Tanatologia e Tecnologia

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    Viaggiatore dei Mondi

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    «Tanatologìa s. f. [comp. di tanato- e -logia]. – Settore della medicina specializzato nello studio delle cause di morte, e dei fenomeni relativi a questa, nonché delle modificazioni morfologiche e fisico-chimiche dell’organismo che ne conseguono, così da poter accertare, tra l’altro, il momento della morte, il tempo trascorso dal decesso, e comunque l’eventuale esistenza di fenomeni di vita residua.»

    «Tecnologìa s. f. [comp. di tecno- e -logia (cfr. gr. τεχνολογία «trattato sistematico»)]. – 1. Vasto settore di ricerca (la ricerca tecnologica), composto da diverse discipline (per cui, spesso, si usa il plurale tecnologie), che ha come oggetto l’applicazione e l’uso degli strumenti tecnici in senso lato, ossia di tutto ciò (ivi comprese le conoscenze matematiche, informatiche, scientifiche) che può essere applicato alla soluzione di problemi pratici, all’ottimizzazione delle procedure, alla presa di decisioni, alla scelta di strategie finalizzate a determinati obiettivi. [...] 2. In antropologia culturale, l’insieme delle attività materiali sviluppate dalle varie culture per valorizzare l’ambiente ai fini dell’insediamento e del sostentamento; in questo senso generale la tecnologia (o, con termine ormai meno usato, ergologia) costituisce una branca fondamentale della cultura [...]»


    «Si levino i sipari, che la luce venga accesa,
    che l'oscurità che vi opprime venga offesa.
    Non si lasci il destino al caso, fortuito e mutevole,
    ma lo si conduca attraverso un sentiero assai gradevole.
    Non fantasie, non dicerie, non invenzioni di un matto,
    di genio, di genio intatto questo discorso è fatto»



    [...]Quale forma esso abbia, è del tutto sconosciuta. Chi lo indica come un'ombra, chi lo indica come il figlio della morte, chi lo addita come un redivivo. Nessuno ha mai realmente capito chi lui sia.
    Sconosciuto viaggiatore, frizzante compagno, fastidioso amico, tedioso avversario, ma soprattutto, saccente figlio di meretrice, psicolabile esteta, dottore a tempo perso.
    C'è chi spergiura di averlo realmente visto, lui. Di averne potuto osservare gli occhi, di essersi perso nelle sue pupille. Vengono date per mette queste persone, non vi è anima viva che delle corna posate abbia ricordo da raccontare. Mai una volta cede alla sua maschera, mai una volta cede alla sua oscurità. Mai una volta.
    Dicono che sia un evento più raro della riscrittura stessa.[...]

    [...]



