In the Still of the Moonlit Night, the Dawn Sky

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    « Ahi! »
    Riful ritrasse istintivamente la mano, portando alle labbra l'indice contro cui il piccolo draghetto nero si era accanito con le piccole zanne. Il sapore del sangue un po' la innervosì, ma era per lo più una reazione dovuta al fatto che aveva fame, si era persa, la zona era completamente deserta e fra un po' sarebbe scesa la notte e lei indossava solo un leggero abito bianco e malconcio. Non biasimava Abbadon se continuava a graffiarla: era una pessima padrona, era per colpa sua se era rimasto per mesi interi in quella gabbietta per uccellini minuscola ed ora era perfettamente comprensibile che il piccolo drago era affamato ed irritabile. Superò con cautela un gruppetto di cocci rimasti al suolo da chissà quanto tempo, attenta a non ferirsi ulteriormente i piedi nudi e provò a sbirciare oltre la porta scardinata di un edificio che aveva l'aria di essere una piccola bottega, ma l'interno era deserto, buio e completamente abbandonato, provare a frugare sembrava tanto una perdita di tempo. Si era azzardata ad esplorare un paio di abitazioni, ma tutto ciò che aveva trovato era nuda pietra, un silenzio opprimente e mobilia praticamente divenuta pietra a causa del tempo.
    Quel luogo non sembrava affatto abitato. Non sapeva se era la conseguenza delle scorribande dei demoni o meno, ma sul momento non riusciva a non pensare al peggio. Probabilmente gli abitanti di quella città erano diventati oggetti di quella orribile asta a cui lei stessa era destinata -come d'altronde i suoi carnefici non esitavano a ricordarle quasi ogni giorno. Le avevano fatto del male e l'avevano umiliata talmente tante volte che le sembrava impossibile essere finalmente libera, ma al contempo sentiva il fortissimo straniamento di essere da sola, in quel luogo sconosciuto, senza nemmeno un'anima viva e nessuna idea di cosa fare, né nell'immediato né tantomeno nel futuro prossimo. Nella sua gabbia era sola e disperata, però scoprì con sgomento che avrebbe preferito perfino quel luogo legato a momenti orribili che la solitudine di quella città fantasma. Era talmente abituata alla schiavitù che adesso che era finalmente libera non sapeva più che fare. Al solo pensiero la vista si velava e sentiva il bisogno di scoppiare a piangere, ma tentò di ricacciare le lacrime perché tanto non le sarebbero serviti a granché. Doveva continuare a muoversi, perché da qualche parte doveva esserci qualcuno. Quelle persone che aveva incontrato prima di essere sbattuta in quel posto da un incantesimo di traslocazione erano state gentili, e facevano parte di una fazione diversa dagli schiavisti, doveva sperare di essere di nuovo raccolta da uno di loro. Esisteva anche la possibilità non troppo remota di finire di nuovo nelle grinfie dei suoi aguzzini, ma a quel punto doveva correre il rischio.

    Mentre avanzava in una direzione scelta rigorosamente a caso, incappò nel vetro ancora intatto di una finestra, dalla quale la sua figura riflessa le rispose con un'occhiata timorosa. Il vetro era quasi completamente nero alla base e sottilissimo nella parte più alta, perciò riusciva a malapena a distinguere i suoi lineamenti, ma ciò che vedeva naturalmente contribuiva ad abbatterla ulteriormente. Mentre il piccolo drago Abbadon strideva svolazzandole attorno, le due teste che litigavano fra loro con sbuffi di vapore nero dalle piccole fauci, esitando Riful tentò di sistemare il vestito e di ripulire alla buona le guance sporche, desiderando un paio di forbici per sistemare i propri capelli argentati, un tempo lunghi e belli ed ora mozzati con cattiveria all'altezza della nuca. Quel giorno non l'aveva fatto apposta di rispondere, ma le parole le erano sfuggite di bocca anche se non aveva voluto. Aveva pianto tantissimo chiedendo scusa in tutti i modi, ma avevano deciso di punirla ugualmente strappandole via i capelli di cui andava tanto orgogliosa. Doveva assolutamente smettere di pensarci. Farlo non faceva altro che affollare pensieri negativi su pensieri negativi, e non andava affatto bene. Ma come si fa a pensare in positivo in una situazione così?

    Aveva l'impulso di sedere, poggiare la schiena al muro e raccogliere le ginocchia al petto, affondarvi con la faccia e piangere finché non sarebbe sopraggiunto il sonno per lo sfinimento. Ma cedere ora significava probabilmente abbandonare ogni speranza, perché una volta a terra non avrebbe mai trovato le forze mentali per rialzarsi e riprendere a camminare. Il lieve dolore al dito e l'istintivo gesto di portarlo alla bocca per succhiare la stilla di sangue la riscosse abbastanza da permetterle di abbandonare l'immagine riflessa sul vetro e riprendere la marcia, sempre rimanendo estremamente cauta su dove poggiava i piedi, sollevando leggermente i lembi del vestito per non impigliarsi in rottami e macerie sparse qua e là nel paesaggio in rovina. Mentre si curava di aggirare una buca riempita d'acqua piovana, improvvisamente qualcosa che ormai non sperava nemmeno di udire...

    Una presenza umana. Percepita tramite le proprie percezioni extrasensoriali prima che con l'udito, ma d'altronde decisamente troppo rumorosa per essere ignorata. Lei rimase immobile, troppo scioccata per correre al riparo, terrorizzata all'idea delle possibilità di incontrare una figura ostile, ma al contempo desiderosa di una qualsiasi presenza umana, o anche non del tutto umana. A Riful in quel momento andava bene davvero di tutto. Perfino un mostro cattivo che voleva solo mangiarsela...

     
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    In piedi in mezzo ai ruderi di un muro crollato nei pressi del crocevia, lasciò vagare lo sguardo lungo le facciate degli altri edifici che sorgevano intorno a lui -intatti ma vuoti-, respirando a fondo la malinconia che aleggiava per le vie, intrecciata al silenzio, denso come una cappa di piombo: dopo la tragedia che vi si era abbattuta appena un anno prima, più nessuno abitava quel luogo...

    jpg

    ...e sebbene non fossero rimaste molte tracce delle violenze che si erano consumate alla luce del sole, sotto la volta cerulea di un cielo indifferente, il loro eco riverberava in lui, facendogli vibrare il cuore di tristezza.
    E non c'era una ragione in quel mondo per cui tutto quel dolore potesse sembrargli
    giusto.

