Fading

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    Cattura-44

    « Manca poco. Fra poco vedremo i monoliti. »
    Piccola e pallida, magrolina e gracile come un ramoscello, mezza morta per le ferite e per la febbre... eppure combattiva come un micetto messo all'angolo, che fa la voce grossa e ringhia con quanta anima ha in corpo. Per due giorni di faticosa avanzata nel sottobosco fa da guida per Jester, dando prova di istinto fuori dal comune, evitando gruppi di bestie mutate "Gastrea", che mano a mano finiscono inesorabilmente con il diventare familiari alla Matta, la quale in fin dei conti proviene da un mondo -quello degli Hunter- non proprio a digiuno di bestie strane e letali. Nel profondo della foresta, le due evitano di un soffio una mandria di animali di grossa taglia simili a bufali con volti rapaci e sfere pulsanti rosso sangue sui crani grotteschi, simili a grossi bubboni sanguigni. Assistono al sollevarsi in volo di uno stormo di cavallette grandi quanto autovetture e per poco non vengono raggiunte e sbranate da branchi di canidi mostruosi. In quasi sessanta ore da quando si sono incontrate riescono a malapena a riposare per cinque-sei ore al massimo, il che porta Kayo allo stremo. Però manca poco, perfino Jester non può non accorgersene. Il cielo è cambiato sopra le loro teste, tingendosi di sfumature rossastre. Il vento porta con se aria sporca dell'odore inquinato degli scarichi industriali, e per due volte si intravedono piccole centraline assediate dai rampicanti e dalle erbacce: tralicci della luce, segni di civiltà post-moderna con accesso al miracolo artificiale dell'energia elettrica.

    « Cerca di non svenire proprio adesso. »
    Ringhiò con una nota di cattiveria alle sue spalle, rivolta alla compagna di disavventure.
    « Ce l'ho quasi fatta. Manca poco... » Si fermò un istante, si passò una manica sul visetto sporco. Le sfuggì un sorriso amaro e poi riprese a trascinarsi in avanti. « Mentre il Gastrea lo sbranava, il mio Promoter ha gridato che... da sola non ce l'avrei mai fatta. Mi ha urlato di salvarlo anche a costo di morire, perché senza di lui non sarei mai riuscita a combinare nulla. Quelli della Generazione Rubata pensano che noi Cursed Child viviamo in funzione dei loro comodi. Invece ce l'ho quasi fatta... ormai... »
    Il sole stava morendo all'orizzonte quando Kayo cedette. Crollò in avanti, prossima a perdere i sensi. Con le poche forze che le rimanevano riuscì a tenere gli occhi aperti, distendere di un poco la mano sul terreno, e muovere debolmente le labbra per comporre la parola "aiuto"...

     
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    Non era da Jester contare il trascorrere del tempo, e in quei giorni questa sua abitudine non cambiò. Tuttavia la Selvatica non poté ignorare la stanchezza che pian piano stava prepotentemente prendendo possesso di lei. Le sue tempie erano pulsanti e le sue gambe pesanti. Le mani leggermente intorpidite dal gelo umido di quella foresta selvaggia e le palpebre pesanti dal sonno. Nonostante ciò la giovane si fece forza e non perse il sorriso cercando in più di un'occasione di iniziare un dialogo con la sua piccola guida. Pian piano, col passare dei giorni si era fatta un'idea di quella ragazzina comprendendo che sotto all'aspetto gracile e pallido vi era una salda e caparbia personalità. In più la bimbetta si era dimostrata un'ottima condottiera e, con tutta probabilità, nascondeva ancora molte altre qualità...

    « Cerca di non svenire proprio adesso. »

    Esordì la piccina strappando Jester, che camminava a qualche passo dietro di lei, dalle proprie meditazioni.

    « Ce l'ho quasi fatta. Manca poco... »

    Continuò la fanciullina passando stoicamente una manica sul visetto.

    « Mentre il Gastrea lo sbranava, il mio Promoter ha gridato che... da sola non ce l'avrei mai fatta. Mi ha urlato di salvarlo anche a costo di morire, perché senza di lui non sarei mai riuscita a combinare nulla. Quelli della Generazione Rubata pensano che noi Cursed Child viviamo in funzione dei loro comodi. Invece ce l'ho quasi fatta... ormai... »

    Il Giullare non poté impedire ad un sorrisetto malizioso di nascere sulle sue labbra. La sua nuova amica le piaceva. Era talmente testarda e combattiva che probabilmente poteva avere molte cose in comune con lei. Tuttavia c'era una sostanziale differenza... Vuoi per l'età, forse per l'allenamento la Circense sapeva di essere molto più forte.

    Con uno scattò la Strega della Luna arrivò al fianco della più piccola che stava cadendo al suolo probabilmente stremata dal lungo vagabondaggio e dalla febbre. Con un fluido movimento la matta se la portò sulle spalle a mo' di cavallo...

