi faccia penare ogni giorno la sua brutta abitudine di andarsene in giro sciatta e in disordine, con indosso la prima cosa pescata a casaccio dagli armadi. »

    ...non le riuscì di capire una sillaba, perché per quanto non avesse un alto volume, l'insistente (e molesto) borbottio del suo vicino le creava interferenza; inoltre, quel figuro non dava l'impressione di star parlando da solo, ma -a giudicare da come piegò il busto per sporgersi nella sua direzione- di volersi rivolgere proprio a lei in particolare.

    « ...ma, certo, non sto dicendo che Drusilia debba preoccuparsi in prima persona di una cosa triviale come arrangiare degli outfit consoni alle occasioni; voglio dire: è per quello che esistono i servitori, no? »

    « S-scusi...? »

    jpgRuotando la testolina cerulea nella sua direzione, la Regina dell'Est soffermò lo sguardo confuso su quella presenza per qualche ragione ammessa tra gli ospiti più illustri del Semipiano, e... dopo un istante, raggelò: si trattava di un uomo maturo, dalla pelle di un pallore malsano, con due intensi occhi verdi cerchiati da profondissime occhiaie nere, e con lisci capelli di una tonalità violacea, analoga a quella del pizzetto caprino; vestiva un completo da uomo bianco gessato di grigio, come quelli in uso nel Garwec o in alcune zone del Pentauron, per quanto la cosa più vistosa -e assolutamente fuori luogo- rimaneva senza dubbio il vaporoso ventaglio in piume di pavone.

    Tuttavia, più che il suo bizzarro senso della moda, a lasciare Kalia di sasso fu il riconoscervi lo stesso "Re del Tempo" che aveva incrociato per le tribune del Circo, quando lo Spettro di Halloween l'aveva presa in custodia.


    « Ma certo: vi perdono! Siamo tra Reali: mi pare il minimo! »
    assentì prontamente il Nobiluomo in bianco, con condiscendente rassicurazione
    « Ad ogni modo, stavo dicendo: quando vivremo insieme -intendo in maniera stabile: questo è più un giro di prova!- ...comunque, dicevo: quando io e Drusilia vivremo insieme, mi premurerò di assegnarle un attendente qualificato per la mansione.»

    Sebbene in occasione del loro primo incontro Kalia non avesse parlato granché con lui, nel metterlo a fuoco una seconda volta, l'aspetto di quell'individuo e le sue strane dichiarazioni le permisero di riconoscerlo come lo stesso Arcidemone che la sua amica le aveva in gran segreto confidato essersi ritrovata alle costole dopo gli eventi del Circo; eppure, intanto che Mephisto Pheles agitava con leggiadria l'ingombrante accessorio -visibilmente più intenzionato a farne sfoggio che non a procurarsi realmente del refrigerio- la Dama Azzurra non poté far a meno di trovarlo un personaggio più stravagante che minaccioso.
    Come Salem, aveva un che di
    infantile...

    « In effetti, forse sarebbe opportuno designare anche un'equipe di sarti: non che il suo fisico abbia problemi con le taglie da boutique, ma... la vera signorilità si vede anche da queste cose. »
    assentì l'altro, annuendo convinto, scoccandole poi un'occhiata penetrante
    « A proposito: il modello che sta indossando adesso proviene dai vostri domini, vero? Vorrei conoscere gli estremi dell'atelier. »

    ...e, per sua fortuna, pur avendo poca dimestichezza con creature demoniache, la Castellana aveva molta esperienza con i bambini, così -a quella richiesta- si limitò a reclinare un poco la testolina cerulea da una parte, chiudere gli occhi, e rivolgere al suo vicino un ampio ed imperturbabile sorriso.

    « Naturalmente, Sire: sarò ben lieta di fornirvi tutte le indicazioni... »
    « Meraviglioso! »

    Adagiandosi il ventaglio di pavone in grembo, il Re del Tempo portò la mano guantata al doppiopetto della giacca elegante, e recuperò dalla tasca interna il proprio apparecchio telefonico; stava già tenendosi pronto a ricevere le informazioni che gli servivano e a far partire la chiamata, quando la candida mano dell'Alfiere Orientale si innalzò come una barriera tra loro, agitando gentilmente nell'aria un indice sentenzioso, la cui unghia smaltata di un azzurro madreperlaceo catturò i riflessi di luce dell'ambiente e anche la sua attenzione.

    « ...al termine la Cerimonia di Incoronazione. »
    concluse la donna, con il tono dolce e paziente ma inamovibile che adottava con i ragazzini

    Davanti a quell'approccio, garbatissimo e proveniente dalla persona di più alto rango tra gli invitati (motivo per cui ne aveva ricercato la compagnia), il Nobiluomo in bianco ristette per un lungo momento, preso in contropiede; poi, gonfiando le guance scavate in un broncio indispettito, rinfoderò il suo aggeggio, incrociò le braccia sul petto, e mentre accavallava le gambe, tornò a mettersi composto sul proprio seggio.

    « Mph... d'accordo. »

    E dopo averlo ringraziato per quella concessione, tessendo le lodi della sua cortesia, Kalia poté finalmente riportare gli occhi blu zaffiro sul giovane Lowarn, giusto in tempo per vederlo pronunciare i voti, ricevere la corona, e prendere posto sul Trono che avrebbe da quel momento in avanti dovuto reggere e proteggere con virtù; e quando il rito di passaggio si fu concluso, la Regina dell'Est fu la prima ad acclamarlo.

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    Viaggiatore dei Mondi

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    "Il tempo non va misurato in ore e minuti,
    ma in trasformazioni".


    (Fabrizio Caramagna)

    Sala del Trono, Mastio.
    Presidio Errante, Endlos.

    In quello che -probabilmente- era l'ambiente più elevato del Mastio, un consistente numero di invitati fra le personalità di spicco dei Presidi alleati aveva iniziato a disporsi fra le elegantissime panche lì disposte per l'evento, tutte intarsiate e ricoperte di cuscini soffici e dalle stoffe pregiate.

    Accomodato in prima fila, al fianco dell'Alfiere Orientale, Arthur Friederick Giles -Corona di Khymeia, Via della Genesi, e quindi Saggio di Palanthas- si concesse alcuni attimi di pace nel contemplare la splendida struttura, apprezzando in modo particolare l'accurata disposizione di vetrate e specchi, così da rendere l'intero ambiente perfettamente illuminato, oltre che inondato di un chiarore che quasi gli ricordava le ampie sale della Magione dei Galanodel ai tempi di Ecatl.

    Per il grande evento -i cui protagonisti non erano per lui soltanto alleati, ma una reale famiglia- aveva deciso d'indossare un abito da cerimonia del medesimo colore della propria Via di Conoscenza e del Presidio Orientale, in parte ornato da placche e ricami in oro bianco. Su di esso, una toga da studioso era elegantemente posata sulle spalle come un mantello, quasi a rimarcare il proprio ruolo di intellettuale, piuttosto che di semplice nobiluomo.
    I lunghi capelli neri erano stati insolitamente lasciati sciolti ad evidenziare il suo incarnato estremamente pallido e degli occhiali molto semplici erano posati sul naso greco, così che potesse osservare al meglio ogni singolo attimo dell'incoronazione, registrandolo per sempre nelle proprie memorie.

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    Dalle splendide vetrate, gli occhi argentei si spostarono sulla figura della Dama del Vento, intenta in quell'istante a salutare l'ultimo nato fra i suoi bambini, lo stesso che -poco tempo prima- lui stesso aveva vezzeggiato, raccogliendolo fra le braccia affettuose e promettendogli numerosi doni, al termine dell'evento. Sorrise divertito alla scena, trovando nel broncio della piccola kitsune la stessa espressività di una Drusilia bambina in quelle rare volte in cui si mostrava capricciosa.
    Così si voltò in direzione di Kalia, indicando con un cenno del capo gli oggetti delle sue attenzioni, nella speranza di regalarle un sorriso.
    E fu allora che -nonostante l'importanza dell'avvenimento e le innumerevoli conseguenze che avrebbe generato negli equilibri endlossiani- si sentì stranamente e totalmente felice, in pace con il mondo e con la sua coscienza, perché ogni sacrificio, ogni orrore del passato o disgrazia... lo aveva condotto esattamente a quel punto, circondato dalle persone che più amava, unica vera ricchezza di cui sentiva di avere bisogno per considerarsi completo.

    -Nonostante quello che ci è accaduto, quello che siamo stati costretti ad assistere...- commentò a bassa voce, fissando il neonato, rivolgendo poi lo sguardo all'Alfiere Orientale -... la vita che non si arresta, ma prosegue eroicamente, sa sempre come pareggiare i conti con altrettanta bellezza.

    Lasciando quella confessione sibillina perdersi nel silenzio che -lentamente- si diffondeva nella sala del Trono, il Saggio avrebbe assistito con piacere all'evento... tuttavia finì trascinato dalla soddisfazione al terrore nel giro di pochi attimi, esattamente quando scoprì l'identità di un altro uomo accomodato alla destra della Dama Azzurra, la stessa che -pochi attimi prima- era rivolta direttamente al camminamento destinato alla processione.

    « Dico io: ma ci voleva tanto? ★ »

    Il Re del Tempo.
    Colui che aveva già visto al Circus Diabolique fra gli invitati, lo stesso che -nell'involontario viaggio temporale, sfortunatamente seguito al suo trapasso- lo aveva dissuaso dal difendere Kalia, spingendolo a registrarsi in quegli assurdi uffici cronomantici in cui aveva scoperto di essere un'Anomalia e dai cui archivi aveva finito per trafugare documenti, fuggendo con l'aiuto di Theobald in una bizzarra quanto surreale successione di eventi. Lo stesso Re del Tempo che per poco non lo aveva ridotto a pezzi, aiutato dai suoi agenti, per poi abbandonarlo, concedendogli di tenere i volumi rubati senza un evidente motivo, dopo una fragorosa e raccapricciante risata.