    - - - Siede, silenzioso, al centro della stanza. L'aria odora dell'acre intensità del fumo, tabacco fresco appena comprato, sapientemente lasciato bruciare lentamente, con pazienza. La cenere giace sul pavimento, accanto a macchie rossastre, scarlatte, umide, rapprese. La cenere si fonde assieme, forma una mistura penosa da guardare. Eppure, cenere eravamo e cenere torneremo.La braccia lasciate andare molli sui poggia braccia, in silenziosa contemplazione. Le nocche insanguinate, qualche morso qui e lì, sulla sua pelle, alcuni persino più marcati degli altri. Uno persino ha lacerato la carne, e sanguina, silenzioso come il suo padrone.. Il petto nudo, sotto la camicia di seta bianca aperta, rivela numerose cicatrici, alcune vecchie, altre che stentano ancora a richiudersi del tutto. Hanno storie da raccontare, miriadi di storie, ma nessuna bocca con cui farlo. In grembo giace la testa di una ragazza, il viso spento, assente, pallido, come il resto del corpo. Le accarezza i capelli, ora, con entrambe le mani. Il silenzio li avvolge, li culla. I capelli biondi come la luce del sole sono macchiati di sangue, e persino così, sono più chiari di quelli di lui, scuri, ricci, lunghi. Il sorriso di lei permane su quelle labbra carnose, grumi di sangue le rendono ancora più rosse di quelle che erano allora. Le goti di velluto sono sporche anch' esse, ma la figura è quasi poetica, sembra una dama che si riposa dopo un lungo duello. Lui le sussurra qualcosa, troppo delicatamente perché si senta.
    La voce gli muore gradualmente in gola. La bocca si secca, la saliva sembra evaporare sul posto.
    Lei non risponde.
    Non potrebbe farlo.
    Lacrime roventi scaturiscono dalle sue schegge di cielo, limpide come l'estate. Lacrime tanto roventi da sembra di solcargli le guance, di tranciargli la pelle, di cicatrizzare il suo viso.
    Allunga una mano, a trovare il braccio di lei. Fatica ad alzarlo, come se la stanchezza di anni gli fosse crollata addosso. La pelle è fredda, troppo fredda.
    Vorrebbe fare volentieri a cambio. Vorrebbe darle il suo, di calore. Vorrebbe farle sentire il fuoco di anni passati a lottare contro questo e quello, anni passati ad irrobustirsi, anni passati ad accendersi come il più grosso fuoco tenebroso.
    Le stringe la mano, piangendo.
    La chiama, sussurrando.
    Rimane lì, seduto, una statua raffigurante tristezza, la marmorea rappresentazione della rassegnazione. Anni a studiare, giornate sprecate, per trovarsi con questa ricompensa.
    Cosa gli serviva ora tutta quella conoscenza in medicina? Cosa ne guadagnava a saper distinguere un' arteria principale da una secondaria? Cosa serviva saper applicare suture, se la ferita più grave, quella nel suo cuore, mai avrebbe trovato sanamento?
    Siede, come se il peso del mondo intero gravasse su di lui. Libri sparsi sul pavimento, confusione ovunque.
    Confusione nel petto, confusione nella mente. Confusione che lo ha sempre circondato.
    Siede, ricordando i tempi che non ci sono più.
    L'orologio ticchetta, come se per lui nulla fosse successo. Come se a lui, di tutto quello, di tutto quel disastro, non importasse assolutamente nulla.
    Siede, nella sua mente martellano ancora quelle tre parole, l'ultimo regalo.
    Martellano nel cuore, schizza il sangue attraverso la ferita ancora aperta.

    «Jonathan, ti amo» - - -

    [...]



    «Di carta sembrano fatti i sogni,
    fragili, suscettibili alle fiamme dell'odio,
    la loro salvezza invano agogni,
    ma rassegnato al male cedi il podio.

    I piani sono cambiati,
    così come i tuoi sogni rubati,
    annulla i nemici odiati,
    sfonda i limiti dalla società preimpostati.

    Non sei che fumo pallido ed evanescente,
    in mezzo ad un mare di gente.»



    [...]



