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Atto VIII
†Live And Let Live...~
Lo Skeksis accettò l'offerta del ramingo senza obbiettare, dopotutto ne avrebbe tratto solo vantaggio. Per quanto le ragioni dell'avvizzito pennuto non fossero sì nobili, il Cavaliere non potea negar supporto al presidio che lo avea accolto sin a quel momento, indi, come sovente accade, il fine avrebbe giustificato il mezzo e altresì la sua anima ne avrebbe giovato. Non più un fiato dalle rosee labbra del cavaliere scarlatto, che tacito udiva l'interlocutore. Le lingua taceva, ma nella mente elucubrava riguardo le priorità e su quale fosse il sentiero da intraprendere. Ei non era sì avvezzo al cogitar, ma dall'avvento suo sul semipiano avea avuto necessità di farlo spesso. Quasi non giunse all'orecchie suo la favella della chimera, indi s'accorse del palesarsi d'una gremita folla innanzi a loro solo dopo aver veduto. Ad ogni batter di ciglio, la già nutrita schiera, s'incrementava. Più d'una dozzina di nerboruti osteggiava il transito nell'angusto loco. La falcata del giovane uomo s'arrestò ed il di lui sguardo stupito si soffermò brevemente su cadauno gli individui, tra essi i beoni di poc'anzi. Il palmo guantato a manca dell'emissario del nord raggiunse la nuca come per sfregarla.
"Ed io che come uno sciocco supponevo di aver calpestato dello sterco...A quanto pare non ero io lo sciocco..."
I verbi usciron dalle labbra senza il consenso della ragione: canzonatorio e tracotante, con un'espressione curiosa sulle superficie dell'efebico ed ammaliante volto. Gli avventurieri avean fatto appello alle loro conoscenze per assoldare una banda armata dalla dubbia qualità, poiché taluno brandiva attrezzi da lavoro non consoni alla pugna: la letalità di quegli oggetti risiedeva nel poter istillar qualche sorta di infezione data l'eccessiva quantità di ruggine presente. Per quanto fosse palese lo scarso retaggio della nemica schiatta, non era congeniale un tafferuglio: le autorità locali avrebbero potuto far perdere decisamente troppo tempo. Sbuffò tediato Crimson, dipanando un arto dinanzi alla creatura del becco pronunciato, socchiudendo le palpebre come per acquisire la dovuta concentrazione. Lo scheletrico volatile non parea incline alla tenzone e in quel frangente, forse, non sarebbe stato un valido ausilio.
"Un paio di svolte ed una lunga via, dite? Vi ringrazio, ma ora andate, ci vedremo più tardi fuori l'arena."
Un flebile fiato quello del giovane uomo, sì da non lasciar udir la rozza banda, auspicando che il signore dei cristalli seguisse le sue direttive, poiché con la sua andatura claudicante non sarebbe stato in grado di proseguire al fianco di Lance, o almeno in medesima guisa. Le palpebre si dischiusero di scatto, fregiandosi di iridi scarlatte, animate da vivide vampe pulsanti. Uno sguardo austero e sinistro vegliava su coloro al suo cospetto, occhi che parean scrutar i meandri più reconditi dell'anima, sin a gelar la tiepida linfa nelle vene. Uno sguardo penetrante ed altresì malevolo, in grado di destar i più remoti timori. Uno sguardo che sembrò mutar l'intero aspetto del cavaliere da ramingo a mortifera creatura. Il silenzio permeava l'aere, un singolo passo di Crimson infranse la quiete, sì da innescar la tempesta. Un funereo corteo di grezze lame distorse lo spazio e turbinò attorno al guerriero dalla cappa scarlatta, disponendosi alle spalle sue, troneggiando, pazientando d'esser scagliate.
"Le vostre vite valgono una zuffa in una bettola? Badate bene: non serbo pietà per gli stolti!"
Invero, ei non bramava soffermarsi in quella situazione, indi anelava far appello alla coscienza dei bifolchi per farli desistere dal loro insano intento. Quel putrido sangue non avrebbe lordato le sue daghe.
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Atto IX
†Bad Joke...~
Quasi futile il tentativo d'intimidir gli astanti: pochi tra essi ebbero la tema dovuta, gli altri furon troppo sciocchi per comprendere quanto fosse immane l'ancestrale prodigio innanzi ai loro occhi, poiché sollecitati alla pugna nella concitazione del frangente. Non ebbe turbamento alcuno Lance, che inamovibile rimase, quando altresì dallo stuolo di plebe sorgeva la prima timida riscossa, sozza e detestabile alla veduta. Munito d'un attrezzo agricolo, un pusillanime tentava una discutibile offesa, nel medesimo istante la daghe attorno alla figura del Cavaliere Scarlatto iniziar a turbinare, come allarmate e smaniose di assumer l'atteggiamento bellico, ma non accadde, invero. La vanga scagliata, alla stregua d'una radiosa asta da guerra, virò per via del non consono bilanciamento e dell'errato utilizzo, ma sopratutto per l'incompetenza di chi l'avea scagliata, raggiungendo l'avvizzito rapace, che parea non badar alla fortuita aggressione. L'istinto si impose sul ramingo, che mobilitò lesto una lama a sostegno del compagno di ventura, frantumando in proverbial guisa l'oggetto dell'aggressione, concedendo all’arma bianca di conficcarsi sul terreno, ai piedi del chimerico pennuto, per poi estinguersi sì com'era apparsa. Per quanto fosse solo un giovane uomo, Crimson non dubitava che un entità che s'appellava alla stregua di divinità non fosse in grado di badare alla sua persona, ma l'impulsività sua e l'indole che gli apparteneva lo avea spronato a quel gesto.
