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.Lady Rynnelthalas e lo Skeksis (ben poco) riluttanteRynnelthalasNarrato - «Parlato»
Il vento soffiava sotto forma di una brezza calda e avvolgente, che scuoteva le fronte degli alberi e accarezzava la superficie di un piccolo lago. C'era un'ampia radura, situata nel mezzo di due basse colline, che si aprivano sulla sponda del bacino d'acqua, in una spiaggia di terra scura decorata da arbusti e sassi levigati. C'era un grande albero, e sotto di esso un masso, e seduta sul masso una figura estranea a quel mondo, ma che cercava in ogni modo di diventarne parte. Assomigliava a un'elfa, molto bella di aspetto, con la pelle vellutata e le forme suadenti. Un rosso crine, sciolto e fluente, incorniciava un viso grazioso, con labbra rosse, un naso ben fatto e occhi luminescenti, dorati sia nella sclera che nell'iride. Mentre le lunghe orecchie sembravano voler dare alla creatura un'origine silvana, la coppia di grosse corna nere dicevano tutt'altro. Ed erano agghindate da bracciali dorati, e da numerosi ninnoli gemmati, dai vari colori.
Cantava con voce melodica, e il suo canto aveva richiamato alcune creature. Un tasso si era seduto a pochi metri da lei, e una papera, e alcuni passeri. Ascoltavano il suo dolce canto, che parlava di cose lontane, e passate. Raccontava di cose buone, dell'amore degli dei, della bellezza della vita, del conforto della morte. Alternava note lunghe e malinconiche a vocalizzi leggeri e ritmici, cadenzati in brevi e veloci ritornelli. Ogni tanto cantava di un qualche nuovo nome, sconosciuto su Endlos, ma ben nitido nel suo cuore. Cantava di persone che le erano state amiche, e che poi avevano restituito il loro corpo alla terra. E di persone che aveva salutato, per non rivedere mai più.
Il vento le scuoteva la lunga chioma, ma lei non se ne curava. Le piaceva quel posto. Le ricordava un luogo simile, vicino a casa sua. E le piaceva la compagnia di quel piccolo gruppo di animali, con cui condivideva le sue storie. Loro, probabilmente, non potevano capirla, ma quello era il pubblico che gli dei le avevano concesso, e di buon cuore la bella Rynne non se ne lamentava. E continuava a cantare, riempiendo la radura del suo dolce canto.Info Pg
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Uno dei doni che gli dei hanno fatto al nobile drago è quello di poter assumere una forma simile a quella dei suoi sudditi, in modo da poter girare in mezzo a loro. La sua nuova forma ricorda alcune delle sue qualità draconiche a causa delle corna e degli occhi dorati, che rimangono tali e quali, anche se adeguati alle nuove dimensioni, ma per il resto Ryn appare come un'elfa dal corpo femminile e giovane, con una voce suadente e melodiosa.Tecniche Utilizzate:
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.Lady Rynnelthalas e lo Skeksis (ben poco) riluttanteRynnelthalasNarrato - «Parlato»
Un nuovo visitatore giunse nella radura, incrementando il suo piccolo pubblico. Rynne lo osservò con sguardo curioso ma attento, indagatore, con quei suoi occhi dorati e luminosi che trasmettevano nobiltà. Non smise di cantare, anzi, intonò nuove parole che parlarono di come le divinità avessero creato il mondo, di come lo avessero popolato di creature peculiari e difformi, di come avessero camminato fra di loro per secoli, prima di affidare le loro creazioni ai rispettivi guardiani. E poi la tragedia, quando le razze mortali si ribellarono ai propri custodi, scegliendo di vivere una vita di guerre, affrontando carestie e pestilenze senza alcuna protezione, scegliendo la morte come compagnia. Le note si fecero cupe, la voce sempre più bassa, finché il suono si estinse in un sospiro. Quando smise di cantare gli animali si scossero dal loro torpore, alcuni sgattaiolarono via, altri volarono verso il grande albero.
