[EM][LAM] Final Masquerade

Poor Unfortunate Souls ~ Interludio IV

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    { Merovish, Cunicoli cittadini }
    pov - Lizzy “Stella” Jenkins

    Un passo davanti all’altro, leggera come una ballerina. La folla per le strade non la impensieriva. Si sentiva fluida come un ruscello mentre scansava i passanti e ogni ostacolo. Una perfetta sintesi di grazia e agilità, aveva il passo felpato di una gatta che riusciva a leggere nella città percorsi preclusi a chiunque altro. Tra gli anfratti di un vicolo, un salto su quel ballatoio, sette passi sospesa sul ciglio, poi di nuovo giù in strada. Doveva essere uno spettacolo incredibile seguire i suoi movimenti… che peccato che nessuno potesse vederla.

    Normalmente sarebbe stata una catalizzatrice degli sguardi più depravati e vogliosi, ma in quel momento nessuno poteva godere delle sue forme conturbanti. La Voce era invisibile. Senza identità, sola in mezzo al marasma della Tana. Nella sua personale realtà - fatta di sguardi non ricambiati e passi non sentiti - era finalmente libera. Poteva gettare la maschera della donnaccia. Non era più costretta a indirizzare ammiccamenti ed espressioni complici agli uomini più lerci di tutto il semipiano. Ogni tanto non le dispiaceva per niente essere trasparente agli sguardi degli altri.

    Tutti questi pensieri non le fecero perdere di vista il suo bersaglio. Sia perché aveva sviluppato degli automatismi nei pedinamenti che avrebbero fatto invidia a molte macchine cacciatrici, sia perché il suo obiettivo non aveva particolare interesse a far perdere le sue tracce. A dirla tutta, probabilmente non immaginava neppure di essere inseguito da qualcuno. I suoi superiori le avevano comunque intimato di non abbassare la guardia: per quanto quel Venat fosse soltanto uno sguattero da taverna, i suoi spostamenti avanti e indietro da Laputa non erano passati inosservati a tutti gli occhi annidati nel buio. Il quadro si faceva ancora più interessante considerando le abilità combattive che aveva messo in mostra sul ring dell’Arena Nera, il giorno dell’inaugurazione e dell’attacco a Merovish. Abilità nel combattimento decisamente insolite per un lavapiatti.

    Chissà dov’era diretto lo Sfregiato? Per abbandonare la capitale avrebbe dovuto raggiungere i Cancelli della città, l’unico collegamento ufficiale con la superficie. Era quello il passaggio obbligato per chiunque volesse accedere o lasciare Merovish, almeno da quando era stato bandito pubblicamente il trasferimento istantaneo in tutte le aree cittadine. Nemmeno una spia come lei ne conosceva i dettagli ma, a giudicare dai molti tentativi falliti, le autorità avevano imposto sulla Tana un qualche tipo di blocco che reindirizzava ogni smaterializzazione al terzo livello delle Prigioni Abbandonate – tirato a lucido per l’occasione.

    I suoi occhi restavano fissi su di lui. Ovunque fosse diretto, lo avrebbe scoperto presto.

    « Forza tesoruccio, cosa mi nascondi? ♥ »

    La sua domanda si perse nel nulla.


    Nota: il blocco del teletrasporto a cui si accenna nel narrato fa riferimento a questa giocata [Link].
     
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    Non se l'era dimenticato.
    Camminava tra le vie di Merovish con l'ebete sorriso stampato in faccia -stracciato dalle solite cicatrici- e la leggerezza nel cuore, avendo quasi voglia di saltellare dalla felicità. Quella mattina, all'alba, era entrato nel panico: si era completamente scordato che quel giorno Pyro compiva un anno esatto dalla sua nascita. Il primo compleanno del moguri non doveva essere passato con loro due chiusi in casa a far finta di nulla, specialmente perché il Camaleonte non aveva mai avuto la fortuna di conoscere il proprio giorno di compleanno. Una mancanza che non aveva intenzione di far subire anche al moguri. Aveva preparato una gran bella sorpresa per lui: quel mattino, di buon ora, avrebbe comprato una bella torta con tanto di cioccolata e una bella candela. Bastava quello, un gran bel dolce, e la festa era assicurata.

    Ma per quanto i propositi di Adam fossero buoni, non aveva fatto i calcoli con Merovish. I vicoli dell'afosa, povera città del sud avevano ben poco da offrire in materia di cibi di seconda necessità, e ben pochi avevano mai assaggiato una torta in vita loro. EMa eccolo lì il Camaleonte, imperterrito e testardo, a fare il giro di fornai, bottegai, locande e taverne. Per tornare vincitore solo alla fine di una lunga ed estenuante mattinata, stringendo tra le mani il trofeo. Un enorme crostata circolare con scaglie di ciò che mesi e mesi prima sarebbe stato chiamato cioccolato. Dura come un biscotto quella torta, ma sarebbe piaciuta a entrambi; purtroppo era quanto il popolo di Merovish aveva da offrire, o quanto il Camaleonte era riuscito a trovare tra quelle viuzze polverose. Pazienza, era il pensiero a contare.