    -Lo so che ce la fai da sola
    Ma al momento ho il mal di gola!
    Vuoi mettere attorno al mio collo le braccia
    Per ringraziarti ti porto per tutta la nostra caccia!-


    La rima fu scelta dal Guitto accuratamente. Voleva far credere alla sua compagna di sfiga, per quanto possibile, di non essersi accorta del suo mancamento. Così da poterle donare una facile scappatoia dalla sua situazione di inferiorità...

    - Comunque meglio che sia morto
    Era un Promotor tutto storto!-


    Concluse la Selvatica avanzando nel crepuscolo.
     
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    « Pro... mo... ter... »
    Sussurrò lei in preda alle febbri, prossima a perdere i sensi.
    « nemmeno sai... pronunciarlo bene. »
    E da quel momento rimase in silenzio, limitandosi a trascinare i piedi per quanto poteva, gli occhi socchiusi e la fronte che scottava come brace. A Jester rimase l'incombenza di tirarsela dietro, lei e quel suo grosso borsone che la faceva assomigliare ad una chiocciola malconcia uscita da sotto un sasso in seguito ad un violento acquazzone. In due percorsero la fine del sentiero, furono costrette a valicarlo e poi proseguire sempre a dritto, con la vegetazione che sembrava inghiottirle e la sensazione di essersi perse sempre più pressante. A guidarle solo il vago chiarore oltre le fronde degli alberi che uccideva una ad una le stelle nel firmamento, sostituendole con una pesante ed impenetrabile cappa di smog. La notte era ormai moribonda, quando gli ultimi colossali alberi cedettero infine il passo liberando lo sguardo. E mai, semmanche folle, la giullare poteva essere preparata a ciò che l'attendeva.

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    Alle prime luci di un'alba sfavillante, Jester divenne la prima abitante del semipiano ad ammirare in tutta la sua estenzione uno dei più vasti rigurgiti del malestrom della storia di Endlos. Una città di portata talmente vasta da annientare l'orizzonte in un oceano apparentemente illimitato di cemento, vetro e acciaio, dominata dalle sagome imponenti dei colossali monoliti neri di Vanarium. si distendeva a volo d'uccello letteralmente per chilometri, cinta da cappe di fumi bianchi simili a nubi là dove le industrie all'opera avvelenavano l'aria rendendola irrespirabile. Quella titanica cuspide infilzata nelle carni di una realtà squassata dal Warp aveva deformato una vasta porzione di un intero presidio, scagliando a chilometri di distanza montagne e foreste, sbalzando i laghi e dando prova di quanto sia futile disegnare carte e mappe in Endlos. Quando gli abitanti di Laputa avevano scoperto Klemvor avevano creduto che la città delle macchine fosse grande, ma perfino quel luogo non era nulla comparato a quanto si estendeva di fronte a Jester. E poi c'era di più: Klemvor era un guscio vuoto privo di vita, animato solo da autonomi privati di uno scopo e di padroni. Laggiù invece c'erano migliaia, forse milioni di anime! Era possibile che nel volgere di una notte la popolazione di Endlos era forse raddoppiata, attirando a se i destini di un intero popolo di naufraghi ancora inconsapevoli di essere stati estirpati dalla loro realtà natia e catapultati in un altro mondo.
    Ce n'era abbastanza da impazzire, ma per la giullare non doveva essere di certo un problema. Lei, d'altronde, faceva della sua pazzia un vanto e una bandiera.
    Dunque perché esitare...? C'era da affrontare un dirupo, o aggirarlo in cerca di un sentiero, poi giù dritto per le strade fatiscenti di una fredda via di periferia urbana.

     
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    Per tutto l'arco oscuro della notte Jester non chiuse occhio. La giovane era stremata sotto il dolce fardello che era il peso leggero della sua nuova amica. Il rumore dei suoi passi non era più il frutto di una volontà ferrea ma il continuo inesorabile d'un disco incantato. Le prime luci dell'alba inondarono il corpo della giovane donandole un tepore che aveva quasi smesso di cercare nel freddo umido della foresta. Poi un lampo incredulo si fece largo illuminando gli occhi di tenebra di lei. Sul viso cereo e pallido della Selvatica nacque un'espressione tra l'esterrefatta e l'euforica. L'incredulità lasciò il passo alla felicità. Davanti alle fanciulle si apriva uno scenario straordinario. La foresta aveva lasciato il passo a quella
    che Jester riconobbe come una metropoli brulicante di vite. Dall'altro dello strapiombo dove si trovavano le due la giovane poteva esserne certa.


    -Hei, sveglia piccina...
    Scrollò un poco la piccola non essendo sicura che fosse del tutto cosciente.
    Siam arrivate in cittadina!-

    Mentre la Giullare aggirava il dirupo che la separava dal nuovo insediamento urbano, forse per la stanchezza o forse a causa del suo strano modo di ragionare, non si soffermò a lungo sull'atto di chiedersi per quale diavolerie su Endlos fosse spuntata una nuova città. Si limitò solo ad ammirare quel complesso di acciaio e smog e si rispose che con ogni probabilità uno di quei varchi dimensionali che avevano sputato lei stessa su quel mondo avevano deciso di vomitare un intero territorio...
     
