Braci nella neve

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    Tutto fuori era buio, c'era solo silenzio e la neve cadeva.

    Freddo, buio e silenzio: mai una situazione fu così insolita per il prode Zallen, paladino di Belphegor, il Dio dell'acciaio e del fuoco. L'immenso corpo dal pelo bianco giaceva riverso per terra, sanguinante e ferito, privo di vita; ma questa, per sua sfortuna, non è che l'inizio del suo pellegrinaggio. Apre gli occhi, e la bufera gli accarezza il manto sporcato dal sangue, mentre cerca di farsi largo tra le ombre della sua mente. Pali di legno, corpi e sangue giacevano intorno a lui: qualunque cosa fosse successa, ora non era più a casa, nelle mura di ferro della capitale. La sua armatura era distrutta, la sua spada spezzata, ma la sua volontà, no.

    Cercò di ergersi sulle ginocchia e di usare la spada come una rudimentale stampella.
    Arrancava nella neve spossato e gemente, il principe caduto, ma l'odio lo muoveva.
    Altre orme di suoi simili percorrevano il sentiero.

    “Quei traditori devono essere andati di là...”

    La rabbia lo scosse, ed ululato straziande squarciò la tempesta: un giuramento di vendetta contro chi l'aveva strappato dalla sua terra, contro chi l'aveva minacciata.
     
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    ~skekDor "il mezzo-Mistico"~

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    Davvero strana, questa faccenda.
    skekDor aveva da poco lasciato ai suoi oneri il mucchietto d'ossa che aveva seguito fin dentro una caverna di ghiaccio abitata dagli spiriti, lieto di aver contribuito nel MINOR modo possibile alla riuscita della missione che Morte s'era prefissato.
    Il divertimento era dunque svanito in poco tempo, lasciando posto a una gran noia. E forse era questa che aveva contribuito a far smarrire la via al mezzo-Mistico. Strano, sul serio. E dire che era sicuro che fosse quella la via intrapresa. O beh, proseguendo in linea retta, prima o poi sarebbe sbucato da qualche parte. Endlos è abbastanza piccola, all'effettivo. Ovvero, se non si ha il problema di doversi fermare a riposare. Beh, non era il suo caso. Anche se tutto quel ghiaccio iniziava davvero a scassargli l'anima. Avrebbe quasi voluto cambiare il tempo, ma... a che pro? Solo per un semplice capriccio, e magari avrebbe pure trovato qualche vagabondo intenzionato a fargliela pagare per un simile lieto regalo.

    Fustigò con piacere i Podling, sperando che i loro canti lugubri lo tirassero su di morale. Non fu così. Poi, alla voce delle piccole creature s'aggiunse quella di un lupo. Un lupo da quelle parti? E durante una tempesta, oltretutto?
    skekDor si passò un lucido artiglio sul becco, riflettendo. Beh, non erano affari suoi.
    Proseguì per la sua marcia, come se nulla fosse. Doveva ancora capire quale fosse la via giusta per ritornare verso il Presidio Sud.
    Davvero strana, quella faccenda

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    Armamentario:

    - Frammento del Grande Cristallo:
    Si tratta di una minuta porzione, della grandezza d’una mela, del Grande Cristallo originale. Il colore ricorda quello dell’ametista, anche se le tonalità variano considerevolmente a seconda dell’ora del giorno e dello stato mentale di skekDor. Normalmente si trova all’interno del corpo dello Skeksis, il quale lo vomita fuori solo nel caso in cui dovesse bagnarsi nei suoi raggi curativi. E’ un oggetto che può venire utilizzato solo dalle divinità: nelle mani di un qualunque mortale apparirebbe come una semplice pietra preziosa.
    La scheggia del Grande Cristallo erige inoltre naturalmente un velo invisibile tutto attorno al corpo dello Skeksis, la cui robustezza è equiparabile a quella di una corazza pesante. Ogni colpo portato a questa protezione evanescente produce sprazzi d’energia violacea. Qualora la barriera dovesse cedere, le zone di frattura diverranno visibili a occhio nudo e, fino a completa rigenerazione del potere, non sarà possibile innalzarne un’altra

    - Caesti eterei:
    Qualora la situazione lo richieda, skekDor attinge al potere del Grande Cristallo per ricoprire mani e avambracci di vispe zaffate di mana fluorescenti nel verde, che ricordano nella forma dei guanti da combattimento avvolti dalle fiamme. Queste insolite armi hanno la resistenza dell'acciaio e, a ogni colpo portato, lasciano dietro di loro una scia eterea che scompare dopo pochi secondi (La scia è scenica e non ha consistenza). La gittata dei colpi è di circa un metro da ciascun avambraccio di skekDor

    Passive:

