Pellegrinaggio alla Città Santa

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    "Io vidi l’angelo nel marmo e scolpii fino a liberarlo".

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    Laputa, Città Alta.
    Presidio Errante, Endlos.

    Il viaggio su Mirach non fu troppo diverso da quelli già vissuti -e superati- sul Naos. Per l'occasione, il Magisterium aveva creato un varco ad hoc in un piazzale di Laputa, così da tracciare una via rapida e sicura attraverso il Maelstrom, abbastanza minuto da permettere il passaggio del solo Gaspode. Era stato un eccesso di accortezza a dettare quella soluzione: timorosi della possibilità che qualcuno -da Mirach- raggiungesse Endlos, i Magistri avevano preferito generare un "foro dimensionale" discreto e non accessibile ad umani adulti; nel peggiore dei casi, attraverso quella piccola anomalia magica, sarebbe passato soltanto qualche roditore o animaletto selvatico... e si sarebbe comunque chiuso definitivamente al secondo passaggio di Gaspode, quello che lo avrebbe riportato a casa.

    Ricevute dunque le ultime informazioni necessarie al corretto svolgimento della missione, quali il punto di arrivo, le zone da raggiungere e quelle da evitare, il bastardino fu congedato da tutto lo staff come fosse un vecchio amico. In un certo senso, era proprio così: Gaspode avrebbe riconosciuto fra loro molti volti familiari, già incrociati durante il progetto Naos. Erano tutti tipi un po' strani, ma grandi lavoratori armati d'ingegno e passione come pochi altri.

    Raggiunto il piazzale con la sola compagnia di Dan, non gli rimase quindi altro che varcare la soglia... e sperare che filasse tutto liscio.

    Holy City - Mirach.

    La sensazione di nausea fu più lieve del previsto: nel momento in cui le zampette di Gaspode toccarono il suolo di Mirach, i raggi di un sole splendente raggiunsero rapidamente la sua pelliccia sporca, puzzolente ed arruffata. Doveva essere circa ora di pranzo e sembrava una giornata primaverile: gli uccelli cinguettavano, gli umani passeggiavano con indosso abiti leggeri ed una lieve brezza frizzantina sollevava pollini e petali di fiori colorati, regalando a chiunque passasse per quella via aromi floreali ed allergie stagionali varie ed eventuali.

    Guardandosi attorno, Gaspode poté notare di essersi materializzato in un parchetto ad accesso libero; si trovava all'ingresso di un'isola, collegata alla terraferma da un unico, grande e modernissimo ponte su cui sfrecciavano automobili, camion ed altri mezzi di trasporto. Oltre il ponte, era ben visibile una città molto moderna: non appariva stravagante quanto Codec, ma ricordava più il Bloodrunner, esattamente come aveva accennato Dan, giorni prima.
    In ogni caso, si trattava di un dato poco rilevante, visto che la sua meta era -invece- proprio sull'isola, oltre le mura di quella che prendeva il nome di Holy City.
    Agglomerato urbano molto antico -sulla cui altura più elevata sarebbe stato possibile ammirare la splendida magione dei Galanodel, in tutta la sua magnificenza- alla caduta del casato governante non aveva mai smesso di esercitare un grande fascino su nobili e potenti di tutto il mondo; da nodo politico e religioso si era agilmente tramutato in centro di arte e cultura a livello planetario.

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    Lo dimostravano le mura stesse, imponenti come poche altre e decisamente monumentali: alla sommità di ogni torre erano scolpite statue di guerrieri e grifoni alte poco più di dodici metri, intervallate da colonne e capitelli. Sarebbe stato perfettamente lecito -a quella vista mozzafiato- domandarsi quanto tempo e quanto denaro era stato impiegato per una simile opera architettonica, frutto di un genio senza pari.

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    Senza pari sarebbe apparso anche il continuo flusso di visitatori dalle più disparate culture ed etnie. In quella folla -che convergeva all'ingresso della città, lasciato aperto- c'erano turisti, mercanti, uomini d'affari, artisti, ricercatori ed una marea di religiosi in pellegrinaggio.
    Ciascuno di loro portava con sé una storia e delle solide motivazioni d'esser lì; non era infatti semplice raggiungere Holy City, ed anche se non era blindata quanto la magione abbandonata in cui Gaspode avrebbe dovuto rovistare, varcare la soglia non sarebbe stato semplicissimo. La fiumana di umani era infatti notevole e camminare fra tutte quelle gambe avrebbe portato non poche difficoltà a qualunque bastardino della sua dimensione.
    Peccato che Gaspode fosse tutto tranne che "comune".

    Turno 1

    Turno introduttivo con prima (lieve) difficoltà: le porte della città in cui si trova la magione dei Galanodel sono quasi totalmente intasate da una fiumana di turisti, pellegrini e persone di ogni tipo. La fila scorre... ma sono gli uni accatastati agli altri, e Gaspode deve riuscire a seguire il flusso per entrare in città.