«Salute, viaggiatore.»
Esordì la donna, sorridendo alla creatura di cui vedeva il primo esemplare per la prima volta.
«Confido che la canzone della genesi ti sia piaciuta, o non saresti rimasto ad ascoltarla. È una storia dolce ma triste, che descrive la miseria della natura mortale, quando coloro che la abbracciano decisero di non voler più sottostare alle leggi divine, ribellandosi e scegliendo la morte come unica meta.»
Sospirò, e aria calda fuoriuscì dalle sue labbra, rosa e morbide. Poggiò le mani sulle ginocchia e continuò a scrutare quel viso da avvoltoio, chiedendosi chi o cosa fosse. Endlos era un pozzo di conoscenza, e lei non si tirava mai indietro quando c'era da apprendere, dato che la ricerca del sapere era parte della sua natura divina.Info Pg
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Uno dei doni che gli dei hanno fatto al nobile drago è quello di poter assumere una forma simile a quella dei suoi sudditi, in modo da poter girare in mezzo a loro. La sua nuova forma ricorda alcune delle sue qualità draconiche a causa delle corna e degli occhi dorati, che rimangono tali e quali, anche se adeguati alle nuove dimensioni, ma per il resto Ryn appare come un'elfa dal corpo femminile e giovane, con una voce suadente e melodiosa.Tecniche Utilizzate:
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Rispose con n sorriso piuttosto delicato, mentre una mano andava a posarsi sulle labbra, simile a una carezza. Lo osservò con attenzione, sembrava sul punto di compiere un qualche gesto. Il suo intuito non la mise in guardia, dopotutto si sentiva molto sicura di sé, persino in quel mondo sconosciuto. Non aveva ancora trovato nessuno di ostile, e perciò le mancava la cautela, tipica manifestazione di chi era abituata a stare sopra tutto e tutti, sia al potere che nella catena alimentare.
«Come sai... cosa?»
Lo guardò perplessa, non sapendo cosa aspettarsi.
«In questo mondo la storia della genesi non viene insegnata?»
Aveva uno strano modo di fare, quel rapace antropomorfo, e Rynne si sentì in dovere di catalogarlo, in qualche modo, nei propri schemi mentali. Chi era? Da dove veniva? E soprattutto, cosa stava facendo, avvicinandosi sempre di più, con quel suo sguardo così intenso e penetrante?
«Io sono? Sì, io sono. Sono Rynnelthalas, viaggiatore. E ti ringrazio per l'ardito complimento.»
Si alzo, lasciando che le gambe reggessero il peso del suo corpo elfico. Mosse qualche passo in direzione del suo interlocutore, cercando di dare un senso alle sue manifestazioni di cordoglio e di imbarazzo. Non le capiva, e non capiva cosa intendesse per "simile a me". Non possedeva più i poteri di una volta, il risveglio a Endlos l'aveva intorpidita e resa debole, ma in attesa di ritrovare la forza mancante, sfruttava altri sistemi. E così, fattasi vicino all'avvoltoio, allungò una mano al di sotto del suo becco, cercando, se l'altro glielo avesse permesso, di sollevare il suo capo, in modo da poterlo fissare dritto negli occhi e concedergli, ancora una volta, un assaggio del suo sguardo dorato.
«Cosa hanno visto i tuoi occhi? Cosa hanno scrutato, da spingerti a chiedermi scusa?»
La mano accarezzò il suo collo, scendendo sulle vesti e andando a lisciare le sue vesti, come se tramite il tocco potesse carpirgli ogni segreto. Eppure non era un tocco invasivo, ma dolce, gentile, premuroso. Una madre che dava attenzioni ad una delle sue creature. E poi lo lasciò andare con un guizzo leggero, facendo un passo indietro e inchinandosi in avanti, come a voler avvicinare i loro volti. Ancora un poco e avrebbe potuto baciarlo sulla punta del becco. Ma si limitò a fissarlo intensamente.