    - Semi-immortalità (Passiva):
    L’organismo di skekDor non è dissimile da quello di un cadavere che cammina. Non ha realmente bisogno di nutrirsi, a eccezione dei raggi assorbiti dalla luce solare rifratta sul frammento di Cristallo nero. In alternativa, può assorbire le anime dei vivi come sostentamento. Può provare dolore, ma mai fatica. Nella sua nuova forma, skekDor può esser ferito gravemente, ma non ucciso [Abilità Passiva – Immortalità + Resistenza all’esaurimento delle energie]

    - Potere Passivo di Classe Elementalista:
    L'acqua non intacca il corpo di skekDor in alcun modo. Il mezzo-Mistico potrebbe ad esempio rimanere in un torrente per giorni interi senza risentire di alcuna conseguenza relativa al lungo periodo di tempo trascorso in ammollo. Inoltre, (non respirando affatto già di suo) può restare in apnea quanto desidera [Abilità Passiva – Immunità scenica all'acqua]

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    Annaspando, il paladino cercò di tenere il passo, mentre il freddo bruciava la sua carne e gli ultimi brandelli d'armatura cadevano nella neve senza emettere un lamento. Provò a mettersi in piedi, riuscendoci, ma l'avanzata rimase comunque pesante e faticosa nonostante il pesante spadone ormai spuntato cercasse di fare da degno supporto. Le vestigia di un cavaliere ormai sconfitto, i drappi rossi del suo regno orgoglioso e potente, erano riverse in terra calpestate, strappate e zuppe di neve.

    “Maledetti...”

    Afferrò quel drappo, e cercò di arrotolarlo intorno alla spada, come se fosse una bandiera. Un tentativo di sopravvivere, di farsi notare da qualche viandante, oppure un modo per far sopravvivere il suo orgoglio, il suo lignaggio ?

    Una domanda si faceva largo nella sua testa: dove sono ?
    E poi due, tre, dieci, cento e mille; intense e molteplici come le gocce d'acqua in una notte d'autunno.

    Ma qualcosa, nonostante la sua rabbia continuasse a trainarlo verso sud, qualcosa catturò la sua attenzione: un essere gobbo, deforme. Un uomo ? Un uccello ? Alla sua destra, poco distante da lui, la bufera copriva la sua figura, sfumandone i lineamenti. Ma Zallen era troppo orgoglioso per chiedere aiuto ad un essere così piccolo e debole, e decide di continuare per la sua strada.

    O forse no ? Le gambe a quel punto erano deboli, e il paladino dell'acciaio si fece scivolare sulla spada, sfinito.

    “Non posso morire ora...”


    Gridava a se stesso, incurante della presenza dello strano pennuto.
     
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    Lo Skeksis proseguiva per la sua strada, incurante della tormenta. Freddo o caldo per lui non faceva differenza, e d'altro canto la neve e il vento non facevano altro che arieggiare le sue vesti, e probabilmente anche lui stesso sapeva quanto ne avesse bisogno.
    Ancora pochi passi, e poi udì una voce. Qualcuno imprecava, apparentemente. E... aveva sentito bene? "Morire"?!
    Questa era musica per le sue orecchie. Forse un viandante, disperso nella bufera?
    Lappò un lato del muso con la lingua violacea, quindi imboccò la via che l'avrebbe condotto allo sconosciuto. Anche perché era, apparentemente, qualche metro più avanti, alla sua sinistra.
    Non affrettò il passo. Sapeva che più secondi ci metteva, più c'era possibilità di trovare la figura esanime. Il che significava che se ne sarebbe potuto nutrire tranquillamente.
    Perché tutti quegli scrupoli? Beh, prima di tutto non era escluso che s'imbattesse in un altro immortale. E allora tutta la sua baldanza sarebbe andata a farsi friggere. L'anima di un immortale è gustosa, ma strappare l'essenza a un essere senza tempo richiede molta fatica.
    Secondo poi, giacché poco prima con Morte era finito in un tranello molto simile, non poteva escludere la possibilità che si trattasse di una trappola.
    Ecco perché ci mise un po'.
    Pur tuttavia, non passarono che pochi minuti da che Zallen era finito riverso sulla sua spada, che presto nel suo campo visivo avrebbe visto comparire un essere in abito rinascimentale.
    Lo Skeksis, d'altro canto, strabuzzò gli occhi quando vide le fattezze del misterioso moribondo. Certo che su Endlos se ne facevano d'incontri strani, eh?
    Avvicinò le zampe alle maniche, e le cacciò al loro interno. Quindi rimase in silenzio a osservare la figura. Ora si trovava a meno di due metri da questa, e non sembrava mostrare alcun accenno di timore o curiosità. Solo, la solita mutria mista a un sorriso malvagio

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    Cambio stile perché il passato in terza persona mi scoccia.



    Alla fine la figura ti si rivelò, tra gli sputi di neve e gli sbuffi della tempesta che bruciavano le tue ferite ma che non riuscivano a spegnere il tuo animo incrollabile, la tua dedizione al giuramento divino. Un essere vecchio e aberrante, simile agli abitanti dell'impero degli Avian, vostri nemici di sempre, eppure inquietantemente diverso: non presentava infatti ali, ne ti aveva attaccato a vista, cosa che avrebbe fatto chiunque riconoscendo il tuo lignaggio, la tua figura.