    «Perché?» dice lui.
    «Cosa mi lega ormai a questo mondo?» risponde lei, eterea come sempre.
    «Non ti importa nulla di me, allora?»
    «Non è quello che sto dicendo»
    «Allora motivami questa decisione, credo di non averla proprio capita»
    «Jonathan, non ci sono più, non sono più con te fisicamente. Come posso rimanere legata a qualcosa che non mi trattiene affatto?»
    «Ma io ti sento! Io ti vedo!» le mani si agitano nell' aria, sembra quasi volerla afferrare.
    «Non è vero, Jonathan. Credi di parlarmi, credi di vedermi» il suo sospiro è aria gelida sulla pelle.
    «Menti, tu stai mentendo»
    «Jo, quante volte ti ho mentito in vita?»
    La pausa che segue è colma di silenzio, un silenzio tanto pesante da sentirne l' opprimente peso sulle spalle.
    «Mai»
    «Cosa dovrebbe cambiare ora, dunque?»
    «Nulla»
    «Non sei mai stato stupido, ne tantomeno hai mai trovato tante difficoltà nel darti una risposta. Guardami, sono ancora lì, su quel tavolo. Mi sembra di vedere in prima persona la favola di biancaneve. Te la ricordi?» dice lei, l' indice candido puntato dietro di lui.
    «Certo. Non so quante volte te l'ho raccontata per farti addormentare. E ti prendevo sempre in giro, dicendoti che eri fin troppo grande per queste cose»
    «Jo, hai 24 anni, non puoi sprecare il resto della tua vita a contemplare un cadavere»
    «Se veramente non sei qui, allora per quale motivo mi dici cosa devo o cosa non devo fare? Che ti importa, vaga libera, lontano da questo inferno!»
    «Jo, io non sono qui, io sono dentro il tuo cuore, dentro la tua mente. Ricorderai sempre la gioia di quel bacio sotto la pioggia, ricorderai sempre la sensazione di quell'acqua fredda sulle braccia. Non sarà di certo un cadavere in una teca a farlo»
    «Ma io...»
    «Ma tu. Ma io. Ma noi. I ma sono troppi, per poterli seguire tutti. Non puoi limitarti a questo. Non ti vedo sorridere da mesi, da prima che accadesse tutto questo»
    «E come mai avrei potuto fare?»
    «I ricordi sono importanti. Non puoi però vivere sul passato»
    «Mi hanno portato via tutto ciò che avevo»
    «Io non sono tutto, per quanto tu possa insistere che lo sia»
    «Non é vero, tu per me...»
    «E tu per me. Guardati, Jo, guardati allo specchio. Adesso che hai ottenuto vendetta, rimarrai chiuso in questa stanza, a vivere di stenti, contemplando giorno e notte un cadavere?»
    «No»
    «Allora?»
    «Devo riuscirci»
    «Cosa devi riuscire a fare?»
    «A seguirti. Non intendo suicidarmi, ma troverò il modo di seguirti. Te lo giuro»
    «A seguirmi, dici?»
    «Si. Troverò un modo per non limitarmi all' interagire con questa dimensione soltanto parlando. Troverò il modo di...»
    «Il modo, Jo?»
    «Il modo di riportarti da me. Lo troverò»
    La sua risata è cristallina, pervade la stanza come bufera d'inverno, come cristalli di ghiaccio eterno.
    «Non hai mai voluto arrenderti. Ed ero sicura che mai l'avresti fatto.»
    «Lo sai che è una promessa, Allie»
    «Non cambierai mai, signor Ravenheart, vero?»
    Sorride, ancora, mentre lentamente sfuma in una nuvola di bianco fumo.

    [...]



