L’Assedio di Valiinorê

[MxM] Algor Mortis ~ Atto Finale

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    { Valiinorê, Piazza }
    skekDor

    Gli Eroi di Valiinorê raccolsero le forze per un’ultima carica, disperata com’era stata la resistenza di quel piccolo focolare di vita stretto nella morsa della Morte. Mastro skekDor scelse di affrontare nuovamente l’incubo che aveva invaso il mondo della veglia, calando in picchiata sulla Sovrana dei Sogni.

    « Illuso, io ho trasceso la materia. »

    Con tono altezzoso Eleodora si strinse nel suo manto di tenebra e si lasciò attraversare dal mezzo-Mistico, i cui artigli afferrarono soltanto il vuoto illusorio. La Regina Lich parve in procinto di dissolversi completamente nell’etere per poter osservare l’imminente trionfo della Piaga dei Non-Morti dal suo trono onirico.

    Improvvisamente un fascio luminoso investì l’Illusionista, vincolandone l’essenza al piano materiale. L’origine dell’incantesimo era uno specchio sorretto da Mizukume, che aveva infuso le sue ultime gocce di energia nell’artefatto.



    « Tu non andrai da nessuna parte…! »

    Mentre le fruste granitiche si ergevano dal suolo, Eleodora - ormai consapevole di non poter sfuggire alla fustigazione - contemplò il proprio riflesso nello specchio arcano. Memore del proprio aspetto da viva, provò solo disgusto nell’indugiare sulle proprie fattezze corrotte. Quando gli staffili rocciosi dilaniarono la sua figura putrefatta, al ribrezzo si sommò l’umiliazione derivante da una dipartita - seppur temporanea - causata da qualcosa di tanto rozzo.

    L’unica consolazione che stemperò il suo sdegno
    fu la prospettiva di poter tornare dal suo filatterio.



    { Valiinorê, Piazza }
    Umbrella

    Nargil si ergeva tra le spoglie di Daurgothoth. La sua cavalcatura ormai era perita, incapace di trascinare con sé la totalità di quelle misere anime ostinate. Quando uno di quei mortali osò presentarsi al suo cospetto brandendo un ombrello, il Dotto sghignazzò schioccando la sua mascella scheletrica.

    « Cosa credi di fare con un’arma del genere? »

    Imponendo la propria mano macilenta, bloccò l’insulso arnese a mezz’aria. Era in procinto di polverizzare l’ombrellaio protendendo l’altro palmo ossuto per riversargli contro un torrente di magia necrotica, ma una scarica di proiettili investì il Lich e lo interruppe.



    I tre tiratori stranieri stavano svuotando i propri caricatori anti-redivivi con assoluta precisione, crivellando il nemico non solo col volume di fuoco delle carabine imbracciate, ma anche tramite altri fucili sorretti nel vuoto da una forza telecinetica. Quest’ultima non si limitò a ingrandire virtualmente il trio fino all’ampiezza di un plotone d’esecuzione, ma si concentrò tanto da distorcere l’aria e scorticare il suolo al proprio passaggio. Non appena la bordata psichica si schiantò contro Nargil, il Re Lich non riuscì più a restare ancorato al terreno e cadde prono in balìa di Umbrella.

    L’ombrello trivellò lo scheletro con la forza rotante impressa,
    scavando una fossa circolare in cui rimasero solo i brandelli del necromante.



    { Valiinorê, Piazza }
    Vite

    La spada luminosa guidò i presenti verso la fine di quell’epopea, proprio come un’altra lama lucente aveva sancito l’inizio della crociata contro i non-morti. Marcus Smith si gettò contro il condottiero nemico, che puntò lo scettro verso l’assalitore. Innumerevoli scariche d’energia oscura s’infransero contro gli scudi splendenti materializzati dal Re Leone in corsa. Quando la distanza divenne irrisoria, entrambi mulinarono le rispettive spade, cozzando ripetutamente senza trovare un’apertura nella guardia avversaria.

    Le spine rilasciate da Vite colpirono Johan a sufficienza da sbilanciarlo, restando conficcate sul corpo sempre più giovane dell’Anziano. Giunto ormai al limite della propria capacità rigenerativa, il Re Lich cercò di ritrarsi dalla schermaglia, mostrando finalmente il fianco alla lama sfolgorante di Marcus Smith. La punta si conficcò nella cassa toracica, costringendo Johan a torcersi in maniera disumana per contrattaccare con un fendente che sventrò l’addome dello spadaccino.

    « Verrai… all’inferno… con me. »

    Sputando sangue e reggendosi a malapena all’elsa, il Re Leone riversò tutto se stesso nella lama conficcata: raccolse le ultime stille di energia vitale, corroborate dai ricordi della sua vita precedente… una vita in cui aveva una moglie e una figlia defunta, per la quale aveva accarezzato la prospettiva di studiare l’arte di sconfiggere la Morte – che per ironia della sorte era proprio ciò che stava osteggiando in quel mondo tanto lontano dalla sua patria. Immolò la sua vita piena di contraddizioni e rimorsi, provocando un’esplosione abbagliante che distrusse dall’interno la spada antica e il corpo in cui era piantata.

    « Che sacrificio inutile: la mia orda vi annienterà stanotte e noi risorgeremo dalle vostre ceneri. »

    La voce imperiosa di Johan riecheggiò brevemente sul campo di battaglia prima di dissolversi nel buio.
    Il corpo senza vita di Marcus Smith cadde tra le macerie della piazza di Valiinorê.



    { Koldran, Valiinorê }
    Tutti

    La presenza dei Re Lich era svanita, dissipata insieme ai simulacri redivivi in cui incanalavano i poteri delle rispettive anime putrefatte. Valiinorê aveva respinto i Sovrani della Morte, ma da qualche parte la loro esistenza perdurava con ostinazione: quattro filatteri dall’ubicazione ancora ignota stavano sicuramente ricomponendo l’essenza dei loro artefici, riportando lentamente alla non-vita i pilastri della Piaga.

    L’orda di zombie non accennava a fermarsi. I cadaveri accatastati ai piedi delle mura ormai erano una rampa di carne decomposta, in grado di condurre le retrovie in cima alle fortificazioni. Gli sforzi della resistenza avevano semplicemente rallentato un fiume in piena sul punto di esondare. Le falle erano fin troppo numerose, la corrente era impetuosa a dismisura e il vigore degli assediati era agli sgoccioli.

    Valiinorê aveva vinto la battaglia, ma era destinata a perdere la guerra: molti dei valorosi difensori erano caduti, il morale dei sopravvissuti rasentava il suolo come le macerie del centro cittadino, e perfino l’unica stella di quella notte plumbea era tramontata.

    Fu allora che lo stridio di un falco risuonò in tutta la valle.



    Veðrfölnir, il falco di Revair di ritorno dalla sua missione, planò sulla vallata. Da quando il sole era calato, il rapace aveva sorvolato molti angoli del Nord, calando in picchiata nei luoghi indicati dal suo falconiere prima del decollo. Fece capolino tra le nubi insieme al primo chiarore dell’alba, che iniziò a rasserenare il cielo notturno.

    Il falcone scrutò il paesaggio sottostante, accorgendosi della devastazione provocata dall’orda. Fortunatamente non era tornato da solo: insieme alle prime luci del mattino rifulgevano anche gli spiriti guardiani dell’Uthgardt, chiamati a raccolta dal Cavallo d’Argento per compiere l’ultimo miracolo di quella notte.


    @skekDor, Umbrella & Vite: Nella piazza centrale i Re Lich sono stati sconfitti. L’orda che cinge d’assedio la città pare sul punto di sfondare le difese, ma poco prima dell’alba qualcosa muta sul campo di battaglia: vi rimando ai post successivi per ulteriori dettagli.

    @Vorel: Dato che il pg è defunto, non sei obbligato a postare – ma nel caso tu abbia qualcosa da aggiungere con un ultimo intervento, fammi sapere!

    L’ultima scadenza è fissata a Venerdì 1 Febbraio.
     
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    Le dita ossute e ritorte dell'Anziana Sciamana -rami nodosi di un antico albero- percorsero ancora una volta il rocchetto di pergamena sottile come un laccio, indugiando sulle poche ed asciutte parole nel messaggio che il Veðrfölnir aveva portato con sé all'imbrunire, assicurato ad una zampa, quando era planato sul cerchio di tende che racchiudeva il cuore dell'accampamento della Tribù.

    Gli occhi della donna non erano più quelli di un tempo, ma il tatto riconosceva senza difficoltà le rune che costituivano la lingua del loro popolo, e quello in cui la normale vista difettava era più che ampiamente compensato da una Visione più eterea e profonda... ed era la perspicacia di quel sesto senso ad averle fedelmente impresso nelle vecchie ossa la stessa urgenza con cui la comunicazione era stata vergata in modo rapido e conciso:
    una richiesta d'aiuto.

