Primo naufragio

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  1. Zenone
     
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    Tra il sonno e la veglia, in bilico.
    Rimani aggrappato.
    Scava con le dita, la presa non perdere.
    Un tonfo.
    Un secondo, e un terzo, fino a perdere il conto.
    Il mio sterno sbattuto dalla risacca.
    Polmoni d’acqua. Fiumi infiniti.
    Deliri a occhi aperti.

    Ora un’ombra si disegna nel cielo.
    Vortica, fulmina, s’arrampica m’assale.
    Non perdere la presa.
    Respira.
    Una voce dolce, un soffio nelle orecchie.
    Il vento che mi culla.
    Il vento che l’ombra dolcemente accomoda a terra.
    Leggiadra e sicura. Elegante.
    La presa. Non perdere la presa.

    Bestia strana e luccicante. Affusolata e metallica.
    Mai, prima di ora, qualcosa di simile.
    E vomita fuori un uomo.
    Sembra innocua.
    Lui un po’ meno. Si sbraccia agitato e costernato.
    Corre, si avvicina. La tuta che lo avvolge poco a poco se ne libera.
    Il copricapo, i guanti, la strana maschera.
    Non un uomo. Un ragazzo. L’età, più o meno la stessa.
    Respira.

    Il ragazzo parla. Kranathar si accarezza la pelle.
    Il blu che ora sopravanza il viola dopo quell’eternità acquatica.
    Suoni che escono sconosciuti. Parole incomprensibili.
    Vibrazioni nell’orecchio.
    Capogiro.
    Ripercussioni.
    Poi quelle parole si riallacciano.
    I suoni si ricompongono.
    Respira.
    Che cosa sta succedendo?

    Esattamente quello che anche l’altro gli sta domandando.
    Torrente d’ansia.
    Quasi fosse lui il più smarrito dei due. L’uomo sceso dal cielo.
    Una puntura nel cavo della mano destra.
    Qualcosa che preme per uscire.
    Non perdere la testa.

    Quella strana bestia metallica, ferma e immota.
    L’agitazione palese, incisa nel volto.
    La giovane età. (La più ambigua delle assicurazioni.)
    Kranathar decide che se quella è una trappola, il ragazzo è davvero uno splendido mentitore.
    Un mentitore morto, si promette.
    Scruta i dintorni. Poi lo fissa con i suoi occhi gialli.
    Tutto in sé è in rivolta. Si sente le ossa al posto del cervello e i muscoli ballare sulle budella.
    Domande cementificate in gola. Il morso vertiginoso della paura.
    Il pungolo alla mano che non mi molla.
    La presa. Non perdere la presa.
    Cerco di tirare fuori lo sguardo più fermo di cui dispongo.
    Di inchiodare questo singolo istante al movimento incessante del mondo.
    Non è il momento di avere paura.
    Mài.
    Inspira.
    Lo guarda.

    «Siamo al sicuro, qui? Né Belve né Preti hanno certo paura dell’acqua.»

    È solo un ragazzo.
    Fragile. Preoccupato.
    Assetato di certezze.

    Proprio come me.
    In bilico.



    Edited by Zenone - 29/8/2021, 12:51
     
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