L'ultima locanda dell'Etlerth

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    Viaggiatore dei Mondi

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    a panca traballava e la tavola era incrostata dell’unto di molti pasti prima di quello. Kiryll attaccò il secondo uovo in padella, quindi ingoiò una sorsata di tè con latte fumante. Aveva scoperto che le colazioni in quel genere di locanda gli piacevano moltissimo. A tavola erano seduti una mezza dozzina degli altri viaggiatori che avevano dormito assieme a lui quella notte, nella stanza comune al piano di sopra, su un pagliericcio che il ragazzo preferiva non domandarsi quanti sudati avventori avesse accolto prima di lui.
    Il fuoco che la moglie del locandiere aveva acceso qualche ora prima non era ancora riuscito a scacciare dalla stanza il gelo della notte, che gli mordeva i piedi e trasformava il suo alito in uno sbuffo di fumo. Anche per questo il piatto di uova, fagioli, salsiccia di interiora e pane nero imburrato, caldi e saporiti, gli era particolarmente caro in quel momento.
    Un rumore di passi sulle scale preannunciò l’ingresso in sala del suo precettore.

    « Ben svegliato signorino! C’è un freddo mortale in questo posto » esclamò con la sua voce squillante massaggiandosi le braccia con le mani in uno dei suoi gesti esageratamente teatrali. Gli si avvicinò e gli sussurrò ad un orecchio: « Quasi quasi preferivo l’odore di fumo e flatulenze umane che c’era di sopra, almeno faceva più caldo » Ridacchiò tutto soddisfatto di quel commento, una cosa che amava moltissimo erano i termini ricercati per descrivere aspetti bassi della realtà.
    « Buon giorno Göstaff. Non credo fosse necessario parlare a bassa voce, dubito che queste persone si scandalizzino sentendo la parola “flatulenze” » gli rispose il ragazzo con un sorriso benevolo.
    « Signorino, è sempre meglio non stuzzicare la pazienza di questa gente che vive sul terreno, almeno finché non avremo lasciato le sfortunate lande del Nord. Voi non li conoscete come li conosco io, sono delle canaglie molto suscettibili, e bisogna fare attenzione a non lasciarsi sfuggire la minima offesa »
    Con l’aria di straordinaria serietà e importanza che aveva assunto mentre pronunciava quell’avvertimento, (sempre nell’orecchio del suo pupillo) il nobiluomo di mezz’età si raddrizzò e si diresse verso la porta.
    Vado a orinare” scandì con le labbra senza emettere suono. Kiryll scosse la testa divertito e tornò alla sua colazione.

    Non vedeva l’ora di ripartire. Dopo settimane di viaggio attraverso la piana ghiacciata dell’Etlerth, finalmente quel giorno avrebbero raggiunto le pendici dei monti a sud. Per quasi un mese lui e Göstaff avevano cavalcato seguendo una pista spesso difficile da riconoscere, in un paesaggio piatto e desolato, punteggiato di rari alberi avvizziti, con la neve che gli soffiava in faccia e l’ululato dei lupi sempre vicino. Quando potevano si accodavano a qualche carovana di mercanti, o a un gruppo di gente del posto in viaggio da un villaggio all’altro per scambiare pesce con legname, ma non si poteva dire che la compagnia fosse particolarmente stimolante. Al primo incontro con quegli uomini bassi e irsuti, coperti di pelli e dalla chioma selvaggia, Kiryll era rimasto affascinato, immaginandosi lunghi racconti di cacce all’orso la sera attorno al fuoco, ma era rimasto ben presto deluso. Il popolo dell’Etlerth era chiuso e taciturno, e il ragazzo non si era visto rivolgere mai più che grugniti e sguardi vagamente ostili. Ma presto il paesaggio sarebbe cambiato! Lui e Göstaff si sarebbero avventurati sui valichi dei monti Shea, il confine con il presidio Orientale! Non aveva mai visto delle montagne alte e nobili come quelle, già da giorni si profilavano all’orizzonte e si facevano sempre più imponenti… chissà che emozione percorrere le vallate ai loro piedi, vedere i ghiacciai eterni scintillanti sulle cime, e poi le leggendarie cascate delle Sorgenti Celesti…

