[LAM] Il giovane guerriero.

Arruolamento Ryusang

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    "Il mio piccolo miracolo.
    Due minuscoli piedini, perfetti,
    irromperanno nella mia vita con un pianto.
    Paura, felicità, inadeguatezza,
    le sensazioni si accavallano.
    Piano piano tutto cambia, tutto torna.
    La vita che restituisce alla vita
    un miracolo
    che mi accompagnerà per sempre;
    Mio figlio".

    Barbara Scarinci

    Il sole in quel momento, ormai stanco, scendeva piano dietro l'orizzonte, bagnando di rosso cremisi il cielo. L'Albero Casa si era quasi svuotato e tutti coloro che vi lavoravano, probabilmente, avevano già raggiunto casa. Solo qualche assiduo e motivato burocrate era rimasto a finire le ultime pratiche, probabilmente rimaste poichè erano ancora in pochi a poterle sbrigare tutte nei tempi previsti. La Gilda era in espansione, e proprio a tal proposito il Gran Maestro, Drusilia Galanodel, seduta alla sua scrivania al quinto piano di quella strana torre situata nel Latifondo di Laputa, stringeva tra le dita affusolate un foglio di carta dove, attraverso eleganti caratteri in inchiostro nero, la Dama dell'Est aveva scritto una raccomandata per un aspirante Aviatore. Ed in effetti le referenze non erano male; era un guerriero che aveva subito inimmaginabili prove ed addestramenti, preparato e, soprattutto, sua conoscenza e persona di cui si fidava. In realtà bastava quella lettera per convincere la Galanodel ad accettarlo, tuttavia non avrebbe mosso un muscolo fino a che non lo avrebbe visto e parlato con lui; non poteva certo ammettere emeriti sconosciuti! Il foglio bianco passò alla sola sinistra, mentre la mano destra si posò su un ventre gonfio, ed in esso una piccola creatura che lei stessa aveva deciso di accogliere nella sua vita. Forse era la prima madre in grado di poter dire letteralmente di voler bene al proprio bambino prima ancora che nascesse, anche perchè, lei lo conosceva davvero, prima. Sospirò, ed in quella dolce posa attese l'arrivo del giovane, previsto per quella stessa sera.
     
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    Continua da Qui

    Camminava per le strade del latifondo con una leggerezza nell’animo che probabilmente nessuno gli avrebbe mai riconosciuto, guardando: era sempre stato un bambino taciturno e burbero, tanto che anche Kalia si era col tempo rassegnata a non vederlo mai gioire e meravigliarsi con la stessa ingenua spontaneità degli altri ragazzini. Era il prezzo per il fatto che fosse tra i più in gamba e i più svegli.
    La sua era un’inclinazione che affondava le radici in tempi ancora più remoti di quelli in cui aveva raggiunto l’età per maturare l’idea di raccogliere le sue cose e lasciare Miséricorde in cerca di fortuna, e... nonostante tutto, non era affatto cambiata: Ryusang era ancora il solito scontroso solitario di sempre.

    Solo un po’ più pigro, forse...

    Perché -dopotutto- non era pigrizia la sua: semplicemente, dopo tre anni passati a sopravvivere da solo come meglio poteva in un mondo spietato e selvaggio, aveva imparato ad apprezzare il valore di certe piccole cose che -prima della partenza da Istvàn- non aveva mai considerato importanti... quando non era intento a disprezzarle apertamente. Incredibile quello che la vita e il tempo possono cambiare.

    Al suo ritorno al nido si era sentito profondamente grato nel trovare abiti puliti e profumati di sapone -non quello schifo con cui era costretto ad arrangiarsi da solo-, e alcuni erano pronti a giurare di averlo visto quasi commosso quando l’Alfiere dell’Est lo aveva accolto a casa come un figliol prodigo... a nessuno aveva raccontato le sue disavventure, perché non voleva che fraintendessero, scambiando il suo ritorno per un
    ritiro. Lui non aveva rinunciato ai suoi sogni. Aveva solamente deciso di riposarsi un po’.

