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Renee Von Richthofen.
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Impatto.Ciò che non ti uccide,
ti rende più forte?
Il suono fastidioso dell'allarme di prossimità insisteva feroce da almeno dieci o quindici secondi mentre io, ancora nel dormiveglia e resa debole dalla fame, non riuscivo a fare altro che rigirare la testa legata come un salame al sedile del pilota. Pensavo sul serio che, presto o tardi, quella navetta si sarebbe sfracellata contro qualche asteroide o, magari, sarebbe stata distrutta da qualche Xeno extramondo in cerca di vendetta contro l'Impero... Ma dopo quasi una settimana le mie speranze di morire come un vero soldato si erano affievolite sino a farmi pensare davvero che la mia fine sarebbe avvenuta per fame in una bara di metallo lanciata vero il cosmo profondo. Quando aprii gli occhi, giusto per maledire quello stramaledetto allarme, l'oblò da cui di solito entrava il buio pesto dell'infinito cosmo era illuminato a giorno ed irradiava così forte quella luce pulita che quasi dovetti distogliere lo sguardo perché non mi facesse male. Mi precipitai a vedere fuori: sotto di me un mondo sconosciuto si estendeva a perdita d'occhio mentre la nave precipitava come un missile senza freni.
L'olotrasmettitore vibrò appena, poi apparve una figura femminile longilinea dai tratti netti e quasi difficili da identificare come umani, una specie di androide abbastanza rozzo, e subito si mise a parlare. - Analisi del sistema in corso. . . Sistemi di navigazione: Offline. Sistemi di supporto vitale al 50%. Sistemi di difesa: Offline. Consiglio di portare il vascello ad un tecnomante il prima possibile. - Guardai la trasmissione con la stessa faccia con cui, probabilmente, un pluripremiato nobel per la fisica guarda un bambino che fa le somme e le addizioni per la prima volta, pensando di voler anche dare lezioni. - Analisi del territorio, subito! - Iniziai la procedura per le frenate orbitali d'emergenza, non sapevo nemmeno se quella navetta avesse tali sistemi di sicurezza, del resto era progettata per gli spostamenti spaziali non per gli atterraggi, era già un miracolo che la pressione atmosferica del pianeta non avesse ridotto il tutto in milioni di briciole fumanti. Fuori dal finestrino, intanto, iniziavano a formarsi le prime fiamme nel momento esatto in cui, dall'atmosfera superiore rarefatta lo scafo della nave entrò in quella inferiore più densa.
- Attenzione: integrità strutturale compromessa. Analisi del territorio completata: Atmosfera respirabile, presenza di vegetazione vivente, livelli di CO2 accettabili, non rilevata alcuna fonte energetica conosciuta. Lancio del radiofaro di segnalazione in.. 3.. 2.. 1.. -
Un tonfo sordo, "blonk", ed un piccolo oggetto rettangolare si staccò dalla navetta volando verso il cielo. Era danneggiato già dalla settimana precedente, ma il sistema di difesa automatico lo aveva ugualmente lanciato rendendo praticamente impossibile per me recuperarlo in futuro. Bestemmiai me stessa mentalmente, proprio nel momento esatto in cui riuscii ad aprire i freni orbitali sullo scafo passando da settecento chilometri orari ad appena duecentotrenta. Il cuore mi batteva all'impazzata, persino le parti biomeccaniche del mio corpo sembravano rispondere male ai comandi neurali, pensavo più velocemente di quanto muscoli e servomotori potessero agire e ciò non era un bene. Mi allacciai di nuovo le cinture di sicurezza portando le braccia al petto. E pregai di sopravvivere all'impatto.
