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« Questo piano... non funzionerà mai. »
Brontolava scoraggiata la Lepre di Inaba, il visetto riverso sul banco da bar, praticamente un'isola nel deserto desolato che era il capannone. Era troppo sobria per essere ottimista, ed aveva incassato troppi dinieghi alle sue richieste di un po' di sakè per mostrarsi allegra. Diamine! Eppure era stata chiarissima! Per attirare la belva servivano alcool e donne, perché com'è risaputo tutti gli oni adorano alcool a fiumi e donnine discinte! Queste ultime erano facili da procurare, tanto gli oni sono notoriamente stupidi e mezzi ciechi, nel senso che si fissano su di una cosa sola e vedono solo quella. Con un paio di tette finte, sarebbero cascati ai piedi perfino di un vecchio tacchino gigante antropomorfo con poteri magici discendente della stirpe dei grandi tacchini del regno degli spiriti.
Però no.
Però non c'era l'alcool.
La vita fa schifo.
« Gnè. Ho seteeeeeeh... »
Piagnucolò mentre distendeva le braccia sul banco, buttando occhiate annoiate ai due ningen che, dal suo punto di vista, erano impegnati a ballare col nulla. Doveva essere bello trovarsi immersi in una festa, forse doveva chiedere al tacchino gigante di far vedere la festa pure a lei. Magari si distraeva. Magari pensava un po' meno all'alcool. Che poi, che male c'era se si faceva un goccetto! Lei era la nobile e saggia Lepre dell'isola di Inaba, aveva consigliato re e principesse, aiutato eroi e semidei, in seimila anni di vita non si era mai sentita così annoiata come in quella sera, proprio nel luogo dove ti aspettavi di veder scorrere fiumi interi di gioia liquida, e invece con al massimo un bicchiere di succo di frutta. Che, a tal proposito, fece uno sforzo e alzò la testolina per trarre un lungo sorso.
Nah.
Non è alcool.
La vita fa ancora schifo.
Più o meno allora ci fu un movimento, segno che qualcuno o qualcosa si stava precipitando verso di lei. Pensò si trattasse del bimbo della pesca, poco più alto di qualche pollice eppure rumoroso quanto una intero branco di scimmiette di montagna. Con un grande sforzo di volontà si decise ad alzarsi, e volgere lo sguardo verso di lui. Dopotutto mica era colpa del bimbo delle pesche se non c'era alcool. Semmai, la colpa era di...
Si ritrovò a fissare zanne aguzze. File e file di canini grandi come coltelli, spalancati e rivolti su di lei. Li contò uno ad uno, come tanto tempo prima aveva contato gli squalodrilli che si erano affollati attorno all'isola di Inaba, attratti dalla curiosità di scoprire se erano o meno più numerosi delle lepri che popolavano l'arcipelago. Quel giorno la Lepre di Inaba aveva saltellato sui loro dorsi, contandoli uno ad uno fino ad arrivare ad una certa cifra. Peccato però che quella cifra manco la ricordava più. Non voleva davvero contare gli alligatori del mare, era tutta una scusa per convincerli a mettersi in fila indiana e farle da ponte. Il che sarebbe stato okay, non fosse che prima di balzare giù dal dorso squamoso dell'ultimo aveva iniziato a sfottere quelle belve dalle zanne aguzze e dal morso potente. Oh, la belva si era rivoltata e l'aveva morsa, scuoiandola viva e lasciandola ad agonizzare sulla spiaggia, più morta che viva.
Ed ora, guarda che coincidenza, c'era uno dei discendenti di quei coccodrillacci. Magari il pro-pro-pro-pro-pro nipote di quello che le aveva strappato pelliccia, pelle, carne e sangue, lasciandola a morire sulla spiaggia per vendetta...
Senza nemmeno pensarci, con un movimento del tutto involontario, la Lepre di Inaba alzò il braccio a difesa del volto, pensando anzitutto "NON DI NUOVO!", e poi "AAAARGH, NON VOGLIO MORIRE SENZA AVER BEVUTO UN ALTRO PO' DI SAKE'!!!"
