Atto III: Dio

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    Yuzrab
    Tre del pomeriggio


    Viaggio da lungo tempo e dovrò farne ancora molta altra di strada.
    Ho scoperto molte cose su questo mondo: Si chiama Endlos ed è diviso in cinque presidi più uno centrale, sono tutti molto diversi fra di loro, ma li accomuna il fatto che ognuno è governato da un'alfiere.
    Mi sto dirigendo nell'ovest, là la situazione è diversa, le ultime notizie dicono che è in atto una guerra per insediare un nuovo alfiere, ovviamente io voglio parteciparvi. Uno stato in guerra è uno stato bisognoso di bravi soldati, io sono un bravo soldato, e so che che se sopperisco al bisogno di uno stato da questi sarò ricompensato, l'ho già fatto una volta e sono arrivato in alto, dunque mi basta farlo di nuovo.
    Peccato che l'ovest è lontano da questo deserto, davvero molto lontano.

    Sabbia negli occhi, mi da fastidio, ma non è questo il problema, il vento si sta alzando, riconosco i segni, sta arrivando una tempesta. Non posso restare all'esterno un minuto di più, devo trovare un riparo. In mezzo al deserto è arduo trovarlo. Mi guardo intorno proteggendomi con il braccio gli occhi dal pulviscolo. Diventa difficile guardarsi intorno. Vedo qualcosa, non può essere una duna, la sua superficie è frastagliata, no, deve essere una grotta! Mi ci avvio, veloce, ormai non vedo più niente. Entro.
    All'interno l'atmosfera è completamente diversa, sento il rombo del vento provenire da fuori ma ormai non può più nuocermi. Sono in salvo.
    Infilo una mano nella tracolla - lei e il suo contenuto li ho avuti come ricompensa aiutando un tizio a costruire una baracca giù a Merovish - ne estraggo una mela è una cartina di Endlos.
    Continuando per questa direzione sarò a Undarm frà tre giorni, sempre che questo pezzo di carta sia attendibile, il tizio che me lo ha dato non lo sembrava molto a giudicare dal lezzo di vino che emanava. Do un morso alla mela. Fa schifo, non è marcia per poco, ma devo mangiare altrimenti non avrò le forze per continuare. Spero solo che la cartina sia di qualità migliore della mela, altrimenti potrei essere nella direzione opposta a quella in cui voglio andare.


     
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    Il Presidio del Sud... Che luogo magnifico! Lì dove gran parte degli esseri terreni trovava la morte, il mezzo-Mistico aveva invece scoperto una fonte inesauribile d'energia. Avrebbe quasi potuto vivere lì in eterno, non fosse stato per l'impellente quanto boriosa necessità di far ritorno a Thra, il suo mondo.
    L'ambiente desertico di Merovish non era nulla se comparato a quello di Yuzrab. Qui il sole pareva picchiare più forte, e non era certo la sola cosa che lo rendeva migliore -e quindi "peggiore"- agli occhi dello Skeksis.
    C'erano i laghi di vetro, un bello scherzo del fato forse, ma fantastici per il rituale matuttino. skekDor aveva presto imparato che, facendo deviare la luce su alcuni di questi prismi naturali e poi sul cristallo, poteva inspiegabilmente polarizzare ancor di più le energie. La sua pelle quasi mummificata non era così liscia da ere, e come non parlare del becco, che quasi quasi dava la parvenza di qualcosa di vivo? Merito del posto, senza dubbio. Anche perché, quanto a fauna, lasciava parecchio a desiderare. La pancia del mezzo-Mistico era pressoché vuota di essenza d'anime: solo qualche vipera del deserto, e alcuni insetti giganti che a quanto pare trovavano di loro gusto la zona.
    Ah... Che avrebbe dato per un pasto decente. No, non parlava più d'anime ma di cibo, cibo vero! Un bel banchetto, degno della divinità che rappresentava.

    Erano da poco passate le due, quando il tempo sembrò mutare in peggio. Le tempeste di sabbia non erano un problema per lui, ma certo davano fastidio. Così, con l'intenzione di socchiudere gli occhi e sognare un po' -Solo per diletto: a lui non serviva affatto dormire-, eccolo quindi puntare in direzione di un montarozzo d'arenaria dall'aspetto soddisfacente.
    "Uhm..." Mugugnò, passandosi una zampa rachitica sotto al mento. Fustigò anche di gusto i Podling, alimentando una litania che, per certi versi, l'aiutava meglio a concentrarsi.
    Alla fine, battendo i palmi l'uno sull'altro, commentò: "Perfetto! So già come fare..."

    Detto ciò, socchiuse gli occhi e iniziò a mugugnare qualcosa sottovoce. Mentre faceva questo, gli artigli agguantarono la terra sotto i suoi piedi, trasferendo in essa parte del potere del Frammento del Cristallo. Ecco quindi che, di punto in bianco, un grosso blocco d'arenaria rossa si gonfiò, e si gonfiò, e si gonfiò ancora, spuntando dalla struttura principale come un bitorzolo.
    Questo a un certo punto sembrò quasi esplodere, dividendosi in tanti rami che, conficcandosi verso il basso, formarono in breve tempo una vera e propria cavità connessa al montarozzo. Una grotta, un riparo creato dal nulla.
    Soddisfatto del risultato, lo Skeksis portò le mani ai fianchi e zampettò all'interno. Qui aveva disposto tutto perché si fosse generato anche un pratico giaciglio di sabbia e terriccio.
    Non vedeva veramente l'ora di coricarsi, ma prima bisognava far tacere quei dannati Podling, altrimenti chi dormiva con tutto quel chiasso?
    Fustigarli di più non sarebbe servito. L'unica era lasciarli in pace... ma quanto c'avrebbero messo a far silenzio?
    Presto detto: poco più d'un ora.