    Si fermò a un tratto, fulminato da un'idea. Il giorno in cui Pyro si era schiuso dall'uovo aveva visto Adam nella sua reale forma, non certo in quella di Venat, misero sfregiato della Quinta Bolgia. Si fiondò in una strada secondaria. Un rapido sguardo a destra, uno a sinistra, tanto per illudersi d'avere un minimo di zelo in quella fogna di città, ed ecco l'intero corpo dello Sfregiato avvolgersi d'una luminescenza verdastra. Un baluginare istantaneo, e al suo posto adesso v'era un giovane e aitante ragazzo sulla ventina, lunghi capelli corvini sciolti sino alle spalle, naso all'insù, labbra sottili e occhi grigi, come scaglie di silice. Ormai era abituato a tornare nelle proprie spoglie originarie, un processo quasi istintivo, eppure era la prima volta che lo faceva laggiù. Una sensazione strana, quella di non sentirsi a proprio agio nel proprio corpo. Ma c'era una prima volta per tutto, e a Pyro avrebbe fatto piacere vederlo il giorno del proprio compleanno come lo aveva visto per la prima volta.

    Arrivò a casa verso l'ora di pranzo, l'ennesima baracca di una baraccopoli fatta di umanità male assortita: mendicanti, barboni, tagliaborse, baldracche. Il tuttofare della Quinta Bolgia viveva in uno dei quartieri popolari più elevati di Merovish, il fiore all'occhiello dell'intero presidio. Certe cose, purtroppo, non si potevano cambiare. Oh, se solo l'intero mondo fosse stato come Laputa...di certo ci sarebbero state torte degne di quel nome, e non residui bruciacchiati risalenti a chissà quando.

    « Ehi Pyro! Son tornato! »

    Esclamò forte dinanzi alla porta. Nessuna risposta. Scostò l'uscio con il dorso del piede, aprì l'anta e si fiondò dentro senza neanche chiedersi perché la porta fosse aperta, la mente totalmente assorbita dalla sorpresona che aveva fatto al proprio piccolo amico. E totalmente ignaro di quella che, di lì a poco, sarebbe stata fatta a entrambi.

    « Dove ti sei nascosto? Qui c'è una sorpresa per te, sisi. »






    Edited by Ja¢k - 22/11/2014, 09:44
     
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    { Merovish, Baracca di Venat }
    pov - Firas

    Un baluginio di luce si rifletté sulla pupilla di un falco. Il rapace era appostato sul tetto di una palazzina. Cosa ci faceva sottoterra un animale del genere? Osservava. Fissava la strada per conto del suo padrone, che attraverso i suoi occhi sensibilissimi poteva vedere ciò che stava accadendo fuori.
    Dopo la segnalazione di Stella, un gruppo di Voci aveva fatto irruzione nella casupola dello Sfregiato. Quell’individuo aveva fatto mostra di poteri metamorfici, che lo avevano trasformato in un’altra persona nel giro di un battito di ciglia. Chi tirava i fili della rete delle Voci aveva deciso di arrestarlo. Per quel motivo lui - Firas il falconiere - ed altri quattro individui stavano aspettando il ritorno di quel Venat. Tutti e cinque erano incappucciati e indistinguibili. Prima ancora che lo Sfregiato appoggiasse la mano sull’uscio di casa, Firas sapeva già del suo arrivo. Il suo falco non lo aveva mai perso di vista.

    Quando i cinque intrusi entrarono nel campo visivo del padrone di casa, la Voce non perse un solo istante per mettere in chiaro le cose.

    « Resta immobile. Un solo movimento e sia tu che la tua bestiola potreste farvi molto male. »

    Fu lapidario. Il piccolo Moguri era stato reso inoffensivo poco dopo la loro irruzione in quella catapecchia. Aveva lottato strenuamente, opponendo una discreta resistenza per un animaletto delle sue dimensioni, ma alla fine non aveva potuto sopraffare cinque implacabili esecutori.
    Fissò il suo obiettivo da dietro la maschera che aveva indosso. Avrebbe collaborato o no? Pensò immediatamente a Volker, il cecchino che era appostato poco lontano, con la canna del suo fucile allineata con la porta di quella baracca. Era in collegamento radio con lui, in caso di bisogno sarebbe stato pronto a premere il grilletto.

    Una delle Voci riunite in casa guizzò alle spalle del bersaglio. Reggeva in mano un fazzoletto intriso di sonnifero, con cui aveva intenzione di tramortire la vittima di quell’imboscata.

     
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    Stupido, stupido, stupido.
    Se non gli fosse stato esplicitamente impartito l'ordine di non muoversi, il Camaleonte si sarebbe dato almeno un paio di sberle contro la zucca come punizione per la propria stupidità. Era trotterellato allegramente fino a casa con le narici violentate dal puzzo emanato dalla torta, un lezzo acre che aveva totalmente occultato l'odore dei ladri, o di chiunque gli avesse teso quella trappola. Avrebbe reagito volentieri, oh se avrebbe reagito, perché non era il loro odore a preoccuparlo, quanto l'assenza di quello di Pyro.