    Avviso che, andando avanti con questa missione, ti fornirò volta per volta le informazioni che Gaspode già conosce, grazie alle ultime spiegazioni di Dan. In questo caso, posso accennarti la geografia generica del territorio: la magione Galanodel dovrebbe essere in una zona rialzata dell'isola su cui ti trovi e su cui sorge Holy City, al centro di un enorme lago.
    Quella che invece vedi in lontananza, sulla terraferma, è Night City: una città a parte, moderna, con grattacieli e tecnologie poco visibili su Endlos. Considerala come una moderna città americana. Holy City -invece- è di tutt'altro stampo: inutile spiegare come mai è considerata un centro culturale, calamita di artisti d'ogni tipo. Basta dare un'occhiata alle mura per intuirlo.

    Per ulteriori chiarimenti, sai dove trovarmi.
    Buon divertimento!

     
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    Città Alta, Laputa
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    Vorrei comprendere secondo quali criteri i magister di questo ciottolo sospeso a mezz'aria scelgono dove aprire i propri portali interdimensionali. Se per le missioni a Naos era stato creato un grosso portale nel bel mezzo dei latifondi, sotto perenne sorveglianza dello staff dell'istituzione, il mio passaggio per Mirach si trova invece in un piazzale qualsiasi. Sebbene sia a malapena grande abbastanza da permettere il mio passaggio ma non quello di creature più grandi, non colgo il motivo per cui non sia stato aperto nei pressi del Magisterium stesso o addirittura al suo interno – sarebbe stata una scelta più discreta e più facile da sorvegliare.

    Comunque, tornando alla missione, mi viene spiegato dove devo recarmi di preciso, e da quali aree sarebbe preferibile che io mi tenga alla larga. Ci sono volti e odori familiari nel gruppo che terrà tutto sotto controllo da Laputa, gente che sono sicuro di aver incontrato a Naos, ma evito di azzardare nomi nel congedarmi da loro.

    Vengo accompagnato al luogo della partenza dal solo Dan Mihai Simion. A quest'ora del mattino non c'è quasi anima viva: oltre a me e al mago, scorgo soltanto alcuni uccelli posati sui tetti e sulle grondaie del primo girone, e un paio di umani particolarmente mattinieri.

    Entro nel portale. Qualche secondo più tardi, uno di quegli uccelli scenderà in picchiata e mi seguirà al suo interno.


    Holy City, Mirach

    Oramai ai salti dimensionali c'ho fatto il callo. Il corvo accanto a me, invece, no. Lo guardo barcollare sulle zampette artigliate mentre apre le ali per mantenersi in equilibrio. Anche per lui la sensazione di stordimento durò comunque appena una manciata di secondi.

    Alzo gli occhi al cielo e mi rendo conto che è giorno inoltrato, e la temperatura mi fa pensare a un giorno di primavera qualsiasi del mio mondo natio. Sono – anzi, siamo in un parco pubblico. A poca distanza da noi un ponte di ferro e cemento armato collega quella che scopro ora essere un'isola alla terraferma. All'orizzonte, sempre in quella direzione, sorgono i grattacieli di una metropoli che mi ricorda Bloodrunner. O Chicago, se devo essere sincero.

    Gli umani attorno a noi sono pure vestiti alla maniera reminescente dello stile di quelle due città. Ora come ora però questo non è tuttavia rilevante, senza contare che c'è ben poco tempo che posso permettermi di perdere, grazie al modo del cazzo in cui il tempo scorre in questa dimensione.

    Così mi volto, e così anche il mio animale da compagnia, dal lato opposto, dove trovo le mura della mia destinazione: Holy City, la Città Santa. Casa Galanodel si ergerebbe sul più alto dei suoi colli. Io, però, non riesco a vederla con quelle mura colossali in mezzo ai coglioni.

    Abbassando il muro verso l'entrata, osservo piuttosto la folla che va e viene dal centro abitato, un fiume in piena di voci, gambe e ruote – e a due direzioni, mi viene da aggiungere. Zigzagarci in mezzo è tutt'altro che impossibile, ma neppure una passeggiata in solitaria nei boschi per un cane della mia età e stazza.

    Guardo Pigreco, il corvo, e lui capisce subito. Spicca il volo, e sfreccia verso il porticato. Io lo seguo a piedi con calma, cercando di farmi strada fra turisti e pellegrini, artisti e affaristi, e chi più ne ha e più ne metta, ora spostandomi sulla destra per schivare un passeggino, ora abbaiando e scoprendo i denti per scoraggiare uno stronzo dal darmi una pedata nei fianchi, e sfruttando i pochi secondi di sorpresa per dileguarmi prima che ci riprovi.

    Perché c'è un motivo per cui cane della mia stazza arriva alla mia età: è perché siamo dannatamente bravi in quello che facciamo.

     
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    Holy City - Mirach.

    L'aspetto monumentale di strade, giardini e palazzi sarebbe apparso quanto di più alieno un Endlossiano potesse concepire. Era una città palesemente antica, probabilmente la capitale di un impero molto potente, cosa che -effettivamente- era stata, almeno da quanto gli era stato rivelato da Dan. Come i più saggi sanno -però- ogni cosa è destinata ad un declino: dopo il suo apice di splendore, storicamente collocato ad almeno trecento anni prima, il mondo era andato avanti, così come la tecnologia, che aveva trovato il suo posto esattamente come i pochi semafori lungo il cammino o i binari dei tram, ben visibili fra le antiche pietre vulcaniche, disposte ordinatamente lungo la strada.