La navicella era piccola, rettangolare quasi, con un singolo motore sulla coda e un paio di oblò sui lati. Aveva l'intera fusoliera di colore grigio metallico, piuttosto bruttino, con il numero 731 che spiccava in bianco assieme ad una piccola aquila imperiale stilizzata. Aveva lasciato una scia di fumo grigiastro lungo tutta la sua traiettoria di caduta, misto tra vapore acqueo e scafo carbonizzato dalle temperature altissime dell'attrito con l'atmosfera: Per fortuna aveva rallentato molto pochi istanti prima di impattare contro la superficie ed adesso c'erano solamente alberi silenziosi e acqua stagnante ad attendere quel bolide spaziale fuori controllo. L'impatto fu molto forte, nonostante tutto, un boato assordante spezzò per qualche secondo la quiete magica della foresta: gli alberi nel raggio di dieci metri dal punto di impatto furono divelti dal terreno, l'acqua schizzò via talmente veloce che si lasciò alle spalle solo fango e pietrisco. Ed in mezzo a quel piccolo cratere c'era una navetta infilata per un buon terzo sotto la superficie. Dall'interno nessun rumore. Nessuna luce. Niente.
- Si svegli, Miss Richthofen, si svegli! - La donna robotica era di nuovo apparsa all'olotrasmettitore: la navetta era "sopravvissuta" o almeno la sua intelligenza artificiale, ed ora si stava preoccupando che il pilota del mezzo non fosse morto. Non era programmata così, anzi, di solito le IA erano concepite per non provare alcun tipo di emozione nei confronti del proprio equipaggio, proprio per evitare che questo le distraesse dai loro compiti vitali... ma qualcosa, forse l'impatto o una tempesta solare in quel sistema, aveva alterato tale processo. Continuò a chiamarmi per un paio di minuti, quando ripresi conoscenza era tutto buio e solo metà dell'oblò superiore risultava ancora fuori dal terreno. Arrancando, contusa come non mai dalla botta, detti un pugno secco al pulsante per l'apertura del portello posteriore.
L'aria pulita, leggera, il sole che filtrava saltuario tra le fronde degli alberi e l'odore del bosco: in ventitré anni non avevo mai sentito nulla di tutto questo, mai, nemmeno una volta. Rimasi sulla soglia della navetta per quelle che mi parvero ore, incapace di analizzare tante informazioni in una volta sola, incapace anche solo di capire in che mondo fossi finita e quello che da quest'ultimo mi sarei dovuta aspettare. Afferrai la pistola e la spada d'ordinanza, tutto quello che avevo con me in termini di difesa personale, e saltai sulla nuova terra.. -
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Una città di droidi in quel caos multidimensionale. Interessante!
Era ormai da poco arrivato in quello strano mondo e ancora non riusciva ad abituarsi completamente alle sue novità. E in particolare, quella novità (Klemvor, nella fattispecie) era davvero un’ottima cosa: avrebbe potuto recarvisi ogniqualvolta avesse avuto bisogno di qualche pezzo di ricambio per il suo equipaggiamento...e non era escluso che potesse anche fare qualche cosina di più.
Osservando il grigio paesaggio da poco davanti la linea degli alberi, notò che la civiltà che doveva aver costruito quel posto probabilmente non era avanzato come la sua gente, ma comunque si era saputa dar da fare. I grattacieli, da quella distanza almeno, sembravano costruiti con tecnologia portante al carbonio, e le alte strutture che si intravedevano verso il centro città avevano tutta l’aria di torri di comando centralizzate.
Bè, c’era un mucchio di cose da scoprire!
Avviandosi con passo calmo verso la zona un tempo abitata, sentì però uno strano suono. Un suono vagamente famigliare, che gli ricordava il campo di battaglia...sembrava...no, era da escludersi. Ancora non aveva visto nulla del genere da quelle parti e ormai dubitava dell’esistenza di apparecchi emulanti la sua civiltà ancora in funzione.
Proseguì dunque, cercando di non fare caso al ronzio che cominciò a pervadere l’aria in modo sempre più insistente e forte.
Alastor si fermò di botto, guardando il cielo e oscurando parzialmente il visore della maschera. E rimase di stucco.
- Ma che diavolo...?- mormorò osservando il piccolo asteroide in fiamme che scendeva verso di lui.
Osservando meglio però, notò che non si trattava di un asteroide: era un guscio di salvataggio! Quindi c’erano navi in orbita da quelle parti?? Strano...
Non indugiò molto a lungo sui pensieri secondari, vista la velocità con cui l’oggetto si avvicinava. Improvvisamente però la piccola capsula sembrò rallentare, alzando leggermente il percorso della sua traiettoria. Ad occhio e croce si sarebbe schiantato poco...
“Oh merda...”
...dietro di lui.