    Era stato più che ben disposto a trovarsi un lavoro, nel frattempo, e aveva accettato di buon grado la segnalazione della Dama Azzurra che lo indirizzava su quell’isola volante; magari, aveva sofferto un poco a dover di nuovo abbandonare il suo letto (Uno vero, eh: con un materasso, sollevato dal suolo... e con dei cuscini. Di piume! P-I-U-M-E!) per rimettersi in viaggio, ma per un posto fisso e ben retribuito certamente valeva l’impegno di quella trasferta.

    Kalia gli aveva scritto una lettera di presentazione, e un’altra aveva visto inviare tramite un corriere, quindi era abbastanza tranquillo in merito al colloquio: raccolte le informazioni necessarie, e seguite le indicazione di qualche passante occasionale, raggiunse l’edificio designato quasi al crepuscolo.
    Si lasciò indirizzare allo studio del Gran Maestro, e quando fu in piedi davanti ai battenti di legno, indugiò un istante, bloccandosi già con la mano sulla maniglia.
    Forse -si disse- era meglio bussare.
     
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    Gli occhi smeraldini della bella Dama si levarono alla finestra, mentre le labbra rosse e carnose si curvarono in un magnifico sorriso. L'avatar d'Amore, accarezzando per l'ennesima volta il ventre di mamma, posò il foglio bianco sulla scrivania in legno, per poi chiarirsi la voce. Per un attimo fu tentata di alzarsi, tuttavia da quando era in quello stato preferiva risparmiarsi sforzi inutili, più che altro per il bambino. Già, proprio quella creatura generata dal frammento di anima di Hamelin ancora libero dalla sua padrona e carnefice e dal suo desiderio di averlo con sè, accudirlo in modo che non potesse più soffrire. Che poi a volte si domandava come sarebbe stato, una volta rinato. A lei non riusciva facile immaginare una femminuccia, forse perchè lo aveva sempre visto come uomo avvenente ed affascinante, o forse perchè dentro di sè aveva sempre desiderato avere un maschietto come figlio. In ogni caso, qualunque fosse stata la decisione del fato, lei l'avrebbe accolta con immensa gioia, senza rimorsi o rimpianti; infondo l'amore di una madre è sempre uguale per tutti e lui, per quanto fosse stato diverso dai suoi desideri, restava Hamelin, il suo primo Cavaliere, ed anche il sangue del suo sangue. Un piccolo Galanodel purosangue, forse l'ultimo.

    Trasalì quando udì bussare alla porta,
    non tanto per il suono improvviso quanto per un rumore di campanelle d'argento
    molto, molto simile a quello che avvertiva solo lei quando incontrava Raylek o Kalia.
    Che fosse uno dei suoi fratelli?

    -Avanti, avanti.

    Rimase seduta, in attesa che il giovinotto aprisse la porta.

     
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    -Avanti, avanti.

    Un tintinnio argentino salutò il suo ingresso nella stanza, e il primo riflesso del ragazzo biondo fu sollevare lo sguardo verso lo stipite della porta, probabilmente immaginandosi di trovarvi l’origine di quel suono puro come il cristallo: magari ci avevano messo un campanello -come negli empori- o un acchiappasogni...
    Ma... No, non c’era niente.

    Quando abbassò gli occhi azzurri ad un livello più umano, la sua attenzione ricadde sulla figura aggraziata di una donna bellissima, che occupava il posto dietro una massiccia scrivania dall’aria imponente con la rilassatezza di chi è esattamente al suo posto.
    Immediatamente il suo volto giovane e imberbe si contrasse in una smorfia accigliata e truce... come tutte le volte che si sentiva in imbarazzo. Era quello il suo modo di fare:
    nascondere i sentimenti teneri dietro una facciata di burbero distacco.

    In una lotta contro se stesso, cercando di non tradire l’improvviso nervosismo che gli irrigidiva le membra e che gli faceva sudare i palmi delle mani, il giovanotto avanzò fino alla scrivania, ostentando un passo sicuro e misurato -ma forse un po’ legnoso- costringendosi a tenere gli occhi cerulei fissi su quelli verdi della ninfa. Sugli occhi e niente altro.