    « Lei non può immaginare quanto mi faccia penare ogni giorno la sua brutta abitudine di andarsene in giro sciatta e in disordine, con indosso la prima cosa pescata a casaccio dagli armadi. »
    -...
    A dire il vero, il Monarca gli aveva già detto che si sarebbero rivisti, ma non immaginava così presto.
    E nemmeno le circostanze. Ma poi... perché era lì? Come osava infastidire il suo Alfiere?
    « Ad ogni modo, stavo dicendo: quando vivremo insieme -intendo in maniera stabile: questo è più un giro di prova!- ...comunque, dicevo: quando io e Drusilia vivremo insieme, mi premurerò di assegnarle un attendente qualificato per la mansione.»

    Drusilia? Vivere insieme?
    Ascoltando quelle parole -alle sue orecchie gravi quanto bestemmie- il Cainita sgranò gli occhi e -se non fosse già stato clinicamente morto- sarebbe probabilmente sbiancato all'idea di sapere la creatura da lui cresciuta come una figlia nelle mani di quel mostro. Preso quindi da un improvviso impeto di coraggio, forse trascinato dalla rabbia e dall'intimo fastidio di vederlo importunare entrambe le donne che -in modi diversi- avevano occupato porzioni del suo cuore ormai fermo, Arthur Friederick Giles prese fiato, rivolgendosi al Re del Tempo con aria greve, del tutto incurante del debito di vita che -in effetti- gli doveva, con suo sommo rammarico. Non ebbe tuttavia il tempo di aprire bocca, che l'altro gli strizzò l'occhio, sorridendo mefistofelico e mettendolo nuovamente in crisi.
    Istintivamente, Arthur distolse lo sguardo, stringendo i pugni e ribollendo nello spirito come una pentola a pressione.

    « Naturalmente, Sire: sarò ben lieta di fornirvi tutte le indicazioni... »
    « Meraviglioso! »
    « ...al termine la Cerimonia di Incoronazione. »

    Fortunatamente la sua amata Regina ebbe modo di fermare il Monarca con la cortesia e le buone maniere. Ciò nonostante, il Saggio si appuntò di non abbandonarla mai nelle ore successive alla cerimonia, assolutamente certo che non sarebbe riuscita ad evitare l'interlocutore abbastanza facilmente. Avrebbero inoltre dovuto approfondire la questione riguardante la presenza molesta direttamente con la Regina Madre ed il nuovo Alfiere Errante, appena possibile.

    « Lunga vita al Re...! »
    -Lunga vita al Re!



    Edited by Drusilia Galanodel - 24/7/2019, 14:44
     
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    "La nostra forza matura dalla debolezza"

    (Ralph Waldo Emerson)


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    Piazza del Leone, Città Alta.
    Presidio Errante, Endlos.

    Già in piedi da almeno un'ora, il gruppo di "addetti ai lavori" destinato a quella che era da tutti chiamata "Piazza del Leone", antistante al palazzo omonimo, centro degli uffici e degli affari laputensi, osservava in disparte la cerimonia di incoronazione proiettata magicamente sulla parete liscia di un grande palazzo. Nonostante l'ovvia partecipazione all'evento storico, erano comunque ben attenti anche ai presenti e a ciò che accadeva nella zona della Città Alta di cui erano diventati responsabili in quel giorno di festa, tutti parimenti consapevoli di quanto l'evento fosse potenzialmente pericoloso.

    L'intera area era sorvegliata da almeno la metà della Prima Legione del Presidio Errante, comandata dal Capitano Gilbert Beilschmidt, e da uno dei tanti Magistri a cui era stato affidato il proiettore magico: Antonidas Mandrake. Anziano insegnante di Evocazione e Magia degli Elementi, oltre che Evocatore in tempi guerra, lanciava sovente occhiate di disapprovazione all'immagine eterea dell'Alfiere uscente... ma soprattutto a quella di suo figlio Lowarn.

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    -Poco più di dieci anni è troppo poco per un mandato- borbottò a voce bassa, cercando tuttavia di farsi udire, come solo un anziano sapeva fare con naturalezza -Dovrebbero esserci delle leggi che evitino questi colpi di testa. Poi, un ragazzino... come credono possa riuscire anche solo a non far cadere Laputa nel void?

    -Ehi! Attento alle parole che usa, Magister!- lo rimproverò il Capitano, del tutto privo della cortesia o del rispetto che i cittadini Laputensi erano soliti dare ad un anziano e ad un uomo di cultura - ...a meno che non abbia in programma di essere il primo scriteriato che porterò al cospetto del nuovo Alfiere. In quel caso: continui pure!

    Alla visione dell'espressione stranita e visibilmente offesa del vecchio mago nei confronti del Capitano, il Tenente Ludwig -fratello maggiore di Gilbert- si fece avanti con l'evidente intento di placare gli animi. Nessuno meglio di lui -infatti- conosceva il passato di quel giovane dalla brillante carriera nell'Esercito Errante, spesso indicato come "ragazzo prodigio", motivo che lo portava certamente ad empatizzare con il Principe, o le sue tendenze estremamente protettive che spesso esternava nei confronti della Famiglia Reale, alla quale aveva dedicato la propria vita, il proprio tempo, tutti i suoi talenti... e sacrificato moltissimi dei suoi soldati.

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    -Perdoni il Capitano: desiderava solo far presente quanto non sia nostro compito interrogarci sulle scelte che non ci competono- posando con fermezza una mano sulla spalla del fratello, Il Tenente di Dogana si era rivolto all'anziano, mostrando maggiore riguardo e toni indubbiamente professionali -I nostri ruoli necessitano una condotta esemplare nei confronti dell'Autocrate, e se davvero il nuovo Alfiere mostrerà segni di debolezza, per il bene del Presidio dovremo impegnarci maggiormente, così da aiutarlo.

    Esposto quel pensiero inattaccabile, Ludwig distolse rispettosamente lo sguardo dal volto mortificato del vecchio mago, dunque incatenò le iridi azzurre a quelle rubiconde di Gilbert in un gesto d'intesa, sovrastandolo in altezza di diversi centimetri. Il Capitano sorrise divertito al dislivello, decidendo di non proseguire col battibecco.
    Piuttosto scelse di sdrammatizzare, sciogliendo la tensione con qualche battuta divertita. La vittima delle sue burle fu -ovviamente- il fratellino, l'ultimo del terzetto, in quel momento seduto su un muretto a fissare le proiezioni come tutti gli altri cittadini.

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    Quasi coetaneo del nuovo Alfiere, aveva i capelli biondi di Ludwig e le iridi rubiconde come l'albino Gilbert.

    -Hai sentito, Wolfgang?- lo prese un po' in giro, ricordando le poche volte in cui i due ragazzini si erano incontrati... ed avevano finito per litigare, nel migliore dei casi -Se entri anche tu nell'Esercito Errante, dovrai proteggerlo con la vita!

    In risposta, il ragazzino fu decisamente più laconico.
    -Fottiti.


     
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    Sala del Trono, Mastio.
    Presidio errante, Endlos.

    Vestito di un frac nero, abbinato ad un cravattino bianco e una camicia pure bianca, Denver Brockmann non riesce a tenere fermo lo sguardo mentre ospiti molto più illustri di lui fanno il loro ingresso nella Sala del Trono, accomodandosi su panchine ricoperte di cuscini e di stoffe costosissime, perché perfino la famiglia reale laputense non può sottrarsi ad una certa dose di sfarzo in occasioni di portata... semiplanare, se è quello il termine da usare.

    Sono in parecchi ad aver sfoggiato i propri migliori abiti da cerimonia, addobbandosi di pizzi, merletti, nastri, gemme preziose e chi più ne ha più ne metta, anche le altrimenti più morigerate delle persone che egli conosce lì dentro. Sistemato in seconda fila, in qualità di collega ma non di parente né di Ufficiale, il giornalista riesce a scorgerne la maggior parte sperando di non dare troppo nell'occhio – detesta essere al centro dell'attenzione, in particolar modo quando non dovrebbe. Quello che ha indosso è il suo abito migliore, ma in retrospettiva avrebbe potuto prendere in prestito qualcosa da... Qualcuno che porti la sua taglia, chiunque egli possa essere là in mezzo.
    Ogni tanto si sofferma tuttavia ad ammirare i giochi di luce tramite i quali ogni angolo della sala viene illuminato a giorno senza necessitare di altro che il sole. Alti lavori di ingegneria che Denver ha il piacere di osservare per la prima volta in vita sua – a pensarci, è quasi bizzarro come egli non abbia davvero mai messo piede lì dentro.