    Quando finalmente gli sgorbietti la smisero di far baccano, allo Skeksis non rimase che spogliarsi dei suoi ingombranti panni rinascimentali. Certo non avrebbe potuto riposare a dovere con quel ventaglio avvolto attorno al collo e sin dietro le spalle. Né avrebbe trovato una buona posizione per dormire continuando a indossare quella gonna dalla struttura interna in legno.
    L'operazione richiese parecchio tempo. Del resto, solitamente a vestirlo e svestirlo ci pensavano i suoi schiavi. Ma da quando era su Endlos, aveva dovuto suo malgrado imparare a fare da sé. Usare i Podling sarebbe stato inutile: troppo stupidi per imparare, troppo piccoli per esser davvero d'aiuto.
    Toltosi di dosso i panni, lo Skeksis rimase praticamente in vestaglia. Ora si potevano ben vedere i piedi, simili a zampe di gallina, nonché la coda da lucertola, che presentava lungo la parte superiore una lunga fila di piume, tanto esili da farla rassomigliar quasi a una coda leonina. Non di meno, dalla schiena partiva in effetti quella che sembrava una criniera o, quantomeno, ne aveva la parvenza. Infine, e forse era questo il particolare più grottesco, c'erano un altro paio di braccia che si originavano dalle scapole. Queste, visibilmente atrofizzate, erano simili alle zampe d'un t-rex, e si avvolgevano su loro stesse a nascondersi quasi nel piumaggio a criniera della schiena.
    La vestaglia indossata, infine, non aveva praticamente nulla di nobiliare: fatta completamente di bianca seta, copriva per intero il corpo dello Skeksis, a eccezione di testa e zampe.
    I Podling erano invece in una pratica gabbia di legno, legata alla struttura della gonna.

    Tutto era finalmente pronto per il quieto riposo, e skekDor si stava appunto accingendo a chiudere l'entrata della tana, quando... sentì dei rumori.
    Il che era strano, perché quella grotta l'aveva creata lui e di sicuro non poteva essere abitata. Il casino veniva dall'entrata, situata a una decina di metri dal suo gaciglio. E il buio sicuramente non lo aiutava a raccapezzarsi.
    Indispettito dalla cosa, il mezzo-Mistico avanzò a grandi passi verso la luce, sicuro di trovarsi di fronte all'"usurpatore" del rifugio. Fu così che il suo sguardo cadde su un umano. Ma tu guarda... ne incontrava ovunque, eh?
    "Snort!" Riuscì solo a dire, grugnendo di disprezzo. E se Aizen avesse detto qualcosa, lui l'avrebbe subito coperto con la sua voce, al fine di argomentare: "Tu guarda che razza di villano! S'entra così in casa d'altri? Aspetta che mi vesta e te la farò vedere io!"
    Detto ciò, avrebbe volto i tacchi, in direzione del giaciglio e, quindi, delle sue vesti

    Salute: 100%
    Energia: 95%

    - Semi-immortalità (Passiva):
    L’organismo di skekDor non è dissimile da quello di un cadavere che cammina. Non ha realmente bisogno di nutrirsi, a eccezione dei raggi assorbiti dalla luce solare rifratta sul frammento di Cristallo nero. In alternativa, può assorbire le anime dei vivi come sostentamento. Può provare dolore, ma mai fatica. Nella sua nuova forma, skekDor può esser ferito gravemente, ma non ucciso. Sopravvivendo a uno scontro mortale, gli basterebbe quindi irradiare la luce riflessa del sole sul Cristallo per poter rimarginare nell’arco della giornata ogni tipo di danno e tornare come nuovo [Abilità Passiva – Immortalità + Resistenza all’esaurimento delle energie]

    Tecniche utilizzate:

    - Generazione degli elementi:
    Qualora lo ritenga necessario, skekDor è in grado di generare dal nulla una ridotta quantità dei quattro elementi della vita: che siano fiamme necessarie ad accendere un fuoco da campo, abbastanza acqua da riempire una tinozza , una tana nel terreno abbastanza spaziosa e confortevole da risultare un buon riparo per la notte o una sottile brezza capace di allontanare per circa un'ora eventuali nubi da un cielo plumbeo [Abilità Attiva – Supporto; Consumo: Basso]


     
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    Yuzrab
    Tre del pomeriggio