    --- Allunga la mano verso il terreno, saggiando con le dita la sabbia rovente. La temperatura si sta alzando, vertiginosamente. Non crede di poter reggere anche solo un' altra ora a quelle temperature, senza il benché minimo sorso d'acqua.
    Si regge ancora in piedi, per qualche occulta ragione. Arranca, passo dopo passo, verso quella che ha identificato come una probabile entrata a una città. O quantomeno, così sembra.
    Le gambe sembrano fatte di piombo, affondano passo dopo passo nella sabbia, sempre di più. Non capisce esattamente cosa stia succedendo. Sente solo che viene trasportato. Da quante mani? Non lo sa, non riesce a riconoscerle.
    Farfugliano qualcosa. Qualcosa su "pezzi" e "rivendere".
    Pezzi di cosa?
    ...
    L'atterraggio non è dei migliori. Duro, sgraziato, quasi doloroso, se ormai non fosse intorpidito dalla calura e dalla stanchezza più totale.
    "Cosa succede?" è la domanda che lo accarezza.
    Qualcosa lo colpisce, al braccio. Qualcosa di duro e piatto. E pensante, maledizione se è pesante. Fa male. Poco.
    Un altro colpo, e sente distintamente qualcosa incrinarsi nel braccio.
    Un altro ancora e questa volta si desta, schizzando a sedere.
    Il dolore dell' osso spezzato è acuto, il braccio penzola inerte all'altezza del braccio, poco oltre il gomito.
    L' omero con buona probabilità è stato spezzato in due, qualcosa di decisamente fastidioso da cui riprendersi.
    Si alza, barcollando. Sente le voci attorno a se, vede le loro ombre, le sagome dei loro corpi. Qualcuno brandisce qualcosa, lo alza nuovamente verso l' alto, pronto a colpirlo. Non mira al braccio, ma alla testa.
    Si sposta indietro, quanto più velocemente può. Barcolla, cade, rotola. Ha appena imboccato una scalinata?
    Il braccio rimane schiacciato sotto il suo corpo ad ogni rotolata, colpo dopo colpo la frattura diventa sempre più lacerante, sempre più dolorosa.
    Le spalle iniziano ad urlare di dolore, i fianchi piangono per i colpi, le gambe strillano.
    Sente finalmente la terra smettere di girare. Un intenso soffio di aria fredda e umida lo investe. Sente le voci dei tizi lontane, che piano piano si avvicinano.
    Deve andarsene di lì.
    Deve tornare da Allie, deve riuscirci.
    Si appoggia sul braccio destro, fa leva, cerca di alzarsi.
    Barcolla qualche passo, cade nuovamente, prendendo a rotolare di nuovo.
    Si oppone con tutte le sue forze e si alza nuovamente in piedi. Prosegue verso quella brezza, non sa dove porti, non vede molto per capirlo.
    Qualsiasi cosa è meglio delle martellate, in quel momento.
    Le voci sono sempre più vicine, inizia a distinguere meglio cosa dicono.
    Qualcuno urla di fermarlo prima che entri nei cunicoli.
    Qualcuno dice che nel buio sarebbe stato bottino perso per sempre.
    Buio.
    Suona piacevolmente familiare.
    Trova la forza, trova il desiderio, e spinge sulle sue game.
    Ogni passo sembra un' impresa titanica, ogni respiro chiodi che gli perforano il petto.
    A lui però, non importa. Lui è questo, e cento altre cose, ma non uno che si arrende.
    Sente le loro voci imprecare, ma lui prosegue.
    Li sente azzuffarsi tra di loro, darsi colpe, rinfacciarsi esitazioni.
    Lui non esita. Passo dopo passo, oscurità dopo oscurità.
    Sarebbe stato come a casa, come nel nero del suo studio, come nel nero del suo cuore.
    Ci avrebbe visto, in quel nero pesto.
    Come le ali dei corvi, che spiccano il volto alti nel cielo notturno.
    Come le ali dei corvi.
    ...
    ...
    ...
    Sono giorni ormai che vaga nei cunicoli.
    I primi tempi, il suo vagare si concludeva dopo pochi giorni nel suo accasciarsi, stremato, e morire di stenti. Nei casi più fortunati.
    O morire schiacciato da crolli delle pareti, dovute ai suoi pugni.
    O morire dilaniato da qualche bestia che vagava lì dentro. Una era sfidabile, due divenivano un problema, tre erano ingestibili.
    Ancora sentiva i denti della bestia affondargli nel cranio, ancora sentiva le fauci strappare la carne dal suo ventre, mangiarlo come lui avrebbe fatto con una normale pietanza.
    Non riusciva a trovare la via del ritorno, costretto a quel circolo infinito. E la cosa più orribile, era che la sua coscienza non svaniva. Ricordava ogni singola morte, ricordava ogni singolo giorno passato.
    43 giorni dall' arrivo inspiegabile in questo deserto.
    35 giorni dall' arrivo in quella città maledetta.
    28 giorni dalla fuga nei cunicoli.
    7 le morti totali.
    Fosse stato un gatto, avrebbe finito da ora le sue possibilità di trovare Allie. L' ostinazione però, era parte integrante del DNA di Jonathan.

    [...]


    «Non puoi uccidere ciò che è già morto.
    Puoi solo ritardare il suo ritorno.»


    [...]