    Drusilia Galanodel siede al centro della stanza. Sul Trono, manco a dirlo, anche se per l'ultima volta. Denver fatica a ricordarsi che non si sono mai incontrati per davvero, e tutti i suoi ricordi di lei sono in realtà del fratello Quarion che, al contrario, conosce molto meglio. Adesso preferirebbe che fosse stato il contrario.
    « Buongiorno Brockmann, sono ancora in tempo per il grande evento? » bisbiglia in inglese una voce di fianco al giornalista.
    « Ah sì, deve ancora cominciare, » replica lui sempre a bassa voce senza girarsi, « Puoi stare tranquillo, Gas- »
    Tutto d'un tratto, Denver aggrotta le sopracciglia. Si gira poi di scatto verso la propria sinistra, finendo per posare gli occhi su un piccolo botolo dal pelo biancastro – o che almeno sembra essere biancastro, sotto il filtro di quella nube sinistra che gravita intorno a quest'ultimo. Gaspode lo fissa di rimando, scodinzolando soddisfatto mentre prende posto su un cuscino. Se potesse, sorriderebbe.
    Il giornalista sospira rassegnato.
    « Come sei entrato qui? »
    « Nascosto nel soprabito di Warren. Ha un ottimo sarto, » liquida il cane, « Piuttosto, che cosa ne pensi di... questo? »
    Denver si prende un paio di secondi per pensare ad una risposta.
    « Vedere un collega che conosci a malapena diventare all'improvviso Alfiere di Laputa e dover presenziare in tutto ciò alla cerimonia? Alienante, direi. Best wishes, though. Tu, invece? »
    Gaspode rimane in silenzio perfino più a lungo. Quel cane è molto più legato a Laputa di quanto non lo sia mai stato il giornalista. Ci è approdato, su quell'isola volante. Ci ha vissuto per tutti quegli anni da quando è arrivato su Endlos, ed è in essa che, sospetta Denver, egli abbia trovato una ragione di vita – o almeno qualcosa di molto simile.
    « Credo che- » comincia, interrompendosi però non appena si accorge di quanto tombale sia il silenzio appena calato nella Sala del Trono. L'Alfiere si alza in piedi e avanza di tre passi. Sta per cominciare.

    Si aprono di nuovo i portoni, e Lowarn Galanodel incede nella stanza accompagnato da un coro di voci bianche e una piccola orchestra di strumenti a fiato, corda e percussione; particolarmente appropriato per un Saggio di Symphonia. Una musica che sembra confortare il giovane, mentre avanza nervosamente verso sua madre.

    -Più di un decennio è ormai trascorso dalla mia incoronazione: da allora il mondo è cambiato- introduce Lady Drusilia, il tono adeguatamente solenne. -Dopo anni di onorato servizio in periodi di pace e di guerra, di invasioni e di soccorso... il momento storico, la necessità e l'Amore che provo per i miei concittadini mi impongono in questa ora fatale di farmi da parte.
    Chiude gli occhi e lascia che un breve silenzio cali di nuovo sull'ambiente. Ad alzarsi è invece l'aspettativa. Ogni paio di occhi che Denver vede è puntato su di lei – tranne forse quelli di Gaspode, troppo piccolo per vedere oltre il muro di reali e ufficiali in piedi, e al tempo stesso troppo cauto per farsi notare più di quanto non abbia già fatto. Qualcuno deve essersi accorto della sua presenza, dopotutto, ma nessuno in quel momento oserebbe interrompere l'evento solo per farlo cacciare via, e questo Gaspode lo sa benissimo.

    -Signori, Qui vi presento Lowarn Galanodel, il vostro futuro Alfiere. Al quale tutti voi in questo giorno dovrete rivolgere il vostro omaggio e il vostro servizio.
    Si leva un brusio alla fine di quella dichiarazione, ma esso scema e poi svanisce del tutto nel giro di pochi attimi. Né Denver né il cane proferiscono parola in quel frangente. Nel frattempo, Lowarn si inginocchia davanti alla madre.
    -Lowarn Galanodel, prometti solennemente e giuri di governare il popolo di Laputa e del Presidio Errante e di tutti i territori appartenenti e le pertinenze dipendenti dalla nostra patria, secondo le loro rispettive leggi e costumi?
    -Solennemente prometto di farlo.
    -Userai il tuo potere nella Legge, nella Giustizia e nella Compassione in tutti i futuri giudizi?
    -Lo farò.
    -Vorrai tu con il tuo potere mantenere e professare le Leggi degli Dei Erranti? Vorrai tu mantenere e preservare l'inviolabilità delle nostre mura sacre ed il favore di Cuvar, la floridità delle nostre campagne e l'affetto di Mullai, la diffusione della dottrina del lavoro, dello scambio e dell'apertura, consacrata in Manitan... e l'amore e la libertà nei confronti della cultura e della magia, di cui Aciriyar ne è il Signore?
    -Tutte queste cose io prometto.
    Tutte le cose che ho sin qui promesso, io le manterrò e le metterò in pratica.
    Che gli Dei Erranti mi aiutino.

    Drusilia sorride, e bacia il figlio sulla fronte in quello che sa sia di un gesto di semplicissimo affetto che di benedizione per il futuro.
    -Davanti ai miei Ufficiali e a tutto il Presidio Errante, abdico a favore del Principe Lowarn, mio successore.
    Rinuncio alla carica di Alfiere Errante, a tutti gli oneri ed i doveri che porta con sé e a tutti gli onori ed i privilegi.

    L'oramai ex-Alfiere Errante porta entrambe le mani alla corona sul proprio capo, togliendosela e poi appoggiandola su quello di Lowarn con movimenti lenti e solenni. La tensione nell'aria si può praticamente tastare.
    -Come suo predecessore, nomino quindi Lowarn Galanodel Terzo Alfiere Errante, Autocrate di Laputa e Primo Sacerdote degli Dei Erranti.

    È fatta. Lowarn... no, Lord Galanodel si fa strada fino al trono errante e, finalmente, vi si siede, mentre sua madre si fa da parte. Cosa sarebbe stato adesso di Lady Drusilia? Regina Madre? Denver non se ne intende affatto di come funzionino le famiglie reali nel mondo e nel multiverso. Si limita ad applaudire insieme al resto degli invitati, e di richiamare tutta la sua forza di volontà per pronunciare una delle frasi più anti-americane che esistano.
    « Lunga vita al re! » esclama, lanciando un'ultima occhiata ad un Gaspode che, invece, può permettersi il lusso di rimanere in silenzio. Anche se Denver crede che non sia solo la cultura pure americana a far esitare il cane.



    Edited by Kuma. - 23/7/2019, 15:04
     
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    "L’unica cosa che ci consola dalle nostre miserie è il divertimento,
    e intanto questa è la maggiore tra le nostre miserie"


    (Blaise Pascal)


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    Viale Incatenato, Città Alta.
    Presidio Errante, Endlos.

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    -Premettendo che vi ringrazio per esservi offerti di aiutare...- il tono sicuro della voce tentennò per qualche attimo -...vorrei far notare che assumere alcolici mentre si è in servizio non è considerata una mossa "intelligente", fra noi soldati.

    Liam Keiran, Capitano della Sesta Legione dell'Esercito Errante, era un giovane uomo dai capelli neri e lisci, non particolarmente alto. Nonostante ciò, era uno dei più temuti e meno amati dall'opinione pubblica.
    Non era stato un caso se un consistente numero di cittadini aveva scelto di propria iniziativa di osservare le proiezioni magiche dell'incoronazione ad una certa distanza dalla sua persona, preferendo posizioni meno vantaggiose e viste ridotte, piuttosto che la sua vicinanza; leggende metropolitane lo vedevano infatti come l'uomo che aveva mietuto più vittime in assoluto nelle Nove Giornate di Laputa e -nonostante si fosse schierato a sostegno della Dama del Vento- in molti erano diventati orfani e vedove che per mano sua.

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    Con sguardo tagliente ed un leggero moto di disgusto appena percettibile nella sua espressione, osservava una fanciulla dai capelli rossi, armata ed in abiti succinti ciondolare su un muretto come una qualunque ubriacona. Diceva di chiamarsi Aika, era un'esploratrice del Magisterium ed era stata una dei pochi ad accettare la proposta del Capitano di fungere come guardia del corpo del vecchio Magister assegnatogli, in quel momento alle prese con una delle sfere magiche distribuite nei vari quartieri della Città Alta per le proiezioni al pubblico.

    Non che proteggere un Magister fosse un compito realmente arduo per lui: la sua squadra si distingueva dalle altre non solo per preparazione fisica e strategia militare, ma anche per l'utilizzo di strumenti di supporto forniti da alcune associazioni dei Distaccamenti Industriali, tutti in buono stato ed in grado di permettere spostamenti rapidi fra le alte ciminiere e palazzi, oltre combattimenti aerei di durata istantanea. Ciò nonostante, il Magister in questione era Francislao Lionnel, da tutti chiamato "Frank lo Strambo": dopo solo dieci minuti trascorsi in sua presenza, il Capitano aveva sospettato che fosse affetto da un qualche tipo di demenza senile, quindi aveva preferito chiamare dei rinforzi che si dedicassero solo al vecchio, così da permettergli di controllare i propri soldati ed il Viale Incatenato a cui era stato assegnato.
    Peccato che Aika fosse arrivata sul posto già ubriaca... e Frank avesse già dato di matto un paio di volte, parlando di complotti improbabili ed invasioni aliene di massa.

    -La lasci divertire e si rilassi, Capitano: alla fine è una festa... e poi al vecchio posso pensarci io.

    A parlare fu l'unica presenza davvero imponente del gruppetto: un gigante di due metri dalla chioma color rame e fin troppi muscoli in bella vista per essere considerato "inoffensivo". Poggiato ad una colonna, alternava la propria partecipazione all'evento storico con qualche occhiata in direzione di Frank, sempre saldo alla speranza che si limitasse a svolgere il proprio lavoro e non spaventasse i bambini con una delle sue teorie folli.

    -Spero che quel ragazzo riesca a gestirci tutti. Non sarà semplice.

