Crimson Snow

Algor Mortis ~ Fase II

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    { Presidio Nord, Koldran }
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    Il sole stava calando dietro alle montagne.
    Le notti nordiche non erano celebri per la loro indulgenza, perciò il rifugio situato all’imboccatura di quel passo alpestre era una tappa obbligatoria per qualsiasi viandante in zona. Mentre sferzava un vento gelido, le ultime luci del crepuscolo tratteggiavano ombre pittoresche sui costoni rocciosi: lembi scuri e semi di buio che a breve sarebbero cresciuti per inglobare il mondo intero. Di fronte a spettacoli simili c’era da chiedersi se le voci che circolavano nelle terre settentrionali - storie di redivivi orrori notturni - non fossero state ingigantite da superstizione e suggestioni… ma ovviamente sarebbe stato da stolti dormire all’addiaccio solo per confutarle.

    I racconti origliati da qualunque girovago sulla Piaga del Nord spesso differivano di taverna in taverna, arricchiti di dettagli inquietanti ma spesso discordanti per via dei fumi dell’alcol. Alcuni sostenevano che un’armata di cadaveri fosse pronta a marciare su tutto il semipiano, altri ridimensionavano i primi spacciando l’intera faccenda per un’ingegnosa fandonia delle genti nordiche per tenere lontani gli stranieri. La verità forse si trovava da qualche parte nel mezzo.

    Le finestre al terzo piano della baita si erano già illuminate e dal comignolo usciva un filo di fumo. La prospettiva di un piatto caldo per rifocillarsi e di un giaciglio tiepido in cui riposare stava chiamando a raccolta anche un viaggiatore a cavallo che si scorgeva in lontananza. Ci sarebbe voluto un po’ prima che giungesse a destinazione, perciò tanto valeva precederlo e ripararsi dal gelo.

     
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    Il freddo è impietoso. Non guarda in faccia a nessuno, procede per la sua via senza scansarsi.
    Il freddo è micidiale. Ti assale nella veglia e nel sonno, ti mangia dentro pian piano.
    Il freddo è odioso. Non porta frutto nè futuro, non coltiva amore.
    Il freddo è eterno. Non deperisce, anzi perdura senza che un termine lo sfiori.
    Il freddo è a Nord. Spira costante sul Presidio, congelando ogni tentativo di rialzarsi.

    Il freddo è e così rimane: freddo.
    E Vorel lo sta apprendendo a proprio discapito, attraversando quelle distese congelate che punteggiano di un bianco abbacinante le perdute pianure del settentrione: il freddo, qui, è l'unico vero padrone. L'unica divinità cui piegarsi, l'unico principio cui rivolgersi: non c'è altro all'infuori del freddo, non c'è culto o intelletto che tengano innanzi all'indiscusso sovrano di qui. Nemmeno il sole s'impegna a riscaldare quest'angolo di mondo spopolato di vivi ed in balia dei morti -persino il calore rifugge dalle vette più vicine all'astro solare e si annida in qualche sparuto focolare, in atttesa di poter fuggire più a sud, tra arse distese di sabbia e laghi di vetro. Il freddo, indisponente con tutti, non desidera altra compagnia che se stesso: egli è solitario, cupo ed immobile, non gradisce gli si proponga altrimenti.

    Eppure, tra queste desolazioni di ghiaccio e di neve, qualcuno si trova ancora. Testardo al punto di provare a sovvertire i dettami dell'unico sovrano, caparbio a sufficienza per resistere là dove nemmeno i licheni osano: un villaggio, una grotta, dei cunicoli sotterranei. Talvolta una catapecchia dalla dubbia funzione, più di frequente una locanda che si sorregge su pellegrini e sperduti viandanti. L'importante è offrire un riparo dalla notte e dagli orrori che in essa si agitano, l'importante -quello davvero fondamentale- è offrire una speranza a chi vaga senza meta o senza partenza, un pasto caldo con il quale sopravvivere fino all'indomani e poi chissà. Dopotutto non c'è molto da fare, qui a Nord, se non farsi male: molti non ritornano, per molti altri nemmeno si può dire se sono partiti ad affrontare l'imbattibile nemico, se la loro assenza è frutto di queste terre crudeli o piuttosto non si trattasse di allucinazioni e desideri sorti per mera angoscia.