"Le temibili zappe del presidio errante, la vostra fama vi precede. Ho acquistato un tomo che narra delle vostre prodezze."
Il medesimo istinto di poc'anzi dettò legge anche sulla di lui favella, che parea ancor più ironica proferita mentre le sue iridi s’infiammavan di violenti fuochi cremisi. Adoperando una mera congettura, sentenziò l'ordine alle sue rimanenti daghe, che saettando nell'aere, s'abbatteron come dirompenti folgore divine sui malcapitati. Le blande armi bianche impattaron ove non v'era il mortal filo, evitando sì inutili vittime e l'eventuale collera delle autorità locali. Membra prive di corazze e ben temprate non avrebbero resistito agevolmente, gravi lesioni intere sarebbero state inesorabili, ma non avrebbero recato seco il gelido soffio della dama nera. Adempiuto alla loro mansione le armi del prode s'estinsero ed ei reclinò d'un poco il capo, avanzando con brevi falcate, snudando le fidate gemelle dall'ambigua forgia.
"Suvvia, non siate timidi."
Completamente assorto dalla tenzone, per quanto infima, quella schermaglia avea destato la natura del ramingo, anche se ei s'attendeva una ritirata 'strategica'.
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Atto X
†Just me...~
I pavidi pusillanimi si dispersero lesti, al seguito delle parole di ambo gli avventurieri. Le labbra del novello del nord si deformarono in un serafico sorriso, mentre con perizia riponeva alla cintola le fidate lame gemelle. Ebbe gaudio il Cavalieri nel notare che anche la sedicente divinità fu altrettanto clemente con gli stolti. Invero, non si potea auspicar altrimenti da un'entità divina. Come se codesto spiacevole intramezzo non fosse mai accaduto, Lance riprese la marcia accanto alla chimera dal poderoso becco.
"Oltremodo riprovevole, ma non sarà codesta spiacevole farsa a rovinare il nostro incontro, non credete?"
Cheto si volse all'interlocutore Crimson, mentre lasciava cadere l'arto a manca lungo le membra sue, sistemando il mantello sulle spalle e sul collo con la destra, omettendo ancor la sua fisicità sotto la logora cappa scarlatta, che sovente garriva all'aere.
"Credo appartenga al mio retaggio, sulla mia terra natia non mi ero mai cimentato in tale dote, solo viaggiando accidentalmente nelle dimensioni sono stato indottrinato in tale arte. Non vi nego, altresì, che non mi spiacerebbe affatto vedere quanto possa esser ampio il potere di una divinità. Auspico che non sia necessario, ma forse per proseguire per la vostra ricerca occorrerà."
La camminata proseguiva e quasi si potea scorger l'arena dalla distanza, ancor pochi metri e i due sarebbero giunti a destinazione. Forse una volta giunto all'arena il Prode avrebbe dovuto affrontare qualche tenzone degna di nota o successivamente per offrir ausilio allo SkekDor. I tempi eran maturi e non più sciocche distrazioni si sarebbero palesate sul suo cammino, indi consapevole di questo il vassallo del nord assunse un espressione seria, quasi dimenticando del rapace umanoide al suo fianco.
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Atto XI
†Not Today, God....~
Camuffava le ragioni sue lo SkekDor, per quanto fosse genuino Lance, non era sì sciocco da non comprender quella velata favella, ma invero fu il seguito di quei verbi a turbare in parte il Ramingo: il divino asserì che in un futuro non assai prossimo, avrebbe concesso al prode un'esperienza che ei avrebbe rimembrato. Parte dell'istinto del Predatore Scarlatto non anelava altro, bramando di duellare al fianco d'un entità celeste, ma altresì la sua parte razionale auspicava di non aver mai necessità di un simil sostegno. Per quanto il cruccio fosse presente nell'ardimentoso animo suo, ei palesò un malizioso sorriso all'astante, cimentandosi successivamente nei dovuti ossequi: chinando d'un poco il capo innanzi al piumato umanoide.
"Lieto di sancire tale patto con voi: baderò con ancor più accortezza alla mia incolumità! E' stato gradevole interloquire con voi e vi ringrazio ancora per le indicazioni."
Sollevando di nuovo l'estremità del collo, Crimson s'accinse nell'ubicarsi alla volta dell'arena, acquisendo la sua consona falcata ampia e decisa, non più vincolato dall'andatura del claudicante compagno di ventura. Appena giunto nel presidio errante avea avuto una diatriba con dei marrani locali, una disputa con beoni mercenari e l'incontro con una presunta divinità: invero laputa non accolse il novello del nord nella più raggiante guisa. Forse, allocarsi nell'arena avrebbe migliorato la situazione. Forse, in quell'istante anche suo fratello stava consumando una tenzono in loco, imponendosi su un eventuale sventurato. Presto i suoi occhi sarebbero stati testimoni e non sarebbero stato più necessarie le congetture.
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