    Era voce di uno dei figli dell'Uthgardt che faceva appello ai suoi Fratelli,
    perché -quella notte- la Piaga che dilagava indisturbata da anni nelle terre dei ghiacci avrebbe stretto la morsa intorno al villaggio di Valiinorê, spezzando le vite di molti guerrieri coraggiosi e di tanti altri innocenti radunatisi a difendere le proprie case, soggiogandone i corpi sotto un supplizio di schiavitù senza fine, che avrebbe impedito alle loro anime di ricongiungersi ai propri antenati e agli Spiriti della natura – e ingrossato ulteriormente le fila dei nemici...


    Per questo, il Clan delle Teste di Lupo avrebbe risposto.

    Certo, il preavviso praticamente nullo e l'incombere della notte avrebbero reso vano, pericoloso e controproducente mobilitare quanti in grado di impugnare le armi in direzione della meta, visto e considerato che -pur partendo all'istante- non sarebbero mai arrivati in tempo per prestare soccorso agli assediati, mentre il buio e il gelo avrebbero rallentato gli uomini e dato nuovo vigore a quelle cose che non lo erano più, ma... dall'alto della Saggezza che gli Spiriti le conferivano -oltre che il buonsenso e l'esperienza dei suoi anni-, la Sciamana aveva immediatamente saputo cosa fare: c'era bisogno di combattenti forti, veloci e instancabili, capaci di orientarsi nel buio, e con una tempra in grado di sfidare le intemperie, perciò...

    Il suono mugghiante del corno -così simile ad un ululato- le dette il segnale che stava aspettando: i
    berserker della tribù si erano radunati attorno al falò che aveva fatto accendere ai piedi del Totem, e fu stringendosi nella veste foderata di pelliccia che li raggiunse all'esterno.

    jpg

    Li trovò disposti in cerchio attorno alle fiamme sacre, già abbigliati per il viaggio e con il volto coperto dalle pelli di lupo, e con passo solenne e spedito -nonostante la schiena incurvata dall'età- si accostò alla struttura lignea che sorreggeva un'ampio scudo circolare.

    « Campioni di Fenrir, eletti del Grande Lupo...! »
    esordì la portavoce degli Spiriti, con voce roca, e tuttavia chiara e autoritaria
    « Revair, il giovane thane del Cavallo d'Argento ci invita alla gloria su un campo di battaglia!
    Temerete voi la Morte e le sue schiere di mostri e di schiavi?! »


    In tutta risposta, i Guerrieri benedetti col favore del Totem rovesciarono indietro le teste canine per lasciarsi andare in un poderoso grido di furore, in segno di assenso; a quel punto, voltandosi verso l'effigie del loro Spirito-Protettore, la vecchia si affrettò ad ultimare il rito in relativo silenzio, sollevando con mani malferme la bisaccia che portava al fianco, e versandone il contenuto nella parte concava del disco d'argento lavorato.

    Quando il denso liquido scuro ebbe circondato i fregi in rilievo sul metallo, riempiendo lo spazio fino all'orlo e trasformando così l'elastica superficie in tensione in un nero specchio su cui il volto pallido di una luna lontana si rifletteva, la Sciamana levò lo sguardo all'astro e salmodiò qualche parola sommessa mentre -ognuno secondo un ordine dettato dal valore delle loro precedenti gesta- i Guerrieri si incolonnavano a formare una fila davanti all'officiante: uno alla volta, essi si fecero avanti, e a ciascuno di loro disegnò una runa rossa sulla fronte lupina, intingendo le dita nella mistura sacra che colmava lo scudo-specchio.


    « Che il Vento vi dia ali per correre veloci, che gli Spiriti illuminino il vostro cammino,
    che le vostre zanne e i vostri artigli non conoscano riposo né pietà! »


    Stretti ora in cerchio attorno all'anziana donna e allo scudo, il drappello di berserker accolse la benedizione invocata su di loro immergendo all'unisono le mani unite a coppa nella polla mistica, sollevandovi quanto più liquido poterono, e rovesciandosene il contenuto tra le fauci spalancate.

    « Che tutti sappiano che, questa notte, gli Úlfheðnar uccideranno la Morte a Valiinorê! »

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    I Guerrieri-Lupo gettarono nuovamente il testone peloso all'indietro, e ulularono in un modo che aveva poco o nulla di umano; poi, come un'unica entità guidata da un istinto superiore ad ogni umana disciplina, la muta partì per cominciare la sua caccia.

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    Non visti -per quanto sarebbe più corretto dire “non considerati”-, i Berserker emersero rapidi e silenziosi dal crinale innevato che cingeva la vallata, magnifici predatori perfettamente a loro agio nei propri domini, arrestandosi docilmente alle spalle del capo-branco; seguendo la traiettoria del suo muso, molte paia di occhi indugiarono qualche istante sulla ribollente marmaglia di corpi che si ammassava attorno alla cinta muraria della loro meta, e con l'adrenalina che gli pompava nelle vene, miscelata al mistico influsso degli Spiriti e delle droghe che amplificava le loro percezioni e le loro capacità, pregustarono la familiare, pulsante e furiosa euforia della caccia.

    In forma animale, avevano corso a velocità folle lungo le distese bianche per alcune ore, senza sentire il morso del freddo né quello della fatica; sfruttando il loro fiuto avevano seguito il vento del Nord alla ricerca dell'inconfondibile fetore di putrefazione dei loro nemici, e come bestie avrebbero ora condotto la loro sortita: in piccoli gruppi, portando attacchi improvvisi per poi ritrarsi e attaccare ancora... perché, in natura, tale è lo stile di caccia dei Lupi:
    "Mordi-Fuggi-e-Mordi-di-nuovo".

    Con la forza della loro moltitudine, l'orda dei morti premeva sui doppi battenti delle palizzate con una pressione che avrebbe di lì a poco schiantato l'ultima difesa ancora erta tra le carni dei vivi e le grinfie dei trapassati, e fu senza bisogno di comunicare che il Branco convenne che allontanare la minaccia dall'ingresso e disperderne la concentrazione lungo le mura fosse la prima cosa da fare.

    jpgIl primo a muoversi fu il Capo-Clan, un bestione alto un paio di metri al garrese e dalla folta pelliccia color fumo: il lupo gettò indietro il testone, espettorando un ululato che echeggiò nella nera volta della notte, e tutti gli altri gli fecero eco, trasformando il suo assolo in un coro sinistro; mentre la fonazione si prolungava, la voce che aveva dato il via al
    peana crebbe in profondità, divenendo sempre più tonante e minacciosa man mano che la cassa di risonanza alla sua origine si dilatava per adattarsi alle forme ibride dell'Uomo-Lupo... e i compagni lo imitarono, trasfigurando a loro volta in Likan.

    Il canto di guerra terminò, ma il suo riverberò riempì la vallata e rimase ad aleggiare nell'aria fredda e caliginosa per qualche istante ancora... quanto necessario perché il Grande Lupo -di nuovo in posizione eretta- si accovacciasse al suolo, raschiando la neve con gli artigli e sferzando la coda, prima di contrarre i muscoli delle cosce poderose e darsi la spinta per balzare all'attacco.

    E tutti gli altri lo seguirono, abbattendosi su punti differenti delle fila nemiche, facendo schioccare le fauci su ossa bianche, squarciando con le unghie carni molli e macilente, sradicando i poveri resti da terra e gettandoseli dietro le spalle come nulla più che bambole di pezza, o scagliandoli addosso ad altri mostri nella folta schiera per rallentarli o spezzarne l'assembramento.

    Non rimasero a mantenere la posizione, perché non è così che combatte un Lupo, bensì balzarono via, sempre più addentro alle fila nemiche, per diradarle e renderle più vulnerabili a ciò che -potevano dirlo dall'odore muschiato portato dal vento- sarebbe arrivato dopo di loro... perché quella notte, proprio come gli abitanti di Valiinorê,
    neppure il Branco cacciava da solo.

     
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    TRUE LOVE IS POSSIBLE ONLY IN THE NEXT WORLD — FOR NEW PEOPLE. IT IS TOO LATE FOR US. WREAK HAVOC ON THE MIDDLE CLASS.

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    Il giovane cacciatore aveva gli occhi sbarrati per il terrore mentre lo conducevano verso le stanze del Thane.
    A preoccuparlo erano più che altro le urla strazianti che provenivano dalla porta della capanna. Tutto il clan poteva sentire le grida riecheggiare nella radura del villaggio, così come voleva il capo clan.

    L'Huscarl, che aveva il volto segnato di cicatrici, gli appoggiò una mano sulla spalla con fare rassicurante mentre si fermavano di fronte alla porta. Il ragazzino fece una smorfia angosciata quando sentì l’ennesimo lamento disperato all'interno della stanza.

    "Sta’ tranquillo", gli disse. "Devi solo riferire quello che sai".