Uno schianto fragoroso e un tremito del terreno segnalarono l’avvenuto atterraggio. Anche se schianto sarebbe stato più appropriato come termine.
Alastor, imprecando, si rialzò controllando di avere tutti i “pezzi” al loro posto. Si guardò intorno e vide immediatamente la piccola colonna di fumo che si levava dietro la linea degli alberi, forse a ottocento metri di distanza.
I pensieri riguardanti Klemvor abbandonarono subito la sua mente, e cominciò a correre in direzione della capsula precipitata. Avanzò deciso, seguendo la scia degli alberi abbattuti, finché non arrivò ad un piccolo cratere, da cui spuntava per metà un oggetto di forma ovale ed interamente metallico. Aveva visto bene, era una capsula.
Molto più interessante invece fu vedere la ragazza che ne uscì: fisico snello, volto aggraziato e capelli del colore dell’oro più puro che avesse mai visto. Sembrava un po’ malferma sulle gambe al momento ma, d’altro canto, dopo una botta del genere chi non lo sarebbe?
- Tutto bene signorina?- chiamò Alastor, rimanendo nel punto in cui si trovava, e cioè al bordo del piccolo cratere. Dopotutto, non si poteva mai sapere se la donna uscita di lì non avesse cattive intenzioni.
Edited by Alastor Krane - 10/4/2013, 20:45. -
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Impatto.Ciò che non ti uccide,
ti rende più forte?
Mi sentivo frastornata, l'occhio sinistro aveva iniziato a reinizializzarsi dopo un loop di immagini terrificanti riprese durante lo schianto, e la voce dei giunti in mio soccorso mi fece sobbalzare, incapace di vederli chiaramente con quella che per i miei occhi era una luce a dir poco abbagliante. Mi portai la mancina sulla fronte riuscendo a mettere a fuoco il viso di un ragazzino che, a dir tanto, avrebbe potuto avere la mia stessa età se non qualche anno meno, e poi su un secondo uomo, più alto e col viso curato, che si era spinto sino al bordo del cratere melmoso dove ero precipitata, domandando della mia incolumità. La terza voce, invece, mi risultava ancora poco chiaro da chi provenisse sebbene la quasi totale sintassi errata mi facesse propendere per un contadino molto grezzo o una razza sottosviluppata intellettualmente. Alzai la mano destra come a voler salutare gli astanti mentre, piano piano, la vista iniziava ad abituarsi alla luce intensa. - Sto bene... solo il tempo di riassestare le ossa e dovrei essere... a posto. - In realtà stavo morendo di fame e non dormivo da diverso tempo, quindi le occhiaie si sprecavano ed i lineamenti del volto si erano fatti un filo più spigolosi del normale, ma non potevo certo lasciare intendere agli abitanti di un mondo sconosciuto che, se avessero voluto, sarei stata una facile preda.
Allungai il braccio, allontanandolo dalla testa e lasciando che l'occhio ricalibrasse autonomamente la simmetria verticale e la frequenza di aggiornamento delle immagini. Dall'esterno poteva sembrare un poco ridicola come scena ma, chi possedeva impianti di quel tipo, sapeva benissimo l'importanza di rendere di nuovo attiva la parte "migliore di se" prima di intraprendere qualsiasi tipo di dialoghi con persone sconosciute. Poi, rivolgendomi al ragazzo che mi sembrava il più preoccupato dei due nei riguardi della mia incolumità continuai a domandare cautamente. - Siamo ancora nel Segmentum Obscurus? - Ma la mia vana illusione di essere ancora a "casa" andava ad affievolirsi di minuto in minuto mentre osservavo quel luogo tanto misterioso quanto raro. - Che pianeta è questo?... - Aggiunsi, muovendo qualche passo verso il bordo del cratere, un poco malferma sulle gambe, nel tentativo di sporgere la testa per individuare la fonte della terza voce. E la vidi: uno sgorbio goblin in arcione ad una di quelle loro schifose bestie da soma, forse uno degli animali originari della Sacra Terra mutato dalle radiazioni, che fissava con occhi avidi la mia persona. Immediatamente arretrai afferrando la Taurus e puntandola alla testa del giovinetto. - Chi siete? Collaborazionisti? Schiavisti? Parlate! -
Probabilmente non era il miglior modo per iniziare una nuova relazione extramondo, ma nella mia visione di insieme c'erano un alieno e due umani che non si stavano uccidendo e, quindi, c'era qualcosa di malato e sbagliato in quel luogo.. -
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Segmentum Obscurus...hmm... il nome suonava famigliare. Ci mise un po’ a ricordare il perché.
