Descrizione

Mastio

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    Viaggiatore dei Mondi

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    {Occhio di Laputa | Pietra Consacrata | Torri di vedetta e cinta meralte | Vestibolo | Sala Centrale
    Sala dei Ricevimenti | Sala del Consiglio | Sala delle Costellazioni | Tomba di di Balthasar Metzengerstein | Sala dell'Orb | Sala del Trono}



    Pinnacolo di Laputa,
    il Mastio è il luogo da cui il Soprintendente presiede al controllo dell'isola.

    La struttura ha in sè tutte le caratteristiche di un vero e proprio castello con torri, mura di cinta merlate e una torre d'osservazione più alta - sede questa dell'osservatorio astronomico dell'Accademia - da cui si può scorgere senza difficoltà ogni luogo della città volante.
    E' solo attraverso gli accessi sotterranei del Mastio che si può arrivare alle Camere Profonde di Laputa, dove è conservato l'antico motore che permette all'isola intera di galleggiare in aria e spostarsi senza peso. Attorno alle Camere si stendono i magazzini e le cisterne - collocate attorno alla sala della Fonte inesauribile.


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    Occhio di Laputa

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    Altro non è che un ponte rigido collegante il Mastio alla Città Alta. L'altezza varia a seconda della posizione: gli estremi si inseriscono gradualmente nelle strutture collegate fra loro mentre la parte centrale è costruita -letteralmente- sul vuoto.

    Particolarmente apprezzate dagli stranieri sono le statue di angeli disposte lungo tutto il percorso. La sua costruzione è abbastanza recente, successiva alle Nove Giornate: è stato l'Alfiere Errante a commissionarlo, in sostituzione del precedente, danneggiato durante la Guerra Civile e troppo pericoloso per chi lo calpestava.

    Il nome "Occhio di Laputa" deriva esattamente da questa particolarità: dove si apre una voragine priva di fondo è presente una botola ellittica -per l'appunto a forma di occhio- che è possibile aprire di scatto grazie ad una leva vicina, nascosta fra le statue decorative o una interna al Mastio.

    Funge sia da sistema di difesa che come patibolo per alcuni condannati a morte.


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    Pietra Consacrata

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    Superato il ponte che collega la Città Alta al Mastio, prima di varcare le mura che avvolgono la dimora dell'Alfiere per intero, ci si trova in un'ampio piazzale con pietre di maiolica bianca ed alcune statue angeliche ai bordi, del tutto simili a quelle sul ponte.

    Nonostante in sè non sia decorata -piuttosto appare come una piazza molto vasta ed assolutamente vuota- quella che da tutti è chiamata "Pietra Consacrata" gode di particolare rilevanza storica e culturale per il Presidio Errante, al punto da essere considerata al pari di un'altare.

    Ultimo evento rilevante è stato infatti il duello fra l'Alfiere Errante e l'attuale Ufficiale Cesare Borgia, suo avversario nella lotta al potere durante le Nove Giornate. Essendo stato questo l'ultimo atto di una sanguinosa Guerra Civile, il terreno di scontro è stato scelto come tappa finale per le celebrazioni relative alla triste ricorrenza.

    In rari casi è anche il luogo in cui l'Alfiere parla pubblicamente al popolo.


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    Torri di vedetta e cinta merlate

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    Distribuite su tutto il perimetro del Mastio, l'accesso alle torri è riservato esclusivamente a chi milita nell'Esercito Errante. Queste infatti concedono agli occhi delle milizie una visibilità a trecentosessanta gradi su tutto ciò che vi è attorno, sopra e sotto la struttura, senza lasciare angoli bui.

    In più, ai piani più bassi sono presenti delle camere adibite ad infermerie, alloggi momentanei e depositi contenenti armi ed armature. Questo accorgimento fu adottato durante la prima occupazione del Mastio nell'infelice quanto pessimistica ipotesi di un assedio vero e proprio, lo stesso motivo per cui tutte le cime sono dotate di specchi ustori.