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    Dell'antica famiglia imperiale -che tale non si definiva propriamente, nonostante fosse un'autorità politica e religiosa in tutti i continenti- non era rimasto altro che il concreto ricordo dell'amore che avevano provato nei confronti dell'arte. Rimaneva anche il culto su di loro, ancora celebrato nei numerosissimi templi incrociati lungo il cammino, sempre aperti ai fedeli, e numerosi bastardi sparsi fra la nobiltà delle nazioni alleate; figli che -differentemente dai Galanodel di "sangue puro"- perdevano l'immortalità, rimanendo tuttavia assai longevi. Prodotto di accordi fra regnanti e poco altro, questi umani con sangue angelico avevano finito per trascorrere la propria infanzia nei numerosi collegi privati di Holy City, così da essere attentamente indottrinati ad un modus pensandi ben collaudato sul lungo termine ed in grado di tramutare vacillanti alleanze politiche in amicizie a dir poco "granitiche".

    Dalle parole e dalle espressioni di Dan, Gaspode aveva compreso facilmente quanto il Magister trovasse subdola tale pratica, ma ancora più astio era stato inavvertitamente mostrato nel momento in cui il giovanotto si era trovato a spiegargli che quella pratica era andata avanti anche dopo la distruzione del casato. Distruggere tradizioni antiche sarebbe stato troppo complicato, per non parlare del "sangue divino" di cui molte famiglie reali si facevano vanto; ciò che era nato come una prigionia, una gabbia mentale, era si era tramutato addirittura in un vanto, un'ulteriore cappio da utilizzare sui più deboli, per rafforzare il proprio comando.

    Quasi a conferma della tossicità di quell'ambiente, proprio in quel momento alcuni adolescenti di bell'aspetto ed in divisa scolastica tagliarono la strada di Gaspode, squadrando il cane sporco e puzzolente con lo stesso disgusto di un nobile viziato nei confronti dell'ultimo fra i plebei: se già i "cuccioli" riuscivano ad emanare una tale spocchia alla loro età, forse aver a che fare con i genitori sarebbe stato perfino peggio.
    In confronto a loro, Drusilia e Quarion sembravano dei santi.

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    Superato senza troppe difficoltà il primo quartiere, Gaspode riuscì finalmente a trovare una terrazza panoramica nei pressi di alcune aiuole ben tenute. Da lì riuscì finalmente ad intravedere per intero la vera e propria magione dei Galanodel.

    Era... gigantesca.
    Al termine di un meraviglioso ponte in pietra, unico accesso ad un'isoletta interna alla metropoli, un'enorme entrata dall'aspetto di due angeli in pietra accoglieva i visitatori -forse- col solo intento di ispirare devozione ed un fastidioso senso di inadeguatezza. La magione dei Galanodel consisteva in un complesso architettonico particolarmente compatto, ma elegante, che si slanciava in tutta la sua imponenza verso il cielo. Inutile soffermarsi troppo sulla scelta del tipo di architettura: era evidente quanto il potere di quella famiglia si fondasse innanzitutto sull'immagine e sul concetto di superiorità di una specie rispetto agli esseri umani. Un principio che -curiosamente- non aveva visto mai applicare a Drusilia o a Quarion.
    Quale fosse il motivo, sarebbe rimasto un mistero.

    Turno 2

    In realtà, anche questo è un turno introduttivo: ho preferito separarlo dal primo per non lanciare blocchi di testo infiniti tutti assieme.

    Come ti dissi prima, Dan ti ha fornito informazioni sulla "lore" del posto. Delle informazioni comprensibili, ma un sacco strane per chi si è trovato ad aver rapporti con Drusilia e Quarion, che con i Galanodel di quel mondo sembrano condividere davvero poco. Vero che ogni persona è un mondo a sé, ma di solito questo tipo di ambienti forgia individui almeno disturbati, o comunque con scale di valori decisamente fuori fase.

    La città, come accennato, è un mix fra antico e moderno: i palazzi e le opere d'arte in generale son rimaste intatte e ben curate. Si è però aggiunta della tecnologia, soprattutto per ciò che riguarda l'illuminazione pubblica, i trasporti, e forse qualche sistema di riciclaggio dell'acqua delle grosse fontane.
    Prosegui pure il tuo percorso fino a dove ti pare. Nel caso tu raggiunga il ponte (dopo almeno una ventina di minuti di cammino per la metropoli), fermati lì: il resto lo scriverò al prossimo turno. Se vuoi descrivere qualche scenetta con umani a caso che incontri, basta contattarmi, e posso descriverti azioni e reazioni dei vari cittadini/turisti.

    Per ulteriori chiarimenti, sai dove trovarmi.
    Buon divertimento!

     
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    C'è una mescolanza di elementi antichi e moderni tutt'attorno a me che mi fa pensare in qualche modo all'Europa. Mai messa zampa da quelle parti – che attraversarsi mezzo Mid West fino alla costa orientale per poi prendere un traghetto per il vecchio continente da Boston o da New York City non è né la più grande aspirazione di un randagio né un progetto particolarmente fattibile. Ciò non toglie che non ne abbia mai sentito parlare, ecco, specie vivendo in mezzo a gente originaria di lì.