    Liam si affiancò allo stoico Gildarts, rivolgendosi alle proiezioni e scrutando i lineamenti del Principe. Giravano voci che fosse un intellettuale ed un musicista, non un eroe di guerra: questo avrebbe potuto portargli molti problemi nella gestione di un Presidio profondamente militarizzato. Almeno nei primi periodi di governo, Lowarn Galanodel avrebbe dovuto infatti ottenere il rispetto di numerosi soldati più grandi ed esperti di lui... per non parlare del potere crescente del Magisterium e delle pressioni a cui i Magistri lo avrebbero probabilmente sottoposto, perdendo forse la loro storica neutralità alla politica.

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    -Non lo sarà affatto...- confermò il gigante, mostrando un'espressione visibilmente preoccupata -....ma se il ragazzo è finito su quel trono, vuol dire che la Dama del Vento ha questioni più importanti di cui occuparsi. Forse più gravi.
    -Dici che non ha lasciato per badare al figlio neonato?
    -L'ho vista combattere durante la gestazione ed occuparsi di un altro infante durante una Guerra Civile: non è il tipo da ritirarsi per una ragione simile- commentò, forte di un rapporto più stretto con la propria regina -Ammetto di nutrire maggiore preoccupazione per la madre, che per il figlio.

    A quel punto, il Capitano Keiran avrebbe voluto posargli una mano sulla spalla in muto gesto di sostegno, tuttavia si rese conto del dislivello di altezze che lo avrebbe -probabilmente- reso ridicolo. Quindi rimase fermo, limitandosi a qualche parola di conforto.

    -Ha sempre agito per il bene di questa terra: ho fede nel suo giudizio.
    Gildarts sorrise. Non era in disaccordo col giovane uomo, piuttosto tremendamente preoccupato per le sorti di una persona a cui -nel bene e nel male- si era legato in qualche modo. Non sapeva esattamente definire il loro rapporto: semplicemente, non sopportava l'idea di vederla fallire o -peggio- soffrire.
    -Immagino di doverti prendere ad esempio- confessò, rendendosi conto di quanto la vita privata non dovesse sconfinare in quelli che erano i loro doveri -Son questi i momenti in cui un po' di fede in più potrebbe realmente salvarci.

    Ne seguì un lungo silenzio.
    Sollevarono contemporaneamente lo sguardo alle proiezioni magiche e -sempre in muta contemplazione- riposero le loro paure e le loro speranze fra le mani affusolate della Dama del Vento, in quel momento nell'atto di sfilarsi la corona. Quando il simbolo di potere si posò sul capo del Principe, ogni pensiero o dubbio fu soffocato da un vigoroso applauso della folla e dal giubilo dei presenti.
    Presa dall'euforia, Aika si levò in piedi sul muretto e -in effetti- sorprese sia Liam che Gildarts nel momento in cui si trovò ad urlare a gran voce e senza filtri la prima cosa che le passò per la mente.

    -Whoah! Lo sbarbatello è uscito proprio uguale alla madre!

    Entrambi gli uomini la fissarono ad occhi sbarrati.
    Poi... scoppiarono tutti in una fragorosa risata.

     
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    Al fianco degli altri Ufficiali, in prima fila, vi era anche un insolitamente elegante Firion. Occasione per lui rara e riservata solo ad eventi speciali; era cresciuto come un soldato dopotutto, l'armatura e le armi erano parte integrante della sua persona, privarsene lo faceva sentire... a disagio. Probabilmente era quello il motivo per cui il suo sguardo analizzava continuamente il resto della stanza, preoccupato nel caso ci fosse stata la necessità di intervenire. Certo aveva disposto tutti i suoi soldati a protezione del Mastio, e periodicamente richiedeva loro aggiornamenti circa la sicurezza utilizzando un trasmettitore simile al frammento di AI degli Aviatori... ma non essere in prima persona sul campo lo rendeva inquieto, come fosse in difetto.
    Decisamente più tranquilla e a suo agio era invece Shantotto, in quanto rappresentante del Magisterium. Silenziosa e composta affiancava i restanti Ufficiali; Aciriyar invece era assente per ovvi motivi, ma in qualche modo la sua presenza era percepibile all'interno della sala.

    « ...ma quel vestito? »

    Dal lato opposto della prima fila, invece, Virginia sarebbe stata sorpresa prima dalla voce e poi dalla presenza al suo fianco della figura argentata del Demone-Volpe, padre del bimbo che le era stato affidato per la cerimonia. Un modo insolito di presentarsi dopo una lunga assenza di svariati giorni, che l'avevano portato fra l'altro a non presiedere alla nomina del Consiglio.
    La Suora non mancò di rimproverarlo con lo sguardo, stringendo gli occhi a delle fessure minacciose quando il Magister prelevò la Kitsunina dalle braccia della badante. Il piccolo ne fu ovviamente felice, era ancora troppo piccolo per porsi dubbi o problemi circa la sua lontananza.
    Le parole con le quali l'Elessedil si annunciò furono un chiaro tentativo di distogliere le attenzioni dalle sue defezioni recenti, seppur la curiosità verso l'abito indossato dalla propria compagna fu assolutamente sincero. Lo stile si adattava bene sulla sua figura -quale abito, d'altronde, non lo faceva?- ma appariva insolitamente sfarzoso per essere stato un vestito di sua scelta.
    ...ed ecco l'ovvia conclusione, a quel punto: Quarion. Chi se non lui poteva averle consigliato -regalato?- un abito di quel tipo?

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    « Pecché Lowann ha la mia coona? »

    Ritornando alle cose importanti... l'incoronazione. La Volpe era stata assente nel Consiglio decisionale, ma era a conoscenza delle voci più recenti; le scelte di Drusilia, le conseguenze e le cause. Pur essendo lontano dalla propria casa, le orecchie argute della Volpe continuavano a restare premurose, ma soprattutto ben informate nei confronti della propria famiglia.
    La nomina di Lowarn non risultò dunque strana né spiazzante per lui, che più di ogni altro conosceva l'odio che Drusilia ricopriva verso quel ruolo. Qualcuno avrebbe definito spietato cedere quel fardello ad un figlio tanto giovane, ma anche su questo aspetto la Kitsune era ben sicura: il Musico era un ragazzo fuori dal comune, molto più maturo e responsabile della sua età reale. Ed in un certo senso vedeva in lui un regnante adatto alla Laputa attuale, non più guerrigliera come ai tempi in cui prese il comando la madre. Un naturale passaggio di consegne, divenuto logico solo nel momento stesso della sua manifestazione.

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    Accorgendosi di non esser stato ascoltato, il bimbo tirò il kimono del padre per attirare le attenzioni. Lo sguardo corrucciato ed il dentino affilato e sporgente facevano ben intendere la serietà della sua preoccupazione.

    « Ah, è solo per giocare un po', non ti preoccupare. Poi dopo te la restituisce! »

    In effetti era ben noto quanto il bimbo ci tenesse al suo ruolo di successore al trono, piuttosto geloso della posizione nei confronti del fratello. Una scusa del genere continuava a rientrare nel gioco che gli era stato presentato, risultando a lui comprensibile ed accettabile, seppur la notizia venne accolta con un sonoro sbuffo. E non mancò ovviamente di attendere lo sguardo di Lowarn che incrociava la folla per passarsi il piccolo pollice paffuto da un lato all'altro della gola, mentre le iridi smeraldine scrutavano minacciose quelle del nuovo Autocrate. Se me a 'ovini..., avrebbe letto l'ormai esperto Musico. Insomma, un modo alquanto originale ed amorevole per augurare...

    « Lunga vita al Re! »
    « Lunga vita al Re! »
    « Lunga vita al Re! »
    « Luga vita a me! »

    E prima che se ne potessero rendere conto, la piccola Kitsunina ritornò fra le braccia gentili della buona Virginia, lasciando nuovamente un vuoto laddove poco prima il Magister era comparso con altrettanta sorpresa.

     
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    "La morte è il fondo scuro che serve a uno specchio
    se vogliamo vedere qualcosa"


    (Saul Bellow)


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    Giardini, Città Alta.
    Presidio Errante, Endlos.

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    -Ooooooooo...- la voce sofferente di un ragazzo attirò per qualche attimo l'attenzione di alcuni bambini che -felici e non particolarmente interessati all'evento in se'- giocavano a palla fra l'erbetta -...oooppallà!
    Con aria soddisfatta, il giovane Tetsuo -aspirante Magister e Mago Rosso delle milizie erranti- osservò la sfera di proiezione affidata al suo gruppo ben posizionata al centro di un grande parco, attorno alla quale numerose famiglie erano già disposte su grossi teli di stoffa. In molti avevano portato anche cibo, bevande e cestini da picnic, alleggerendo di molto il clima probabilmente pesante che simili eventi erano soliti generare nei cuori dei più umili. A tal proposito, l'Alfiere Errante era stata più che favorevole nel gestire una zona riservata alle famiglie numerose e con molti bambini piccoli: avrebbero in questo modo reso la vita più facile ai genitori, passatempi alternativi agli infanti -oltre che potenziali nuovi compagni di giochi- e reso meno traumatico il passaggio di reggenza.

