[EM] Epica Aristoteleia

Capitolo III

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  1. Dracace
     
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    Davanti agli occhi dello straniero si spalanca l’affascinante e indomita Merovish. Il sostanzioso tragitto intrapreso gli permette di assaporare a fondo l’unicità e la straordinarietà della città sotterranea. Attraverso gallerie ora buie, ora illuminate da torce o pozzi a cielo aperto, la caotica struttura urbana si srotola sotto il loro incedere. Fin da subito gli viene mostrato come l’intricata matassa di cunicoli non sia un ordinato intrecciarsi ma un confusionario ammasso di curve, deviazioni, interruzioni e ramificazioni accavallatesi nel corso dei secoli. Ogni metro sottratto alla terra era stato faticosamente scavato, conquistato con sudore e fatica. In un certo senso lo stesso spirito combattivo lì aleggiante può in parte essere spiegato dall’origine ribella toccata al cuore della Terra Ostile.

    Le persone che i due incontrano durante la camminata rappresentano in pieno il cittadino medio di quelle lande sotterranee: bruti inselvatichiti dalla dura vita del Presidio Sud, armati fino ai denti e quasi sempre di pessimo umore. Nessuno li degna di uno sguardo, se non per lanciare una smorfia di disgusto in direzione del Funambolo. Questo, ancora sotto il controllo di Raem, procede veloce, sicuro nei movimenti, completamente a proprio agio nel selvaggio ventre del sottosuolo. La conversazione, un po’ a causa delle difficoltà di reciproca interpretazione, un po’ per la marcia sostenuta, fatica a decollare e si limita a un rachitico intercalare.

    Più il percorso porta il duo in profondità, più il caldo secco dello Yuzrab si attenua, fino a scomparire del tutto e a venir sostituito da una ben accetta frescura. Finalmente l’incessante incedere rallenta, essendo ormai prossima la meta, e la conversazione può cercare un nuovo punto di partenza. Pochissime delle innumerevoli domande che frullano nella testa all’evocatore possono ottenere una risposta breve e da lui facilmente comprensibile. Per questo motivo, e non per la fasulla cortesia che denota la sua voce, le richieste sono rivolte sulle aspettative dell’oplita.

    Cosa fare tu bene? Quale lavoro può dare te denaro?



    Edited by Dracace - 6/5/2011, 20:59
     
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    Affascinante e misterioso era il panorama sotterraneo che nasceva dal cunicolo che Ariste e Raem poco prima avevano lasciato e si sviluppava ad ogni loro passo che li avvicinava sempre di più al cuore pulsante di quelle terre: la Mer-o-Vish del Sud.
    Intrecci di tunnel senza alcun piano urbano predefinito, semplicemente un mondo nascosto in balìa di qualsiasi forza fosse in grado di plasmarlo e modificarlo.
    Un formicaio disorganizzato.

    Gli abitanti del sottosuolo, poi, sembravano essere il riflesso di questo contorto ed aspro mondo: esseri dall'aspetto terribile e dall'umore pessimo.
    Fortunatamente, nessuno li importunò.

    Man mano che l'acrobata e l'oplite si addentravano nel profondo dei cunicoli, Aristotelis ammirava quel complesso di tunnel e aree adibite a luoghi "all'aperto" scrutandone con lo sguardo ogni minimo anfratto visibile -cosa ben difficile, a causa della non eccelsa illuminazione.
    Ciò che lo fece stare meglio, comunque, fu il calare della temperatura, ora perfettamente sostenibile ed anzi godibile.

    Dopo aver sostenuto un ritmo di marcia piuttosto elevato, il quale causò non poche difficoltà all'oplite non al massimo della forma, l'incedere si quietò.
    Si stavano forse avvicinando alla meta?

    Delle domande scossero il soldato, assorto nello studiare le varie stranezze della città sotto terra.
    Le risposte erano semplici da dare, non c'era dubbio. Eppure, su Endlos tutto quello che l'oplite sapeva fare certamente non sarebbe mai bastato a permettergli di vivere. Tanto meno di sopravvivere.

    Difatti, sebbene Ariste rispose sicuro nel tono e nei modi, non lo era altrettanto nell'animo.
    Io sono un oplite. Sono un soldato. Combatto.