    Un verso, un orribile ruggito mi mette in allarme. Porto velocemente una mano sull'elsa di Kyoka Suigetsu, pronto a snudarla. Mi volto verso la sorgente del suono scrutando le tenebre... Ogni fibra del mio essere è alla ricerca di un eventuale pericolo.
    Quello che emerge dall'oscurità della grotta fa ribrezzo ai miei occhi, è un abominio, una creatura scaturita da qualche sorta di incubo perverso. Non voglio lordare la mia spada con questo essere ma se mi attaccherà sarò costretto a farlo. Rimango a guardarla per qualche altro attimo ponderando cosa fare.
    Per un attimo la sorpresa trasfigura il mio volto, ma è solo un attimo, ridiviene subito una maschera di neutralità. L'abominio parla e... Mi minaccia.
    Con placidità estraggo Kyoka Suigetsu e la poso sulla sua spalla. Il freddo metallo tocca la sua aberrante pelle senza però scalfirla. Una silente minaccia.
    Mi minacci e poi mi volti le spalle... Un concetto semplice, glielo spiego come se fosse un bambino stupido. Potrebbe essere il tuo ultimo errore, creatura. Togliergli la vita ora sarebbe davvero facile, ma riconosco di essere io in errore, se pur compiuto in buona fede. Non desidero però essere tuo nemico. Rinfodero la mia fedele compagna, sancendo, almeno da parte mia, la fine delle tensioni. Riconosco di aver sbagliato ad entrare nella tua dimora senza permesso. Trovo che definire questa lurida tana la propria casa sia patetico. Se avessi saputo che questa caverna era abitata sarei stato più cauto. Ovviamente non smetto di stare in guardia, pronto a reagire se l'abominio dovesse provare ad aggredirmi. In ogni caso ora non posso uscire. Con la coda dell'occhio carpisco che la tempesta è ancora lungi dall'esser finita. In virtù della gentilezza che ti ho mostrato... Non ti ho ucciso all'istante ricordi? Ti chiedo dunque di offrirmi la tua ospitalità almeno finché la tempesta non sarà cessata del tutto.


     
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    Aizen, come molti altri sprovveduti prima di lui, si fermava alle apparenze per valutare i suoi avversari. Questo giunse palese a skekDor quando l'umano, semplicemente posando lo "stuzzicadenti" che brandiva sulla sua spalla, pensò d'averlo in suo potere. Anzi, peggio: credette di poter decidere della sua vita. Ah... Che razza di mondo, era Endlos. Uno dove tutti si sentivano dei in terra... E senza averne il minimo diritto, per altro!
    Si limitò così a fare ciò che aveva pianificato. In altre parole, si diresse verso il giaciglio. La katana scivolò quindi sulla sua spalla, ma non gli avrebbe inflitto alcun danno. Quello era un maestro di spada e si vedeva lontano un miglio, e il suo ultimo commento fugò ogni dubbio: aveva riconosciuto d'essere nel torto, perciò... bla, bla, bla... ma quanto se la tiravano, certi mortali?

    Raggiunte le vesti, lo Skeksis ebbe cura d'indossare abiti più dignitosi mentre la eco della voce dello sconosciuto si diffondeva presto fin da lui, portando con sé parole cariche d'ostentata superbia.
    Il mezzo-Mistico certo non rimase zitto di fronte a tutta quella sfrontatezza: "Con la tua clemenza non mi ci pulisco nemmeno gli artigli. E ti assicuro che sono luridi, visto che da che sono piombato qua non ho ancora mai avuto il piacere di concedermi un buon bagno corroborante. Sta qui e non azzardarti a venirmi dietro!"
    In realtà, di fiumi e laghi ne aveva incontrati parecchi. In special modo quand'era nei pressi del Presidio Est. Ma lui non era un comune bifolco: ci si lavava in vasche sontuose, piene d'acqua calda e profumata d'essenze!
    Come prima cosa, indossò di nuovo la vistosa gonna. Per legare il corpetto usò le rachitiche braccia extra che si trovavano sulla schiena. E anche questo gli costò non poca fatica, visto che intanto con gli arti funzionali doveva tener su la struttura in legno. I Podling, consci di trovarsi nuovamente al buio, lanciarono di nuovo i loro lamenti. Ma non erano ancora stati montati i "corni musicali", perciò quel che Aizen avrebbe percepito sarebbero stati una serie di pianti e singhiozzi, provenienti proprio dal profondo della grotta, lì dove s'era avventurato skekDor.
    Proseguendo a vestirsi, sarebbe stata l'ora d'infilare la camicia. Anche quest'operazione non era per nulla facile, in quanto le maniche della stessa erano ben impreziosite di drappi di dubbio gusto, che continuamente s'impigliavano su teschi e monili che adornavano la gonna.

    C'era da dire però che si dimostrò piuttosto educato. Infatti, nonostante avesse lasciato l'umano all'entrata e finora non gli avesse rivolto altro che improperi, ebbe cura di continuare a conversarci. E non per tenere a mente la sua posizione: come già detto, non lo temeva minimamente.
    "Tornando a noi... Comincia a dirmi chi sei e cosa ci fai da queste parti. E non provare a raccontarmi storielle. Siamo lontanissimi dal più vicino centro abitato, quindi se ti trovi qui non è certo per caso."
    Indossata camicia e tubi musicali -che tramutarono istantaneamente il piagnisteo in una sinfonia lugubre-, non rimaneva che il ventaglio da collo.
    Sollevata la struttura sopra la testa, scosse il capo al fine di appiattir le piume e permettere al capo di calzare a pennello. Allacciandolo, si diresse nuovamente verso l'entrata, dove presumibilmente avrebbe incontrato Aizen.
    Ammesso e non concesso di trovarlo ad aspettare lì. D'altro canto, se invece lo screanzato si fosse permesso di spiarlo mentre si cambiava... no, a quel punto avrebbe definitivamente accantonato le buone maniere.