    « Non fategli del male. Lui non c'entra niente. »

    Le parole gli uscirono in un sibilo rettiliano, colmo d'odio. Levò le mani in alto, palmi tesi in segno di resa totale, incondizionata. Non era armato, il Camaleonte non aveva mai avuto bisogno di armi. Odiava far del male agli altri, e accettava una lotta solo se ci era costretto. Ma quando veniva messe di mezzo il suo amico, la questione era ben diversa. Non si voltò, quindi non poté vedere in volto il suo aggressore. Ma presto o tardi -parola sua- gli avrebbe stretto le mani al collo, non appena ritrovato Pyro.

    « Chi siete? »




     
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    { Merovish, Baracca di Venat }
    pov - Firas

    Non ti avevano degnato nemmeno di una risposta. Quegli infami che erano entrati in casa tua e avevano preso in ostaggio Pyro non avevano detto più niente. Ti avevano trattato come un oggetto da recuperare, non come una persona. Ricordavi vagamente che, mentre il narcotico ti annebbiava i sensi, loro avevano già perso interesse per te e si erano messi a frugare nella baracca. Oltre alla rabbia per quello che ti avevano fatto, forse poteva sorgere un altro tipo di sentimento verso di loro: la commiserazione. Era rimasto qualcosa d’umano dentro quei corpi? A pensarci bene, il loro silenzio era stata la miglior risposta che potessero darti. Una risposta che anche tu conoscevi molto bene.

    Chi siete?
    Nessuno.



    { Prigione Abbandonata, III Livello }
    pov - ???

    Ti svegliasti in una cella, frastornato e infreddolito. Non avevi idea di quanto tempo fosse passato. Grossi ceppi metallici ti bloccavano polsi e caviglie, le catene erano tese e fissate alla parete. Eri seduto su di pavimento di pietra, sporco e umido come il fondo di una caverna. Avevi solo qualche centimetro di libertà, sufficiente per spostare il peso di tanto in tanto. Alzarti in piedi sarebbe stato molto complicato.

    L’aria era pesante come in quella maledetta fossa di Daleli.

    Ti sentivi stranamente debole, e il primo tentativo di usare qualche potere avrebbe rivelato il motivo: c’era qualcosa che inibiva le tue capacità speciali e non riuscivi a capire di cosa si trattasse. Il tuo fiuto sovraumano e i tuoi occhi capaci di penetrare l’oscurità funzionavano ancora, fortunatamente. Furono proprio questi ad avvertirti che non eri solo.

    Una voce ti raggiunse immediatamente dopo.

     
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    « Hai fatto bei sogni, principessa? »

    Dall’altro lato della cella c’era Bid’daum. L’odoraccio di sangue rappreso che trascinava con sé non sarebbe sfuggito ad un olfatto sensibile come quello del Camaleonte. Era entrato non appena si erano sentiti i primi tintinnii metallici dei catenacci che sfregavano sulla roccia. Se ne stava in piedi a qualche metro di distanza, fissando dall’alto quell’ospite speciale. Il Kuthiano aveva incrociato qualche volta il lavapiatti della Quinta Bolgia, ma non ricordava nemmeno se gli avesse mai rivolto la parola.

    « Sai, normalmente non mi occupo degli avanzi di galera, ma quando ho saputo che avevamo un laputense dietro alle sbarre non ho resistito. »

    Era curioso il disprezzo con cui pronunciò quelle parole: lui per primo era uno schifoso ergastolano, che era stato condannato più volte a marcire in prigione. Quel demonio era ormai ricercato da anni nel Presidio Errante perché colpevole degli atti terroristici che avevano simbolicamente iniziato le Nove Giornate. Non era niente di più che un verme di Merovish, un cane rabbioso che aveva scambiato cervello e anima per ottenere dei poteri sacrileghi. Eppure quel mercenario insignificante ne aveva fatta di strada in quel buco di città. Dopo gli accadimenti dell’Arena Nera era stato ufficialmente nominato tra i Comandanti dell’esercito meridionale.

    Adesso lui rappresentava la legge, nella sua concezione più distorta e crudele.

    « Rilassati, sappiamo già tutto di te. Non sono qui per strapparti denti e unghie con un paio di pinze. Voglio solo fare due chiacchiere. »

    BsqoQkN

    « Dimmi, pensi che qualcuno verrà a tirarti fuori dal buco anche questa volta? »

    Poteva vomitare tanto veleno su quell’aviatore solo grazie all’operato di Mizael e Violet, che avevano scandagliato i ricordi di Adam per intere ore. Dentro quella testolina avevano trovato delle cose piuttosto interessanti.


    La lega di acreacciaio di cui sono fatti i ceppi e le catene inibisce qualunque consumo di mana.
    Le abilità passive in dotazione al personaggio funzionano senza problemi.
     