    Sculture scolpite trecento e passa anni fa sorgono ai centri delle piazze lastricate in pietra, ma su quegli stessi percorsi coppie di strisce di metallo corrono parallele e si incrociano di tanto in tanto con altre, ora fondendosi e ora separandosi. Sopra di esse passano tram dall'aspetto quasi esotico, forse perfino più avanzati di quelli che non esistono nel mio mondo. Di fronte ai cancelli di antichi palazzi e giardini vedo schizzare qualche rara automobile.

    Ah, e per non parlare dei templi dedicati alla famiglia Galanodel sparsi per il borgo. Qui sono adorati come dei, e il che mi fa domandare per quale cazzo di motivo Drusilia e Quarion abbiano scelto di vivere su Endlos: se io sono qui, significa che possono tornare a casa anche loro in qualsiasi momento, casato distrutto o non distrutto; anzi, è stato Quarion stesso a inviarmi qui.

    Beh, non che sul semipiano godano di tanto meno potere e prestigio, a dire il vero. Credo che l'unico Galanodel purosangue che conta quanto il due di picche a una partita a freccette credo sia il gemello di Evangeline, ma da quel poco che lo conosco mi è parso di capire che non gliene freghi granché.

    Quanto ai mezzosangue, pare che dominino la vita politica locale. Però prima devono farsi gli studi in città, ed essere inseriti in qualche modo in qualche casato. A meno di politiche matrimoniali in stile Alabama, il loro sangue credo si sia oramai diluito parecchio oramai. L'averne qualche goccia pare sia rimasto tuttavia un segno di grande prestigio. Tipo una one-drop rule al contrario.

    Lungo il cammino quasi incoccio in un plotone di ragazzini che mi tagliano la strada. Si fermano, mi squadrano disgustati, io li squadro di rimando fino a quando non si stancano e se ne vanno. Niente di nuovo. Pigreco rimane su un lampione a sorvegliare la situazione. Solo quando si fanno macchie indistinte in lontananza realizzo con un certo divertimento che quei poppanti sono dei bastardini tanto quanto me.

    Primo quartiere, andato.

    Alla fine, dietro suggerimento del mio corvo, riesco a salire indisturbato su una terrazza panoramica, e in qualche modo riesco ad arrancare fino al parapetto. Da lì, riesco finalmente a scorgere la stramaledetta magione dei Galanodel. Gigantesca, tra l'altro, roba che né il Mastio né Lordaeron reggono il confronto.

    Qui mi viene da pensare che, anche tenendo conto della servitù, lì non poteva viverci una semplice famiglia nucleare. Là ci viveva tutto il clan, probabilmente, e il clan non doveva neanche essere piccolissimo.

    Sarà divertente orientarsi.

     
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    Holy City - Mirach.

    Ci volle ancora altro tempo per raggiungere finalmente l'isola, già ben visibile in lontananza, e sarebbe bastato seguire il flusso di visitatori per intuire i punti nevralgici presenti sul territorio. Gaspode riconobbe facilmente alcune strutture accennate dal Magister Simion, quali un enorme mausoleo, delle terme, ed una marea di templi dedicati ai figli di Ecatl. Curiosamente, l'enorme fiumana di pellegrini non oltrepassava mai la linea del ponte che collegava la magione vera e propria dal resto della città, limitando le proprie azioni a qualche preghiera, talvolta inginocchiandosi di fronte alla statua di un uomo dai lunghi capelli lisci, una corona sul capo e sei ali sulla propria schiena situata nella piazza antistante.

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    Non che non si potesse davvero procedere oltre il confine segnato dal bellissimo ponte. Semplicemente, non rientrava fra le pratiche tradizionali dei religiosi, evidentemente canonicizzate quando la famiglia di celestiali era ancora in vita ed abitava il maniero.
    Gli unici a percorrerlo erano infatti pochi turisti, solitamente laici, o qualche addetto ai lavori: Dan aveva infatti spiegato che quello era diventato in parte un sito archeologico, in parte patrimonio artistico dal valore inestimabile. Per questo, a qualche anno dal massacro, terminate le indagini sulla scena del delitto, avrebbe trovato comunque qualcuno a controllarne il perimetro.

    A conferma delle informazioni ricevute, al termine della lunga traversata, proprio di fronte ad una porta d'ingresso completamente spalancata (se si escludeva un cordone in velluto rosso) due guardie in divisa ed armate sostavano eroicamente sotto al sole già alto in cielo. I raggi dell'astro celeste diventavano infatti sempre più ardenti in quell'area, forse a causa delle pareti lucide e candide della struttura, che rifletteva la luce quasi come un prisma, generando involontariamente molto calore.
    Ironicamente, anche la testa pelata ed imperlata di sudore di una delle guardie fungeva in qualche modo da specchio, ma il proprietario non avrebbe probabilmente gradito quel tipo di osservazione.

