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Sturm.und.Drang.
"Io vidi l’angelo nel marmo e scolpii fino a liberarlo".
(Michelangelo)Holy City - Mirach.
L'aspetto monumentale di strade, giardini e palazzi sarebbe apparso quanto di più alieno un Endlossiano potesse concepire. Era una città palesemente antica, probabilmente la capitale di un impero molto potente, cosa che -effettivamente- era stata, almeno da quanto gli era stato rivelato da Dan. Come i più saggi sanno -però- ogni cosa è destinata ad un declino: dopo il suo apice di splendore, storicamente collocato ad almeno trecento anni prima, il mondo era andato avanti, così come la tecnologia, che aveva trovato il suo posto esattamente come i pochi semafori lungo il cammino o i binari dei tram, ben visibili fra le antiche pietre vulcaniche, disposte ordinatamente lungo la strada.
Dell'antica famiglia imperiale -che tale non si definiva propriamente, nonostante fosse un'autorità politica e religiosa in tutti i continenti- non era rimasto altro che il concreto ricordo dell'amore che avevano provato nei confronti dell'arte. Rimaneva anche il culto su di loro, ancora celebrato nei numerosissimi templi incrociati lungo il cammino, sempre aperti ai fedeli, e numerosi bastardi sparsi fra la nobiltà delle nazioni alleate; figli che -differentemente dai Galanodel di "sangue puro"- perdevano l'immortalità, rimanendo tuttavia assai longevi. Prodotto di accordi fra regnanti e poco altro, questi umani con sangue angelico avevano finito per trascorrere la propria infanzia nei numerosi collegi privati di Holy City, così da essere attentamente indottrinati ad un modus pensandi ben collaudato sul lungo termine ed in grado di tramutare vacillanti alleanze politiche in amicizie a dir poco "granitiche".
Dalle parole e dalle espressioni di Dan, Gaspode aveva compreso facilmente quanto il Magister trovasse subdola tale pratica, ma ancora più astio era stato inavvertitamente mostrato nel momento in cui il giovanotto si era trovato a spiegargli che quella pratica era andata avanti anche dopo la distruzione del casato. Distruggere tradizioni antiche sarebbe stato troppo complicato, per non parlare del "sangue divino" di cui molte famiglie reali si facevano vanto; ciò che era nato come una prigionia, una gabbia mentale, era si era tramutato addirittura in un vanto, un'ulteriore cappio da utilizzare sui più deboli, per rafforzare il proprio comando.
Quasi a conferma della tossicità di quell'ambiente, proprio in quel momento alcuni adolescenti di bell'aspetto ed in divisa scolastica tagliarono la strada di Gaspode, squadrando il cane sporco e puzzolente con lo stesso disgusto di un nobile viziato nei confronti dell'ultimo fra i plebei: se già i "cuccioli" riuscivano ad emanare una tale spocchia alla loro età, forse aver a che fare con i genitori sarebbe stato perfino peggio.
In confronto a loro, Drusilia e Quarion sembravano dei santi.
Superato senza troppe difficoltà il primo quartiere, Gaspode riuscì finalmente a trovare una terrazza panoramica nei pressi di alcune aiuole ben tenute. Da lì riuscì finalmente ad intravedere per intero la vera e propria magione dei Galanodel.
Era... gigantesca.
Al termine di un meraviglioso ponte in pietra, unico accesso ad un'isoletta interna alla metropoli, un'enorme entrata dall'aspetto di due angeli in pietra accoglieva i visitatori -forse- col solo intento di ispirare devozione ed un fastidioso senso di inadeguatezza. La magione dei Galanodel consisteva in un complesso architettonico particolarmente compatto, ma elegante, che si slanciava in tutta la sua imponenza verso il cielo. Inutile soffermarsi troppo sulla scelta del tipo di architettura: era evidente quanto il potere di quella famiglia si fondasse innanzitutto sull'immagine e sul concetto di superiorità di una specie rispetto agli esseri umani. Un principio che -curiosamente- non aveva visto mai applicare a Drusilia o a Quarion.
Quale fosse il motivo, sarebbe rimasto un mistero..