    Le mura di cinta merlate, invece, fungono sia da protezione del Mastio, sia come collegamento fra gli ultimi piani delle torri di vedetta. Le più esterne sono abbastanza spesse da contenere sei uomini in fila, mentre quelle più alte o interne si assottigliano fino a raggiungere la larghezza di un uomo molto robusto. Sono quasi sempre munite di cannoni.

    In alcuni punti strategici e poco visibili dall'esterno, queste risultano cave: al loro interno rampe di scale collegate a pedane orizzontali distribuite su ogni piano concedono ai soldati di raggiungere piccole feritoie sparse lungo la parete esterna, così da mirare su ipotetici nemici ignari di quell'attacco a sorpresa.


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    Vestibolo

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    Lambiti dai raggi diurni provenienti dalle ampie vetrate, enormi pannelli di marmo intarsiato e pietra levigata risplendono di un bagliore aureo, conferendo all'intero ambiente a tre navate un'atmosfera accogliente nella sua maestosità.
    Ciò che in molti chiamano "il Vestibolo" altro non è che l'entrata principale del Mastio. Considerando le proporzioni che lo affiancano al resto del castello, questo assume dimensioni imponenti, probabilmente esagerate per i piccoli uomini che ne calcano le superfici lucide ritraenti motivi geometrici attraverso il sapiente uso di pannelli chiari e scuri.
    Alla base delle tre navate, di cui la centrale è ampia ben tre volte rispetto le altre, sono stati volutamente lasciati ampi spazi vuoti così da alleggerire allo sguardo del visitatore l'intera mastodontica struttura e dare inoltre l'impressione ottica di un ambiente totalmente sgombro ed in ordine.
    Le volte a botte -di chiaro stampo romanico- si posano su pilastri solidi e dalla forma lineare decorati solamente da altorilievi ricordanti lunghi ed imponenti colonnati.
    Ad intervalli regolari è possibile ammirare una serie di splendide statue umanoidi dall'abbigliamento esotico ed armi come spade, lance e bastoni fra le loro mani, estremamente realistiche per la perizia di realizzazione se non fosse per la loro grandezza, in proporzione a tutto il resto. Non si conoscono gli scultori nè i soggetti: si suppone fossero i primi abitanti dell'isola, ai giorni d'oggi del tutto estinti.


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    Sala Centrale

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    Situata nel cuore planimetrico del Mastio, la Sala Centrale funge da collegamento fra i corridoi che comunicano con tutte le stanze del castello.
    Il perimetro della sala è interamente occupato da colonnati e balconate, quasi a voler permettere al visitatore di tenere sempre sotto controllo il punto di partenza al solo fine di non perdersi. Sebbene la loro forma sia piuttosto semplice, questi son finemente decorati da affreschi naturalistici ed esotici intrecci metallici alla sommità degli archi.

    Al centro della sala domina su ogni altra cosa un'enorme statua di marmo ritraente un soldato dalle grandi ali angeliche. Per gli artisti e gli abitanti dell'isola non è altro che l'allegoria dell'Esercito Errante, diverso da ogni altro per l'abilità di combattere in alta quota.

    Proprio al di sopra della statua, l'intera cupola -di un particolare e rarissimo vetro magico- funge da lucernario: si tratta dell'unica fonte di luce non artificiale nella stanza, non essendo questa munita di finestre come le altre.

    Perennemente affollata, questa sala è il punto nevralgico delle attività del Mastio, nonchè l'unico posto -oltre, ovviamente, al Vestibolo- di libero accesso anche ai comuni cittadini.