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    -Ti assicuro che l'ho visto... e le riviste mi danno anche ragione!
    A parlare fu l'unica guardia dotata di folta capigliatura. Aveva un viso giovane e gentile, degli occhiali di buona marca, e sembrava intenzionato a combattere la noia con un po' di sterile chiacchiera.
    -Bellamy ieri era al RedCroix con Letta Lediotta!

    -Chi?- domandò l'altro, in verità meno interessato alla faccenda -Mai sentita.
    -Ma dai, impossibile! Parlo della signorina che all'ultimo Festival ha recitato quel bellissimo monologo sulla bellezza... la mia fidanzata si è sentita molto ispirata. Poi ha ragione: la bellezza capita, non è mica un vanto! -Ma parli della bionda con le bocce enormi e il naso rifatto? -Come sei scurrile... -Beh, non mi meraviglia. Bellamy è uno che ne capisce di sventole. Una botta a quella lì gliela darei anche anche ora, a digiuno e sotto al sole, con te che non ti stai zitto. -Ma ti pare il modo di parlare? Poi ti domandi perché una donna non ti dura più di due giorni... -Perché lo voglio. Ed anche Bellamy l'ha capito che è meglio cambiare. Vedrai che pure questa la farà schioppare tra un mese o due.
    Il quattrocchi sbuffò, visibilmente indignato, incrociando le braccia al petto e tornando a fissare davanti a sé con aria offesa. L'altro sorrise appena, forse soddisfatto di aver zittito il collega per almeno un'ora.

    Turno 3

    L'entrata principale agli interni della magione è fisicamente spalancata. Un cordone rosso, posto orizzontalmente all'altezza del bacino di un umano adulto, è l'unico elemento ad indicare che quell'ingresso è riservato a pochi. Un paio di guardie armate lo controllano.
    Scegli cosa fare: puoi usare le tue abilità per entrare, o provare ad esplorare il perimetro della magione.

    Per ulteriori chiarimenti, sai dove trovarmi.
    Buon divertimento!

     
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    Qui un tempio, qui delle antiche terme, qui un mausoleo, nulla di cui Simion non mi avesse già parlato prima della partenza. Ovunque, folle di pellegrini ammassati come chicchi di grano in un silo, ed ecco che cammino sempre sul filo del calcio nel culo. Calcio nel culo solo a volte del tutto accidentale, aggiungo, ma delle gracchiate ben modulate di Pigreco mi aiutano a schivarli tutti in tempo mentre avanzo ignorando tutto ciò che sembra attrarre invece i visitatori.
    Sono sorpreso e al tempo stesso sollevato dal vederli quasi tuti esitare davanti al ponte che porta a casa Galanodel: perlopiù si inginocchiano davanti al ponte e mormorano qualche preghiera, prima di andarsene, e solo una manciata decide di continuare. Questo mi dà più spazio per muovermi, ma meno copertura quando attraverso il ponte a mia volta – non che qualcuno faccia caso a me o cerchi di fermarmi.

    A fare da barriera fra me e il palazzone è un semplice cordone di velluto sorvegliato da due guardie in divisa armate di fucile. Simion aveva già accennato come quella magione immensa fosse stata nominata un sito di interesse storico e religioso, ma che al tempo stesso ci fossero – e ci sono tuttora persone a sorvegliarne il perimetro per ragioni di sicurezza. Come se ci fossero altri Galanodel da ammazzare da queste parti.

    Il giorno si è fatto più caldo, merito forse del riflesso dei raggi del sole sull'edificio bianco. Cerco un angolo all'ombra, e vicino ai piedi di una siepe sollevo un orecchio per origliare ciò che si stanno dicendo le guardie.

    -Ti assicuro che l'ho visto... e le riviste mi danno anche ragione! fa quello con i capelli e gli occhiali. -Bellamy ieri era al RedCroix con Letta Lediotta!
    “Chi?” mi domando io. -Chi?- mi fa involontariamente eco il pelato. -Mai sentita.
    -Ma dai, impossibile! Parlo della signorina che all'ultimo Festival ha recitato quel bellissimo monologo sulla bellezza... la mia fidanzata si è sentita molto ispirata. Poi ha ragione: la bellezza capita, non è mica un vanto!
    -Ma parli della bionda con le bocce enormi e il naso rifatto?
    -Come sei scurrile...
    -Beh, non mi meraviglia. Bellamy è uno che ne capisce di sventole. Una botta a quella lì gliela darei anche anche ora, a digiuno e sotto al sole, con te che non ti stai zitto.
    -Ma ti pare il modo di parlare? Poi ti domandi perché una donna non ti dura più di due giorni...
    -Perché lo voglio. Ed anche Bellamy l'ha capito che è meglio cambiare. Vedrai che pure questa la farà schioppare tra un mese o due.

    Questo scambio mi basta per capire che sono distratti e tutt'altro che in piena forma. Armi a parte, che non dovrebbero creare un problema, del tutto innocui. Dall'argomento non apprendo niente di utile sull'interno della magione, ma ciò non mi sorprende: non c'è nessunissima ragione per cui dovrebbero parlare all'aperto di cose a loro già note e stranote.