    Nel dirlo portò davanti a sé la spada, osservandola appassionatamente.
    Quell'arma, così semplice ed allo stesso tempo così importante, gli dava sempre coraggio e fermezza di spirito.

    Combatto per vivere. Non so quanto questo mi aiuterà qui. Questa è terra di magia!

    L'ultima frase, detta con enfasi, era una chiara citazione di Raem, intesa a sottolineare quanto tutto era ancora maledettamente incomprensibile per l'oplite.
    Già, quale lavoro avrebbe potuto aiutarlo, lì? Non ne aveva assolutamente idea. Lui stesso non aveva altre particolari vocazioni.

    Tu sai cosa potrei fare, in terra di magia?

     
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  3. Dracace
     
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    Ormai la coppia di combattenti ha imboccato l’ultimo svincolo e di fronte ai due svetta una porta di legno massiccio, alta poco più di due metri, provvista di pesanti giunzioni in metallo. L’evocatore è più che mai intenzionato a troncare la poco stimolante conversazione nel modo meno scortese, per potersi dedicare con la dovuta attenzione al vero motivo di quella prima tappa : procurarsi nella più grande biblioteca del presidio del Sud i testi necessari per le reciproche ricerche. Inaspettatamente gli giunge in soccorso il suo alter ego, appena ripresosi dalla forte pressione provocata dalla Fame. Ancora un po’ scosso e scombussolato, si ritrova al fianco dell’oplita, un perfetto sconosciuto dalla bizzarra armatura e dall’incomprensibile parlata. Col suo fare schietto e diretto, il giovane cerca di ottenere spiegazioni riguardo il nuovo arrivato.

    E questo da dove salta fuori? Ma soprattutto, perché sta conversando con te e che razza di lingua state parlando?

    Sollevato dalla facile scappatoia ottenuta, ne approfitta per eludere la domanda del greco facendo le presentazioni, non prima di aver ragguagliato il convivente del corpo decomposto sugli ultimi avvenimenti.

    Codesto, mio caro ragazzo, è Aristotelis, un naufrago poc’anzi giunto a Merovish. Abbiamo vicendevolmente concordato di apportarci reciproco soccorso. Mentre io verrò erudito sulla sua terra natia, lui riceverà i più basilari ragguagli sulla città sotterranea.



    Ecco, mi sembrava strano che tu stessi aiutando un “popolano” in difficoltà senza ottenere niente in cambio

    Raem ignora il commento tagliente e si affretta a spiegare al guerriero la provenienza e la motivazione di quella seconda voce.

    Voce sentita tu provenire da me. Stregoni resuscitato corpo di ragazzo e messo mia anima dentro.

    Ah, eccoci! Questa seconda biblioteca più grande del Regno. Trovare qui quello che utile a noi per nostri dubbi.



    E così, senza soffermarsi oltre, spinge con forza il pesante portone e spalanca le porte della conoscenza di fronte al compagno. La sala in cui entrano è una caverna di impressionanti dimensioni, completamente riadattata per mezzo di scaffali e scrivanie alla funzione di deposito del sapere. Ovunque si posi lo sguardo, libri, libri e ancora libri. Riposti sulle mensole, impilati sul pavimento, ordinatamente affiancati o sbadatamente abbandonati in un angolo. Per un istante torna alla mente del Lord un frammento di vita passata, uno scorcio del suo vecchio laboratorio-studio, posto sotto una cattedrale a Laputa. L’odore dei vecchi libri e delle pergamene smangiucchiate, dei stoppini delle candele e dell’olio delle lampade. Si tratta solo di un momento, un nostalgico frammento di ricordo spolverato alla vista dello sconfinato scibile umano presente nella stanza.

    Edited by Dracace - 6/5/2011, 20:58
     
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    In risposta alla sua domanda, l'oplite ricevette una risposta incomprensibile, in un'altra lingua, ma soprattutto in un'altra voce.
    Quella sorpresa gli fece rallentare impercettibilmente il passo.
    Stava accennando una timida richiesta di chiarimento, quando Raem tornò a parlare con la sua voce solita, seppur in quella lingua sconosciuta.
    Aristotelis era sempre più sconcertato, ma fortunatamente l'acrobata si affrettò a spiegargli la situazione.
    Sebbene il soldato non capì tutto alla perfezione, sia concettualmente che verbalmente, decise di non chiedere chiarimenti, visto che tutto era già troppo complicato.
    Intuì comunque che, dentro il corpo di Raem, conviveva più di uno spirito.