Come risultato, il coccodrillo le staccò un braccio, che sparì allegramente dentro le sue fauci, lasciandola stupita e giusto vagamente irritata...
« Okkey... la vita fa schifo. »
Ed ancora nessuno si era degnato di darle il suo sakè.... -
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EHI
Qualunque fossero state le sue reali intenzioni, Raksaka era riuscito ad avvertire i suoi colleghi della presenza del coccodrillo, e il coccodrillo della sua. Ciò, purtroppo, non bastò a salvare il braccio della Lepre che, paralizzata dal terrore, non riuscì a spostarsi in tempo. Tuttavia, il rettile, troppo concentrato sulla sua preda, non poté evitare l'attacco di Raksaka, finendo così con la zampa posteriore sinistra rotta al livello della caviglia, e con il pezzo di carne che quasi gli andò di traverso dalla sorpresa e dal dolore.
Emise un lamento che solo la Lepre avrebbe sentito e che sarebbe suonato alle sue orecchie come un "li mortacci tua!" borbottato a zanne strette. Raksaka e skekDor, invece, sarebbero con ogni probabilità stati condannati a chiedersi, negli anni a seguire, il coccodrillo come fa.
L'animale si voltò verso Raksaka, il suo aggressore, come noncurante del fortissimo odore di sangue che sgorgava copioso dalla ferita della ragazza. Sebbene egli non paresse più che una bestia, i suoi occhi dorati erano espressivi abbastanza da comunicare, a chi avesse avuto modo di incrociarli, una feroce e totale ostilità.
Sollevò quindi la coda, spostandola sul lato opposto a quello del minuscolo guerriero, come a voler caricare un colpo che, infatti, arrivò non più di un istante dopo. Era nientepopodimeno che una spazzata, la quale avrebbe potuto spazzare via il Vihadah come una foglia al vento, se questo si sarebbe stato fatto cogliere impreparato.
Sarebbe stato questo il caso, a Caccia appena incominciata?
Nel frattempo, poco più in là, la "festa" continuava indisturbata. Nessuna delle sole due persone vere presenti, neppure quella che fino a poco fa aveva fissato la Lepre con occhi languidi e affamati allo stesso tempo, tanto che sulla schiena pareva avere scritto "Ho Bisognissimo", sembrava essersi accorta della loro assenza. Nemmeno di quella di skekDor sul quale, incidentalmente, continuava a gravare il peso dell'illusione, e il quale si sarebbe visto risucchiare un po' più velocemente del solito le energie, se l'avesse mantenuta anche nel combattimento al quale, oramai era apparente, sembrava destinato.
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Si ritrovò a fissare il moncherino che aveva al posto del braccio con un'espressione a metà fra il terrorizzato ed il maccheccazz??? E va bene, si era distratta un po'. Ma poi, perché deve essere sempre il destro?? Era il suo braccio dominante, quello che usava per scrivere, e se l'era fatto mangiare di nuovo! Ed ora dove la trovava una divinità che glielo faceva ricrescere...?
Oh, sì, iniziava anche a non sentirsi tanto bene, ma non era per i litri di sangue che stava perdendo, tutt'altro. E' che si era resa conto di avere davanti uno squalodrillo senza la parte da squalo, quindi era abbastanza sicura che quello volesse sbranarla seduta stante.
« S-sono la Lepre di Inaba!!! »
Gridò tutto d'un fiato, salvo rendersi conto che noooooo, non era stata affatto una buona idea presentarsi! Con tutta probabilità un paio di millenni prima aveva saltellato allegramente sul dorso di un prozio di quella belva, e l'onta di aver preso in giro tutta la famiglia senza nessuno escluso probabilmente era passata di generazione in generazione.
« Sono un messaggero del palazzo dei cieli, sono in missione!!! Non potete farmi questo!!! »
Beh, a dire il vero l'aveva già fatto. Ma... vabbeh, a questo punto tanto vale cadere in ginocchio e scoppiare a piangere disperatamente chiedendo pietà.