“Ma certo!” ebbe quasi voglia di darsi dello stupido. Un lontano punto della sua galassia portava quel nome, anche se lui non ci era mai andato personalmente. Nessuno della sua razza in effetti ci andava volentieri, evitando quella zona come la peste. Forse per un buon motivo anche. Non era raro però incontrare gente di lì in esplorazione. C’erano molte civiltà evolute, nei pressi dei Segmenti. E la giovane era probabilmente un’esponente della razza umana, come si facevano chiamare (ricordava ancora con odio le letture di storia della Galassia durante il suo periodo di formazione, ma dovette ammettere che in quel caso gli tornò davvero utile).
Il sensore nella mano sinistra del mascherato inviò un segnale diretto al suo cervello: circuiti elettronici...e non erano quelli della capsula...
Comunque, la ragazza era decisamente in stato confusionale, come tutti i naufraghi d'altronde, ma si riprese in fretta, puntando immediatamente un pistola (che assomigliava più ad un cannone ad una mano in verità) in faccia al giovane che era balzato nella zona d’atterraggio con fare apprensivo.
- Chi siete? Collaborazionisti? Schiavisti? Parlate!- la voce della ragazza armata risuonò autoritaria, con un pizzico di apprensione.
Alastor non aveva idea di come calmarla, nello stato in cui si trovava sarebbe stato inutile tentare di farlo. Ma forse sentir parlare la lingua di casa avrebbe sortito qualche effetto...o almeno, l’antica lingua rituale che usavano millenni prima dell’attuale sviluppo tecnologico e ancora utilizzata durante le cerimonie ufficiali.
- Imperatoris...servus...es?- domandò cautamente, avvicinandosi calmo. Non era certo il suo forte parlare altre lingue. Sarebbe già stata una bella cosa se la frase appena detta fosse stata di senso compiuto. Improvvisamente notò i disegni che adornavano le spalle della divisa indossata dalla bionda. Da dove si trovava lui era visibile un’aquila con le ali spalancate. Inoltre, sulle spalline, c’erano due piccoli simboli che molto probabilmente stavano ad indicare un grado militare. Di quale si trattasse, non ne aveva idea.- Es miles... ex Segmentis?- chiese ancora. Forse dopotutto stava solo facendo la figura dell’idiota, menomale che nessuno lo potesse vedere in faccia.
Finito di parlare, rimase fermo a circa tre metri dalla sua interlocutrice, con le mani alzate. Sapeva benissimo che bastava una mossa falsa e il contenuto della sua testa avrebbe ridipinto le rocce circostanti di un nuovo colore.
Edited by Alastor Krane - 10/4/2013, 20:45. -
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Impatto.Ciò che non ti uccide,
ti rende più forte?
Le minacce del boggart passarono come una specie di velo tiepido sulla mia coscienza, non tanto perché fossero poco veritiere o poco reali e pericolose, quanto più perché nella mia mente quella razza non sarebbe mai riuscita a sfidare una delle figlie dell'Imperatore, nemmeno volendo, e per quanto mi sforzassi di tenere la mira sulla faccia di quel giovane le sue parole furono oltremodo eloquenti. Quello non era il mondo da cui provenivo io e non era nemmeno la medesima galassia, nessuno nel Segmentum Obscurus si sarebbe mai sognato di farsi incatenare in schiavitù da un troglodita. I mondi degli Orchi erano a miliardi di anni luce e quell'affare sull'olifante, di certo, non era stupido come uno sgorbio dei pelleverde. Alzai la canna dell'arma rifoderandola con un movimento fluido. - Dì pure al tuo capo che la navicella dietro di me ha un motore a reazione termonucleare danneggiato e che l'intelligenza artificiale che lo governa è ancora attiva... io eviterei di fare del male alla mia persona, se non volete finire tutti a visitare nuove ed esclusive galassie smolecolarizzati. - Ovviamente i motori dell'Impero dell'uomo avevano sviluppato la tecnologia a impulso decine di migliaia di anni prima, quella specie di cartone con gli oblò non sarebbe esploso nemmeno se ci avessi lanciato dentro una claymore, ma serviva a fare un pò di scena, del resto ero maledettamente indifesa. Troppo, schifosamente, indifesa. Portamento fiero, non abbassare mai la guardia e, se devi morire, portane con te il più possibile.