    Giunsero alla meta, infine.
    Una porta di grosse dimensioni, in legno e con i battenti in metallo, si ergeva di fronte ai due, nel bel mezzo delle gallerie. L'evocatore le aprì, presentando oltre quella un mondo di cultura e sapere sconfinati.
    Era una biblioteca immensa, ricavata dalla fredda roccia sotterranea.
    Magnifico.

    Magnifico...

    Aristotelis era stupefatto. Non aveva mai visto una quantità simile di libri. L'ambiente in cui erano conservati, poi, rafforzava la sensazione di tesoro custodito che ebbe l'oplite a primo impatto.
    Lì avrebbero trovato tutto ciò che serviva loro per ottenere risposte alle loro irrequiete domande, soprattutto quelle del greco, che, entusiasta, prese un braccio a Raem.

    Qui posso trovare sapere nella mia lingua?

    L'odore di necrosi era sparito, sostituito dalla fragranza d'olio ed antico.
    Quella biblioteca era una perla sotterranea.
    Timoroso di poter commettere qualcosa di sbagliato, non toccò niente, aspettando direttive dalla sua guida in decomposizione.
     
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  5. Dracace
     
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    Un inaspettato strattone riporta Raem alla realtà, costringendolo a prestare attenzione alle richieste dell’oplita. Il compagno non vede l’ora di immergersi nello sconfinato oceano di sapienza e gli domanda se sono presenti dei testi scritti in greco. L’evocatore non ne è certo, ma non si sente così sicuro da negarlo a priori : dopo tutto, se era riuscito a procurarsi dei testi in lingua originaria nelle piccole biblioteche di Laputa, possono benissimo essere state custodite anche qui documenti utili per i loro scopi. Il problema principale è come riuscire a muoversi nell’immane mole di pergamene e carta rilegata. Fin dalla sua prima visita gli era stata chiara l’anarchia vigente nelle preziose grotte, causata principalmente dalle visite dei radi visitatori e dal susseguirsi dei decenni di abbandono. Ma ciò non basta a scoraggiarlo ed è anzi una sfida per il suo intelletto, spronandolo a immergersi nella forsennata ricerca. Con un gesto invita il guerriero a fare altrettanto, mentre la sua voce risponde alla domanda ancora lasciata in sospeso.

    Non da escludere, se riuscire a trovarne. Ora aiutami.



    Edited by Dracace - 6/5/2011, 20:56
     
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    L'acrobata attese un po' prima di rispondere.
    Nel frattempo Aristotelis studiò meglio la biblioteca, lasciandosi andare meno all'entusiasmo.
    Certi tomi sembravano essere tenuti insieme dall'aria, per quanto erano antichi.
    Raem poi parlò, lasciando intendere che vi era una possibilità di trovare testi in greco, il che sarebbe stato un grande colpo di fortuna.

    Bene, cerchiamo.

    Detto questo, i due iniziarono la loro ricerca, simile a dover trovare uno o due aghi in un pagliaio.

    ~

    Dopo una mezz'ora scarsa di consultazione di libri in idiomi quasi totalmente incomprensibili, Aristotelis era svuotato di quell'entusiasmo iniziale.
    Posando delicatamente un tomo di grossa fattezza nello scaffale dal quale era stato prelevato, l'oplite cercò con lo sguardo Raem, perso chissà dove all'interno di quella enorme biblioteca.
    Non trovandolo subito, lo chiamò.

    Raem, hai trovato qualcosa?

    Iniziò ad aggirarsi per la grotta, spulciando di tanto in tanto qualche pergamena, con la speranza di trovare qualche stralcio di informazione comprensibile.