    I cunicoli erano divenuti la sua casa. Non poteva dire di conoscerli a memoria, ma quelli attorno all' antro che aveva trovato nella roccia li conosceva alla perfezione. Sapeva dove sgorgava dell' acqua limpida dalle rocce, una piccola fonte idrica. Sapeva dove si aggiravano di più le bestie, così da sapere dove cacciare.
    Iniziava a conoscere anche lentamente le zone dove vi erano piccoli affioramenti minerari, qua zolfo, là ferro grezzo.
    Stava iniziando ad ambientarsi, e i giorni passavano. Quanti erano? Ormai una novantina?
    Iniziava a perdere il conto, e non era da lui. Doveva tornare fuori da lì, il continuo ciclo di "rinascita" gli aveva permesso di fare a meno di preoccuparsi di tanti piccoli problemi che aveva avuto, ma non era giunto in quel mondo per giocare a fare il cavernicolo.
    Aveva un obiettivo e l' essere arrivato lì doveva pur avere un senso.
    E così, restio, decise di imboccare i tunnel a ritroso.
    Una valutazione frettolosa, ma necessaria.
    Vivere tutto quel tempo sotto il nero più assoluto lo aveva tenuto a suo agio, aveva imparato a godere delle scintille di elettrostatica, dei minimi riflessi che permeassero per qualche inspiegabile ragione attraverso i canali.
    Quello che non realizzava, era che stava diventando lentamente cieco, a rimanere in quel dedalo di gallerie.
    Il solo impatto con uno dei raggi di luce in arrivo dall' interno della caverna lo fece vacillare, come colpito da un pugno.
    Tre mesi dentro quelle gallerie e nemmeno più ricordava l' odore dell' aria pulita, per quanto potesse esserlo lì. Non ricordava il sapore degli odori sulla lingua, ricordava solo quello dell' umidità e del sangue.
    Il velo trasalì, sobbalzò di gioia ad essere investito da raggi mortali.
    Lui sorrise, contento, e attese ancora. Un' ora. Due. Tre. Attese finché poté muoversi altri due metri avanti. Ancora la luce lo investiva, dolorosa, ma non quanto prima.
    Ancora.
    Poco.
    Ancora.
    Un po'.
    L' assaggio della visione del posto che lo aveva ospitato involontariamente lo spiazzò. Era si uno straniero tra gli altri, ma quella visione, dopo 3 mesi di stenti, lo fecero sentire ancora di più inadatto, ancora di più estraneo.
    Osservò le costruzioni, osservò la volta della grotta, tutto quello che lo circondava.
    Era così strano, vedere cose del genere. Quanto era lontano dalla sua amata terra? Dove era esattamente finito?
    E Allie? Lei, dov'era?
    ...
    ...
    ...
    Una voce urlò forte, Jo si voltò di scatto, ad osservare che un gruppo di uomini si avvicinava a lui. Un gruppo di esseri poco raccomandabili dall' aspetto. Un gruppo, in cui uno di loro, il più massiccio, brandiva un grosso martello da carpentiere.
    E ricordò.
    Il dolore. L'osso rotto. La loro avidità. La loro crudeltà.
    Non avrebbe evitato di ringraziarli a dovere.
    Così come sulla terra, dal nulla si era creato una nomea, una "bizzarra" fama, così tentò di replicare anche lì. Se non poteva essere lasciato in pace, tanto valeva divenirlo nuovamente, lo scheletro senza nome.
    Fece in modo che uno scappasse.
    Poteva tornare con altri al suo seguito, non gliene sarebbe importato.
    Quello che gli importava, è che in quel momento quell' uomo avrebbe ricordato una delle sue maschere, che la mia immagine si era impressa nella sua mente.

    [...]


    «Il male, o come esso possa essere chiamato, ha molteplici forme.
    Spetta a me, sapere quale interpretare in quel momento.»


    [...]



    Presi a dimorare in sede fissa in una delle case lì presenti, guadagnandomi quanto bastasse per prenderla attraverso quei giacimenti scoperti negli anfratti oscuri. Nessuno osava avventurarsi in quel buco tenebroso, solo i pazzi fuori di testa.
    I miei simili, insomma.
    La casa che avevo puntato non era poi tanto lontana da quella che per me era la miniera più importante, la fonte di tutto quello di cui avevo bisogno.
    Le cave del sapere.

    [...]


    «Queste pagine sanno di vecchio, di antico.
    Ma è uno dei profumi più buoni che abbia mai avuto l' onore di sentire.»




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    Primo Trattato
    De Ars Mentis



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    «Ovunque si vada, ovunque si guardi, la specie esistente cerca sempre un modo di superare i propri limiti. Le domande che possono porsi sono infinite, altrettante le risposte che possono trovare. Non vi è pace, nella conoscenza. Anche quando si crede di aver raggiunto il fondo della questione, qualcosa di nuovo, inatteso, inaspettato, spunta all'orizzonte. Nel migliore dei casi apre solo altre mille strade da controllare, nel peggiore smonta tutto il fondamento di quel sapere.
    Non vi è una singola questione che rimanga irrisolta, senza qualcuno che si domandi cosa essa celi.
    Siano dubbi scientifici, artistici o storici, qualcuno arriverà.