    Detto questo, bussò bruscamente alla porta. Un attimo dopo venne ad aprire un bestione con la faccia coperta di tatuaggi e una mezz'ascia appesa dietro la schiena. Il giovane non sentì cosa si dissero i due uomini perché era come ipnotizzato dalla figura imponente seduta di spalle all’interno della stanza.
    Era un uomo alto e possente, ormai sulla soglia della mezza età. Il collo e le spalle erano forti e muscolosi come quelli di un toro. Le maniche arrotolate scoprivano gli avambracci intrisi di sangue. Appesi a un gancio, poco più in là, c’erano la bipenne e il grosso corno da caccia nero.

    "Lofrik", mormorò con un filo di voce il ragazzino, in soggezione.
    "Thane, credo che le interesserà sapere quello che ha da dire questo ragazzino", annunciò l'Huscarl.

    Lofrik non proferì parola e non si voltò, troppo occupato con il suo lavoro. Il barbaro pieno di cicatrici diede una spinta al ragazzo, che per un attimo rischiò di perdere l’equilibrio nel tentativo di farsi avanti. Si avvicinò al capo clan come se fosse sull'orlo di un precipizio, e quando vide cos'era che teneva l'uomo così occupato, i suoi respiri si fecero affannati.
    Sul tavolo di Lofrik c’erano delle bacinelle piene di acqua insanguinata e una gran quantità di coltelli, uncini e strumenti chirurgici frastagliati.
    Sul piano da lavoro era disteso un uomo, legato saldamente con dei lacci di cuoio. Aveva solo la testa libera. Calde lacrime gli solcavano il volto, mentre mordeva disperatamente uno dei lacci di cuoio per non urlare. Il dolore però ogni tanto vinceva, e le urla echeggiavano per la stanza.

    Il ragazzino non riusciva a staccare lo sguardo dalla gamba sinistra dell’uomo, orribilmente scuoiata. Di colpo non riusciva più a ricordare perché fosse entrato in quella stanza. Riconosceva i segni di una grossa tagliola da caccia, sulla quale il cacciatore che ora era sdraiato su quel tavolo doveva aver incautamente messo il piede.
    Lofrik distolse lo sguardo dal suo lavoro per osservare il nuovo arrivato. I suoi occhi erano freddi e profondi, come quelli di un grosso predatore. Tra le dita stringeva un coltello dalla lama sottile, come se fosse un pennello a punta fine.

    "L’intaglio delle ossa è un’arte che sta scomparendo, nei Clan.", dichiarò, tornando al suo lavoro. "Sono pochi quelli che hanno ancora la pazienza di intagliare le ossa oggigiorno. Ci vuole tempo. Vedi? Ogni incisione ha un suo senso. "

    Sebbene avesse una gamba squarciata e l’osso della coscia fosse completamente esposto, l'uomo cercava disperatamente di stringere i denti, fino a farli scricchiolare. Il ragazzino, paralizzato dall'orrore, osservò le intricate decorazioni che il suo Thane aveva inciso nell'osso: complesse scene di caccia stilizzate si avvolgevano su tutta la superficie. Era un lavoro minuzioso e raffinato, perfino bello… il che rendeva quello spettacolo ancora più terribile.

    L'uomo si lasciò sfuggire un altro gemito, mentre il suo sangue colava copioso sul tavolo.
    "Piantala. Ho la mano ferma, ma muoviti ancora e per Miska, giuro che non potrai più camminare." sibilò il Thane, mettendo momentaneamente il coltello da parte. Il dolore era necessario, le incisioni gli avrebbero dato forza. Il cacciatore aveva commesso un errore che poteva costare la sua vita e quella dei suoi fratelli. Una sbaglio che non avrebbe mai ripetuto.
    L’uomo per tutta risposta lanciò un grido così potente che rischiò di squarciargli la gola, poi per fortuna perse i sensi e rigirò gli occhi all'indietro. Lofrik lanciò un grugnito disgustato.

    "Ricordati una cosa, ragazzino", disse. "Anche i cacciatori più scaltri e i guerrieri più feroci commettono errori. Ma non è mai il dolore a fermarci. Non noi. Mostrati debole, anche solo per un momento, e sei finito".
    Il ragazzino annuì, ma il suo volto aveva perso ogni colore.
    "Sveglialo" disse il Thane, indicando l'uomo svenuto. "Non serve a niente se non è cosciente. Quando gli intagli gli daranno la forza dell'Orso, mi ringrazierà."

    Mentre l'Huscarl si faceva avanti, Lofrik tornò a concentrarsi sul ragazzino.
    "Allora", gli disse. "Cos'è che volevi dirmi?".
    "Un… un falco", farfugliò il ragazzino, che quasi non riusciva a parlare. "Un falco messaggero alla radura delle aquile".
    "Vai avanti", gli intimò l'uomo.
    "Portava un messaggio dalla valle di Valiinorê..."
    "Mm-mm", bofonchiò Lofrik, che cominciava a perdere interesse nella conversazione, voltandosi di nuovo verso la sua opera d’arte.
    "Digli tutto, ragazzino", lo incalzò l'Huscarl, mentre cercava di confortare il ferito con dell'idromele.
    "Chiedono aiuto, mio Thane. Contro la morte, contro le ombre bianche."
    All'improvviso Lofrik balzò in piedi come un orso che emergeva dalla neve.
    "Il messaggio, dammelo" tuonò.

    png

    "Guarda, fratello. I nostri cugini hanno già cominciato." sussurrò Lofrik al suo Huscarl, indicando i vari clan che si alternavano nei loro primi attacchi contro l'orda che assediava la vallata.
    "Non vorremo certo lasciar loro tutta la gloria, giusto?"

    Una notte di corse e affanni, per arrivare in tempo.
    Una gara contro il tempo, contro l'avversità del terreno, contro la distanza che li separava dalla guerra.
    Non tutto il Clan era stato favorevole.
    Raccolti attorno al totem di Miska, l'orsa che guidava le loro cacce, molti avevano votato contro l'andare in soccorso al Cavallo d'Argento.

    Le prime luci dell'alba cominciarono a filtrare sulla radura, sorprendendo quell'esercito di ombre che aveva assediato Valiinorê.
    No, nessuno del Clan dell'Orso era li per aiutare qualcuno.

    "FRATELLI! OGGI MORIAMO! E COME SAREMO, AL COSPETTO DI HIRCINE?"
    il clan ruggì con una voce sola al richiamo di Lofrik l'Intagliatore.
    "LORDI DEL SANGUE NEMICO!"

    Il corno nero risuonò nella vallata, e il clan si riversò verso l'orda non morta, guidata dal suo Thane e armata di pesanti mazze, asce e martelli da guerra.
    Nessuno di loro portava armature o elmi, solo le loro spalle erano ammantate di pelli d'animali, principalmente d'orsi.
    Nessuna magia, nessuna strategia.
    Solo la Furia del loro totem, a guidarli, e i sigilli incisi nelle loro ossa a sostenerli.

    Alcuni di loro, forse molti, sarebbero morti quel giorno, e avrebbero raggiunto la vallata di Hircine rinati come orsi, guadagnandosi il privilegio di cacciare con lui le prede dei cieli in eterno, nella gloria della vittoria.
    Nessuno di loro avrebbe fermato quella carneficina finché una delle due fazioni non fosse affogata nel sangue che lordava il campo di battaglia.
    Con ferocia, le loro asce avrebbero squartato i corpi già morti dei loro nemici, le loro mazze avrebbero sfondato i grigi crani fino a deformarsi, i loro grossi martelli avrebbero spaccato membra e corpi.

    Senza paura, senza temere alcun dolore, guidati da un'indomita ferocia.
    Perché questo era il Clan degli Orsi.

     
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    Le lunghe ombre del tramonto andavano già dissolvendosi nella pesante e ampia coltre del crepuscolo quando il messaggio era giunto a destinazione: nel buio incipiente, le ali piumate d'argento di Veðrfölnir avevano attirato lo sguardo degli altri volatili, catturando gli ultimi riverberi del sole morente, e tuttavia i corvi che lo avevano visto arrivare -attrespolati sul totem loro dedicato al centro dell'accampamento- si erano limitati a gracchiare un pigro saluto e a lasciarlo passare; dopotutto, la tradizione che li voleva incarnazione del Pensiero e della Memoria ben si conciliava con la loro indole contemplativa.

    jpgCon una fretta evidente nel suo battito d'ali, il messaggero era ripartito dopo pochi minuti... e intanto, all'interno della tenda del Capo Clan, un paio di occhi di uno strano colore -tra il viola e l'azzurro- scorsero al lume di una lanterna le poche rune tracciate di volata su di una sottile striscia di pergamena; mordicchiandosi nervosamente il labbro inferiore, la giovane a cui quelle iridi gelide appartenevano stritolò la carta tra le dita affusolate e la gettò nelle fiamme, prima di cominciare a passeggiare su e giù per i pochi metri che costituivano l'ampiezza della sua dimora.