    Eppure ti fissava, ti fissava come lo si fa con un boccone delicato, uno piatto pregiato, ma tu avevi ancora delle carte da giocarti: non saresti morto in mezzo la neve, sotto le grinfie di quello che tu ignoravi essere un Dio.

    Riverso sulla spada, piegato ma mai spezzato, chiudesti la zampa destra pugno, recitando sottovoce l'antica cantilena del tuo Dio: un canto che parla di fratellanza sotto le armi, di guerra e di vittoria, mentre crepitante il fuoco iniziava a bruciare tra le dita, sempre più forte. E poi il miracolo, la prova che Belphegor è sempre vicino ad un suo figlio, un figlio della guerra: una volunosa fiamma venne liberata dalle tue dita, rimanendo sospesa nell'aria ed emanando un calore confortevole, lenitivo, lo stesso calore di un falò nel buio della notte: una speranza.

    Le ferite sul tuo corpo smisero di sanguinare, e pian piano iniziarono a rimarginarsi: è il massimo che potevi fare, nelle tue condizioni. Ti sedesti sulla neve, ormai non più così fredda, rivolgendo uno sguardo sospettoso alla strana creatura. Qualunque fosse stata la sua reazione, probabilmente non gli piacque sapere che la sua cena era più forte di quello che pensava.

    “Sorpreso, messere ?”

     
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    skekDor aveva già mezzo pianificato quale sarebbe stata la sua prossima mossa. Sapeva di trovarsi di fronte a un essere di un altro mondo, perché su Endlos di creature di quel tipo, sapeva per certo, non ce n'erano. Ecco perché rifletté sulla possibilità di farne un suo schiavetto. Allo stesso modo dei Podling, per intenderci. Privarlo dell'essenza, ma non di tutta la sua anima. Lasciare nel suo corpo i brandelli necessari a muoverlo come un burattino, privandolo dell'intelletto.
    Poi, lo avrebbe usato per svolgere mansioni utili, come raccattargli del cibo, o sistemargli le vesti.

    Ma il lupetto aveva altri piani. Usò una magia e, stranamente, riuscì a curarsi con essa. Lo Skeksis mostrò del disappunto, ma non si sorprese poi troppo. La magia lenitiva era davvero facile... o, almeno, così era per lui.
    Solo, non s'aspettava che una creatura apparentemente selvaggia ne possedesse i rudimenti.
    Dopo essersi curato, il mostro gli rivolse anche la parola. skekDor non perse tempo a replicare: "Neanche troppo, mortale. Su Endlos mi capita di vedere cose piuttosto interessanti, non sempre spiacevoli."
    Socchiuse gli occhi, riducendo così lo spazio a due fessure, quindi azzardò un paio di passi, facendosi più vicino a Zallen.
    "Aspetta, prima che tu prosegua, voglio tirare a indovinare..." Si batté un lucido artiglio vicino al becco, roteando gli occhi. Quindi iniziò: "Eri in battaglia, ferito gravemente. Poi tutto a un tratto hai visto una gran luce e... No, no... Troppo banale."
    Agitò la zampa in un gesto di stizza, quindi riprese: "Il nemico ti ha sconfitto, e come punizione ha pensato bene di esiliarti altrove, pensando che tanto saresti comunque stato spacciato. E' così, piccolino? Sei stato condannato alla miseria indegno persino di una morte onorevole?"
    Niente mezze misure, e comunque aveva davvero tirato a indovinare. Invero, desiderava scoprire se Zallen s'era curato davvero.
    Una cosa era far sparire le ferite, un'altra curarsi rigenerando anche le forze. E non era faccenda da tutti

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    T'incuriosì il fatto che il piccolo e ripugnante essere non sembrava provar timore nei tuoi confronti, eppure eri certo di poterlo spazzare via con un gesto della mano. Enorme, possente e glorioso: un vero paladino del fuoco e dell'acciaio. Mentre la fiamma stava curando il tuo corpo e rinsaldando il tuo spirito, quella specie di Avian storpio si avvicinò a te, evidentemente deluso dal tuo non essere passato a miglior vita, mentre le sue parole d'indifferenza vennero tradite dal suo sguardo: lui ti bramava.

    Ma questo non ti sfiorò, poiché avevi appena ricevuto la verità su ciò che è stato del tuo destino: Endlos, questo era il nome della terra che stavi calpestando, un nome alieno ed inospitale.

    “Endlos...”

    Ripetesti tu, smarrito: non era un nome del tuo mondo e lo confermano le bieche supposizioni del viscido mostro. Quant'era stolta, quella creatura, tanto quanto la sua sgraziata immagine. A te faceva ribrezzo, e quando si avvicinò il tuo sguardo da sospetto divenne minaccia.

    “Non dovreste avvicinarvi tanto ad un paladino di Belphegor, Avian.”