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    Sala Ricevimenti

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    Le porte della torre, insolitamente e solo per quella notte aperte, permettevano a chiunque volesse addentrarvisi di accedere -invito alla mano- alla Sala Centrale del Mastio; quella era una serata di gala e di festa, dopotutto, e l'Autocrate in persona aveva messo a disposizione dei suoi convenuti l'aula più bella, grande e sfarzosa della sua residenza... sotto lo sguardo perennemente vigile di innumerevoli maghi e soldati, naturalmente, perché ogni buon padrone di casa ha cura di custodire al meglio l'integrità del suo castello e la salute degli ospiti che in esso si trovavano.
    Un gruppetto di guardie prive di postazione avrebbe accompagnato ciascun invitato lungo un corridoio alla loro destra, sulle cui pareti si alternavano colonne marmoree dai colori caldi, e dipinti ed arazzi esotici di inestimabile bellezza. Il viaggio sarebbe terminato sulla soglia di un portone ligneo massiccio, oltre il quale, nascosta come una perla nel suo scrigno, v'era la Sala dei Ricevimenti del Presidio Errante.
    Dalla pianta priva d'angoli, questa si sviluppava in altezza su ben quattro piani, di cui solo tre raggiungibili; una miriade di abeti -adornati per l'occasione con i colori della festa- circondava in un abbraccio il piano più basso e più capiente, quasi fossero una ben disegnata verde corona, mentre -qui e là, ad occupare circa un terzo dell'intera sala- un gran numero di tavolini era posto a disposizione degli invitati, perennemente riforniti di cibarie dal personale presente. Il resto dell'ambiente era stato lasciato vuoto, perché destinato alle danze, e -poco più distante- aveva la sua ubicazione la postazione dell'orchestra.
    I due piani superiori altro non erano che balconate, anch'esse arredate di tavolini perennemente pieni, destinati a chi preferiva assistere alle danze piuttosto che parteciparvi. Postazione di rilievo -oltre che centrale- era, ovviamente, quella riservata all'Alfiere, che avrebbe patrocinato l'evento, poco propenso alla vita cortese, eppure necessariamente presente; il suo seggio consisteva in una balconata più ampia delle altre, circondata da un tendaggio color cremisi, aperto verso la sala.
    L'ultimo piano era incoronato da un'immensa cupola aurea, dalla quale pendevano come gioielli decine e decine di lampadari giganteschi, interamente coperti di vetri e cristalli, così da riflettere ed amplificare naturalmente la luce già presente.
    Nessun trucco, nessuna magia: solo tanta luce ed il calore tipico delle feste natalizie, ormai già routine per gli abitanti dell'Albero Casa e per l'Alfiere stesso. Perché, in fondo, lo scopo di tutto questo non era il ballo in sè, ma rassicurare i cuori dei presenti e di Laputa tutta riguardo la sparizione dell'Autocrate... e -chissà- salvare il Presidio da una possibile Guerra Civile.
    Mai come allora, il Natale avrebbe significato una reale speranza di pace duratura.
    Per tutti.

    Tratto da: "Ballo d'Inverno"


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    Sala del Consiglio

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    Una luce fioca sfuggita dalle vetrate opache vestite dei colori dell'autunno bagna il pavimento di marmo e giada, i cui intarsi vorticanti danno l'idea di merletti raffinati, piuttosto che di figure geometriche.
    I mosaici sui muri e le volte paiono riflettere i colori caldi dei tre focolari accesi all'estremità orientale della sala, racchiusi in nicchie di pietra solo esternamente rivestite in legno, unite tra loro e terminanti in una alta colonna centrale che, nella sua imponenza, separa due drappi verdi posti alla sommità e due statue di dame in preghiera, le cui mani appaiono congiunte e sole, unica parte del corpo visibile, mentre il resto era celato da un modesto velo che, dal loro capo incoronato di gioielli autentici, scende fino ai piedi, anch'essi celati.
    E la volta drappeggiante trabocca di tessuti preziosi, tenuti allentati quasi a voler dar l'idea di onde di mare, mentre sui lati calano stendardi dai motivi sconosciuti, forse celati fra le memorie dell'Albero stesso, in tempi antichi mai conosciuti su Endlos.
    Al centro, infine, un vasto spazio occupato solamente da due lunghi tavoli vuoti e delle sedie, illuminati da semplici candele, destinati a coloro che, nel presente e nel futuro, avrebbero dovuto occuparli.
    E poi silenzio, perchè quando delle parole sarebbero state pronunciate da chicchessia, un'acustica perfetta ne avrebbe consentito l'ascolto anche nella parte più remota dell'enorme sala, perfino ai balconi del piano alto ove per questioni di spazio sarebbero stati ospitati coloro che potevano assistere alle riunioni qualora fosse stato permesso di lasciarle a porte aperte, senza tuttavia prenderne parte.