    Ad occuparsi della sicurezza del luogo era stato scelto il Capitano più adatto fra quelli disponibili, quello della Seconda Legione dell'Esercito Errante. Si trattava di un naufrago, ma soprattutto di un padre single dall'accento bizzarro -segno che non era mai riuscito realmente ad integrarsi linguisticamente su Laputa- e dal nome insolitamente lungo: Antonio Álvaro Fernandèz Carriedo. Di bell'aspetto e dai capelli di un castano piuttosto scuro, aveva occhi verdissimi e brillanti, ancora più luminosi perché in contrasto con una pelle naturalmente olivastra.
    Molto simile di corporatura all'Ufficiale Firion, passeggiava in divisa fra famiglie e bambini con falcate cadenzate e passi leggeri, incurante del peso dell'armatura indossata o dell'enorme ascia bipenne che portava sulle spalle. Sorrideva gentile, rassicurando i presenti. A volte richiamava i bambini con avvertimenti amichevoli o giocosi, lanciando spesso occhiate al figlio lì presente, anche lui maggiormente coinvolto nel fare amicizia con i coetanei.

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    -Mh...- il commento verso dai toni appena sufficienti di una voce maschile attirò lo sguardo mortificato di Tetsuo e quello decisamente più nervoso e combattivo della sua partner in quel particolare evento. Si chiamava Sakura, mostrava con evidenza i tratti somatici tipici delle popolazioni occidentali ed era anche lei un'apprendista maga -Diciamo che con molta fantasia potrebbe andar bene...

    -Oh, ma per favore!- sbottò la ragazzina, rivolgendosi al loro tutore momentaneo, alzando perfino gli occhi al cielo -Tetsuo doveva solo spostare un oggetto, non dovevamo segnare il baricentro dell'isola o fare strani incantesimi...
    -Oh, grazie per avermi difeso, sei un tesoro!
    -Sta zitto, stupido.
    -...ok.

    Causa della stizza erano stati i modi del neo-Magister Alì Pavus, figlio edonista di ricconi del Sud e uomo dalla rara e fastidiosissima saccenza. Nel momento in cui gli Apprendisti avevano scoperto il nome del loro tutore per l'evento, avevano già ipotizzato le cause dell'abbinamento, collegandole al semplice dato di fatto che Alì non piacesse quasi a nessuno. Quindi... era toccato a loro, gli unici che non avevano ancora un titolo per far valere i propri diritti. A quel punto, forse George era stato il più furbo e lungimirante nel fingersi malato, così da risparmiarsi l'agonia.

    -Possibile che vi dobbiate lamentare di tutto? Prima il clima troppo nuvoloso, poi il cielo troppo sgombro, poi la strada faticosa, poi gli abitanti con i teli sul prato e adesso la posizione di una stupida palla magica?- si lasciò andare in qualcosa davvero molto simile ad una crisi isterica -Scommetto che a breve dovremo anche sorbirci l'indignazione per la nomina del nuovo Alfiere, giusto?

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    -In verità... non lo sono.
    Il Magister ammise quella piccola verità che lo riguardava, lasciandosi scivolare addosso le parole offensive della fanciullina, quasi ne fosse abituato.
    -... oh.
    -...Davvero?

    Alì si lasciò sfuggire una risatina di scherno, forse causata dall'evidente ingenuità dei suoi "protetti". Tatsuo si sentì offeso... e Sakura s'irritò ancora di più.
    -Beh, la madre non è esattamente una maga o una studiosa. So anche che è molto amica all'Alfiere Orientale, che dice pubblicamente di essere tollerante verso tutti... ma non penso veda completamente di buon occhio la Necromanzia- fece spallucce -La mia magia nasce dalla Morte e muove i cadaveri: un Alfiere che passa il tempo girando nei cimiteri non può che sembrarmi migliore di quello uscente.

    Sorrise, lanciando un saluto al Capitano e decidendo di dirigersi verso una zona sgombra, così da godersi lo spettacolo in pace, ignorando i bambini urlanti ed allontanandoli con svariate minacce. I soldati della Seconda Legione lì presenti finsero di non guardarlo, così da evitare litigi inutili.
    -Io mi metto qui ad osservarvi: voi fate i bravi e continuate!
    Avrebbe urlato ai ragazzi, dopo essersi accomodato.

    -...insopportabile.
    Mugugnò Sakura.

     
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    Viaggiatore dei Mondi

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    Come non aveva praticamente mai smesso di fare da quando aveva mosso il piedino fuori dalle proprie stanze, Asaliah calcò qualche decisa falcata lungo il pavimento marmoreo del corridoio del Mastio -ascoltando con fascinazione e compiacimento il ticchettio prodotto dagli stivaletti nuovi-, e si fermò ad appuntare con attenzione le iridi rosso rubino su qualunque superficie sufficientemente levigata per riflettere la propria immagine.

    jpgNon che fosse d'un tratto diventata così tanto vanitosa, né temeva che qualche elemento dell'abito potesse finire fuori posto nel tragitto dalla sua cameretta alle doppie porte della Sala del Trono, ma... semplicemente, il vestito nuovo che lo Zio Quarion le aveva regalato per celebrare l'occasione le piaceva davvero davvero
    tanto: per cominciare, era bianco e nero come quello che anche la Mamma indossava quel giorno, poi la stoffa damascata di entrambi i colori aveva dei decori bellissimi, e il corpetto era pieno di merletti carini! Tuttavia, più del bel colletto di pizzo e dei decori di metalli preziosi, pietre luccicanti, e perline -che le drappeggiavano l'abito e i lunghi capelli candidi-, il suo dettaglio preferito restavano le farfalle ad ali spiegate, cesellate nell'argento.

    Per quanto sciocco sarebbe potuto sembrare ad occhi esterni, il fatto di star indossando qualcosa di tanto bello era per la fanciulla un motivo più che sufficiente per sentirsi felice, e la strana crema rossastra che lo Zio Quarion le aveva messo sulle labbra non faceva che far risaltare ancora di più il suo sorriso: lo Zio l'aveva chiamata “tocco finale” e “luci-qualcosa”, ma Asaliah non aveva capito tanto bene quale fosse il nome esatto... ma lo avrebbe domandato ad Augustus.
    Augustus sapeva sempre tutto...!

    Canticchiando a bocca chiusa un motivetto allegro, fece una mezza piroetta davanti alla colonna di marmo che aveva usato come specchio, e riprese la strada verso la sua destinazione, ma... come detto, non percorse più di una manciata di metri prima che la tentazione di rimirare di nuovo il suo bellissimo vestito la cogliesse di nuovo; stavolta, però, del tutto inaspettatmente, oltre al proprio riflesso, le iridi scarlatte notarono anche un'altra figura. E non si trattava di una delle guardie.

    « Ciao, principessa.... ♥ »

    Con le labbra increspate nel suo solito sorriso maliardo e sornione, Kerobal Galanodel sostava in piedi a pochi passi dalla deliziosa giovinetta: l'appellativo con cui l'aveva apostrofata sarebbe potuto suonare come uno dei tipici complimenti melliflui con cui era solito irretire tutte le fanciulle che gli capitassero a tiro, ma... era anche il più giusto titolo onorifico con cui rivolgersi alla figlia di un sovrano -o alla sorella di un Autocrate-, così nessuno avrebbe potuto dargli dello screanzato.

    Intanto, nel voltarsi nella sua direzione, la graziosa colomba era trasalita -sorpresa o intimorita-, arretrando di un paio di passi e finendo spalle al muro.

    « Il tuo nome è Asaliah, giusto? Spero di non averti disturbata – o spaventata. »
    proseguì, restando tranquillo al suo posto ma sorridendole affabile
    « Ci siamo visti alla nascita del tuo fratellino Ren, ma non ci siamo presentati come si deve:
    mi chiamo Kerobal, e sono un altro fratello della Mamma. »


    Riscuotendosi un poco, l'albina reclinò la testolina da una parte con fare perplesso: in effetti, già per il colore dei capelli e per qualcosa nei lineamenti del viso, notò che quel giovanotto somigliava alla Mamma, però... per quanto quell'intenso sguardo magenta le facesse uno strano effetto, la traquillizzò il pensiero che fosse un familiare; in ogni caso, quello era un giorno davvero molto importantissimissimo, e doveva comportarsi bene, così -poiché ci teneva a non fare una brutta figura- Asaliah si ricompose, passò le manine sulle inesistenti pieghe del corsetto -in un gesto un poco nervoso-, raddrizzò per bene la schiena, e salutò il Nephilim con educato inchino.

    « Molto piacere, Signor Kerobal. »

    « Puoi chiamarmi “Zio”. »
    replicò quello, reclinando un poco il capo da una parte
    « In ogni caso... Non so bene come muovermi per la fortezza:
    mi accompagneresti alla Sala del Trono? »


    « Ah! Ehm... ce-certo! Da questa parte! »

    Presa un po' in contropiede dalla richiesta, ma investita da un certo vivo senso di responsabilità, l'albina annuì con un cenno deciso del capo, prima di eseguire un fianco-destro e avanti-march per fare strada all'ospite... del tutto ignara che la sua scusa fosse chiaramente una bugia: in fondo, vista l'importanza della ricorrenza, con praticamente ogni Legione Laputense dislocata per curare la manifestazione, non sarebbe stato difficile trovare qualcuno che potesse indicargli la meta.

    ...ma il pensiero del Nephilim era stato quanto mai lineare:
    giacché doveva presenziare all'evento politico, perché non farlo in compagnia?