    Gli feci subito capire che non eri una preda facile: un essere indifeso ed inerme. Ti alzasti con calma, non lo consideravi una vera minaccia, nonostante il tuo cervello rimanesse all'erta. Ora quella bestia avrebbe potuto rimirare tutta la tua possanza: guarda, immondo, il corpo perfetto di un guerriero, guarda la sua stazza possente e gloriosa, ben oltre quella del umano più robusto!

    I tuoi spessi artigli neri brillarono alla luce della fiamma, al miracolo del tuo Dio: il suo campione non si lascerà sconfiggere da delle semplici ferite di spada.

    Ma nonostante il tuo ostentare forza, il tuo atteggiamento sicuro dentro eri dubbioso ed i tuoi passi incerti: lontano da casa, del tuo plotone non c'erano tracce. Un comandante ha sempre a cuore i suoi commilitoni, e tu non li avresti lasciati soli.

    “Ad ogni modo; non sapete quanto siete lontano dalla realtà. Il mio nome è Zallen Emberfang: principe di Warpath e centurione dell'esercito imperiale. Mi state dicendo quindi che non siamo più su Endlos, messer ?”

    Mostrasti il tuo regale contegno al mostro, come un cavaliere degno di tale nome. Ma dentro eri preoccupato: dov'erano i tuoi uomini ? Anche loro sono finiti su Endlos ? Non ci sono altri corpi intorno al punto d'arrivo in questo freddo mondo, solo zampe che conducono aldilà della tempesta. Pensasti che l'essere avesse visto qualcosa, ma non volevi coinvolgerlo nella tua missione: i traditori e gli eretici pagheranno col sangue il loro affronto, e lo faranno solo per mano tua. Eppure non sapevi dove andare, smarrito nella neve. Avresti rinunciato ad un po' d'orgoglio, per avere una pista da seguire ?

     
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    Incurante delle minacce, skekDor s'avvicinò così tanto che, in pratica, dovette sollevare il capo fin quasi al suo massimo per mirare il viso del suo interlocutore. Non di meno, Zallen avrebbe sentito la puzza di morte e vecchiachia che emanava quel corpo marcescente.
    Il mezzo-Mistico si batté le dita della destra su una guancia, quindi ostentò un'espressione di mal celata meraviglia: "Un principe?! Nientemeno... Ma può un sovrano definirsi tale, senza il proprio regno, o se esso è tanto distante da potersi dire perso per sempre?" Disse, e di seguito sghignazzò, ponendo la mano sulla punta del becco.
    "Ihihih! Esatto, questo è tutto un altro mondo, piccolino. E non darmi del "messere". E' un titolo che non mi appartiene. Sommo, altezza, magnifico... Scegli quale preferisci e usalo, d'ora in poi. E se ti stai chiedendo perché pensi debba farmi fregio di un simile titolo... spera di non scoprirlo mai."
    Schioccò la lingua sul palato, quindi avvicinò l'artiglio a Zallen. Se questi non avesse fatto niente per impedirglielo, l'avrebbe passato delicatamente su una delle ferite rimarginate del torace, commentando: "Tecnica mirabile... Ma scommetto piuttosto faticosa. Dimmi... Sei ancora in piedi solo per merito dell'adrenalina che ti flussa nel sangue, eh? Ihihih!"

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    “Sarò anche lontano da casa, ma ciò non mi priva del mio sangue blu...”

    La tua grossa mano scattò a prende l'esile zampa di quel mostro: nessuno manca di rispetto ad un paladino del fuoco, nessuno. La strinsi in una morsa forte e decisa, ma non dolorosa.

    “Fareste bene a non approfittare della mia calma, messere. Non è buona educazione avvicinare le mani in questo modo.”

    Tuonò la tua voce cavernosa, imponente; quella di chi porta la giustizia degli dei.

    Gli lasciasti la mano, disgustato. Ti sembrò di aver appena toccato un cadavere, e quell'odore di morte che dal basso arrivava alle tua narici, confermava la sua natura ultraterrena. Un non morto ? Un Negromante ? Di sicuro, dalle arie che si attribuiva, non un semplice mortale. O forse solo un vecchio pazzo, ma tu non potevi saperlo.

    Ma quel pazzo non aveva tutti i torti: eri guarito, e parte delle tue forze recuperate, ma il tuo corpo era comunque stanco e la fiamma non era così veloce. Dovevi trovare riposo, ed in fretta. In queste terre ci sarà sicuramente un villaggio, e quei bastardi saranno stanchi esattamente quanto lo eri tu e non volevi assolutamente lasciarteli sfuggire.

    Ti allontanasti da quella piaga, quella pustola sul manto bianco della neve, ma non a sufficienza dall'impulso benevole della brace: avresti aspettato ancora un po', prima di lasciare al suo destino l'essere.