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    Sala delle Costellazioni

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    Sotto, il Sepolcro di Balthasar Metzengerstein.
    Sopra, l'intera Laputa.
    Quella era la Stanza delle Costellazioni : quello era il luogo dove occhi ed orecchie dell'Inconnu prendevano forma, nella carne dell'unico uomo che per tutti era come un angelo custode. Egli riusciva a proteggerli tutti, a tenerli al sicuro, a capire se fossero stati in pericolo. Ad intervenire per tempo. Lui era il loro collegamento. Era l'unico che poteva farlo, l'unico che si era assunto l'onere.
    Quell'uomo era Dorian Gray. La Rosa.
    Nel centro della stanza, esattamente a picco sulla colonna che, al di sotto, conteneva le spoglie mortali del Conte Metzengerstein stava uno scranno. Un seggio di pietra squadrata, senza alcuna finitura di sorta.
    Da quella posizione, però, si poteva vedere un soffitto spianato, levigato nella pietra, grigio come solo il profondo cuore della roccia sa essere, e lucido, per la cura con cui gli artigiani avevano dato forma a quella grossa tavola sgombra.
    Quella era la Stanza delle Costellazioni.
    Quella era la tela su cui il Custode poteva sapere, sentire, dove fossero i suoi confratelli. Conoscerne la posizione.

    Tratto da: "La Sala delle Costellazioni"


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    Tomba di di Balthasar Metzengerstein

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    Una sala larga rettangolare, parecchio lunga, la cui larghezza equivale alla metà. Intimidatoria, nei suoi toni oscuri. No, non oscuri: opachi. Non è buio, è penombra, luce che non riesce a penetrare a fondo. Ai muri nulla, se non arazzi di dubbio gusto e provenienza. Il pavimento è piastrellato a scacchiera: si alterna il verde scuro e il bianco marmo pario, dalle venature dorate. Le mura, dietro gli arazzi, sembrano non aver mai conosciuto uno scialbatore: lerce, rispecchiano l'animo di chi vi abita. Un animo coperto da buone (?) vesti. Non vi sono porte, né finestre. L'illuminazione è data da un fuoco fatuo che crepita, sospeso come un fantomatico lampadario, al centro della sala, vicino al soffitto.
    Sotto il fuoco, un'ampolla. Enorme, maestosa, infrangibile. Ma pur sempre un'ampolla. Poggiata su una base svasata, fatta di oro e argento. Al suo interno, un liquido viscoso, dal colore tendente al verde oliva, tanto denso e compatto da non mostrare opalescenze. Immerso nel liquido, un corpo nudo, senza testa.
    Veramente di pessimo gusto.
    Sul basamento, una targa d'ottone. Si legge ancora bene.
    "QUIVI GIACE BALTHASAR METZENGERSTEIN III. BARONE, AMANTE, COMBATTENTE, FINCHE' NON TORNERA' LA SUA ORA"
    Poco altro.
    Sul muro di sinistra, un'incisione runica, simile a uno scorpione. Sotto, un'iscrizione: Balthasar Metzengerstein, Barone del Ghetto, Liar, Blacksoul, Cuorenero, Scorpione dell'Inconnu. Poco sotto, a lettere più grandi: Soulshaker.
    Silenzio, opprimente silenzio. La storia disprezza chi la ama.
    Lì dentro nessuno può entrare, se non i membri dell'Inconnu marchiati direttamente da Balthasar: Forge e Dorian. Nessuno andrà a ricordare quell'uomo, non in quel luogo, non nella sua non-tomba.