    Cosa spinge, allora, ad una vita di stenti ed insicurezze nel gelido abbraccio dell'Etlerth? Perchè mai inerpicarsi lungo le cordigliere del Koldran? Non certo la possibilità di una visita a Najaza, capitale perduta da chissà quanto ormai. Non certo una spedizione tra gli anfratti di Amnos, fonte di soli pericoli e non più di risorse. Sì, c'è un piccolo borgo nascente, un villaggio che tra mille difficoltà cerca di ergersi per seminare un lucore nelle tenebre fitte di questa terra senza futuro ma... beh, Valiinorê è ancora ben lungi dall'attestarsi baluardo sicuro e roccaforte contro l'inverno perenne -a chiunque si chieda, ad Ovest, ad Est o al Pentauron, il responso è sempre il medesimo: non andare a Nord. Il freddo porta soltanto morte. Morte e terrore. Non-morte. Il freddo consumerà ogni cosa, in un modo o nell'altro. E pochi, invero, saprebbero scegliere qual è il meno peggio.

    Ciononostante Vorel è a Nord. Ha già visitato brevemente ogn'altro Presidio all'infuori di Laputa -ha già infranto propositi ed aspettative contro la brutale realtà di questo semipiano. E Vorel è curioso, non è uno che si accontenta di voci o di sussurri a metà: forse è un folle, forse non ha mai imparato abbastanza. Vorel ha calcato sentieri e piste seminascoste, correndo o saltando, strisciando o nuotando s'è fatto strada fin qui. Il Nord. Bisogna certo dire che avevano tutti ragione -qui a Settentrione Vorel s'è infine accorto che non c'è nulla per lui, niente di quanto egli cerca. Ma Vorel è così, impulsivo quanto entusiasta, energico e dinamico fin nell'essenza; non l'ha abbattuto la neve, nè la solitudine del viaggio, nè il freddo pungente, nè l'assenza di ogni riferimento all'orizzonte. Nelle pelli di un rhinox il biomante ha partecipato al lento scorrere di una vita prostrata da un clima arcigno, ha affrontato intemperie e valichi ardui, ne è emerso intirizzito ma sempre grintoso.
    Potrebbe affrontare anche la notte come ha già fatto nei giorni scorsi, potrebbe cercare un riparo naturale oltre il quale rannicchiarsi e dormire il giusto sonno di chi è stanco ma felice. Così facendo, però, sprecherebbe un'occasione ben più invitante -se avesse ignorato la baita in cui ora si appresta ad entrare, l'indomani l'avrebbe per certo a rimpianta. E perchè mai? La vita va custodita, in ogni sua forma. La vita va celebrata -e ciò, talvolta, passa anche da una calda ed accogliente taverna.
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    Edited by AnimeHunter - 8/9/2017, 14:52
     
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    Entrando nella baita iniziasti a percepire che c’era qualcosa di anomalo. Quando il portone si richiuse alle tue spalle, nessun oste grassoccio fece gli onori di casa, né si udì l’usuale baldoria che ci si aspetterebbe in un luogo simile. L’atrio era gelido, ben lontano dal tepore che contraddistingue le dimore abitate. Oltre che di legna doveva esserci penuria anche di lanterne, giacché il pianterreno era praticamente al buio, al contrario dei piani alti ben visibili dall’esterno.

    Fu allora che ti colse un brivido di terrore. Quale rifugio montano accoglierebbe mai i viandanti in questo modo? La risposta non tardò ad arrivare, quando sagome indistinte cominciarono a brancolare nel buio verso di te. Una in particolare fu lambita dall’ultimo palpito di crepuscolo che attraversò una finestra.