    [...]

    Se si esamina il comportamento di questi maniaci delle risposte, spesso si riscontra come essi siano ossessionati dal proprio lavoro. Non vi è risposta che non bramino, non vi è domanda che lascino in disparte. Tutto vedono e tutto vogliono conoscere, studiare, analizzare nel dettaglio. Guai a contraddire tali soggetti su argomenti di cui hanno padronanza, potrebbe portare a null'altro che uno scontro, nel migliore dei casi solamente verbale.
    Questa loro sete di conoscenza viene spesso scambiata per mal celata "superiorità", e desiderio di distinguersi dalle masse. Ciò non è sempre così, ma la loro impostazione inquisitoria li porta ad essere elementi freddi, spesso schivi.

    [...]

    Il sarcasmo diviene quindi la loro arma primaria, con frasi pungenti, spesso sprezzanti, altrettanto spesso quasi derisorie. La loro conoscenza superiore alla media sembra dia a questi soggetti una coscienza di sé stessi tale da farli ritenere superiori a soggetti del tutto normali. Non mancano anche in questo discorso rare eccezioni, legate a quelle rare perle, che celano del tutto la loro idea di superiorità, cercando anzi di mescolarsi quanto più possibile nel mondo circostante, rivelando il loro profondo sapere solo in caso di necessità.
    Non è raro osservare gruppi di individui di vario genere avere all'interno una "mente", ovvero un soggetto dalle spiccate capacità intellettive, che sappia quasi sempre cosa fare e come farlo, indirizzando il gruppo verso la migliore soluzione.

    [...]

    Dal canto mio, ritengo di rispecchiarmi in buona parte in ciò che vi ho appena esposto, se non per la semplice questione del'essere sociale. Non è mia intenzione intrattenere discorsi frivoli ed inutili con persone che non ritengo degne di parlarmi di questi argomenti. La leggerezza d'animo e di pensiero è un dono prezioso, affidabile solamente alle persone di cui più ci si fida. Non lascerei mai che un completo sconosciuto mi conosca "senza difese", perché a mio soggettivo parere, questo muro di conoscenza che pongo dinanzi a me, è la mia primaria difesa.» - Jonathan Ravenheart, Primo Trattato, De Ars Mentis
     
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    Secondo Trattato
    Tanatologia


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    «Per quanto magnifici e grandiosi gli esseri viventi e non viventi possano essere, tutti, e nessuno escluso, devono sottostare alla rigida regolamentazione del ciclo vitale. Persino gli immortali dei, con opportuni metodi, possono essere ridotti a ossa, sangue e carne calda. Cercare quindi la conoscenza implica cercare un modo per slegarsi da regole, trovare la soluzione al ciclo della morte e della vita, rompendo le millenarie catene che ci legano da sempre.[...]
    Immaginate sia possibile incanalare tutta la forza della pura vita nel palmo della mano. Ne scaturirebbe qualcosa di certamente grandioso, qualcosa di difficilmente contrastabile. Immaginate di poter piegare a vostro desiderio quell'energia, confluendola dove più avete bisogno. Potreste salvarvi da morte certa, come potreste abbracciarla con sicurezza, certi di tornare in vita rimanendo coscienti nel breve ciclo di transizione tra morte e quest'ultima. Se riuscissimo tutti a fare questo, non esisterebbe più il timore di dover morire. Vedremmo tutti il cessare delle nostre funzioni biologiche come una transizione, uno stato temporaneo prima di una nuova rinascita[...]
    Considerate ora l'eventualità che quella che viviamo ora non sia vera vita. Le nostre menti, non ancora del tutto aperte a concetti tanto vasti, si rifiutano di andare oltre. Se solo si riuscisse a farlo, si scoprirebbe che quello in cui viviamo non è nient'altro che un remoto ed antico sogno, qualcosa di perfettamente surreale. Eppure, per noi, è certa realtà[...]» - Jonathan Ravenheart, Secondo Trattato, Tanatologia

    dfOOH05 cLKWsrJ l9kmrzz FNZ0Oyc

    [...]