    « Accidenti a Revair...! Si farà ammazzare...! »

    Borbottando tra sé e sé con una seccata insofferenza, la donna si riavviò più volte i lunghi capelli corvini che seguitavano a scavalcare la linea delle spalle ogni volta che cambiava direzione, spingendo frattanto la mente agile a vagliare e analizzare potenziali risvolti della sua decisione, il bilancio tra i diversi scenari possibili, i dettagli per metterli in pratica, il calcolo dei tempi insufficienti e delle distanze eccessive... insomma: tutte le opzioni di tutte le scelte che aveva dovuto imparare a prevedere da quando -appena un paio di anni prima- gli Spiriti l'avevano scelta come nuovo leader della sua tribù.

    Il Capo del Clan del Cavallo d'Argento si era cacciato in una brutta situazione: non poteva dire che avesse sbagliato, trovando nobile l'intento di aiutare chi era in difficoltà (per quanto si trattasse di genti esterne al loro popolo, cosa che alcuni avrebbero disapprovato) e concretamente utile il proposito di fare qualcosa contro la Piaga che si spandeva di giorno in giorno per l'Uthgardt...
    però, era stato avventato: si era lanciato nell'impresa come un animale imbizzarrito, e sebbene quella fosse semplicemente la prova che il cuore selvaggio e indomito di Sleipnir avesse trovato un degno ricettacolo, bisognava escogitare qualcosa per non far finire spolpate le sue carni, orfano il suo Clan, e ingrossate di nuovi elementi le schiere dei morti.

    Anche perché... era vero che le Tribù non vivevano a stretto contatto le une con le altre... e che lei non aveva realmente qualche legame con lui... però... insomma... non le piaceva l'idea di poterselo un giorno ritrovare davanti, trasformato in una di quelle abominevoli
    cose... con il volto assente e scarnificato... gli occhi vacui e spenti... ignaro ormai di qualunque cosa... completamente dimentico di sé stesso... di quel che aveva fatto in vita... di chi era stat-

    Di colpo, smise di camminare, e -ferma davanti all'ingresso della propria tenda- mise da parte quelli che era solita considerare un groviglio di pensieri amorfi e troppo frivoli per uscire dalla sua testa: qualcosa si era mosso al margine della sua mente, strattonato da un filo logico indubbiamente legato a quella riflessione... qualcosa che faticava a razionalizzare, ma qualcosa che la sua intuizione le suggeriva essere importante...

    Incrociando le braccia al petto, Rowena ristette in silenzio, soffermandosi per inseguire quel guizzo; pochi attimi, e trovò il bandolo della matassa; a quel punto, un'idea nitida, luminosa e perfettamente sensata si dipanò davanti ai suoi occhi, e ora che vedeva con chiarezza la strada da percorrere, seppe cosa fare... e lo fece senza perdersi in ulteriori indugi: in un paio di secche falcate uscì all'esterno, catturò in una singola occhiata la prima persona che scorse, e con voce limpida e autoritaria gli consegnò un semplice comando.


    « Convoca immediatamente il Parlamento dei Corvi. »

    Dopodiché, si portò una mano alle labbra ed emise un fischio acuto, prima di girare i tacchi e fare ritorno entro i confini della tenda in compagnia del nero pennuto che svolazzò sulla sua spalla in risposta al richiamo; mormorando qualche parola al corvo, la giovane agguantò penna, pergamena ed inchiostro, e delineò in forma secca e concisa la sua idea: senza modestia, si trattava davvero di una buona idea... ma, per realizzarla, avrebbe avuto bisogno di aiuto.

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    Non sapeva dire quanto tempo fosse trascorso tra il momento in cui aveva dipanato gli ordini e quello in cui il guerriero si presentò alla tenda di comando per avvertirla dell'avvenuta conclusione dei preparativi, ma quando emerse dallo stato meditativo in cui si era isolata per avventurarsi fuori dalla tenda, Rowena trovò consolazione nel constatare il cielo fosse ancora buio.

    A rapide falcate, la donna si diresse all'altare del Clan, superò l'anello di persone che si era radunato appena al di fuori dell'area sacra, e prese il proprio posto nell'anello di sciamani che lì sostava in sua attesa: proprio come loro, sedette per terra a gambe incrociate e si lasciò avvolgere dal calore che risaliva dal disco di pietra nera e incisa di rune, che pavimentava l'area del Totem sgombra di neve; poi trasse un lungo, calmo e profondo respiro, e prese la parola.


    « Miei Fratelli e Sorelle: la Piaga dei morti-senza-riposo, a cui da tempo guardiamo con preoccupazione, questa notte è in marcia per mietere nuove vittime... e molti nuovi schiavi rinfoltiranno il suo esercito se permettiamo che Valiinorê cada. »
    al di fuori della cerchia degli eletti degli Spiriti, si levarono alcuni mormorii
    « Un appello agli antichi patti tra i Clan è arrivato dal Campione di Sleipnir, che -mentre parliamo- sta combattendo insieme ai pagani per impedirlo. Ebbene: i Corvi onoreranno quell'alleanza. »
    comunicò la donna, guardando in faccia uno a uno quelli seduti accanto a sé
    « ...non con le armi, perché i nostri guerrieri non arriverebbero mai in tempo,
    ma con i doni con cui Huginn e Muninn ci hanno benedetti. »


    Sentendosi chiamati in causa, quasi non stessero aspettando altro che quel segnale, lo stormo di volatili appollaiati sul grande Totem -neri e immobili, al punto da parer fusi alla notte- si levò gracchiando, eseguì in volo una pigra spirale, e si disperse lungo il cerchio; ogni uccello atterrò al cospetto di un diverso sacerdote o sacerdotessa, e se un grave silenzio aveva fatto eco alle parole del Capo, un'agguerrita determinazione vibrò nella quiete che seguì quel segno divino: la Tribù accettava la decisione.

    Rowena tese la destra al suo corvo perché vi zampettasse sopra, intingendo al contempo le dita della mancina in un'ampollina piena di una polvere blu, che spalmò sulla coda della bestiola; poi, mosse un cenno all'uomo che sostava alle sue spalle -insignito del ruolo di officiante-, e quello cominciò a percorrere l'anello, versando da un paiolo fumante una mestolata di qualcosa dentro alle coppe di legno che ogni mistico aveva davanti a sé.

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    In perfetto silenzio, gli Sciamani tirarono sul capo il pesante cappuccio di stoffa che li avrebbe aiutati ad isolarsi dal mondo, trassero la ciotola con entrambe le mani, e ne bevvero d'un fiato il contenuto.


    « Seguitemi, Fratelli e Sorelle: stanotte ci libreremo sui campi di battaglia! »

    Quella fu l'ultima esortazione del Capo Clan, e mentre le teste scivolavano dolcemente in avanti e i corpi rimanevano stabili nella posizione del loto, i mistici scivolarono in uno stato di incoscienza molto simile al sonno...

    « ...e che gli Spiriti ci diano la forza di ricondurre le anime smarrite alle case dei loro Padri... »

    ...e lasciando le proprie spoglie umane dietro di loro,
    lo stormo di nero si librò in volo in direzione del Koldran.


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    Veleggiare tra le gelide correnti della notte artica non era un comportamento etologico abituale per i corvi, soprattutto perché non si trattava di qualcosa per cui fossero particolarmente portati: la piccola stazza non li aiutava affatto ad opporsi al turbinare capriccioso dei forti venti -tanto per dirne una-, e il nero delle loro piume rendeva complicato per molti mantenere l'orientamento e la formazione di volo mentre solcavano un cielo color dell'inchiostro... e tuttavia, il tragitto fino a destinazione scorse rapido e sicuro sotto le loro ali tenaci.

    Perché Rowena sapeva dove andare, e -per non perdersi nell'oscurità- allo stormo fu sufficiente seguire la fosforescenza blu che la sua coda emanava, grazie all'unguento bio-luminoso che ella aveva spalmato sulle piume del suo famiglio prima di partire.

    Quando furono giunti in vista del villaggio, il Capo Clan aveva già messo a parte i suoi sciamani del piano, e per quanto fare la propria parte avrebbe richiesto loro un ben cospicuo sforzo spirituale, il pensiero della nobiltà dell'intento e della potenziale efficacia del gesto avrebbe fatto da sprone a tutti per non risparmiarsi; così, ripiegarono le ali contro i corpicini piumati e si scagliarono in picchiata in direzione del cerchio di assedianti, una brulicante marmaglia di corpi in vari stadi di decomposizione, affollatasi ai cancelli delle palizzate difensive che cingevano Valiinorê.

    Mentre il suolo delle innevate distese di quella terra selvaggia balzava loro incontro a folle velocità, gli occhi acuti degli uccelli colsero strani movimenti in giro per lo schieramento nemico, ed ebbero una vaga sorpresa nello scorgere grossi e feroci animali della tundra spezzare le geometrie compatte dell'esercito dei morti, perché... non capitava spesso di ammirare da una posizione tanto privilegiata la furia dei Berserker in battaglia.

    jpgA pochi istanti dall'impatto, i pennuti tornarono ad aprire le ali, catturando il vento che spirava in quota e lasciando che la resistenza con l'aria spargesse ovunque piume corvine come una pioggia senza peso e desse loro la spinta necessaria per disperdersi attorno alle mura e sui tetti delle case, come una raffica di frecce nere: atterrarono sulle cime delle palizzate, si posarono con grazia sulle tegole e sui comignoli -in punti strategici che fossero defilati dall'infuriare dei focolai di guerra- e richiamando alla mente lo stesso antico incantesimo, cominciarono ad incidere col becco e con gli artigli i solidi contorni di un disegno preciso.