    Il suo precettore rientrò nella sala spalancando la porta con impeto. Era visibilmente fuori di sé, gli tremava la mascella ed era pallidissimo in volto. « Farabutti! Questa topaia è piena di ladri! »
    Il rumore di posate si zittì all’istante e le teste di tutti i presenti si sollevarono dai piatti della colazione, rivolgendosi all’uomo sulla cinquantina che si stagliava sull’uscio. Incurante di tutti quegli sguardi sorpresi e minacciosi che si erano puntati su di lui, Göstaff fece qualche passo avanti nella stanza e continuò: « Questi briganti ci hanno rubato i cavalli e tutto il denaro! Nessuno esce di qui finché non ci ha mostrato la borsa! »
    La tensione che si era formata nell’aria della locanda fece rizzare i peli al ragazzo. Veloce come un lampo si alzò dalla panca e andò incontro al suo precettore. « Vieni fuori Göstaff, spiegami cos’è successo », e presolo per un braccio lo trascinò quasi a forza all’esterno, chiudendosi dietro la porta.
    « È un disastro! L’Enclave dovrebbe sterminare questi sorci che abitano al suolo e rimpiazzarli con gente più civile! Se ne infischiano delle leggi, non hanno il minimo rispetto neanche per la nobiltà! È un disastro! » Lacrime di rabbia gli stavano salendo agli occhi.
    « Calmati! E parla più piano, ti prego. Spiegami con calma cos’è successo »
    L’uomo appoggiò le mani sulle spalle del ragazzo, fissò i suoi occhi azzurri in quelli verdi del pupillo, e fece una decina di rapidi respiri con la bocca.
    « Sono andato verso le stalle per orinare al calduccio, e i nostri cavalli non c’erano più. Allora mi sono tastato la cintura, e mi sono accorto che anche la borsa era sparita! »
    Kiryll rimase zitto, quella notizia fu come un peso da una tonnellata che gli fosse atterrato nello stomaco.
    « Dobbiamo perquisire tutti, devono saltare fuori! »
    « Ma no, Göstaff… Se i cavalli non sono qui significa che li hanno portati via, e con loro i nostri soldi. Devono essersene andati nel cuore della notte, ti avranno tolto la borsa mentre dormivi e se ne sono andati al galoppo. Ormai è troppo tardi… »
    Il peso di quella semplice evidenza svuotò l’uomo di tutta la sua rabbia isterica.
    « Mi sono fatto derubare come un bambino… Mi hanno sfilato la borsa e ho continuato a sognare… E io dovrei essere un precettore! Dovrei essere incaricato della tua formazione, della tua sicurezza! Non sono altro che un miserabile imbecille. Un verme del fango! » Si lasciò cadere al suolo e prese a tirarsi addosso manciate di terra congelata. Kiryll cercava di fermarlo.
    «Cosa dirà vostra madre di me! Vent’anni, vent’anni che abito nella sua casa, mangio il suo pane, e appena mi onora della sua fiducia, mette nelle mie mani il suo bene più prezioso… » e si guardava le mani imbrattate di terra « io la deludo in questo modo! Non merito niente… »
    « Non dire così… Siamo arrivati fino a qui, io da solo non avrei saputo neanche come muovere il primo passo. E il tuo compito sarà soprattutto quello di farmi da guida nella società degli altri Presidi, indicarmi le città più belle, evitare che mi senta spaesato »
    « Sarà? Dite piuttosto che era! Dove possiamo andare adesso, a piedi e senza un soldo? Dobbiamo tornare a casa, e pregare i Numi di arrivarci! Ma è giusto così! Arriverò da vostra madre scalzo e lacero, e mi getterò ai suoi piedi chiedendo perdono »
    Kiryll si alzò in piedi, lasciando il suo padrino dov’era, e mosse qualche passo lontano da lui. Sentiva la gola stringersi in un nodo di delusione, temeva di mettersi a piangere anche lui. Ma lui non piangeva da anni, le lacrime gli si serravano sempre da qualche parte fra gli occhi e il naso, e gocciolavano giù, nel cuore, come lo scolo nero di una grondaia. Digrignò i denti per controllarsi.

    Il sole si stava ormai staccando dalla terra gelata, e i suoi raggi prendevano fiducia, iniziando a sciogliere la crosta di brina. I fumi che si levavano al mattino dalla piana dell’Etlerth erano accesi di una luce dorata così splendida da sembrare irreale. Ma la cosa più meravigliosa erano le montagne a sud. Ormai vicinissima, la catena di Shea era una muraglia ininterrotta di roccia, le cui estremità si perdevano a est e a ovest nella bruma. I picchi erano bianchi di neve scintillante, e le colline spruzzate di giaccio alle pendici sembravano un gregge di pecore riunite ai piedi di un esercito di pastori. Era una vista magnifica. Il ragazzo si riempì di quelle montagne, di quella luce, di quell’alba, si voltò e tornò dal suo precettore.
    « No, non torneremo indietro. Sono partito per il mio Tour, e non tornerò a casa senza aver visto le città di cui mi hai parlato. In qualche modo ce la faremo. I cavalli li avremmo dovuti abbandonare comunque, non potevano affrontare i valichi sulle montagne, e per i soldi ce la caveremo. Faremo dei lavori. Possiamo scrivere una lettera a casa e chiederne altri, se preferisci, oppure chiedere un prestito appena raggiungeremo una città dell’Est. Ma non torneremo indietro adesso »
    Il suo tono era così fermo e risoluto che Göstaff si calmò all’istante. La calma e la dignità di quel ragazzo che non aveva neanche le metà dei suoi anni dovettero fargli realizzare all’improvviso quanto fosse stato patetico a lasciarsi andare all’isteria, e senza una parola si alzò in piedi, si spolverò gli abiti e si pulì la faccia con una manica.
    « Come volete, signorino. Vado subito a trattare con il locandiere per il pagamento di stanotte. Sono certo che troveremo un accordo »


    Edited by T h e B a r d - 9/1/2020, 12:57
     
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