« Io... io... DEVO TROVARE UNA SPOSA PER SUA MAESTA' E LA SIGNORINA E' PERFETTA PER IL RUOLO!!! VOI STATE DISTURBANDO LA FUTURA SPOSA DELL'IMPERATORE DEI MILLENNI!!! »
Beh, okay. Magari doveva dirlo ad Evangeline in circostanze un po' meno precipitose, ma...SPOILER (clicca per visualizzare)Status: prossima a perdere i sensi per la perdita di sangue.
Energie: 60%
Note: scusate i ritardi ma è un periodo pessimo.
Tutte le Lingue degli Animali. Le lingue degli uomini sono complicate e difficili da conoscere, quindi la Lepre di Inaba parla solo il linguaggio comune, che ha imparato direttamente alla corte imperiale della sua isola di origine, alla corte della Principessa Lunare, a palazzo dell'Imperatore dei Millenni o durante i suoi viaggi fra gli umani. Tuttavia ha anche vissuto presso quasi tutte le razze animali esistenti fra le più pacifiche, ed è stata ospite apprezzata anche presso molte razze più belligeranti, accolta quasi sempre come un ospite onorato anche fra le razze più temibili. Come risultato la Lepre di Inaba può parlare liberamente con qualsiasi creatura animale, perfino con i pesci! [Abilità Passiva]
L'ultima Grande Risorsa della Lepre Bianca: Tecnica Segreta dei Paramenti Divini Celesti In Lacrime. Ormai ha perso il conto di tutte le volte in cui ha rischiato di finire decapitata, bollita viva, spellata, mangiata, giustiziata, messa al rogo, costretta a suicidarsi in modo rituale, perfino seppellita viva! Ovunque va, la Lepre di Inaba finisce puntualmente con il combinarne una delle sue, e questo nonostante nella sua isola di origine sia considerata un animale sacro ed il kami protettore della famiglia reale, mentre fra i conigli lunari è considerata saggia e giudiziosa, dotata di grande esperienza e buon senso. Tuttavia va a suo favore il dato di fatto per cui non si è mai fatta ammazzare, anche se ci va vicino molto spesso. La sua ultima risorsa è una tecnica devastante che ha smosso gli animi di demoni e diavoli, convinto divinità malefiche a tornare sui propri passi e perfino spinto lo stesso Imperatore dei Millenni a non giustiziare per tradimento i nobili lunari, rei di non sapere dove si trova la principessa della luna promessa sposa dell'Imperatore. La tecnica consiste nel rivolgere alla vittima il più dolce degli sguardi, implorando pietà nel modo più sottomesso e adorabile possibile, di solito piangendo delicatamente oppure facendo tremolare il labbro inferiore, tanto che di fronte a tanta carineria anche il signore degli oni nella profondità degli inferi si è ritrovato a balbettare insicuro sul da farsi. Questa è la tecnica definitiva, praticamente nessuno è in grado di rimanere sordo di fronte ad una richiesta avanzata dalla Lepre di Inaba con questa tecnica, ma lo spirito è saggio e sa che non può mostrarla troppo spesso, quindi ne fa un uso coscienzioso sfoderandola solo in caso di estrema necessità. [Consumo Critico]. -
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Raksaka fu colpito in pieno dalla poderosa codata. Questa fu tanto potente e il guerriero tanto piccolo e leggero da scagliare quest'ultimo contro il muro. Borbottando forse qualche imprecazione nella sua lingua natia, egli si rialzò con un po' di fatica. A quel punto, fu il Mistico a farsi avanti, incantando le proprie parole affinché egli potesse farsi capire dal coccodrillo, nella speranza di poter risolvere tutto senza ulteriori spargimenti di sangue.
"Placatevi, fiera funesta! Non v'è più motivo di darci battaglia. Siete in minoranza, e pure ferita. Arrendetevi e lasciatevi catturare. Quel che ci preme è conoscere le vostre ragioni e porre fine alle atrocità che avete commesso..."