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    Strizzò gli occhi nel buio della cella. Tra il dolore e l'umiliazione, il Camaleonte non poté far altro che arrendersi di fronte all'evidenza del suo fallimento: alla fine, dopo tutto quel tempo passato a Sud, gli Eversori lo avevano scoperto. E una spia dei milites non sarebbe stata altro che motivo d'imbarazzo per Laputa. Quando quel mostro prese parola per rigirare ancora più il coltello nella piaga, Adam dovette fare appello a tutta la sua forza d'animo per non mettersi a urlare come un cane bastonato. FATEMI USCIRE DI QUI, voleva scattare, trasformarsi in un gigantesco drago, distruggere quel buco nero dimenticato dal sole e i suoi proprietari, DOVE SI TROVA PYRO, e divorare in un solo boccone la creatura che gli stava di fronte, la voce e l'aspetto che trasudavano una malvagità a dir poco disumana, BASTARDI. Ma un briciolo d'orgoglio in quel corpo debole e stordito gli impedì di lasciarsi andare. Doveva trattenersi, per i bene suo e dei milites. Doveva trattenersi e pensare a un modo per cavarsi fuori da lì. Presto o tardi quel terribile pezzo d'inferno della sua storia sarebbe finito. E sarebbe finito con le sue mani strette attorno al collo del Kuthiano, parola del Camaleonte.

    « Non importa cosa mi farete... »

    Biascicò debolmente, la voce rotta dalla rabbia. Era stanco e aveva fame, ma non avrebbe dato all'altro la soddisfazione di mostrarsi debole o impaurito. Il Kuthiano non era un semplice tirapiedi: si trattava di uno dei pezzi grossi dell'organizzazione, uno dei compari di Zimmer. Ma -questo era ben risaputo- molto più malvagio..e quindi altrettanto pericoloso. Non sapeva cosa gli Eversori volessero da lui ma una cosa era certa: un comandante dei liberi aeris milites non avrebbe pregato per la propria salvezza. Forse il suo sacrificio sarebbe valso a qualcosa. Forse no.
    Digrignò i denti e sollevò la testa, fissandolo dritto negli occhi. Benché la sua mente fosse obnubilata da forze a lui sconosciute, nessuno degli Eversori sarebbe mai riuscito a privare il più grande aviatore della terra della propria dignità -forse appena boicottata dalla sua abitudinaria paroletta finale.

    « ..un giorno pagherete per tutto questo, sisi »




     
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    Quell’aviatore aveva del fegato, doveva riconoscerglielo. Nonostante fosse in catene - privato di ogni cosa - non mostrava la minima intenzione di scendere a compromessi o quantomeno d’intortare in qualche modo il suo carceriere. Qualcuno lo avrebbe chiamato coraggio, altri l’avrebbero definita stupidità. Restava il fatto che possedeva un orgoglio particolarmente forte: probabilmente gli faceva più ribrezzo l’idea di supplicare uno come il Castigo piuttosto che la prospettiva di morire come un cane.

    Bene, molto bene. Con un osso duro da piegare si sarebbe divertito molto di più. Molto più a lungo.

    « Non t’importa, eh? Forse t’interessa di più quello potremmo fare al tuo Pyro. Posso dare l’ordine anche adesso, se preferisci. »

    Quel mutaforma non poteva immaginare quanto bramasse di farlo strillare e piangere, come un neonato abbandonato in un cassonetto. Vedere un comandante laputense a pezzi sarebbe stata una goduria indescrivibile per lui. Lo avrebbe guardato con la stessa impertinenza mentre tagliava a pezzetti quella bestiola? Quanto avrebbe urlato?
    Le mani gli prudevano talmente tanto che si sarebbe staccato la pelle a unghiate. No, non doveva pensarci. Non doveva farsi trascinare nel lato sbagliato della sua testa. Non si sarebbe più fermato, altrimenti. Avrebbe mandato a puttane ogni cosa, non poteva privarsi così in fretta di quel divertimento. Ma quel maledetto aviatore doveva smetterla di resistere stoicamente, rischiava di fargli perdere il controllo.

    Non poteva rompere quel suo giocattolo per un moto di stizza.

    « E toglimi una curiosità: per cosa dovremmo pagare, esattamente? Per aver arrestato uno schifoso bugiardo, una feccia di Laputa? Avevi un lavoro qui a Merovish: come la prenderanno quelli che ti conoscevano da sempre come Venat lo Sfregiato? »

    Represse le sue pulsioni più violente.
    Fece un respiro profondo, stringendo una mano a pugno fino a conficcarsi le unghie nel palmo.
    Poi iniziò a sbraitare.

    Qzp8ztk

    « Vedi, è questo che non sopporto di voi laputensi: siete sempre pronti a presentare il conto. Vi riempite la bocca sempre con i soliti discorsi. “La pagherai molto cara”, non so quante volte l’ho già sentito dire dalla vostra dittatrice, dai suoi comandanti e da tutti i galoppini che le sbavano dietro… ma chi siete voi per dirmi questo? »

    Il suo tono di voce si era alzato considerevolmente. La sua rabbia viscerale era percepibile a pelle. Era ormai chiaro che il suo accanimento non era rivolto direttamente contro Adam. Lui era soltanto un capro espiatorio, il simbolo di un’intera categoria che lo faceva ribollire d’odio.