Il secondo uomo, quello che tra tutti era rimasto un pochino più tranquillo, aveva iniziato a parlare la lingua dei tecnopreti. La cosa mi aveva incuriosita oltre ogni dire, ma non volevo trasparire troppo sorpresa dalla situazione, sempre per quel perverso gioco di apparenze a cui sembravamo aver aderito tutti e quattro senza nemmeno essercene resi conto. - Deus Machina, sigilla la navetta, io ho da fare qui... - Il portellone della navicella si richiuse con un fischio ruotando sui cardini idraulici. Dopo pochi istanti l'interno della navetta era di nuovo buio e cupo. - Cerchiamo di ricominciare da capo. Io sono Renee Von Richthofen, Caporale del 731° reggimento di Mechenar Prime. Quella alle mie spalle è una navicella di classe Phoenix per il trasporto umano. E per quanto riguarda la mia persona ho detto quasi tutto quello che c'è di importante. Ricambiate la cortesia? - Non avevo ancora dato l'esame da Commissario Imperiale ma, in quel frangente, mi sarebbero servite le lezioni di primo contatto stilate dall'adeptus astartes. Avevo il timore di compiere qualche sciocchezza, non la vera e propria paura di un conflitto armato, quanto più di commettere uno sbaglio nel fidarmi delle persone sbagliate. Se però, come credevo, quella era una terra vergine lontana dall'Imperatore, forse la spiegazione era tutt'altra.
Lui solo poteva avermi spedita nel warp tanto lontano. Lui solo, faro della Sacra Terra poteva avermi scelta per andare sino dall'altra parte dell'universo a conquistare nuovi mondi nel suo nome... ed io avrei fatto la mia parte, al meglio delle mie possibilità.. -
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Quando la giovane diede l’ordine all’intelligenza artificiale della capsula di disattivarsi, Alastor tirò un piccolo sospiro di sollievo.
- Cerchiamo di ricominciare da capo. Io sono Renee Von Richthofen, Caporale del 731° reggimento di Mechenar Prime. Quella alle mie spalle è una navicella di classe Phoenix per il trasporto umano. E per quanto riguarda la mia persona ho detto quasi tutto quello che c'è di importante. Ricambiate la cortesia?
Bene! Almeno non aveva fatto cilecca con le lingue. Ora che la situazione sembrava dirigersi più verso la calma che verso un’esplosione di cervella tutt’intorno, avrebbero potuto ragionare.
Per alcuni istanti valutò quella specie di mostriciattolo verdastro seduto su un’alquanto bizzarra cavalcatura e quello che doveva essere il suo schiavo (gli salì un brivido di fastidio lungo la schiena quando ripensò agli accadimenti recentemente avvenuti a Merovish). Li considerò pericolosi quanto delle puffole pigmee e si riconcentrò sulla bionda.
Sollevò lentamente la mano destra, portandola dietro al capo e andando a sfiorare una piccola placca che, se si avessero avute le conoscenze dei Thal’Anien, si sarebbe potuta tranquillamente distinguere dalle altre.
Un piccolo sibilo, e l’uomo si tolse la maschera, rivelando un naso leggermente adunco e dei lineamenti affilati, ma non in modo sgradevole. Gli occhi scuri vagarono velocemente nello spazio intorno a loro, denotando una profondità inusuale per qualsiasi essere che non fosse millenario. Quegli occhi, si piantarono in faccia di Renee.
- Il mio nome è Alastor, Comandante del 502° battaglione di Etharion. Sono il settimo Guardiano della famiglia Krane presso il tempio dell’imperatore Korgoth III. Se vorrai sapere altro, non avrai che da chiedere- si presentò quindi in modo cortese.