     
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  7. Dracace
     
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    Il compito si dimostra quasi insostenibile per Raem. Sommerso letteralmente da tomi su tutti, o quasi, gli aspetti della cultura: si dimostra infatti un supplizio non potersi fermare per leggere anche solo sommariamente alcuni libri dai titoli interessanti. Supplizio a cui cede molto volentieri. Nel disertare dall’impegno preso, il letterato spende poco meno di cinque minuti immerso nella lettura di “Tutto sulla Negromanzia e i morti viventi”, accucciato dietro una lunga tavola e ben lontano dagli sguardi indiscreti del compagno. Quando distoglie gli occhi dai neri caratteri stampati, un minimo di senso di collaborazione lo fa sentire, se non in colpa, almeno desideroso di mantenere la parola data, stimolo che lo porta, una volta posata la lettura in un luogo facile da individuare, a cimentarsi con maggior foga nella ricerca.

    Nonostante tutto il suo impegno, gli ci vogliono ancora venti minuti buoni prima di poter mettere le mani su un polveroso e spesso volume dalla fragile copertina. Sfogliandolo, il dotto nota con piacere lettere dell’alfabeto di un luogo molto lontano dal Regno. Ariste lo raggiunge mentre è ancora immerso nella contemplazione della scoperta e ci vuole veramente tutto l’impegno del combattente per attirare la sua attenzione. Il libro, privo di titolo, riporta due poemi epici scritti sia in greco che nella lingua ufficiale di Endlos, alternando di pagina in pagina ora una ora l’altra parlata. Nonostante le assenti indicazioni, le prime righe gli riportano alla mente la felicità e l’ammirazione provata in gioventù per i due sommi capolavori a quel tempo da lui faticosamente acquisiti e avidamente letti.

    L’uomo ricco d’astuzie raccontami, o Musa, che a lungo
    errò dopo ch’ebbe distrutto la rocca sacra di Troia;
    di molti uomini la città vide e conobbe …

     
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    Aristotelis trovò Raem circondato da scrigni di cultura antichi, intento a leggere un tomo dalla copertina quasi sul punto di polverizzarsi.
    Il libro era molto grande, e l'evocatore sembrava parecchio interessato a quelle pagine. Probabilmente aveva trovato qualcosa di utile ai loro obiettivi.
    L'oplite si avvicinò accelerando il passo, evitando scaffali e libri fuori posto.
    Sopraggiunto alle spalle dell'acrobata, si sporse per vedere se effettivamente quello poteva essere un tomo adatto a loro.
    Nonostante mancasse il titolo, Ariste la riconobbe subito.

    Ma questa è l'Odissea... L'Odissea di Omero!

    Il poema epico era lì, davanti a lui e a Raem, in lingua originale.
    L'oplite lesse alcune righe, prima di notare che alcune pagine erano invece scritte secondo segni sconosciuti, seppur simili a quelli da lui studiati.
    Pensò di comprendere il perché di questa alternanza tra gli idiomi.

    Questa è la lingua che parlate in questa terra?

    Disse, indicando le pagine a lui incomprensibili.
    Chi l'avrebbe mai detto. Una copia dell'Epica Odissea in quella regione sconosciuta, già tradotta e trascritta.
    Tra l'altro, quel tomo era molto antico, il che secondo l'oplite poteva significare soltanto che altri greci, sicuramente dotti, fossero giunti lì prima di lui.
    Si sentì sollevato a questo pensiero, sostenendo tra sé e sé che, così come questi conterranei erano giunti in quelle terre, così se ne erano andati, implicando una possibilità di ritorno a casa pure per lui.
    Speranze vane ancora da smascherare.

    In ogni caso, sapeva che al momento la sua priorità principale era studiare la lingua del luogo per potersi ambientare al meglio possibile, e quel libro sembrava essere un mezzo adatto per iniziare.

    Grazie a questo tomo potrei riuscire a studiare e comprendere la vostra lingua.

    Rifletté poco, cercando di programmare il suo da farsi a medio termine.

    Dovrò passare quanto più tempo possibile qui a leggere, ma devo anche avere di che vivere. C'è modo di guadagnarsi da mangiare, qui?

    La domanda per Raem era nata dopo aver visto quale fosse l'ambiente della città sotterranea, non certo un centro tranquillo ed affidabile.
    Cosa avrebbe potuto fare lì, Ariste, proprio non lo sapeva.
     
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  9. Dracace
     
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    Finalmente lo sguardo di Raem passa dalle pagine ingiallite alla figura dell’oplita, costretto per la seconda volta in meno di un ora a indottrinare lo straniero rispetto alle usanze del Regno. Questa volta una sottile vena seccata trapela dalla frase, forse a causa dell’immensa cultura che circonda l’evocatore e di cui questi non ha attualmente il tempo di usufruire.

