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E non potesti più fuggire
Da quell'incubo
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Dirigendosi al Bazar delle Talpe, il gigantesco mercato che domina la città della rovina, il cavaliere si chiese se lì avrebbe ottenuto le informazioni che richiedeva. O, se no, se almeno avrebbe trovato degli indizi che lo potessero condurre su una strada per la tappa successiva.
Qualcuno una volta disse <una delle tante regole non scritte di Merovish suggeriva di non fare mai domande in giro.>. Ma per lui, ciò era proprio quel che gli occorreva: non sapeva come o dove muoversi, e non aveva idea di chi fossero le colonne d'ogni presidio.
Aveva bisogno di sapere, e quindi non poteva esimersi dal richiedere.
Certo, sulle prime aveva riscontrato problemi di ben altra natura: il pagamento, ovviamente, e la possibilità di ricevere false notizie erano solo alcuni di questi, ma comunque fondamentali perché la sua ricerca si arrestasse appena iniziata.
Aveva ipotizzato di partecipare ad incontri clandestini, o direttamente nell'Arena Nera, pur di racimolare il necessario, e non ne avrebbe di certo disdegnato nulla. Sarebbero stati allenamenti e modi per mettersi alla prova, oltre che per farsi un nome e riuscire quindi a muoversi con più facilità per quelle strade oscure.
Probabilmente, il più adatto per i suoi scopi sarebbe stato il Distretto della Fame, sede al dire degli abitanti, della fetta più nera della popolazione; tuttavia, in quel mentre, il Silenzio vagava per la via principale del Distretto delle Ceneri. Il luogo adatto, aveva supposto, per richiedere dettagli sull'altra sua missione: l'individuare altri portatori di quell'arma e quell'armatura delle quali si fregia.
E quindi eccolo, camminare per quei sentieri, dritto e tranquillo, come fosse di casa. Imponendo i suoi quasi due metri di altezza ed il metallo che lo ricopre, privo di oggetti di cui essere privato; volgendo lo sguardo a destra e sinistra, cercando il bazar o il luogo che lo ispirasse maggiormente.. -
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Di tutti gli esseri che avrebbe potuto incontrare, di certo il Cavaliere non si sarebbe aspettato un qualcosa di… così. Dopo la rossa freccia, la parabola illusoria, e la bestia figlia degli Dei, ecco palesarsi davanti ai suoi occhi una sorta di rapace, parte uccello e parte rettile, di sgargianti tonalità di viola; apparentemente messo male, vecchio e sull'orlo della tomba, appariva più come un cadavere che camminava.
E tuttavia, era vispo e arzillo come un giovincello.
Un giovane ricoperto di vesti sfarzose e gioielli luccicanti, ma pur sempre non certo un vecchietto.
Le apparenze ingannano, si dice, e nel caso di quei due frase non fu mai più vera.
Così, colui che di metallo si rivestiva, si fermò; di fronte l'uno all'altro, ponendosi in disaccordo ed opposizione, intralciavano le opposte strade e non ebbero desiderio di spostarsi ulteriormente.
In silenzio, il cavaliere si bloccò ad osservare l'essere, senza malizie o arroganze date dall'aspetto o dalla corporatura; e non certo per colpa di quel palese e per nulla efficace tentativo di sorridere, che non fu per nulla un successo, egli decise di non proferir parola; in silenzio, si chiese cosa quella creatura cercasse, o desiderasse, da lui.
Un immortale cavaliere alla ricerca di vendetta, che ha ricevuto i suoi poteri dall’armatura che indossa, e un Dio ripudiato e fuggitivo che cerca di riottenere la grandezza e la giovinezza.
Si erano incontrati per pura casualità in quelle strade polverose, e forse avrebbero entrambi ottenuto qualcosa di prezioso dall'altrui.