    Tratto da: "In Memoriam"

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    Sala dell'Orb

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    Erano al più basso livello dell'isola : sotto di loro, solo il cielo.
    L'Autorcrate, personalmente, aveva dato precise istruzioni perchè i lavori necessari alla preparazione della camera ed alla posa delle grandi macchine necessarie per il suo funzionamento fossero posate lì.
    Ed in effetti quel lavoro era stato il più difficile che gli fosse mai capitato di eseguire; eppure Edel Bronth aveva alle spalle non meno di trent'anni come scalpellino e muratore, ed altrettanti per ogni uomo - sette - della sua squadra.
    Gli era stato proibito di rivelare alcunché di ciò che stavano costruendo e, non di meno, a promessa fatta, per tutto il tempo che era servito gli era stato consigliato di prendere alloggio al Mastio, presso la Caserma della Milizia.
    Non aveva rivisto sua moglie per diciassette settimane. Eppure, per il compenso che gli era stato accordato, il sacrificio non era stato eccessivo.
    Avrebbe potuto ritirarsi dal lavoro e mettersi in affari come capo di una gilda di scalpellini : il suo sogno segreto. E con l'oro di quella committenza, era davvero ad un passo dal realizzarlo, quel progetto.

    I disegni della Sala che dovevano realizzare erano precisi al millimetro.
    Un locale alto non meno di cinque metri, largo quindici, profondo cinque. Al centro un rialzo di mezzo metro e poi un alcova longitudinale.

    Durante le ultime due settimane dei lavori, tre squadre di meccanici - a quanto aveva potuto capire dalle chiacchiere di cantiere - si erano occupate di piazzare grossi macchinari per permettere il movimento a quella cosa.
    Due enormi giroscopi a dodici anelli ciascuno, ed ogni anello era incastonato di piccoli frammenti di pietra nera, lucida e levigata, intervallata da simboli e parti metalliche più lucide ancora, a guisa di specchi.
    Ogni elemento era stato poi ricoperto con una calotta sferica, a nasconderne la quasi totalità, e grossi cavi - o qualcosa di simile - erano stati collegati dalla loro base ad un modulo centrale.
    Quest'ultimo era nero, costituito da una miriade di pezzi più piccoli assemblati insieme, a ricordare qualcosa di simile ad un telaio meccanico a vapore per la tessitura.
    Ma difficilmente quella stanza sarebbe servita come manifattura per tappeti.
    Di quello Mastro Bronth era assolutamente certo.
    Ma non gli importava più di tanto saperne oltre : da quando lo avevano congedato, faceva una vita da vero nababbo, e mai la sua Evlin era stata così sorridente.

    Tratto da: "Munimenta".


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    Sala del Trono

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    Situata in uno degli ambienti più alti del Mastio, la sala del trono raccoglie in sè tutta la bellezza esotica di cui Laputa può farsi vanto.
    Nel momento stesso in cui vi si mette piede, non è possibile fare a meno di contemplare le pareti in marmo candido, i bassorilievi o gli intarsi di giada ed azzurro... e sentirsi terribilmente piccoli di fronte a coloro che ebbero modo di plasmare tale meraviglia con le proprie mani, civiltà estinta ed ai più ancora sconosciuta.

    Alla fine di un interminabile colonnato, alla sommità di una breve scalinata, è ben visibile il trono destinato all'Autocrate sormontato da tre stelle completamente d'oro. Queste splendono sul suo capo in un falso cielo fatto di drappi celesti ed azzurri e la più grande -quella alla sommità- è coronata a sua volta da altre più piccole, equamente distribuite ad ogni punta.

    Nonostante sia alla vista di tutti che la luce del sole filtri dalle ampie vetrate dai mille colori e fantasie, posizionate magistralmente sul soffitto, in molti sono ancora a chiedersi come faccia la sala -totalmente priva di torce, lampade e quant'altro- a rimanere illuminata anche durante la notte, conservando una visibilità ampia, completa e priva di zone d'ombra esattamente come nelle ore diurne.

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    Descriptions by Drusilia Galanodel.

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    Edited by Drusilia Galanodel - 20/12/2014, 14:23
     
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