    Se non da fastidio usare arma, il mercenario …



    Ma la frase gli muore in gola sentendo il cigolio dei grossi cardini del portone d’ingresso e intravedendo da sotto il tavolo tre paia di gambe superare la soglia della cava. Debitamente acquattato tra i libri, sporge il capo quel tanto che basta per lanciare un’occhiata furtiva e tornare repentinamente a celarsi dietro la mole di volumi. Nel locale sono appena entrati un balestriere, un chierico e una recluta armata di lancia, tutti con indosso una casacca dagli inconfondibili colori: gli accoliti della gilda Taiulia sono ancora sulle sue tracce e, stando ai fatti, tre di loro lo hanno appena scovato.

    Non osa parlare, temendo di ostentare la sua posizione, ma si limita a lanciare segni col volto al greco, cercando di fargli intuire tanto dal comportamento quanto dall’espressione di non voler essere trovato. Mentre la coppia di avventurieri è impegnata in simili confabulazioni, i soldati non impiegano troppo tempo a individuare la corporatura del combattente spiccare tra i libri, e si avvicinano con fare intimidatorio, guardandosi intanto in torno alla ricerca dell’obbiettivo di quella caccia all’uomo. A parlare è il chierico, un uomo dai capelli e la barba brizzolati, che gli viene in contro stringendo una verga e parlandogli con voce baritonale.

    Tu! Hai forse visto un non morto da queste parti? Si tratta di un pericoloso assassino che deve al più presto venir catturato e messo sotto stretta sorveglianza

    Edited by Dracace - 6/5/2011, 18:33
     
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    Prima che Raem finisse di suggerirgli di darsi al ruolo di mercenario, non senza una smorfia da parte di Ariste al pensiero dell'ineluttabilità di dover mettere a servizio del denaro la spada, l'oplite e l'acrobata avvertono il tipico cigolio della porta antica che si apre.
    Nella biblioteca erano appena entrati tre individui, tutti con la stessa divisa, ma che sembravano avere compiti diversi: uno brandiva una sorta di arco sconosciuto al soldato, un altro una lancia ed il terzo sembrava il più anonimo del gruppo e non portava con sé nulla di rilevante.

    E questi chi saranno?

    Stranamente, Raem sembrava voler eludere la vista del terzetto, lanciando chiari segni ad Aristotelis al riguardo.
    Per non tradire la posizione della sua guida, accolta la richiesta di occultamento, Ariste non gli rivolse la parola, e lasciò il suo mantello sui libri di fronte all'acrobata, nel caso in cui questi avesse voluto celare la sua identità.

    Subito dopo, il greco venne notato, e quei nuovi arrivati gli si avvicinarono con quell'aria minacciosa tipica del luogo.
    Per non farli avvicinare oltre, il soldato andò loro incontro, ed a lui si rivolse quello non armato, forse il capo del gruppo.

    L'uomo gli rivolse la parola con tono quasi arrogante e voce profonda.
    Come se se l'aspettasse, Aristotelis non si stupì affatto di non capire nemmeno una parola di quello che disse.
    Alzò una mano, invitando lo sconosciuto a fermarsi, per poi abbozzare alcune semplici parole in greco.

    Io non capire te. Io straniero. Io naufrago.

    Usò quello strano termine, con il quale Eren lo aveva appellato, quasi istintivamente.
    Come poteva essere un naufrago, se si era risvegliato al centro di un deserto che si estendeva in ogni verso senza che all'orizzonte vi fosse qualcosa di diverso dalla sabbia e dalle rocce infuocate?

    Per favore parlare mia lingua. Parlare greco.

    Chissà se lo avrebbero capito.
    Indossava l'armatura, e ciò gli dava una sicurezza innata verso qualsiasi cosa sarebbe potuta accadere.
     