Ma, per il momento, il rapace non ricevette altro se non sguardi curiosi e dubbiosi, attraverso l’elmo chiuso; e con essi, venne osservato in ogni dettaglio che l'apparenza potesse fornire, così da ricercare nelle sue doti le ragioni di quell'incontro.. -
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Nel gioco di specchi, l’osservarsi si mutò, in bisogno e necessità. Nel silenzioso scambiarsi sguardi e pareri, in paziente attesa di comprendere; dell'altrui mossa inaspettata, che soddisfasse la curiosità creatasi.
Ed il tutto si tradusse in una muta ricerca.
Fu il rapace, dalla lunga coda di rettile, a proferir verbo per primo; ed alle sue allusioni, seguirono risposte e domande.
Il cavaliere attese, quei brevi istanti necessari per comprendere e creare nella sua di lui mente nuovi dubbi. Poi, s’espresse con toni semplici e limpidi, di voce che non tradiva vecchiaia o difetti, malattie o sentimenti.“Parole per uccidere. Uccidere per le parole.”
Consapevole, di quanto malfamato fosse il dire di quella città, e dei suoi distretti, sapeva che quei due termini particolari avrebbero potuto portare ad un ingaggio, o alla battaglia, all'abbandono ma anche al riconoscimento.
E, dopotutto, decise comunque di tentare, nonostante l'aspetto, l'alito, il sorriso cadente e il vestiario da vagabondo facente parte di un circo; poiché finalmente qualcuno gli aveva rivolto la parola. E quel qualcuno, ne aveva anche riconosciuto parte della natura, e ciò poteva essere sia sinonimo di male che di bene.
Occorreva indagare, e, nel caso, far cadere la lama del Silenzio su di quella pelle cadente e sulle purpuree piume.“Informazioni. Conoscenza, il sapere; del metallo e degli Dei.”
Cedette con consapevolezza e decisione, alcuni dettagli, per porre un freno al destino, e al contempo accelerare il corso degli eventi.
Rimanendo diritto, muovendo sol lo sguardo ed il capo, osservò nuovamente ed ancora la forma dello sconosciuto. Chiedendosi chi e cosa fosse, e che cosa cercasse da lui. Lì, fermi nel mezzo della folla, nella strada che divideva quel Distretto in due.“Essere. Conosci questa mia forma? È per questo che richiedi dell'immortalità, e di cosa io voglia compiere in queste lande?”
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Ponendosi ben oltre ciò che gli competeva, in quanto estraneo e sconosciuto, il rapace rettiliforme si rese partecipe di effusioni fisiche nei confronti del cavaliere. Pose i lunghi artigli per carezzare l'armatura, innalzandosi persino di modo che la differenza di altezza svanisse, e scambiò sguardi negli occhi con cotale trasporto che parea desiderasse selezionarlo ed portarglisi dentro.
Aggrottò lo sguardo, l'essere ricoperto di metallo, osservando le altrui mosse, senza che però tale gesto venisse scorto attraverso l’elmo. Era, lui, una creatura priva di emozioni e sentimenti, poiché su di essi il Silenzio era calato, e questo, forse, allo skeksis non sarebbe sfuggito.
Domande, richieste, sotterfugi; vennero presentati alle orecchie di colui che dal Silenzio era dominato. Colui che, ne divenne araldo e usufruitore, contro coloro che in precedenza lo furono.
Un prezzo, ovviamente, gli venne proposto; poiché nulla di gratuito esisteva per davvero nella città dei peccati eterni.
Un'offerta, fu presentata, in quanto nulla a lui poteva essere celato, e tutto era in grado di scoprire. L'ideale, per colui che della ricerca di informazioni aveva fatto l'attuale scopo di vita ed esistenza.“Potente. Se voi siete, realmente dotato di simili doti, sarete ciò che mi occorre, ma ditemi, qual prezzo esigerete, e fin dove potrete spingerci?”
Volutamente, glissando su determinate domande, e questioni, si concentrò sulle proprie, con egoismo calcolato, e silenzioso abbaglio.“Informazioni. Uno scambio di queste, è ciò che proponete? Notizie e dettagli, come moneta e come premio?”