    « Il mio nome è Ryusang; sono stato inviato qui da Istvàn -la Cittadella della Luce,
    sotto il domino di Lady Kalia Menethil, l’Alfiere dell’Est... »


    Così si presentò il giovne, esibendosi in un inchino formale che allontanò l’immagine della donna dai suoi occhi ma non dai suoi pensieri; ancora non aveva notato il suo stato, ampiamente ed eloquentemente descritto dal ventre prominente e tondo.

    « Sono qui per conferire con il Gran Maestro degli Aviatori. »
     
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    La Dama del Vento sorrise lieta, facendo segno al giovinotto di accomodarsi alla sedia innanzi a lei. Era il primo ragazzino che entrava in gilda, oltre Fay, ovviamente, ma quello poteva considerarsi un caso a parte. Era giovane, biondo, occhi chiari, un vero principe azzurro; chissà se sapeva destreggiarsi con una spada ed una cavalcatura. Beh, Kalia aveva parlato bene di lui, dunque per lei restava solo accertarsene e tranquillizzarsi, si, perchè il posto che gli aveva riservato richiedeva una buona padronanza delle armi e creature alate quali grifoni. Per la seconda, che sicuramente non aveva, avrebbero lavorato successivamente. Ovviamente non lasciò trasparire nulla, la donna, guardandolo come se lo stesse analizzando solo in quel momento, fingendo di non possedere abbastanza informazioni su di lui; sarebbe stato divertente osservarlo mentre si presentava per il suo "colloquio di lavoro".

    -Beh, se cerchi il Gran Maestro lo hai trovato!

    Sorrise benevola.

    -Dimmi, giovanotto, per quale ragione hai deciso di venire fin qui?

     
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    La donna gli sorrise con benevolenza, facendogli segno di accomodarsi, e lui fu ben lieto di accontentarla con solerzia: non tanto solo per compiacerla, ma anche perché era passato ancora troppo poco tempo dal suo ritorno alla civiltà da quei viaggi tribolati per farlo perdere in complimenti e convenevoli
    davanti agli omaggi e alle comodità.


    Beh, se cerchi il Gran Maestro lo hai trovato!
    Dimmi, giovanotto, per quale ragione hai deciso di venire fin qui?


    Fissò la donna in volto, e piegò un angolo della bocca in un sorriso teso e nervoso: dopotutto, per quanto musone, asociale, ombroso e taciturno fosse, il biondo non poteva esimersi dal parlare in quell’occasione; quello era un colloquio di lavoro -per il suo posto di lavoro-, e per avvalorare la lettera che Kalia doveva aver già spedito -perché fosse lì prima del suo arrivo-, non aveva altra scelta che far valere la sua voce e i suoi pochi bistrattati talenti.

    « Sono nativo del presidio Est, e sono da poco tornato da un viaggio d’istruzione... »
    con o senza apostrofo, col senno di poi, faceva poca differenza
    « Ero alla ricerca di un lavoro, e la Dama Azzurra mi ha segnalato la vostra Gilda. »
     
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    Portò entrambe le mani al ventre, mostrando un'espressione quantomeno pensosa. E' vero, magari era stupido, ma si divertiva come una matta fingere di non sapere le cose. Più che altro le piaceva osservare i comportamenti degli altri, così diversi tra loro che non sarebbe bastata un'enciclopedia ad elencarli tutti.

    -Ah.... capisco, capisco.
    E tu cosa sapresti fare, di preciso?


    Lo spiò con la coda dell'occhio, sogghignando tra sè. E pensare che aveva già trovato il lavoro da assegnargli.

     
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    Sovrappensiero, il Gran Maestro portò le mani sul ventre -grande e tondo- con fare carezzevole, e fu in quel momento che il biondo parve accorgersi dello stato interessante della donna: era stato così distratto da quel volto stupefacente, che aveva prestato ben poca attenzione al resto...

    Ah.... capisco, capisco. E tu cosa sapresti fare, di preciso?

    Ed eccoci arrivati alla domanda fatidica.
    Difficile, perché gli richiedeva di vendersi al meglio... e lui non amava parlare.
    Trasse un respiro profondo e annuì un cenno d’assenso prima di prendere la parola.