    Già avrebbe dovuto cavargli gli occhi per averlo visto in vestaglia. Però, lì gli aveva concesso il beneficio del dubbio, dato che non poteva sapere che la grotta fosse abitata.
    Quindi, sarebbe potuta andare in due modi, a seconda della condotta morale di Aizen.
    Trovandolo ancora all'entrata, avrebbe semplicemente infilato le mani nelle ampie maniche della veste, ascoltando la sua storia con apparente pazienza.
    Se, al contrario, finito di vestirsi presso il giaciglio e volgendosi se lo fosse praticamente trovato davanti, senza aggiunger niente avrebbe fatto sgretolare all'istante l'intera struttura, lasciando entrambi in balia della tempesta

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    L’organismo di skekDor non è dissimile da quello di un cadavere che cammina. Non ha realmente bisogno di nutrirsi, a eccezione dei raggi assorbiti dalla luce solare rifratta sul frammento di Cristallo nero. In alternativa, può assorbire le anime dei vivi come sostentamento. Può provare dolore, ma mai fatica. Nella sua nuova forma, skekDor può esser ferito gravemente, ma non ucciso. Sopravvivendo a uno scontro mortale, gli basterebbe quindi irradiare la luce riflessa del sole sul Cristallo per poter rimarginare nell’arco della giornata ogni tipo di danno e tornare come nuovo [Abilità Passiva – Immortalità + Resistenza all’esaurimento delle energie]

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    Yuzrab
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    Non sono solo i tuoi artigli a esser luridi a giudicare dal tanfo che emani. Non ne ho alcun interesse. E' così questa creatura indossa abiti, è una continua sorpresa, anche il suo lessico non è quello di una creatura appena alfabetizzata, non è primitiva, deve essere una sorta di scherzo della natura. Nel mio mondo non ho mai visto niente di simile, ha elementi che ricordano sia un uccello che un rettile, non si sposano bene.
    Mi affaccio dall'entrata della caverna, la tempesta non sembra voglia scemare, mi toccherà trascorrere altro tempo con questo abominio.
    Stò andando nell'Ovest, desidero scoprire quello che sta accadendo da quelle parti. Gli dico la verità, non ho niente da nascondere, ancora, le informazioni in mio possesso, difatti, non sono molte, ne abbastanza da permettermi di imbastire un piano d'azione, ho solo un'idea abbozzata di quello che farò.

    Fà di nuovo la sua comparsa, stavolta, con sommo piacere dei miei occhi, con degli abiti a coprirgli il corpo. Il suo vestiario mi sembra piuttosto pomposo e pacchiano, un'accozzaglia senza alcuna logica che si sposa perfettamente con la natura strampalata del suo proprietario.
    Come è che devo chiamarti? O ti sta bene che continui a riferirmi a te con l'appellativo "creatura"? Sicuramente non ti elevi molto al di sopra di una bestia. Io sono Aizen Sousuke. E anche se non lo do a vedere provo un profondo ribrezzo per te.

     
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    Bene, a quanto pare l'umano aveva ricevuto un'educazione. Anche se continuava a comportarsi da spocchioso saccente.
    Per il momento, tuttavia, lo Skeksis non sembrò dar troppo peso alla cosa. Non gli capitava spesso d'imbastire una conversazione, da quando si trovava in quei luoghi tanto inospitali. E anche se, paradossalmente, stava parlando con qualcuno che da un momento all'altro avrebbe potuto fargli da pranzo, era sempre meglio che dialogare da solo o, peggio, con la metà del Mistico.