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    Prima mattina in città, ai margini della periferia di una zona scelta da Jester con criterio rigorosamente casuale. Il punto abitato più vicino, il più facile da raggiungere, quello più immediato. Perché Kayo è piccola e leggera, ma quella grossa borsa strapiena di oggetti si fa ogni passo più pesante, finché anche quel mucchietto d'ossa e testardaggine definitivamente e irrimediabilmente privo di sensi che la giullare si trascina appresso finisce col diventare gravoso. Così la megalopoli accoglie le due viandanti con l'assonnata indifferenza di un grasso gatto persiano domestico, che sbadiglia e a malapena degna di uno sguardo i due intrusi apparsi dal nulla, neanche degni di attenzione in quanto solo e soltanto un paio di anime in più in quello sterminato formicaio di acciaio e cemento. Jester si fa avanti nel più assoluto silenzio delle strade unte dalla guazza di primo mattino, mentre il sole prende a risalire la valle un passo alla volta, cacciando via poco a poco l'ombra della foresta. I monoliti neri, enormi meridiane artificiali, seguitano a proiettare la loro presenza oscura sui quartieri urbani, e proprio ai piedi di uno di essi Jester incespica in avanti, finendo finalmente con l'incrociare anime vive. Si tratta dei primi audaci, un moccioso di forse quindici anni in bicicletta intento a consegnare i giornali; un'attempata donna sulla sessantina magrissima e dalla pelle grinzosa come uno stecco, avvolta in una tuta di colore squillante di pessimo gusto che molleggia nello jogging mattutino; un clochard borbottante emerso da chissà dove che si muove come un ratto, lo sguardo spento di chi forse la sanità mentale non l'ha mai avuta, sbircia nei bidoni prima che arrivi la nettezza a svuotarli. E poi le auto: poche e rare vetture che avanzano pigre, i fari accesi anche se non è più notte, chi sta al volante non si è ancora reso conto del sole ormai sopraggiunto.

    E' un posto alieno, strano. Quelle poche anime disgraziate sono una collezione da circo. Gli abitanti veri, i cosiddetti "normali", inizieranno il loro tram tram da fuori di testa solo fra qualche giro d'orologio. Frattempo questi pochi sguardi alienati, Jester e la sua piccola amica sono fuori posto ma neanche così tanto. Attirano occhiate, forse anche un qualche interesse... ma nessuno si fa avanti. Non per ora, si intende. Alla giullare stava la scomoda posizione di dover decidere il da farsi: se cercare un posto specifico o fermarsi in un luogo qualunque, quando ai due lati delle strade ci sono solo file e file di villette intervallate da macchie di giardini ben curati, segno che quello è un quartiere di gente a modo, veri indigeni di quella giungla di cemento e routine. Le alternative erano interpellare uno di quegli strani figuri o fermare un'auto, una qualsiasi. Mettendosi in mezzo alla strada, ad esempio, oppure richiamando l'attenzione dei guidatori in qualche modo...

     
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    Ormai arrivata nel mezzo della metropoli la giovane Giullare ebbe l'onore di assistere alle prime anime in attività. Una signora intenta a fare jogging, uno straccione alla ricerca di una qualche ricchezza in mezzo alla spazzatura urbana e un adolescente intento a guadagnarsi qualche soldo con la consegna dei giornali.
    Jester si trascinò in avanti con la bimba in spalla per tagliare la strada a quest'ultimo. La mancina tesa in avanti in segno di stop...

    -Buongiorno mio caro
    Perse noi siamo!-

    Cinguettò la giovane con un sorriso stanco.

    -Potresti indicarci un riparo?
    Per un hotel dove andiamo?-


    Detto questo la giovane portò nuovamente la mano a tenere la gamba del suo carico mentre con un saltello se la posizionava meglio sulla schiena. La Hunter era talmente stanca che in quel momento avrebbe potuto addormentarsi sul marciapiede, tuttavia in quel momento era un'altra la sua priorità. Prendersi cura della sua compagna d'avventura.
     