    « Ehi, tu! Cosa ci fai lì impalato, gioia? Ti sei perso? »

    Quell'improvviso segno di vita, e l'inatteso slancio di gentilezza intrinseca di quell'interessamento, così fuori posto -almeno quanto lui stesso- nei paesaggi desolati di quella città abbandonata, richiamò la sua attenzione sulla presenza appena sopraggiunta nel suo campo visivo: si trattava di un giovanotto di qualche stirpe umanoide (l'unica differenza, in effetti, stava nelle orecchie leggermente appuntite all'estremità superiore), dai capelli scuri e ricci, dalla pelle mulatta e dagli occhi blu fiordaliso, e il fatto che una sacca gli pendesse da un fianco e che imbracciasse mollemente un liuto -da cui, a singhiozzo, lasciava scivolare qualche nota flebile ed armoniosa- lo identificava come un qualche musicista girovago.

    L'altro -uno sbarbatello bassino e sottile- si limitò a fissarlo di rimando, con una certa curiosità negli occhi color miele, e reclinò la testolina bionda da una parte con aria un po' spaesata, ma dal momento che il fuscellino che gli stava davanti non rispondeva, il Menestrello -da navigato uomo di mondo quale era- non faticò a leggerne lo smarrimento: doveva starsi certamente chiedendo chi fosse quell'affascinante sconosciuto che gli aveva appena rivolto la parola, probabilmente non sapeva spiegarsi perché una così magnifica creatura si aggirasse per una città fantasma, o forse temeva che volesse vendergli qualcosa...

    ...ma in ogni caso, soprattutto per non rischiare di venire scambiato per uno di quei vili pusillanimi che varcano il confine per fare sciacallaggio nelle abitazioni incustodite, il Mezzelfo pensò bene di rompere il ghiaccio e presentarsi.


    « Io son Svetlano, il Bardo di Cinzano: un bel paesello nella Valle di Chediya! »
    si introdusse, esibendosi in un ampolloso inchino - ed eseguendo un jingle musicale, breve e accattivante
    « Come Cantastorie, ho pensato di visitare il luogo del disastro per comporre qualcosa che renda omaggio ai caduti... e tu, invece? C'è qualche motivo per cui te ne stai qui tutto solo? »

    « Beh, io... stavo cercando qualcuno. »
    replicò dopo un momento l'altro, illuminandosi di un sorriso gentile

    « Ah, auguri. »
    sentenziò Svet, guardandosi intorno in modo eloquente

    « Oh, grazie! Comunque, sono lieto di fare la tua conoscenza, Svetlano. »
    proseguì il biondino, muovendo qualche passo tra i detriti per avvicinarsi e stringergli la mano
    « Il mio nome è Ga- »

    Nella sua avanzata, il ragazzo mise un piede in fallo e si spalmò lungo lungo per terra, di faccia sul selciato, lasciando il Musico più basito che divertito... anche perché, i secondi passavano, e quel tipetto non si alzava; così, rimesso il liuto a tracolla sulla schiena, il Bardo saltellò in scioltezza al suo fianco, soccorrendolo e aiutandolo a rimettersi in posizione verticale.

    « Va bene, Cerbiatto: prima un piede e poi un altro... E ora su! »
    lo esortò il moro, incoraggiante come una mamma chioccia, spazzandogli la polvere dalla giacca
    « Ti sei fatto male? »

    jpg« No, no: va tutto bene! »
    lo rassicurò l'altro, esibendo un altro ampio sorriso angelico
    « Tu sei proprio una persona gentile...! »

    Mentre "Ga-" finiva di ripulirsi i vestiti alla meglio, squadrando con gli occhi dorati l'oggetto su cui era scivolato, Svetlano osservò l'astante per un lungo meditabondo momento: da artista itinerante, aveva visto e conosciuto gente di tutti i tipi, e... per quanto lo avesse appena incontrato, quello che aveva davanti dava tutta l'impressione di essere uno di quelle inguaribili anime candide, dall'ottimismo incrollabile, dagli ideali ingenui, e dai modi teneramente goffi e maldestri... insomma, uno di quelli che ti verrebbe scrupolo nel lasciarli a loro stessi.

    « Il mio nome è Garmin Pathfinder. »
    porgendo la mano per una stretta, il biondino ricambiò la presentazione
    « Sono una guida esperta... Molto piacere! »

    « Va bene, Garmin, il piacere è tutto mio. »
    nello stringergli la mano, il Mezzelfo annuì poco convinto
    « Facciamo che ti accompagno dalle guardie, così chiediamo a quei bei signori se possono aiutarti a trovare chi cerchi, eh?
    Che cosa ne dici? »


    « Oh, sì! Il Tempio del Silenzio! Conosco la strada! »

    E presolo a braccetto, Svetlano affiancò Garmin, e insieme si incamminarono insieme per la strada maestra.

    png

    Nonostante l'aria un po' tra le nuvole con cui Garmin sembrava vivere ogni istante, Svetlano doveva ammettere che sembrava sapere diverse cose sulla città: mentre vi passavano davanti, gli aveva indicato un forno che era stato particolarmente famoso, ma che non aveva avuto mai occasione di provare -e la lista delle specialità tipiche gli aveva messo una fame tremenda-; quando il Bardo si era fermato davanti ad una vetrina di giocattoli, la Guida gli aveva rivelato l'esistenza di un meccanismo capace di animare tutti i pezzi lì esposti in una graziosa coreografia che incantava grandi e piccoli, e che l'artigiano cambiava stagionalmente, per non annoiare mai i passanti. E mentre attraversavano una piccola piazza secondaria, il biondino gli aveva raccontato dell'uomo-orchestra che vi si esibiva, suonando da solo e contemporaneamente quattro strumenti musicali mentre i suoi due cagnolini danzavano.