Parve al cavaliere, equo scambio, e decise per cui, di stare al gioco; almeno per il momento, e nel futuro si sarebbe visto, e sol loro ne sarebbero stati testimoni.“Black. Questo è il nome, la prigione, che m’è stata assegnata, Signore del Cristallo.”
Dalla rossa freccia, che su Endlos lo accolse, e a Merovish lo condusse.“SkekDor. Ditemi, di voi, di chi e cosa siete, elargite conoscenza, e mostrate la vostra sapienza; come l’alfiere, le colonne di questo mondo, siate parte fondamentale, per me.”
E cosi, fu, che iniziò la compravendita e lo scambio, immersi nelle folle che il distretto riempivano, l'uno senza preoccuparsene, e l'altro senza ancora averci riflettuto.. -
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Rischiare o non rischiare, tentare, di compiere quel che nuocere avrebbe potuto?
Non perché non capisse, quanto pericoloso potesse essere, quell’oscuro figuro, un dio in forma di uccello e di rettile; similare ad altro, a ben ripensarci, che poco tempo addietro il cavaliere avea incontrato. E se ella si definiva Figlia degli Dei, costui che si autoproclamava Signore del Cristallo era forse un Dio in forma di carne?
L'inizio, dunque, si era prospettato ben più semplice di quanto non fosse in realtà quella conversazione.
E, d'altro canto, lo stesso Silenzio, che a quel punto aveva oramai abbandonato parte di ciò che la sua nomea significava, non fece molto per semplificarla; né per lui, né per l'altrui.“Domande come risposte, e risposte come domande. Può un’entità superiore scendere a terra, e comprendere i mortali? Può un immortale, innalzarsi al rango di divinità, finanche ad atteggiarsi come tale?”
Indizi e suggerimenti, di quel che sotto al freddo metallo si celava, di ciò che la mente nascondeva, e sotto al silenzioso nulla aveva riposto al sicuro.“Prigione. Un nome, non è altro che tale, una parola; che sprigiona nel suo significato un qualcosa di eternamente più grande. Può skekDor, rappresentare per intero, può il titolo di Signore del Cristallo, contenere appieno, quello che è il tuo essere?”
Ponendo domande e dubbi, elargí le risposte che il suo pensiero dettava, con libertà e senza preoccuparsi più di tanto degli effetti ch’esse avrebbero avuto. Poi, puntando nuovamente ai propri fini egoistici, ma dettatti da un volere più grande, si ricompose nella voce e nei toni per porre un quesito finale.“Può, un Dio, governare su di un mondo, senza ch’esso divenga forzatamente ostile a sé stesso, a chi lo governa, e ad altre realtà?”
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Il centro del discorso, si trasferì su Endlos. Il semipiano, misterioso, nel quale erano ricaduti esseri proveniente d'ogni genere di mondo; e con loro, le conoscenze, le realtà, le idee, e le informazioni.
Ascoltò con attenzione, le nuove parole, e si ritrovò a dirsi al contempo concorde ed in disappunto. Ciononostante, poich'egli non desiderava opporsi alle divinità che ivi regnavano, né tantomeno cambiarne i possedimenti, non dovette neppure fingere di preoccuparsene. Il suo scopo, nei loro confronti, perlomeno fino a che qualcosa di nuovo e di una certa importanza non fosse avvenuto, sarebbe stato il mero mettere alla prova le colonne portanti che reggevano quella dimensione.
Nulla di più, quindi, che un appunto aggiuntivo, per la missione e la vendetta; avrebbe comunque compiuto quel che si prefiggeva, che il tutto ne fosse volente o nolente, o che gli si opponesse con tutte le forze di cui disponeva.