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    Nell'individuare l'ostacolo che improvvisamente gli tagliava la strada e nel fermare la bici, il giovane di certo dette prova di riflessi fuori dal comune. E non in senso buono. Jester aveva abbondantemente sottovalutato il dettaglio dell'ora improbabile in cui si trovavano, nonché l'eventualità che il tizio che aveva di fronte magari non era proprio del tutto sveglio... in più di un senso. Ciò che risparmiò alla giullare un brusco balzo di lato -tutt'altro che agevole visto il mucchietto d'ossa che si scarrozzava dietro- furono per lo più gli ottimi freni della bicicletta, che nonostante la guazza del mattino che rendeva scivoloso l'asfalto resero possibile l'impresa di una frenata insperata. Le ruote anteriori si fermarono quindi a mezzo passo dalla matta che, incurante dello scampato pericolo, si limitò a tirare su il piedino di Kayo, che frattempo stava scivolando via, salutando con un paio di rime allegre forzando un sorriso stanco.
    Il ragazzetto, dal canto suo, avrebbe volentieri inveito contro di lei, rea di averlo spaventato a morte con quella bruttissima idea di mettersi proprio in mezzo alla strada, ma nel rendersi conto di avere di fronte a se una ragazza riuscì a malapena a balbettare qualcosa di incomprensibile, senza riuscire ad articolare uno straccio di frase. Ci vollero alcuni lunghi istanti perché connettesse infine i dettagli di ciò che aveva di fronte, e nel porsi domande spontanee come "ma come è vestita questa???" oppure "oddio, ma la tipa che si porta in spalla sta male!" iniziò anche a macinare qualche dato aggiuntivo arrivando quindi ad una facile conclusione:

    « T... tu sei una Cursed Child...! Una mezzo-Gastrea...! »
    Biascicò in tono stridulo, incespicando per liberarsi della bici. Più o meno allora Kayo schiuse gli occhi per un istante, mugolando in preda alle febbri.
    « Gli occhi rossi... avete entrambe gli occhi rossi!!! A... a... AIUTO! »
    In realtà gli occhi di Jester erano castani, ma vallo a spiegare ad uno che sembrava avesse visto la morte in faccia.
    Scivolando sul marciapiede bagnato, il ragazzo dei giornali se la dette a gambe levate, lasciando a terra il suo mezzo e qualche dozzina di giornali locali e volantini pubblicitari. Se la giullare ne avesse sbirciato uno, non sarebbe stata in grado di leggerne i contenuti perché i caratteri dello scritto erano a lei ignoti, ma avrebbe potuto capire qualcosa dalle immagini riportate in prima pagina: folle di manifestanti, gente armata di cartelli e striscioni che fronteggia cordoni di polizia in assetto antisommossa. A lato l'immagine di un vecchio dai modi pomposi e dall'aria aristocratica che poteva essere soltanto un politico o un industriale di quelli importanti, circondato da guardie e quella che doveva essere la sua famiglia -una donna molto anziana ed una ragazza di sedici-diciassette anni. I titoli erano cubitali, di quelli che si usano per titolare lo scoppio di una guerra o qualcosa di altrettanto eclatante. Altro si poteva capire aprendo quei fasci di fogli stampati, forse, ma sicuramente era meglio chiedere in giro perché dalle semplici immagini di un giornale si può capire ben poco. Peccato che dopo che il giovane si era messo a urlare erano scappati via tutti, perfino il barbone aveva smesso di rovistare la spazzatura. Le possibilità che si aprivano a Jester erano quindi, di fatto, solo tre: cercare un ulteriore contatto con la popolazione locale fermando una delle poche auto di passaggio, proseguire per quella via in direzione del centro urbano, oppure tentare di nascondersi da qualche parte, in un vicolo o in uno dei parchi pubblici. Di certo non poteva tornare indietro: Kayo stava malissimo e aveva bisogno di cure mediche. O forse di quella fantomatica medicina di cui le aveva parlato quando si erano incontrate? Forse era per questo che il ragazzetto era scappato, perché le Cursed Child sono malate e infette?

     
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    Jester inclinò la testa di lato non capendo la strana reazione del ragazzo e di tutto il resto di quella gentaglia. Poi, improvvisamente, un pensiero che non aveva preso in considerazione le balenò in testa. Possibile che le Cursed Child fossero persone malate e che Kayo l'avesse infettata? In questo caso il Giullare sarebbe stato in grado di spiegare per quale ragione quell'adolescente impazzito avesse urlato circa degli occhi rossi che lei non sapeva di avere. Probabilmente quello era stato un effetto secondario del virus. La Strega della Luna sospirò, non era per niente felice di morire nuovamente, forse avrebbe potuto trovare la cura di cui aveva blaterato la ragazzina e scansare una così malasorte.

    -Dai piccoletta stammi ad ascoltare
    E dimmi dove devo andare!-


    Dicendo questo la Hunter iniziò a camminare verso il cuore della città...
     