    Capisti immediatamente che non si trattava di un comune essere vivente. Il lezzo che emanava non aveva nulla di “animale”, bensì odorava di morte e putrefazione. Le sembianze da pipistrello deforme e l’amuleto al collo suggerivano che si trattasse di una creatura vampirica, posta a guardia di quella trappola per viaggiatori. L’imboscata era riuscita, eri circondato e in inferiorità numerica. Mentre gli zombie restringevano il cerchio intorno a te, il gigantesco chirottero emise un verso agghiacciante e tentò di ferirti il busto con i suoi artigli oblunghi, pregni di tossine narcotizzanti.

    Inutile a dirsi, lasciarti paralizzare su quel pavimento già macchiato
    di sangue altrui sarebbe stata una condanna a non-morte certa.


    Sei circondato da una decina di zombie. L’artigliata narcotizzante del vampiro conta come un’offensiva fisica di potenza alta.
     
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    Ed invece, di vivo o da preservare, nella baita non c'è nulla. Nemmeno Vorel, di li a poco, potrà dirsi tale: la situazione all'interno è decisamente contraria a quanto non apparisse prima di entrare -con un buio quasi totale ad ammorbare la vista dopo un bianco eccessivo, con la spiacevole sensazione di terrore anzichè l'avvolgente sorriso di un locandiere felice d'accogliere un nuovo, sonante ospite.
    Unico fattore costante -solido ed imperituro- è il freddo, perchè persino dentro l'alloggio egli regna incontrastato, ben lungi dal dover guerrigliare con un focolare acceso o col tepore di una tazza di minestra fumante. Nelle tenebre che popolano la sala permea infatti un freddo innaturale e stantio, un freddo immobile ma fremente, un freddo a dirla tutta mortale. Ed effettivamente, tale deve essere, considerata l'accoglienza atipica che viene proposta al viandante di turno: in quelle leste occhiate che Vorel riesce a scorgere grazie agli ultimi baluginii del sole morente -in quel lucore abbandonato e fuggevole in cui il biomante deve adattarsi e scrutare in tutta fretta l'ambiente- egli può osservare tratteggiarsi un destino alquanto spiacevole e tetro, una morte solitaria e crudele che si erge in una moltitudine di corpi sciancati ed intimamente immoti.
    Il solo elemento degno dinota dell'intero quadro è però rappresentato da una sagoma vampirica -un chirottero fuori scala, rapace nell'aspetto quanto lesto nei modi. Prima che l'ex-tritone possa concepire una strategia per levarsi dai guai -prima che il biomante sappia organizzare una via di fuga verso i piani superiori oppure oltre le assi di una qualche parete (auspicabilmente più fragile dello spesso portone richiusosi alle sue spalle)- l'abominio putrescente gli si getta infatti contro con chiari intenti malevoli, sguainando artigli che richiedono da parte del giovane iniziato Simic una notevole dose d'attenzioni e cure.

    Non sarò la tua preda, se ciò è quanto ti aspettavi.

    Lo apostrofa di primo acchito, in un tentativo di comunicazione che, probabilmente andrà vano. A tal proposito Vorel s'appunta di dover sviluppare un canale di dialogo per interagire con quel mondo affascinante di bestie e colossi vivi, dando così origine ad un linguaggio uomo-belva che ne faciliti l'attività quotidiana.

    Perchè un custode del mondo vivente -uno come me- farà di tutto per non arrendersi alla corruzione distorta di cui sei causa e conseguenza.