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  11. Dracace
     
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    Il barbuto chierico non sembra comprendere una sola parola di quello che il greco sta cercando di dirgli e pare anzi indispettirsi al sentire l’oscura parlata dell’oplita. L’uomo si avvicina pericolosamente al tavolo, assottigliando sempre di più le possibilità per l’evocatore di passare inosservato. Ma è proprio quando sembra ormai inevitabile lo scontro armato che l’accademico si rende ben visibile saltando sulla lunga tavolata con un slancio acrobatico. Approfittando dei pochi attimi di stupore suscitati, crea prontamente una piattaforma dopo l’altra fino a rinchiudere il piccolo gruppetto in un compatto parallelepipedo di pietra.

    Senza perdere nemmeno un istante del vantaggio così guadagnato, il dotto si tuffa a recuperare il proprio trattato sulla resurrezione e, invitando il compagno a imitarlo, supera la costruzione creata e imbocca la galleria precedentemente percorsa.

    Prendi tuo volume e seguimi. Magia non continua per molto.



    La veridicità dell’affermazione viene provata dalle grida e dallo scalpiccio di stivali che sentono mentre si allontanano dalla biblioteca, segno inequivocabile che gli inseguitori non si sono arresi per così poco. Infatti, non appena riescono nuovamente a muoversi, gli accoliti percorrono a propria volta i corridoi di terra e roccia, cercando di acchiappare il fuggitivo e il suo compare. Il balestriere in particolare non da loro tregua, tempestandoli di dardi che sibilano veloci tutt’intorno ad Ariste e Raem.


    Tecnica utilizzata: Ascesa, consumo basso.
    Totale energia: 95 – 40 = 55%


    Edited by Dracace - 6/5/2011, 18:33
     
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    Non servì a nulla tentare di comunicare con lo sconosciuto.
    Insospettito più di prima, l'uomo in uniforme si avvicinò alla postazione di Raem, il quale, saltando fuori dal nulla, giocò sull'effetto sorpresa per imprigionare quel gruppo dentro delle prigioni di pietra e scappare.

    Confuso, ma reattivo, Aristotelis prese il tomo dell'Odissea e corse dietro al compagno, prima che gli avventori riuscissero a liberarsi dalla trappola improvvisata.
    Non sentiva più stanchezza né fatica, e la panoplia era come un capo di seta per i suoi muscoli forti e scattanti. In pochi secondi, erano già nella galleria dalla quale erano venuti.

    Raem, chi sono quegli uomini?

    Non volle chiedergli perché lo stavano inseguendo. In quel momento, meno sapeva e meglio era per la sua incolumità.
    Se fosse stato il caso, gliel'avrebbe domandato dopo.
    In quel momento, era un altro il suo dubbio principale: dove stavano andando?

    Dove stiamo-Ah!

    Un dardo gli aveva sfiorato una spalla, creandogli un piccolo graffio che prese a sanguinare senza troppe pretese; nulla di grave.
    I tre uomini li stavano inseguendo parecchio concitatamente, e quello armato con lo strano arco era il più pericoloso, in quel frangente.

    O Dèi dell'Olimpo, non lasciate che io venga catturato così vergognosamente, per eventi totalmente estranei alla mia persona!
     
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  13. Dracace
     
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    La fuga si protrae per svariati minuti e né i fuggiaschi né tanto meno gli inseguitori sembrano intenzionati a terminare l’animata corsa. L’accademico si muove sicuro nel dedalo semibuio, cercando di schivare quanti più dardi possibili e allo stesso tempo scorgere tra le fenditure della roccia una feritoia o un cunicolo, entrambi anfratti utili a garantire una sicura scappatoia dall’intricata situazione. Quando però la memoria porta alla sua attenzione una triplice ripartizione del tunnel qualche decina di metri più avanti, l’occasione sembra più che utile per liberarsi dei molesti soldati almeno per una manciata d’ore.

    Lasciando per l’ennesima volta il compito di intralciare il passaggio alle fidate piattaforme, Raem affretta ulteriormente il passo e imbocca la diramazione di destra, gesticolando con la mano per invitare l’oplita a fare altrettanto il più silenziosamente possibile. Corrono ancora per un bel pezzo prima di fermarsi e tendere le orecchie per carpire eventuali rumori in avvicinamento. Il non morto non mostra il minimo segno di stanchezza o difficoltà nel respirare (azione che, effettivamente, non ha ancora compiuto in presenza del greco)e l’unica sua preoccupazione sono due robuste frecce che sporgono dalla schiena senza causare la minima fuoriuscita di sangue. Cercando con apparente disinvoltura di estrarre i dardi dalle carni, l’evocatore risponde alla domanda posta durante l’inseguimento.