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    Nemmeno il sospirone di Jester servì a ridestare la piccolina che portava sulle spalle, la quale anche se chiamata si smosse appena un poco, incapace di uscire dai deliri delle febbri in cui versava. Il sole prese a levarsi pigramente illuminando la vallata invasa dai fumi dello smog, mentre la giullare arrancava lungo le vie, superando in breve gli ordinati quartieri residenziali ed i loro bei giardini curatissimi, fino ad un'area più in vicino al ventre vivo della città, dove le villette lasciavano il posto alle palazzine brulicanti di vita -sorelle minori dei grandi palazzi del centro urbano-, negozi e Boutique, uffici ed alberghi dall'aria costosa, alimentari ed ingressi di metropolitane in cui la maggior parte degli individui per le strade già sciamavano di gran fretta, presissimi dal tram tram quotidiano e fin troppo allenati ad ignorare il popolo di disadattati delle primissime ore del mattino per far caso alla giullare. L'unico lato positivo delle file e file di automobili che puzzavano di smog parcheggiate ai lati delle strade, simili a interminabili vermi di metallo segmentati, erano i vetri dei parabrezza e gli specchietti retrovisori su cui la saltimbanco avrebbe potuto specchiarsi anche involontariamente; in tal caso avrebbe potuto appurare che i suoi occhi conservavano ancora il loro colore giusto, al contrario di quanto aveva urlato il ragazzetto di prima. Forse era matto pure lui, forse aveva visto male. Forse era semplicemente spaventato e aveva visto quel che voleva vedere.
    Iniziò tutto senza alcun preavviso, mentre Jester si ritrovò costretta ad attraversare un'ampio nodo in cui il fiume di asfalto a due corsie che stava percorrendo si intersecava con un'arteria particolarmente vasta in cui potevano passare comodamente otto camion uno affiancato all'altro. Quello era un punto nodale, a destra ed a sinistra gli edifici erano quasi tutti hotel, negozi di abbigliamento dall'aria curata, ristoranti e fast food -ancora chiusi vista l'ora. Trovarsi lì costrinse la ragazzina a fermarsi perché se anche voleva proseguire per la sua via aveva da rispettare il semaforo, nonché un piccolo tappo di 3-4 persone che gli si paravano di fronte. Qualcosa di piccolo rimbalzò sulla schiena di Kayo per poi rimbalzare a terra con un rumore di vetri rotti, trasmettendo l'impatto a Jester stessa. La bimba non pesava particolarmente, ma costringeva comunque la giovane Hunter a voltarsi se voleva guardare alle sue spalle, nel punto da cui era venuto l'oggetto: una bottiglietta di birra di vetro verde, qua e là ce n'erano diverse, per le strade. Quel movimento pressocché istintivo e involontario le costò una sassata in piena nuca, seguita nel volgere di qualche attimo dal dolore e dalla sgradevole sensazione di calore di un rivolo di sangue che scivola lungo il lato della testa.

    « Mostro!!! »
    Le gridò con cattiveria da dietro un angolo un ragazzetto di 4-5 anni. In un cestino della spazzatura trovò una lattina vuota e la lanciò verso Jester, stavolta sbagliando mira di molto. Lo schizzo di liquido grigiastro si fermò a pochi palmi dalle scarpe malridotte della saltimbanco.
    « Vai via, mostro! »
    Disse ancora, scontento di non aver centrato il bersaglio. Aveva in volto un'espressione... strana. Una commistione di odio e rabbia, miste al semplice piacere di avere di fronte qualcuno a cui era lecito maltrattare, ed a cui oltretutto trovava giusto far male. Un po' la stessa espressione di bambini alle elementari che, in gruppo, picchiano il compagno più sfortunato.
    Di gran fretta piombò sulla scena una donna corpulenta dalla faccia altrettanto cattiva, che gli mollò uno schiaffo sulla nuca prima di strattonarlo via. La madre, forse, che dopo aver scoccato a Jester uno sguardo carico di disprezzo tirò via il pargolo. La giullare poté udire qualcosa come "quella cosa poteva farti male", prima che il moccioso si mettesse a lammiare senza ritegno coprendo la voce del genitore. Adesso la Matta aveva davvero attirato l'attenzione. Le strade non erano gremite, c'era relativamente poca gente vista l'ora del mattino, ma ogni singola anima su entrambi i marciapiedi adesso la fissava, come se fosse lei la colpevole. Come se fosse lei, quella che aveva fatto qualcosa di male.


    I danni della sassata sono trascurabili, la nuca sanguina un po' e sul momento fa male, ma non è niente di rilevante dal punto di vista fisico. Probabilmente la botta fa più male all'orgoglio, in effetti.
     
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    Era passato qualche tempo e la zona era diventata sempre più urbanizzata. Tuttavia ogni ricerca di Jester di attirare l'attenzione di qualche buon samaritano aveva avuto il successo di un buco nell'acqua. Intanto la piccoletta sulle spalle della Hunter sembrava stare sempre più male. E non era la sola. Anche le forze del Guitto stavano venendo meno e con loro anche la sua pazienza.

    « Mostro!!! »
    Jester si girò appena in tempo per beccarsi una bottiglia di birra vuota in testa.
    « Vai via, mostro! »

    Ad urlare era stato un bimbetto che una donna grassoccia, probabilmente la madre, stava portando via rimproverandolo di star attento a non avvicinarsi ad una cosa così pericolosa come la Circense. A quel punto gli occhi di tutti i cittadini che avevano iniziato a popolare la metropoli si volsero verso le due ragazze pieni di paura e risentimento. Sguardi che la mezza Selvatica conosceva fin troppo bene. Quel comportamento innescò automaticamente qualcosa nella giovane e la sua aura esplose come una bomba di tenebre oscurando il cammino altrui. Le iridi che, la fanciulla avevano accurato essere ancora del proprio colore, iniziarono ad ardere. La mancina corse alla tempia pulsante dove un rivolo di sangue si stava facendo strada in una striscia vermiglia rendendo il volto cereo stranamente etereo. La matta rimase immobile fissando le dita diafane macchiate di scarlatto quasi ipnotizzata.