    Ma le parole ovviamente non producono effetto alcuno -se anche lo avessero, l'assalto del pipistrellone è già in corso e quei radi frangenti probabilmente si collocano in un contesto troppo avanzato per arrestare l'affondo ed intavolare una discussione. Forse, dopo che il giovane si sarà difeso -forse, quando gli artigli del nemico non riuscuranno a scalfire l'armatura naturale del mutaforma- si potrà scendere a più miti propositi ma... beh, diciamo che non è un'eventualità cui Vorel affida troppe speranze, ecco.
    Dal suo punto di vista è ben più credibile che il duello si spingerà fino ad uno scambio di colpi efferato, ove violenza ed insensatezza si alternano quali protagonisti dell'eterna lotta tra dinamiche naturali e staticità innaturale -ove un redivivo (a prescindere dalla forma o dall'essenza) si aggrappa disperatamente a quanto più gli è dissimile, al solo fine di sciuparlo irrimediabilmente.

    Perchè la morte è parte della vita solo quando vi si attesta come termine ultimo del singolo ciclo -perchè dalla morte deve ergersi nuova vita o l'equilibrio ne verrà spezzato.

    Al contatto delle zanne ostili -al momento del compiersi di quell'attacco- la pelle del mutaforma s'irrigidisce in una spessa e coriacea patina bronzea, rinsaldando la resistenza delle proprie scaglie in quella ch'è a tutti gli effetti un'armatura a pelle. Al biomante non resta infatti che puntare piedi e bastone -flettere le gambe per incassare il colpo appoggiandosi all'occorrenza al proprio tridente; assorbito lo slancio dell'avversario immortale tocca quindi all'ex-tritone farsi valere e rispondere con energia al tentativo di sopruso subito, sfruttando anzi la propria arma per cercare di cogliere l'unica misera opportunità sulla quale il suo intelletto s'è per ora focalizzato: il pendente della creatura stessa.

    Spero vivamente che tanto basti a donarti pace e riposo -o dovrò ideare qualcosa di più traumatico per tenerti a bada!

    Nel dirlo Vorel rigira tra le mani lo Slaughterhorn, il proprio tridente da battaglia. Indi, rivolte le estremità aguzze contro il petto del nemico, il mutaforma s'impegna a cogliere nella semioscurità il bagliore della catenina che sorregge l'amuleto: l'intento è di afferrarla con gli spuntoni in osso e poi di trarla violentemente a sè, con l'obiettivo primo di spezzarla o -quantomeno- di rimuoverla dal collo del nemico, magari sbilanciandolo verso di sè e facendolo finire a terra, là dove Vorel potrà vantare una posizione di vantaggio.
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    Il tuo ardito monologo non sortì alcun effetto sul nemico, ormai deciso a coscriverti nella schiera di redivivi che infestavano la baita. Questi dovette però fare i conti con la tua pellaccia coriacea, su cui gli artigli scivolarono senza scalfirti. Il vampiro schivò all’ultimo il successivo colpo di tridente, indietreggiando a sufficienza per soppesare la minaccia costituita da quella preda tenace. Spiccò il volo e andò ad appollaiarsi su di una trave, lasciando agli zombie il compito di sfinirti prima di tornare all’attacco.

    Mentre ti preparavi a fronteggiare quel gruppo di cadaveri ambulanti, un improvviso schianto alle tue spalle fece filtrare all’interno una brezza gelida. Un massico figuro intabarrato in pelliccia e armatura aveva appena sfondato il portone, mulinando la sua possente ascia per abbattere il primo non-morto che gli capitò a tiro. Il chirottero sibilò contrariato per l’intrusione inaspettata, mentre il nuovo venuto spese qualche momento per riconoscere che l’umanoide ricoperto di scaglie non faceva parte del comitato di benvenuto dei decomposti, bensì anch’egli era un loro oppositore. Si lisciò nervosamente la barba e senza proferir parola caricò il successivo colpo d’ascia, aprendo in due lo scheletro spolpato che aveva cercato di prenderlo alle spalle.