Non credeva che tutti quei nomi avrebbero detto qualcosa a Renee, ma tanto valeva sfoderare il titolo completo con cui di solito era conosciuto.
Attese quindi altre reazioni. Da una qualunque delle tre persone lì presenti.
Edited by Alastor Krane - 10/4/2013, 20:46. -
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ti rende più forte?
Un imperatore umano che non fosse il mio ed uno sgorbio che parlava come se fosse il padrone di se stesso, non solo, persino il ragazzo che portava con se pareva essere uno schiavo ed il suo nome, ventitré, era indice della scarsa considerazione che il padrone nutriva nei suoi confronti. Mi ricordava molto le legioni di reietti, dove ogni soldato era identificato solo con un numero e mandato al macello in prima linea, la cosa mi turbava enormemente poiché quel mondo poteva celare dei pericoli che andavano ben oltre il mero conflitto, ben oltre la mia capacità di ragionamento.
- Possiamo spostarci da qui, la navetta non dovrebbe avere problemi a resistere sino a quando non avrò bisogno di tornarci. - Affermai con una certa stanchezza nella voce. - Direi che... - Muovendo il primo passo per uscire dalla conca del cratere qualcosa attirò la mia attenzione: era un suono molto debole ma costante, un piccolo "beep" ripetuto a intervalli regolari piuttosto distanziati, un pò come quando si mette la retromarcia in una macchina per lavori pesanti, ma sicuramente non c'erano caterpillar nei dintorni. Portai la mano alla pistola nonostante il rumore provenisse dalla navetta, non mi era mai capitato di sentirle fare suoni del genere e, a ragione, la cosa mi spaventava. Dopo alcuni lunghi istanti il portellone si aprì con l'ennesimo fischio assordante lasciando intravedere una figura umanoide nell'oscurità degli interni. Chi diavolo c'era nella mia nave!? Era solo uno dei tanti pensieri che mi sovvennero in quel preciso istante mentre passavo lo sguardo tra tutti i presenti alla ricerca di qualche espressione colpevole o compiaciuta. Ma non c'erano, non erano loro i responsabili di quella strana apparizione. E poi, la figura, si mosse velocemente uscendo dalla navetta con un salto ed atterrando nel suolo a pochi passi da me: era una ragazza piuttosto alta, magrissima, con i capelli di uno strano colore violetto e grandi occhi cerulei, la cosa che più mi lasciò perplessa fu la presenza di una gigantesca aquila imperiale illuminata di colore blu elettrico che le spuntava dal petto, come se indossasse una specie di armatura. - Non si preoccupi Caporale, questa unità mobile è stata ottimizzata per contenere la mia memoria virtuale così che mia sia possibile seguirla nelle esplorazioni del nuovo mondo. Credo che, da capitano della navetta, spetti a lei il compito di presentarmi a queste creature. - Rimasi quantomeno interdetta da quella rivelazione. C'era sul serio l'IA della mia navetta dentro quella persona? Che poi, ovviamente, persona non era ma si trattava solo di uno dei droni commerciali che erano rimasti nella parte inferiore dello scafo. Passai lo sguardo sopra tutti i presenti, doveva essere uno spettacolino piuttosto stupido da vedersi dall'esterno, ed io che volevo fare la figura autoritaria e priva di vistosi difetti...
- Signori, vi presento la mia navetta. Navetta, ti presento in ordine, Ventitré, Zimmertraugher che vuole essere chiamato Zimmer dagli umani ed infine il comandante Alastor Krane. - Le presentazioni non erano il mio forte, per niente. Non sapevo quale sarebbe stata la reazione di quella gente alla vista di un drone senziente, a dire la verità quella tecnologia era andata persa millenni prima ed era solo un caso fortuito che la mia navetta avesse preso l'intelligenza artificiale di una nave ben più grande e più potente, al punto tale da prendere coscienza di se. Ma finito il momento di estraneazione relativo all'avvento della mia nuova compagna, tornò immediatamente a bussarmi nel cervello l'esigenza di intrattenere rapporti con i nativi del pianeta. - Parlando chiaramente, io sono una straniera qui, oramai è chiaro, ho bisogno di aiuto per orientarmi e capire dove sono finita e, nell'eventualità, quale potrà essere la prosecuzione della mia vita. E perché dovrei dimenticare Mechenar Prime? - Era una domanda più che legittima, dal mio punto di vista non potevo sapere che cosa Endlos riservava ai suoi ignari visitatori e forse, anche avendolo scoperto, difficilmente mi sarebbe bastato per mollare in tronco l'idea di poter tornare a casa, ma non prima di aver catalogato, esplorato e scoperto ogni cosa di quel mondo.. -
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Alastor storse un po’ il naso quando il drone uscì dalla capsula. La sua razza odiava le emulazioni della vita biologica per istinto ormai, e vederne una sbucare proprio lì di fronte a lui non gli fece proprio un gran piacere. Ma almeno aveva un aspetto abbastanza ingannevole da poter passare per un vero essere vivente.