    «Insegna agli schiavi a liberarsi dalle catene.
    Porterò loro oscurità, porterò loro luce.
    Uno schiavo a modo e per bene,
    bacerà le chiare labbra della luna che ci conduce.»


    [...]



    - - - Quello che un tempo era comune carne, è divenuta ora nel mondo di Endlos un ricordo ricorrente, ma non per questo ne detiene un'accezione negativa. Jonathan ha finalmente imparato, attraverso qualche inspiegabile nuova energia, a gestire la sua più grande nemesi, la morte stessa. Bramoso di conoscenza e sapere, ha scoperto che il ciclo seguito da questa in questo mondo astrale è bizzarro, se non fuori dal senso comune: si muore, è vero, ma altrettanto vero è che si può evitare di morire, per sempre, qualcosa che lui stesso tende, per presunzione o forse inspiegabile sapienza ad accomunare al processo di riscrittura. Muovendosi in questo incredibile flusso di morte, Jo identifica tale forza e potere come Necroflusso, e da questo deriva tutte quelle che sono le sue branche di sapere.
    Non fa altro che riscrivere e sovrascrivere se stesso, volta dopo volta. - - -
     
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    Terzo Trattato
    Tecnologia


    LeftAjo



    Classe Fighter



    Primo Altare
    Necropneuma



    «La morte non è nient'altro che vita, sotto un diverso aspetto. La si può sempre leggere allo stesso modo, la sua firma energetica è semplicemente la medesima, con un semplice segno negativo posto davanti. Se si diviene capaci di porre un "valore assoluto" a tale firma, che si parli di vita o di morte, il concetto non cambia. Per questo motivo il Necroflusso è perfettamente plasmabile a piacere: tanto può togliere quanto può dare. Ho individuato in tale particolarità una somiglianza a quelli che erano i rituali antichi dei sacrifici, quasi sempre legati ad un "ingraziarsi" le divinità, sfruttando il dolore per ricevere piacere, sfruttando la morte stessa come base per dare atto a nuova vita. Siamo sempre lì, come il grosso serpente che si morde la coda: tutto parte dalla vita E dalla morte. Corrono in parallelo, si intrecciano, si abbracciano. Non andrebbero mai valutate da sole. Se c'è una, c'è l' altra. Sempre.»

    CITAZIONE
    +
    Abilità passiva di resurrezione, costo 5pt.
    Jonathan, immersosi nel fiume torrenziale del "necroflusso", ha imparato ad attingervi, rendendo possibile al suo corpo di morire, più volte, fintanto che lo desidera. Colpi fatali, smembramenti, decapitazioni. Per lui non sono più un vero e proprio problema, non una preoccupazione. Morirà, come tutti, giacerà al suolo esanime, in una pozza di sangue, se è il caso. Ma lui rimarrà lì, attorno al suo cadavere, a contemplare cosa abbia fallito questa volta, cosa possa fare per migliorare ancora di più. E tale riflessione andrà avanti, finché non avrà nuovamente attinto tanta energia da poter ricomporre quelle carni, da poter rimettere in piedi quello scheletro, da poter tornare a proferir parola e respirare.
    Avendo impresso la sua presenza nel necroflusso, Jo riesce a solcare la corrente al contrario: attraverso questo processo, quando è in forma di "anima" e staccato dal suo corpo, può gestire il residuo di necroflusso ed invertirne il corso. Come già detto, da vita nasce morte e da morte nasce vita, e così lui applica pedissequamente la sua teoria. Invertendo il flusso, le ossa, i muscoli, i liquidi e gli organi tornano lentamente a riformarsi, a ricomporsi, come se il corpo di Jo tornasse ad essere costituito di cellule totipotenti.
    +