    « Avendo viaggiato, ho dovuto imparare sul campo le usanze e le lingue di popoli diversi... e... »
    annaspò un istante, in cerca di argomentazioni valide a guadagnarsi un ufficio
    « ...e so leggere e scrivere... e trattare: sì, so mercanteggiare. »
     
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    La dama portò le mani davanti alla bocca, scrutandolo con occhi intelligenti e profondi. Era curioso che non avesse parlato di armi; evidentemente ne aveva passate tante per esser solo un ragazzino. Bene, le piaceva, ed era ora che si presentasse un cavaliere istruito; doveva dare il buon esempio...insomma! E sul mercanteggiare... ci credeva poco. Sembrava troppo taciturno per essere tendente al logorroico come un Blu puro quale era, ad esempio, Yang. La dama Annuì senza commentare, poi continuò.

    -Ed oltre a... mercanteggiare, in questi viaggi hai fatto qualcosa?
    Tipo non so, impugnare un'arma?

    Continuò a fissarlo, tutta intenta a cogliere ogni sua reazione, ogni suo movimento, ogni sua parola.
     
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    -Ed oltre a... mercanteggiare, in questi viaggi hai fatto qualcosa?
    Tipo non so, impugnare un'arma?


    Quella domanda mirata non gli piacque affatto. Perché gli faceva sapere che lei sapeva.
    E le opzioni -a quel punto- si biforcavano in un bivio fatale che sarebbe potuto costargli molto caro: avrebbe potuto dire la verità e ammettere la sua familiarità con la spada e le attitudini nel combattimento non-convenzionale, oppure... avrebbe potuto bluffare, e negare ogni passato trascorso guerresco.

    Ma questo avrebbe significato mentire, e la cosa poteva rivelarsi molto controproducente a lungo andare; l’ultima volta che lo aveva fatto, cioè quando -appena tornato- si era presentato a Kalia raccontandole che il viaggio era andato
    benissimo, la magia di cui era impregnato il ciondolo che l’Alfiere portava al collo l’aveva sbugiardato in un nanosecondo.

    Certo, non poteva essere certo che anche quella donna disponesse di mezzi per rilevare le frottole a naso, ma se -puta caso- così era, mentirle al primo incontro non era una gran furbata; senza contare che poi, diciamocelo, con la fortuna che aveva ultimamente, davvero non se la sentiva di rischiare.


    « Mh... Beh... Sì... »
    ammise a denti stretti, facendosi scuro in volto

    In entrambi i casi, il sogno di un posto di lavoro tranquillo al di là di una scrivania
    diventava sempre... sempre...
    sempre più lontano...
     
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    La Dama ridacchiò allegramente. Evidentemente il ragazzino non era tanto convinto delle sue capacità e di ciò a cui davvero poteva aspirare. Perchè se la Kalia lo aveva mandato a lei, c'era una ragione, la stessa per cui Drusilia stessa lo aveva accettato nelle sue schiere. E si, scegliendo di non mentirle era stata una buona mossa, anche perchè la verità prima o poi viene sempre a galla.

    -Capisco capisco.

    Si alzò piano, portandosi le mani alla schiena per fare contrappeso con il ventre gonfio, per poi avvicinarsi a lui, posando una mano sulla spalla del giovanotto. Gli sorrise tranquilla, come se quello di cui avrebbero parlato di lì a poco sarebbe stato "normale". Beh, il ragazzino avrebbe dovuto farci l'abitudine, considerando il soggetto con cui aveva a che fare... non per niente era la Dama del Vento.

    -Per caso ti piacciono gli animali?

    Il sorriso sul bel volto si sarebbe curvato in una espressione di pacata malizia.

    Tipo non so... ti piacerebbe accarezzare un grifone?

     
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    -Capisco capisco.

    La dea dai lunghi capelli castani si alzò in piedi, facendo leva sulla schiena per controbilanciare il ventre gravido, e Ryusang scattò in piedi a sua volta perché muoversi per aiutare quelli intorno a lui era rimasto un riflesso condizionato, un’abitudine che -seppur maturata nell’infanzia- non lo aveva mai lasciato nemmeno durante il suo tribolato viaggio.
    I più grandi badano ai più piccoli, e i più forti sostengono i meno forti.
    Così funzionava a Miséricorde.