     
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    Zallen afferrò la mano di skekDor e, nello stesso istante, poté percepire chiaramente dell'ostilità da parte del mezzo-Mistico. Niente di soprannaturale o magico: gli animali di solito capiscono istintivamente quando sono a un passo dal finire in una pozza di letame fino al collo.
    Il lupo mollò la presa subito dopo, e anche lo sguardo arcigno dello Skeksis s'addolcì leggermente. Non era ancora il caso di far capire a Zallen chi comandava. Ci teneva a lasciarlo ancora navigare per un poco nelle acque calme della sua pazienza.

    Lo seguì con lo sguardo, mentre faceva per allontanarsi. Quindi, commentò: "L'Etlerth è una prigione di ghiaccio, per chi non conosce la strada. E dubito che il tuo sangue blu ti terrà ancora al caldo per molto, lupacchiotto."
    Si volse nella sua direzione e fece qualche passo, ma stavolta non si fece di nuovo vicino. Zallen non gli aveva chiesto nulla, perciò non si sarebbe mostrato collaborativo. L'avrebbe seguito, facendo in modo che fosse lui a decidere la via. Compiacendosi mentalmente del fatto che stesse letteralmente andando verso un vicolo cieco.
    Già, se la memoria non l'ingannava, presto i due si sarebbero trovati di fronte a uno strapiombo. Ah... Questi mortali e il loro orgoglio, pensò skekDor

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    Armamentario:

    - Frammento del Grande Cristallo:
    Si tratta di una minuta porzione, della grandezza d’una mela, del Grande Cristallo originale. Il colore ricorda quello dell’ametista, anche se le tonalità variano considerevolmente a seconda dell’ora del giorno e dello stato mentale di skekDor. Normalmente si trova all’interno del corpo dello Skeksis, il quale lo vomita fuori solo nel caso in cui dovesse bagnarsi nei suoi raggi curativi. E’ un oggetto che può venire utilizzato solo dalle divinità: nelle mani di un qualunque mortale apparirebbe come una semplice pietra preziosa.
    La scheggia del Grande Cristallo erige inoltre naturalmente un velo invisibile tutto attorno al corpo dello Skeksis, la cui robustezza è equiparabile a quella di una corazza pesante. Ogni colpo portato a questa protezione evanescente produce sprazzi d’energia violacea. Qualora la barriera dovesse cedere, le zone di frattura diverranno visibili a occhio nudo e, fino a completa rigenerazione del potere, non sarà possibile innalzarne un’altra

    - Caesti eterei:
    Qualora la situazione lo richieda, skekDor attinge al potere del Grande Cristallo per ricoprire mani e avambracci di vispe zaffate di mana fluorescenti nel verde, che ricordano nella forma dei guanti da combattimento avvolti dalle fiamme. Queste insolite armi hanno la resistenza dell'acciaio e, a ogni colpo portato, lasciano dietro di loro una scia eterea che scompare dopo pochi secondi (La scia è scenica e non ha consistenza). La gittata dei colpi è di circa un metro da ciascun avambraccio di skekDor

    Passive:

    - Semi-immortalità (Passiva):
    L’organismo di skekDor non è dissimile da quello di un cadavere che cammina. Non ha realmente bisogno di nutrirsi, a eccezione dei raggi assorbiti dalla luce solare rifratta sul frammento di Cristallo nero. In alternativa, può assorbire le anime dei vivi come sostentamento. Può provare dolore, ma mai fatica. Nella sua nuova forma, skekDor può esser ferito gravemente, ma non ucciso [Abilità Passiva – Immortalità + Resistenza all’esaurimento delle energie]

    - Potere Passivo di Classe Elementalista:
    L'acqua non intacca il corpo di skekDor in alcun modo. Il mezzo-Mistico potrebbe ad esempio rimanere in un torrente per giorni interi senza risentire di alcuna conseguenza relativa al lungo periodo di tempo trascorso in ammollo. Inoltre, (non respirando affatto già di suo) può restare in apnea quanto desidera [Abilità Passiva – Immunità scenica all'acqua]

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    “Stai sfidando la mia pazienza, nido di vermi.”

    Tuonasti, un timbro profondo e deciso, ma calmo: un avvertimento, l'ultimo.

    Già, ti stavi davvero scocciato di quell'atteggiamento di superiorità che quel nugolo putrescente aveva nei tuoi confronti. Ti era stato insegnato a portar educazione per tutti, anche per gli sconfitti ed i deboli, ma la tua pazienza aveva un limite e quell'aborto contro natura lo stava ampiamente superando. Gli detti le spalle, come le si da ad un cadavere; tanto se si fosse mosso l'avresti sentito e il suo fato sarebbe stato ineluttabile.

    “Per tua fortuna, la mia lama ha altri nomi incisi sull'elsa...”

    Anche perché la tua spada, quella vera, era nelle mani del nemico...e ciò era imperdonabile.

    “''Non temerai mai il freddo, dato che il fuoco di Belphegor brucerà dentro di te, e l'acciaio guiderà i tuoi passi, come quelli di tutti i suoi servi...così era e così sarà.''”