    Ammazzare quei due per entrare sarebbe eccessivo, e attirerebbe un sacco di attenzione non richiesta, pertanto escludo subito questa opzione idiota. Potrei cercare un ingresso secondario, ma il modo in cui scorre il tempo rispetto a Endlos non mi fa venire molta voglia di perdere altro tempo qua. Serve dunque un veloce diversivo, ma al tempo stesso voglio risparmiare quanta più energia possibile. Quindi...

    ...Alzo il capo verso Pigreco, che è posato su una balaustra a pochi metri da me.
    Distraili, gli dico mentalmente. Hai sentito cos'hanno detto, giusto?
    Il corvo replica con un “cra” di conferma, e spicca il volo. Svolta l'angolo, e non lo vedo più. Prima che abbia il tempo di domandarmi dove cazzo stia andando, si leva una voce dalla stessa direzione. La sua.

    « BELLAMY, SEI UN FEDIFRAGO! TI HO VISTO IERI, CON QUELLA SGUALDRINA DI LETTA LEDIOTTA! MALEDETTO, E AVEVI AVUTO PURE IL CORAGGIO DI DIRMI CHE MI AMAVI! LA VEDI QUESTA PISTOLA ORA, EH? LA VEDI?! IO TI AMMAZZO, TI AMMAZZO! »

    Fisso sbalordito il vuoto nella direzione del mio aiutante, e poi mi giro verso quelle guardie, per osservarne la reazione. Subito dopo scatto in piedi e decido di fingere agitazione mentre abbaio verso la direzione delle urla, le zampe tese e la coda ritta, nel caso i due non abbiano ancora recepito il messaggio.

     
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    Holy City - Mirach.

    « BELLAMY, SEI UN FEDIFRAGO! TI HO VISTO IERI, CON QUELLA SGUALDRINA DI LETTA LEDIOTTA! MALEDETTO, E AVEVI AVUTO PURE IL CORAGGIO DI DIRMI CHE MI AMAVI! LA VEDI QUESTA PISTOLA ORA, EH? LA VEDI?! IO TI AMMAZZO, TI AMMAZZO! »
    Il suono di quelle parole, amplificato dal tempismo con cui furono dette, ebbe sulle due guardie l'effetto di una doccia gelida. Con gli occhi sgranati e le labbra semiaperte, incredule, si fissarono per qualche secondo, forse prese dal panico. La verità era che si trovavano in una situazione decisamente inaspettata: non sapevano della presenza di Bellamy nella struttura, ma nulla escludeva che si fosse spostato in borghese e senza alcun annuncio, per questioni di privacy.
    Cosa avrebbero dovuto fare, dunque?
    Per qualche attimo, non ebbero l'aria di essere abbastanza intelligenti per capirlo da soli.

    L'addestramento ricevuto ebbe tuttavia la meglio sull'istinto, e -per la gioia di un Gaspode ben nascosto- si ricordarono del loro lavoro (nonché dovere) e di come si sarebbero dovuti comportare in situazioni di quel tipo. Il più coraggioso fra i due -caricata una pistola ben lucida, quasi quanto la sua testa- si lanciò quindi in direzione della voce appena ascoltata, più che deciso a salvare il Signor Bellamy da chicchessia. L'altro rimase di fronte all'ingresso della Magione ma, coinvolto com'era, non fece particolare caso alla porta alle proprie spalle, piuttosto seguì con lo sguardo il proprio amico, in ardente attesa di saperne di più al suo ritorno. Quello fu l'attimo perfetto per Gaspode: un breve scatto e si sarebbe ritrovato dentro senza destare alcun sospetto.

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    Del tutto privo di fonti di luce artificiale, ciò che di fatto costituiva l'ingresso della magione aveva l'insolita caratteristica di emanare in qualche modo luce propria. Quella sarebbe stata per lo meno la prima impressione per chiunque: l'intero spazio -in verità, decisamente esteso, considerando le dimensioni e l'altezza delle volte- emanava una pallida luminescenza, un chiarore lieve, ma netto, in grado di rendere ben visibile ogni singolo elemento lì presente -quasi fosse giorno e non vi fosse un soffitto a separarlo dal sole- senza tuttavia generare ombre di alcun tipo.

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    Espressione della geometria e della misura come fondamento dell'ordine universale, quell'opera d'arte -perché di questo si trattava- mescolava arti e scienza con magistrale precisione: la scelta delle forme, dei materiali e dei colori, unita a precisi calcoli e manodopera di veri professionisti, era riuscita a generare luce inesistente grazie ad un complesso gioco di riflessi. Perfino l'acustica era a dir poco perfetta: la melodia del suo passo leggero era ben udibile da chiunque, anche all'estremità opposta dell'enorme ingresso; come una musica lieve, le suole dei suoi stivali sul marmo lucido risuonavano come una lenta ed inesorabile marcia.