    Mentre, disseminati per l'intero insediamento, i mistici rimanevano in attesa del segnale in cui avrebbero rilasciato all'unisono quella magia nell'etere, il Corvo dalla coda blu si spinse fino alla piazza centrale del paese: cavalcando i turbini, sibilò nel cielo come una scheggia d'ossidiana, sorvolò le manifestazioni degli ignobili Lich, e si posò dietro schiera di guerrieri che ancora dava loro battaglia; non visto, il volatile zampettò rapido al suolo, scavò nella neve col caparbio incedere del corpicino piumato, e sparse nel gelido solco l'intenso colore sulle sue penne timoniere.

    Soddisfatto della propria opera, il Corvo svolazzò fuori dal sigillo e contemplò la Runa della Reminiscenza prima di sbattere le ali con un gracchio solenne e attivarne il mistico potere, che sarebbe risultato amplificato dal dono dei loro Totem gemelli.


    Mannaz...!

    Percependo la perturbazione arcana, gli altri Sciamani fecero lo stesso, liberando una vibrazione magica che avrebbe risuonato con la psiche dei presenti, stimolando i ricordi rimasti inscritti nelle cellule grigie dentro le loro teste: una cosa che avrebbe motivato i viventi a combattere con maggior vigore per quanto di caro gli era rimasto...

    Perché Huginn e Muninn -araldi del dio della conoscenza- erano l'incarnazione del Pensiero e della Memoria, e nei piani di Rowena quel rituale avrebbe riportato alla mente dei morti le immagini dell'esistenza che avevano perduto (in quelli senza un cervello decomposto, per lo meno), estraniandoli da quanto stava succedendo loro attorno, proiettandoli in un passato di cui forse non sarebbero neppure stati consapevoli,
    ma che li avrebbe lasciati vulnerabili agli attacchi degli altri Clan.

     
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    Impeto e tempesta

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    Chiusa nel suo silenzio, Gwenael osservava il cielo con animo inquieto ed occhi preoccupati.
    I lunghi capelli bianchi, intrecciati in parte sul capo con una corda molto sottile, si muovevano eterei al vento, carezzando il corpo piccolo ma robusto.
    Il viso tondo era crucciato e pensieroso; dopotutto, ciò per cui erano stati chiamati andava oltre una normale guerra, una disputa qualunque fra i mortali, e se solitamente la sua trubù non scendeva quasi mai in battaglia, l'idea che in quei luoghi ed in quei tempi le leggi della Vita e della Morte fossero state fino a quel punto dissacrate era riuscita a muovere le civette all'unisono, lei compresa.

    Nessuno di loro -infatti- temeva realmente per Valiinorê -come ogni cosa, essa era nata e fiorita, e prima o poi sarebbe caduta, sepolta dalla neve gentile- piuttosto per cosa ne sarebbe stato dopo l'assedio. Ogni singolo defunto non sarebbe tornato mai alla terra, rinvigorendola e portandola a vita nuova, ed altrettanto sarebbe forse stato per le anime dei defunti, costrette ad una schiavitù immorale ed empia. La Natura e gli Spiriti non ne sarebbero stati affatto contenti... e a pagare quell'affronto, assaggiando i frutti marci della Piaga, sarebbero stati tutti, di ogni razza e religione.

    Gli occhi cangianti si chiusero, ed il capo della Tribù della Civetta tirò un profondo respiro.
    Il vento l'avvisò dell'arrivo del messaggero.
    Il Tempo era dunque giunto.

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    Le tenebre avvolgevano ancora il paesaggio come un mantello e Gwenael raggiunse l'altare del Clan con passo claudicante e malfermo, trascinandosi ad ogni falcata grazie al lungo bastone di legno che portava sempre con sé. Era discretamente giovane, ma gracile e dalla salute sempre vacillante: la chioma candida ne era in qualche modo il segno distintivo, e come ogni Capo Clan era necessario che vivesse in un limbo, anello di congiunzione tra la vita e la morte.

    Superando i più forti e saldi della Tribù, raggiungendo poi gli stessi druidi e sciamani che un tempo le furono pari, ella si pose al centro di un grosso cerchio. Alzò lo sguardo sul proprio Totem, osservando rune appena percettibili e contorni sbiaditi.

    « Il Cielo e la Terra ci osservano, e gli Spiriti preoccupati si domandano cosa ne sarà di questo mondo »
    Iniziò lei, alzando la voce.
    Gli altri ascoltarono in assoluto silenzio.
    « Questa notte potrebbe ripetersi una nuova tragedia, ed il Ciclo della Rinascita potrebbe finir spezzato ancora una volta. Innumerevoli son le disgrazie che giungeranno, e la Piaga continuerà a diffondersi. »

    Allargò le braccia in un gesto solenne ed accogliente.
    « Il Campione di Sleipnir combatte già fra i pagani contro la Piaga a Valiinorê.
    Onoreremo gli antichi patti tra Clan e l'Ordine del Mondo.
    Lasceremo che li accompagni Arianrhod e raccolga con le aurore quanto le spetta e le è stato strappato! »


    Riuniti in quella causa, Druidi e Sciamani intrecciarono i loro canti in una roca preghiera. E dalle loro bocche il suono divenne debole luce e poi aurora. Levandosi in cielo come l'orlo d'una gonna, questa si diresse alla battaglia, ed i presenti lontano dall'altare capirono subito che Arianrhod avrebbe presto danzato con le sue anime.

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    Quando l'aurora rischiarò i cieli di Valiinorê, ricalcando i sentieri fragili ed impalpabili delle umane speranze di quei luoghi -mute suppliche e preghiere rimaste orfane che si levavano agli spiriti da tempo- gli assedianti già combattevano contro i grossi e feroci animali della tundra ed i corvi erano sul punto di spiegare le ali e ferirli con le loro piogge di frecce. Seguendo il Corvo dalla coda blu, la luce celeste raggiunse la piazza centrale del paese, e quando questo abbandonò il sigillo creato gracchiando solenne, lasciò che la vibrazione magica stimolasse i ricordi di quelle anime sottratte ad Arianrhod.

    Ed Arianrhod Ruota d'Argento ne fu lieta, perché quello fu il primo passo delle anime perdute per raggiungere finalmente il suo castello. Nel momento di massima vulnerabilità sarebbe discesa su di loro scuotendo l'orlo della gonna, ed usandola come una rete li avrebbe carpiti, strappati dalla loro gabbia -una prigione di carne putrescente. Liberi dalle catene del mondo terreno, l'avrebbero certamente scelta come guida, diretti al castello. Una volta varcata la soglia, non sarebbero più tornati da quella porta.

    Avrebbero tuttavia proseguito, e ripercorso il mondo con nuovi passi e nuova vita, in un Ciclo di rinascita finalmente ripristinato.

     
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    In cerchio intorno al calore delle fiamme sedevano gli anziani della Tribù; a proteggere il loro capo dal vento gelido vi era una folta pelliccia dalle sembianze a loro più care: una Volpe. Bianco il pelo che le ricopriva, poiché simbolo di anzianità e dunque saggezza.
    Volgevano il loro sguardo verso il Capo, la bella e nobile Levaecham, dalla pelliccia di colore Argenteo, perché prossima alla saggezza, ma ancora forte come un guerriero, che aveva chiesto loro udienza e consiglio.

    I capelli ricci e rossi si muovevano al vento, mimando cespugli ben più folti di quelli della tundra, gli occhi verdi brillavano come smeraldi sul viso aguzzo e ricoperto di lentiggini. Molte lune prima, la stessa donna dalla chioma cremisi aveva combattuto (e sconfitto) i più grandi guerrieri della Tribù con maestria ed ingegno durante i giochi che avrebbero deciso il nuovo leader della loro comunità. Puntando sull'agilità e l'astuzia, Levaecham aveva surclassato i più vigorosi e l'adattabilità agli imprevisti insita nella sua natura mutevole l'aveva portata alla vittoria contro un temibile avversario.
    Da allora era tuttavia trascorso molto tempo, eppure lei continuava ad essere imbattuta fra i suoi Fratelli. E dove la forza lasciava il passo al trascorrere inesorabile del tempo, allora l'esperienza giungeva come suo bastone ed arma.
    Proprio quell'esperienza l'aveva condotta lì.

    La Tribù del Cavallo li aveva chiamati a raccolta. A loro richiedeva l'onore, l'impegno per il patto a cui tutti i Clan avevano in passato giurato rispetto.
    Valiinorê era minacciata. Orde di non-morti avanzavano senza alcuna opposizione... e quello non sarebbe stato altro che un piccolo passo. Uno dei tanti, che di lì a breve sarebbe giunto anche nei loro territori.
    Nessuno sarebbe stato in grado di farvi fronte, da solo.
    Ma uniti... gli Spiriti del Nord non avrebbero avuto eguali.