    Domandandosi come facesse a sapere tutte quelle storie e quegli aneddoti, il Menestrello era giunto a convincersi che il ragazzo avesse abitato quei luoghi per un certo tempo (che avesse anche assistito alla tragedia?), e che fosse probabilmente rimasto solo al mondo per quel motivo... e così si era lasciato convincere a seguirlo per una "scorciatoia" che diceva di conoscere.
    E si erano persi.

    « ...tranquillo, tranquillo: andrà tutto bene! »
    rassicurò la Guida con voce allegra, indicando un lampione alla fine del viale
    « Sono sicuro che sia per di qua! Conosco la strada! »

    E, in effetti, svoltato l'angolo, i contorni del palazzo che i due Alfieri -quello dell'Est e quello di Laputa- avevano acquistato e ristrutturato dopo l'attacco riempì l'orizzonte oltre lo strozzatoio del vicolo in cui avevano svoltato: dovevano solo lasciarsi alle spalle la stradina, attraversare il viale principale, bussare ai cancelli, e aspettare un'anima viva a cui poter consegnare Garmin e richiedere qualche informazione; peccato soltanto che, tra loro e la meta, ci fosse qualcuno: un tipo che il Bardo trovò immediatamente poco raccomandabile, visto come se ne stava acquattato tra le ombre in fondo al vicoletto, rivolgendo loro le spalle ma con un cannocchiale puntato sulla Sede dei volontari al servizio d'ordine.

    La faccenda era a dir poco losca: la cosa migliore da fare era perciò allontanarsi zitti zitti, prima che il tipo si accorgesse di loro, e prendere un'altra strada per raggiungere la meta, dove avrebbero spiattellato tutto su quel tale appostato lì; ora dovevano solo girare i tacchi in silenzio, e...


    CLANG

    Garmin aveva accidentalmente calciato una lattina. Svetlano lo guardò come se volesse ucciderlo.
    Lo sconosciuto si voltò nella loro direzione, e li squadrò a sua volta allo stesso modo;
    un istante più tardi, sollevò la destra -coronata di un'aura ardente- verso i due per farlo.


    jpg
    « Ehm... »

    « SCAPPA! VIA! VIA! VIA! »

    Il sincopato segnale del Bardo precedette di pochissimo il lancio della Palla di fuoco, così Svetlano e Garmin si dettero alla fuga per salvarsi la vita, e l'aggressore cominciò a correre a sua volta per estinguerla.

    png

    Il respiro era tornato a farsi regolare quando staccò la schiena dal muretto diroccato dietro cui aveva trovato riparo, ma nel volgere lo sguardo color miele intorno a sé, il giovanotto constatò di essere solo: il che era un bene, se si considerava il fatto che avrebbe potuto ritrovarsi in compagnia di un aggressivo tipaccio sputa-fuoco, ma... ciò significava che aveva anche perso di vista il suo nuovo amico Svet. E si augurò davvero tanto che i due non si fossero invece ritrovati assieme: poteva essere pericoloso per il Bardo... C'era solo da cercare di ritrovarlo il prima possibile, e sperare che la Provvidenza avrebbe fatto andare tutto per il meglio.

    Dunque... guardandosi in giro, a giudicare dallo stato di decadenza di quella zona, poteva supporre di essere finito in uno dei quartieri che aveva visto la battaglia da vicino, quindi... nella fuga doveva essere andato verso Sud, mentre la sua meta -il Tempio del Silenzio- era in centro Kisnoth, perciò... bastava calcolare l'incidenza della luce sulle ombre, e... andare di là.

    Con passo tranquillo e fiducioso, ostinandosi a non perdere il sorriso, la Guida percorse una stradina dissestata ed ingombra dei detriti di un vicino palazzo, svoltò un angolo, e... si bloccò dove stava, perplesso dal fatto di trovarsi davanti una bambina: una creaturina dai capelli probabilmente chiari sotto lo strato di sporco, con indosso un vestito leggero che doveva essere stato bianco in passato, scalza e dal volto provato, e con gli occhi ametista sbarrati in un'espressione spiritata. A vederla così, sembrava proprio...

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    « ...un fantasma? »

    In effetti, la piccola ne aveva tutto l'aspetto, eppure... contrariamente a quella che sarebbe dovuta essere la reazione più ovvia ad un'apparizione del genere, Garmin sembrava tutt'altro che spaventato; in ogni caso, rimase fermo in piedi ad una manciata di metri da lei, aspettando di capire se la fanciulla avesse intenzione di comunicare con lui prima ancora di determinare se ella fosse un'essere di carne ed ossa o una manifestazione di puro spirito; dopotutto, le ragazze hanno bisogno dei loro spazi a prescindere, così... in attesa di una risposta di qualche tipo, cercò di mostrarsi gentile e rispettoso.

     
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    L'aura in arrivo si muoveva con passo deciso proprio nella sua direzione, quindi non si azzardò nemmeno ad andarle incontro, invece l'attese col cuore in gola, aspettandosi di intravedere quella nuova presenza sconosciuta svoltare l'angolo. Sfruttò quei pochi istanti per costringere Abbadon a starle fra le braccia, spaventata dalla possibilità che di fronte ad una figura ostile il piccolo draghetto nero partisse alla carica, deciso a difendere il proprio territorio con le sue temibili fauci, non più pericolose di quelle di un roditore, e con il suo spietato fuoco dalle fiamme oscure -potente circa la metà di quello prodotto da un accendino tascabile.
    Quando lo sconosciuto finalmente si palesò davanti a lei, era talmente sollevata dalle sue sembianze che non fece nemmeno troppo caso al drago che con furia carica di sdegno per essere preda di quell'abbraccio le faceva a brandelli la manica del vestito -già comunque di per se abbastanza malconcio. Gli occhi ametista di Riful si riempirono di lacrime di gioia perché l'istinto le diceva con assoluta certezza che quel ragazzo non aveva affatto le sembianze di una persona cattiva, e che poteva tranquillamente azzardarsi a chiedere aiuto e soccorso. Sorrise e tentò di abbozzare un sorriso malfermo, cercando le parole giuste per presentarsi ma venendo battuta decisamente sul tempo.