«Se dici di essere come me, sei dotato di una natura divina. È questo che intendi? Lo sei? Oppure il mio intuito mi inganna? Se vuoi fare ammenda per qualcosa, sii parola e guida. Voglio sapere chi sei, perché sei qui, e cos'è questo mondo di nome Endlos, che mi ha rapito dalla mia vera dimora, naufragandomi nell'incertezza.»
Parlò lentamente, scandendo bene ogni parola con la sua voce limpida e musicale. Non sapeva il motivo di tanta abnegazione, ma era sua abitudine dare a ciascuno ciò che desiderava, e se quell'essere voleva esserle in qualche modo in debito, lei non gli avrebbe detto di no. Non era poi cosa nuova, per lei, provare rispetto e considerazione da parte dei suoi sudditi. E in passato, quel lontano passato che ancora annebbiava la sua mente, molti avevano giurato di servirla, offrendole vita e servigi.Info Pg
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Uno dei doni che gli dei hanno fatto al nobile drago è quello di poter assumere una forma simile a quella dei suoi sudditi, in modo da poter girare in mezzo a loro. La sua nuova forma ricorda alcune delle sue qualità draconiche a causa delle corna e degli occhi dorati, che rimangono tali e quali, anche se adeguati alle nuove dimensioni, ma per il resto Ryn appare come un'elfa dal corpo femminile e giovane, con una voce suadente e melodiosa.Tecniche Utilizzate:
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«Hai notevoli poteri, per aver scorto ciò che questo corpo cela.»
I suoi occhi si assottigliarono, la luminescenza dorata si affievolì, mentre le iridi si focalizzarono su quegli occhi neri e misteriosi.
«Ma non per vergogna, quanto per correttezza, ho assunto questa forma. Io non sono di questo mondo, e non voglio mutarne gli equilibri. Palesare il mio aspetto potrebbe incutere timore e causare incertezza nei popoli di Endlos. Gli dei mi crearono per mantenere l'equilibrio, e ciò intendo fare. Questo aspetto mi è congeniale, finché non avrò capito qual è il mio ruolo in questo nuovo mondo, di cui sono al momento ospite.»
La creatura si presentò e ricambiò il tocco. Rynne sussultò lievemente quando sentì quella presa gelida sulla propria pelle. E quando lui le passò la lingua sulle labbra, un atavico istinto le suggerì di mordere, impulso bestiale che venne represso con la ragione e un autocontrollo di centinaia di anni.
«Sei audace, skekDor, signore di Thra. Ma è un piacere anche per me fare la tua conoscenza. Sono convinta che mi sarai di aiuto.»
Fece un passo indietro, ritrovando la giusta distanza, e con un saltello elegante si ritrovò a sedere sul suo masso, le mani lungo i fianchi, i palmi sulle ginocchia. I passeri ripresero a cinguettare, come se la situazione si fosse scongelata e il tempo avesse ripreso a scorrere. Rynne sospirò, un lieve sbuffo di vapore uscì dalle sue labbra, accarezzate dalla sua lingua come ad assaporare ciò che restava di quel contatto con il rapace. Una sensazione strana, atipica, attraversava il suo corpo. L'aspetto della vita sapeva riconoscere qualcosa che trascendeva la vita stessa. Non le servirono i suoi poteri di un tempo per capire che skekDor era differente da un comune mortale, se non per la dimostrazione di conoscenza che aveva mostrato di possedere.