    "Perché, che sta accadendo nell'ovest?" Domandò subitamente, ma poi roteò gli occhi e si corresse: "Oh, giusto... Ancora non ne hai idea. Beh... Cosa ti fa credere che stia succedendo qualcosa, al Presidio Ovest?" Riformulò.
    Il Presidio Ovest. A essere onesti, skekDor non c'era ancora mai stato. S'era tenuto infatti nelle regioni più "silvane" di Endlos, e questo perché le trovava più affini al mondo da cui proveniva. Ma aveva sentito parlare di quel Presidio da alcuni viandanti con cui aveva avuto poi il piacere di "pranzare": un posto dominato dal freddo metallo e costruito dagli umanoidi. Insomma, all'effettivo una prigione, secondo il suo metro di giudizio. Il solo pensiero lo mandò quasi in sollucchero, ma difficilmente gli sarebbe venuta l'idea di visitare un posto simile. Anche e soprattutto perché la tecnologia non era un argomento che lo interessasse più di tanto.
    Rifacendo il tragitto all'indietro e tornando quindi all'entrata da Aizen, il mezzo-Mistico arricciò il becco all'epiteto che l'altro sembrava avergli affibbiato. Come se, dal suo punto di vista, la forma degli umani fosse migliore. Somigliavano ai Gelfling del suo mondo, ma erano molto più slanciati e dalla faccia piattissima! Si chiese persino quale divinità avesse avuto mai l'ardire di partorire un simile abominio.
    Ad ogni modo, schiarendosi la voce con un gorgoglio rivoltante, fece le presentazioni. Quando aprì bocca, nonostante la distanza che separasse i due fosse di almeno un paio di metri, alle narici di Aizen sarebbe arrivata una calda zaffata di morte e decomposizione.
    "Umpf! Impudente. La mia forma discinta non ti deve trarre in inganno. I tuoi genitori non hanno avuto la piacenza d'insegnarti che non si giudicano gli sconosciuti dall'aspetto?"
    Portò una mano dalle dita affusolate e rachitiche al petto, ondeggiando intanto l'altra nell'aria con fare teatrale: "Sei di fronte a skekDor, divinità del Cristallo del mondo di Thra. Quindi, da adesso ti rivolgerai a me in maniera meno impudente. E se proprio vuoi fare lo smargiasso, Aizen l'umano, sappi che il rifugio in cui ora ti trovi ci fa schermo dalla sabbia solo per mio diletto. Fa qualcosa che possa importunarmi, osa anche solo sfiorare le mie membra col tuo acciaio sacrilego, e sta sicuro che come minimo perderai un riparo dalla tempesta. Come minimo!" Nel dire l'ultima frase ci mise particolare enfasi, sputacchiando anche qualche goccia di saliva.
    Si asciugò del muco al lato del becco col dorso della mano, quindi cambiò repentinamente atteggiamento. Un sorrisetto perfido si formò ai lati del muso. Ora Aizen conosceva la verità. Poteva credere o meno allo Skeksis, ma se così non fosse stato... Beh, avrebbe fatto a meno di un tetto sopra la testa.
    Le iridi cremisi scesero sulla katana, scrutandone la fattura con atteggiamento scarsamente interessato: "Allora... Sei un maestro di spada. Cos'altro puoi fare, mortale? Uno che ostenta sì tanta sicurezza, o è un folle o ha altre frecce nella sua faretra... Mmmh?" Mugugnò, inarcando un sopracciglio in attesa di risposta e portando subito dopo compostamente una zampa al becco per soffocare un risolino di scherno

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    L’organismo di skekDor non è dissimile da quello di un cadavere che cammina. Non ha realmente bisogno di nutrirsi, a eccezione dei raggi assorbiti dalla luce solare rifratta sul frammento di Cristallo nero. In alternativa, può assorbire le anime dei vivi come sostentamento. Può provare dolore, ma mai fatica. Nella sua nuova forma, skekDor può esser ferito gravemente, ma non ucciso. Sopravvivendo a uno scontro mortale, gli basterebbe quindi irradiare la luce riflessa del sole sul Cristallo per poter rimarginare nell’arco della giornata ogni tipo di danno e tornare come nuovo [Abilità Passiva – Immortalità + Resistenza all’esaurimento delle energie]

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    Yuzrab
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    Voci che circolano, chiacchiere, niente di preciso. Se pur sicuramente con un fondo di verità, altrimenti non mi starei dirigendo da quelle parti. Il che mi fa presagire che stia davvero accadendo qualcosa. Sicuramente qualcosa di più stimolante rispetto a ciò che potrebbe accadere in questo deserto disabitato o in quella putrida metropoli.
    Merovish non mi piace, troppo sporca, tetra, pietosa, una massa informe di anime schiacciate le une alle altre, basterebbe poco per distinguersi, ma non ci tengo a farlo, non voglio accostarmi agli scarafaggi, ne diventare il loro sovrano, lascio a qualcun altro la possibilità di divenire "Il re dei ratti".

    Necrofago: Un essere che per sopravvivere mangia creature decedute anche in stato di decomposizione. A giudicare dall'alito questa bestia è necrofaga, semplicemente un'altra ragione per disprezzarla e per provare ribrezzo nei suoi confronti.
    Alla sua teatrale presentazione io rimango impassibile, di ghiaccio, le minacce che siano veritiere o meno non mi tangeranno se mi limito a non far imbestialire questo essere. Da quel che ho capito su questo mondo, questo SkekDor potrebbe essere seriamente una divinità intrappolata dal Maelstrom, non mi converrebbe espormi troppo. Prudenza prima di tutto.

    Non posso fare niet'altro, ovviamente. Quantomeno finché non riesco a capire come incanalare la potenza dell'Hogyoku nel mio corpo. Come non hai mancato di puntualizzare sono un comune mortale. E allora? Non è importante dove si comincia, lo è dove si arriva, io ho margine di miglioramento mentre tu Creatura sei costretta a un'eternità di immobilità. Sballottato dalla correnti di questo mondo, la mia unica capacità è quella di adattarmi alla situazione.