Dopo un cenno sbrigativo con la testa in direzione del droide, tornò a prestare attenzione agli altri.
- Parlando chiaramente, io sono una straniera qui, oramai è chiaro, ho bisogno di aiuto per orientarmi e capire dove sono finita e, nell'eventualità, quale potrà essere la prosecuzione della mia vita. E perché dovrei dimenticare Mechenar Prime?
- Che tu sia una straniera nessuno lo mette in dubbio, Caporale- rispose ridacchiando l’uomo.- La maggior parte delle persone qui lo è, da quello che mi è stato detto...- fece una piccola pausa.- Per quanto riguarda il tornare a casa...non l’ho capito molto bene, ma qui parlano di un incantesimo o roba simile, che ti impedisce di abbandonare il luogo. Personalmente immagino si tratti di una distorsione spaziotemporale colossale, pertanto ci sarà impossibile lasciare questo posto finché esso stesso non collassi oppure finché non riusciamo a creare un mezzo adeguato per fuggire- concluse la spiegazione a braccia conserte, rimanendo con un’espressione pensierosa.- Inutile che ti dica che per entrambe le cose ci potrebbe volere un sacco di tempo, senza stare troppo a quantificare...- aggiunse poi.
Che poi, non è che fosse malaccio quella nuova realtà. Una dimensione fatta di altre dimensioni. E giornalmente vi si aggiungevano pezzi da ogni angolo dello Spaziotempo. Un raccoglitore di informazioni inesauribile, una piattaforma di studio e conoscenza che avrebbe fatto gola a qualsiasi studioso o scienziato.
La sua vecchia vita gli mancava, certo. Non avrebbe mai più rivisto i propri amici o famigliari molto probabilmente. Ma il Destino gioca a dadi con ogni creatura vivente, quindi bisogna anche saper accettare ciò che non si vorrebbe. E poi, finché c’era un mondo, c’era tempo. E finché c’era tempo, avrebbe potuto concentrarsi per trovare un modo di fuggire...
Edited by Alastor Krane - 10/4/2013, 20:47. -
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Per istinto, quando il rossiccio si avvicinò alla Macchina portai la mano alla pistola, ma quest'ultima mi afferrò il braccio facendomi capire in modo abbastanza brutale di non intervenire e così feci, rimanendo in religioso silenzio mentre quell'essere così simile ad uno sgorbio orchesco parlava. Le parole di Zimmer erano più che eloquenti: quello non era solo un pianeta alieno ma era anche lontano chissà quanto da casa, ammesso che fosse ancora nell'universo dove c'era una casa per me. Guardai la navetta con l'espressione perduta di chi, nonostante tutto, non vuole dare a vedere che da li a qualche secondo cadrà nell'oblio della disperazione, e quella parve in qualche modo comprendere il mio stato d'animo perchè prese la parola. - Le mie scansioni a lungo raggio confermano l'ipotesi di questa creatura, Caporale, non ci sono radiofari ne segnali provenienti dal Warp, la presenza di attività psionica è drasticamente ridotta. Siamo soli. - L'atonalità classica di una voce da androide come la sua rendeva il tutto una pugnalata ancora più dolorosa per la mia coscienza, ma mi feci forza cercando di riflettere velocemente. Nel mentre mi portai una mano sulla testa, massaggiandomi i capelli biondi in preda ad una specie di tic nervoso. - Non perdere la tua fede, Soldato, la volontà dell'Imperatore passa attraverso il cuore dei suoi figli e figlie. - Poi si rivolse al boggart con fare piuttosto sbrigativo. - La navetta ha dei danni strutturali considerevoli, per adesso potrà restare qui. Il mio protocollo di base prevedere che siate voi a portarci dal comandante di questo pianeta, o dagli esponenti di quest'ultimo, per poter comprendere dove siamo finiti. - In quel momento mi ripresi anche io dallo shock, aver celato tutta quella carica emotiva mista a paura mi aveva quasi fatto perdere la calma ma le parole perentorie della nave erano bastate a far tornare in me la luce dell'Imperium.