    -...
    L'improvvisa -invero, strana- consapevolezza di non marciare, tantomeno di non portare gli stivali per ovvie ragioni, riscosse il bastardino dal curioso stato di trance che lo aveva travolto nel percepire tutta quella luce.
    Tornato in sé, con le zampe ben piantate per terra, Gaspode avrebbe potuto anche sperimentare il forte disagio che solitamente seguiva le allucinazioni. Non c'era infatti nessuna luce soffusa in quell'ingresso: le uniche fonti visibili consistevano in riflettori puntati alla meno peggio lungo il percorso prestabilito che lo avrebbe condotto alla camera successiva, uniti fra loro da numerosi fili e cavi elettrici, gli stessi che avrebbe potuto osservare durante qualche visita guidata a tema spleleologico.

    Il marmo sul pavimento era scheggiato in più zone, addirittura frammentato nell'area immediatamente antecedente la successiva camera, quasi in quel punto ci fosse stata una spaventosa esplosione. Due colonne ornamentali erano collassate su se' stesse ed i blocchi scomposti erano ancora ben visibili sui lati del percorso, vicino alle pareti.

    Doveva aspettarselo, dopotutto. In quella reggia era avvenuto un terribile massacro: nonostante fosse stata ripulita dei corpi e del sangue, erano rimasti dei segni indelebili, attualmente oggetto di studio di più esperti.
    E... a proposito di esperti: Gaspode avrebbe dovuto non abbassare mai l'attenzione, procedendo con cautela. Per quanto "vuota", infatti, esisteva la remota possibilità di incontrare qualcuno.

    Turno 4

    Accade roba strana, ma è un turno squisitamente interpretativo.
    Descrivi inoltre come (in che modo) Gaspode intende proseguire la sua ricerca degli artefatti.

    Per ulteriori chiarimenti, sai dove trovarmi.
    Buon divertimento!

     
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    Passa abbastanza tempo fra la scenata di Pigreco e la reazione delle guardie che per un momento ho temuto che non avrebbero abboccato all'esca. Si scambiano sguardi a bocca aperta, indugiano, tremano, muovono passi incerti senza spostarsi dalla loro postazione; arrivo a considerare l'idea di dare loro una spintarella psichica per levarli di torno, ma proprio mentre inizio a concentrare il Potere necessario, il calvo scatta al soccorso di un Bellamy che non c'è. Troverà solo un corvo che avrà già smesso di parlare prima del suo arrivo, e che lascerà la scena in un frullare di ali.
    Quell'altro rimane alla sua postazione, ma è troppo distratto per fare caso a un cane che proprio in quel momento decide di sgattaiolare nella stanza oltre il cordone rosso. Io. Stavolta, però, Pigreco non può aiutarmi: un animale che si infila dove non deve è un incidente minore, due sono sospetti, specie se uno è un uccello – uno che tra l'altro si è già esposto per creare un diversivo. Quindi, sono da solo.

    All'interno, non posso fare a meno di notare che ogni parete, ogni nicchia, ogni colonna e bassorilievo, e perfino il soffitto brillano di un chiarore pallido, come se mi stessi camminando dentro una piccola luna. Cerco la fonte – anzi, le fonti della luce in lungo e in largo con il capo, senza tuttavia trovare niente, nulla che riesca a vedere attraverso il bagliore generale di quel posto. Tanto assoluto che niente, qui, proietta un'ombra, nemmeno il sottoscritto.

    Casa Galanodel doveva essere stata progettata affinché tutto fosse visibile e tutto fosse audibile. Man mano che procedo, si fa più distinto il rumore dei miei passi, e dei tacchi degli stivali che battono contro il marmo del pavimento...
    ...i miei stivali?

    Scuoto il capo e mi accorgo in ritardo di essere stato vittima di quella che non capisco se sia stata un'illusione o una suggestione. O forse un'allucinazione. Qualunque cosa sia stata, non ho percepito nulla fino a che non è subentrato l'effetto, e la mia mente non mi ha avvertito di alcunché nemmeno durante.
    Cerco un angolo nascosto alla vista di chi guarda nella magione dall'esterno, e guardo fuori. Non sembra essere passato troppo tempo dal mio ingresso al mio risveglio. Appollaiato di nuovo su una balaustra, Pigreco mi lancia un'occhiata che sembra significare “embè?”
    Mi giro dall'altra parte, e osservo come le uniche fonti di luce lì dentro siano in realtà solo una manciata di riflettori sistemati alla rinfusa, che illuminano unicamente alcuni angoli di interesse turistico. Gli stivali, però, continuo a non spiegarmeli. A meno che qualcuno non abbia saputo del mio arrivo e si stia muovendo per confondermi il più possibile le idee, o peggio. In quel caso sorgerebbero spontanee quattro domande: chi è, dove è, chi l'ha mandato, e perché.

    Annuso l'aria alla ricerca di esseri viventi sospetti nelle vicinanze e mi avvicino il più possibile a uno dei muri – sia per rendermi meno visibile, sia per offire, almeno in teoria, un fianco in meno a forze ostili. Salvo non escano letteralmente dalle fottute pareti, si intende. Se non troverò nessuno, continuerò ad addentrarmi con passi quanto più leggeri e lesti possano riuscirmi alla mia età.
    Cercherò quel benedetto artefatto una stanza alla volta.

     
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    Impeto e tempesta

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    "Io vidi l’angelo nel marmo e scolpii fino a liberarlo".

    (Michelangelo)


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    Holy City - Mirach.