    Ora sarebbe bastato il lieve spostamento d'aria prodotto dalle ali d'una farfalla per far cadere la Hunter nel baratro della follia e farne uscire al suo posto una creatura ben diversa.

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    Direttamente davanti alla giullare, una vettura svoltò l'angolo con un movimento placido ma deciso e i lampeggianti che brillavano di una luce blu insistente, accompagnata dagli sguardi di sempre più astanti che andavano accalcandosi. Chi non aveva assistito alla scena o semplicemente aveva fatto finta di niente, adesso non poteva ignorare la comparsa di una volante della polizia, che invase la carreggiata opposta accostando a pochi metri dalle due ragazzine. Sirene ovviamente spente, per un attimo puntarono i fari proprio addosso alla giovane; fosse stato completamente buio avrebbero sicuramente accecato Jester, ma il sole ormai si era già levato e l'unico effetto che le luci ottennero fu quello di richiamare ulteriormente l'attenzione sulla saltimbanco e rendere del tutto inequivocabile il motivo della loro presenza.
    Scesero due uomini in uniforme, i distintivi bene in vista. Erano entrambi alti e robusti di corporatura, i ventri prominenti cinti a stento dalle cinture non intaccavano una certa aura di autorità che emanavano. Portavano armi alla cinta e uno dei due scambiò due parole con una radio collegata alla vettura prima di iniziare a fissare Jester come se fosse una piccola ladra colta a taccheggiare in un minimarket di periferia.

    « Ehy. »
    Ingiunse in tono secco, con un verso disgustoso delle narici.
    « La tua amica sta male? »
    Non aveva un tono aggressivo. Aveva lo stesso tono che una persona normale userebbe per tranquillizzare un cane randagio ferito. Comunque fu il collega a proseguire, sempre fissando insistentemente la ragazzina mentre il veicolo mandava scariche di suoni impossibili da distinguere dalla radio.
    « Guarda che sguardo che, Ed. L'hai mai visto uno sguardo così? »
    « Stai zitto e fai parlare me.
    Si avvicinò di un paio di passi, ma rimanendo a cauta distanza.
    « C'è un ospedale, qui vicino. Ti ci possiamo portare, ti va? »
    Il secondo uomo era più slanciato dei due, anche se comunque bene in carne. Aveva i capelli rasi ed una stempiatura decisamente meno incisiva, ma gli occhi erano sgradevoli e non si rivolgeva a Jester, limitandosi a fissarla con un certo timore misto al disgusto che si prova per i minorati mentali. Il suo collega si voltò verso la folla con modi ben più ruvidi:
    « Che avete da guardare, voi? Fuori dai piedi o vi arresto per intralcio alla legge! Qui non c'è un cazzo da vedere, intesi? Ehy, tu! Checcazzo fai?? »
    Attraversò la strada senza nemmeno assicurarsi che non stessero arrivando auto puntando una ragazzina di quattordici o quindici anni al massimo, che rimase impietrita sul posto. Aveva sollevato una scatoletta di metallo scura ed emesso una specie di flash come quello delle macchine fotografiche, e l'aveva ancora fra le mani quando l'uomo glielo strappò di mano di malagrazia.
    « Niente foto! Fuori dai piedi, o vi faccio arrestare! »
    Lo schermo dell'apparecchio si era sfasciato nella caduta, ma l'uomo lo calpestò con foga riducendolo ad un rottame, ignorando le proteste disperate della ragazza. Per rincarare la dose, le mollò anche uno spintone che la gettò in mezzo al resto degli astanti che riprendeva lentamente la marcia.

    « Allora, bimba, » disse infine, una volta riguadagnato il lato della strada su cui stava Jester, « ti va di aiutare la tua amica e mangiare un boccone? »
    Mise le mani sui fianchi. Impossibile dire se nel gesto di impazienza di uno zio o per avvicinare le mani al calce della pistola che aveva in fondina...

     
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    « Ehy. »

    Una macchina della polizia si era fermata a qualche metro dalla saltimbanco ed ora a parlare era un uomo corpulento seguito da un suo compare. Jester non badò a nessuno dei due, gli occhi scuri pieni di follia ancora fissi sulla folla.

    « La tua amica sta male? »
    La Hunter non si mosse d'un centimetro.
    « Guarda che sguardo che, Ed. L'hai mai visto uno sguardo così? »
    Disse il suo secondo.
    « Stai zitto e fai parlare me.

    L'agente si avvicinò ancora un po' e solo in quel momento la Selvatica sembrò accorgersi della sua presenza. Piano rivolse lo sguardo verso di lui scrutandolo come un animale confuso e incerto sul da farsi.