     
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    Il Camaleonte chinò il capo, investito da quell'improvvisa valanga di puro odio. Poteva sentirlo, l'odio, insinuarsi oltre la pelle, raschiare a fondo oltre la carne, colpirlo dritto al cuore, come mille uncini invisibili. Il Kuthiano ribolliva di quel sentimento brutale e feroce, e tuttavia unico fuoco in grado di sostenerlo, di rinforzarlo, di dargli soddisfazione. E come lui, molti altri membri della rivoltante organizzazione degli Eversori di Merovish.Il Camaleonte non si era mai interessato di affari politici, né aveva mai chiesto spiegazioni sulla sua missione di spionaggio a Merovish. Forse, all'inizio, era soltanto in cerca di un senso d'approvazione da parte di Drusilia, forse tutto ciò che cercava disperatamente era non essere abbandonato alla propria solitudine -non più- e forse per questo e solo questo motivo era entrato a far parte degli aviatori.
    Levò lo sguardo verso Bid'daum. Non riusciva a ricambiare l'odio che l'altro covava nei suoi, nei loro confronti. Proprio non ci riusciva. Tutto ciò che sentiva in quel momento era soltanto un senso di commiserazione.
    Perché fino a pochi anni prima lui stesso non era molto diverso dal mostro che aveva di fronte.
    Perché se non fosse casualmente incappato nel Ballo d'Inverno in quel momento si sarebbe trovato al fianco di gentaglia come gli Eversori. Bruti sanguinari che terrorizzavano la povera gente da quando aveva avuto luogo quell'oscena pantomima di una rivoluzione, nel presidio del Sud. Il terrore sparso tra i più deboli era il loro strumento di potere. Gli aviatori non erano tutti degli stinchi di santo, anche se molti -come lui stesso- amavano atteggiarsi come paladini della giustizia. No, il Camaleonte non era un eroe. Non in quel momento, incatenato in una cella buia al cospetto di Bid'daum.
    I lam non erano eroi che in armature scintillanti avrebbero salvato ogni presidio dal male, in sella ai loro grifoni. Ma avevano un compito che il comandante della squadra rossa avrebbe perpetrato sino alla fine. E che risputò in faccia al suo aguzzino in un sibilo quasi rettiliano.

    « Siamo quelli che tengono Endlos al sicuro da mostri come te. »

    Tirò su col naso, cercando di darsi un'aria vagamente composta. Sapeva cosa dover dire adesso, e sapeva che probabilmente sarebbero state le sue ultime parole. Ma non aveva importanza, non più. L'unico profondo dispiacere che gli pesava sul cuore, in quel momento, era d'aver trascinato Pyro in quel guaio. Il moguri non aveva alcuna colpa, ma vigliacchi come il Kuthiano se la sarebbero presa anche con lui. Supplicare sarebbe stato inutile: avrebbe solo stimolato ulteriormente il perverso piacere di quei mostri.

    « Scambiare chiacchiere con qualcuno già condannato non ti rende onore, Biddy. Uccidimi pure, se devi, o liberami e affrontami alla pari. Ti mostrerò come combatte un vero aviatore, sisi. »




     
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    Non era facile far ragionare un individuo indottrinato. Fosse dipeso solo da lui, Bid’daum avrebbe accettato la sua sfida. Lo avrebbe trascinato al centro dell’Arena Nera e avrebbe gridato “È questa la fine che fanno i maiali di Laputa!”. Poi lo avrebbe aperto con la spada dal collo al ventre, rovesciando a terra il contenuto del suo corpo, come se fosse spazzatura. Purtroppo non poteva togliersi quella soddisfazione. Non c’erano solo i suoi interessi in gioco.
    Non poteva giustiziarlo sul posto per una ragione di carattere ideologico: calato com’era nel suo ruolo, Adam avrebbe pensato fino alla morte di essere dalla parte del giusto. Per questo motivo non poteva ucciderlo, sarebbe stato come proclamare la vittoria del suo credo di paladino. No, non lo avrebbe permesso. Morire sarebbe stata una via di fuga troppo facile per il prigioniero. L’ultima cosa che voleva dare ai laputensi era un martire, un casus belli con cui smuovere eserciti e alleati. Non glielo avrebbe dato.

    Conosceva altri metodi per distruggere le persone.

    « Un vero aviatore? Strano che tu dica così: dopo il tuo arresto abbiamo inviato una missiva a Laputa, avvisandoli dell’accaduto. Il governo di Laputa ha negato di conoscerti. Hanno troncato sul nascere tutti i contatti diplomatici. »

    Era la verità. Tramite i canali ufficiali avevano negato tutto. Non esisteva un Comandante della Squadra Rossa, né un aviatore semplice, né un conoscente stretto dell’Alfiere che rispondesse al nome di Adam (o Venat, o Camaleonte, o tutti gli infiniti nomi che aveva nel suo repertorio). Non avevano ordinato nessuna missione di raccolta d’informazioni nel Presidio Sud. L’Alfiere non aveva nominato nessun Ambasciatore per il Meridione. Nessuno che si chiamasse Adam.