     
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    Procedendo al fianco della Principessa Laputense -che aveva arbitrariamente eletto a propria accompagnatrice-, Kerobal face il proprio ingresso nella Sala del Trono, soffermando lo sguardo d'ametista sugli splendidi bassorilievi monumentali che adornavano le architetture, e avanzando fino alle panche della prima fila, dove avrebbe rivendicato il posto accanto alla bambolina dagli occhi di rubino.

    jpgLa sua da poco riscoperta Sorella sedeva sul proprio scranno, in attesa dell'inizio, solenne ed austera come una virago, fiera e maestosa come una dea della guerra, e il Nephilim lanciò nella sua direzione uno schiocco di labbra -a simulare un bacio a distanza- e un occhiolino; alla sua Regina, invece, rivolse un sorriso affettato ed rapido inchino, e al resto delle sue conoscenze riservò un saluto fugace mentre si accomodava, disponendo il drappo che gli scendeva fino al retro delle ginocchia in modo che non gli fosse di incomodo.

    Per celebrare l'importante occasione, per contrasto con la divisa militaresca del fratellastro Quarion o con la tunica da studioso di quel pinguino di Arthur, il Principe-Demone aveva puntato per uno stile elegante ma
    stravagante, facendo ricadere la sua scelta su un capo unico di alta sartoria, un modello originale disegnato da uno dei più promettenti allievi della Via di Nazara.

    Così, sopra un paio di pantaloni neri aderenti, ed una camicia bianca a balze dallo scollo abbastanza ampio da esibire i muscoli del petto -non eccessivamente prominenti ma ben scolpiti-, aveva indossato il pezzo principale: si trattava di una mezza giacca in seta nera damascata, con il bordo dell'unica manica e l'interno della piega del pettorale foderata da broccato rosso e bordata in oro, lo stesso colore che compariva anche nel motivo floreale in rilievo sul campo scarlatto.


    -Più di un decennio è ormai trascorso dalla mia incoronazione: da allora il mondo è cambiato. Dopo anni di onorato servizio in periodi di pace e di guerra, di invasioni e di soccorso... il momento storico, la necessità e l'Amore che provo per i miei concittadini mi impongono in questa ora fatale di farmi da parte.

    Quando la Dama del Vento ruppe il silenzio, l'Artista ne bevve ogni singola parola, e mentre le iridi violacee osservavano il suo giovane e timido nipote varcare fieramente le doppie porte della Sala del Trono -sulle note di una marcia che aveva probabilmente scelto perché gli facesse animo-, Kerobal non poté fare a meno di trovarlo in qualche modo cambiato: più determinato, forse, segno che il dolore per la perdita del suo Maestro che lo aveva immobilizzato fosse iniziato a divenire uno sprone per crescere.

    Particolarmente affascinato dal rituale concernente lo scambio di promesse (magari, tornato a Palanthas, avrebbe incominciato una tela allegorica commemorativa dedicata), il Nephilm vide Drusilia sorridere a suo figlio, deporre sul suo capo un bacio e la corona, e infine farsi da parte, lasciando Lowarn libero di proseguire l'ascesa della scalinata, concludendo il tragitto incedendo fino al trono e prendendovi posto.


    -Come suo predecessore, nomino quindi Lowarn Galanodel Terzo Alfiere Errante, Autocrate di Laputa e Primo Sacerdote degli Dei Erranti.

    Kerobal era ancora assorto nella propria immaginazione, intento a visualizzare nella sua mente il bozzetto preparatorio del dipinto che avrebbe prodotto per celebrare il Nuovo Re, quando la giovane Asaliah -al suo fianco- saltò in piedi, battendo le mani con sincero ed appassionato trasporto e sorridendo raggiante.

    « Lunga vita al Re! Lunga vita al Re! Lunga vita al Re! »

    E con un mezzo sorriso, anche il Custode della Via Verde si unì a quel coro.

    « Lunga vita al Re...! ♪ »

     
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    "Quando si appartiene a una minoranza
    bisogna essere migliori per avere il diritto di essere uguali".


    (Christian Collange)


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    Piazza di Giustizia, Città Alta.
    Presidio Errante, Endlos.

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    Ho appena comunicato tutte le direttive necessarie per situazioni di emergenza- la voce di una donna giunse fino alle orecchie di Junichi, fedele servitore dell'Alfiere uscente -Nel caso vi sia qualche problema, non esitate nel comunicarmelo.

    Rigorosamente in divisa, Opheila Ancalagon -Capitano della Quinta Legione dell'Esercito Errante- torreggiava sul Famiglio dall'alto del suo metro e novanta d'altezza. Dall'aspetto androgino e l'atteggiamento pacato, mostrava un'eleganza innata e forse inconsapevole.
    Aveva i lineamenti gentili, pelle bronzea e lunghi capelli argentei. Sul bel volto, deturpato da una vistosa cicatrice di guerra, occhi violacei brillavano come stelle nel buio, lasciando facilmente intuire che non fosse del tutto umana.

    Promossa a quel rango da poche settimane, mostrava già attraverso la strategia ed una rigida pianificazione tutto il suo l'entusiasmo di guidare una Legione che -nel corso degli anni- aveva finito per assumere l'appellativo di "Amazzoni". Merito del gran numero di guerriere valorose militanti in quel gruppo armato che -sebbene fosse a tutti gli effetti misto- col tempo aveva finito per essere in prevalenza femminile. Non erano poche -infatti- le soldatesse che, per sentirsi a proprio agio o per semplice desiderio di maggior prestigio, chiedevano esplicitamente di combattere nella Quinta Legione. A tali richieste, nessuno si era mai realmente opposto, non trovandone motivo. E così la percentuale femminile aumentava, e di conseguenza anche i nomi illustri delle migliori sul campo. Questo attirava sempre nuove fanciulle... ed in molti già prevedevano che -nell'immediato futuro- la Quinta Legione avrebbe perso tutte le quote maschili.

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    -Oh, lei è davvero gentile!- cinguettò in risposta Junichi, alle prese con una sfera magica in grado di proiettare le immagini dell'incoronazione sulla parete di uno dei palazzi vicini -Non deve tuttavia preoccuparsi: sono attento e ben istruito.

    Nel rassicurarla, il Famiglio si lasciò sfuggire un cortese inchino, abitudine di tempi e luoghi ormai andati e non particolarmente in uso su Laputa, mettendo il Capitano lievemente a disagio. Non che non fosse abituata a diverse forme di cortesia -dopotutto apparteneva alla nobiltà errante- ma non sapeva esattamente come considerare quel tale, non conoscendo la natura del legame che l'interlocutore diceva di aver stretto con la Dama del Vento.

    -... se poi sarò in difficoltà, son sicuro che il mio amico Tatsuo correrà in mio soccorso...

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    Si voltò in direzione di una terza presenza dai connotati decisamente disumani. Aveva grandi corna sul capo, capelli lunghi rubicondi e crespi, della stessa tonalità dei suoi occhi. I denti affilati da predatore erano nascosti dietro alle labbra, serrate in un'espressione di noia e disapprovazione.

    -Pagliaccio...

    -Quindi non si preoccupi per noi e si concentri pure sulle sue cose!

    Il Capitano annuì, lanciando uno sguardo perplesso prima a Junichi e poi a Tatsuo. Infine si congedò, tornando al lavoro. Quando fu lontana, fu Tatsuo a rompere il silenzio.

    -Lo sai che da lei non avrai niente, vero?
    -Sono solo gentile... e tu sei malizioso.
    -I Draghi come noi non sono attratti dallo zucchero- continuò il rosso, lasciando uscire dalle fauci una nuvoletta di fumo che -rapidamente- finì sulla faccia di un Junichi discretamente piccato -... ma, se proprio vuoi vederla con ottimismo, pensa che almeno oggi non sei il peggiore.

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    Argomentando il suo strano modo di consolare un compagno da un probabilissimo due di picche, fece cenno col capo in direzione di un preciso punto alla loro destra. Voltandosi, Junichi intravide uno strano ragazzo sorridente in abiti da religioso e dai capelli tagliati come un casco visibilmente fuori moda, almeno sulla Fortezza delle Nubi.

    -Oh, vi prego di non fraintendermi, milady!- disse ad una delle soldatesse lì presenti: un donnone tutto muscoli e cattiveria -Non mi permetterei mai flirtare con lei mentre è in servizio, quindi si senta pure libera di considerarmi come un semplice amico!
    Annuì convinto, e per qualche attimo anche la soldatessa parve abbassare la guardia nei suoi confronti.
    -A tal proposito...- continuò lui -... non è che mi presenteresti alla tua collega più carina?

    Il rumore agghiacciante di denti e cartilagine che si frantumarono all'urto di un pesantissimo martello da guerra furono la perfetta colonna sonora di quella serata... e ricordarono a Junichi che -dopotutto- essere sempre gentile e cortese con tutti non era poi così male.


     
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    Dopo aver lungamente vagato tra le ampie finestre e gli specchi inclinati che costituivano il sistema di illuminazione della sontuosa Sala del Trono, ingannando il tempo con ipotetici calcoli sui coefficienti di rifrazione della luce dei diversi materiali e l'inclinazione dei raggi solari in base all'ora del giorno, gli occhi grigi come nubi gravide di pioggia discesero dalle volte decorate del Mastio per concentrarsi sulla figura di Drusilia Galanodel, in piedi in cima ai gradini che sopraelevavano il suo scranno dal livello della platea.

    Un silenzio denso di solennità calò tra gli astanti, segno che la cerimonia del passaggio di consegne avrebbe presto avuto inizio, e il Demone delle Tempeste -vestito a modo e seduto composto come un bravo bambino- si limitò ad emettere una crepitante scintilla azzurrina lungo il corno dorato e a spostare tutta la propria attenzione dall'area del trono -dove la Dama del Vento aveva preso la parola- alle doppie porte di ingresso, che in quel momento si spalancarono per accogliere l'ingresso di un fanciullo in abiti regali, con lunghi capelli scuri e occhi verde smeraldo.