«Bene, allora. Ti sei offerto per un giorno, e un giorno ti terrò impegnato. Con il tuo consenso, dunque, vorrei sapere di questo mondo. Cos'è Endlos? Dove si trova? E chi lo governa? Affinché possa mantenere il mio ruolo di guardiana ho bisogno di conoscere la bilancia di questo mondo, capirne gli equilibri in modo che la mia presenza non li infranga. Mi hanno detto che sono una naufraga, e quindi deduco di non essere la prima. Puoi darmi conferma di questo, skekDor?»Info Pg
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Sembrò collaborativo, e Rynne ne fu grata. Trovare qualcuno la cui conoscenza fosse adeguata ai suoi bisogni era tutto ciò che le interessava. Dopo giorni passati in quella selva, a vagare e cacciare, la sua percezione di Endlos cresceva, e così le sue domande. Domande alle quali skekDor poteva parzialmente rispondere. Lo ascoltò pazientemente, lo sguardo incollato al becco della creatura finché non smise di elencare le peculiarità del loro nuovo mondo. Rynne riafferrò il testimone del discorso, dopo un sospiro che poteva benissimo durare un secolo.
«Possibile che gli dei di Endlos lo abbiano abbandonato a sé stesso? Chi se non le divinità può aver creato un mondo così strano e atipico?»
Per lei era così naturale che a stento prevedeva un diverso contesto.
«Dovrai continuare a cercare, skekDor, io temo. E anche io.»
Sbuffò, incrociando le mani sul petto e sollevando gli occhi verso le fronde del suo albero. I passeri cinguettavano allegramente e il drago li invidiò, così semplici e con così pochi pensieri. Erano anch'essi naufraghi, come lei e il rapace? Di sicuro non si ponevano tutti gli interrogativi che si era posta lei nelle ultime giornate.
«Gli umani sono una stirpe benedetta. Nel mio mondo, così come in questo, riescono sempre a prosperare, nonostante la loro natura inferiore. Hanno scelto di rinunciare all'immortalità per seguire la propria strada e gli dei li hanno assecondati, sulla base di un libero arbitrio che è più una condanna che un lustro. Ho governato duecento anni sulla mia Valle prima che i miei sudditi scegliessero di abbandonarsi a sé stessi. Forse sono stata punita, perché ho deciso di assecondare il loro desiderio di potere. Non mi sono mai opposta ai cambiamenti, li ho sempre accettati come parte della mia natura di custode dell'equilibrio, ma forse avrei dovuto intervenire, e distruggere ogni ribellione sul nascere. Penso che non saprò mai cosa ne è stato del mio popolo, o cosa ne sarà, senza la mia guida. Le loro vite sono misere, i loro giorni brevi. Non hanno una visione di insieme. Brancolano nel buio delle loro limitate emozioni. Non hanno la saggezza degli antichi e perciò non possono davvero essere dominatori... eppure, tu mi dici, governano Endlos, relegando quelli come noi a ruoli minori?»
Il suo lungo discorso si concluse con uno schiocco della lingua, molto sibilante, quasi come se la sua vera natura fremesse per uscire.
«Allora è proprio vero che la giustizia si è invertita anche su Endlos. Questo, dopotutto, mi sembra il luogo adatto all'esilio, per i figli degli dei.»
Ma lei si sapeva adattare. Sarebbe sopravvissuta, in attesa del suo momento, se mai fosse capitato.
«Devo farti una domanda, figlio di Thra. Dopo il naufragio hai avvertito una perdita dei tuoi poteri?»
Secca e diretta, come al solito, non si perdeva in lunghi giri di parole quando voleva sapere qualcosa. E la domanda in questione era molto importante per lei. Sentiva il suo fuoco sacro così fievole, e i suoi poteri di aspetto della vita ormai sopiti.
«Recupererò la mia forza di un tempo o sarò costretta a vivere come una semplice bestia parlante per il resto dei miei giorni?»
Sorrise, sarcastica, incrociando le braccia dietro la schiena e stiracchiando le lunghe gambe umane.
«Non si è mai visto un aspetto della vita incapace di evocare i propri poteri. Mio caro compare divino, temo che dovrò fare attenzione: se è vero che esistono altri come noi, la mia vita potrebbe essere in pericolo?»