- Concordo, voi due sembrate navigati in questo luogo, soprattutto tu Zimmer, abbiamo bisogno di informazioni prima ancora che di viveri, e dobbiamo parlare con qualcuno di influente in questo pianeta.. o dimensione che sia. - Nel mentre mi avvicinai alla navetta lentamente, dovevo ancora prendere un paio di cose prima di sigillarla, come la chiave per la console di comando e la bandiera del mio reggimento, generosamente ripiegata in un triangolino di stoffa. - Datemi solo un istante, recupero alcune cose dalla navetta e sono pronta. - Per quanto sia logico presupporre che una navetta abbia un livello di subordinazione col pilota, nel mio caso c'era una questione molto più amplia dietro: l'incarnazione stessa del Dio Macchina si era palesata a me tanto lontano da casa, ricordandomi il mio dovere come lealista dell'impero e questo, almeno per me, aveva un significato più grande di qualsiasi cosa al mondo. Quell'androide poteva insegnarmi cose altrimenti destinate solo ai soldati più valorosi e coraggiosi della galassia, ed io dovevo essere grata dell'opportunità.
Tornai dai nuovi giunti, incerta su cosa avrei dovuto fare, mentre l'androide stava dritta in piedi con lo sguardo fisso verso il piccoletto.. -
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Le parole del droide risvegliarono alcuni ricordi nella mente di Alastor. Il giorno dell’investitura aveva dovuto recitare una litania molto simile, riguardante però il suo, di imperatore. Va bé, non era importante, al momento.
- Il navigato qui è lui direi- rispose quindi il Guardiano, indicando Zimmer.- Per quanto mi riguarda sono un neofita qui...mi stavo giusto dando all’esplorazione!- aggiunse poi con un sorriso. Si vedeva che era entusiasta di viaggiare.
La ragazza andò a prendere qualcosa all’interno della capsula (effetti personali e qualche altro accessorio di sopravvivenza, immaginò Alastor) e poi si diresse nuovamente verso di loro al passo veloce, pronta a partire.
In effetti non vedeva l’ora di andarsene da lì. Lo schianto poteva aver attirato non solo loro, ma anche altri esseri viventi che si aggiravano da quelle parti. E Alastor sapeva per esperienza che non tutto ciò che si incontra è pacifico.
Ma un’altra serie di pensieri ora ronzava in testa all’uomo mascherato.
Era ragionevolmente sicuro di potersi fidare della ragazza appena piovuta dal cielo: non sembrava malintenzionata, anzi, al contrario sembrava decisa a mantenere la calma e l’ordine. Un vero soldato insomma. Lo turbava un po’ il fatto che portasse con se un androide, ma che poteva farci: chi non vorrebbe portarsi dietro qualcosa che gli ricordi l’aria di casa? E su Endlos, gli Dei solo sapevano quanto ci fosse bisogno di sentirsi a casa, se si era appena naufragati...
Meno sicuro era invece di Zimmer. Già gli schiavisti gli stavano antipatici, ma quel...”coso” sembrava incarnare il tipico mercante che conduceva esclusivamente affari illeciti. Cosa che contribuì a far diminuire il senso di fiducia già basso che Alastor sentiva per lui. Diverso sembrava lo schiavo invece, ma il Guardiano non dubitava che, ad un cenno del padrone, non avrebbe esitato a gettarglisi contro senza pensarci su troppo.
Insomma, era capitato in una strana combriccola. Difficilmente quattro individui del genere incrociavano il cammino e lo percorrevano assieme.
E lui che pensava di aver visto le cose più strane che una mente potesse vedere...
Edited by Alastor Krane - 10/4/2013, 20:48. -
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