    -Signori, Qui vi presento Lowarn Galanodel, il vostro futuro Alfiere.
    esordì la Dama del Vento, mentre suo figlio avanzava lungo la navata centrale
    -Al quale tutti voi in questo giorno dovrete rivolgere il vostro omaggio e il vostro servizio.

    jpgCorretto: in qualità di Corona della Via della Genesi, Brifos era stato invitato a presenziare all'importante evento per manifestare il suo sostegno al giovane confratello della Congrega dei Saggi; quell'oggi, il timido giovane che aveva spesso visto abitare la Biblioteca di Palanthas -silenzioso compagno di letture- sarebbe stato incoronato Alfiere, e... stranamente, viste le sue scarsissime inclinazioni per le occasioni mondane, quella volta non lo aveva neppure sfiorato il pensiero di rimanersene a Istvàn.

    Seguendo le direttive della Dama Azzurra sull'abito cerimoniale da indossare, Brifos si era così unito alla delegazione del Presidio Est, ma... se lei -in veste di Regina di un paese alleato- si era accomodata sulle panche della prima fila, insieme con Arthur, Quarion e Kerobal -nella cerchia dei familiari-, il Raitei si era sistemato ad uno dei posti della seconda fila, quella destinata agli Ufficiali di Presidio e agli altri Saggi come Denver ed Uriel; tuttavia, la sua massiccia mole -due metri di altezza e spalle larghe- lo aveva costretto ad prendere una posizione esterna per non ostruire la visuale a parte della platea.

    Fortunatamente, la cosa non gli pesava però poi troppo: il distacco era una parte connaturata della sua indole, e c'era ben poca distanza tra lui e le sue figure di riferimento, ma -soprattutto- aveva una chiara visione del seggio dell'Autocrate, che era il fondamentale motivo per cui si trovava lì.

    Quando i giuramenti risuonarono nell'aria, persino l'Amal -che non era un bravo paroliere ma un lettore accanito- poté apprezzarne la ritmica poetica e la forza simbolica, e nel momento in cui il passaggio di consegne fu sancito in via definitiva, le iridi color ardesia seguirono con attenzione i movimenti con cui la Dama del Vento depose sul capo del figlio la benedizione di un bacio e il fardello della corona, prima di farsi da parte per lasciare che Lowarn avanzasse fino al trono, rivendicandone la potestà.


    -Davanti ai miei Ufficiali e a tutto il Presidio Errante, abdico a favore del Principe Lowarn, mio successore. Rinuncio alla carica di Alfiere Errante, a tutti gli oneri ed i doveri che porta con sé e a tutti gli onori ed i privilegi.

    -Come suo predecessore, nomino quindi Lowarn Galanodel Terzo Alfiere Errante, Autocrate di Laputa e Primo Sacerdote degli Dei Erranti.

    L'evento era concluso, e -a quel punto- Brifos non sapeva bene cosa fare... ma l'esplosione di giubilo dei presenti gli mostrò il da farsi, e sollevando le manone per applaudire compostamente, non dovette far altro che unirsi al coro, mantenendo lo sguardo fisso sull'espressione del giovane sovrano.

    « Lunga vita al Re. »

     
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    "La musica è basata sull’armonia tra Cielo e Terra,
    è la coincidenza tra il disordine e la chiarezza".


    (Hermann Hesse)


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    Pietra Consacrata, Città Alta.
    Presidio Errante, Endlos.

    Immediatamente fuori dalle mura del Mastio e poco prima di raggiungere il ponte che collegava la dimora dell'Alfiere Errante con il resto della Città Alta, un ampio piazzale in pietra di maiolica bianca e circondato alcune statue angeliche ai bordi, del tutto simili a quelle sul ponte, era quasi totalmente gremito di cittadini e -soprattutto- Aviatori desiderosi di assistere alla cerimonia di incoronazione da un punto privilegiato. Causa il numero notevole di gildanti nell'esercito personale dell'Alfiere uscente ed il numero limitato di panche nella Sala del Trono, si era infatti deciso di concedere a tutti loro un'intera settimana di riposo, così da risarcirli di quella piccola mancanza, e di dar modo di assistere alla cerimonia senza la necessità di badare alla sicurezza, compito dell'Esercito Errante.

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    Assegnato a quella zona in particolare, Dan Mihai Simion lasciava le proprie dita danzare all'indirizzo di una sfera magica che -normalmente- avrebbe dovuto proiettare l'evento su una parete liscia, esattamente come le altre sparse nella Città Alta. Peccato che -davanti al Mastio- palazzi dalle pareti lisce non esistessero: con maggiore tecnica e perizia -oltre che una sapiente manipolazione della luce- era riuscito a generare delle immagini tridimensionali vicino all'ingresso, perfette riproduzioni luminescenti e colorate dei protagonisti di quel rituale... oltre che di buona parte degli invitati.
    Chiunque si fosse trovato lì, avrebbe quindi apprezzato il Magister per la resa maggiormente immersiva, oltre che per la musica diffusa e -di conseguenza- un coinvolgimento tale da dare l'impressione di essere proprio nella Sala del Trono.

    -Prego, Nobile Derìnha! Si faccia pure avanti!- avrebbe invitato gentilmente un elfo in armatura rimasto in disparte -In fondo alla piazza la vista dovrebbe essere migliore.

    Sildavin Derìnha, Gerarca Militare ed alleato di vecchia data dello scomparso Forge, osservava in silenzio la cerimonia, gomiti su un muretto basso ed aria severa, ben attento a non allontanarsi mai dal Magister. Quanto ai soldati che gli erano stati affidati in quell'occasione speciale -in realtà fedeli al Capitano della Terza Legione, nonché Principe Ryusang, indisposto ormai da tempo-, avevano già ricevuto le direttive necessarie all'adempimento dei loro compiti, onorati di rivedere una leggenda in servizio dopo tanti anni e desiderosi di compiacerlo.

    Massimo esponente delle milizie armate in passato, aveva ceduto il proprio ruolo di condottiero a Drusilia Galanodel -divenuta poi Autocrate- con il solo desiderio di proseguire la propria vita lontano dalla battaglia, occupandosi soltanto della propria famiglia. In tempi recenti, la sua carica era stata ricoperta su nomina dell'Alfiere dal valoroso e gentile Firion... e nessuno aveva mai pensato di riuscire a rivederlo in divisa ancora una volta, anche se per una sola giornata.

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    -Anche questa posizione è accettabile... ed ho dato la mia parola di sorvegliare il perimetro del Mastio ed il Magister addetto alle proiezioni.

    Il biondino ristette in silenzio, trovando le argomentazioni dell'elfo inattaccabili. Dunque scelse di cambiare discorso, così da regalargli almeno una piacevole conversazione.
    -So che il vostro clan è molto legato alla Via di Symphonia, arte in cui il nostro futuro Alfiere primeggia- avrebbe introdotto -Immagino che apprezziate una simile dote in un Autocrate.
    -Lo studio e la pratica della musica aprono la mente al raziocinio e la alimentano di emozioni, rendendola anche empatica- rispose Sildavin, annuendo con un cenno del capo quasi impercettibile -Lowarn Galanodel, a mio giudizio, custodisce in sé la risposta al desiderio di un regno illuminato e prospero.

    -... sono parole molto belle.
    Dan Mihai Simion sospirò, lasciandosi andare in un sorriso sincero e rilassato.
    Infine si voltò alla propria sinistra, lì dove sostava un altro Magister incappucciato.
    -E tu cosa ne pensi, Nightingale?


     
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    Il luogo dell'introspezione era uno spazio infinito, tenebroso e tranquillo, con nulla più che una lucida lastra di nero cristallo a separare il sopra dal sotto... e lei se ne stava là, immobile, immersa nella dimensione onirica solo per metà, assistendo alla discussione che i suoi Maestri l'avevano convocata a presenziare, probabilmente con l'intento di renderla partecipe delle loro intenzioni in merito allo spinoso argomento che l'aveva intimamente preoccupata quando aveva appreso dell'abdicazione di Drusilia Galanodel.

    Più volte, nel corso delle sue accanite ed appassionate sessioni di studio al Magisterium, il Mago aveva accarezzato l'idea di presentarsi all'Amore e rivelarle la propria identità, realmente curiosa di vedere da vicino il fulcro attorno a cui si erano sollevati ed intrecciati misteri irrisolti della Corte, ma... le vane promesse fatte a sé stessa di “arrivare solo a fine pergamena” mentre studiava i tipi di magia noti a quel mondo, le frequenti occasioni in cui crollava addormentata abbracciando i volumi, e le volte in cui il Magister Dan l'intercettava per coinvolgerla in questa o quella questione per cui richiedeva la sua espressa assistenza erano state tutte circostanze che l'avevano tenuta lontana.

    E se quanto leggeva tra le righe di quel discorso era esatto,
    la cosa poteva non essere stata casuale.