    I saggi scelsero di lasciare la decisione all'astuto Fylgja, quindi tutte volpi attesero il verdetto, trattenendo il fiato.
    Il Totem della Volpe assunse a quel punto i colori del Fuoco Fatuo, segno positivo e di buon augurio per loro, d'illusione e disfatta per i nemici.
    Di fianco ad esso la sagoma femminile ed elegante del Capo si levò con grazia. Stretto nella presa vi era un arco, sollevato contro il cielo sopra gli occhi scaltri dei soldati.
    La Tribù della Volpe avrebbe onorato il Patto.

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    Quando il sole sarebbe sorto alle mura di Valiinorê, il Rosso delle loro pellicce avrebbe rinvigorito presto il calore dell'alba.
    Posizionati intorno alla città gli Arcieri delle Volpi tendevano il loro arco. Blu la fiamma che brillava nella punta delle loro frecce, come il ghiaccio dei non-morti contro cui erano puntate. Eppur vive, ardenti come lo spirito dei guerrieri che avevan dato loro vita. Nessun gelo o corrente sarebbe mai stato in grado di estinguere quella fiamma magica; non fino a quando non avrebbe consumato ciò che le era stato ordinato.
    Il tutto, sotto le luci della più bella delle aurore.

    NPdEOwm

    Nera, invece, era la pelliccia degli Assassini. Poiché scaltre e rapide erano le gambe delle Volpi, e i nemici mai li avrebbero dovuti notare.
    Un attacco combinato, su più fronti: questa era la strategia orchestrata dal loro capo.
    Prima le frecce sarebbero piovute dal cielo, illuminando la strada per i loro compagni, sviando le attenzioni dei non-morti verso l'alto.
    Poi i pugnali, lame di ossidiana, fra la folla. Si sarebbero mossi rapidi come il vento, toccata e fuga, contro i nemici rimasti ancora in piedi.
    Valiinorê non sarebbe caduta.
    Il Nord non sarebbe caduto.
    Non quel giorno.

     
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    Viaggiatore dei Mondi

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    ~skekDor "il mezzo-Mistico"~

    2euoc53


    skekDor attraversò il corpo della lich, ritrovandosi con la faccia nella neve. La sua nemica l'aveva ingannato con l'ennesima illusione, forte di una riserva di energie superiore alla sua.
    Sputando ghiaccio e bava, il mezzo-Mistico scosse con vigore il muso, ruotando il collo di centottanta gradi, alla maniera dei volatili.
    Fu allora che vide un fascio di luce colpire in pieno Eleodora, confinandone l'entità sul piano reale.

    Nel rialzarsi grazie alla sua capacità d'intersecare il suo centro di gravità eterico coi piani tangenti ad Endlos, lo Skeksis non mancò di lanciare un'occhiata alla kitsune.
    Sul suo volto, per pochi istanti, si formò un lieve sorriso di ammirazione.
    Poi, ripresa la sua solita mutria, lo Skeksis puntò gli artigli all'indirizzo della lich, e ordinò alle sue fruste di far scempio di quel corpo ormai marcio.

    Eleodora cadde, e il mezzo-Mistico le fu presto sopra.
    Seppur ormai privo del suo elegante verdugale, skekDor incrociò le zampe al petto, e le strinse bene contro l'ormai logora vestaglia che ancora copriva le sue reali forme, in una posa altezzosa e superba.

    "Scompari, ammasso di carne senza vita. Ma non temere, avrai presto mie notizie..." Sollevò un piede e, come profeticamente annunciatole in sogno appena qualche ora prima, schiacciò con ferocia la sua testa, premendo il calcagno con violenza fino a sentire nient'altro che il freddo della neve sotto di esso: "...devi ancora offrirmi da bere, rammenti?"

    Tutt'intorno, anche il resto dei corpi dei lich aveva incontrato la sua fine.
    Peccato che non ci fosse niente da festeggiare, poiché la guerra ancora imperversava per la zona.
    Ignorando Mizukume, lo Skeksis abbassò il becco al suo petto.
    Strinse fra gli artigli la zampa di coniglio che il piccolo Hans gli aveva donato, prima che iniziasse il putiferio.
    Le sue iridi si fecero più grandi, e la sua voce mutò e si fece meno roca e più calda: "Esseri eterni come noi non credono nella fortuna... però..." Bisbigliò urElah, prima che skekDor riprendesse il controllo.

    Alzandosi in volo, skekDor abbandonò i suoi caesti eterei in favore di un paio di globi fiammeggianti violacei.
    C'erano ancora energie, in quel suo corpo nonpiù immortale... E, che il Cristallo gli fosse stato testimone, le avrebbe impiegate anche tutte, per quel pugno d'anime che, forse, erano la cosa più vicina a degli accoliti che mai avesse sperato di avere su Endlos.

    "Vieni, fuoco! Purifica col tuo tocco queste montagne dalle piaghe purulente che le deturpano!"
    Stava appunto per dare inizio a un ultimo, coreografico valzer fatto di fomento e spietatezza, quand'ecco che i suoi sensi furono scossi all'improvviso, come non gli era mai capitato prima.

    Un'incredibile fiume di informazioni si riversò nella sua testa, mentre il suo "occhio interiore" lo rendeva conscio della presenza, nella zona, di una quantità esagerata di anime guerriere.
    Non i lich, non dei nemici. Forse, se i sensi non l'ingannavano, percepì persino qualche anima immortale fra loro.
    Lupi e corvi in abbondanza, almeno a una prima occhiata, e poi nugoli di frecce, e presenze in grado di liberare i non-morti dalla loro prigione di carne con un solo tocco.

    Abbassando lentamente le sue braccia, lo Skeksis richiamò le fiamme divine in sé, e rimirò lo spettacolo tutt'intorno.
    Non tutto era perduto, allora...

    Le speranze di salvare la città aumentavano a vista d'occhio.
    E skekDor, dall'alto, commentò semplicemente con un: "Alla buonora! Questi giovani d'oggi... Cos'accidenti avranno combinato, per arrivare tanto in ritardo?"

    Ad ogni modo, era davvero inspiegabile il motivo per cui fossero arrivati tutti lì, e proprio in quel preciso istante, quando ogni speranza sembrava perduta.

    Ritornando lentamente al suolo, skekDor non poté fare a meno di domandarselo.
    Le sue braccia posteriori, minute e atrofizzate, lentamente afferrarono il ciondolo che teneva al collo, muovendosi (almeno all'apparenza) contro la sua volontà, per mostrargli di nuovo la zampa di coniglio. Pregna, a detta di uno degli abitanti di Valiinorê, di fortuna e buoni auspici.

    Distogliendo altezzosamente lo sguardo e chiudendo gli occhi, skekDor grugnì: "Tch! Mi rifiuto di crederci!" E il frammento di luce all'interno del suo cuore nero, di fronte a quella reazione, non poté fare a meno di lasciarsi andare a un liberatorio moto di riso

    Salute: 94% Gola irritata
    Stato psicologico: 75% Emicrania pulsante
    Durabilità della Barriera del Cristallo: 100%
    Energia: 25%
    Classe: PRIMARIE: Elementalista - Avatar - Trickster

    Armamentario:

    - Frammento del Grande Cristallo:
    Si tratta di una minuta porzione, della grandezza d’una mela, del Grande Cristallo originale. Il colore ricorda quello dell’ametista, anche se le tonalità variano considerevolmente a seconda dell’ora del giorno e dello stato mentale di skekDor. Normalmente si trova all’interno del corpo dello Skeksis, il quale lo vomita fuori solo nel caso in cui dovesse bagnarsi nei suoi raggi curativi. E’ un oggetto che può venire utilizzato solo dalle divinità: nelle mani di un qualunque mortale apparirebbe come una semplice pietra preziosa.
    La scheggia del Grande Cristallo erige inoltre naturalmente un velo invisibile tutto attorno al corpo dello Skeksis, la cui robustezza è equiparabile a quella di una corazza pesante. Ogni colpo portato a questa protezione evanescente produce sprazzi d’energia violacea. Qualora la barriera dovesse cedere, le zone di frattura diverranno visibili a occhio nudo e, fino a completa rigenerazione del potere, non sarà possibile innalzarne un’altra

    - Caesti eterei:
    Qualora la situazione lo richieda, skekDor attinge al potere del Grande Cristallo per ricoprire mani e avambracci di vispe zaffate di mana fluorescenti nel verde, che ricordano nella forma dei guanti da combattimento avvolti dalle fiamme. Queste insolite armi hanno la resistenza dell'acciaio e, a ogni colpo portato, lasciano dietro di loro una scia eterea che scompare dopo pochi secondi (La scia è scenica e non ha consistenza). La gittata dei colpi è di circa un metro da ciascun avambraccio di skekDor