    « ...un fantasma? »
    Chiese lui, lasciandola di sasso.
    « Eh...? »
    Fu tutto ciò che riuscì a rispondere lei, mentre con foga crescente Abbadon sbrindellava la manica con entrambe le teste serpentine. Ci rimase malissimo, congelandosi sul posto senza riuscire a rispondere. All'improvviso tutti i frammenti di frase che stava cercando faticosamente di ricucire insieme sparirono nel vuoto cosmico della sua testolina, lasciandola muta e incapace anche solo di mutare espressione, quindi per qualche attimo rimase impalata, continuando a sorridere ebete finché alla fine tutte e due le testoline del suo drago non arrivarono alla carne. Al che le scappò un grido di dolore e sorpresa, sciogliendo l'abbraccio e lasciando libero il terrore di Celentir, che senza pensarci due volte si fiondò verso il nemico che stava attentando al suo territorio, emettendo piccoli barbigli di fuoco nero dalle fauci per poi lanciarsi alla carica verso il volto del nemico!

    « Nonono-no!!! No, Abby! No!!! »
    Resasi conto della situazione che precipitava, Riful distese le braccia e inseguì la belva feroce, ma inciampò sui propri piedi e cadde di faccia dopo appena due passi, mancando la presa sulla coda della bestiolina di pochissimi centimetri e sbattendo malamente sul selciato, mentre il drago bicefalo incurante dei suoi richiami assaltava il nemico risoluto a distruggerlo e divorarne le carni!

     
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    « Eh...? »

    Il piccolo spettro emise un afflato interdetto dalla boccuccia, e rimase immobile dove stava: forse era rimasto sorpreso dal fatto che qualcuno fosse in grado di vederlo? Il buon Garmin se lo chiese, ma non ebbe molto tempo di trovare una risposta, perché l'attenzione delle iridi color miele fu rapita dal cosino nero, piccolo e squamato che si agitava senza posa tra le braccia dell'apparizione: dapprima lo scambiò per uno strano ornamento del vestiario o per qualche gioiello dalla foggia bizzarra...

    jpg...ma, non senza sorpresa, la Guida si rese conto che si trattava di qualcosa di vivo quando lo vide lacerare la manica del vestito della bimba che aveva cercato di di trattenerlo -fallendo con un grido sofferente-, e poté constatare che si trattava anche di qualcosa di feroce quando -una volta liberatosi- si avventò contro di lui.


    « Nonono-no!!! No, Abby! No!!! »

    Nel tentativo di inseguire l'esserino, la piccina inciampò e cadde goffamente a terra, e Garmin si ritrovò impossibilitato a soccorrerla, dato che fu costretto ad alzare le braccia per cercare di ripararsi almeno gli occhi dagli attacchi della bestiolina... ma riuscì solo in parte, e le braccia gli ricaddero lungo i fianchi quando il draghetto bicefalo finì col cambiare obiettivo, artigliandogli una guancia ed azzannandogli un'orecchio.

    « ...ahi ... fa male... »

    E anche se non perse il sorriso, quello non fu certo un buon inizio.
    Se non altro, giunse alla conclusione che non potevano essere fantasmi:
    il dolore era reale, purtroppo.

     
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    « Abby, fai il bravo ti prego!!! Smettila, il signore non è da mangiare! »
    Cadendo aveva sbattuto male la faccia, ma si era subito rialzata spinta dalla forza della disperazione e dall'imbarazzo colossale per il brutto spettacolo del suo animaletto. Abbadon non era cattivo, ma aveva trascorso tanto e tanto tempo in quella brutta gabbia per uccellini, ed ora aveva semplicemente paura di tornarci e probabilmente anche un po' fame. Le ci volle un po' per inseguire il povero bersaglio delle attenzioni assassine del terrore di Celentir, implorando la bestiolina dispettosa di tornare da lei, senza naturalmente ricevere grandi attenzioni. Alla fine però riuscì a prenderla per la coda, strattonandola in modo fin troppo brutale e buscandosi due morsi fra indice e pollice, ma alla fine strinse il suo cucciolo al petto e si lasciò cadere in ginocchio, ansimando per lo sforzo a cui non era più abituata.

    « Mi scusi! Chiedo perdono! »
    Disse in tono lamentoso, sconfortata da quanto appena accaduto.
    « Owww, sanguinate... Vi fa male? Dovete medicarvi! »
    Sempre usando entrambe le mani per reggere saldamente Abbadon al seno, guardò a destra ed a sinistra cercando inutilmente qualcosa che non esisteva da parecchio tempo in quel luogo dimenticato da dio -e neanche lei sapeva esattamente che cosa, una pozione magica medicamentosa era decisamente chiedere troppo!
    « Scusatemi! Scusatemi, è colpa mia. Mi è scappato... »
    A sottolineare le sue parole, Abbadon riuscì in qualche modo a voltare le due teste serpentine, rivolgerle allo sconosciuto e soffiare come un terribile gattino infuriato.
    Che biglietto da visita tremendo! Riful era certa che ormai tutte le chance di essere aiutata erano sfumate!
    Dopo una cosa così, chiunque l'avrebbe sicuramente odiata...

     
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    « Abby, fai il bravo ti prego!!! Smettila, il signore non è da mangiare! »

    Rimessasi frettolosamente in piedi con la forza della disperazione, la ragazzina dal caschetto argentato -che il giovanotto aveva appena scoperto essere una creatura solida e concreta quanto il suolo su cui si era spalmata un istante prima- agguantò la sua inferocita bestiola a scaglie per la coda, tirandola via dalla di lui faccia -ancora paralizzata in un sorriso di shock- e stringendosela al petto mentre scivolava in ginocchio, esausta.

    « Mi scusi! Chiedo perdono! Owww, sanguinate... Vi fa male? Dovete medicarvi! »
    guardandosi freneticamente attorno, la piccola si rivolse al nuovo arrivato con voce afflitta
    « Scusatemi! Scusatemi, è colpa mia. Mi è scappato... »

    Ci volle qualche istante prima che il biondino si riavesse dall'attimo di sorpresa che l'aveva gelato, ma le angustie della persona che gli stava davanti furono abbastanza per indurlo a sbattere le palpebre un paio di volte e trasformare il sorriso statico in una breve, lieve risatina spensierata, prima di parlare ancora una volta con tono cordiale.

    jpg
    « Su, su...! Va tutto bene! »

    Infilando le mani nelle tasche della giacca, e frugandoci dentro con calma, Garmin ne recuperò un pacchettino di fazzolettini di carta, pescandone uno per tamponarsi i graffi sanguinanti; poi, mosse un passetto in avanti, piegandosi sulle ginocchia per mettersi allo stesso livello della fanciulla ancora accucciata a terra, e porgendole un fazzolettino insieme ad un sorriso.