L'animale voltò quindi l'enorme capo verso skekDor, osservandolo, ma senza che il semidio potesse capire se effettivamente stesse comprendendo o meno. Forse, però, la Lepre, più abituata (purtroppo!) a simili situazioni, avrebbe potuto scorgere una sorta di luce negli occhi della fiera...
"Non lasciate che l'odio vi distrugga. In un modo o nell'altro, le vostre malefatte termineranno stanotte. A voi decidere se il mattino illuminerà coi suoi raggi il vostro corpo palpitante di vita o le spoglie di quel che ne sarà rimasto..." skekDor avanzò ancora, senza che la bestia reagisse. "Orsù, mostrate senno. Tutto ciò che vi chiedo è di calmarvi. Pretendo forse troppo?"
Per tutta risposta, il coccodrillo indietreggiò di un paio di passi, provando ad alzare la testa per guardarlo negli occhi e riuscendo -con fatica- ad inclinarla di una ventina di gradi. Aprì infine le fauci e...
« A' gallinaceo, ma che cazzo stai a di'? Qua l'unica atrocità che ce sta è che ancora nun ho cenato. Mo nun è che me favorirebbe er lagomorfo, che c'ho un po' de languorino? » indicò la Lepre con un cenno del capo, in qualche modo percependo che non si trattasse di un essere umano. Forse perché il suo sapore era rimasto pressapoco quello di un leporide? O c'era altro dietro? « Oppure famo anche er debello gallico. Ao', dimme te. »
Insomma, sia l'una che l'altro rimanevano ai suoi occhi pur sempre carne. Carne che in qualche modo parlava la sua lingua, ma non avrebbe sprecato il suo prezioso tempo in simili sottigliezze.
« S-sono la Lepre di Inaba!!! » intervenne all'improvviso la Lepre, appunto, di Inaba, a dispetto della tremenda emorragia che stava subendo. « Sono un messaggero del palazzo dei cieli, sono in missione!!! Non potete farmi questo!!! »
A queste parole aggiunse i più irresistibili occhioni a memoria d'uomo e di coccodrillo, tant'era che perfino la bestia che stava per mangiarla aveva ora in qualche modo alzato le pupille al cielo con un'espressione -per quanto questa parola avesse un significato molto relativo su un rettile- nervosa.
« Io... io... DEVO TROVARE UNA SPOSA PER SUA MAESTA' E LA SIGNORINA E' PERFETTA PER IL RUOLO!!! VOI STATE DISTURBANDO LA FUTURA SPOSA DELL'IMPERATORE DEI MILLENNI!!! »
Il coccodrillo sbatté qualche volta la gigantesca coda sulla pietra, mugugnando delle invettive verso sé stesso che, mannaggia ai cieli, si era stato appena fatto fregare così.
« Seh, vabbè, lasciamo perde'. Oramai nun c'ho più manco fame. » rispose, tentando di evitare lo sguardo della fanciulla. « Però me dovete di' che me date 'n cambio, perché nun è che me potete di' che è "'a vita", manco pe' niente, che fin'a prova contraria ve posso ancora fa un bucio de culo così a tutti. »
Per dare loro un'idea approssimativa della circonferenza in questione, aprì un'altra volta la bocca fino a quando non avrebbe potuto entrarci un bambino in piedi. Il "bucio de culo" era pressapoco così e, che egli stesse bluffando o si stesse pesantemente sopravvalutando, rimaneva il fatto che il coccodrillo non avrebbe ricevuto alcun vantaggio dall'arrendersi così, e dunque non aveva alcuna ragione di accettare. Cosa avrebbero potuto offrirgli skekDor e la Lepre, sempre tenendo a mente che dovevano metterlo in condizione di non nuocere ad Altatorre?
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"Risolviamo un problema alla volta, figliolo..."
A "figliolo", una luce negli occhi del coccodrillo parve suggerire che egli si stava preparando a perpetrare della violenza nei confronti del pollo che nel frattempo, con sprezzo della cautela, si era avvicinato alla creatura e ne aveva sfiorato la punta del muso squamoso. Per sua fortuna, però, essa doveva aver trovato l'arto di lui troppo sottile e ossuto perché si disturbasse a tal punto di aprire la bocca, chiuderla e, nel processo, staccargli il braccio di netto.