    Il bastardino superò il primo ambiente senza ulteriori problemi, raggiungendo un corridoio in pietra molto simile agli spazi appena oltrepassati. Della lunga serie di statue raffiguranti angeli -racchiuse in eleganti nicchie, distribuite regolarmente lungo tutto il percorso- solo un paio erano rimaste quasi totalmente intatte, salvo un piede scheggiato ed una mano monca.

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    Nonostante gli onnipresenti riflettori e l'evidente strumentistica, tipica dei percorsi turistici, la magione dei Galanodel emanava un prepotente senso di desolazione. Era come un tempio sconsacrato, lo scheletro di una creatura estinta: nessun Figlio del Cielo avrebbe più illuminato quegli spazi con la propria presenza, nessun grande politico o soldato avrebbe calpestato le pietre antiche come un gradito ospite.

    In quella solitudine che l'abbracciava, un profondo senso di amarezza si sarebbe riversato nel suo cuore pulsante. Un sentimento strano, del tutto fuori luogo al contesto. Per quanto desolante, Gaspode non aveva nulla a che spartire con quella tragedia. Nulla.
    -...
    Eppure... eppure era lì. Era lì ad angosciarsi per qualcosa che non lo riguardava.
    Sollevando lo sguardo in un gesto automatico, Gaspode avrebbe disperatamente cercato conforto in una figura di fronte a lui. Una sagoma maschile, non esageratamente alta ed in livrea militare, dai lunghi capelli castani, mossi, e la presenza solida di una quercia. Una figura che non era lì, ma che Gaspode si aspettava di vedere senza ombra di dubbio.
    Una speranza tanto forte quanto il dolore che gli provocò comprendere di essere ancora solo.

    -Alceus...
    Si. Alceus: era esattamente quello il nome della Speranza.
    Una speranza che precedeva i suoi passi, spingendolo a guardare sempre in avanti, che gli dava spesso le spalle, concedendo riparo con la propria ombra e conforto davanti alla tempesta. Era quello il nome dell'unico fra loro che sarebbe dovuto diventare Re fra i Re, il solo a poter aprire le porte al futuro più brillante.
    Alceus era il nome della Speranza. Però non era lì. Non più.
    Quella magione non era più la stessa, senza di lui.

    Turno 5

    Il piccolo Gaspode procede con l'esplorazione, e degli strani sentimenti iniziano a renderlo più coinvolto sentimentalmente nei confronti della magione di quanto la logica o il buon senso possano suggerire. Sente che manca qualcosa. Poi si trova a ricercare istintivamente una presenza, ovviamente assente. Riesce anche a dargli un nome: Alceus.
    Peccato che nulla di tutto questo lo riguardi, compreso questo Alceus, che Gaspode sa per certo di non aver mai incontrato in vita sua.

    Per ulteriori chiarimenti, sai dove trovarmi.
    Buon divertimento!

     
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    Oltre l'enorme anticamera c'è un corridoio di pietra, nei muri del quale dozzine di incavi ospitano altrettante sculture di angeli perlopiù distrutte. Quella messa meglio ha un piede sbeccato, a un'altra ancora manca una mano, mentre altre hanno perso ora la testa, ora le ali, ora tutto il busto. Ce n'è una di cui non è rimasto altro che una pila di detriti, frammenti di marmo bianco sparpagliati sul piedistallo e poco oltre e mai gettati via.

    Avanzo ancora fra le macerie, che presumo essere tutti segni della battaglia avvenuta in questo castello una ventina d'anni fa, e che né le autorità né i custodi di questa scena del crimine fatta museo hanno mai osato rimuovere. In compenso, questi ultimi hanno piuttosto aggiunto: riflettori come quelli della stanza precedente a illuminare la distruzione qui intorno, come in una sorta di Schadenfreude contro il semi-divino; ci sono inoltre quelle recinzioni fatte di ottone e di corde di velluto tipiche dei musei, che stanno a una barriera allo stesso modo in cui un cartello stradale sta all'editto di un re.

    Ha un che di triste. Vorrei capire il perché, visto che quando i Galanodel venivano massacrati, io ero in un'altra dimensione a cercare di comprendere il funzionamento dei poteri che avevo da poco acquisito.
    Quando con gli occhi cerco una figura umana (umana? No, non umana) senza trovarla dove mi ero aspettato di vederla, comincio a collegare.
    Quando sento poi una fitta al petto, e un senso di solitudine che so non appartenermi, i miei sospetti si rafforzano.
    Quando sento il nome di “Alceus” rimbombare nella mia testa in una voce che non è la mia, ho la conferma definitiva della mia ipotesi.
    C'è un'interferenza. Qualcosa nel castello che sta cercando di entrare nella mia testa, forse senza neppure farlo apposta. Alceus, il Re dei Galanodel. La somiglianza con Drusilia è impressionante. Padre e figlia, mi verrebbe da dire. Quindi anche il padre di Quarion, a rigor di logica, nonché il nonno biologico di Evangeline – e di molti altri poppanti del semipiano.
    Continuo a procedere. Stavolta il mio passo si fa più svelto. E arrabbiato, per quanto arrabbiata possa essere una camminata.

     
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