     
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    La risposta di Aizen sulla situazione all'Ovest fu spiccia quanto inutile. Forse doveva porre i quesiti in maniera più chiara, così da farsi capire meglio da una mente tanto semplice: "Che posto è, il Presidio Ovest? Ci sei mai stato, prima che iniziassero i mutamenti di cui parli?"
    La domanda non era di circostanza. Era davvero interessato all'argomento, e questo si poteva capire dallo sguardo, ora tornato attento e vigile. Non stava neanche fustigando i Podling come al solito, e questo perché in un posto tanto piccolo si sviluppava già una fastidiosa eco a parlare normalmente. Far cantare quei piccoli sgorbietti avrebbe provocato più casino che altro.
    Però, senza le litanie prodotte dai suoi schiavi, lo Skeksis non riusciva a trovare la maniera di "distendersi". Gli serviva un passatempo, o un modo alternativo per accontentare i suoi vizi. Vizi?! Ora che ci pensava, da quant'era che non mangiava un boccone? Ah, il cibo... Totalmente inutile per il suo metabolismo, ma era piacevole assaporare qualcosa! Sentire il gusto solleticargli la lingua, mandandogli gli altri sensi in estasi. Certo, dipendeva molto dal cibo in questione. Anche nel suo mondo, alle volte, gli venivano offerti cibi troppo unti o amari... Ah, questi mortali. Passavano una vita intera a dipendere dalle cose da mangiare, e neanche sapevano come ottenere un buon gusto da tutto.
    Ciò nonostante, valeva la pena di fare un tentativo. La situazione era disperata. Ogni secondo che passava, anzi, gli sembrava di dipendere sempre più dal bisogno di mangiare. Lo stomaco gli avrebbe gorgogliato, se fosse servito ad accogliere cibarie.

    Ecco perché, al termine dei racconti di Aizen, senza indugio avrebbe scosso la testa alla maniera dei volatili, per poi chiedere con apparente garbo: "Ehm... Hai delle provviste, con te? Sarebbe un buon modo per ripagarmi dell'ospitalità. Niente di esagerato, basta anche qualcosa di semplice. Ehm... Una mela, per esempio." Mormorò, portando al contempo un artiglio a solleticarsi il becco, come un bimbo in attesa di ricevere delle caramelle.
    C'era da dire, e forse a questo punto Aizen l'avrebbe notato, che skekDor mostrava caratteristiche e movenze tali da rendere difficile classificarlo non solo a livello di sesso, ma anche di età mentale. Se in alcuni momenti, infatti, sembrava parlare come una creatura matura e saggia -seppur piuttosto fuori di testa-, in altri si aveva la chiara impressione di star discutendo con un ragazzino capriccioso e monello.

    Era ora così preso da quella richiesta, così visibilmente interessato a riempirsi il gargarozzo, che neanche diede l'impressione di curarsi della spiegazione riguardo alle abilità dell'umano. Anzi, quando questi prese a parlargli della lama, si domandò quanto quello stupido ci avrebbe messo a tirar fuori qualcosa di gustoso. Insomma, "cibo-cibo-cibo-cibo" era il ritornello che gli vorticava nella mente

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    Energia: 95%

    - Semi-immortalità (Passiva):
    L’organismo di skekDor non è dissimile da quello di un cadavere che cammina. Non ha realmente bisogno di nutrirsi, a eccezione dei raggi assorbiti dalla luce solare rifratta sul frammento di Cristallo nero. In alternativa, può assorbire le anime dei vivi come sostentamento. Può provare dolore, ma mai fatica. Nella sua nuova forma, skekDor può esser ferito gravemente, ma non ucciso. Sopravvivendo a uno scontro mortale, gli basterebbe quindi irradiare la luce riflessa del sole sul Cristallo per poter rimarginare nell’arco della giornata ogni tipo di danno e tornare come nuovo [Abilità Passiva – Immortalità + Resistenza all’esaurimento delle energie]

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    Non lo so, e no, non ci sono mai stato. Rispondo placido. Innervosisciti pure, sto dicendo solo la pura e semplice verità, non avrai altre informazioni da me, neanche se mi priverai di questo riparo, non posso dirti quello che non so. Come mai una divinità come te ha tutto questo interesse per l'ovest? Intuisco che mi ha posto queste domande non per semplice cortesia, cosa di cui sembra oltretutto sprovvisto, l'occidente deve avere un qualche significato per lui, strano, fino ad ora ho sempre pensato che le divinità non si interessassero delle faccende dei mortali.
    Impercettibilmente i miei occhi si serrano a sondarlo, per un solo istante, come per volergli scrutare l'anima. Ci sono un paio di cose che non quadrano in questo SkekDor, sempre che si chiami davvero così: Prima di tutto che io sappia le divinità non mangiano, quantomeno credo che non ne abbiano bisogno, in secondo luogo il suo comportamento non è coerente, non lo è nemmeno il suo modo di parlare.

    Senza dire una parola prendo dalla bisaccia una mela, verde, gliela porgo attendendo che se ne appropri. La mela, come quella mangiata prima, è di pessima qualità, ricoperta di macchie scure, molle, ma è commestibile. Ovviamente ho altre provviste nella bisaccia, principalmente carne essiccata e una borraccia d'acqua, un bene prezioso in questo deserto.

    Ripenso alle parole di questa fantomatica divinità, dubito che sia del posto, molto più probabilmente è anche lui un naufrago... Ha detto di essere la divinità di un cristallo, molto probabilmente un'artefatto del suo mondo. E' plausibile ipotizzare che SkekDor tragga la propria forza da tale oggetto. Nonostante il suo essere una divinità il Maelstrom è comunque riuscito a sradicarlo dal suo mondo, questo apre due ventagli di possibilità: Ho è stato reciso il collegamento fra lui e il suo cristallo o il suo potere non è stato abbastanza forte da impedirgli di esser trascinato qui. C'è anche una terza possibilità ora che ci penso, potrebbe essere qui di sua spontanea volontà. Quindi sei in visita su Endlos o sei venuto per stanziarti permanentemente?