    « Mi chiamo Garmin Pathfinder, e tu? »
    si presentò, intavolando una normale conversazione per tranquillizzare l'interlocutrice
    « Come mai sei qui da sola? Ti sei persa? Hai bisogno di aiuto? »

     
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    Si aspettava di essere abbandonata lì da sola, oppure di beccarsi dei rimproveri o perfino di essere aggredita, dopotutto dopo quanto successo quel signore ne aveva tutte le ragioni. Invece lui si mise a... ridere (?) lasciandola a bocca aperta, e perfino le rispose in tono cordiale, arrivando a condividere uno dei suoi fazzoletti di carta, avvicinandosi senza paura di incorrere ancora una volta nelle ire di Abbadon, che Riful faticava a tenere a bada e minacciava in ogni momento di liberarsi e ripartire alla carica.
    Lei era senza parole, quindi in un primo momento non riuscì nemmeno a ribattere e continuò a fissare inebetita l'avventuriero che si presentava col nome di Garmin Pathfinder e le porgeva la salvietta con gentilezza. Dopo un lungo momento di silenzio, alla fine si riscosse rinsaldando la presa sul piccolo Abbadon (che dal canto suo protestò con veemenza scalciando con le zampette) e annuì con convinzione.

    « S-sì, io mi sono... »
    ... Persa? Aveva davvero senso dire così? Esitò, ma sul momento le mancava un modo migliore per descrivere la sua situazione.
    « ... Smarrita, ecco. »
    Non ce l'aveva una casa a cui fare ritorno, quindi quello era il termine migliore che riuscì a cacciare fuori. Ora aveva una gran voglia di prendere quel fazzoletto (la prima cosa pulita che vedeva da un anno a questa parte) e pulirsi il viso, ma invece continuò a fissarlo con i lacrimoni che le premevano sugli occhi, troppo spaventata all'idea che il suo draghetto potesse sfuggirle di mano e aggredire di nuovo quella persona che le stava mostrando tanta gentilezza. Preferiva di gran lunga tenersi il faccino sporco piuttosto che farlo fuggire via in seguito ad una seconda aggressione da parte del suo animaletto.

    « I... Io sono Riful e lui... »
    Poggiò in grembo il draghetto, accarezzandone le due teste, quella nera e quella argentata, che dal canto loro mandarono sguardi fiammeggianti a Garmin, piuttosto eloquenti nel loro desiderio di sbranare quella creatura sconosciuta entrata nel loro raggio di azione.
    « Lui è Abbadon, e non è cattivo. E' solo affamato... »
    ... E poteva capirlo benissimo, perché anche lei non stava messa tanto meglio da quel punto di vista.
    « Potete dirmi da che parte è l'uscita...? P... per favore...? »

     
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    Per un lungo momento, la scena rimase sospesa in quella maniera: da una parte, c'era un giovanotto biondo, esile e dal viso graffiato, che continuava a sorridere in maniera rilassata e che le porgeva un fazzoletto; dall'altra, una ragazzina molto malconcia, che stringeva al petto un draghetto bicefalo e fissava lo sconosciuto in silenzio, con lo sguardo viola sempre più lucido.

    Era evidente che le fosse accaduto qualcosa di molto brutto, se una gentilezza semplice come quella le faceva un tale effetto, ma... la Guida preferì rimanere composta nella sua apparente spensieratezza, senza metterle addosso la pressione di rievocare quanto le fosse successo con una raffica di domande scomodo o invadenti.

    Dopotutto, dal momento che non intendeva lasciarla lì da sola -in quelle condizioni ed in mezzo al niente-,
    il biondino confidava avrebbe avuto un po' di tempo per permettere alla piccina di calmarsi.


    « S-sì, io mi sono... Smarrita, ecco. »
    esordì la piccola, lasciando andare la tensione con grossi lacrimoni agli angoli degli occhi
    « I... Io sono Riful e lui...Lui è Abbadon, e non è cattivo. E' solo affamato... »

    « Oh, piacere di conoscervi, Riful e Abbadon! »

    La replica di Garmin arrivò prontamente e senza esitazioni -leggera, e solare-, e dal momento che la fanciulla non aveva accettato il fazzolettino (probabilmente per tenere le mani libere nel caso la sua bestiola avesse avuto un nuovo attacco di... qualsiasi cosa avesse), il giovanotto si risolse a richiudere il pacchettino e metterlo temporaneamente via, in una delle tasche superiori della giacca, collocate all'altezza del petto; poi, sempre restando inginocchiato al suolo, tornò a frugarsi le tasche inferiori, ad altezza fianchi.

    « Ora che ci penso, dovrei avere delle caramelle...! »

    Senza mutare espressione, l'adulto fece seguire a quell'annuncio l'estrazione dalla tasca destra di un paio di dolcetti incartati in un sottile involucro colorato, ne prese ciascuno per un orecchio tra pollice ed indice, e fece oscillare i fagottini davanti ai due musetti della lucertola, in un muto invito - avendo però l'accortezza di tenere le proprie dita fuori dalla portata della dentatura dell'animaletto privo di raziocinio.

    Consegnata l'offerta, confidando che l'involto non avrebbe costituito pericolo per le fauci della bestiola (non era neppure plastificata!) e che la caramella
    toffee lo avrebbe tenuto impegnato per forza di cose qualche minuto nonostante la sua feroce voracità, Garmin tornò a dedicarsi alla bambina.

    « Potete dirmi da che parte è l'uscita...? P... per favore...? »

    Recuperando i fazzoletti da dove li aveva infilati, e restando acquattato a terra, il giovanotto ne estrasse con le dita sottili; poi, si fece più vicino di un altro passettino, e dopo aver inumidito la carta assorbente con le lacrime che le rigavamo il viso, cominciò a tergere via lo sporco alla meglio dal volto della signorina, con delicatezza... mentre gli occhi color miele si incatenavano a quelli d'ametista.

    jpg
    « Tu sei fuori, Riful: sei libera. »

    Lo disse dolcemente, ma con fermezza, e la scintilla di saggezza nei recessi del suo sguardo faceva quasi sembrare come se non si riferisse solo ad un luogo fisico; tuttavia, il suo viso imberbe tornò ad ingentilirsi nel suo solito sorriso.