    Disponevi di un alleato inatteso per combattere in quell’imboscata, ma il chirottero non ti lasciò molto tempo per ringraziarlo del suo intervento: uno sputo corrosivo uscì dalle sue fauci per sfregiarti il volto e renderti più vulnerabile. In più l’amuleto al suo collo s’illuminò di una luce sinistra, liberando una fiammata grigiastra che calò su entrambi ma lasciò illesi gli zombie al suo passaggio – i quali colsero l'occasione per accanirsi su chi ancora respirava, addentando e graffiando furiosamente.


    La bava acida conta come un’offensiva fisica di potenza media, mentre la fiammata è un’offensiva energetica ad area di potenza alta (perciò un medio per ogni bersaglio). Un quartetto di zombie invece ti attacca con normali offensive fisiche (unghiate, morsi e quant'altro).
     
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    Prevedibile: non tutte le forme animali comprendono il linguaggio umano -non tutte rispondono ad esso con curiosità od attenzione. Dopotutto Vorel deve ritenersi un caso eccezionale, con la sua straordinaria capacità di mutare da una pelle all'altra, di fatto sfoggiando l'abilità di produrre conversazioni quale sia di volta in volta la sua forma; nè, invero, egli ha ancora saggiato l'estrema facilità con cui Endlos propone simili singolarità -Vorel ancora non sa che su questo semipiano gli animali parlanti sono effettivamente più comuni di quanto non ci si possa sensatamente attendere.

    Mmmh... Fatti, quindi, non parole...

    Il mutaforma mormora tra sè la banale epifania cui è stato addotto al termine del primo scontro, rimuginando rapidamente su quale strategia adottrare per prevalere contro la masnada di abomini redividi: il suo primo affondo contro l'amuleto del chirottero non è andato a buon fine -accidenti!- privando perciò il biomante di un possibile vantaggio, pur tuttavia ciò non significa che l'evidente disparità numerica lo abbia di già condannato ad un vuoto destino di non-morte.

    D'accordo!

    La priorità è dunque difendersi dall'avanzata dei cadaveri, il tutto senza scoprirsi nel caso il vampiro tornasse all'attacco -invece che limitarsi ad osservare dalla sua nuova posizione di prestigio- e, magari, cominciare ad aprire uno spiraglio di vittoria: quale l'opzione che permette di raggiungere i tre obiettivi -quale la scelta più saggia in un tale contesto?
    Nessuna: sulla scena giunge infatti un imprevisto attore, un nuovo elemento in grado di ribaltare le sorti e spirare una ventata di possibilità al fianco del tritone. Lo sconosciuto si lancia quindi nella battaglia mulinando la propria ascia contro gli scheletri lì presenti -egli sfonda la porta, non profferisce parola ma dopo una breve occhiata si schiera a favore del solo vivente che popola la fredda sala. Grazie al suo intervento le minacce cui pensare sono già due di meno -e ciò non può che essere un gradito risvolto!

    Non so chi tu sia, ma... grazie di cuore!

    Vorel non perde altro tempo e gli si avvicina spalla a spalla, così da dividere la sovrabbondanza nemica con l'alleato fresco d'arrivo ma -pure- ringraziandolo dell'intervento estremamente gradito.

    Se ti va di eliminarne qualche altro non ti fermerò, anzi: nel mentre posso pensare alla difesa di entrambi.

    Il momento è concitato, lo spazio per i dialoghi scarno: per quanto l'immediata necessità sia di liberarsi degli zombi, Vorel focalizza la propria attenzione principalmente sull'unico figuro morto che si distingue per la propria intraprendenza -il mutaforma non smette occhio dal pipistrello, convinto che esso costituisca la reale minaccia e che, alla prima occasione, sia da eliminare pena una mancata vittoria.
    E' proprio questo interesse per il vampiro che gli permette di scorgere in tempo la doppia offesa ideata da quello, facendo sì che il mutaforma si posizioni tra gli attacchi in arrivo e l'alleato cui ha promesso protezione, permettendo allora al biomante di dimostrarsi decisivo in quei frangenti: nuovamente egli ricorre all'armatura naturale di cui ha già dato prova (espediente questo che gli permetterà d'ignorare i blandi tentativi dei morti ambulanti, mentre si concentra invece nello schermare un getto d'acido dall'alto), aggiungendovi però una notevole quantità di mana grezzo, un'improvvisa fuoriuscita d'energia al fine di contrastare -in effetti, di far collassare- la fiammata bigia diretta ad entrambi gli sventurati viventi (così da permettere al compagno improvvisato una piena libertà d'azione, scevra da vincoli di salvaguardia).