Non sussultò, né compì gesti, all'altrui poggiare la zampa sull'armatura; si limitò a volgere il capo, per meglio osservare. Non sentì minaccia immediata, né pericolo sul momento, e non provò paura o terrore, ed in ogni caso non se ne sarebbe impensierito più di tanto, poiché, nel caso, ne avrebbe fatto calare sopra il silenzio sull'istante. Tutto quel che fece, fu il mentalmente prepararsi alla battaglia, al far cadere nel nulla qualsivoglia offensiva, e quindi all'allontanarsi con la velocità della voce ed imbracciare la nera lama.
Ma, confidava, non sarebbe stato necessario, cadere nelle barbariche abitudini dei mortali del darsi battaglia in ogni dove e quando. Poiché, non utile, per nessuno dei due."L'armatura. Io vivrei, combatterei, perché diverresti nemico. Essa colpirebbe, si difenderebbe. Essa è mera vestigia, arma, ma anche essere vivente. Essa, è viva. Vivo, io."
Non dovette far altro, il cavaliere, che rispondere; con la sempre presente sincerità, alle volte più o meno celata in arcani misteri, ma priva di minacce, poiché disse sol quel che arebbe avvenuto. E diede voce al Silenzio, che sui suoi pensieri dominava e calava.
Per poi, nel breve, ritornare al sé."Gli Dei. Di questo mondo, e gli Alfieri; quanti, chi, e dove, sono? Incontrarli, è il mio fato."
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L'utilità dell'artefatto, di relativo dubbio, dai molteplici scopi, divenne merce di scambio. L'armatura, di neri riflessi, ottenne attenzione, fu oggetto di curiosità; su di essa vennero posti gli occhi, e con essa ideati piani e malefici. Il rapace, si dimostrò più che desideroso d'indagarne gli interni, colui che la indossava, il possessore e posseduto.
Ed egli, quest'ultimo tuttavia poneva i vertici della propria curiosità su di tutt'altre ragioni; se da un lato aveva iniziato chiedendo di più sull'altrui, si era in seguito spostato sugli argomenti cardine, su quel che in origine voleva sapere. E tuttavia, le risposte né troppo né troppo poco spinte gli lasciavano di volta in volta sempre nuove domande.
Il velo di silenzio, che celava i suoi pensieri, che nascondeva il passato ed i segreti, pian piano si levava; lasciando spazio alle rivelazioni, così da poter ottenere in cambio il bramato.
E poiché il rettiliforme sugli Dei di quel mondo non seppe dirgli molto, ripiegò. E di quelli ch’ebbe conosciuto prese a narrare.
Il di metallo rivestito, volgendo il capo sul lato, alla propria destra, per la prima volta distogliendolo da skekDor, osservò il nulla delle bancarelle, oltre la folla che correva impetuosa. Quei pochi che si fossero fermati per osservare la strana coppia, non vi avrebbero trovato nulla di troppo eclatante. E, coloro che avrebbero tentato di derubare il guerriero, ne avrebbero tratto sol aria, poiché nulla possedeva; non che nessuno avesse compiuto il gesto, così allo stesso modo approfittando della distrazione di entrambi, un ragazzino decise di allungare un po’ troppo le mani verso la gonna e i possedimenti della divinità, per quel mentre sol attendendo di trovare il coraggio..“I gemelli. Loro, saranno presto miei obiettivi. E di loro, scoprirò ogni cosa.”
Ma, giunti a quel punto, dopo aver ricevuto qualche risposta, ed avendo appurato il punto di vista del Signore del Cristallo, era divenuto imperativo fare un passo indietro, e quindi tornare ad indagare sull'interlocutore.“Il passato. Lo rammento, fin troppo bene. E’ sede di ciò che mi ha reso quel che sono, fonte del mio futuro, e inizio del destino che è stato intessuto da, per, e con me.”
Non una increspatura, non una crepa, né nella voce, né nel tono o nella posa; egli, imperturbabile, parla e racconta, senza provar sentimento, poiché su di essi è già calata la fredda lama del muto Silenzio.“Ero, debole. Ero, fragile. Ero, impotente. Ho trovato la forza, e con essa la via.”