Mettendosi il problema dimostrò umiltà e saggezza. Fino a quel momento non si era posta problemi riguardo la propria sopravvivenza, essendo abituata a dominare sugli altri, ma dopo aver conosciuto skekDor il suo mondo ristretto si ampliava, e la conoscenza portava ad aprire la mente alla ricerca di nuovi modi di pensare.Info Pg
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«I proprietari?»
Lo osservò perplessa, chiedendosi chi potessero essere i veri dominatori di Endlos, se fosse vero quel che diceva skekDor sul loro possibile ritorno, o se magari non fossero spariti per sempre, lasciando dietro di sé chaos e anarchia. Il pensiero fu sostituito dalla cruda immagine che il rapace suscitò nella sua mente, quella di un mondo inondato di sangue. Una simile scena scaturì in un moto di disagio che cercò di nascondere.
«Ogni popolo gestisce le proprie crisi come meglio credere. Non spetta a me decidere cosa sia giusto o sbagliato nelle altrui vicende.»
Non rispose ad una domanda precisa, ma parlò più a sé stessa che all'altro, dimostrandosi neutrale. Nonostante il suo animo fosse benevolo, sapeva che la neutralità era un valore imprescindibile da ogni giudizio. Ma persino nella sua distanza, non riuscì a non storcere il naso quando udì il termine "feccia". Più volte aveva considerato i mortali come creature inferiori, ma mai come feccia. Lei amava le sue creature. Sì, le aveva amate dal profondo del cuore.
«skekDor, quindi tu usi i tuoi poteri per assoggettare i mortali?»
Una domanda che nascondeva molti significati. Ma prima ancora che potesse risponderle, giunsero altre verità, piuttosto scomode. Lasciò che la sua presa sulla spalla le trasmettesse una nuova ondata di gelo, ma senza scomporsi, e lo ascoltò fino alla fine.
«Io non sono mai stata onnipotente. E penso che nemmeno tu lo sia stato. Solo i veri dei possono dirsi onnipotenti. Sei forse tu un dio?»
Parlò con severità, volendo almeno in quello render giustizia ai suoi creatori.
«Finché non agiamo contro di loro, non abbiamo nulla di cui temere. Non sono giunta su Endlos per portare conflitto, e mi asterrò dal combattere contro questi individui. E ti rammento, skekDor, come ti dissi poco fa, che questa forma mi è di comodo. Non ha a che vedere con i miei poteri. Passerò inosservata come una brezza che accarezza uno specchio d'acqua, finché non avrò deciso come schierarmi negli equilibri di questo mondo. Alle creature divine non spetta il compito di portare scompiglio nell'equilibrio di un sistema che non gli fu fin dal principio affidato. Non prima di averlo compreso a fondo. È la regola della neutralità. Il piatto della bilancia deve restare sospeso, sempre.»
Sospirò, sollevando lo sguardo verso l'alto. Il cielo era di un bell'azzurro, e l'orizzonte era nascosto dalle fronde degli alberi di Fanedell.
«Piuttosto, dove posso trovare la conoscenza che cerco? Voglio sapere tutto quel che c'è da sapere su Endlos e su coloro che lo abitano. Questo è un popolo di naufraghi, giusto? C'è un nesso logico che collega chi giunge su questi lidi o anche in questo c'è completa casualità? Questo mondo ha forse una sua volontà e sceglie chi richiamare a sé, o sono in atto potenze estranee ad esso? Ho bisogno di queste informazioni. Devo sapere.»