    Il Kuthiano a questo punto ghignò, scuotendo la testa con fare di disapprovazione.

    « È così che ci si comporta in una famiglia? Di fronte all’evidenza si continua a negare? Per loro la tua vita vale meno della reputazione del governo. Sei stato abbandonato. »

    Non aveva ancora finito di rigirare il coltello nelle ferite aperte.

    « Temo che dovrai rivedere il tuo concetto di “mostro”, piccolo Camaleonte. »

    Si avvicinò di qualche passo al prigioniero. Il suo viso aveva un’espressione severa adesso.

    « C’ero anch’io in prima linea per difendere Endlos quando quel Drago titanico ha attaccato il Pentauron. Tu dov’eri? »

    Un passo più vicino.

    « Io ho aiutato a ricostruire questa città dopo la Notte del Giudizio. I cosiddetti “difensori del semipiano” non hanno mai inviato uno straccio di aiuto umanitario. In compenso ci hanno mandato te. »

    Un altro passo più vicino.

    « Io ho difeso il mio Presidio da quegli abomini comparsi nell’Arena Nera. I paladini di Endlos dov’erano mentre parte di questo mondo era sotto attacco? »

    Era tremendamente vicino adesso. Il suo sguardo non si staccò neppure per un istante dal Camaleonte.
    Era abbastanza vicino da poter sussurrare la conclusione del suo discorso.

    « Ti svelerò un segreto. Laputa è un piccolo presidio parassita, il cui scopo è da sempre ammassare sempre più forze armate per diventare la prima potenza di questo semipiano. Succhiate risorse e ricchezze dal presidio più generoso, l’Est. Accorrete in aiuto solo nelle guerre in cui potete avere qualche tornaconto, come la guerra civile dell’Ovest. Non c’è Giustizia dietro quello che fate. »

    Si allontanò quel tanto che bastava per squadrare nella sua interezza quel verme in catene.
    Per lui era finito il tempo dei sogni. Era giunto il momento di svegliarsi.



    Edited by Jira - 6/12/2014, 11:44
     
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    Il Camaleonte era stato già sconfitto. Sul piano fisico dagli Eversori, la sua identità scoperta e il suo corpo sbattuto in una buia cella in qualche antro sperduto di Merovish, a marcire per chissà quanto tempo. Ma questo non era affatto sembrato sufficiente a Bid'daum che, malvagio fino al midollo, aveva intenzione di schiacciare l'aviatore anche sul piano ideologico: il Kuthiano voleva umiliarlo, voleva distruggere tutto ciò in cui lui aveva creduto, voleva instillare nel suo cuore lo stesso odio di cui si sostentava come una linfa vitale. Ma a differenza di Bid, Adam non era una creatura d'odio.
    Sapeva che ufficialmente il Gran Maestro di Laputa non poteva riconoscerlo. Drusilia era stata ben chiara su questo punto agli esordi del suo operato nel Sud. Ma nel suo cuore, Adam sapeva che non lo avrebbe mai abbandonato. Se le cose si fossero messe male per lui, sapeva che in un modo o nell'altro i suoi compagni sarebbero riusciti a cavarlo fuori da quel buco mefitico. Lo avrebbero salvato, ne era certo. Perché lui avrebbe fatto lo stesso per ognuno di loro.
    Ed era proprio questa la convinzione che il Kuthiano si sforzava di spezzare con il veleno delle sue menzogne. Ma avrebbe nel Camaleonte trovato un avversario più resistente di quanto potesse credere.

    « Si, a volte anche noi non siamo stati all'altezza dei nostri ideali. Laputa stessa è piena di problemi dentro i suoi confini. »

    Concesse, tremendamente consapevole di quanto lui stesso fosse estraneo agli affari politici di Drusilia. Eppure, non poteva negare a se stesso né a Bid che i milites avevano sempre operato anche per la crescita del presidio errante. Ma vi era una cruciale differenza tra gli aviatori e gli eversori, e stava nelle crudeltà che questi ultimi compivano da sempre. Chi stava con loro aveva vita facile, Chi stava con loro doveva essere così forte da poter sottomettere chi non stava con loro, ovvero la povera gente, gli umili lavoratori, i mendicanti, i vecchi, i bambini. Entrambe le fazioni lottavano per la propria supremazia, ma se i milites lo facevano nel nome di una giustizia superiore, gli eversori si limitavano a farlo solo ed esclusivamente per il proprio tornaconto.

    « Ma nessuna ingiustizia giustifica le vostre azioni, Bid'daum. Non si può ragionare, non si può negoziare con questo genere di malvagità. L’unica lingua che voi assassini comprendete è la lingua della forza. »

    Dimitriy
    Klaus von Schneider
    Bid'daum
    Nomi di tagliagole pronti a tutto per soddisfare la propria sete di sangue.
    Nomi di mostri alimentati dall'odio, da esso rinfocolati, e da esso -prima o poi- distrutti.