    « Sai, io sono una Guida esperta! »
    spiegò, ritraendo il fazzoletto ora liso, dopo che aveva fatto il suo dovere
    « Posso guidarti ovunque, ma la meta devi deciderla tu... »

    Perché nessuno può salvarsi da solo...
    eppure, è parimenti vero che nessuno può salvare nessun altro da sé stesso e dalle proprie paure.

    A volte, tutto quel di cui si ha bisogno è una buona guida che indichi la strada.

    « Allora: dove ti piacerebbe andare? »

     
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    « Ora che ci penso, dovrei avere delle caramelle...! »
    Agli occhi di Riful, Garmin somigliava tanto ad uno di quei buffi incantatori di serpenti che aveva visto da piccola nelle vie del mercato di Liberty, serviva solo un'anfora di paglia e si poteva tranquillamente soprassedere sull'uso improprio di dolcetti in luogo del classico flauto fatato. Il risultato era comunque lo stesso: le due teste serpentine del Terrore di Celentir si appuntarono voraci sui dolci mentre l'esploratore li faceva oscillare, poi come vennero consegnati ecco che l'animaletto scalciò con tanta improvvisa veemenza che sfuggì dall'abbraccio della sua padrona, assaltando con foga imperiosa il cibo e ghermendolo con le fauci, gettandolo al suolo dove capitombolò di malagrazia. Rimessosi in piedi prese a sbranare il dolcetto, salvo poi iniziare fin da subito una furiosa lite fra le due teste, che ben presto divenne una zuffa simile a quella di un cane che tenta di afferrarsi la coda.
    Riful osservò con occhi spenti le evoluzioni del suo cucciolo, sollevata dal fatto che non stava provocando troppi guai, ma al contempo sentendosi profondamente spossata. Proprio allora il giovane le venne in soccorso, strofinando la salvietta pulita sulle guance sporche, facendole chiudere gli occhi ametista d'istinto mentre sentiva la carta ruvida ma gentile che le ripuliva il fango dal viso.

    « Uguuuu~ »
    Sussurrò lei, lasciandosi andare in un pianto silenzioso che nemmeno sapeva bene spiegarsi. C'erano talmente tanti motivi per cui in quel momento voleva scoppiare a piangere che non sapeva scegliere.

    « Tu sei fuori, Riful: sei libera. »
    Le sussurrò il ragazzo, fu allora che lei si sforzò di aprire gli occhi e guardarlo in viso commossa, ma non sapeva bene che cosa dire né che cosa pensare. Era impossibile, ma quelle parole sembravano proferite da una persona che la conosce bene, da sempre, che aveva assistito a tutti i soprusi di un anno di schiavitù ed ora voleva aiutarla a realizzare che era finita.
    « Sai, io sono una Guida esperta! »
    "Davvero...?" Voleva chiedere Riful, ma le scappò un singhiozzo talmente forte che le mangiò le parole.
    « Posso guidarti ovunque, ma la meta devi deciderla tu... »
    Lei annuì. Non era certa di aver capito, non sapeva bene a quale meta potesse ambire ma annuì più che altro
    perché voleva dire "grazie".
    « Allora: dove ti piacerebbe andare? »
    Non riusciva a pensare lucidamente. Era una domanda difficile a cui rispondere, anche quando era in condizioni buone e mentalmente fresca. In quel momento era sfinita, in lacrime, si vergognava tantissimo e l'unica cosa a cui ambiva era un letto caldo, magari mangiare qualcosa. Quindi non ci pensò su nel rispondere, perché comunque non ci sarebbe riuscita. Schiuse le labbra e fece per dire la prima cosa che le veniva in mente, e quella cosa era...

    "Voglio andare a casa..."
    ... Ma non ce l'aveva più da tanto, una casa.
    Singhiozzò forte e si sentì ancora più stupida, ancora più piccola e ancora più debole. Le parole le morirono in bocca, e sul momento fece per non dire niente. Il luogo che mentalmente riconduceva a "Casa" era la sua stanza piena di giocattoli al Castello del Drago, ma ormai era a malapena un ricordo, probabilmente non esisteva nemmeno più. Quanto tempo era passato, dieci anni? Di più. Era felice perché anche se non aveva un luogo dove tornare, almeno aveva trovato un posto dove incamminarsi. Ma adesso si era smarrita, di nuovo. Non aveva più una strada, né un percorso. Se solo quella persona gentile era in grado portarla non in un luogo, ma nel suo sentiero... ritrovare la strada che conduceva di nuovo a quel posto di luce. La stavano ancora aspettando, dopotutto...

    « Io... il posto dove voglio andare è molto lontano... »
    Disse con voce spezzata. Poi sorrise, o almeno provò a farlo.
    « Forse un giorno mi ci porterai, Garmin Pathfinder. Per il momento, ti prego... portami in un posto sicuro, dove le persone non tentano di vendermi a dei mostri e magari posso trovare un letto. Se esiste un luogo del genere... »

     
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    Lasciandosi andare a qualche singhiozzo, mentre calde lacrime seguitavano ad addensarlesi negli occhi viola ametista per ruscellare giù lungo le guance, la ragazzina annuì e si prese qualche istante per pensare... e, naturalmente -tornando a sorridere pacifico- il biondino non si sognò neppure di metterle fretta, limitandosi a raccogliere quelle amare gocce salate con un fazzoletto, e a pescarne un altro per soffiarle il naso.