    « C'è un ospedale, qui vicino. Ti ci possiamo portare, ti va? »

    La fanciulla si limitò a fare cenno di sì col capo. Dopo un'attenta analisi aveva deciso che il tono calmo del poliziotto gli ispirava fiducia ed a rafforzare quest'immagine positiva che si era creata contribuì il suo intervento nell'impresa di disseminare la folla. In particolar modo il Giullare approvò l'allontanamento di una ragazzina molto fastidiosa.

    « Allora, bimba, »
    Si rivolse nuovamente alla Hunter.
    « ti va di aiutare la tua amica e mangiare un boccone? »
    La Strega della Luna trascinò più vicina all'agente.

    -Ne sarei davvero felice
    Ad accettar ciò che dice.
    Qui tutti sembran aver paura
    E' come se portassi sventura...-
     
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    Per un lungo attimo, l'uomo fissò Jester dritto negli occhi. Sostenne lo sguardo della giullare per un tempo che sembrò indefinitamente lungo, quasi cercasse qualcosa nelle iridi di lei, oppure volesse che fosse la ragazza a trovare qualcosa nei suoi. Infine sembrò esitare, si voltò a guardare Kayo e le mise una mano sul viso con fare ruvido, premendo con le grosse dita sulle pupille di lei ed ispezionando le iridi sanguigne della ragazzina. Non disse niente. Si limitò a serrare la presa sotto l'ascella della giullare costringendola ad avvicinarsi all'auto. Il collega aprì la portiera, e in un attimo la giovane selvaggia si ritrovò dentro assieme alla sua compagna di sventure. Il sedile era ruvido e malridotto, l'interno puzzava di tanti e tanti odori di cose e persone -sopratutto persone. Fra le due bambine ed i due poliziotti c'era di mezzo una rete rinforzata che era comune a tutte le volanti, ma che in quel caso particolare faceva apparire la vettura come una prigione semovente.

    « Pro... mo... ter... »
    Mormorava Kayo, a metà fra il delirio e la completa perdita dei sensi.
    Aveva il capo riverso sulla spalla di Jester e si rifiutava di aprire gli occhi.
    « E' morto. E' morto... Vi prego... »

    L'auto dette gas e tirò una sgommata rumorosa, e con un pungente odore di gomma bruciata schizzò in avanti di malomodo. Alla curva ci fu uno schiocco di sirene in azione e un ingresso in carreggiata piuttosto brusco, il semiasse che protestava con uno scricchiolio sinistro. Poi l'auto procedette con un'andatura sostenuta lungo la strada urbana semideserta, le luci sul tettuccio che mandavano lampi che si riflettevano sulle vetrine dei negozi e sulle auto in sosta ai lati della strada.

    « Verrete tutte e due con noi ad un ospedale. »
    Disse in tono secco il poliziotto al volante. Il collega fece per avvicinarsi ad una radio posta fra i due e borbottò qualcosa circa l'avvertire la centrale. Venne fulminato sul posto da uno sguardo rabbioso e una voce tinta di nero.
    « Tu non avverti proprio nessuno, ragazzo, » abbaiò malamente l'uomo al volante, ed il collega più giovane si ritrasse come se il microfono della radio fosse incandescente. « Ed, ma non le vedi! Abbiamo due Cursed Child sul sedile posteriore della macchina! » « E ce ne possiamo occupare benissimo noi, intesi? Noi due, intesi? Le portiamo all'ospedale appena fuori dalla città alta. E tieni basso il tono di voce quando ti rivolgi a me, intesi? Tu sai di mia figlia, vero? L'hai saputo di per certo visto che ti scopi quella del centralino. Ci siamo intesi? »
    Per un istante la tensione era tale che Jester stessa la percepì chiaramente. I due si confrontarono, l'uno arrabbiato e l'altro incredulo e titubante.
    « Certo, Ed. Intesi... Volevo solo... Niente, Ed. Niente. Intesi. »

    L'auto aumentò ancora l'andatura. Una curva fu tremenda, praticamente a gomito. Adesso non c'erano più auto nella carreggiata, né passanti sul marciapiede. Gli edifici si fecero meno luminosi e poi più fatiscenti, finché non rallentarono per entrare in un vasto parcheggio. L'uomo era stato di parola: l'ospedale era vicino. Ci avevano messo meno di dieci minuti ad arrivare fin lì, solo che il posto sembrava abbandonato. C'erano auto, ma erano poche e non si vedeva un'anima. La volante imboccò un sottopassaggio sbucando in un parcheggio sotterraneo, dove fra grandi colonne di cemento armato sostavano circa due dozzine di vetture in mezzo a due o trecento posti auto. I due uomini parcheggiarono, scesero sbattendo gli sportelli e aprirono ai due lati. Il più giovane prese Kayo e la issò a se cercando di essere gentile, mentre dal lato di Jester apparve l'uomo più anziano con i baffi, che le tese una mano.

