La gravità del suolo

Prima scena di Levin August Theophil von Bennigsen

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  1. Fëdor D.
     
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    Viaggiatore dei Mondi

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    Cosa diavolo volete che ci faccia qui? Pensò, Levin, pur senza pronunciarlo. A giudicare dalla lentezza e dalla difficoltà con cui avevano aperto il portone, quegli uomini non ricevevano visite da parecchio tempo. Un sorriso cominciò a dipingersi sul suo volto, mentre altre osservazioni passavano rapidamente nella sua testa; se non ricevevano visite da un po’, allora anche i loro contatti con mercanti e carovane dovevano essere stati limitati negli ultimi tempi: forse aveva trovato un modo per poter entrare. Si sfilò il cappuccio, così che fosse chiaro a tutti che di fronte si trovassero un vecchio che non poteva rappresentare alcuna minaccia, quantomeno ai loro occhi. Non che fossero ostili le intenzioni di Levin, ma non era certo una nobile morale a guidare le sue azioni e qualora ne avesse potuto ricavare un vantaggio, non avrebbe esitato un momento a considerare chiunque un nemico, in quell’insediamento.


    “Il mio nome è Levin August Theophil von Bennigsen”


    Disse, facendo attenzione a scandire ogni lettera del cognome, quasi servisse a darsi un’aria più importante. Poi chinò il capo e accennò un inchino. Riconosceva che in quel momento gli altri erano in una posizione di vantaggio rispetto a lui, e non aveva interesse nel provocarli. D'altronde era stato proprio lui a presentarsi al loro cospetto.


    “Un riparo e un ristoro per breve tempo; sarebbe una grande cortesia da parte vostra”


    Aggiunse, con tono gentile e l’intenzione di non lasciar trasparire neanche l’ombra d’un intento ostile. Al contrario, voleva insinuarsi in quell’accampamento, arrivare a essere considerato uno di loro. Non era abituato a stare tra la gente, lui, eppure non disdegnava un po’ di compagnia di tanto in tanto; ancor più la bramava in quel momento, essendoci la possibilità di perseguire il suo fine.


    “Discutere d’affari e mercanteggiare sarebbe invece mio sommo piacere”


    Terminò, tornando ritto: questa volta non voleva far trasparire alcuna sottomissione. Stava parlando con loro, da pari a pari. Nel suo sguardo, una viva luce di superbia si accese, quasi a ripetergli - fedele monito a se stesso: Levin, sei ancora vivo.

     
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