"Voi siete affamato, e io ho di che nutrirvi. Ma non sarà la mia carne a riempire il vostro stomaco, né quella della giovane creaturina laggiù."
skekDor ricevette un'occhiata che, nelle intenzioni, doveva voler apparire dubbiosa.
« E che me dai? 'A manna? » chiese il rettile che, in barba al suo essere un animale a sangue freddo, stava già iniziando a spazientirsi.
"Mi sfugge il vostro nome, creatura. Io mi chiamo skekDor. Avreste la piacenza d'introdurvi a vostra volta, mentre mi occupo del cibo?"
« E come no. So' Sirvano er gran cocco der sabato sera. » qualunque cosa fosse stata un "sabato", vero? "Cocco", invece, era già più comprensibile. Intanto, la tecnica di skekDor aveva appena iniziato a fare effetto, e Sirvanoarzòalzò il pesante capo, incredulo. « A cì, mo' che cazzo stai a fa'? »
Palle di quelle che, ad un primo sguardo, parevano palle di neve caddero tutt'attorno a loro sull'asfalto, e a volte anche su di loro, fino a che tutto fu ricoperto di bianco. Nemmeno il fatto che la festa di poco fa fosse tutto d'un tratto sparita parve riscuoterlo dal suo stupore. Se ne accorsero benissimo invece le uniche due persone reali presenti, ma di loro si sarebbe parlato in un'altra occasione.
"Con le vostre ganasce siete abituato a schiacciare la vita e a sorbirne il nutrimento. Quest'oggi io vi chiedo invece di fare qualcosa che non appartiene alla vostra natura. Vedete questi prodigi, tutt'intorno? Cacciatevene anche uno solo in gola, e pensate a ciò che vorreste mangiare. Vi accorgerete che, non vi mento, ne basteranno pochi per saziarvi la pancia." disse skekDor, indietreggiando di alcuni passi, e facendo cenno alla Lepre ferita di allontanarsi. Sirvano le lanciò un'occhiata distratta, ma decise di non muoversi all'inseguimento, non ancora. "Una volta che sarete satollo, spero ascolterete la mia proposta."
« Bada che se è veleno me n'accorgo, mica so' 'n cojone. » avvertì il coccodrillo con tono minaccioso, prima di fagocitare voracemente tutti i batuffoli di manna che lo skeksis gli aveva calciato vicino poco prima, quindi scrollandosi via quelli che aveva addosso e mangiandosi anche quelli. Passarono diversi secondi in cui Sirvano rimase in silenzio, come se avesse voluto creare suspence. Aprì infine la bocca e... « Daje, mo' vedi de di' che c'hai da di'. »
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"Va bene... Ora vi dico cos'ho in mente."
Compiaciuto della reazione del coccodrillo, skekDor fece combaciare fra loro le punte delle sue unghie, e si avvicinò all'animale con la sicurezza di sempre. Cos'aveva in mente, dunque?
"Mi sembra palese il fatto che non possiate rimanere qui. Gli abitanti della città vi ucciderebbero, e del resto voi provereste a uccidere loro." cominciò, ottenendo fin da subito come reazione un nervoso battere della coda sulla strada. Come sarebbe stato a dire che gli Altatorresi lo avrebbero ucciso, mentre lui avrebbe potuto solo provarci? Fino a prova contraria, era stato lui ad uccidere loro! Sirvano, d'altro canto, era ancora lì, davanti a quei cacciatori di taglie, vivo e vegeto. Lo stesso non si poteva dire per almeno uno di loro. "D'altro canto, non posso nemmeno costringervi ad esser deportato altrove. Sono certo che disponete di una tana vostra, e magari ci siete anche affezionato."