    Ma la donna non ebbe bisogno del suo aiuto, così il giovane biondo si riaccomodò pesantemente al suo posto, sentendosi stupido per essersi mosso inutilmente; quando Drusilia fu accanto a lui, sorridente come un angelo, per posargli una mano sulla spalla, il volto del Nibbio era ancora teso e imbronciato come un bambino che scopra di non avere voce in capitolo nel gioco a cui partecipa.


    -Per caso ti piacciono gli animali? Tipo non so... ti piacerebbe accarezzare un grifone?

    Ryusang impallidì, e le labbra si serrarono in una linea sottile fin quasi a scomparire.
    Da bambino aveva sentito spesso raccontare a Kalia le storie epiche dei Cavalieri del suo mondo perduto: dell’Alleanza umana, degli Arcimaghi di Dalaran, dei coraggiosi Ranger di Quel’thalas, e dei guerrieri Nani che cavalcano i Grifoni... parlarne sembrava lenire la malinconia della Dama Azzurra, e al contempo accresceva i sogni di gloria e i desideri cavallereschi del suo auditore...

    Eppure, la prima e l’ultima volta che ne aveva visto uno con i suoi occhi risaliva a quando lavorava come stalliere in una locanda: il vecchio nano ubriacone che ne aveva addomesticato un cucciolo gli aveva ingiunto di preparalo per la notte, lavarlo, e strigliarlo... e lui aveva ingaggiato una battaglia senza quartiere durata fino all’alba per riuscire nell’impresa.

    Alla fine l’aveva spuntata... ma il taverniere gli aveva detratto la paga di una settimana per il baccano e i danni inferti al fienile; lui ci aveva buscato tanti graffi e unghiate da restare ammaccato e dolorante per un mese, senza considerare il rischio corso dacché un morso di quella bestiaccia per poco non gli aveva asportato un braccio, lasciandolo invalido.

    E il nano aveva criticato il suo lavoro “pasticciato” e alla fine non lo aveva neppure pagato.

    « Effettivamente, non mi spiacerebbe... »
    tastò cautamente il terreno, guardando di sottecchi le iridi di smeraldo
    « ...ma i grifoni non mi paiono animali molto propensi a farsi accarezzare. »

    Scrollò le spalle, ostentando indifferenza sebbene in quel momento stesse morendo dentro: il sogno di un lavoro d’ufficio sembrava andare ormai irrimediabilmente alla deriva; il discorso era andato in una direzione diversa da quella che aveva sperato, ma lui era un uomo, e da vero uomo aveva l’obbligo morale di fare almeno un ultimo tentativo verso ciò che desiderava.

    « Allora... »
    riprese, sforzandosi di sorridere e cercando di essere convincente
    « ...adesso mi mostra il mio ufficio? »
     
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    Ah, che bello, il giovanotto amava gli animali!
    Perfetto, ora era sicura del posto da assegnargli.

    La bella dama dai lunghi capelli si allontanò alla porta, facendo segno al nuovo associato di seguirla. Al primo movimento del biondino avrebbe fatto strada ad una scala a chiocciola che quasi pareva non finire; in realtà il fondo era ben chiaro, tuttavia la distanza di un piano sembrava... esagerata. Sì, esagerata. Come raddoppiata a dire il vero, quasi passasse oltre ad un altro misterioso "piano" a cui, almeno per ciò che si poteva vedere, non v'era un qualcosa che vi permettesse l'accesso. Forse il ragazzino l'avrebbe notato, o forse no, l'importante era ciò che era alla fine; luce abbagliante lo avrebbe travolto come un'onda ad un castello di sabbia, e da lì, pian piano, si sarebbero distinte meglio le fronde di un albero che, a quanto pareva, sostituivano il tetto. Proprio lì avevano nidificato i Grifoni, splendide creature, e sostavano in loro presenza cose se vedere umani insieme a loro fosse una cosa normalissima.

    -Non temere, caro.
    Avvicinati pure, sono addestrati.


    Ne avrebbe indicato uno, in attesa che il ragazzo si avvicinasse.
    E se lui avesse ricacciato la questione dell'ufficio, la risposta sarebbe stata una sola:

    -Beh, è questo il tuo ufficio!