    Secondo Altare
    Necrologio



    «Come potrei mai fare a comunicare allora, in una situazione del genere? Il flusso non è solo pura energia, ma è anche sapere, sapere composto dalle energie vitali di chi non c'è più, sapere composto dai ricordi non marcescenti come i cadaveri che li albergavano. Non è tanto difficile, una volta appreso come nuotare in questo impetuoso fiume, come interpellare queste coscienze, come chiedere loro informazioni, come attingere a tutto questo scibile. Vi sarà chi avrà intenzione di comunicare, chi si allontanerà, chi tenterà persino di respingervi. Ma è proprio questa la chiave al necroflusso. Senza di essa, l' interazione tra mondo dei viventi e mondo dei morti diventa un sogno utopico. »

    CITAZIONE
    +
    Auspex visione della morte, interazione con spiriti dei defunti, costo 5pt. (Soggetto a controllo diretto del QM in role ufficiali o quest)
    Desideroso di trovare un ponte di comunicazione tra i due "mondi", Jo ha studiato ogni modo possibile, ogni artificio, ogni idea potesse passargli per la mente.
    La soluzione era lì, a un passo da lui, a un millimetro di memoria. Ricordando come aveva interagito con lo spirito della sua amata Allie, capì che gli era semplicemente necessario poter entrare in contatto con resti di esseri viventi per assimilarne ricordi e pensieri prima della morte, per poter interagire con essi, per poter porre loro delle domande. Questa era la chiave che tanto agognava di trovare.
    +

    Terzo Altare
    Necrovelo



    «E cosa potrebbe succedere, se questo flusso, questa forza, si potesse addensare, rendere fisica, tangibile? Con grande probabilità, aiuterebbe chi la "indossa" ad aumentare le proprie capacità fisiche legate alla resistenza. Se prima un'ora di corsa poteva stancarvi, ora con un supporto del genere potreste correre ore, senza stancarvi come prima. Sareste già considerabili degli dei, tra i viventi.[...]»

    CITAZIONE
    +
    Passiva di Resistenza, costo di 5pt.
    Jonathan condensa quello che è il Necroflusso attorno a sé, formando una sorta di "velo". Tale “velo” aumenta le sue capacità naturali di resistenza.
    +

    Sacrificio
    Necroderma


    CITAZIONE
    ++
    Armatura completa con lame innestate, 1+(1x4)PT (5tot)
    Le uniche armi di Jo? Le sue braccia e le sue gambe. Per offrire maggiore resistenza ad armi da taglio e una migliore risposta, il ragazzo ha installato sopra i suoi avambracci e le sue gambe delle lame, per un totale di 4. Quelle presenti sulle braccia presentano una seghettatura, utile a squarciare tanto quanto a parare e bloccare fendenti in arrivo. Le lame sulle gambe invece presentano un filo liscio e una punta in uscita sul ginocchio.
    ++

    Prima Colonna
    Velo nero


    CITAZIONE
    ++
    Tecnica offensiva/istantanea/variabile/fisica, costo 2pt
    Preferendo sopra a tutto il combattimento ravvicinato, Jo riveste di necroenergia -ki oscuro- l’arto con il quale vuole colpire, conferendogli straordinaria forza. Un normale pugno diventa come un inarrestabile treno, un calcio la carica di un rinoceronte.
    ++

    Seconda Colonna
    Ala di corvo


    CITAZIONE
    ++
    Tecnica supporto/istantanea/bassa/fisica, costo 1pt
    In quanto combattente ravvicinato, Jo necessita di un sistema rapido per chiudere le distanze con qualsiasi tipo di nemico. Concentrando il necroflusso sotto i suoi piedi, può generare una spinta energetica che lo sbalza di 5 metri nella direzione desiderata
    ++

    Terza Colonna
    Respiro di ade


    CITAZIONE
    ++
    Tecnica difensiva/istantanea/variabile/energetica, costo 2pt
    Jo concentra il ki oscuro in suo possesso, formando un velo impalpabile dinanzi a lui, alto quanto lui e poco più largo, che bloccherà l'attacco magico in arrivo.
    ++

    lXUdluLDfZA54H
    TCKORaG



    [Credits: Nivanh // Las-T // Vietata la copia anche parziale delle idee. Per qualsiasi riferimento, chiedete prima! Copyright: JoRa]

    Edited by "JJ" - 24/7/2019, 01:44
     
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3 replies since 15/7/2019, 17:58   230 views
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