« Avoja. »
Il Mistico stava partendo da presupposti in un certo senso "difficili" per un'anima dedita al bene come lui. Se da un lato il suo compito era proteggere gli abitanti di Altatorre e impedire che venissero divorati per strada, dall'altro doveva considerare che anche Sirvano era, a tutti gli effetti, un essere vivente, che con ogni probabilità cacciava solo per fame, per sopravvivere. Non poteva "punirlo" per questo, pertanto urgeva un modo per riuscire a salvare i proverbiali capre e cavoli.
"Voglio che voi torniate al posto che vi appartiene, e che non mettiate mai più piede in questa città, per il resto dei vostri giorni." a questo punto Sirvano rimase letteralmente a fauci aperte: non perché stava per ritornare all'attacco quanto per semplice stupore. "In cambio, vi offro il cibo che avete appena consumato. Ve ne fornirò in abbondanza, e vi farò visita settimanalmente per rifornire le vostre scorte."
Sirvano fece per replicare, ma l'indefinibile e irrefrenabile non-volatile non aveva ancora concluso.
"Pensateci. Ogni giorno potrete gustare il cibo che preferite, vi basterà solo pensarlo. Potrete cacciare per divertimento, anziché per fame, purché non v'avviciniate a nessun insediamento umano." disse, toccando di nuovo il muso del coccodrillo con la zampa. "Cosa ne dite? Non vi sembra una piccola rinuncia, in confronto a ciò che ne guadagnerete?"
« Occhei, me so' perso dei passaggi. Vedemo de fa' 'n po' de luce. » disse infine Sirvano. « Tu me stai a di' d'annammene "ner posto che m'appartiene", ma io qua ce vivo. Che volemo fa'? Ma'a trovi te 'na palude senza 'n'anima viva? »
Ovviamente "umana" era sottinteso, perché certo non poteva trasferirsi in un luogo privo di cibo!
« Lascia pure sta' 'a robba der mantenimento, che a' sta storia de te che te fai er viaggio tutt'e e settimane pe' damme da magna' ce credo poco. »
Concluse, visibilmente spazientito da una proposta che, alle sue orecchie, era suonata tanto nebulosa e indecisa quanto, purtroppo, irrealistica. C'erano solo due requisiti chiari: che ci fosse cibo a disposizione e che fosse per lui abitabile. Come aveva detto egli stesso, una palude sarebbe stato l'ideale, ma pensandoci, se era riuscito a sopravvivere fino a quel giorno in un ambiente cittadino come il Pentauron, allora doveva essere più adattabile di quanto non potesse sembrare a primo acchito. Poteva essere perfino scappato da qualche zoo o rettilario privato -in una società sia di vanitosi che di mecenati come quella di Altatorre, non suonava neppure troppo implausibile-, per quanto potevate saperne, anche se non era giunta nessuna segnalazione in merito.. -
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"Le mie stanche zampe hanno calcato buona parte dei territori del Pentauron. Non sarà difficile trovarvi una palude di vostro gradimento. Lascerò che siate proprio voi a decidere dove esser lasciato."
Fu la risposta di skekDor, un essere che di fatto aveva, dal suo arrivo, girato quasi tutto il semipiano in lungo e in largo, da Nord a Sud, da Est a Ovest, e senza disdegnare neppure il Presidio Errante o il famoso Stato delle Cento Torri. Certo, nel Pentauron non erano presenti paludi, e non esisteva angolo che non fosse abitato, ma ciò non valeva per il resto del semipiano: in un posto così vasto e variopinto, un posto così doveva esserci.
"La parola di una creatura retta è il suo vincolo. Se voi accetterete le mie condizioni, io non avrò problemi a sfamarvi per il resto della vostra esistenza." insistette il Mistico, ricevendo tuttavia lo stesso disinteresse di prima. "O potrei farvi dono dell'immortalità. In questo modo, non avreste più bisogno di mangiare, o di bere. Però, facendo questo, rinuncereste al piacere del cibo. E già vi stavo chiedendo abbastanza poco prima, perciò..."
skekDor smise per un momento di parlare, e prese a camminare con la lentezza di un vecchio verso il coccodrillo, affiancandosi ad esso. Sirvano si mosse appena, giusto per avere il gallinaceo a portata di coda.