    « ...sto solo dicendo che nelle condizioni in cui ancora versa, non reputo prudente da parte sua rinunciare alla protezione che offrono una fortezza e un esercito consacrato alla sua difesa. »
    sentenziò l'Asso di Bastoni, con un ardente disappunto che celava la sua apprensione
    « La Maledizione non è ancora stata spezzata, e la portata dell'attacco del nostro Nemico ha già dimostrato che non c'è distanza a cui non è disposto ad arrivare pur di colpire la Corte. »

    « È probabile sia proprio quello il punto.
    Teme di trasformare l'isola e i suoi abitanti in un potenziale bersaglio. »

    esternò l'Asso di Denari, visibilmente di buon umore
    « E ora che nel quadro si è inserito anche il Re del Tempo... ♪ »

    « Il Re del Tempo non è una minaccia alla Corte... »
    commentò pacato l'Asso di Spade, facendo una breve pausa per sorseggiare il suo thé
    « ...almeno fintanto che resta all'oscuro dei suoi meccanismi. »

    « La sua comparsa potrebbe giocare a nostro favore:
    in vero, credo che la sua presenza abbia già costituito un deterrente per il Nemico. »

    constatò con voce serena l'Asso di Coppe
    « Potrà tornare utile quando Drusilia deciderà di partire per lasciare l'Isola.
    Stando in movimento, le sarà più naturale mantenere un basso profilo. »


    « Assegniamole un osservatore o una scorta. »

    « Non penso sia necessario; dovremmo piuttosto concentrarci sulla ricostruzione degli Annali perduti e sul ritrovamento dei Numi mancanti: con il rapimento della Luna e la morte del Matto, l'Entourage è ridotto di un terzo. »

    « A proposito di “basso profilo”, mi domando se non dovremmo fare qualcosa per la situazione ad Est: troppi di loro concentrati nello stesso punto... non è un rischio? »

    Per quanto lontano si spingesse la vista e la comprensione dei Quattro Grandi Esseri negli affari dei più disparati livelli di esistenza del creato, e per quanto bene fosse loro nota l'indole degli Arcani, l'arbitrio insito nei singoli frammenti dell'Araldo rimaneva qualcosa ben al di là del loro diretto controllo, e pertanto fonte di occasionali sorprese: dopotutto, era stato proprio in ricordo, rispetto e supporto di quella Volontà in grado di cambiare il destino dei mondi che ne avevano assunto il ruolo di guide e guardiani.

    « Sono abbastanza numerosi da potersi guardare le spalle a vicenda:
    intervenire adesso, porterebbe esiti... incerti. »

    replicò garbatamente l'Archetipo dello Spirito
    « La politica del Semipiano non è certo il nostro prioritario interesse, ma sarà importante seguire da vicino gli sviluppi dell'Incoronazione di Laputa negli equilibri di Endlos... »

    Gli occhi del Serafita si volsero nella sua direzione, e....

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    -E tu cosa ne pensi, Nightingale?

    ...sotto il suo cappuccio, la Maga trasalì come riavendosi da un colpo di sonno: senza essersene accorta, si era imbambolata davanti alla proiezione tridimensionale, con gli occhi blu fissi sul volto del giovane neo-incoronato Autocrate, e fu cercando di darsi un tono che sollevò lo sguardo verso il viso gentile e sorridente dell'Assistente del Prorettore, portando la destra alla falda del copricapo, snudando la testolina bionda.

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    « Beh... non so quanto possa valere la mia opinione, Maestro:
    sono su Endlos da troppo poco tempo per poter parlare con cognizione di causa. »

    dichiarò con semplicità Sylas, riportando l'attenzione sull'ologramma magico
    « Tuttavia, stando qui, ho potuto toccare con mano l'integrità dei principi della Regina Madre, e ammiro profondamente il clima liberale ma ordinato che il suo governo ha saputo instaurare. »
    nel rievocare le circostanze del suo arrivo, si concesse un piccolo sorriso
    « ...per questo sono fiduciosa che il figlio abbia ereditato lo stesso spirito. Magari, i loro talenti non sono gli stessi, ma ho la sensazione che -crescendo- diventerà un buon Re. »

     
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    Sala del Trono, Mastio
    Presidio Errante, Endlos.

    Evangeline aveva sperato che quel momento non arrivasse troppo presto. Avrebbe preferito avere almeno un'occasione per incontrare sua zia quando era ancora Alfiere – o almeno un Alfiere non in procinto di abdicare nei prossimi cinque minuti, e conoscere meglio anche il resto della famiglia reale laputense con la dovuta calma. Purtroppo i suoi numerosi impegni le avevano imposto altrimenti, e l'unica presenza familiare in prima fila con lei era il proprio padre biologico, Quarion – oltre al suo “socio” Warren, che la affiancava vestito in un frac a coda di rondine che Evangeline aveva fatto confezionare personalmente. Perché se avesse permesso all'homunculus di decidere da sé, era sicura che si sarebbe presentato con una camicia a mezze maniche, una coppola e dei pantaloni di fustagno ascellari. Perfino Gaspode le aveva raccomandato di scegliere con cura.

    muj7lVUAlla sua sinistra c'era invece appunto suo padre, un uomo il cui gusto del buon abbigliamento era noto su tutto il semipiano. Evangeline non fu da meno: si era presentata in un lungo abito di raso viola con strascico che lasciava scoperte le sue spalle e con un ampio décolleté. Alla vita aveva scelto di indossare una cintura dalla fibbia d'oro massiccio. D'oro erano anche la collana e il bracciale che portava sul polso destro, così come il fermacapelli con cui finiva una treccia laterale di capelli blu. Un ensemble con cui venivano rappresentati sia il colore che il materiale del suo Distretto.
    Avrebbe volentieri indossato un altro abito, più elaborato e di colore blu, a cui abbinare una pelliccia di visone bianco e abbastanza accessori da dire “potrei far arrossire un Alfiere ma mi fermo qui solo perché voglio”, ma fu sollevata di non essere finita per sembrare invece una triste copia di Lady Kalia. Aveva evitato anche di trascorrere delle ore dal suo coiffeur, e il che era molto più di quello che potesse dire dell'Alfiere Orientale.

    Ovviamente si era presa il tempo di rubare qualche sguardo fugace anche agli altri invitati. Gaspode le aveva presentato mentalmente tutti quelli che il cane conosceva almeno di fama: quello alto con il corno in seconda fila era la Corona di Regalia, quello giovane con i capelli bianchi era quella di Dharma, mentre i due mori in prima fila erano quelli di Khymeia e di Nazara; quest'ultimo suo zio. C'era poi il Comandante Firion quasi esattamente di fronte a lei, mentre il Vice-Rettore Yoko Saddler era l'uomo dalle orecchie da volpe con il kimono. Ren, il più giovane dei cugini di Evangeline, riposava in braccio a... Virginia, si chiamava Virginia. Ci avrebbe messo un po' ad imparare tutti i nomi dell'entourage della famiglia reale laputense, e non era nemmeno sicura che ne sarebbe valsa la pena.

    C'era solo una persona che non aveva riconosciuto affatto. Si trattava di un uomo all'apparenza sui trentacinque o quarant'anni, dall'incarnato pallido fino al malsano e dai lisci capelli viola come il pizzetto. Le orecchie a punta facevano pensare ad un non-umano, ma ciò non era nulla di cui stupirsi troppo fuori dai confini di Altatorre.

    Tuttavia...
    « Papi, ma chi sarebbe quello? »
    Fece Evangeline, muovendo a malapena il capo ma puntando gli occhi su quel pacchiano ventaglio in piume di pavone. Anche Quarion lo stava fissando, ma con uno sguardo... diverso.

    -Un rovina-famiglie, le rispose.
    « Secondo me anche un rovina-outfit. Quel ventaglio con quel vestito? »
    Al di là del singolo accessorio, era la combinazione sbagliatissima ad essere il vero pugno nell'occhio della Matrona. Warren decise in quel momento di intervenire a gamba tesa.

    « Ma sarà mica un metrosessuale? »
    Borbottò, frantumando la poker face indossata fino ad ora dalla socia e costringendola a soffocare una risatina imbarazzata.

    -Fosse quello il problema, sospirò teatrale, tentando però al tempo stesso di non farsi udire troppo. Continuò, -Sostiene di essere fidanzato con Drusilia... O qualcosa del genere. E nessuno è riuscito a farlo andare via, o ad ammazzarlo. Ah, mi ha detto Augustus che è un Demone.

    Evangeline si strinse nelle spalle.
    « Quest'ultima è il meno. Tecnicamente, lo sono anche io, » commentò. Certo, non era (o perlomeno era convinta di non essere) lo stesso tipo di demone apparso quella notte a Kisnoth, ma non le piaceva comunque l'idea che la sua stirpe fosse così demonizzata stigmatizzata per colpa di un manipolo di pochi, per quanto potenti, folli. Perché passi sé stessa, che si era già (indirettamente) sporcata le mani di sangue, ma che colpe poteva avere, per esempio, sua madre, a parte un singolo episodio di infedeltà coniugale? Solo con la clientela del Deep Blue ci si potevano riempire carceri intere, allora. O che peccati aveva commesso sua sorella Amélie, che aveva a malapena otto anni?

    « Ora però sono curiosa di sapere quanta devastazione porti esattamente~ »
    -Abbastanza- annuì, -Mi è stato detto che è in qualche modo legato alla distruzione di Berjaska.

    « Ah, » si limitò a rispondere Evangeline, « mi auguro per lui allora che i miei parenti ad Ovest siano rimasti incolumi. »
    Quarion non rispose. Rimase in silenzio e sorrise, ma perfino lui non riuscì a nascondere una certa ostilità nei suoi occhi. La Matrona ne era sicura: non stava proiettando i suoi sentimenti sull'Ambasciatore.

    La cerimonia durò molto meno di quanto non si fosse aspettata. Zia Drusilia aveva abdicato, suo cugino Lowarn Galanodel aveva preso il suo posto. Suo padre, quello che l'aveva cresciuta, non avrebbe apprezzato molto il suo mescolarsi insieme alla famiglia dell'uomo con cui sua moglie l'aveva tradita, ma...
    ...in fondo, per lei era solo una questione di soldi.

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