    Vai, è il tuo momento!

    Un ultimo incitamento, nel quale la voce tradisce la recente, massiva spesa di energie con un leggero affaticamento ed un sospiro cui è legata ogni attuale speranza.
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    I blandi attacchi dei redivivi non superarono le tue scaglie indurite, in grado di nullificare perfino la corrosività delle escrezioni vampiriche. Anche le fiamme grigie non trovarono spazio per attecchire, soffocate da uno sforzo uguale e contrario. Affidasti tutta l’offensiva al nuovo arrivato, di cui ignoravi l’effettiva capacità bellica ma che confidavi essere quantomeno in grado di sostenere quell’assalto solitario (che probabilmente avrebbe compiuto anche in tua assenza).

    Questi colse al volo l’apertura offertagli, scalciando come un Rhinox gli zombie che inutilmente cercavano di penetrare la sua armatura. Subito dopo scagliò la sua ascia con forza sovraumana, spedendola nel buio ma in perfetta rotta di collisione con l’immonda creatura lì appollaiata. Il suo medaglione rispose all’aggressione cercando di rallentare la scure tramite un campo di forza magica, ma l’arma riuscì comunque a sfondare, impiantandosi nel corpo del chirottero. Fu allora che le rune incise sull’acciaio s’illuminarono d’azzurro, rilasciando un sortilegio che investì a bruciapelo il vampiro, colpendo poi per riverbero anche i non-morti sottostanti.

    Quando la luce purificatrice si diradò degli abomini non era rimasta traccia. Il guerriero recuperò la sua arma, schiantatasi sul pavimento con un tonfo metallico.

    « Sono Fagnürr del Clan del Cavallo d’Argento. »

    Parlò senza nascondere il suo forte accento nordico.

    « Usciamo di qui, non è ancora un posto sicuro. »

    Senza perdere tempo ad ispezionare la baita, il barbaro raggiunse l’esterno attraversando il portone che aveva sfondato poco prima. La tenue luce del vespro ti permise di studiare meglio l’aspetto dell’Uthgardt, che appariva temprato da innumerevoli conflitti non dissimili da quello appena conclusosi.

    « Non so cosa ti porti a Nord, ma come hai visto i rifugi scarseggiano. Posso accompagnarti a Valiinorê se vuoi, lì è molto meno pericoloso. Visto che sai combattere potresti anche guadagnare qualcosa, di mercenari c’è sempre bisogno. »

    Fu conciso e un po’ grezzo, ma non per questo meno solidale nei tuoi confronti – dopotutto le tradizioni nordiche tributavano il massimo rispetto per chiunque condividesse un campo di battaglia. Forse fu anche per questo motivo che Fagnürr non sembrò indisposto dalle tue fattezze tutt’altro che umane, ma potevi scommettere che presso l’ormai noto baluardo montano - verso cui ti avrebbe scortato condividendo la sua sella - risiedevano creature e misteri che potevano rendere quasi banale l’incontro con un tritone in alta montagna.

     
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    Incredibile! Semplicemente incredibile!

    Come altro descrivere l'assalto combinato del duo? Fenomenale! Stratosferico! Eccezionale!
    Specie perchè -a dirla tutta- Vorel si è limitato solamente a salvaguardare il suo nuovo amico mentre proteggeva se stesso. A conti fatti bisogna dunque tributare giusto onore all'omone che è giunto in suo soccorso, non unico ma sicuramente vero attore di quella schiacciante e fulminea vittoria -di certo il tritone si sarebbe ritrovato in ardua difficoltà a gestire da solo l'imboscata cui è caduto vittima.