    - Specchio della vicinanza:
    Questo piccolo e finemente decorato oggetto delle dimensioni di una palla da tennis sembrerebbe solo un comune specchietto da trucco rinascimentale a un occhio inesperto. In realtà, focalizzando l'attenzione su una creatura in particolare, sarà possibile vederne l'immagine riflessa e comunicare con essa in tempo reale, ovunque si trovi su Endlos. Lo specchio consente un dialogo basato sia sulle parole che sui pensieri, purché entrambe le parti acconsentano a creare il tramite che rende possibile l'incanto

    - Dono di Hans:
    Si tratta di un piccolo teschio di pollo, fra le cui orbite passa una cordicella a mo' di ciondolo. Per chiunque, potrebbe sembrare un semplice monile ornamentale, ma non per skekDor. Si tratta infatti di un regalo molto speciale. Oltre il levigato osso si celano i sogni e le speranze di un animo puro, che ha visto nello Skeksis ben più della grottesca entità che tutti percepiscono. Concentrandosi, skekDor può usare questo piccolo oggetto come una sorta di filo d'Arianna per materializzarsi istantaneamente a Valiinorê, senza dover attingere direttamente ai suoi poteri. Eventuali alleati potranno seguirlo nello spostamento entrando in contatto diretto col suo corpo. Il ciondolo manterrà le sue proprietà fino a che il bimbo Hans continuerà a vivere nel villaggio di Valiinorê (L'uso dell'oggetto è da concordarsi in Off coi player o, eventualmente, coi master coinvolti)

    Passive:

    - Semi-immortalità:
    L’organismo di skekDor non è dissimile da quello di un cadavere che cammina. Non ha realmente bisogno di nutrirsi, a eccezione dei raggi assorbiti dalla luce solare rifratta sul frammento di Cristallo nero. In alternativa, può assorbire le anime dei vivi come sostentamento. Può provare dolore, ma mai fatica. Nella sua nuova forma, skekDor può esser ferito gravemente, ma non ucciso. Sopravvivendo a uno scontro mortale, gli basterebbe quindi irradiare la luce riflessa del sole sul Cristallo per poter rimarginare nell’arco della giornata ogni tipo di danno e tornare come nuovo. Eventualmente, potrebbe attingere all'energia delle anime stipate nel suo ventre per rimarginare parte dei danni subiti a seguito di una battaglia (L'uso di quest'ultima abilità è da concordarsi in Off coi player o, eventualmente, coi master coinvolti) [Abilità Passiva – Immortalità + Rigenerazione + Resistenza all’esaurimento delle energie]

    - Signore del Cristallo:
    Il frammento del Grande Cristallo consente allo Skeksis di accedere a una fonte pressoché inesauribile di potere e di evocare i suoi incanti in maniera istantanea. Inoltre, skekDor ha la capacità di accorgersi di essere oggetto di eventuali intrusioni mentali o illusioni avversarie. Infine, la barriera naturalmente prodotta dalla gemma difende il suo padrone anche dalle emozioni indotte dagli avversari più meschini [Abilità Passiva - Aumento della riserva di mana del 10% + Instant Casting + Mindfuck-Alert + Trick Detector + Difesa dalle malie]

    - Levitazione:
    Ogni essere vivente possiede un centro di gravità eterico che risponde alla normale gravità presente nel piano su cui esso vive. skekDor ha la facoltà di cambiare di volta in volta il proprio centro di gravità eterico, di modo che interagisca coi vari universi che compenetrano Endlos. Questa capacità gli consente all'effettivo di volare, anche se non nel senso vero e proprio del termine: poiché a subire la "gravità eterica" è il suo spirito anziché il suo corpo, lo Skeksis non produrrà alcun suono durante gli spostamenti, né le sue vesti s'agiteranno sospinte dall'aria. Per chiunque lo osserverà sarà esattamente come vederlo subire una traslazione uniforme da un punto all'altro dell'ambiente. Inoltre, non essendoci limiti imposti dalla forza o dall'attrito con l'aria, in volo skekDor risulterà essere estremamente agile nei movimenti [Abilità Passiva - Volo + Furtività + 50% Agilità]

    - Potere Passivo di Classe Elementalista:
    L'acqua non intacca il corpo di skekDor in alcun modo. Il mezzo-Mistico potrebbe ad esempio rimanere in un torrente per giorni interi senza risentire di alcuna conseguenza relativa al lungo periodo di tempo trascorso in ammollo. Inoltre, (non respirando affatto già di suo) può restare in apnea quanto desidera [Abilità Passiva – Immunità scenica all'acqua]

    Tecniche utilizzate:

    Riassunto:


     
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    Da un posto EPICANTE

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    Ti pareva stupido credere ancora in qualcosa mentre la battaglia intorno a te continuava a imperversare.
    Tanta era la tua mancanza di fiducia nelle sorti della battaglia, che l’occhio ti si chiuse d’istinto quando lasciasti la tua ultima offensiva.
    Non volevi vedere la morte in faccia, ancora non eri pronto.
    Solo quando un barlume di speranza si accese nel tuo cuore, ti sentisti pronto a vedere cosa effettivamente stava succedendo.

    Il Re Leone e Johan erano avvinghiati uno contro l’altro in una danza mortale. Sicuramente uno dei due non avrebbe rivisto l’alba del giorno dopo e fu proprio in quel momento di consapevolezza che, Marcus, decise di dare tutto sé stesso per la causa, sacrificandosi con un suo ultimo attacco.
    Una grande luce ti inghiottì e ti ritrovasti rallegrato da ciò. Quando la fonte luminosa sparì, non vi era nè nemico e né alleato.

    "Oh no ..."

    Cadesti a terra senza un lamento e ti accorgesti in solo momento, che la tua vita finiva quel giorno e che non ci sarebbe stato un ritorno.
    Cadesti a terra proprio come era successo al tuo bastone, al tuo esercito, ai tuoi alleati e a Vorel.
    Proprio come aveva preannunciato il grande mago Lich, il suo esercito vi avrebbe inghiottito da un momento all’altro.
    Anche skekDor sembrava essere pronto ad andare incontro alla morte sferrando un poderoso ultimo colpo, poi però si calmò e te con lui.
    In lontananza, come un miraggio, qualcosa colpì i nemici con frecce, artigli e denti.
    Subito ti alzasti dal freddo terreno a vedere la scena della battaglia e in modo incredulo, quasi naturale, dalla bocca ti uscirono parole di gioia e speranza.

    "Abbiamo … vinto?!"

    lavoro.


    Vite Van Dukge
    Stato Fisico: Gola irritata, Molto stanco
    Stato Mentale: Pieno di speranza ma esausto
    Mana: 30 %

    Passive:

    L’indistruttibile:
    Un semplice bastone, ad una prima occhiata, lungo un metro e venti coperto in più punti da lunghe fasce rosso ruggine. Il colore del legno è grigio cenere e per quanto esile, il suo punto di forza sta proprio nell’essere duro come il più puro dei metalli. Una mazzata da parte sua sicuramente si ricorda per un bel po’.

    - (Arma bianca; Duro come metallo)


    Patto degli Antichi Alberi:
    Legame sviluppato con gli Alberi Antichi al fine di poter evocare in qualsiasi momento i bastoni che avevano da offrirgli. Per poter siglare il patto ho dovuto cedere il suo occhio destro e giurare sulla sua vita di non venire mai meno agli accordi imposti.

    - (Passiva Only gdr)

    Asso nei bastoni:
    Vite è a tutti gli effetti un provetto guerriero nell’uso dei bastoni. Grazie a questa abilità riesce perfino a impugnare le sue armi con le dita dei piedi, menando colpi come se gli impugnasse direttamente nella mano buona. Questa sua bravura gli è stata trasmessa dal patto con gli Antichi Alberi che, vedendolo degno, gli hanno anche insegnato come evocare le sue armi con agilità fulminante.

    - (Maestria nell’uso dei bastoni da combattimento; Insta-casting)

    Lo Spinoso:

    Non tutte le foreste sono "sicure", vi è sempre qualche pericolo in agguato pronto a spezzare ossa e rami. Questo particolare bastone si è evoluto proprio per contrastare questo problema. Un bastone ricoperto di spine acuminate apparirà sul campo di battaglia, che Vite userà subito per attaccare l'avversario. Le spine, lunghe trenta centimetri ognuna, verranno rilasciate nell'aria in base al consumo di mana e andranno a colpire bersagli multipli e lontani.