    « Scendete, avanti. »

     
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    Jester combatté per i primi minuti di macchina nel vano tentativo di non cedere alla troppa stanchezza. Nonostante i suoi sforzi si ritrovò ben presto sulla sottile linea fra sogno e realtà mentre i colori nitidi del mondo sfumavano davanti alle sue iridi. Purtroppo la ragazza fu richiamata alla realtà poco dopo dal battibecco dei due poliziotti. '...sai di mia figlia...', 'intesi' frammenti di frasi le arrivarono alle orecchie ma lei non capì.

    Le dita s'attorcigliarono nelle ciocche ingarbugliate della bambina il cui capo era accoccolò sulle sue ginocchia. 'Promoter' ecco la parola che aveva sentito pronunciare spesso da quelle piccole labbra in quel viso piccino contrassegnato da una smorfia sofferente.
    La macchina si fermò nei pressi d'un ospedale e la Hunter per un attimo ne fu impressionata. Era un edificio imponente ma vuoto. Decise di non indagare mentre le portiere si aprivano e Kayo veniva issata dal poliziotto più giovane. Con un gesto garbato della mano rifiutò la mano tesa dell'agente, per quanto gentile fosse quell'uomo lei non voleva apparire debole...

    -No la ringrazio infinitamente
    Ma ce la faccio... veramente!-


    Si esibì in un sorriso tirato e quando fu certa che gli altri non ascoltassero aggiunse.

    -Conosce di 'Promoter' il significato?
    Io, ammetto, non l'ho ben afferrato.-


    Detto questo lanciò un'occhiata alla piccoletta e si chiese se fosse per quella ragione che tutti sembravano evitarla manco avesse la peste.
     
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    Un eco mesto restituì la domanda appena posta alla giullare, dando una misura di quanto il parcheggio sotterraneo fosse vasto e deserto. Kayo non ne voleva sapere di camminare. Si era attaccata alla giacca del poliziotto e di lì a poco fu chiaro anche a Jester che era scoppiata a piangere. Il viso completamente arrossato, implorava il più giovane dei due uomini con appena un filo di voce. « Per favore... per favore... » ripeteva strenuamente, e intanto puntava i piedi. Per qualche metro venne praticamente trascinata, finché giunti alla parete più vicina non venne gettata contro il muro, dove si accasciò singhiozzando.
    « Non sono scappata! Non sono scappata... lo giuro... il mio promoter è morto... lasciateci andare, per favore, per favore... » Quando scattarono i suoni secchi delle sicure rimosse, a quel punto la saltimbanco dovette per forza realizzare come ci fosse qualcosa che non andava. Ma non ebbe il tempo di reagire... non ebbe modo di scappare. I due poliziotti erano già armati, avevano già puntato le pesanti pistole.

    « I promoter sono i bastardi che vi fanno da guardia, mostro. »
    Disse il più vecchio dei due poliziotti, rispondendo così al quesito posto dalla matta poco prima.
    « Vi addestrano, vi usano come arma per ammazzare altri mostri come voi... e poi quando impazzite vi piantano una pallottola in testa prima che vi rivoltiate contro gli umani. »
    Un boato. Bang! Una scintilla, poi buio. La giovane cacciatrice crollò al suolo, d'un tratto cieca. Percepì chiaramente lo scorrere del proprio sangue sulla tempia, dove il proiettile aveva scavato un solco raggiungendo il cervello. Accanto a lei Kayo implorava. Bang! Bang!! Il suono sordo di un altro corpicino che finiva al suolo.
    « Esattamente quello che dovrebbero fare da subito. Vi dovrebbero ammazzare nell'istante in cui vi hanno di fronte. »
    Un'esplosione di dolore all'altezza della spalla. Poi ancora, ancora, ancora. Ancora!!! Il poliziotto crivella Jester di proiettili. Scarica su di lei il caricatore, poi ne prende uno nuovo e svuota pure quello. Ne prende uno nuovo e torna a Kayo, mentre lentamente Jester muore...

    « Mia figlia è morta durante le guerre gastrea. » C'è tanto odio nella sua voce... tantissimo. Più di quanto può essercene in un uomo sano di mente. « Schifosa mezzosangue. » Spara ancora. Kayo smette di colpo di gemere. « Schifosa mezza-gastrea. Fottuta occhi-rossi. Crepa diecimila volte. Crepate tutte quante... Intesi? »
    Il mondo sfuma e poi scompare. Buio.


    Ti sei fidata di uno sconosciuto. Scelta sbagliata! Ma la storia non finisce certo qui! Per Jester si spengono le luci, ma i due uomini lasciano sia il tuo corpo che quello di Kayo lì dove con tanta crudeltà vi hanno ammazzato, annegate nel vostro stesso sangue. Non possono certo immaginare di aver appena tentato di assassinare una immortale!

    Qui termina la giocata, in breve aprirò il seguito -naturalmente se ti va ancora di giocare! Per qualsiasi domanda, PM!


    Edited by Yomi - 28/1/2015, 15:06
     
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