    « L'Est e Laputa lavorano insieme per smantellare reti di morte simili alla vostra, Biddy. Infondo io stesso sono solo una pedina sacrificabile in una scacchiera più grande...una coalizione che non potrete mai sconfiggere. Io posso pure morire qui, ora...ma alla fine vedrai, dimostreremo che il futuro è di chi costruisce, non di chi distrugge. »



     
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    Il suo prigioniero dovette cedere almeno ad una parte delle accuse. Erano verità innegabili, dopotutto. Se avesse negato l’evidenza strenuamente, arroccandosi sulle sue idee di Giustizia assoluta, il Castigo avrebbe terminato quella conversazione seduta stante. Nemmeno lui possedeva delle argomentazioni in grado di far crollare una persona col paraocchi. Fortunatamente quell’Adam sembrava ancora in grado di ragionare. Il lungo periodo trascorso nella bambagia laputense aveva comunque compromesso la sua capacità di giudizio, e lui non poté fare a meno di notarlo.

    « La lingua della forza è equa. Vale in ogni angolo del Multiverso, la stessa natura è fondata su questa legge. Non potrebbe essere altrimenti, se ci pensi. »

    Sembrava essersi placato, almeno in parte.

    « Riesci a immaginare un mondo alla rovescia, in cui gli uomini siano divorati dalle bestie, poi le bestie fatte a pezzi dagli insetti? Alla fine sopravvivrebbero solo i microbi. »

    Questo era il vero ordine delle cose. La legge umana era una resistenza al normale flusso della natura. Era l’ostinazione di salvare gli individui deboli, mediocri, incapaci di ritagliarsi un posto nella vita. Le nullità infettavano ancora il mondo perché qualcuno si ostinava a mantenerle in vita, credendo perfino di essere dalla parte del giusto! Grigiore indistinto. Vite vuote e indegne. L’ultimo degli schiavi merovishi valeva più di tutti i cadaveri viventi che i laputensi e gli orientali si sforzavano di far sopravvivere.

    « Sono i forti che devono emergere dalla massa, non le nullità. Quello che è successo all’Arena Nera ne è una prova: i forti hanno salvato questo presidio. Non chi si era già arreso, non chi era fuggito. »

    Quando l’altro tirò in causa l’Est e Laputa, alleati per sconfiggere tutti i bruti e i cattivi del semipiano, trattenne a stento le risate. Quello che avevano scoperto dentro i suoi ricordi era sufficiente a smantellare questa immagine dorata e luccicante. Una rete occulta legava diverse anime che - guarda caso! - erano ai vertici di governo dei due presidi menzionati. A tempo debito si sarebbe occupato anche di quella situazione rimasta sepolta tanto a lungo.

    « Parli come se noi volessimo attaccare la tua adorata coalizione di paladini. Ma siamo vicini di casa adesso! Questo presidio è una rete di morte da almeno un millennio, eppure siamo ancora qua. Io e molti altri daremo finalmente una forma al Sud, esprimeremo tutto il potenziale che queste terre covano da anni. »

    Ma probabilmente il loro progetto di ricostruzione non interessava a quella spia. Decise quindi di estrarre un ultimo asso dalla sua manica, qualcosa che era decisamente più interessante.

    « Ma dimmi, secondo te la ragion di stato di Laputa vale mille anime umane? Forse non te l’hanno detto, nonostante il tuo alto grado militare, ma il vostro Ufficiale Kathep ha commissionato la raccolta di un migliaio di spiriti, da utilizzare in qualche rituale oscuro. Non per suo uso personale, la richiesta arriva per conto del governo. La tua regina deve sicuramente aver firmato quest’ordine. »

    Doveva ringraziare Lazarus, suo allievo e capo della Seele, se aveva scoperto un crimine di questo calibro.

    « Non ti sto mentendo: mille anime, mille persone saranno distrutte per un ordine della tua Dama. »

    La stessa persona per cui Adam stava rischiando la vita in quel momento.

    « Ripetimelo ancora una volta: a chi appartiene il futuro? A chi costruisce o a chi distrugge? »

    Se il diavolo aveva un sorriso, doveva essere sicuramente quello
    che aveva deformato la faccia di Bid’daum in quel momento.