    - Consumo: Variabile (Basso/4 - 5m, Medio/6 - 7m, Alto/8 - 10m, Critico/10 - 15m)


     
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    Furia, spregiudicatezza e rabbia.
    Questi i sentimenti che l’animarono in quella folle corsa verso morte certa contro un nemico molto più potente di lui, e la realtà gli fu schiaffata in faccia in un’istante; Il lich forte e convinto della sua superiorità alzò Umbrella da terra bloccandolo e smorzandoli il respiro con una possente presa al collo. Vide ancora una volta la morte in faccia: la magia oscura e distruttiva del nemico l’avrebbe avvolto nel braccio della morte da un momento all’altro, quando colpi dal suono sordo e pesante rimbombarono in una potente raffica alle sue spalle mischiandosi nelle sue orecchie al caos della battaglia che imperterrita perseverava in torno a lui.
    Quella raffica fece mollare la presa al nemico costringendolo ad abbassare la guardia e aprendo l’occasione perfetta per Umbrella che ancora ebbro della follia che lo animava trafisse il nemico con l’inusuale arma, ponendo così momentaneamente fine alla vita del non-morto.
    Un fiatone pesante e faticoso lo animava riempiendoli i polmoni ritmicamente mentre incredulo osservava il nemico perforato da parte a parte giacere a terra di fronte a lui.
    Un lungo respiro inalato e espirato sempre con la bocca gli regolò il ritmo, iniziando cosi a far calare anche gli scalpitanti batti del cuore. Si girò verso il plotone armato che l’aveva salvato, ripose l’ombrello lurido sul fodero nella schiena, e con un cenno della testa ringraziò coloro che l’avevano salvato.
    E poi preoccupato si girò prima verso i compagni che pure loro sembrarono aver vinto la loro battaglia, per poi guardare verso l’orda, facendosi prendere da uno sconforto quando capì che erano troppi per loro, e che le difese che dovevano respingerli ormai erano squarciate e sparpagliate permettendo al nemico ancora numeroso una facile penetrazione verso la città in macerie. Ma poi, quando tutto sembrava ormai perduto, un’inaspettata e poderosa cavalleria li raggiunse, mostrandosi come il Deus Ex Machina che arrivava a salvarli all’ultimo secondo, proprio quando la vittoria sembrava tanto vicina da poterla afferrare, ma irraggiungibile per quel misero gruppo di coraggiosi senza un ultimo valido aiuto. Frecce da ogni dove presero alla sprovvista l’orda trafiggendo numerosi corpi in decomposizione, lame rapide e letali mozzarono teste e possente artigli squarciarono le membra in decomposizione, e uno dopo l’altro i nemici perirono sormontati da quella forza travolgente.
    Sollevato dal pensiero che quell’incubo fosse finalmente finito, almeno per il momento, la sua preoccupazione andò hai feriti, e con lo sguardò che viaggiava rapido fra i detriti e le macerie causate dalla cruenta battaglia, cercò Revair quello che fu il suo compagno per i primi momenti di quell’incubo, e se fosse riuscito a trovarlo, avrebbe lasciato gli anonimi soldati alle sue spalle per correre verso di lui e constatare la gravità delle sue ferite.
    Avevano già perso Vorel e molti altri dei suoi compagni, e se c’era una possibilità anche minima di salvare un’altra vita, Umbrella avrebbe fatto di tutto pur di non perderla.


    UmbrellaEnergia: 25%
    Stato fisico: infreddolito, leggeri dolori in tutto il corpo
    Stato mentale: furioso, concentrato
    Passive:
    Blink: Il mix di grande abilità e esperienza ha permesso ad Umbrella di conoscere i limiti e le capacità massime delle sue abilita da raggiungere un livello tale da permettergli di plasmare l’elemento del vento e le tecniche illusorie in un battito di ciglia
    [Instant casting]
    Radar: Il dover lavorare spesso in ambienti pieni di pericoli dietro ogni angolo, l’ha reso un eccellente osservatore e ascoltatore permettendogli di percepire chiunque si trovi nella sua sfera prossemica.
    [Raggio visivo e sonoro ampliato]
    Keep calm and reflect: prima di ogni combattimento, riesce a concentrarsi in modo da controllare al meglio ogni cosa che lo circonda. permette un 10% di energia in più iniziale.
    [+10% Energia Massima]
    Equipaggiamento:
    Umbrella – X768: Arma semiautomatica d’agente con anima in anti-materiale a recupero di gas con rivestimento del passaggio dell’aria in lamiera d’acciaio con collegamenti in cross-pin. La carica d’aria viene incanalata e pressurizzata in proiettili d’aria a rilascio in tre modalità: proiettile calibro 50. BMG, colpo ad aria ravvicinato per azioni di movimento e colpi a bruciapelo. Camere a vuoto create artificialmente nelle vene dell’ombrello con fori di incanalazione ad argento e mercurio permettono un istantaneo fluire dell’aria pressurizzata rendendo impercettibile il tempo tra la pressione del grilletto e l’uscita del colpo dalla punta. Rivestimento in carbonio con retina di titanio a “X” separata per ogni una delle 8 sezioni simmetriche dell’ombrello, conferendo cosi una elevata resistenza di perforazione sia hai proiettili che contro gli urti. Le 8 costole dell’ombrello presentano una affilatura forgiata a laser con lama al nanometro. Ha una lunghezza di 110cm e un peso complessivo di 6Kg.
    Slot I:
    Slot II:
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    L’alba vana mi coglie
    sull’angolo deserto di una strada;
    sono sopravvissuto alla notte.

    Le notti sono onde altere:
    onde di tenebra blu,
    dalle cime incombenti,
    cariche d’ogni sfumatura
    del bottino abissale,
    di cose incredibili e desiderabili.

    Le notti offrono sempre
    misteriosi regali e rifiuti,
    cose metà cedute, metà trattenute,
    gioie con un emisfero cupo.
    È così che si comportano le notti,
    te lo giuro.

    I flutti, quella volta, mi hanno lasciato i soliti relitti,
    i consueti detriti: qualche amico aborrito per parlare,
    musica per i sogni, e il fumo di ceneri amare.


    — Jorge Luis Borges



    { Koldran, Valiinorê }
    Tutti

    L’aurora pervase la vallata col proprio splendore irreale.
    La luce del mattino diradò le tenebre, ma non cancellò le tracce dell’incubo da cui Valiinorê si era svegliata: i raggi solari lambirono le macerie ancora fumanti, i cadaveri putrefatti, la neve lorda di sangue e gli scheletri smembrati. I non-morti abbattuti restarono accatastati in pile nauseabonde e gli edifici rasi al suolo continuarono a giacere nella polvere. I lamenti dei feriti rimbombavano per gli androni delle mura perimetrali, così come le lacrime di chi aveva visto morire amici, compagni, familiari e consorti.

    Valiinorê aveva vinto, ma il sacrificio richiesto era stato smisurato: in una sola notte erano stati cancellati mesi di lavoro e centinaia di vite. Tra i caduti si annoveravano i draghi Tiamat e Nidhogg, i kitsune Baru e Sayuri, nonché il prode Marcus Smith – il Re Leone che aveva tenuto unito il fronte della resistenza nei momenti di maggior crisi. Molte altre esistenze meno note si erano spente, ciascuna dopo aver contribuito nella sua piccola parte al trionfo comune: garzoni dello “Shivering Skeleton” che si erano improvvisati scudieri, guerrieri Uthgardt speranzosi di raggiungere il Valhalla per ricongiungersi ai propri avi, agenti stranieri mandati a morire lontano dalla propria patria, e perfino un gigante di Amnos che si era immolato sigillando col proprio corpo la voragine aperta da Wilhelm in un tratto della cinta muraria. Il barbaro Fagnürr - in stato febbrile per l’amputazione del braccio - avrebbe appreso da Ottar del sacrificio di Vorel e delle condizioni critiche in cui versava il suo capoclan Revair, che aveva incanalato una quantità eccessiva di potere per intercessione di Sleipnir.

    Per quanto ogni impresa degna di tale nome esigesse un tributo di sangue, la crociata per estirpare la Piaga dei Non-Morti aveva gravato sul Presidio Nord come poche altre calamità, paralizzando la società settentrionale sotto una cappa di terrore incondizionato. L’indifferenza di Najaza e dei Presidi confinanti aveva aggravato la sciagura a tal punto da portare il popolino alla rassegnazione per il proprio destino.

    Nella notte buia e siderale si era però accesa una stella solitaria, incarnata da quel giovane che tempo prima si era avventurato nella Calaverna del Pettirosso. Per quanto un’unica stella non potesse illuminare da sola la volta celeste, essa poteva comunque assumere un ruolo pivotale – ovvero indicare la via da seguire per orientarsi nelle tenebre. Una dopo l’altra, centinaia di altre stelle si erano aggregate a quella costellazione, rifulgendo a sufficienza da plasmare un sole che aveva attirato a sé perfino tutti gli astri dell’Uthgardt.

    Uniti come le stelle di una galassia, i popoli del Nord avevano respinto i Re Lich.
    Il Settentrione sarebbe stato grato in eterno ai Martiri che si erano sacrificati e agli Eroi che avevano militato in quella campagna disperata. Valiinorê era sopravvissuta grazie a loro, consegnando alle generazioni future la promessa di un avvenire migliore. Negli anni a venire avrebbero brindato a tutti voi, coraggiosi avventurieri e generosi combattenti.

    A voi, che al Gelo della Morte
    avevate opposto il Calore della Vita.

     
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