     
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    skekDor non perse tempo a rispondere ad Aizen. Almeno, non prima che il frutto fosse finito tra le sue rapaci mani. Ne scrutò le fattezze, domandandosi che gusto avesse mai quella mela, dai colori così diversi rispetto a quella assaggiata nel Presidio Est. Certamente non sospettava che si trattasse di un qualcosa di marcio. E questo perché... dalle sue parti le mele non esistevano. Ne aveva provata una su Endlos, per la prima volta, cogliendola dall'albero di qualche ignaro contadino. Da allora il sapore di quel frutto gli era rimasto in testa.
    "Oh, la mia è semplice curiosità. Non ho ancora avuto modo di visitarlo, ma ho raccolto voci in proposito... Ad esempio, so che lì c'è un intera città fatta di freddo metallo. Da non crederci, eh? Mi chiedo come si difendano dalle tempeste..."
    Argomentò. Portò in seguito il frutto alla bocca, staccandone un pezzo e masticando con gusto, finché... facendogli produrre un rumore simile a un singhiozzo, il disgusto non si dipinse sul muso del mezzo-Mistico. Questi scosse velocemente il capo a destra e a manca, sputando via pezzi di mela e bava in ogni direzione. Anche addosso all'umano.
    "Bleah... Ma... Per le zampe degli ippotrampoli, ha un sapore oltremodo ripugnante! Puah!" Commentò, finendo in tal modo d'insozzare ovunque.
    Tremolando per il disgusto, skekDor schioccò più volte la lingua sul palato, cercando d'esorcizzare il cattivo sapore della mela marcia. Ne gettò via il resto, rispondendo stizzito alla domanda postagli di seguito: "Sgrunt! Non è faccenda che debba interessare un mortale come te. Piuttosto, dì... Lo sapevi che questa mela era immangiabile? Come t'è venuto in mente di farmene dono?" Sbraitò.
    Fantastico. Non solo le sue papille gustative non venivano solleticate da diversi giorni, ma ora avrebbe anche dovuto passare almeno una giornata intera con quello schifo di sapore in bocca. Quasi quasi, avrebbe preferito assaggiare la sabbia. Era il secondo tiro mancino che gli faceva quel tizio, se si contava pure il sorprenderlo in vestaglia da notte. E certo la cosa non gli era gradita.

    Fece un passo in avanti, additando il giovane: "Capisco che tu voglia tenere il meglio delle provviste da parte, ma non sopporto che ci si prenda gioco di me!"

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    Klemvor, si, ne ho sentito parlare, si dice che sia un posto pericoloso abitato da droni assassini. Non conosco questi droni e finché non avrò valutato l'effettivo pericolo dei sudditi non mi arrischierò in quel luogo. La mia meta è Sequerus, mi hanno detto che si tratta della capitale, ne conosco l'ubicazione grazie alla cartina, insieme a Undarm sono gli unici centri abitati del presidio.

    La divinità ha un palato fine a quanto pare, la mia mela non gli è piaciuta, praticamente me l'ha risputata addosso insieme alla sua saliva disgustosa, assolutamente questa creatura non ha educazione ne discernimento. Non è adatta a vivere insieme alle creature civili, deve esser per questo che vive reclusa in una grotta, nel deserto. Dovrei chiudergli quel becco per sempre, ma potrei non esser capace di farlo, anzi potrei rischiare di soccombere nel tentativo. Non ho intenzione di perdere la vita in un posto simile per mano di uno scherzo della natura, rimarrò impassibile alle sue provocazioni. Con tutta calma prendo una stoffa dalla bisaccia e inizio a ripulirmi da quello schifo.

    Mi hai chiesto una mela... Finita la pulizia lascio cadere il tessuto al suolo, ormai inservibile. Ho solamente esaudito la tua richiesta. Io la mia sono riuscito a mangiarla, a testimonianza ci sono anche i resti da qualche parte. Se avessi davvero avuto fame SkekDor la mela l'avresti divorata, questo dimostra che il tuo era solamente un capriccio, ma lo capisco sai, le divinità devono esser tutte così, meriterebbero di scomparire nel nulla per il loro egoismo.
     
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    Il ragionamento di Aizen era ineccepibile, ma la logica finiva lì dove cominciava quella dello Skeksis. A lui tutto era sempre stato dovuto. Anzi, c'erano stati tempi nei quali neanche doveva chiedere, per ottenere. E il fatto di doversi abbassare a dipendere da dei mortali per i suoi capricci era già di per sé uno smacco morale difficile da sopportare.
    "Umpf! Sembri scaltro a parole, Aizen l'umano. E non sei il primo che incontro ad avere questa fastidiosa abitudine, da che vago per Endlos. Le vostre divinità devono proprio essere impegnate in qualcosa di grosso, se permettono a gente dotata di una simile impudenza di continuare a vivere." Lo rimbeccò.
    Tuttavia, stranamente, non sembrò proseguire oltre con gli improperi. Anzi, avrebbe portato le mani dietro la schiena e, camminando tranquillamente, sarebbe passato di fianco ad Aizen. La direzione era l'entrata della caverna. Sarebbe rimasto lì, a osservare la sabbia spinta dalla tormenta che si abbatteva lungo il primo tratto del canale che aveva ottenuto nell'arenaria rossa della zona.
    "Tsk! Il vento non accenna a diminuire. Dovresti sorridere alla sorte bonaria che t'è toccata, Aizen l'umano. Hai trovato un riparo e, per di più, condividi lo spazio con un essere del mio calibro. Se non fossi certo che la fortuna non esiste, direi che il caso ti arride." Disse, quasi con voce stanca.