    « Io... il posto dove voglio andare è molto lontano... Forse un giorno mi ci porterai, Garmin Pathfinder. »
    confessò Riful con voce rotta, ma provando con impegno a restituirgli un sorriso
    « Per il momento, ti prego... portami in un posto sicuro, dove le persone non tentano di vendermi a dei mostri e magari posso trovare un letto. Se esiste un luogo del genere... »

    « Oh, ma non è un problema: nessun posto mai è troppo lontano per essere raggiunto!
    Un passo alla volta, si può arrivare dovunque! »

    asserì spensierato il giovanotto, con voce allegra e sorriso entusiasta
    « ...e per il momento, so esattamente dove guidarti: ci sono così tante persone gentili, qui! »

    jpgE sembrava assolutamente certo di quel che diceva. Rimettendosi in piedi, Garmin raccolse i fazzoletti usati in una mano, e porse l'altra a Riful per aiutarla a rialzarsi da terra; poi, ruotando la testolina dorata da una parte e dall'altra, così da poter spingere in giro le iridi color miele, il giovanotto adocchiò un cestino dei rifiuti e lo raggiunse con una corsetta per liberarsi della carta assorbente ormai stropicciata, umida, sporca e lisa.

    Nel tornare sui suoi passi, fino alla ragazzina, la scrutò per un momento con attenzione da capo a piedi, per la prima volta da che era arrivato: l'abito aveva visto giorni migliori, i capelli erano scarmigliati, e i piedini erano addirittura scalzi... e la Guida -da Guida esperta quale era- sapeva che ogni viaggio richiede il giusto equipaggiamento, così si fece venire un'idea; per prima cosa, si tolse il giaccone e glielo porse, rimanendo in jeans e camicia bianca.


    « Tieni! Puoi metterlo sopra il vestito, o cambiarti dietro quel muro lì! »
    le disse, indicando il buco nella muratura di una casetta sventrata
    « Io recupero un paio di cose qui intorno, e poi sono pronto a partire! »

     
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    « Tieni! Puoi metterlo sopra il vestito, o cambiarti dietro quel muro lì! »
    Disse Garmin, Riful guardò distrattamente dove indicava, salvo poi concentrarsi su Abbadon che aveva appena finito di sbranare le caramelle.
    « Io recupero un paio di cose qui intorno, e poi sono pronto a partire! »
    Strinse i lembi della giacca fra le dita in un gesto automatico, accettando automaticamente quel dono del tutto inaspettato sentendo le guance che avvampavano per l'imbarazzo di avere indosso abiti così malconci da farla sembrare una mendicante, gli stessi da più tempo di quanto volesse ammettere. Raccolse la giacca al petto annuendo all'indirizzo del suo salvatore, affidandosi completamente a lui ed ubbidendo a quanto le aveva chiesto. Raccolse il draghetto proprio mentre questi individuava un ratto nelle vicinanze e si preparava a lanciarsi contro di esso, Riful lo acchiappò al volo e lo prese in braccio mentre si incamminava dietro il muro indicato da Garmin, dove con qualche difficoltà riuscì sia a togliersi l'abito che a tenere a bada il suo drago, ricomparendo solo dopo parecchi minuti, la giacca che le ricadeva sui fianchi magri arrivando quasi alle ginocchia nude, le mani che sbucavano a fatica dalle maniche larghe. In qualche modo era riuscita a chiuderla, e sospirò rendendosi conto che era la prima volta da un sacco di tempo che assaporava la sensazione di stoffa pulita sulla pelle.

    « Fa freddo... »
    Ammise con rammarico, sentendosi in imbarazzo mentre adocchiava Garmin e cercava di capire che cosa aveva cercato in quel lasso di tempo in cui era uscita dal suo campo visivo. Abbadon stridette contrariato, visto che lo stava maltrattando da un po', così Riful si risolse a lasciarlo libero per un po' e lui, impettito e offeso da quel trattamento, trovò un posto comodo sulla spalla di Riful dove sbrindellò un po' la spallina e poi aprì le piccole ali, le due teste serpentine che si guardavano in cagnesco l'una con l'altra.
    « Senti... davvero mi guiderai in un posto con tante persone gentili...? »
    Chiese allora Riful, sorridendo timidamente ma sentendosi incoraggiata.
    « Non sarà pericoloso...? »
    Pose quella domanda perché sperava tanto in una risposta che fosse incoraggiante. Fino a quel momento Garmin era stato prodigo di buone notizie e belle prospettive, ed ora Riful se ne abbeverava come un assetato al termine di una lunga traversata di un deserto sconfinato...

     
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    Arrossendo un poco, la ragazzina dai corti capelli d'argento accettò la giacca che il giovanotto le aveva porto, e dopo aver recuperato la sua bestiola bicefala si diresse nel punto che le era stato indicato, per cambiarsi come le era stato detto; il biondino, invece, le volse le spalle e si diresse nella direzione opposta, scavalcando la finestra dalle imposte divelte di una casa rimasta abbandonata dal giorno della tragedia, e solo in parte rimasta danneggiata dalla guerriglia che i paladini di Endlos avevano opposto agli invasori proprio in quel quartiere.

    In vero, la natura spensierata ed ottimista di Garmin Pathfinder dava spesso l'impressione che egli fosse pienamente padrone delle situazioni in cui andava cacciandosi, ma la realtà era assai più semplice: non era entrato lì perché avesse qualche piano preciso, ma... a rigor di logica, essendo stata quella un'abitazione, confidava che in un modo o nell'altro avrebbe trovato qualcosa che potesse tornargli utile,
    e in qualche modo sarebbe andato tutto bene. In questo, ci credeva fermamente.

    Quando Riful ebbe finito di cambiarsi, nel tornare sui suoi passi avrebbe trovato la Guida poco più in là di dove l'aveva lasciata: seduto su uno sgabello di legno, curvo in avanti ed indaffarato in qualcosa, il giovanotto le rivolgeva le spalle; avvicinandoglisi, la fanciulla avrebbe potuto vedere la stuoia di vimini -stesa per terra, davanti a lui- dove alcuni oggetti ed un po' di cianfrusaglie erano ammonticchiati in un ordine probabilmente comprensibile solo a lui.