    Soldati sono di gilda che mi ha imprigionato in questo corpo. Vogliono catturarmi da quando sono scappato. Se prendono me, imprigionano e fanno esperimenti. Togli freccia dalla schiena, grazie.



    Voltandosi, mostre la stecca di legno che non è riuscito ad afferrare al compagno, pregandolo di aiutarlo.


    Tecnica utilizzata: Ascesa, consumo basso.
    Totale energia: 55 – 5 = 50%


    Edited by Dracace - 6/5/2011, 20:30
     
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    Corsero e corsero, sia il greco e l'acrobata che il terzetto, senza sosta.
    Aristotelis seguiva Raem senza pensare ad altro che mantenersi integro, senza curarsi del sudore che iniziava a nascere dal suo corpo.
    Le frecce sibilavano a destra e a sinistra, rimbalzando sulle pareti di roccia fredda e atterrando innocue a terra.

    Non finiscono più...

    Provvidenzialmente, Raem indicò all'oplite un tunnel da imboccare, il destro di una tripartizione. Era l'occasione giusta per seminarli, almeno momentaneamente.

    Una volta inoltratisi, si fermarono ad accertarsi di non essere seguiti e riprendere il fiato.
    O almeno, Ariste lo fece; l'acrobata sembrava essere nel pieno delle sue forze, senza nemmeno avere il fiatone.
    Anzi, l'oplite avrebbe giurato che nemmeno stava respirando.

    Finalmente...

    Si appoggiò al muro, riempiendo i suoi polmoni di aria con grandi inalazioni.
    Non era ancora al massimo della forma: tutti quegli ultimi eventi l'avevano spossato notevolmente.
    Notò solo dopo che Raem si stava togliendo delle frecce dalla schiena, senza che un minimo di sangue uscisse dalle ferite.
    Ariste rimase un'ennesima volta sorpreso, ma non ebbe il tempo di rifletterci troppo prima che l'acrobata lo informasse sull'identità di quei tizi, mentre lo invitava ad aiutarlo.

    Prego.

    Mentre estraeva con fare deciso il dardo, curandosi di non lacerare inutilmente le carni, ripensava alle sue parole.

    Esperimenti?

    La curiosità lo portava a chiedere cose che probabilmente avevano spiegazioni ben al di là della sua immaginazione, figuriamoci della comprensione.
    In quei cunicoli avrebbe espresso centinaia di dubbi, domande, curiosità, per riuscire a capire, anche solo di un briciolo, in che razza di situazione si era cacciato, dal suo misterioso arrivo nel deserto.
    A distrarlo, fu il suo stomaco, brontolante.
    Effettivamente, era da un bel pezzo che non mangiava alcunché.

    C'è qualche posto dove trovare del cibo?
     
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  15. Dracace
     
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    Estratto il dardo, lo spirito muove il corpo decomposto con disinvoltura, riprendendo, ora con più calma, ad attraversare la galleria sotterranea, diretto verso il centro città. Alla richiesta di cibo posta dal compagno, Ream sembra quasi sorpreso, ormai abituato a vivere la Fame come un demone da sottomettere e sconfiggere giornalmente. Ciononostante la sua mente non fatica troppo ad individuare la tappa successiva, il luogo dove potersi riposare e rifocillare a dovere.

    Seguimi. Andiamo al Bazar delle Talpe.



    Il percorso prosegue senza alcun incidente, fatta eccezione per un unico episodio. Seguendo una sinuosa svolta imposta dalla galleria, i due si ritrovano di fronte a un’imponente inferriata, alta più di due metri e dal portone aperto, con sbarre infisse direttamente nella viva roccia. A quella vista l’accademico sembra innervosirsi, e decide improvvisamente di tornare indietro, come assalito da un reverenziale timore di quella parte del complesso abitativo più selvaggio e indomito del Regno. Come unica spiegazione, bofonchia qualcosa riguardo agli attuali padroni della città.

    Non poter affrontare chi abita qui, signori di queste terre.



    Passa un buon quarto dora prima che le prime bancarelle inizino a intravedersi in lontananza.
     
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16 replies since 29/4/2011, 09:21   174 views
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