Lo disse con un impeto tale da trasmettere tutta la sua incolmabile sete di conoscenza. Sapere era potere, dopotutto. Non che lei ricercasse l'onnipotenza, ma nella sua saggezza ben capiva il bisogno di discernere. Lei era un giudice, dopotutto, e nel profondo del suo cuore si celava l'ardente desiderio di comprendere e distinguere il giusto da ciò che invece non lo era.Info Pg
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Era dunque ben diverso, skekDor, da ciò che un tempo era stata Rynnelthalas, aspetto della vita e guardiana dell'equilibrio, sovrana della Valle. Più parlavano, e più la draghessa comprendeva la natura del suo interlocutore quale divinità dedita al vezzo e al perseguimento dei propri interessi, viziata e superba. Mentre lei non dava eccessivo peso alla perdita del suo status, in quanto capace di adattarsi, lui sembrava aver preso a cuore la perdita dei suoi sottoposti, più come un collezionista soffre per non essere in grado di completare la propria collezione. Lo comprese quando lui allontanò la mano, e rispose con prontezza, fin troppa. Eppure, nonostante fossero così diversi, lei non era il tipo di individuo pronto a giudicare il suo prossimo, seppur distante in interessi e intenti.
«Perché non dovrei crederti? Non mi sembri un millantatore. I figli degli dei sanno bene che la verità è l'arma più potente a loro disposizione, e vedo che anche tu la usi senza metterti scrupoli.»
Gli sorrise dolcemente, lasciando che il suo sguardo si crogiolasse un po' della sua vista. Una creatura così singolare meritava tutta l'attenzione del drago, nonostante tutto. Da secoli aveva trasceso la cognizione di bene e di male, portandosi al di sopra di simili moralità.
«Ma non fraintendere le mie parole. Non sono contraria al tuo modo di agire. Ogni creatura deve seguire il proprio scopo, la propria natura. Da ciò che racconti, io credo di aver compreso che tu sei un dominatore. Sei stato creato per stare in cima alla piramide, e se gli dei hanno così deciso, c'è un motivo. La cosa che più mi par strana è che su queste lande ci sia uno sconvolgimento tale che persino gli dei siano costretti a stare al pari degli umani. Forse la mia ricerca di sapere mi porterà alla conclusione che purché l'equilibrio sia rispettato, agli dei venga restituito il loro giusto potere. O forse sarà il contrario: potrei scoprire che su Endlos vige una legge differente. Dopotutto, io credo, esiste un motivo per cui esseri superiori siano qui giunti contro la propria volontà. Una punizione, forse. Un giudizio che siamo costretti ad accettare, nell'attesa che ci venga restituita la dignità che abbiamo perso. E quando riavrò i miei poteri, potrò fare qualcosa per la tua schiena, skekDor.»
Non aveva perso di vista i suoi movimenti, infatti. Anche se dubitava che il suo fosse un semplice problema muscolare, quanto qualcosa derivante dalla sua stessa natura, non simile alla vita che lei conosceva in quanto tale.
«Devo confrontarmi con altri come noi. E con i sovrani di questo mondo. Devo capire perché sono qui e cosa devo fare, e sono convinta che la mia ricerca mi porterà a qualcosa. Forse troverò delle risposte che tu non sei stato capace di cogliere, perché distanti dalla tua natura. O magari inciamperò in quel manoscritto di cui parli.»
Portò una mano alla bocca, in un elegante modo di nascondere il proprio sorriso. I suoi occhi dorati dardeggiarono verso di lui, a sondarne ogni possibile reazione.
«E cosa mi dici di coloro che ti hanno spinto qui? Perché hai attirato il loro disappunto, finanche fosti esiliato? E com'è possibile che un dio, quale tu sei, possa essere esiliato, innanzitutto? Perché non hai usato i tuoi poteri per ribellarti, se così volevi?»
Una domanda scomoda, ma necessaria per capire meglio il suo interlocutore. Rynne avrebbe testato quel suo simile con l'arma della verità, tanto decantata poco prima. Era davvero un orgoglioso dominatore, fiero e capace, oppure aveva anch'egli fallito nel suo ruolo? O qualcuno più forte di lui ne aveva preso il posto, cacciandolo dal suo mondo? La curiosità della draghessa era senza confini.Info Pg
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