« Me cojoni. Continua. »
"Siete un esemplare robusto e perfettamente in salute. Non avrete problemi a sopravvivere, anche senza dover compiere razzie in città. Prendetevi qualche secondo e riflettete saggiamente sulla mia proposta. La vostra forza è fuori di dubbio, e leggo nei vostri occhi la fierezza di un combattente che non si farebbe scrupolo ad annientare qualsiasi avversario incontri lungo il suo cammino. Pur tuttavia, se lasciassimo fare agli umani, vi trovereste contro un'intera guarnigione. Forse riuscireste comunque a sconfiggerli, fiero come siete, ma in definitiva ne finireste annientato a vostra volta." Sirvano lo fissò, ma la sua espressione era indecifrabile. Tuttavia, non protestò: forse, in cuor suo, sapeva che quel bislacco pollo non aveva tutti i torti; la gamba gli faceva ancora male dopo la mazzata del nanetto, figuriamoci. "Venite con me. Scegliamo un posto che vi aggradi. Lasciate che vi aiuti, e avrete una vita ancora lunga."
« Um... scusatemi. » interruppe una voce. Voltandosi, skekDor avrebbe potuto vedere uno dei due giovani reali che si erano imbucati alla festa illusoria. Egli, dopo aver scoperto di trovarsi in realtà in un luogo completamente deserto, era uscito dall'edificio e aveva visto La Lepre Bianca di Inaba sanguinare copiosamente, probabilmente sull'orlo di perdere i sensi, e priva di un braccio. Stupefatto e preoccupato, si era precipitato eroicamente al suo soccorso non appena questa si era allontanata dal famelico Sirvano. « Non ho seguito tutto, però attorno al Pentauron non ci sono paludi. In compenso, tra Fanedell e Shea, ad Est, dovrebbe esserci ancora qualche posto così. »
Non sapeva come o perché quella bizzarra creatura stesse parlando un un simile bestione, ma decise comunque di non farsi più domande di quante non fossero necessarie. Aveva già visto abbastanza stranezze per quella sera.
Per tutta risposta, Sirvano volse il capo verso di lui, facendo visibilmente spaventare il passante, ma non gli rispose, forse consapevole che quel pezzo di carne non poteva capirlo a priori (come il coccodrillo avesse capito lui era un mistero), e si girò di nuovo invece verso il pennuto.
« Stai a capi'? Ce sta Scea, o Fanedelle, o come cazzo se chiama. » gli disse, e aggiunse: « E me fai pure immortale. »
Perché, insomma, sputace sopra, come avrebbe probabilmente detto.
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Quando i tre tornarono da Evangeline, questa sembrò piuttosto sorpresa di vedere Sirvano non solo ancora vivo, ma addirittura al seguito. Non sembrò tuttavia affatto spaventata dalla sua presenza, né ebbe da ridire sul metodo con il quale avevano deciso di disporre del problema: fintanto che si sarebbe tenuto lontano da Altatorre, il coccodrillo era libero di vivere la sua vita come più gli pareva e piaceva. Anche Charles, nonostante fosse stato una delle sue vittime, si disse d'accordo.
Tutti e tre ricevettero le rispettive ricompense, oltre alle cure mediche per la Lepre, che Evangeline aveva preso in simpatia (anche se avrebbe declinato gentilmente qualsiasi proposta di matrimonio che fosse arrivata da parte sua). Arrivò quindi la mattina della partenza per skekDor e Sirvano. Il Mistico, dopo essere uscito dalle porte di Argenstella (quartiere per il quale doveva passare affinché si arrivasse ad Est), poté sentire il suo compagno di viaggio, evidentemente di buon umore, intonare un motivetto:
« ♪ E poi laggiù io 'n macello farò, ogni erfo che me vedrà dirà ♪
♪ ma che predatore, mica alligatore, quello è Sirvano ♪
♪ te porta via 'a mano ♪ ». -
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