    Non c'era alcun motivo plausibile per prolungare quella convivenza forzata. Se le circostanze fossero state differenti, lo Skeksis si sarebbe con ogni probabilità già nutrito dell'essenza dell'inquilino indesiderato, per poi tornare a fare quello per cui aveva costruito il rifugio, ovvero dormire. Forse, gli interminabili giorni passati nel deserto senza la compagnia di un essere, un animella, o una creatura senziente con cui scambiare due chiacchiere, insulti o minacce avevano reso il mezzo-Mistico poco incline alla violenza. Il che costituiva in un certo qual senso un male poiché quand'era davvero un dio -Cioé prima che gli Urskeks lo bandissero da Thra- non aveva mai provato nessuna emozione, né il suo animo era vacillato di fronte a quisquilie come quella

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    "Le vostre divinità devono proprio essere impegnate in qualcosa di grosso, se permettono a gente dotata di una simile impudenza di continuare a vivere."

    Queste parole mi colpiscono. Le mie divinità? Io non credo alle divinità in quanto tali. So che esistono esseri potenti che hanno creato me e tutto ciò che vedo, ma lo hanno fatto forse per qualcuno? Per dovere? Perché si sentivano soli? No, no e assolutamente no! Lo hanno fatto per una sola ragione, per poter essere superiori, per poter sentire l'inebriante ebbrezza di avere in pugno la vita e la morte delle forme di vita da loro partorite. Perché altrimenti ci hanno creati così inferiori a loro? Davvero dall'alto della loro sconfinata onnipotenza non avrebbero potuto plasmarci loro pari? Mi dispiace, non l'ho accetto. Alcuni poi si nascondo sotto veli di misericordia e di bontà, ipocriti! Ci puniscono quando vedono che iniziamo a desiderare di colmare il divario che ci separa da loro, quando cominciamo ad anelare l'indipendenza ci costringono a prostrarci al loro volere, ricattandoci con false promesse o con veritiere minacce.
    Io non credo a un'entità tanto meschina.
    Sono superiori a noi comuni mortali perché loro lo hanno decretato, loro sono le regole e io dovrò batterli al loro stesso gioco.

    Tranquillità, stranamente dopo la prima sfuriata l'aberrante creatura sembra ritrovare la calma con grande piacere delle mie martoriate orecchie. Anzi, fa di più, mi concede di poter usufruire del suo riparo. Ti ringrazio sommo SkekDor. Mai parole più false sono uscite dalla mia bocca.
    Quantomeno questo dio non nasconde la sua boria ne il suo considerarsi superiore a ogni altra forma di vita, fra i peggiori è quello che metterei al gradino più alto.


    Per me puoi mandare in valutazione (Aizen non ha ancora un conto quindi per me lascia pure in sospeso poi ci penso io quando me lo aprono)
     
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    Ah, la interrompiamo qua? Va bene


    Quel "sommo" anteposto al suo nome, che avrebbe considerato di solito come un qualcosa di scontato, in quel caso produsse in lui un impercettibile tic dell'occhio. Questo perché l'umano sin dall'inizio gli aveva parlato con un misto di scherno e freddo cinismo nei toni, mettendolo in condizione di dubitare di quell'epiteto, giunto al suo orecchio così repentinamente: quasi di "sperare" che non si trattasse dell'ennesima burla, ma di un ringraziamento sentito per... il tempo trascorso a dialogare, riparati dalla tregenda senza lampi che frattanto imperversava all'esterno.
    Desiderava fosse così, ma rifiutava di ammetterlo a se stesso. Rifiutava di renderne partecipe anche la metà del Mistico, che per tutto quel tempo era rimasta in disparte, pur possedendo diverse motivazioni utili per spingere prepotentemente al fine di venire all'esterno. Forse... Forse anche la parte buona, per certi versi, l'aveva giocato. Magari, di proposito era rimasta nell'ombra, a osservare la metà di quel cuore di tenebra che andava contraddicendosi nell'agire e nel riflettere.

    La notte seguì al giorno, e a mattinata inoltrata della bufera non era rimasto che qualche lieve alito di vento. skekDor si accomiatò da Aizen senza dire una parola. Non prima, però, di avergli dimostrato che il prodigio di cui parlava era reale.
    Dopo che i due ebbero lasciato il rifugio, con uno schiocco di dita lo Skeksis sciolse l'incanto e la grotta all'apparenza naturale rovinò al suolo, tramutandosi in sabbia finissima.
    Aizen sarebbe andato ad Ovest, mentre skekDor avrebbe preso la strada opposta, ma con una marcia assai più modesta rispetto a quella dello spadaccino. Lui lì voleva restarci, ancora per un po'. Nonostante le intemperie costanti. Nonostante la solitudine

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