Non esisterà più nessuno, mai più, a testimoniare quel tempo; nessuno, a parte egli stesso, e coloro che colpevoli ne provocarono la fine.“SkekDor. Tornando al vostro, sta a voi; le vostre vesti certo potrebbero incutere timore, ma anche risa e sberleffi. Un Dio, può essere ed indossare ciò che più desidera, tuttavia, non potrete certo dirmi di non aver mai ottenuto l’effetto contrario, a causa del vostro aspetto, e di quel che vi portate dietro.”
Nuovamente, tornò a guardarlo, scrutandolo, immaginando le reazioni di chi lo avesse incontrato.“Scelta. La è davvero, una vostra, o altrui? E,il perché di essa?”
E a quel punto, il ladruncolo, decise di tentare il tutto per tutto. Forse, sapendo della sua di lui fama, sperava in un ricco bottino; forse, non aveva altra scelta; forse, era stato pagato, o assoldato, da nemici della futura vittima. Di fatto, ci provò, e non sarebbe toccata all’inconsapevole ed ignaro cavaliere la difesa; ma forse, l’inseguimento si.. -
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Rimestando i pensieri, e gli avvenimenti, riaccese i ricordi e le memorie; il cavaliere, dopotutto, non comprendeva se per quella divinità provasse simpatia o antipatia. Certo, era che, si dimostrò sapiente, e volenterosa di proseguire quello scambio, nonostante con l'ultima domanda postale ebbe un sussulto d'offesa, nonostante nelle parole non vi fosse traccia né di scherno né di ironia o sarcasmo, ma sol mera curiosità. Il Silenzio, mostrò accondiscendenza, per le rivelazioni scontate; il velo di mistero, d'altronde, occorreva perch'esse potessero mantenere il loro status.
Cadendo, la copertura, lo scudo, e mostrandosi nude agli occhi dei fedeli e del mondo, perderebbero gran parte del loro potere. Dimostrazione, la era, il rapace stesso medesimo.
Ed egli, dopotutto, si era mostrato da ambedue i lati; benevolo e fornitore di risposte, ma anche malizio e punitivo. Così, come diede atto di essere capace di ben altre conseguenze, in capo a pochi istanti, e Black, nonostante comprendesse l'ironia e il divertimento che ne potessero scaturire, al vedere la scena del ladrunculo non si corruppe; non mutò espressioni o modi, o la posa. E tuttavia, si compiacque delle scuse e motivazioni fornite dal rettiliforme."Denaro. Probabilmente, quello ricercava, ed anche io ne avrei occorrenza. Forse, l'Arena Nera, sarà un futuro passo della mia esistenza."
Aproffittando degli avvenimenti, colse la palla al balzo, diede altre informazioni, ed al contempo ne richiese con domande non dette. Salvo, poi, rispondere ai nuovi quesiti, ma prendendo in contropiede il fulcro del discorso."Abilità. Te lo dirò, forse, se tu darai tuttavia a me, un motivo, più grande, per continuare; l'origine, delle mie ricerche, è sita negli Dei e negli Alfieri che in questo mondo abitano, e ch'esso dominano; ed accettai questo scambio, il quale però inizia a divenire nebbia, fumo negli occhi, un qualcosa di cui si può fare a meno."
Il Silenzio sentiva di stare perdendo la via, percepiva di aver imboccato un sentiero sbagliato; e, sebbene quest'ultimo si sarebbe più tardi ricongiunto col principale, non trovava in quel mentre una scusa, del perché dovesse consentire al tempo di allungarsi a quel modo."Motivazione. Per proseguire, forniscimene una adatta, o trova di ché sfamarmi, ed in cambio avrai."
Ed il cavaliere, pose i termini, d'una sfida alla Divinità. Ch'essa, poi, l'accogliesse, sarebbe stata per intero sua decisione, dettata da arroganza, orgoglio, curiosità, od anche gioco e divertimento. Daltrocanto, giunti all'allora, sfumavano i termini dettati dal precedente accordo, ed urgeva formularne uno nuovo..