    Queste erano una parte delle sacre cantilene, questa era la parola del Dio che guiderà la tua mala verso la vendetta, verso la vittoria...queste sono le parole che santificarono la tua carne, rimarginandone le ferite.
    Non ti aspettavi che l'abominio comprendesse le tue parole, poiché lontano dalla luce del fuoco e neanche t'importava continuare a prestargli attenzione: avevi il tuo sacro dovere da compiere.

    Avresti atteso ancora un po': giusto per sentire gli sbraiti di quell'insulso essere e recuperare le ultime energie. La tua fiamma brucerà più intensa che mai, Zallen, e carbonizzerà chi si metterà sulla tua strada... a cominciare proprio dalla carcassa parlante, forse.

     
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    ~skekDor "il mezzo-Mistico"~

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    "Oh, sì... E' proprio questo che temo: il freddo bacio dell'acciaio. Tch!" Ironizzò lo Skeksis alle minacce del mostro.
    Zallen, comunque, sarebbe stato presto messo in castigo. Era ora che imparasse a ingoiare rospi amari senza rispondere. Che razza di maleducato, pensava skekDor. D'altro canto, la sua etica era che lui poteva permettersi qualunque affronto, senza mai riceverne. Questo era lo scotto da pagare per aver vissuto tanto a lungo, forse.

    Quando udì la preghiera, o cantilena che fosse, si domandò che aspetto avessero mai le divinità del mondo di Zallen. Certo non erano Skeksis, ma forse erano come gli dei di Endlos: ovvero, ci si rivolgeva invano, giacché non si riceveva mai il minimo aiuto da loro.
    A tal riguardo...
    "Lascia che ti redarguisca riguardo alle tue fantasiose speranze. I tuoi dei sono rimasti nel loro mondo, mortale. Ora puoi appellarti solo a quelli che si trovano qua su Endlos. E, mi spiace dirtelo, le divinità "indigene" hanno di meglio a cui pensare che aiutare un lupacchiotto stanco e infreddolito a lasciare queste lande di ghiaccio!" Tuonò infine e, di seguito, tirò fuori una mano dalla veste e la agitò vicino a sé.
    Un fluido verdastro l'avvolse e, subito dopo, fra gli artigli quasi serrati a pugno s'originò una fiammella danzante. Allo Skeksis bastò dunque aprire completamente la mano per far sì che la sfera infuocata raggiungesse le dimensioni di una palla da basket.
    Questa rimase svolazzante vicino a lui, nonostante nel frattempo la zampa fosse ritornata nella manica del vestito.
    "Un'idea, o un credo, può avere la forza necessaria per scaldare un cuore... ma alle membra serve tepore reale, tangibile. Ora, usa la testa. Voglio che ti rimangi ciò che hai appena detto, e che mi rivolga le tue formali scuse dandomi del "sommo". Fa questo, piccolino, e io ti offrirò in dono il vero calore che il tuo corpo abbisogna."
    Rimase in attesa, tranquillo come lo era fino a poco prima.
    Come detto, non temeva né l'acciaio, né la reazione del suo interlocutore. E ora che erano distanziati, questo non avrebbe nemmeno potuto toccarlo con un dito. C'era la barriera del Cristallo a proteggerlo, come sempre

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    Si tratta di una minuta porzione, della grandezza d’una mela, del Grande Cristallo originale. Il colore ricorda quello dell’ametista, anche se le tonalità variano considerevolmente a seconda dell’ora del giorno e dello stato mentale di skekDor. Normalmente si trova all’interno del corpo dello Skeksis, il quale lo vomita fuori solo nel caso in cui dovesse bagnarsi nei suoi raggi curativi. E’ un oggetto che può venire utilizzato solo dalle divinità: nelle mani di un qualunque mortale apparirebbe come una semplice pietra preziosa.
    La scheggia del Grande Cristallo erige inoltre naturalmente un velo invisibile tutto attorno al corpo dello Skeksis, la cui robustezza è equiparabile a quella di una corazza pesante. Ogni colpo portato a questa protezione evanescente produce sprazzi d’energia violacea. Qualora la barriera dovesse cedere, le zone di frattura diverranno visibili a occhio nudo e, fino a completa rigenerazione del potere, non sarà possibile innalzarne un’altra

    - Caesti eterei:
    Qualora la situazione lo richieda, skekDor attinge al potere del Grande Cristallo per ricoprire mani e avambracci di vispe zaffate di mana fluorescenti nel verde, che ricordano nella forma dei guanti da combattimento avvolti dalle fiamme. Queste insolite armi hanno la resistenza dell'acciaio e, a ogni colpo portato, lasciano dietro di loro una scia eterea che scompare dopo pochi secondi (La scia è scenica e non ha consistenza). La gittata dei colpi è di circa un metro da ciascun avambraccio di skekDor

    Passive:

    - Semi-immortalità (Passiva):
    L’organismo di skekDor non è dissimile da quello di un cadavere che cammina. Non ha realmente bisogno di nutrirsi, a eccezione dei raggi assorbiti dalla luce solare rifratta sul frammento di Cristallo nero. In alternativa, può assorbire le anime dei vivi come sostentamento. Può provare dolore, ma mai fatica. Nella sua nuova forma, skekDor può esser ferito gravemente, ma non ucciso [Abilità Passiva – Immortalità + Resistenza all’esaurimento delle energie]

    - Potere Passivo di Classe Elementalista:
    L'acqua non intacca il corpo di skekDor in alcun modo. Il mezzo-Mistico potrebbe ad esempio rimanere in un torrente per giorni interi senza risentire di alcuna conseguenza relativa al lungo periodo di tempo trascorso in ammollo. Inoltre, (non respirando affatto già di suo) può restare in apnea quanto desidera [Abilità Passiva – Immunità scenica all'acqua]

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    - Generazione degli elementi:
    Qualora lo ritenga necessario, skekDor è in grado di generare dal nulla una ridotta quantità dei quattro elementi della vita: che siano fiammelle fluttuanti necessarie ad accendere un fuoco da campo, abbastanza acqua da riempire una tinozza , una tana nel terreno abbastanza spaziosa e confortevole da risultare un buon riparo per la notte o una sottile brezza capace di allontanare per circa un'ora eventuali nubi da un cielo plumbeo [Abilità Attiva – Supporto; Consumo: Basso] (1 punto)


     
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    “Quanto cieca può essere la mente dei folli; d'altronde non tutti siamo così puri da poter vincolare la via del fuoco e dell'acciaio...”

    Già: quell'abominio ai tuoi occhi era solo un folle, un folle putrescente e rivoltante. Non t'importava se fosse un non-morto o semplicemente un vecchio affetto da qualche strano morbo: se non avessi impegni più urgenti, gli avresti dato la morte, seduta stante. Ti sarebbe bastato un singolo colpo d'artiglio per aprirlo in due come una mela matura, ma ai tuoi occhi una vita come la sua -debole, impacciato e folle-, era già una punizione più che sufficiente.

    “E bisogna essere folli per non vedere il miracolo di cui sia io che tu, meschino, stiamo usufruendo.”

    Non avevi più voglia di ascoltarlo, ne pazienza per tollerare: i deboli vanno schiacciati, ma con lui sarebbe così facile...il tuo Dio non approverebbe una vittoria così regalata, un anima così misera e grama, e i tuoi artigli cercavano il sangue di altri.

    “Sommo ? No...”


    Ti voltasti verso quello schifoso ammasso di carne ammuffita, tuonando con il suo solito timbro profondo e calmo. Pensava davvero che tu avessi paura di lui? Tu hai visto la morte in faccia mille volte, portata dagli immensi stormi corazzati degli Avian. Hai falciato con la tua spada tanti uomini quante sono le spighe in un campo di grano. Tu sei Zallen Eberfang, il futuro avatar di Belphegor, e questa è la tua missione

    “Al massimo puoi essere una sacca di concime ambulante, buona per rendere i campi rigogliosi e sfamare le famiglie. Non ho bisogno dell'aiuto di una pustola semovente: il mio Dio è forte, la mia fede incrollabile, il mio corpo possente e la mia mente salda. Io non temo la morte, ne il freddo...”

    Ti avvicinasti a lui; i tuoi occhi d'ambra sfidavano le sue pupille cremisi. Non ti piegasti, non l'hai mai fatto difronte al nemico. La sua ombra avvolse quello scarafaggio come un presagio. Ti abbassasti solo una attimo, per inchiodargli le ultime, velenose parole.

    “ne i tuoi patetici tentativi di scimmiottare il VERO Sommo, padre di noi Ferali.”

    E mentre parlavi, uno sbuffo caldo uscì dalla tua gola, investendo il viso di SkekDor...il tuo fiato odora di morte, Zallen, la morte dei tuoi nemici, ormai esanimi dall'altra parte del portale.

    Non conoscevi questo mondo, ma non t'importava: i tuoi sensi erano fini, sapevi muoverti nelle terre selvagge e l'odore delle carogne eri in grado di fiutarlo da chilometri. Allontanasti il muso dal lui, ma non cessasti di oscurare il suo esile e fragile corpicino con la tua ombra. Ti sarebbe bastato un calcio per spezzare la sua vita, ma volevi vedere fino a che punto la cosa si sarebbe spinta.

     
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    Alla parola "miracolo", lo Skeksis roteò gli occhi. Ah, se Zallen avesse saputo. Ciò che lui vedeva come un prodigio, per il mezzo-Mistico non era dissimile dal muovere il proprio corpo a piacimento. Sì, sicuramente era qualcosa d'encomiabile, ma visto che rappresentava la routine... no, alla fine non era niente d'eccezionale.