    Ed io sono Vorel del Clade del Carapace.

    L'asciutta presentazione di Fagnürr non rimane allora senza risposta, giacchè tra un rapido verbo e l'altro -scanditi da una voce rigida, globalmente inflessa da un accento vagamente burbero quanto nettamente chiuso- il biomante non perde occasione per esprimere gratitudine offrendo a sua volta le proprie minime generalità.

    Ti seguo!

    E' solo una volta richiusasi alle loro spalle questa breve parentesi di pericolo, quando il duo improvvisato riguadagna l'esterno della baita stagliandosi contro il sole morente, che Vorel può infine apprezzare la letterale montagna di uomo con il quale ha condiviso il breve scontro: sotto una ragguardevole dose di pelli ed acciaio -in effetti una buona idea, dato il clima ed il tenore degli incontri fortuiti qui a Nord- ci dev'essere infatti una massa compatta di muscoli e determinazione, un intricato lavoro di fibre sia fisiche che morali (tali da spingerlo a correre in soccorso di uno sconosciuto e, parimenti, di offrirgli una scorta sino ad un luogo sicuro). Buona norma che gente del genere non intraprenda la via del brigantaggio, altrimenti... sai quanti sarebbero spacciati? Vorel in primis, ovviamente!

    Sei... enorme! Davvero!

    Laddove il tritone non può certo dirsi gracile, pur rientrando nella fascia più bassa di quella che in molti considerano l'altezza umana media: al suo confronto, comunque, il nordico potrebbe perfino discendere da lontani avi con sangue di giganti o di simili creature essenzialmente massive. Vorel è infatti costretto a guardarlo dal basso, inclinando il capo senza nascondere tutta la propria sorpresa ed il relativo entusiasmo (perchè sì, a chi non farebbe piacere essere tratto in salvo da un ruvido omaccione di montagna? ♥).

    Te ne sarei infinitamente grato: un rifugio tranquillo è d'obbligo dopo una lunga traversata in solitaria -un posto caldo e sereno, dove scambiare racconti ed avventure attorno ad un focolare. Ah, già posso sentire il fuoco che sfrigola del grasso di un pasto sostanzioso!

    L'offerta di Fagnürr si fa dunque ghiotta più che mai, specie dopo il fallimentare approccio del biomante alla baita dei redivivi. Vorel, dal canto suo, prova a condire quel debito con la prospettiva di un paio di chiacchiere, di una serata accogliente e di una lauta ricompensa per lo sforzo provato -qualcosa con il quale ritemprarsi delle enrgie spese al fine di affrontare il domani con piena forma e morale: non è detto che il suo attuale compagno tra le nevi si unisca a lui una volta giunti a destinazione -non è nemmeno garantito che un tal prospetto si renda possibile e opportuno in quel di Valiinorê- ma... beh, sarebbe un vero peccato perdersi così d'improvviso come si sono incrociati (le tradizioni nordiche non sono troppo dissimili dai legami che reggono i clan Gruul e cioè il passato dell'ex-umano).

    Mi sono spinto tra queste terre ghiacciate curioso d'esplorarle, in cerca di una casa che possa accogliermi, ma mi sono presto convinto che questa desolazione frigida non sia troppo adatta ad un tipo fluido come me.

    Già, decisamente il biomante è un tipo da ridenti vallate e floride foreste -convinto che l'Ovest fosse il suo perfetto rifugio, deluso da opposte conferme, al biomante non resta che migrare nuovamente ad Est, alla ricerca di un angolo ove prosperare e gestire le trame in cui è invischiato.

    E non sono nemmeno un mercenario ad essere onesti, ma... direi che posso aiutare se c'è bisogno: dopotutto voglio ricambiare il sostegno da parte tua!

    E' dunque deciso? Si va -direzione Valiinorê!
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