     
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    Non ricavò un buon pronostico il luccichio che scorse negli occhi verdi della donna, ma Ryusang non fu certo del fatto che si trattasse di un presagio reale o piuttosto -semplicemente- di una sua impressione dettata dalla paranoia; il Gran Maestro si era infatti alzato subito dopo, dirigendosi alla porta d’ingresso, invitandolo con un cenno soave della mano a seguirla.
    Con sospiro teso, il Nibbio si sollevò in fretta dalla sedia e l’assecondò.

    Si lasciò condurre su per un lunga -lunghissima!- e interminabile scala a chiocciola, e in cuor suo il biondino non poté fare a meno di pensare che avrebbero pure potuto far mettere un comodo ascensore, come quelli che aveva visto a Garwec o che sapeva esserci nella metropoli di Klemvor.
    Ad ogni modo, anche quell’inerpicata ebbe termine, e quando fu emerso dall’ultimo gradino una luce abbagliante abbacinò i suoi occhi cerulei: la tromba delle scale aveva ceduto il passo alle fronde di un enorme e rigoglioso albero, e se già quello spettacolo lo lasciò a bocca aperta, ancora più impressione gli dette il trovarsi attorniato da quelle bestie imponenti, maestose, e -il ricordo della nottataccia nella stalla lo travolse-
    terribili.

    I Grifoni sembravano del tutto incuranti della sua presenza -anche perché, in effetti, che minaccia poteva rappresentare un ragazzino che sarebbero stati in grado di schiacciare con una zampata?-, ma il suo nervosismo tutto umana si incanalò invece nei gesti abitudinari a cui il suo addestramento militare l’aveva istruito: portò la mano all’elsa della katana, che gli pendeva al fianco, ma -per fortuna- la voce della Dama dei Venti giunse con tempismo impeccabile a trattenere il suo istinto guerriero.

    -Non temere, caro. Avvicinati pure, sono addestrati.

    « Uh... Ah... Sì... »

    Il giovanotto borbottò appena quei monosillabi, allontanando la mano dall’arma e avvicinandosi con movimenti lenti e cauti all’esemplare che gli era stato indicato, con sul volto l’espressione truce, ombrosa e un po’ seccata di chi prova per la prima volta un’esperienza nuova che non l’entusiasma affatto. Poi, la voce di Drusilia lo gelò.

    -Beh, è questo il tuo ufficio!

    Reso ancora più lento dalla fredda morsa che gli afferrò il cuore -o forse era soltanto l’irrealtà di quel momento a fargli sembrare il flusso del resto del creato quasi alla moviola- il Nibbio ruotò la testa verso la donna castana e le rivolse uno sguardo degli occhi azzurri, sbarrati nella sorpresa.
    Dilatati come se non fosse certo di aver capito quello che gli era stato detto.

    « ...eh? »
     
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    La Dama ridacchiò di gusto nel vedere la faccia stupita di quel grazioso ragazzino; gli occhi chiari e sbarrati ancora la fissavano sconvolti. Lei gli si avvicinò, e se lui glielo avesse permesso, avrebbe portato le mani candide al bel viso, accarezzandolo, ed infine le labbra rosse avrebbero stampato un gentile bacio sulla sua fronte. Quello era il battesimo che ricevevano i nuovi aviatori, lui compreso, simbolo di benedizione e protezione da parte della Dama; ciò significava che ormai per lei sarebbe sempre stato come un figlio, e Drusilia lo avrebbe istruito ed accudito come tale, rendendolo un guerriero forte e fiero e chissà... magari un giorno sarebbe potuto diventare qualcosa di più. Magari un eroe.

    -Sei un Cavaliere, giovane Ryusang.
    Sei un Cavaliere del Cielo.


    Avrebbe sorriso dolcemente, scrutando il giovane volto del Nibbio.

    -Non avere paura, sono creature intelligenti.
    Scegline uno, da ora in avanti sarà il tuo fedele compagno.
    Se ne avrai rispetto ti aiuterà, sostenendoti in ogni battaglia.
    Se lo amerai, sarà il tuo migliore amico, e ti seguirà ovunque tu scelga di andare.



    Edited by Drusilia Galanodel - 19/10/2010, 23:12
     
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