    « Senti... davvero mi guiderai in un posto con tante persone gentili...? »
    gli domandò timidamente la piccola, affiancandolo
    « Non sarà pericoloso...? »

    « Ma no! Ma no! Andrà tutto bene! »

    Senza nemmeno dare l'impressione di averci pensato su, quella risposta lasciò allegramente le labbra sottili dell'uomo biondo, ma per dimostrare la convinzione che le sue parole avevano, egli staccò le iridi color miele dal suo lavoro -una piatta treccia di stoffa, realizzata intrecciando dei lembi di molti tessuti diversi- e le sorrise senza ombre.

    jpg
    « E se dovesse esserci del pericolo basterà scappare via molto veloce! ♥ »

    ...giusto. Facile, no? Ad ogni modo, da quella posizione, Garmin le chiese di allargare un attimo le braccia: giusto il tempo di avvolgerle la strana treccia -larga una spanna e lunga meno di un metro- attorno alla vita ed annodarla, rivelandone la sua funzione di cintura; una cintura morbida, a fascia, che sulla stoffa nera del giaccone sembrava una striscia di scaglie multicolore... e forse c'era anche spazio per chiuderla in un fiocco o per lasciare le due estremità svolazzanti.

    « Siediti un attimo! »

    Alzandosi in piedi, Garmin le cedette il posto sullo sgabello, e si accucciò accanto alla stuoia, iniziando a frugare nella chincaglieria finché non ne estrasse quelli che sembravano un paio di sandali: certo, erano scarpe aperte, e il freddo non le rendeva la miglior scelta possibile, ma la suola sembrava morbida e abbastanza alta da poter ignorare le spine e i sassolini del selciato che renderebbero altrimenti dolorosa la camminata; inoltre, il fatto che la chiusura fosse anch'essa costituita da un intreccio di lacci regolabili avrebbe reso la passeggiata quantomeno agevole.

    Dopo aver offerto a Riful quelle calzature, certo non ottimali né impeccabili ma
    "sempre-meglio-che-andare-scalzi", la Guida tornò a tuffarsi nel suo inventario, e si tirò nuovamente su solo una volta che ebbe trovato ciò che cercava; quando si rimise in piedi, oltre al suo solito incrollabile sorriso radioso, brandiva un paio di forbici in una mano ed un pettine nell'altra.

    « Direi che siamo pronti a partire, ma prima... »
    propose, restando in attesa davanti a lei, e giocherellando con le forbici
    « Ti sistemo il taglio, se ti va! »

     
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    « Ma no! Ma no! Andrà tutto bene!
    E se dovesse esserci del pericolo basterà scappare via molto veloce! ♥ »

    Fu il cinguettio di Garmin in risposta ai suoi dubbi. Riful non era tanto convinta: temeva brutti incontri e sapeva che in caso di fuga sarebbe stata una terribile palla al piede per il valoroso esploratore e oltretutto aveva visto persone e cose contro cui l'arma della fuga non era buona nemmeno per guadagnare tempo. Riserbò al giovane uno sguardo ricco d'ansia, mentre si chiedeva che cosa avrebbe fatto lui se le cose si sarebbero messe male. Voleva chiedergli di prometterle di fuggire e di lasciarla indietro se la situazione si rendeva disperata, ma per quel poco che riusciva a capire di lui certe visioni pessimistiche non erano proprio nel suo carattere, e la cosa le fece venire un gran magone. Non voleva essere la causa per cui una persona buona e gentile finisce in mano agli schiavisti demoniaci e venduta ad un'asta.
    Sorprendentemente però non riuscì ad approfondire quei pensieri foschi perché si ritrovò ad alzare le braccia, tenerle sollevate e lasciare che Garmin la cingesse con una cintura improvvisata, non proprio un'opera di alta fattura ma almeno impediva al freddo di salire e riduceva l'impaccio nei movimenti. Riful non riusciva nemmeno a formulare una frase coerente per ringraziarlo, quando in qualche modo se ne uscì anche con un paio di piccole calzature di fortuna. Le guardò senza sapere bene cosa dire, gettò uno sguardo fugace al viso del suo salvatore e poi con un mezzo sorriso accennato sedette sullo sgabello e le indossò, ignorando a forza il dolore delle piccole ferite fra le dita dei piedi che si era procurata da sola. Doveva avere un aspetto misero e quasi comico con quegli abiti rattoppati all abuona, ma non riusciva a ricordare qualcosa di più bello.

    « Direi che siamo pronti a partire, ma prima... »
    Chissà come, Garmin adesso aveva fra le mani delle forbici. Riful sussurrò appena un secondo, commosso grazie stentato e d'istinto sfiorò i capelli argentati, sporchi e malconci, di cui un tempo era stata tanto fiera ed ora erano praticamente un cespuglio incolto.
    « Ti sistemo il taglio, se ti va! »
    Lei annuì convinta, sorridendo e nascondendo un accenno di lacrime che stavolta non aveva per nulla voglia di mostrare. Aveva già smesso di pensare alle cose orribili che potevano capitare...

     
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    Pur con qualche esitazione -principalmente dovuta alla timidezza e alla perduta abitudine ad avere vicino qualcuno che si occupasse di lei-, la ragazzina dagli occhi viola seguì le indicazioni dell'esile giovanotto che l'aveva tratta in salvo dai ruderi di quel quartiere abbandonato, e terminò la vestizione.

    Con degli abiti puliti (per quanto tutt'altro che tagliati su misura), un paio di nuove calzature ai piedi (troppo leggere, ma meglio che nulla), e un fresco taglio di capelli, che -per lo meno- conferiva una definita forma a caschetto alla chioma argentea che gli aguzzini Circensi le avevano malamente mutilata, Riful sarebbe probabilmente apparsa una graziosa bambolina bisognosa di un restauro, ma certamente non più una bestiolina spaventata e derelitta.


    jpg« Questo taglio ti sta bene: sei carina! ♥ »

    Ovviamente, squadrandola con il suo solito inscalfibile sorriso, Garmin dovette ammettere a sé stesso che quel risultato non era di sicuro il meglio che era in grado di fare, ma... avrebbe fatto di meglio la prossima volta, con più tempo e più mezzi; tuttavia, non era il caso di pensarci in quel frangente: ora, era arrivato decisamente il momento di mettersi in cammino. E non dubitava che qualcosa avrebbero trovato.

    Sollevando gli occhi color miele al cielo del meriggio, che andava sfumandosi di violetto, la Guida depose i suoi strumenti e si rivolse alla fanciulla.

    « Direi di metterci in marcia: sta scendendo la sera... ed è meglio muoverci, o faremo tardi. »
    esordì, fermo in piedi davanti alla piccola, porgendole una mano
    « Stai tranquilla: conosco la strada! »

     
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