     
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    Adam chinò il capo, cercando una risposta a quegli insulti. Non gli venne in mente nulla, per il semplice motivo che, in fondo, una voce da sempre soffocata in qualche remoto antro della sua mente lo aveva sempre ammonito. Bid -per quanto malvagio- affermava una verità terribile di fronte alla quale lo stesso Adam aveva sempre fatto finta di nulla, volgendo lo sguardo dall'altra parte.
    Che la giustizia millantata dai liberi aeris milites fosse solo una vana illusione, se per perpetrarla dovevano essere compiuti simili sacrifici. Lui stesso conosceva Kathep solo per sinistra fama, ma tanto bastava per dare credibilità alle parole del suo aguzzino. Lam, eversori, alfieri, demoni, eserciti...tutti così immersi nella loro spasmodica ricerca del potere. Ecco la chiave di tutto.
    Adam, come ogni altro aviatore, in fondo non era nient'altro che una marionetta. Un soldatino tutto agghindato come l'eroe di una favoletta raccontata per far addormentare i bambini.
    Sacrificabile esattamente come le mille anime menzionate dal Kuthiano. Né più né meno.
    Sproloquiare oltre sulla necessità dei duri mezzi adoperati dalla sua stessa armata di aviatori sarebbe stato inutile. Specialmente quando lui stesso era così titubante a riguardo. Bid sapeva leggere il dubbio nei suoi occhi, voleva godere della sua sconfitta. Il Camaleote non gli avrebbe dato altre soddisfazioni. Forse avrebbe chiesto a Drusilia delle spiegazioni, o forse no, forse sarebbe sparito nel nulla, ancora in viaggio, come aveva sempre fatto, a cercare una fine per la sua storia. Non era il momento né il luogo per pensarci.
    C'erano ancora troppe sbarre di ferro tra lui e il mondo.

    « Sono soltanto una pedina, Biddy. Incatenato, disarmato, privo di alcun valore politico, totalmente alla vostra mercé. »

    Sorrise.
    Amabilmente, sorrise.

    « Se devi uccidermi, fallo subito e metti fine a questa vile pantomima. Il buio e le catene disturbano la mia eloquenza. »



     
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    Il prigioniero si era arreso completamente. Non cercò nemmeno di controbattere quanto detto dal Kuthiano. Accolse in modo rassegnato la notizia dei crimini laputensi, senza chiedere spiegazioni e senza dubitare di quanto affermato. Si sentiva realmente una pedina senza valore, abbandonata nel settore sbagliato della scacchiera e circondata dai pezzi del nemico. Non restava più nulla della forza ribelle mostrata al suo risveglio in prigione.

    Aveva davanti un Comandante degli aviatori rassegnato alla morte. Privato di ogni punto di riferimento, aveva visto crollare il suo sistema d’ideali come un castello di carte. Era quella la vittoria che il Monocorno desiderava?

    « La morte sarebbe una bella via di fuga, vero? Ma io non voglio questo per te. »

    Non aveva interesse a giustiziare un guscio vuoto. Non voleva che le prime settimane del nuovo governo merovisho fossero segnate da un incidente internazionale. Non avrebbe permesso a uno dei tanti stronzetti che giocavano a fare i paladini di scappare dalle proprie responsabilità. Se aveva scelto di vivere come militare di Laputa, ora doveva accettarne tutte le conseguenze.

    Si avvicinò al prigioniero. Piantò su di lui i suoi occhi da demonio, che rilucevano nel buio come rubini.

    « Io voglio che tu torni a Laputa. Voglio che tu ammetta di aver fallito davanti alla tua regina. Devi guardarla negli occhi mentre le dici che ti sei fatto leggere la testa come un libro. »

    Anche Bid’daum sorrise. Esistevano vittorie ben più gustose della semplice uccisione del nemico.

    « Continuerai a guardarla negli occhi quando le chiederai se è vero che hanno triturato mille anime umane. »

    Rimpiangeva soltanto di non poter essere presente ad uno spettacolo così intenso. Quali scuse avrebbero sollevato, con quali giochetti verbali avrebbero districato una situazione così ingiustificabile? Si sentiva come un artista a cui non era permesso vedere la propria opera ultimata. Poco male, conosceva a sufficienza la loro vita fasulla per riempire le zone d’ombra con la sua immaginazione.

    « Infine voglio che tu sia sommerso dalle belle parole di tutti quei bugiardi. Accucciati come un pulcino sotto l’ala della tua chioccia, sciogliti nell’ipocrisia di tutti coloro che pensano d’incarnare la giustizia. Resterai per sempre senza volto, Camaleonte. »

    Si voltò verso l’ingresso della cella. Superata quella soglia, avrebbe dato l’ordine di rilasciare il Camaleonte e di sbatterlo fuori dalla sua città. A Merovish non c’era posto per certi scarti umani, incapaci di far valere se stessi prima ancora degli ideali a cui si erano votati.

    Ad un occhio esterno sarebbe parso strano che si graziasse un prigioniero proprio nella Tana. Ma, a dispetto delle credenze comuni, gli uomini del Sud non erano solo delle bestie emarginate dalla società: tradizioni e regole non scritte si erano amalgamate fino a creare un sistema di valori in sé coerente, per quanto potesse apparire distorto ad un qualunque visitatore straniero. A conti fatti, Venat non si era macchiato di nessun crimine punibile con la morte. In passato era addirittura scampato alla pena capitale secondo l’antica legge dell’Arena Nera, l’Agnikai.

    In quel momento il presidio Sud non era interessato a versare il suo sangue.

    « Non può esistere futuro diverso per chi ha paura della solitudine. »

    Si lasciò alle spalle il pupazzo che aveva gettato in terra la sua ultima maschera.
    Sotto di quella non era rimasto più niente.

     
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