    Il lupacchiotto vomitò altre sentenze, e skekDor, ascoltandolo, ragionò su quale parte del corpo staccargli prima di dosso. La testa sarebbe stata una morte troppo rapida, d'altro canto le gambe gli servivano per camminare... massì, forse un braccio.
    Alzò la mano in sua direzione, preparandosi a fare quanto pattuito. Così facendo, quando Zallen gli si avvicinò così tanto da buttargli il suo fiato addosso, gli artigli dello Skeksis quasi gli sfiorarono la spalla.
    "Ci sono destini peggiori della morte, cucciolo. Non costringermi a sceglierne uno su misura per te. E, come ti ripeto, sei solo e infreddolito. Il tuo dio non può aiutarti in alcun modo... Ihihih!"
    La sfera di fuoco roteò attorno al corpo della divinità e, proprio nel momento in cui Zallen s'allontanò di nuovo, si frappose fra i due. skekDor non respirava, ma poteva sentire sul muso le goccioline di saliva che gli erano arrivate quando l'essere gli inveì contro. Le fiamme le avrebbero asciugate.
    "Beh, hai avuto la tua possibilità..." Concluse poi, serrando il pugno. Nello stesso attimo, il globo fiammeggiante scomparve.
    "Allora-allora-allora..." Proseguì, alzando una gamba tanto in alto da portare il piede esageratamente in avanti. Fece un grosso passo, per poi ritrovar l'equilibrio e provare a camminare attorno alla creatura.
    "Sono seriamente indeciso se ucciderti subito o vedere la tua fiamma spegnersi lentamente mentre l'Etlerth si prende ciò che gli spetta... e poi terminare il lavoro. Tu cosa preferisci, piccino?" Quasi cinguettò, battendosi l'artiglio sulla punta del becco.
    "Vedi, tu hai tutto da perdere... Se provi a uccidermi, scoprirai che stai solo sprecando le tue già misere energie inutilmente. D'altra parte, io ci guadagno in ogni caso... posso usarti per ammazzare il tempo, o aspettare trepitante il momento in cui potrò assorbire la tua anima, come un commensale che attende il piatto forte a metà d'un lauto banchetto..." Socchiuse le palpebre, sollevando il braccio e girando il polso. Fece fare uno strano movimento alle dita, simile a una danza sinuosa.
    E ancora, no, Zallen non gli instillava alcun timore

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    Risi, risi così aspramente delle parole della pustola, mentre la tua fiamma si spense lasciandovi nel gelo: più un profondo e tetro latrato che una risata umana. Ormai le tue ferite erano chiuse, e quindi il tuo folto pelo bianco era più che sufficiente a proteggerti dai rigori dell'inverno, anche se non di una tempesta di neve. Sapevi già che per sopravvivere a tale clima, ti saresti dovuto affidare alla tua natura bestiale.

    “Ucciderti? Qual spreco d'energie...”


    L'essere poteva illudersi del fatto che stesse accondiscendendo alle sue parole, ma si sarebbe sbagliato, e di grosso. Seguivi i suoi spostamenti con i tuoi occhi, goffo com'era ti faceva solo ridere: moribondo e malato, eppure così tronfio di se. Infondo questo sono le creature impure.

    “Uccidere è un atto sacro: il prendere la vita di qualcuno richiedere fermezza e dedizione. È ciò che c'avvicina di più al nostro signore: noi centurioni glorifichiamo la morte attraverso il combattimento, lo scontro, la fatica della lotta. Prendermi la tua vita, piaga, non sarebbe diverso dallo schiacciare un insetto: né io né il mio Dio ne trarremmo soddisfazione.”

    A quel punto ti piegasti su gli arti, assumendo una posa bestiale. I muscoli si flessero, e tu spiccasti un salto, sorvolando di almeno un metro la testa del decrepito pennuto: glorioso, elegante, potente. Elendoti ben sopra la testa di SkekDor, la neve seguì le tue movenze, probabilmente arrivando a sporcare completamente il non-morto.

    Atterrasti svariati metri lontano da lui, con un tonfo pesante, che non venne attutito dalla neve: un salto da fermi niente male.

    Una dimostrazione? Si, ma anche un umiliazione. Il mostro potrebbe anche essere un Dio, per quel che ti riguarda, ma tu non sei un debole e sei riuscito a saltarlo come si salta una piccola recinzione di legno. Dov'è la sua forza, e la sua arroganza, ora che un mortale aveva sporcato di neve la sua persona ?

    O forse no ?

    Ma a te non importava.

    “Ed ora scusami: c'è gente il cui nome è inciso sui i miei artigli, ed io non ho la minima intenzione di assecondare le parole di un folle sacco di vermi. Ma fidati di me: “Le vie dell'acciaio sono tante, e tutte portano l'adepto a rimettere la lama ai doveri.”.”

    Ed i doveri di un paladino sono quelli di punire gli infami ed i blasfemi. Sei fortunato: c'è gente molto più reietta e putrida di te, non-morto. Ti voltasti, non curante della figura; aveva smesso da tempo d'attirare la tua attenzione.

    “Addio, folle! HAHAHA”

    Un'ultimo latrato, prima di sparire nella tormenta...o almeno di provarci.

     
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